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Un recupero tardivo: Nicolò Russo, Su le origini e la costituzione della “Potestatia Varaginis Cellarum et Arbisolae” (1908)

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ATTI

DELLA SOCIETÀ LIGURE

DI STORIA PATRIA

LVI

(CXXX)

Omaggio a Fausto Amalberti

GENOVA MMXVI

NELLA SEDE DELLA SOCIETÀ LIGURE DI STORIA PATRIA PALAZZO DUCALE – PIAZZA MATTEOTTI, 5

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Referees: i nomi di coloro che hanno contribuito al processo di peer review sono

inseriti nell’elenco, regolarmente aggiornato, leggibile all’indirizzo: http://www.storiapatriagenova.it/ref.asp

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«Atti della Società Ligure di Storia Patria» è presente nei cataloghi di centinaia di biblioteche nel mondo: http://www.storiapatriagenova.it/biblioteche_amiche.asp «Atti della Società Ligure di Storia Patria» is present worldwide in the catalogues of hundreds of academic and research libraries:

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Un recupero tardivo: Nicolò Russo, Su le origini e la

costituzione della “Potestatia Varaginis Cellarum et

Arbisolae” (1908)

Paola Guglielmotti

La recensione dell’opera unica di Nicolò Russo, un libro pubblicato più di un secolo fa 1, risulta sicuramente fuori tempo massimo. Consente tutta-via di riparare allo scarso riconoscimento tributato a una ricerca che ha illu-strato, e in maniera efficace, quella che adesso è definibile l’organizzazione territoriale di un’area ben individuata del più largo districtus genovese tra il secolo XII e il XV, fornendo inoltre indicazioni documentarie e di metodo che meritano tuttora di essere valorizzate. E ciò rispetto a un fronte di in-dagini, quello dell’incrocio fra modalità locali di controllo patrimoniale e politico del territorio, da un lato, e ambizioni di costruzione regionale da parte della maggior città ligure, dall’altro, che non è stato molto battuto nemmeno dai medievisti liguri degli ultimi decenni del Novecento interes-sati alle dinamiche territoriali invece che all’analisi dei successi commerciali di Genova e delle sue proiezioni al di là della Liguria: costoro hanno però maturato un approccio alquanto constatativo, così fornendo comunque elementi utili per l’avanzamento delle indagini, e una certa ostinata distanza dagli orientamenti sviluppati in altri contesti accademici 2.

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Questo lavoro è stato condotto nell’ambito dell’attività dell’unità dell’Università degli Stu-di Stu-di Torino coorStu-dinata dal Prof. Enrico Artifoni e partecipante al Progetto Stu-di Rilevante Interesse Nazionale del 2010-2011, “Concetti, pratiche e istituzioni di una disciplina: la medievistica italia-na nei secoli XIX-XX”, coordiitalia-nato dal Prof. Roberto Delle Donne dell’Università degli Studi di Napoli Federico II.

1 Il frontespizio completo è: NICOLÒ RUSSO, Dottore in Lettere, Su le origini e la

costi-tuzione della “Potestatia Varaginis Cellarum et Arbisolae”. Note critiche e documenti inediti,

Sa-vona, D. Bertolotto e C., 1908 (in questo intervento i rimandi al libro saranno dati con sem-plice richiamo di pagina senza altre specificazioni).

2 Il testo di Russo è citato nella bibliografia di AIRALDI, p. 160, mentre non figura in

PAVONI e non è esplicitamente citato nella bibliografia selettiva dei più recenti contributi

de-dicati alla storia di Genova nel suo complesso (che non escludono la trattazione dell’espansione e del difficile consolidamento territoriale): POLONIO; PETTI BALBI; GUGLIELMOTTI 2013. Per

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Nicolò Russo, quando nel 1921 dona il volume alla Società Ligure di Storia Patria tredici anni dopo la pubblicazione, rimedia a un’assenza nella biblioteca, in parte giustificabile in ragione della modestia della sede di stampa – una tipografia di Savona, ma certamente un caso non raro per l’epoca – e della mancata recensione o segnalazione del volume negli «Atti della Società Ligure di Storia Patria», la cui pubblicazione si interrompe proprio tra il 1908 e il 1912: tra l’altro in anni in cui è docente di Storia nell’Ateneo genovese il piemontese Ferdinando Gabotto, poco interessato al contesto ligure e com-plessivamente molto radicato nella sua città di residenza, Torino 3.

In occasione del dono, Russo si qualifica Professore del Regio Ginnasio Chiabrera di Savona 4. Lo studioso non figura quale membro della Società Sto-rica Savonese, le cui pubblicazioni sono avviate nel 1888, né tantomeno della Società Ligure di Storia Patria, fondata nel 1857, fino a quando nel 1937, in avanzata età fascista e nel contesto di una cooptazione quasi generalizzata degli intellettuali locali nella maggior istituzione culturale ligure preposta allo studio della storia, è nominato corrispondente della Regia Deputazione di Storia Patria per la Liguria (così come è denominata la Società Ligure durante il Ventennio) 5. ———————

quanto riguarda indagini tematicamente non distanti, rivolte agli assetti territoriali liguri, il lavoro di Russo non sembra noto a BUONGIORNO 1999 e BUONGIORNO 1972; è menzionato invece da SAVELLI, pp. 81-82. Si vedano anche i testi citati oltre, alle note 24-26. Per una considerazione

complessiva della storiografia ligure, attenta alla dimensione ‘topografica’ nell’approccio territo-riale, si veda GRENDI 1996 (che non cita qui il lavoro di Russo, che pure conosce: si veda oltre, nota 24); qualche spunto anche in GUGLIELMOTTI 2005, Introduzione, e GUGLIELMOTTI 2010.

3 Si veda oltre, nota 5. Il volume non è reperibile nella Biblioteca Universitaria di

Geno-va e, da una ricerca on line, figura in tutto in 9 biblioteche italiane, di cui 6 liguri, oltre che in quella della Società Ligure di Storia Patria e del liceo Chiabrera di Savona.

4 Lo si ricava dal biglietto da visita di Russo incollato sul frontespizio del libro, dove si

legge anche la data (17 marzo) dell’omaggio effettuato alla Società Ligure di Storia Patria.

5 Lo si apprende esclusivamente da una lettera datata Savona, 16 febbraio 1937, e indirizzata

all’«Illustrissimo Signor Presidente della R. Deputazione di Storia Patria per la Liguria» (all’epo-ca Mattia Moresco, senatore del Regno) cui Russo rivolge la «preghiera di porgere i miei più sen-titi ringraziamenti a S. E. il Ministro dell’Educazione nazionale [Giuseppe Bottai] per aver dato il proprio assenso alla nomina mia a corrispondente della R. Deputazione di Storia Patria per la Li-guria, nomina che mi fu comunicata dal Prof. Filippo Noberasco, Sub-Commissario [in quanto responsabile della sezione savonese, in precedenza Società Storica Savonese e conglobata nella maggiore istituzione], e nello stesso tempo ringrazio la S. V. per avermi proposto a tale onore di cui sono assai lieto»: la lettera è conservata in Genova, Biblioteca della Società Ligure di Storia Patria, Corrispondenza 1858-1980, cartella 81 (e non è chiaro da chi parta la richiesta della nomina a corrispondente); cfr. GARDINI, p. 415.

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È plausibile che Russo si sia laureato a Genova, mentre mancano dati per pensare che il libro derivi da una ricerca condotta nell’ambito degli studi uni-versitari 6. Alcuni affondi negli archivi savonesi (dell’attuale Archivio di Stato e di quell’istituto scolastico) non hanno consentito di rintracciare ulteriori ele-menti della biografia dello studioso 7, mentre va sottolineato subito come af-fronti con maturità un’indagine complessa, che poggia su un largo ventaglio documentario, in un periodo in cui la ricerca storica si va professionalizzando. La strada che seguirò di necessità è dunque di tenere distinti gli aspetti bio-grafici dai risultati conseguiti e dalle scelte scientifiche attuate da Russo, dan-done per scontata una certa appartatezza almeno rispetto all’ambito accademi-co. È bene enunciare preliminarmente che lo studioso, che non ha toni cam-panilistici tali da consentire un’identificazione del luogo di nascita, è ben ag-giornato sulle indagini recenti pubblicate prevalentemente, dato l’oggetto del suo studio, nell’ambito della Società Ligure di Storia Patria e si muove con agio nel panorama delle fonti edite relative alla Liguria e all’area subalpina 8. Russo rientra comunque in quelle generazioni di laureati – il cui numero è in crescita – in discipline storiche e letterarie a cavallo del 1900 avidi innanzitutto di condurre studi in prima persona e, solitamente, ben disposti a entrare in relazione con i contesti istituzionali che contribuivano a convogliare tali ener-gie in imprese editoriali sistematiche 9. La sua residenza savonese parla di una distribuzione di questi studiosi non solo per grandi centri.

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6 Sull’insegnamento della storia medievale tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Nove-cento nell’Università di Genova si rinvia a BALLETTO, pp. 463-466: mi limito a menzionare,

nell’ordine, Luigi Tommaso Belgrano, Camillo Manfroni e il piemontese Ferdinando Gabotto (quest’ultimo dal 1900/1901 fino al 1917/1918). In ogni caso, Russo frequenta l’Archivio di Stato di Genova a partire dalla fine del 1901, come si ricava dalla consultazione del fondo

Ar-chivio dell’ArAr-chivio, B3, alle date 28, 30, 31 dicembre 1901.

7 L’archivio savonese è stato istituito solo nel 1942, inizialmente come Sezione d’Archivio di

Stato e trasformato in Archivio di Stato solo nel 1963; Russo svolse le sue ricerche nell’Archivio allo-ra del Comune (si veda oltre, nota 13), di cui non sono stati conservati registri delle presenze in sala di studio. Non sono emersi dati su Russo né in FIAMMAZZO, né in Liceo classico Gabriello Chiabrera, né in altro materiale consimile; il Liceo è stato unito nel 1923 al Ginnasio, in precedenza tenuto dai Padri Scolopi. Ringrazio per queste informazioni la dott.ssa Francesca Mambrini, direttrice dell’Archivio di Stato di Savona, e la dott.ssa Rossella Risso, funzionaria nel liceo Chiabrera.

8 PUNCUH e la bibliografia qui contenuta. Merita segnalare come Russo né nelle prime

pagine né altrove dichiari relazioni con altri studiosi, per esempio ringraziandoli di qualche scambio di informazioni.

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La ricerca di Russo concerne tre borghi intermedi – Varazze, Celle e Albisola, le cui terre furono «unite antichissimamente sotto il dominio feu-dale di alcune famiglie di ceppo aleramico» (p. 3) – tra le città di Genova (o meglio la podesteria periurbana di Voltri 10) e di Savona. Quei villaggi che danno sostanza a una delle circoscrizioni tramite cui la principale città della Liguria a partire dal secolo XIV organizza il territorio (per lo più) costiero e, in questo caso particolare, riesce ad arginare definitivamente l’espansione territoriale della ‘eterna rivale’. Albisola infatti quasi confina con Savona. Chiarisco adesso che non introdurrò anacronistici elementi correttivi a questa ricerca, come per esempio riguardo un improprio uso – rispetto ad acquisi-zioni ormai sedimentate dalla storiografia italiana tardo novecentesca – di ‘feudale’ invece di ‘signorile’ 11, peraltro radicato fino ad anni recenti in molti studi di storia locale ligure.

Dò conto adesso dell’articolazione del libro e di qualche primo dettaglio significativo per poi proporre delle sottolineature specifiche, anche nell’am-bito delle ricerche condotte negli ultimissimi anni. Il primo capitolo (pp. 5-9) tratta di «memorie antichissime»: poche pagine di cui dobbiamo essere grati a Russo perché non si preoccupa di risalire agli antichi Liguri ma si limita, men-zionando le chiese più antiche dei tre luoghi, a ricordare come quelle del più orientale borgo di Varazze abbiano titoli che richiamano i tempi in cui le sedi vescovili liguri erano incluse nella circoscrizione ecclesiastica ambrosiana.

Il secondo capitolo (pp. 10-35) è dedicato al ‘periodo di prevalenza delle signorie feudali aleramiche’: qui l’autore richiama anche gli studi di Cornelio Desimoni sulle marche disposte tra Piemonte e Liguria, e in parti-colare un intervento del 1869, e vede marchesati (o feudi) attestati non pri-ma del secolo XII quale esito del frazionamento della pri-marca aleramica. Rus-so constata compresenze di esponenti del medesimo ceppo all’interno di Varazze o Albisola, di cui sono pervenute quote a rami diversi, anche con base in territorio oltre l’Appennino, come ai marchesi del Bosco e di Pon-zone. Russo può accennare anche a un Alberto Guercio, esponente di una ———————

10 Si veda prossimamente la tesi di dottorato di RUZZIN.

11 Anche se poi lo stesso Russo scrive: «Appena nel secolo XII i nomi di questi paesi

cominciano ad apparire regolarmente nei documenti, perché appunto solo allora sorse nei me-desimi una signoria locale, più diretta, la quale però, già tarlata e indebolita da molte cause di dissoluzione, non fu né gloriosa né valida, e sin dal principio subì un’influenza deleteria dalla vicinanza del giovane e gagliardo comune savonese» (p. 10, corsivo mio); di «signoria di ca-stello» si parla anche a p. 70, nota.

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famiglia genovese dell’aristocrazia consolare, attestato negli anni Trenta del secolo XII in quanto detentore di una quota del castello di Varazze e vero-similmente cognato di un marchese Aleramo. Questo regime alquanto pre-cario vien meno, a partire dall’ultimo decennio del secolo XII, con una serie di devoluzioni di diritti al comune di Savona e ha un arresto significativo quando i marchesi locali cedono nel 1192 tutti i propri diritti al comune cittadino, che dal 1153 sottosta a convenzioni imposte da Genova.

Il terzo capitolo è rivolto al ‘periodo di prevalenza savonese’ (pp. 36-74), con coabitazione di comune cittadino e signori nei tre villaggi (adesso è me-glio visibile anche Celle): tale prevalenza culmina nella fine del primo trenten-nio del secolo XIII, nell’ambito comunque di un predomitrenten-nio genovese indi-retto. Savona impone la propria supremazia prima ai marchesi del Bosco e poi a quelli di Ponzone (che già riconoscono formalmente una prevalenza del co-mune di Acqui per le terre a nord dell’Appennino), rilevandone proprietà e di-ritti grazie a quella che si presenta come una situazione di fragilità finanziaria: è una carenza di numerario di cui approfittano anche singoli cittadini e una donna savonesi concedendo prestiti su pegno (e tra l’altro un Guglielmo del Bosco contrae con il genovese Guglielmo Embriaco un insolito prestito di oggetti destinati a un letto). Il comune di Savona, che adotta accortamente la linea di sollecitare appoggio e conferme imperiali, cura in particolare di entrare in relazione con i gastaldi e i vassalli dei marchesi, che avevano riscosso in loro nome i diritti signorili, in parte patrimonializzandoli. Quello stesso comune può talora riconvertire gli amministratori marchionali in propri funzionari, come avviene con un podestà di Albisola. Russo, che non trascura di trattare delle quote di diritti marchionali pervenute all’abbazia del Latronorio, segue qualche percorso delle famiglie di questi vassalli «interposti tra i signori su-premi e il popolo suddito» (p. 49). Sottolineo come l’autore si soffermi sui comportamenti patrimoniali di una accorta vedova, Giusta, «vero tipo di donna ligure» (pp. 58-59), e cominci a volgere attenzione a esponenti della famiglia genovese dei Malocelli coinvolti nella zona. Riguardo al ventennio successivo Russo rimanda senz’altro a narrazioni altrui – reperibili nelle fonti genovesi e negli eruditi ottocenteschi – dei violenti conflitti di Genova con gli altri principali protagonisti della Riviera di Ponente che, per quanto concerne Savona, hanno un severo esito nel 1251, implicando la rinuncia a qualsiasi giurisdizione sul castello di Albisola e sulle terre dipendenti.

Di ‘prodromi della Signoria genovese’ Russo tratta nel capitolo quarto (pp. 75-106), che copre più o meno lo stesso lasso di tempo del terzo ma

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ri-percorre la vicenda locale nella prospettiva della città, che «s’affermava po-tente nel 1251» (p. 75). L’acquisizione di fondo è che Genova perviene al controllo dei tre luoghi con calibrato ricorso alla forza militare ed esercita un controllo di fatto grazie agli investimenti e alla politica matrimoniale di espo-nenti delle sue famiglie di governo: Russo ricorda le intenzioni e il coinvolgi-mento di Fieschi, Spinola, Embriaci con vario grado di successo, ma afferma che chi effettivamente «fece rinverdire le frondi della signoria feudale» (p. 79) risultano i Malocelli, di cui è ipotizzata l’origine nella val Polcevera ed è posta in giusta evidenza la ripetuta inclusione nel collegio consolare. Russo fa pesare in particolar modo, per quanto riguarda Celle e Varazze, il matrimonio di En-rico Malocelli nella seconda metà del secolo XII con la comitissa Sibilia del Bosco, nel quadro di un arretramento dalla costa dei diversi rami della dinastia marchionale e anche di un compattamento di quanto poi pervenuto al figlio di Enrico, Guglielmo. Questi rinuncia al più piccolo villaggio di Stella e alle sue pertinenze a favore di Savona e si trova a gestire un conflitto con un’altra fa-miglia dell’aristocrazia genovese, i Pepere, per la gestione di diritti e possessi marchionali in Varazze. Sul fronte di Albisola gli assalti genovesi hanno successo nel 1227, sia con un certo recupero politico della famiglia dei castellani, in ori-gine legata ai savonesi, sia orientando un’articolazione del luogo in terzieri cia-scuno con diversa gravitazione politica (Savona, Genova, i castellani). Il con-testo resta segnato dall’antagonismo fra le due città, con Varazze quale base per le operazioni dell’esercito genovese: è infatti qui che si stringono le conven-zioni del 1251 colle quali Genova ribadisce la supremazia su Savona e su altri luoghi e marchesi del Ponente. Negli anni successivi i marchesi di Ponzone cercano di gestire il frazionamento della loro dominazione mentre i Malocelli ne assorbono quote e inseriscono questi beni in un normale gioco patrimoniale; più o meno parallelamente anche la potente famiglia genovese dei Doria si in-sedia in Varazze, Celle e Albisola – figurandovi suoi esponenti quali successori di un ramo dei marchesi di Ponzone – oltre che in altre località disposte lungo tutto il Ponente ligure. Russo perviene a definire una compresenza di marchesi, Malocelli e Doria nei tre villaggi, «quasi repubblichette autonome» (p. 106), con un coordinamento di fatto e di diritto esercitato da Genova su popolazioni a lei molto fedeli, anche per gravitazione economica; e non trascura di ricordare come la maggior città ligure riesca a comprimere lo spazio territoriale di Savo-na anche a ovest di questa città, grazie al controllo del borgo di Noli.

Ai ‘primi accordi tra il Comune di Genova e gli uomini di Varazze, Celle e Albisola’ Russo dedica il capitolo quinto (pp. 107-132). È prelimina-re una bprelimina-reve rassegna della storiografia erudita pprelimina-recedente, funzionale a

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mettere a fuoco il problema della prime forme di autonomia delle colletti-vità locali e della loro organizzazione politica che l’autore valuta si attui nella seconda metà del secolo XIII. In sostanza sono poi ripercorse le tappe attraverso cui Genova acquisisce a titolo oneroso e molto lentamente dai lo-ro detentori i frazionati diritti – «riscatti di dominî feudali» (p. 112) tutti effettivamente esercitati – sui tre villaggi per cederli successivamente alle stesse comunità locali in base a un accordo in due tempi: prima nel 1277, con un impegno di pagamento di 22.900 lire genovine, e poi nel 1343, con un impegno aggiuntivo di altre 10.900 lire. Tali cessioni signorili, attuate soprattutto da parte dei Malocelli, avvengono più facilmente al momento della successione da una generazione all’altra e implicano che le famiglie de-gli abitanti di ciascuno dei tre villaggi seguano le quote in cui questi sono divisi tra gli eredi, che possono ricevere cifre veramente cospicue. Il conte-sto complessivo è chiarito da Russo con riferimenti agli aspri conflitti inter-ni a Genova verso la fine Duecento: questi hanno notevoli ricadute sulle Ri-viere e implicano una rinuncia completa da parte degli Spinola e temporanea da parte dei Doria (dal 1317) di valersi in chiave signorile anche delle terre della futura podesteria. Solamente alcuni rami dei Malocelli resistono, ma cedendo diritti a prestatori di denaro che riaprono ai Doria, in grado di ir-robustirsi nuovamente, come testimonierebbe anche un’epigrafe – sulla cui affidabilità Russo non sembra porre punti interrogativi – del 1338 nella chiesa di Sant’Ambrogio di Varazze. Qui sono ricordati Raffaele Doria e suoi nipoti durante il mandato del podestà, tale solo in Varazze e Celle, Ri-zardo de Credenza: prima ancora, dunque, delle convezioni del 1343.

Nel sesto e ultimo capitolo (pp. 133-173) Russo affronta il ‘periodo di vera e completa autonomia comunale’: i «novelli entusiasmi» sorti nelle ter-re della podesteria sono messi in stter-retta ter-relazione con il dogato di Simon Boccanegra instaurato a Genova. L’autore fornisce una lettura delle artico-late convezioni del 1343 molto aderente al loro dettato: innanzitutto, nella parte sottoscritta in aprile, esse sono finalizzate a liberare gli abitanti delle tre comunità rivierasche dai signori locali e a sottoporle al governo del Comune di Genova, precedendo e seguendo ulteriori devoluzioni di diritti da parte dei Doria, alle cui diramazioni parentali l’autore è sempre attento. Parallelamente avviene l’espropriazione della famiglia Malocelli, che si era parimenti divisa in più rami; ma avviene anche un episodico e violento ritorno tardivo, nel 1398, dei Doria a Varazze. Russo tratta, con un dettaglio documentario qui partico-larmente necessario, la questione della ripartizione di quella ingente cifra fra le tre comunità e il suo scadenzato pagamento, fornendo anche un sintetico

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quadro di riferimento sotto forma di tabella con date, feudatari espropriati e importi (p. 150). Della seconda parte delle convezioni, successiva di un mese, Russo descrive il carattere della dipendenza da Genova delle tre comunità e il tipo di funzionariato operante (podestà cittadino e vicari di elezione lo-cale), con discreti margini di autonomia locale per quanto riguarda la ge-stione dei beni comuni. In tale contesto Varazze mette per iscritto i propri statuti (1345), mentre Albisola, il villaggio più distante da Genova, manife-sta qualche tendenza centripeta, poi sopita, e nel 1391 fissa i propri manife-statuti approvati dal doge genovese; Celle vi perviene solo nel 1414. In conclusione di capitolo Russo fornisce ulteriori elementi di contesto per gli sviluppi della podesteria e illustra «la rapacità e i soprusi degli Ufficiali genovesi contro Savona» (p. 163) che si manifestano nel tardo secolo XIII, così im-pedendole un’espansione territoriale verso est, e riconosce come il confine dichiarato nel torrente Lerone dal podestà di Savona nel 1322 costituisse un mero artificio; segue la vicenda dei quarteria di Celle e Albisola che restano ancora per un certo tempo sotto giurisdizione savonese; considera la di-mensione ‘internazionale’ delle relazioni fra le due città antagoniste con ri-cadute del tutto vantaggiose per Genova per quanto riguarda le proiezioni territoriali della sua giurisdizione, così come viene sancito nel 1529.

Russo tronca qui la sua narrazione, il cui scopo era di «rintracciare i nostri tre paesi nelle tenebre dell’opera feudale e di accompagnarli nelle loro peregrinazioni di signoria in signoria fino al sorgimento popolare», quando «possono godere della libertà più ampia che mai si potesse vedere nel me-dioevo nella Liguria». E infatti, gli abitanti di queste terre sapevano opporre resistenza quando il governo della Repubblica calcava troppo la mano nelle richieste fiscali o nel reclutamento di uomini per la flotta: «il popolo sorto a nuova vita [sapeva] governarsi da sé stesso» (p. 173). Va commentato su-bito come si tratti di venature di tono ancora risorgimentale che ben ci ac-costano al sentire di Russo: venature rilevanti, da sottolineare, ma che non sono al centro dell’attuale disamina del suo lavoro.

Al fine di dare solida testimonianza alla propria trattazione e possibilità di verifica, con atteggiamento che possiamo ben dire positivistico, Russo fornisce un’Appendice, genealogica e documentaria, che occupa poco meno della metà delle pagine delle libro: in questo è perfettamente allineato con le scelte della precedente generazione di medievisti liguri, e innanzitutto Luigi Tommaso Belgrano e Cornelio Desimoni, e del coevo Arturo Ferretto, di levatura diversa ma strenui compilatori di raccolte documentarie tematiche,

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peraltro di rado poi analizzate in profondità 12. Tre sono le genealogie annotate e commentate, dedicate ai marchesi del Bosco, a quelli di Ponzone e alla fami-glia Malocelli; molte davvero sono le pagine (187-297) che danno la trascri-zione di un’ottantina di ‘Documenti inediti’, distesi tra il 1181 e il 1590, repe-riti in più sedi di conservazione e in più fondi 13. Per uno studioso che sembra lavorare in notevole solitudine e che si dichiara impegnato nella professione di docente ginnasiale, risulta sicuramente molto impegnativo lo svolgimento concreto di questa ricerca 14, avviata almeno dal 1901, come si ricava dalla sua frequentazione della sala di studio dell’Archivio di Stato genovese 15.

Russo in definitiva si è rivolto alla prima famiglia che, partendo da un matrimonio implicante una trattativa di un certo rilievo, attua una proiezio-ne non proiezio-nel territorio immediatamente suburbano, bensì in una porzioproiezio-ne di quello più o meno coincidente con l’odierna Liguria, vale a dire nel districtus più esteso 16. La vicenda extraurbana dei Malocelli, che ha carattere pionieri-stico, poteva infatti ben costituire per altre famiglie cittadine, esponenti di quel ceto dei milites oggetto di tanti studi degli ultimi decenni, un termine di riferimento e una base di esperienze a cui rifarsi, che scegliessero una delle Riviere o l’area a nord dell’Appennino.

Ecco il primo dato notevole nella riflessione su cosa sia opportuno tuttora valorizzare di questo libro. Nella ricerca documentaria Russo sa at-tingere ad archivi sia ‘centrali’, cioè di Genova e Savona, sia ‘periferici’, cioè ———————

12 GUGLIELMOTTI 2015.

13 Si tratta solo di una parte di quelli consultati e che menziono con indicazioni molto

schematiche ma utili a fornire un quadro realistico: nell’Archivio Comunale di Savona, il cartolare di Armando Cumano e Giovanni di Donato, il cartolare di Uberto, il cartolare di Saono, il Codi-ce ‘alla catena’[adesso tutti editi con l’ecCodi-cezione dello ‘pseudo Saono’], e altri sei codici; nell’Archivio di Stato di Genova i cartolari dei notai Lanfranco, Giovanni Cassinese, del mano-scritto 102 [adesso tutti editi], un cartolare di Giovanni Vegio; Diversorum; Archivio Segreto,

Paesi, per Celle e Varazze; il libro dei decreti del Senato di Genova; Confinium, fogliazzo 22;

le carte dell’erudito settecentesco Federici; negli Archivi Comunali di Albisola e di Varazze.

14 Non è escluso tuttavia che almeno un documento del 1252 reperito in un cartolare

con-servato in Archivio di Stato di Genova, quello del notaio Giovanni Vegio, possa essere frutto della gradita segnalazione di qualche altro compulsatore assiduo dell’archivio, come potrebbe es-sere l’iperattivo e appena menzionato Arturo Ferretto: doc. 58 del 22 gennaio 1252, pp. 250-252.

15 Sopra, nota 6 (già a inizio del 1902 Russo si qualifica come ‘Prof.’ firmando il registro

del materiale consultato e delle presenze in sala di studio).

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quelli comunali di Varazze e Albisola; soprattutto individua quali serbatoi documentari utili per la storia del territorio ligure, benché lo faccia limita-tamente ai primi decenni del Duecento, anche i registri redatti dai notai ge-novesi, adesso conservati nell’Archivio di Stato di Genova e pervenuti, co-me è noto, in un nuco-mero esorbitante rispetto a quelli di ogni altra città ita-liana e all’epoca in cui scrive ancora inediti 17. Si tratta di un’operazione one-rosa a causa del tempo che richiede l’individuazione del documento appro-priato fra centinaia di altri ‘inutili’ e che, contestualizzata rispetto a pratiche di ricerche liguri di poco precedenti, era stata condotta fino ad allora so-stanzialmente dal solo Cornelio Desimoni per i suoi Annali storici di Gavi: si tratta di una massiccia pubblicazione del 1896, dedicata appunto al borgo situato in area settentrionale rispetto all’Appennino genovese e corredata dalla raccolta anche di un numero significativo di atti menzionanti Gavi nei cartolari notarili 18. Il quadro degli studi è infatti quello di un interesse per gli sviluppi territoriali liguri indiscutibilmente basso se non nullo a fronte di una netta opzione per tutto il più evidente versante commerciale-mercantile. E soprattutto si tratta di un’operazione ben poco replicata in seguito in base a un ordine di priorità tematiche analogo e certamente lecito, anche in decenni vicini a noi, quando però è tangibile il vantaggio di poter contare su alcuni registri editi. Per questo genere di analisi ci si affida infatti solitamente alla documentazione tradita nei Libri iurium cittadini, anche perché mancano cartari di enti religiosi con sviluppi patrimoniali significativi nel territorio li-gure utili a comprendere le dinamiche complessive dei singoli villaggi. Un altro cruciale motivo, dunque, che concorre a spiegare la scarsa circolazione e la quasi nulla conoscenza del libro di Russo, anticipatore nello studio di temi che possono illustrare con maggiore completezza la vicenda genovese.

Ovviamente non possiamo aspettarci che Russo si rivolga in dettaglio an-che all’analisi delle dinamian-che interne alle tre comunità rivierasan-che an-che saranno governate da un unico podestà: chi volesse accingersi adesso a un simile com-pito, dovrebbe innanzitutto setacciare, con esiti non garantiti, i fondi Notai

antichi e Notai ignoti dell’Archivio di Stato genovese 19. Nonostante Russo ———————

17 Con l’eccezione del più antico cartolare conservato, quello di Giovanni scriba:

GUGLIELMOTTI 2013, pp. 146-152, per una rapida presentazione dei cartolari notarili e delle

loro edizioni e per il rimando a chi ne ha trattato in precedenza.

18 DESIMONI 1896a; DESIMONI 1896b.

19 Per zone tuttavia più vicine, come due delle tre podesterie periurbane, i risultati di

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non abbia proceduto, almeno a quanto pare, con sistematicità in questa dire-zione, ha dovuto porsi a più riprese il problema dei confini del territorio dei singoli villaggi e della podesteria, che certo risultano condizionati da presenze locali di ogni tipo: comunque sia, l’autore non ha formulato nozioni di confine anacronistiche rispetto a quanto maturato nei secoli bassomedievali, prendendosi anche il merito di risultare inconsapevolmente anticipatore in un campo più specifico che verrà dissodato con approcci assai differenziati – e ovviamente solo in parte – molto più tardi, negli ultimi decenni 20.

Il tema del ritaglio circoscrizionale attuato da Genova con notevole pla-sticità e adattabilità alle situazioni di partenza meriterebbe nuove indagini, con un approccio comparativo rispetto all’insieme del più largo districtus genovese e ad altri ambiti regionali. In ogni caso, Russo si emancipa di necessità dallo schema di Desimoni ‘marche da cui derivano marchesati’ 21 e mostra un esito territoriale di lungo periodo nel lento sfaldamento della marca aleramica e delle sue derivazioni, sollecitato dalla vicinanza di tre città (Genova, Savona, Acqui). Di interesse è anche l’attenzione alla produzione normativa scritta dei tre comuni: certamente Russo non poteva sapere che le tre universitates co-stiere – esterne al più ristretto districtus/archiepiscopatus dove si registra un’esclusività della giurisdizione statutaria genovese – producono le com-pilazioni più risalenti in tutto il Ponente ligure, ma è giusta la sua enfasi sul discreto grado di autonomia conseguito sotto l’egemonia genovese 22.

Quanto sta veramente a cuore a Russo è infatti, come abbiamo visto, il percorso sociale e politico che va da una condizione di assoggettamento feudale di un’area ben individuata a una sua emancipazione sotto il governo genovese, prestando particolare attenzione alle dinamiche del ceto eminen-te. È rispetto a questo ambito che il recupero del contributo di Russo mi pare particolarmente fruttuoso, se rapportato a un variegato contesto di ri-cerca degli ultimi decenni, alimentato di frequente anche da studiosi stranie-ri, in cui la prospettiva è quella degli sviluppi, vuoi politici, vuoi economici, della città di Genova e del suo ceto di governo. Tale contesto si è tuttavia ———————

CIPOLLINA, le cui schedature sono state analizzate da GUGLIELMOTTI 2007, mentre per la po-desteria di Voltri si veda RUZZIN.

20 Si veda sopra, testi citati alla nota 2. 21 GUGLIELMOTTI - SERGI.

22 SAVELLI, pp. 81-82; per la trattazione del districtus genovese, nelle sue diverse

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rivelato complessivamente poco propenso, con rare eccezioni, a ricorrere in maniera sistematica alla prosopografia e alla ricostruzione di percorsi indivi-duali e familiari quale grimaldello per affrontare una serie di tematiche: una rinuncia che ha una facile ma non sufficiente giustificazione anche nel fatto che l’attraversamento dei cartolari notarili risulta particolarmente oneroso e non garantisce i risultati attesi.

Tra i credits degli alberi genealogici disegnati da Russo, oltre al rinvio ai singoli documenti, si leggono molti nomi degli eruditi liguri e piemontesi dei secoli precedenti accomunati da un approccio genealogistico, trascri-vendo o anche pubblicando fonti, nella cui linea l’autore si pone: sarebbe quasi un anacronismo imputare a Russo, ai fini della ricostruzione delle sole famiglie marchionali, il ricorso fiducioso anche ai Monumenta Aquensia di Giovan Battista Moriondo, cioè una collezione settecentesca di atti non limpida nel dichiarare le tradizioni documentarie e i luoghi di conservazio-ne 23. Ma se guardiamo alla sua ricerca nella prospettiva della storia di Geno-va, è cruciale quanto consente l’avvio della terza genealogia, quella che ori-gina dal matrimonio di Enrico Malocelli (già morto nel 1185) con l’alera-mica Sibilia del Bosco. Va detto per inciso, infatti, che nella sua analisi e in tali genealogie Russo non trascura del tutto la componente femminile: trattandosi di famiglie dell’aristocrazia è comunque difficile non dover pri-ma o poi fare i conti con scelte pri-matrimoniali, con le loro prevedibili ricadute patrimoniali, che lasciano qualche solida traccia documentaria. Siamo infatti così avvezzi a vedere, anche in lavori recenti e recentissimi, alberi genealogi costruiti ignorando le donne di famiglia o trattazioni della condizione nobi-liare rivolte esclusivamente alla componente maschile (senza oneste dichia-razioni relative allo stato delle fonti), che una simile attenzione – che non nasce certamente da una sensibilità ante litteram per il genere – risulta ap-prezzabile perché riflette un’intenzione di guardare in maniera articolata, quasi enciclopedica, alle dinamiche sociali e politiche dell’area individuata.

Sotto il profilo della storia dell’organizzazione del territorio in Liguria, in realtà, Roberta Braccia, in un breve ma prezioso intervento del 2007, si è giovata anche della prima ricostruzione fornita da Russo per effettuare un efficace affondo sul problema delle ‘enclaves savonesi’ nella podesteria di Varazze 24. Si ———————

23 MORIONDO.

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tratta di un problema apparentemente molto specifico, ma assai rivelatore delle dinamiche giurisdizionali che possono verificarsi su una scala locale, anzi proprio a livello topografico. Anche sotto il manto unificante di una circoscrizione unica e perfino all’interno del medesimo villaggio la giurisdi-zione può non rivelarsi uniforme: è evidente l’indicagiurisdi-zione di guardare anche ad altri contesti territoriali dando meno per scontati e immediati i processi di uniformazione.

Sotto il profilo della storia di Genova qualche spunto di Russo è stato inoltre valorizzato un paio di anni fa da Enrico Basso (2014), in un articolo che contribuisce a interrompere il silenzio sul lavoro dello storico ligure di inizio secolo e si concentra sulla vicenda di due famiglie eminenti: i Guerci, cui Russo dedica qualche cenno nel primo capitolo, e i Malocelli, oggetto di trattazione ben più sostanziosa da parte dell’insegnante savonese di inizio secolo. La scelta di questi due casi ha consentito a Basso di sviluppare il di-scorso dell’identità nobiliare in una città di mercanti, ma ampliando giusta-mente lo sguardo a tutta l’attività dei membri delle due famiglie, nello sce-nario cittadino e in quello mediterraneo, e seguendo le diverse caratterizza-zioni via via assunte e ricercate lungo tutto il Duecento 25.

Circoscrivo adesso ad altri due lavori recentissimi sulla città e sulla Li-guria, non ancora entrati nel flusso degli studi frequentati in sede accademi-ca genovese, una valutazione del contributo che avrebbe potuto dare la co-noscenza del libro di Russo: una sorta di esercizio, anche un po’ ingiusto ri-spetto all’impegno variamente dispiegato dagli autori, per ricordare comun-que, anche alla composita compagine degli studiosi che si rivolgono alla sto-ria di Genova, che poggiamo sempre sulle spalle di quanti ci hanno prece-duto, pur se non si tratta di giganti e che li si recuperi o li si contesti.

In una prospettiva più circoscritta cronologicamente, come quella della seconda metà del secolo XII, la conoscenza di una gamma più ampia di comportamenti e investimenti delle famiglie di governo consentirebbe di valutare in maniera più equilibrata i conflitti interni alla città, violenti e ri-correnti ma – è bene sottolineare – tutto sommato non troppo eccezionali ———————

25 BASSO, pp. 138 n. e 167 n. per la menzione del testo di Russo; qualche cenno, in

pre-cedenza, anche da parte di uno storico dell’età moderna con larghi interessi per alcune dina-miche dell’età medievale, come l’origine e gli sviluppi degli ‘alberghi’ genovesi, cioè larghi consorzi a base parentale in origine solo nobiliari e in seguito anche ‘popolari’ riuniti sotto un solo cognome: GRENDI 1975, pp. 278-279.

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se messi a confronto con quanto avviene parallelamente nelle altre città ita-liane, la cui vita interna è riflessa in fonti di certo più esigue. Christoph Dartmann nel 2012 ha proposto per i secoli XI-XII – in una trattazione di respiro cronologico e regionale più largo – un accostamento inedito e pre-zioso tra Milano e Genova, sotto la prospettiva dell’interazione politica e delle sue ricadute sul piano dei funzionamenti delle istituzioni: facile con-statare, alla luce di quanto si è detto finora, la mancata conoscenza delle scelte bilocate da parte dei Malocelli e della larghezza di opzioni praticabili, in cui vita sociale e vita politica si intrecciano inestricabilmente. La conside-razione di questi capofila di successive famiglie di governo disposte a gioca-re partite importanti dentro e fuori la città avgioca-rebbe forse consentito di an-dare un po’ oltre la corretta presa d’atto di «wie prekär auch nach drei Ge-nerationen immer noch die Stellung der Stadtregierung blieb» 26.

Il breve libro del 2015 di Agostino Inguscio tende a vedere, negli anni compresi dalla narrazione dell’annalista Ottobono scriba (1174-1196), due schieramenti che a tratti condizionano pesantemente e sanguinosamente la vita cittadina, in senso sia politico sia economico, e polarizzano un gran nu-mero di famiglie eminenti, che peraltro l’autore non ha contestualizzato ri-spetto alla loro entità complessiva e alla loro mutevole composizione nel tem-po 27. In realtà, il libro di Russo aiuterebbe a capire che c’è chi può almeno parzialmente sfuggire a tale dinamica, esercitando di fatto sul lungo periodo una funzione moderatrice, perché riesce a rivolgersi anche ad ambiti extraur-bani: proprio come fanno i Malocelli – che infatti non risultano menzionati lungo tutta la ricerca del docente nella University of Cape Town – con mag-gior successo e continuità dei Guerci e dei Doria nella medesima area, seguen-do uno schema inverso rispetto a quello ben noto dei Fieschi (che sono in-dotti a inurbarsi pur mantenendo solide basi nel Levante ligure).

Proprio il conflitto all’interno delle mura cittadine, dove l’articolazione sociale del ceto milites non va sottovalutata, può dunque corroborare la scelta di investimenti nettamente extraurbani da parte di famiglie che sanno crearsi una larga gamma di opportunità, praticando anche accorte scelte matrimoniali, come ci ha dimostrato Russo, ancora impregnato di spirito ri-sorgimentale ma libero da schemi precostituiti.

——————— 26 DARTMANN, p. 208.

27 INGUSCIO; sulla consistenza e il ricambio delle famiglie di governo tra età consolare

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Sommari e parole significative - Abstracts and key words

Laura Balletto

Gregorius vel Georgius? Quale il vero nome del notaio G. Panizario che rogò a

Chio nel primo Quattrocento?, pp. 9-29

In due rogiti del notaio Giovanni Balbi, redatti a Chio nel 1404 e 1413, sono citati due atti ivi rogati il 24 maggio e il 15 ottobre 1404 dal notaio Giorgio Panizario. Ciò ha indotto l’A. ad avviare una ricerca con cui ha dimostrato che il nome del notaio G. Panizarius (così egli si nomina in uno degli atti redatti a Chio nel 1403-1405) non è Gregorio, come si è erro-neamente ritenuto, ma Giorgio. L’A. ha anche identificato, in base alla scrittura, e pubblicato un breve atto inedito di Giorgio Panizario, che ha appurato essere uno dei figli del cancelliere genovese Giuliano Panizario.

Parole significative: Chio, Notaio, Gregorio Panizario, Giorgio Panizario.

Gregorius vel Georgius? What’s the real Name of G. Panizario, Notary in

Chios in the early 15th Century?, pp. 9-29

The notary Giovanni Balbi draws up many acts in Chios: two of them are interesting for this paper. In these documents (1404 and 1413) he cites two acts (Chios, May 24 and October 15, 1404) signed by the notary Giorgio Panizario. According tho this source, the A. disagrees with the previous opinion and can prove that the real name of G. Panizarius (as he names himself in an act of his, drawn up in Chios from 1403 to 1405) is Giorgio, not Grego-rio. Moreover she verifies that the Genoese chancellor Giuliano Panizario is his father. At last the A. gives a first edition of an act of Giorgio Panizario’s still unknown.

Key words: Chios, Notary, Gregorio Panizario, Giorgio Panizario.

Marta Calleri

Un registro fidelitatum all’arcivescovo di Genova Ottone di inizio Duecento,

pp. 31-62

L’articolo è incentrato sullo studio di un piccolo registro, già pubblicato nel 1862 da Luigi Tommaso Belgrano in appendice al primo Registro della Curia genovese e del quale si fornisce una nuova edizione critica, contenente dodici giuramenti di fedeltà prestati dai famuli del territorio di Molassana all’arcivescovo di Genova Ottone negli anni 1204-1218. L’analisi diplomatistica condotta sulla particolare tradizione degli atti e sulla struttura degli stessi ha consentito di comprenderne i tempi e i modi di realizzazione e, soprattutto, ha portato a nuove considerazioni sulla sua committenza, non la Curia arcivescovile genovese ma i consoli di giustizia del Comune, ribaltando così totalmente il significato di questa operazione. Parole significative: Diplomatica, fidelitates, Genova, Comune, Ottone arcivescovo, XIII secolo.

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A registrum fidelitatum to archbishop Otto (Genoa 1204-1218), pp. 31-62

This paper aims to re-edit a short registrum, once edited by Luigi Tommaso Belgrano in 1862 as an appendix of the first Registro della Curia of Genoa, including twelve fidelitates sworn by famuli of the district of Molassana to archbishop Otto between 1204 and 1218–on strict request of the Commune, not of the Genoese Curia as was once thought

Key words: Textual Studies, fidelitates, Genoa, Commune, archbishop Otto, XIIIth Century.

Davide Debernardi

Theophil. Ad Autolyc. II 37,7: Archil. fr. 126 W., pp. 63-69

Proposte di emendamento al frammento in questione.

Parole significative: Filologia classica, letteratura greca antica, poesia trocaica, Archiloco, s. Teofilo d’Antiochia, II secolo d.C.

Theophil. Ad Autolyc. II 37,7: Archil. fr. 126 W., pp. 63-69

Tentative emendations to the fragment in subject.

Key words: Classical Scholarship, Ancient Greek Literature, Trochaic Poetry, Archilochus, Saint Theophilus of Antioch, IInd Century AD.

Giuseppe Felloni

Genova e il capitalismo finanziario dalle origini all’apogeo (secc. X-XVIII),

pp. 71-90

Durante il medioevo e l’età moderna la fama di Genova fu dovuta principalmente alla potenza finanziaria dei suoi ceti dirigenti. L’accumulazione primitiva del loro capitale ha la sua origine nel commercio tra l’entroterra e i mercati oltremarini. L’attività mercantile fu sostenuta dallo Stato con un tipo originale di debito pubblico, dal quale derivò la Casa di San Giorgio. Nel sec. XVI il capitale accumulato cominciò ad essere investito in operazioni internazionali di alta finanza. La prima manifestazione fu rappresentata dalle fiere di cambio (1535-1618). Essa fu seguita da una fase di investimenti nei debiti pubblici italiani e, dalla metà del sec. XVIII in poi, da investimenti in tutta Europa secondo una nuova formula originale di credito. Alla fine del secolo, la politica finanziaria dei governi rivoluzionari francesi colpì pesantemente anche gli investimenti genovesi.

Parole significative: Genova, capitalismo, storia finanziaria.

Genoa and its Financial Capitalism from the Origin to the Apogee (Xth to

XVIIIth Centuries), pp. 71-90

During the Middle Ages as well as in modern times, the fame of Genoa was mainly due to the financial power of its ruling classes. The first accumulation of their capital has its origin in the trade between the inland and the markets overseas. The merchant activity was sustained by the State with an original form of public debt, from which the Casa di San

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Giorgio derived. In the sixteenth century the capital accumulated began to be invested in International high finance through the exchange’s fairs (1535-1618). This first spurt was followed by a phase of investments in Italian public debts and, since the middle of the eighteenth century on, by broad investments all over Europe according to a new original formula of credit. At the end of the century, the financial policy of French revolutionary goverments stroke heavily genoese investments cutting them down.

Key words: Genoa, Capitalism, Financial History.

Stefano Gardini

«Dispersi nelle mani di privati individui»: primi spunti su Carlo Cuneo e il collezionismo documentario nella Genova della Restaurazione, pp. 91-118

Il saggio propone una riflessione sul fenomeno della dispersione documentaria dagli archivi pubblici in età napoleonica, in relazione al fenomeno del collezionismo privato, attra-verso l’illustrazione del caso della collezione di documenti e manoscritti di Carlo Cuneo, ispettore sopra gli Archivi di Genova dal 1817 al 1843.

Parole significative: Archivi, documenti archivistici, collezionismo privato, Archivio di Stato di Genova, Biblioteca civica Berio di Genova, secolo XIX.

«Dispersi nelle mani di privati individui»: Early Suggestions on Carlo Cuneo and Documentary Collecting in Genoa during the Restaurazione, pp. 91-118

The paper proposes a consideration on the documentary leakage phenomenon from public archives in the Napoleonic era, related to the private collecting phenomenon, through the collection of documents and manuscripts of Carlo Cuneo, Inspector on the Archives of Genoa from 1817 to 1843.

Key words: Archives; Archival Records; Private Collecting; Genoa State Archives; “Berio” City Library of Genoa; XIXth Century.

Paola Guglielmotti

Un recupero tardivo: Nicolò Russo, Su le origini e la costituzione della

“Potestatia Varaginis Cellarum et Arbisolae” (1908), pp. 119-134

Il lavoro è dedicato a un’analitica presentazione e una valorizzazione del libro di Nicolò Russo, della cui biografia anche scientifica quasi nulla è accertabile. Russo considera l’evo-luzione di un territorio situato tra Genova e Savona dall’assogettamento “feudale” a un regime di maggior autonomia, una volta sotto governo genovese, delle tre comunità che lo popolano. In questa dinamica emerge la famiglia genovese dei Malocelli, che tra fine secolo XII e il XIII svolge un importante ruolo proprietario e politico in quella che diventerà nel Trecento la po-desteria di Albisola, Celle e Varazze. Il testo propone un recupero di questa vicenda familiare rispetto a studi recentissimi dedicati alla storia di Genova.

Parole significative: Territorio, aristocrazia, circoscrizioni, storiografia, erudizione, Genova, Savona.

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A late Regained Book: Nicolò Russo, Su le origini e la costituzione della

“Potestatia Varaginis Cellarum et Arbisolae” (1908), pp. 119-134

The paper aims to evaluate and discuss analytically the book written by Nicolò Russo, an author whose life and scientific activities remain obscure. Russo considers the evolution of the territory between Genoa and Savona from the “feudal” subjection to a more autonomous regime (under Genoese government) of the three communities which inhabited the area. Against this backdrop, we can observe the Malocelli, a Genoese family which at the end of the XIIth and during the XIIIth century held an important role, both as landowners and

political figures, in what would eventually become the podesteria of Albisola, Celle and Varazze (XIVth century). This study provides a reappraisal of the history of this family by

considering also recent studies on Genoa.

Key words: Territory, Aristocracy, Districts, Historiography, Erudition, Genoa, Savona.

Sandra Macchiavello

Arcidiocesi di Genova, capitolo cattedrale e imposizioni ecclesiastiche: l’edi-zione di due registri contabili della seconda metà del secolo XIV, pp. 135-194

Nell’Archivio del capitolo della cattedrale di Genova sono conservati due registri di natura contabile del 1360 e del 1365, quasi interamente inesplorati e nell’insieme noti per tra-mandare una mera elencazione di chiese. In realtà ciascun registro trasmette due rendiconti relativi a contribuzioni, diverse per natura e destinazione, cui erano tenuti gli enti religiosi della diocesi di Genova. Si tratta di tributi imposti per le legazioni dei cardinali Egidio d’Albornoz (1360) e Andruino de la Roche (1365) e altri gravami legati a materiali spese di legazia per nunzi e cursori. I registri, che si prestano a diversificato sfruttamento, sono stati analizzati sotto il profilo archeologico e diplomatistico ed editati in forma tabellare.

Parole significative: diocesi di Genova, capitolo, cattedrale, imposizioni ecclesiastiche, regi-stri contabili, codicologia.

Archdiocese of Genoa, cathedral Chapter, ecclesiastical Taxations: Edition of two account Books of the second half XIVth Century, pp. 135-194

In the Archives of the chapter of the Cathedral of Genoa two accounting records are kept dating back 1360 and 1365, almost entirely unexplored and altogether known for handing down a mere list of churches. Each accounting book, actually, transmits two make-accounts relating to amounts, different in nature and purpose, due by the religious insti-tutions of the diocese of Genoa. These are taxes imposed by the legations of the cardinals Egidio of Albornoz (1360) and Andruino de la Roche (1365) and other charges (taxes, burdens) related to the legation expenses for nuncios and messangers. The registers, which are suitable for diverse use, are analyzed in an archaeological and diplomatic way and edited in tabular form.

Key words: Archdiocese of Genoa, Chapter of the Cathedral, Account Book, Book-keeping, Codicology.

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Paola Massa

Tra commerci e confini, pp. 195-204

Mercanti e uomini d’affari europei si sono spostati nei secoli in spazi sempre più ampi, sfidando le difficoltà di confini e frontiere. Scambi non solo di merci, ma di conoscenze e di cultura li hanno caratterizzati e hanno arricchito l’Europa, ampliandone per lungo tempo i limiti geografici formali. I nuovi assetti politici europei e mondiali devono necessariamente rifarsi a questa eredità, adeguandola ai nuovi contesti politici e sociali.

Parole significative: Europa, frontiere, commerci.

Encounters and Exchange: Moving beyond Borders, pp. 195-204

Europeans have constantly been moving across national and regional barriers to exchange goods, negotiate agreements and share knowledge. They have sometimes clashed, sometimes coexisted, sometimes co-operated, but always exerted an influence on each other. Even in times of border closure or exclusion, encounters have never really ceased. Long-distance trade between commercial partners of different origins has always created opportunities of encounter, becoming Europe a transcultural space. Trade leads to profit, networks and interdependence, which can reduce armed conflicts and develops well in times of peace but often stalls in times of ideological conflicts and war.

Key words: Europe, Borders, Exchanges.

Giovanna Petti Balbi

«Pochi … interissimi, onoratissimi e mercatanti»: gli Alberti a Genova tra Tre e Quattrocento, pp. 205-248

Il contributo illustra i rapporti di natura commerciale e finanziaria instaurati a Genova e sulle principali piazze europee da vari esponenti di “casa Alberti” con cospicui ecclesiastici o mercanti-banchieri genovesi accreditati presso la curia pontifica durante il grande scisma. La presenza degli Alberti a Genova rimane saltuaria, salvo la breve parentesi di Lorenzo di Bene-detto e il radicamento di Bartolomeo di Piero, che inizia il ramo genovese della famiglia. Parole significative: Commercio internazionale, relazioni mercantili, storia di famiglie, Grande Scisma, Firenze, Genova.

«Pochi … interissimi, onoratissimi e mercatanti»: the Alberti in Genoa between XIVth and XVth Century, pp. 205-248

This paper concerns the relationships entertained in Genoa and in the European principal market towns by several members of “Alberti house” with large Genoese prelates or merchant-banckers accredited to the Holy See during the Great Schisme. The Alberti’s presence in Genoa remains occasional, except for a brief stay of Lorenzo di Benedetto and the rootedness of Bartolomeo di Piero, from which originates a Genoese branch of a family. Key words: International Trade, Merchant Relations, Family History, Great Schisme, Floren-ce, Genoa.

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Vito Piergiovanni

Gli statuti tra Italia comunale e Liguria, pp. 249-258

Nel Medioevo in Liguria gli ‘statuti’ conservano le caratteristiche politiche e sociali delle comunità cittadine e rurali: hanno la stessa denominazione le norme delle loro interne orga-nizzazioni come corporazioni di mestiere, famiglie e ospedali. In tal modo esse possono pre-servare la propria tradizione culturale in connessione con un più vasto contesto giuridico e spirituale.

Parole significative: Statuto, Medioevo, Liguria.

The Laws of the Cities in Medieval Italy: the Model of Liguria, pp. 249-258

In the Middle Ages in Liguria the legislation named ‘statuta’ contains the social and political characteristics of the townish and rural communities: the same nominations have the laws of their internal organisations like guilds, families, hospitals. In this way they can preserve their cultural tradition in connection with a wider juridical and spiritual context. Key words: Statute, Middle Ages, Liguria.

Valeria Polonio

Un santo e due arcivescovi della Genova medievale. Cognomi immaginari e conservatorismo storiografico, pp. 259-278

La consultazione di numerose fonti inedite ed edite ha permesso di accertare l’errata at-tribuzione di cognomi illustri – e quindi gli inesistenti legami con i relativi potenti casati – a un Santo e a uno, e molto probabilmente a due, arcivescovi, tutti attivi a Genova nel XII e nel XIII secolo. L’errore, solidamente affermatosi nel corso dell’Ottocento, è stato acriticamente recepito anche nella storiografia specialistica con esiti di discreto peso politico. L’abbaglio ri-guarda sant’Ugo, la cui appartenenza al casato alessandrino Canefri è frutto di un clamoroso falso settecentesco e il cui profilo biografico entro l’Ordine ospedaliero giovannita va proba-bilmente rivisto. Tocca Ottone, quarto arcivescovo genovese attivissimo dal 1203-1239, abu-sivamente arruolato entro la famiglia Ghilini, di nuovo alessandrina, da uno scrittore di quel cognome desideroso di illustrare il proprio casato. E con grande verosimiglianza riguarda un altro Ugo, secondo arcivescovo della sede genovese coinvolto nelle grandi vicende locali tra il 1163 e il 1188; a lui è attribuito il cognome Della Volta sempre per desiderio di collegamento con un uomo rinomato e probabilmente in base alla lettura forzatamente estensiva di una iscrizione tuttora esistente.

Parole significative: Genova, falsi genealogici, storiografia acritica.

A Saint and two Archbishops in Medieval Genoa: Faked Surnames and Histo-riographical Persistence, pp. 259-278

Many unpublished and published sources permitted to verify the wrong attribution of distinguished family names–and consequently the false relationships with powerful houses–to a Saint and to one, and most probably two, archbishops, all of them active in Genoa during the XIIth and XIIIth centuries. The error, consolidated in the XIXth century, has been accepted

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even in specialised historiography, with consequences of some political weight. The mistake concerns St. Ugo, whose descent from an important family from Alessandria is the result of an egregious eighteenth-century fake and whose biography in the Order of the Knights Hospitallers of St. John should be reconsidered. The mistake also touches Ottone, fourth archbishop of Genoa, active from 1203 to 1239, who was abusively “recruited” in the Ghilini family (also from Alessandria) by a writer belonging to the same family, in attempt to dignify his own house. Very probably the mistake also relates to another Ugo, the second archbishop of Genoa, involved in the important local historic events occurred from 1163 to 1188; to this man is ascribed the name Della Volta, again in order to create a family relationship with an important public figure; the attribution could be suggested by a forced extended reading of an inscription which is still visible now.

Key words: Genoa, Genealogical Fakes, Uncritical Historiography.

Dino Puncuh

I cartolari notarili genovesi: un patrimonio culturale eccezionale, pp. 279-308

L’autore, già docente dell’Università di Genova e per un cinquantennio ai vertici della Società Ligure di Storia Patria, illustra sinteticamente la consistenza del fondo notarile con-servato nell’Archivio di Stato di Genova – fonte primaria per la storia della società non solo genovese, ma anche italiana ed europea, in particolare per l’età medievale – ricordando le figu-re di grandi maestri, colleghi ed allievi, attraverso le loro indagini sul notariato e sulla diplo-matica comunale, e cogliendo lo spunto per una riflessione sul proprio percorso di studioso e sull’apertura a nuovi orizzonti di ricerca.

Parole significative: Notai genovesi, Medioevo, Liguria, paleografia e diplomatica.

The Medieval Protocols of Genoa: an extraordinary Heritage, pp. 279-308

The Author, former Professor at University of Genoa and President of the Società Ligure di Storia Patria for more than fifty years, delineates a dry fresco of the Genoese Notarial Archive through memories of his Maestri, collegues and students, and profiles new research boundaries for the Medieval History and Diplomatic studies.

Key words: Genoese Notaries, Middle Ages, Liguria, Paleography and Scholarship.

Antonella Rovere

Manuele Locus de Sexto: un notaio duecentesco tra specializzazione, diversi-ficazione e mobilità, pp. 309-327

Gli esiti dell’attività di Manuele Locus de Sexto sono indagati attraverso l’analisi dei frammenti di tre cartolari che tramandano la sua presenza presso i comuni di Porto Maurizio (5 maggio 1252 al 29 settembre 1253) e di Genova (11 febbraio - 30 agosto 1259; 13 febbraio - 8 marzo 1265); più difficile risulta definire il ruolo ricoperto a Tiro (19 giugno - 14 luglio 1265) dove redige documenti per Lanfranco de Carmadino, ambasciatore del comune di Genova, e coloro che lo avevano accompagnato o che già si trovavano lungo le coste del Libano. Agli

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impegni pubblici il notaio affianca sempre una, sia pur modesta, attività al servizio dei privati. Particolare interesse rivestono tra le tipologie documentarie che ricorrono con maggior fre-quenza le sentenze del podestà o del suo giudice a Porto Maurizio, che ricalcano i modelli ge-novesi del secolo XII, e gli inventari redatti nei due comuni con leggere differenze testuali che potrebbero riflettere una diversa situazione normativa.

Parole significative: Genova, Porto Maurizio, Tiro, medioevo, notariato, documentazione.

Manuele Locus de Sexto: a Notary of the XIIIth Century between Skillness,

Diversification and Mobility, pp. 309-327

The paper aims to analyze the notarial work of Manuele Locus de Sexto through three fragments of his cartularies, completed in Porto Maurizio (from May 5, 1252 to September 29, 1253) and Genoa (from February 11 to August 30, 1259; from February 13 to March 8, 1265). It is more difficult to define his role in Tyre (from June 19 to July 14, 1265), where he registered documents for Lanfranco de Carmadino, Ambassador of the Genoese Comune, and for those who accompanied him or already lived along the coast of Lebanon. Indeed, Manuele always mixes public commitments to private activities. Among his most recurrent records, are noteworthy the Sentences released by the Potestas of Porto Maurizio, modeled on the Genoese ones back to XIIth century, and the Inventories, written in both places and,

for this reason, possibly hinting at a normative difference.

Key words: Genoa, Porto Maurizio, Tyre, Middle Ages, Notarial and Archival Files.

Valentina Ruzzin

«Tante cose se dicono che pareno incredebele». Lettera sulla scoperta del-l’America, pp. 329-343

L’articolo presenta un resoconto sincrono, recentemente scoperto all’Archivio di Stato di Genova, relativo alla lettera inviata da Cristoforo Colombo ai Reali di Spagna per informarli della riuscita del viaggio. La fonte si profila dunque come la più antica e attendibile forma di testimonianza direttamente riconducibile a questa perduta comunicazione dell’Ammiraglio. Parole significative: Scoperta dell’America, Cristoforo Colombo, pubblicità dei viaggi di Colombo, 1492-1493.

«Tante cose se dicono che pareno incredebele». Letter on the Discovery of America, pp. 329-343

The paper shows a synchronous report, newly discovered at Archivio di Stato di Genova, over the letter written by Cristopher Colombus and sent to the Crown of Spain to inform them of his successful journey. The report is likely to be the most ancient and trustworthy evidence of the lost letter composed by the Admiral.

Key words: Discovery of America, Christoper Columbus, Publicity of Columbus’ Voyages, 1492-1493.

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