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Studio ed implementazione di un set up avanzato per il test dei giroscopi dell’esperimento VIRGO

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Academic year: 2021

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(1)

Studio ed implementazione di un

set-up avanzato per il test dei

giroscopi dell’esperimento VIRGO

Candidato Relatori

Giulia Pochini Prof. Diego Passuello

(2)

1 L’interferometro VIRGO 4

1.1 La scoperta delle onde gravitazionali . . . 5

1.2 Advanced VIRGO . . . 6

1.3 Superattenuatori . . . 7

1.4 Il ruolo dei giroscopi . . . 7

2 Studio ed implementazione dell’apparato 10 2.1 Fase di progettazione . . . 10

2.2 Fase di costruzione . . . 13

2.2.1 Calibrazione degli attuatori . . . 15

2.2.2 Calibrazione degli LVDT . . . 16

2.3 Determinazione delle caratteristiche del sistema . . . 17

2.3.1 Misura delle frequenze di risonanza . . . 17

2.3.2 Misura del fattore di qualit`a Q . . . 17

3 Creazione del modello 21 3.1 Equazioni del moto del sistema . . . 21

3.1.1 Calcolo delle funzioni di trasferimento per le forze imposte dalle bobine . . . 22

3.1.2 Calcolo delle funzioni di trasferimento per il rumore sismico . . . 23

3.2 Fattori di calibrazione . . . 24

3.2.1 Matrici di Sensing e Driving . . . 24

3.3 Simulazione del rumore sismico . . . 25

3.4 Verifica del modello . . . 26

4 Sistema di controllo 30 4.1 Linear Quadratic Gaussian Control (LQG Control) . . . 30

4.2 Implementazione del controllore . . . 31

4.2.1 Verifica del funzionamento . . . 32

4.3 Applicazione del controllore al sistema della tavola . . . 33

4.3.1 Verifica del funzionamento . . . 37

4.4 Tracking . . . 37

4.4.1 Applicazione al modello . . . 39

4.4.2 Verifica del funzionamento . . . 40

4.4.3 Applicazione alla tavola e verifica del funzionamento 43 4.5 Noise budget . . . 46

(3)
(4)

Questo lavoro di tesi si rivolge allo sviluppo e all’implementazione di un apparato adatto a testare giroscopi per VIRGO, l’esperimento situato in provincia di Pisa il cui scopo `e l’osservazione e lo studio delle onde gravita-zionali.

L’obiettivo del lavoro `e quello di progettare e costruire un sistema che ren-da possibile lo studio dei sensori prima del loro posizionamento all’interno dell’esperimento, in modo da ricavarne la sensibilit`a e la risposta a velocit`a angolari ed accelerazioni lineari, cos`ı da comprenderne le potenzialit`a e po-terli utilizzare al meglio.

Attualmente non sono istallati sensori inerziali di movimenti angolari in VIRGO.

La loro presenza contribuirebbe ad aumentare il tempo di misura dell’espe-rimento, aumentando la probabilit`a di una rivelazione in coincidenza con gli altri detector (ve ne sono altri due negli Stati Uniti). L’apparato oggetto del lavoro di tesi si compone di una tavola circolare sospesa tramite tre fili al soffitto, dotata di tre gruppi di sensori di lettura di spostamento e di attuazione posti a 120◦ l’uno dall’altro, che ne permettono il movimento traslatorio e rotatorio e che danno informazioni sulla posizione. In una pri-ma fase il sistepri-ma viene progettato, costruito, e vengono studiati e calibrati i sensori che lo compongono. Si studiano poi le equazioni del moto in modo da poter costruire un modello accurato da simulare al computer tramite i programmi Matlab e SIMULINK.

Si procede poi con la progettazione e l’implementazione di un sistema di controllo che minimizzi lo spostamento legato al rumore dell’elettronica e al movimento sismico. In seguito viene sviluppato all’interno del controllo un sistema di tracking, in modo da rendere possibile il moto lungo una tra-iettoria definibile da utente. Vengono poi individuate e studiate le fonti di rumore dell’apparato, e ne viene determinato l’errore sistematico.

Infine viene posizionato il giroscopio, ed attraverso l’apparato ne vengo-no studiate le caratteristiche, tra le quali fattore di calibrazione e densit`a spettrale in uscita, sensibilit`a ad accelerazioni lineari, risposta al moto tra-slatorio e rotatorio.

(5)

di diverse nazionalit`a, tra cui olandesi, polacchi e ungheresi, oltre a italiani e francesi, membri dei gruppi fondatori [1].

Insieme ai due interferometri del Laser Interferometer Gravitational Obser-vatory (LIGO), negli Stati Uniti, a Hanford nello stato di Washingston e a Livingstone in Louisiana, VIRGO ha il compito di osservare e studiare le onde gravitazionali.

`

E costituito da due bracci ortogonali lunghi 3 km ciascuno, all’interno dei quali si propagano i fasci di fotoni. Lo schema della struttura interna `e visibile in figura 1.1. Il laser produce un fascio di fotoni che viene diviso in due da un beam splitter e suddiviso all’interno dei due bracci perpendico-lari. In ciascuno di questi, vi `e una cavit`a di Fabry Perot1, che aumenta il

tempo medio di permanenza dei fotoni al suo interno, ed uno specchio ad alta riflettivit`a, posto alla fine della beamline.

`

E inoltre presente un “recycling mirror” che ha il compito di immettere nuo-vamente in circolo la luce che viene riflessa dagli specchi. Questo specchio permette l’aumentare della potenza, migliorando la sensitivit`a dell’interfe-rometro.

L’interferometro viene tenuto sulla frangia scura e quindi quasi tutta la lu-ce che vi entra torna indietro. La situazione risulta differente, nel caso del passaggio di un’onda gravitazionale.

Le onde gravitazionali, secondo la teoria ipotizzata da Albert Einstein nel 1916, come conseguenza della relativit`a generale, perturbano lo spazio-tempo, in modo che la distanza tra masse libere cresce e decresce

alternati-1Si tratta di una cavit`a delimitata da due superfici parzialmente riflettenti piane ad

alto coefficiente di riflessione. La luce entrante viene riflessa pi`u volte fra le due superfici e

all’interno della cavit`a, creando onde stazionarie. Le frequenze non in risonanza subiscono

interferenza distruttiva, cancellandosi, mentre quelle in risonanza subiscono interferenza costruttiva e vengono trasmesse.

(6)

Figura 1.1: Schema dell’interferometro.

vamente durante il loro passaggio. In particolare, quando vi `e elongazione in una direzione, vi `e compressione in quella perpendicolare [2]. Il risultato di ci`o `e che al passaggio di un’onda si modifica la distanza tra le masse, rappresentate dagli specchi. In virt`u dell’ortogonalit`a delle beamline, in un braccio la distanza aumenta mentre nell’altro diminuisce, determinando lo spostamento dell’interferometro dalla frangia scura.

L’ampiezza di un’onda gravitazionale, caratterizzata dal parametro adimen-sionale “h”, `e misurata dalla distanza relativa tra due masse. Ci`o significa che maggiore `e la lunghezza dell’esperimento, maggiore `e il segnale rivelabi-le. Non essendo tecnicamente possibile costruire un interferometro provvisto di braccia lunghe centinaia di km, si sfruttano le cavit`a di Fabry Perot, che con l’aumento del tempo di permanenza dei fotoni nell’esperimento ne mol-tiplicano la distanza percorsa. Le variazioni di lunghezza d’onda causate dal passaggio di un’onda gravitazionale in VIRGO sono dell’ordine di 3 · 0−18 m.

Sorgenti tipiche di onde gravitazionali sono sistemi binari di stelle, pulsar, esplosioni di supernovae e buchi neri. In particolare, riguardo alle superno-vae, ci si aspetta circa una esplosione ogni 30 anni all’interno della nostra galassia, mentre nell’ammasso della Vergine, da cui l’esperimento prende il nome, ne `e attesa una a settimana.

1.1

La scoperta delle onde gravitazionali

Il 14 settembre 2015 i due interferometri americani del LIGO hanno rive-lato in coincidenza, per la prima volta, il segnale di un’onda gravitazionale

(7)

Figura 1.2: Segnale dell’onda gravitazionale del 14 settembre 2015, rivelato in coincidenza da i due interferometri americani.

[2], [3]. L’onda rivelata `e stata prodotta nell’ultima frazione di secondo del processo di fusione di due buchi neri, di massa equivalente a circa 29 e 36 masse solari, in un unico buco nero ruotante di circa 62 masse solari: le 3 masse solari mancanti al totale della somma equivalgono all’energia emessa sotto forma di onda gravitazionale, durante il processo di fusione dei due buchi neri. Il segnale rivelato `e riportato in figura 1.2.

Questa `e stata non solo la prima rivelazione diretta di un’onda gravitazio-nale, ma anche la prima osservazione della fusione di un sistema binario di buchi neri. Al momento dell’emissione del segnale, l’esperimento VIRGO non era in presa dati in quanto soggetto a modifiche volte a migliorarne la sensibilit`a.

Il nuovo interferometro migliorato, che `e stato inaugurato il 20 febbraio 2017, prende il nome di Advanced VIRGO.

1.2

Advanced VIRGO

La sensibilit`a migliorata di Advanced VIRGO permetter`a di osservare onde gravitazionali aventi origine a distanze dieci volte pi`u grande di quelle del rivelatore di prima generazione [4]. Tra le migliorie apportate, vi sono nuovi specchi di dimensioni maggiori la cui riflettivit`a risulta essere quella nominale richiesta dal progetto, ovvero 99.999%.

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mi-gliore di quello di prima generazione. Risulta essere il pi`u grande sistema da Ultra-Alto vuoto d’Europa, e il terzo nel mondo dopo gli interferometri americani, che hanno bracci lunghi 4 km. Anche i sistemi ottici sono stati migliorati, rendendo i fasci di fotoni pi`u stabili e controllati.

In ultimo, ma non per importanza, `e stato migliorato il sistema di sospen-sione degli specchi. Questo sistema ha importanza fondamentale nell’espe-rimento in quanto deve essere in grado di isolare il pi`u possibile gli spec-chi da qualsiasi movimento del terreno. Gli specspec-chi sono sospesi tramite un sistema costituito da un pendolo invertito con pi`u livelli di filtri, detto superattenuatore.

1.3

Superattenuatori

In Advanced VIRGO sono presenti dieci superattenuatori posti in ca-mere ad Ultra-Alto vuoto.

Come gi`a accennato nella sezione precedente, questi meccanismi di sospen-sione hanno una complessa struttura meccanica il cui scopo `e quello di isolare le componenti ottiche dal movimento sismico, anche grazie all’impie-go di sistemi di controllo [5].

La struttura di questo sistema `e formata da una catena di filtri meccanici, combinati con un pendolo invertito. L’effetto di un pendolo a n stadi `e quello di trasmettere il moto orizzontale del punto di sospensione, caratte-rizzato da una frequenza f , alla massa sospesa, con un fattore di riduzione pari a f2n.

Come si vede in figura 1.3, questo `e composto da un primo filtro mecca-nico, detto “filtro zero”, che `e costituito da una tavola sospesa tramite fili sottili ad un supporto monolitico a tre gambe in alluminio. I quattro stadi intermedi sono chiamati “filtri standard”, i quali sono delle strutture che si comportano come delle grandi molle con costante elastica definita. Questi filtri sono in grado di esercitare una forza di richiamo sia nella direzione parallela al terreno che nella perpendicolare.

In ultimo vi `e uno stadio composto dallo specchio e dalla “marionetta”. Quest’ultima ha la funzione di allineare lo specchio tramite attuatori, sen-sori formati da un bobina ed un magnete. Il sistema di controllo sfrutta le informazioni fornite da circa 20 rivelatori locali, accelerometri e sensori di spostamento, per compensare il movimento sismico inviando forze adeguate tramite gli attuatori.

1.4

Il ruolo dei giroscopi

Sui superattenuatori sono presenti sensori sensibili ad accelerazioni li-neari ma non angolari [6]. Questo diventa un problema in alcune situazio-ni, come ad esempio in giornate estremamente ventose. Queste condizioni meteorologiche, infatti, inducono uno spostamento angolare nella torre di sospensione che viene interpretato dagli accelerometri come accelerazione

(9)

Figura 1.3: Schema di un superattenuatore, a sinistra. A destra si ha il dettaglio del filtro zero e delle sue componenti.

(10)

lineare.

Il sistema di controllo, quindi, riceve un’informazione errata ed invece che smorzare il moto finisce per amplificarlo. Si dimostra necessario, quindi, fermare la presa dati e riportare il sistema alla condizione di “lock”, in cui la distanza tra gli specchi viene mantenuta costante.

A causa dello spostamento angolare della torre, di perdono in media 5-6 giorni di presa dati al mese. `E importante, per aumentare la probabilit`a di rivelare un segnale in coincidenza con gli interferometri americani, che l’e-sperimento si mantenga in presa dati pi`u a lungo possibile. Con l’istallazione dei giroscopi, si andrebbe ad aumentare il tempo di misura, individuando le situazioni in cui vi sia modo angolare delle torri.

La progettazione di un sistema il cui scopo sia lo studio di questo tipo di sensore permette l’analisi delle potenzialit`a e capacit`a del giroscopio prima della sua istallazione sulle torri.

(11)

di partenza `e una tavola circolare di raggio 0.4 m, massa 27.24 kg e mo-mento di inerzia pari a 2.18 kg·m2, che viene sospesa tramite tre fili in tre

punti distanti 0,38 m dal centro e posti in modo da formare tra loro an-goli di 120◦. La scelta di tre punti di sospensione `e dettata dalla maggior semplicit`a nell’applicazione della stessa tensione in ciascuno, rispetto ad un numero maggiore di fili.

I fili si fissano al soffitto in modo da formare un trapezio con l’asse passante per il centro della tavola (figura 2.1). In questo modo si ha la possibilit`a di muovere agevolmente il sistema sia in modo rotatorio che traslatorio, e sopratutto si pu`o, tramite semplici calcoli geometrici, stimare l’angolo, tra terreno e piano della tavola, indotto da uno spostamento noto. Si pu`o quin-di risalire alla velocit`a angolare della tavola nella direzione del moto in cui si ha spostamento, ed avere la possibilit`a di confrontare direttamente il valore con le letture del giroscopio, una volta montato sull’apparato. Vale infatti, facendo riferimento alla figura 2.1:

ϕ = ∆x L (2.1) ma L = Rd ∆R, quindi si ha: ϕ = ∆x∆R Rd (2.2)

In trasformate di Laplace, si ottiene la velocit`a angolare nella forma: ˙

ϕ = ∆R

dR · ωx (2.3)

con x valore di picco dello spostamento.

Per fare in modo che la tavola si muova lungo una traiettoria definibile da 10

(12)

Figura 2.1: Schema del modo di sospensione della tavola.

utente, `e stato progettato ed istallato un sistema composto da tre sottosi-stemi identici, posti a 120◦ tra loro, in modo che non si trovino in corri-spondenza del punto di attacco dei fili di sospensione (figura 2.2).

Ciascun sottosistema `e costituito da un sensore LVDT1, e da un attuatore, formato da una bobina e da un magnete fissato al secondario del LVDT in modo che sia sospeso lungo l’asse orizzontale della bobina ad una distanza pari a circa met`a del raggio della stessa (ovvero 3 cm), come in figura 2.4. In corrispondenza di questo valore, infatti, la funzione che lega forza e spo-stamento ha derivata prima nulla. Scegliendo questa distanza, si minimizza la dipendenza della forza dalla posizione relativa di magnete e bobina. Variando il voltaggio applicato agli avvolgimenti `e quindi possibile imporre una forza tangente alla circonferenza della tavola, tramite il magnete fissato ad essa, secondo la relazione:

F ∝ I = V

R (2.4)

1LVDT - Linear Variable Displacement Transducer (figura 2.3), `e un sensore di

sposta-mento formato da un avvolgisposta-mento, detto primario, posto sullo stesso asse e all’interno di un cilindro su cui sono posti altri due avvolgimenti, detti secondari. Questi ultimi sono avvolti in senso discorde, in modo che la posizione relativa del primario induca una corrente sui secondari tale da permettere la determinazione dello spostamento del

primario stesso. La posizione di equilibrio, che rappresenta lo zero della scala, `e quella

(13)

1 2 3 4 5 6 A A

Assieme generale piastre bobbine 2 1 di 1 A3

ISTITUTO NAZIONALE DI FISICA NUCLEARE Sezione di Pisa Assy: Size: Sheet N : Scale: Emission Date: Drawing N : Title: Program/Order: Author: Checked by: Approved by: Authorized by: Date: Date: Date: Date: Angles x0,1 X, xx0,05 Rev. N : 27/04/2016 basti X 0,5

Dimensions and general tolerances are in [mm] unless otherwise specified Unless otherwise specified the following stds apply:

First Angle Projection 0,1

Material: X,

Note: 800,00

Figura 2.2: Schema dei tre sottosistemi posti a 120◦ l’uno dall’altro.

Figura 2.3: Schema della posizione degli avvolgimenti in un LVDT. In al-to sono evidenziati gli avvolgimenti secondari, in basso il primario posal-to all’interno di essi.

(14)

Figura 2.4: Schema di un sottosistema.

con F forza prodotta, I corrente che scorre all’interno della bobina, V vol-taggio applicato ai suoi capi ed R resistenza degli avvolgimenti, che vale solo per frequenze molto minori di R/(2πL) con L induttanza della bobina2.

L’apparato descritto `e quindi un sistema a tre ingressi (i voltaggi che im-pongono forze su ciascuna bobina) e tre uscite (le letture di ciascun LVDT, i quali riportano un voltaggio corrispondente allo spostamento relativo tra tavola e terreno). In addizione a questi, `e necessario considerare il rumore sismico che si trasmette alla tavola tramite i fili collegati al soffitto.

Sono state scelte tre direzioni del moto: due di traslazione (denominate x e y), perpendicolari tra loro e con l’origine degli assi fissata al centro della tavola, ed una angolare (θ). La direzione della componente y `e stata scelta in modo che fosse perpendicolare ad uno degli LVDT, che `e stato denomi-nato LVDT1. Lo schema delle coordinate scelte `e visibile in figura 2.5.

2.2

Fase di costruzione

Una volta definito il progetto, sono stati costruiti i supporti e la struttura che mantiene a 120◦ le tre componenti del sistema, e sono state effettuate delle calibrazioni in modo da determinare le misure e le distanze ideali tra le parti.

In particolare sono stati calibrati attuatori e LVDT.

In figura 2.6 si pu`o osservare il posizionamento di un modulo composto da LVDT ed attuatore.

2f  R/(2πL) `e la condizione per cui l’induttanza degli avvolgimenti `e trascurabile

(15)

Figura 2.5: Schema del sistema di coordinate scelto.

Figura 2.6: Uno dei tre moduli di sensori posti sotto la tavola, costituiti da un attuatore ed un LVDT.

(16)

Figura 2.7: Calibrazione degli attuatori: coefficiente di proporzionalit`a tra corrente imposta e forza applicata in funzione della distanza del magnete dalla bobina.

2.2.1

Calibrazione degli attuatori

La calibrazione degli attuatori `e stata effettuata utilizzando una bilancia ed un magnete, lo stesso che poi sar`a montato nel sistema.

La bobina viene fissata su un supporto verticale in modo che l’asse passante per il suo centro sia perpendicolare al piano della bilancia, su cui viene posto il magnete. Variando la corrente passante all’interno della bobina, vengono effettuate diverse letture della bilancia, che rappresentano la forza esercitata dalla bobina sul magnete.

In questo modo si ricava un coefficiente, α, che lega la corrente imposta con la forza applicata.

Il procedimento viene ripetuto per varie distanze del magnete dal centro della bobina, in modo da osservare le variazioni del coefficiente. Come gi`a detto nelle sezioni precedenti, la forza non `e lineare nella distanza, ma sotto le condizioni di spostamenti piccoli e distanza tra magnete e bobina vicina al valore pari a met`a del raggio di quest’ultima, si minimizzano le variazioni di forza in funzione dello spostamento.

Come si vede dalla figura 2.7, nell’intervallo considerato il coefficiente `e abbastanza lineare nella distanza.

La distanza scelta `e 30 mm che corrisponde ad un coefficiente:

(17)

Figura 2.8: Calibrazione degli LVDT: coefficiente di proporzionalit`a tra spostamento relativo tra gli avvolgimenti e tensione ai capi del secondario.

La stima dell’errore `e stata effettuata tramite la formula di propagazione degli errori: Errore = v u u t n X i=1 (∂f ∂xi ∆xi)2 (2.6)

con f funzione della misura di cui si deve calcolare l’errore e xi variabili

misurate affette a loro volta da errore.

2.2.2

Calibrazione degli LVDT

La calibrazione degli LVDT `e stata effettuata sfruttando una vite micro-metrica, alla quale viene fissato il primario dell’LVDT. Il secondario `e invece fissato ad un supporto. In questo modo, attraverso la vite micrometrica `e possibile regolare la distanza delle due componenti effettuando, ogni volta, una misura della tensione ai capi del secondario ed ottenendo un coefficiente che `e stato chiamato conv.

Come si pu`o osservare in figura 2.8, la tensione misurata `e lineare nella di-stanza.

Il risultato del fit sulle misure, effettuato per ottenere il coefficiente di proporzionalit`a `e:

conv = (0.2196 ± 0.0026) V /mm (2.7)

Come nella sezione precedente, l’errore `e stato stimato tramite la formula 2.6.

(18)

2.3

Determinazione delle caratteristiche del

sistema

Montato l’apparato e fatte le dovute calibrazioni, `e necessario ora stu-diare alcune caratteristiche del sistema, come le frequenze di risonanza delle varie direzioni del moto e i relativi fattori di qualit`a, in modo da poter, in seguito, elaborare un modello adeguato.

2.3.1

Misura delle frequenze di risonanza

Per effettuare questa misura si manda del rumore bianco in ciascuna delle direzioni del moto scelte, separatamente, e se ne studia lo spettro. La frequenza di risonanza `e il valore dell’ascissa corrispondente al picco. Considerando la struttura del sistema, per eccitare la sola direzione θ `e stato mandato rumore bianco in tutte e tre le bobine, in modo da imporre uno spostamento tangente alla tavola uguale nei tre punti di attuazione. Questo procedimento porta ad uno spostamento angolare pari, per angoli piccoli, alla somma dei tre spostamenti fratto il raggio della tavola 3s/raggio, con s spostamento. Per le altre due direzioni, delle quali y `e stata fissata perpen-dicolare a LVDT 1, `e stato necessario determinare la giusta combinazione da imporre agli attuatori.

Le frequenze di risonanza ottenute sono:      fx = (0.377 ± 0.004) Hz = ωx/2π fy = (0.378 ± 0.004) Hz = ωy/2π fθ = (0.464 ± 0.004) Hz = ωθ/2π (2.8)

Dai risultati si pu`o vedere che le direzioni trasversali x ed y hanno la stessa frequenza di risonanza, mentre nella direzione θ la frequenza di risonanza `e leggermente maggiore.

2.3.2

Misura del fattore di qualit`

a Q

Per misurare i fattori di qualit`a Q per le tre direzioni del moto x, y e θ sono stati usati due metodi differenti e poi confrontati i risultati ottenuti. Dalla misura di Q `e stato poi possibile ricavare il valore di γ coefficiente di attrito viscoso dell’aria secondo la definizione:

γx,y = m · fx,y Qx,y , γθ = I · fθ Qθ (2.9) con fx,y,θ frequenza di risonanza della direzione relativa, m ed I massa e

momento di inerzia del sistema.

Ci si aspetta che la direzione θ sia meno sensibile allo smorzamento viscoso per la natura stessa del moto in questa direzione, per cui la dispersione di energia avviene principalmente nel processo di torsione dei fili. Ci si aspet-ta quindi un valore di Q molto simile per le direzioni x, y e leggermente

(19)

Figura 2.9: Misura di Qx.

Figura 2.10: Misura di Qy.

maggiore per la direzione θ.

Per entrambi i metodi di misura `e necessario per prima cosa ottenere un’o-scillazione smorzata in ciascuna delle tre direzioni. A tale scopo sono state mandate opportune combinazioni di tensioni continue alle bobine, in modo da eccitare il movimento lungo ciascuna direzione. Una volta stabilizzato il moto, queste sollecitazioni sono state spente, dando modo al sistema di smorzarsi naturalmente.

`

E stato poi isolato l’inviluppo dell’oscillazione e ne `e stato fatto un fit se-condo la funzione esponenziale C · e−t/τ, con C costante.

Come si vede dalle figure, 2.9, 2.10, 2.11, le direzioni x ed y presentano una difficolt`a maggiore di misura dovuta all’accoppiamento delle direzioni del moto, mentre l’oscillazione lungo θ risulta pi`u pulita.

Un primo metodo seguito `e stato il metodo ring-down, che consiste nel contare il numero di periodi presenti tra un’oscillazione riferimento e un’al-tra la cui ampiezza `e met`a della prima, e moltiplicare questo numero per un fattore costante pari a 4.53.

(20)

Figura 2.11: Misura di Qθ.      Qx = 113.5 ± 9.9 Qy = 112.1 ± 5.6 Qθ = 180.3 ± 1.1 (2.10)

I corrispondenti valori di γ calcolati sono:      γx = 0.589 ± 0.052 γy = 0.596 ± 0.031 γθ = 0.476 ± 0.005 (2.11)

Si osserva che il fattore di qualit`a della direzione θ `e maggiore di quello nelle altre due direzioni, come previsto.

Vista la difficolt`a di misura, il calcolo `e stato effettuato con un secondo metodo, che si basa su considerazioni geometriche sulla posizione dei poli. Essendo la parte reale dei poli legata alla costante di tempo nell’esponenziale tramite la relazione: a = −1τ, con τ ottenuto dal fit, e ω0 =

a2+ b2 con

b parte immaginaria del polo, grazie a semplici calcoli trigonometrici si pu`o risalire all’equazione:

Q = − ω0

2 · a (2.12)

Con questo metodo si ottengono i valori:      Qx = 111.9 ± 8.9 Qy = 110.4 ± 5.2 Qθ = 183.0 ± 1.8 (2.13) va      γx = 0.597 ± 0.048 γy = 0.605 ± 0.029 γθ = 0.469 ± 0.006 (2.14)

(21)
(22)

Creazione del modello

3.1

Equazioni del moto del sistema

Il primo passo `e stato quello di studiare le caratteristiche fisiche del sistema determinandone le equazioni del moto.

Per prima cosa `e stata creata una matrice tale che, moltiplicata per le forze applicate su ciascuna bobina, dia come risultato le componenti delle forze lungo le direzioni x, y e del momento lungo la direzione θ. La matrice in questione `e definita come:

A =   −1 1 2 1 2 0 √ 3 2 − √ 3 2 1 1 1   (3.1) e vale:   Fx Fy Mθ  = A ·   F1 F2 F3   (3.2)

Questa matrice rappresenta il passaggio dal sistema di riferimento indicato dai pedici 1, 2 e 3 a quello delle direzioni scelte x, y, θ. Per eseguire il passaggio inverso, `e sufficiente invertire la matrice.

Una volta individuate le componenti che descrivono le direzioni del moto della tavola e le loro relazioni con le parti dell’apparato, sono state scritte le equazioni del moto per il sistema, in x, y e θ, considerando il contributo del rumore sismico nelle tre direzioni, denotate con x0, y0 e θ0.

     Fx = m¨x + γx( ˙x − ˙x0) + kx(x − x0) Fy = m¨y + γy( ˙y − ˙y0) + ky(y − y0) Mθ = I ¨θ + γθ( ˙θ − ˙θ0) + kθ(θ − θ0) (3.3)

con γx,y,θ coefficienti di attrito viscoso, i cui valori sono stati determinati

nel capitolo precedente, k costante di richiamo, I momento di inerzia della tavola.

In virt`u del principio di sovrapposizione, si tratter`a prima il caso con rumo-re sismico nullo, per ottenerumo-re le funzioni di trasferimento per le forze, ed in

(23)

M

θ = I ¨θ + γθθ + k˙ θθ

Passando alle trasformate di Laplace:      ˜ Fx = m˜xs2+ γxxs + k˜ xx˜ ˜ Fy = m˜ys2+ γyys + k˜ yy˜ ˜ Mθ = I ˜θs2+ γθθs + k˜ θθ˜ (3.5)

Si ottengono quindi le funzioni di trasferimento per le forze:                ˜ x ˜ Fx = 1 ms2+ γ xs + kx = 1/kx s22 x+ s/(ωxQx) + 1 ˜ y ˜ Fy = 1 ms2+ γ ys + ky = 1/ky s22 y + s/(ωyQy) + 1 ˜ θ ˜ Mθ = 1 Is2+ γ θs + kθ = 1/kθ s22 θ + s/(ωθQθ) + 1 (3.6) con ωx2 = kx m; ω 2 y = ky m; ω 2 θ = kθ I (3.7) Qx = kx ωxγx Qy = ky ωyγy ; Qθ = kθ ωθγθ (3.8) Per facilitare la lettura, il simbolo ∼ sopra alle variabili trasformate viene tralasciato.

Con le funzioni di trasferimento appena calcolate `e possibile costruire la matrice diagonale D : D =       x Fx 0 0 0 y Fy 0 0 0 θ Mθ       (3.9)

(24)

tale che:   x y θ  = D ·   Fx Fy Mθ   (3.10)

Per ottenere lo spostamento letto dagli LVDT, `e sufficiente moltiplicare questa matrice per la matrice A e per la sua inversa come in equazione 3.11. Gli LVDT sono sensibili allo spostamento relativo (x − x0), ma in questo

particolare caso x0, y0 e θ0 sono nulli, per cui, detti l1, l2 e l3 gli spostamenti

letti da ciascun LVDT e lx, ly e lθ le loro proiezioni lungo le direzioni del

moto, si ottiene:   l1 l2 l3  = A −1· D · A ·   F1 F2 F3   (3.11)

3.1.2

Calcolo delle funzioni di trasferimento per il

ru-more sismico

Ponendo uguale a zero le forze delle bobine si possono ricavare le equa-zioni del moto per il rumore sismico, nelle tre direequa-zioni scelte, ovvero:

     m¨x + γx( ˙x − ˙x0) + kx(x − x0) = 0 m¨y + γy( ˙y − ˙y0) + ky(y − y0) = 0 I ¨θ + γθ( ˙θ − ˙θ0) + kθ(θ − θ0) = 0 (3.12)

Attraverso passaggi matematici, che permettono di esprimere tutto in fun-zione dello spostamento relativo al quale sono sensibili gli LVDT, e passando alle trasformate di Laplace, si ottengono le funzioni di trasferimento:

               x − x0 x0 = −ms 2 ms2+ γ xs + kx = −s 22 x s22 x+ s/(ωxQx) + 1 y − y0 y0 = −ms 2 ms2+ γ ys + ky = −s 22 y s22 y+ s/(ωyQy) + 1 θ − θ0 θ0 = −Is 2 Is2 + γ θs + kθ = −s 22 θ s22 θ+ s/(ωθQθ) + 1 (3.13)

Similmente al caso delle forze, si costruisce una matrice diagonale Dsisma:

Dsisma =        x − x0 x0 0 0 0 y − y0 y0 0 0 0 θ − θ0 θ0        (3.14)

(25)

`

E necessario, a questo punto, introdurre nel modello i fattori di calibra-zione.

Innanzitutto si porta tutto da metri a millimetri, introducendo un fattore 10−3. Poi vengono introdotti i due coefficienti calcolati in sezione 2.2.1 e 2.2.2, ovvero:

α = (0, 263 ± 0.019) N/A (3.16)

e

conv = (0, 2196 ± 0.0026) V /mm (3.17)

in modo da ottenere le unit`a di misura previste in ingresso ed in uscita, che sono Volt per gli attuatori e millimetri per gli LVDT.

Un ulteriore fattore di conversione, che permette di avere buon accordo tra modello e realt`a, si ottiene confrontando delle misure fatte ad una frequenza scelta con la previsione del modello alla stessa frequenza. Le frequenze individuate sono 0.1 Hz e 0.2 Hz, lontane dalle frequenze di risonanza del sistema. Il risultato `e una matrice C nella forma:

C =   2.967 0.087 −0.228 0.062 3.360 0.044 0.472 0.682 5.616   (3.18)

3.2.1

Matrici di Sensing e Driving

Nell’esperimento VIRGO vengono utilizzate due matrici, dette di Sen-sing e di Driving [7], definite nel modo seguente:

  F1 F2 F3  = Driving ·   Fx Fy Mθ   (3.19)   x y θ  = Sensing ·   l1 l2 l3   (3.20)

(26)

Figura 3.1: Matrici di Sensing e Driving.

Queste matrici hanno il compito di consentire il passaggio dallo spazio dei sensori o attuatori reali, rappresentati da l1, l2, l3 e F1, F2, F3 a quello dei

sensori o attuatori virtuali, rappresentati da x, y, θ e Fx, Fy, Fθ, in cui ogni

attuatore eccita un singolo modo normale ed ogni sensore rivela ciascun modo separatamente (figura 3.1).

Si osserva che le matrici A e A−1 ricavate precedentemente altro non sono che le matrici di Sensing e Driving rispettivamente.

Nel caso presente queste risultano l’una l’inverso dell’altra, poich´e LVDT e attuatori si trovano nello stesso punto dell’apparato e agiscono nella stessa direzione.

Ricordando l’equazione 3.10, e denominando Sens la matrice di Sensing e Driv quella di Driving si ha quindi :

  l1 l2 l3  = Sens −1·   x y θ  = Sens −1· D ·   Fx Fy Mθ  = Sens −1· D · Driv−1·   F1 F2 F3   (3.21)

3.3

Simulazione del rumore sismico

Per simulare i rumori sismici `e stato usato il metodo per il quale si ap-plica un filtro ad un generatore di numeri random con media 0 e varianza 1, detto “noise shaping” [8]. Le caratteristiche del filtro vengono calcola-te dalla densit`a spettrale del rumore sismico misurato [9], passando alle trasformate di Laplace e calcolandone gli zeri ed i poli. Si riscrive poi la funzione scomponendola in due fattori, di cui uno raccoglie i poli e gli zeri nel semipiano negativo e l’altro in quello positivo. Isolando la parte stabile, ovvero quella con zeri e poli nel semipiano negativo, si ottiene il filtro da applicare al rumore bianco.

(27)

inserita in una matrice diagonale e moltiplicata a destra e sinistra per A e A−1 nel modo seguente:

A−1·   T F xmis 0 0 0 T F ymis 0 0 0 T F θmis  · A (3.23)

in modo da poter fare un confronto con il modello di equazione 3.11. I grafici di entrambe le rappresentazioni sono stati sovrapposti per verificar-ne l’accordo e sono visibili in figura 3.2, 3.3 e 3.4. Si osserva che il modello `

e in buon accordo con le misure. Nel caso di θ l’accordo `e peggiore, in quanto il picco risulta pi`u basso nel modello (figura 3.5) e vi `e uno scarto di circa 0.01 mm/√Hz a basse frequenze (figura 3.6). Ci`o pu`o essere dovuto a numerosi fattori, tra cui la difficolt`a nell’isolare il solo moto di rotazione ed alla posizione degli LVDT non esattamente tangente alla circonferenza della tavola.

I picchi secondari a destra del picco centrale per i grafici relativi a x e y sono dovuti all’accoppiamento con il modo di rotazione. Analogamente per il grafico relativo alla direzione θ `e visibile a sinistra del picco centrale quello dovuto all’accoppiamento con le direzioni traslatorie.

Per quanto riguarda invece, la maggiore pendenza delle misure rispetto al modello per alte frequenze e la presenza picchi assenti nel modello, si ritiene siano conseguenza di risonanze delle parti meccaniche del sistema, come le staffe che reggono le bobine e i supporti dei magneti.

(28)

Figura 3.2: Sovrapposizione dei grafici delle risposte in frequenza per la coordinata x. In blu le misure, in rosso il modello.

Figura 3.3: Sovrapposizione dei grafici delle risposte in frequenza per la coordinata y. In blu le misure, in rosso il modello.

(29)

Figura 3.4: Sovrapposizione dei grafici delle risposte in frequenza per la coordinata θ. In blu le misure, in rosso il modello.

Figura 3.5: Ingrandimento della differenza tra misure (in blu) e modello (in rosso) nella zona del picco principale.

(30)

Figura 3.6: Ingrandimento della zona a basse frequenze, con evidenza di una discrepanza di circa 0.01 mm/√Hz tra modello (in rosso) e misure (in blu).

(31)

Gaussian Control (LQG Control).

4.1

Linear Quadratic Gaussian Control (LQG

Control)

Il controllo LQG `e stato sviluppato e largamente utilizzato nel campo dell’ingegneria aerospaziale, per la risoluzione di problemi come ad esempio riuscire a manovrare missili con il minimo impiego di carburante [10]. Il metodo viene utilizzato anche nella risoluzione di problemi di carattere in-dustriale, bench´e in questo campo sia pi`u difficile che i sistemi siano lineari e i disturbi di rumore bianco.

Nel controllo LQG, infatti, si assume che la dinamica del sistema sia lineare e nota (da cui l’aggettivo “Linear”) e che i disturbi e i rumori di misura siano processi stocastici scorrelati e distribuiti gaussianamente con media zero (da cui l’aggettivo “Gaussian”).

Questo tipo di controllo funziona sfruttando il Principio di Separazione, per il quale si affronta il problema dividendolo in due questioni distinte.

La prima `e quella di ottenere una stima dello stato del sistema tramite uno Stimatore, costituito da un filtro di Kalman. Questo filtro valuta lo stato di un sistema dinamico minimizzando la funzione:

E{(x − ˆx)T(x − ˆx)} (4.1)

con E{·} valore di aspettazione, x stato del sistema ed ˆx sua stima.

Una seconda questione `e rappresentata dal determinare un guadagno K tramite un Regolatore. Questo viene calcolato in modo da minimizzare una

(32)

Figura 4.1: Schema del controllo LQG.

funzione quadratica detta funzione di costo (da cui l’aggettivo “Quadratic”), che nella sua forma generica `e definita come:

J = E{ Z ∞

0

(ˆxQˆxT + uRuT)} (4.2)

con E{·} valore di aspettazione, ˆx segnale in ingresso, u segnale in uscita. Q ed R sono matrici che pesano rispettivamente il segnale in ingresso ed in uscita.

Da un controllore del tipo LQG si ottiene in uscita un segnale di controllo che dipende linearmente dallo stato del sistema, secondo la formula:

u = −K · x (4.3)

con K guadagno calcolato dal Regolatore. Lo schema del controllo `e visibile in figura 4.1.

4.2

Implementazione del controllore

Lo schema del sistema a cui `e stato aggiunto il controllore in feedback `

e quello in figura 4.2. `E stata adottata la nomenclatura tipica della teoria di controllo, per la quale G rappresenta le funzioni di trasferimento per il sistema mentre Gd quelle per il sisma.

Come si vede dalla figura, il segnale di spostamento relativo misurato dagli LVDT viene mandato in ingresso al controllore. Il segnale di controllo pro-dotto da questo viene mandato in ingresso al sistema tramite feedback. Prima di applicare il controllore alla tavola, `e stato implementato nel mo-dello usando Matlab, in modo da poterne testare il funzionamento. Il calcolo del guadagno ideale del regolatore `e stato effettuato tramite la funzione lqry:

(33)

Figura 4.2: Schema del sistema. G rappresenta la funzione di trasferimento relativa alle forze, Gd quella relativa al rumore sismico.

1 K = l q r y ( sys , Q , R );

con Q ed R matrici della funzione di costo in equazione 4.2.

Queste sono matrici diagonali costanti, in quanto sia i segnali in ingresso che in uscita sono scorrelati ed hanno lo stesso peso tra loro. Variando il rapporto tra Q ed R si possono modificare le caratteristiche del regolatore. Nel caso presente `e stato posto Q = I e R = I · 10−5, con I matrice identit`a. Si stima quindi lo stato ˆx tramite la funzione di Matlab kalman:

1 Ex = k a l m a n ( sys , Qn , Rn );

con Qn e Rn matrici di peso relative a disturbi e rumori di misura. Ana-logamente a Q ed R, sono parametri su cui `e possibile agire per variare le caratteristiche del controllo. `E stato posto Qn = I e Rn = I · 10−8, con I matrice identit`a. Questi valori, come quelli imposti per Q ed R, sono tali per cui si ottiene il miglior risultato per il sistema di controllo.

A questo punto `e possibile costruire il controllore tramite la funzione lqgreg e chiudere il feedback:

1 C o n t r o l = l q g r e g ( Ex , K );

c l s y s = f e e d b a c k ( sys , Control , feedin , f e e d o u t ,+1);

4.2.1

Verifica del funzionamento

Una volta implementato il controllore, si procede confrontando in via grafica il modello a feedback aperto e chiuso. L’apertura del feedback fa si che il controllo venga escluso dal sistema.

In seguito sono riportati i confronti effettuati, tra il sistema a loop aperto in blu e chiuso in rosso.

(34)

Figura 4.3: Confronti dei diagrammi di Bode dei segnali in uscita l1, l2 ed

l3 in funzione dei disturbi x0, y0 e θ0.

in uscita l1, l2 e l3 in funzione dei disturbi x0, y0 e θ0 e in funzione degli

ingressi V1, V2 e V3 siano privi di picco nel caso di feedback chiuso.

L’assenza della componente del segnale del disturbo y0 `e dovuta alla scelta

delle coordinate, in particolare alla posizione dell’asse y, che risulta perpen-dicolare a LVDT 1.

Per quanto riguarda il segnale nel tempo, in figura 4.5 e 4.6 si possono osservare sovrapposti gli andamenti delle uscite l1, l2 ed l3 in funzione dei

disturbi x0, y0 e θ0 ed in funzione degli ingressi V1, V2 e V3. Come evidenzia

la sovrapposizione, nel caso di feedback chiuso il segnale presenta una oscil-lazione molto smorzata (quasi assente), che `e il risultato voluto, in entrambi i casi.

L’assenza della componente del disturbo y0 `e da imputare alle scelte di cui

sopra.

Un ulteriore controllo `e stato fatto trasferendo il modello sulla piattaforma SIMULINK. La figura 4.7 riporta il confronto tra i segnali in uscita con loop aperto e loop chiuso, avendo mantenuto la stessa scala. Si osserva una netta diminuzione dell’ampiezza di oscillazione, indice di un buon funzionamento del controllore.

4.3

Applicazione del controllore al sistema

della tavola

Per implementare il controllore nel Digital Signal Processor (DSP), mi-croprocessore specializzato nell’analisi dei segnali, `e stata usata l’interfaccia Damping, sviluppata dai ricercatori di VIRGO, tramite cui `e possibile creare dei programmi attraverso i quali l’utente pu`o acquisire i segnali dei sensori

(35)

Figura 4.4: Confronti dei diagrammi di Bode dei segnali in uscita l1, l2 ed

l3 in funzione degli ingressi V1, V2 e V3.

Figura 4.5: Sovrapposizione dei segnali in uscita l1, l2 ed l3 in funzione dei

(36)

Figura 4.6: Sovrapposizione dei segnali in uscita l1, l2 ed l3 in funzione degli

ingressi V1, V2 e V3 per loop aperto (blu) e loop chiuso (rosso).

Figura 4.7: Segnali in uscita in funzione del tempo per loop aperto (in alto) e chiuso (in basso).

(37)

Figura 4.8: Schema di ingressi, uscite e matrici dello state space.

e controllare gli attuatori.

Per prima cosa viene discretizzato il sistema, per poi inserire il controllore in rappresentazione di state space, un metodo che riduce la complessit`a ma-tematica della descrizione di sistemi a multipli input ed output [11].

La moderna teoria di controllo sostituisce la descrizione matematica tra-mite relazioni input/output o funzioni di trasferimento con un sistema di n equazioni differenziali del primo ordine, che possono essere combinate in matrici. L’uso della notazione matriciale semplifica enormemente la rappre-sentazione matematica dei sistemi, soprattutto perch´e la complessit`a delle equazioni non cambia al variare del numero di output o di input.

Un sistema complesso viene quindi descritto in rappresentazione di state space, con le equazioni:

(

xn+1 = A · xn+ B · un

yn= C · xn+ D · un

(4.4)

dove xn, xn+1 sono gli stati discreti, un rappresentano gli ingressi del

con-trollore e yn le uscite. Lo schema di ingressi, uscite e matrici `e visibile in

figura 4.8.

Per la costruzione del sistema, con calibrazioni comprese, si hanno volt sia in ingresso che in uscita.

In serie al controllore `e inserito un interruttore digitale, in modo che dal codice di Damping si possa attivare e disattivare a piacimento, semplice-mente inserendo uno zero (feedback staccato) o un uno (feedback collegato

(38)

Figura 4.9: Effetto dell’attivazione del controllo sul sistema. Lettura degli LVDT nelle direzioni del moto.

e quindi controllo attivo).

4.3.1

Verifica del funzionamento

In figura 4.9 si pu`o osservare l’effetto dell’attivazione del controllo sul si-stema in oscillazione libera. I segnali sono quelli letti dagli LVDT proiettati nelle direzioni del moto x, y e θ. Come ci si aspetta, si osserva una netta diminuzione di oscillazione in corrispondenza dell’accensione del controllo, con segnale in convergenza a zero.

4.4

Tracking

Per completare il sistema di controllo della tavola, in modo da avere tutti gli strumenti per studiare le caratteristiche del giroscopio, `e necessario introdurre la possibilit`a di fare muovere il sistema su una traiettoria defini-ta da utente. In defini-tal modo, `e possibile studiare la risposta del giroscopio a sollecitazioni e spostamenti noti.

L’implementazione di questa funzione avviene tramite l’inserimento di un integratore con relativo blocco di guadagno K e di tre ulteriori segnali in ingresso che rappresentano le componenti x, y e θ della traiettoria di riferi-mento.

Come per i passaggi precedenti, la modifica si applica prima al modello, per verificarne il funzionamento, ed in seguito al sistema della tavola.

(39)

Figura 4.10: Schema del sistema di controllo completo di integratore e tra-iettoria di riferimento. D `e la matrice di Driving, necessaria per passare dalle coordinate scelte alle componenti 1, 2 e 3.

(40)

4.4.1

Applicazione al modello

L’implementazione viene eseguita tramite Matlab. In particolare, per il blocco di guadagno dell’integratore, viene usato il comando lqi (Linear Quadratic Integral Control). Questo calcola la matrice di guadagno ottimale K dato un sistema e le matrici Q ed R in modo da minimizzare la funzione di costo:

J = Z x

0

(yQyT + uRuT)dt (4.5)

Con u segnale in uscita del controllo, y segnale in ingresso. Q ed R pesano rispettivamente il segnale in ingresso ed in uscita, e hanno la stessa funzio-ne della funziofunzio-ne di costo del regolatore, ovvero al variare del loro valore, le caratteristiche del controllore cambiano. In questo caso Q `e la matrice identit`a I ed R `e posta pari ad I · 10−3.

Una volta creato il blocco composto da integratore e guadagno ottimale, `e necessario fare un parallelo con il blocco di Kalman progettato precedente-mente, e connettere i segnali e le uscite in modo opportuno (figura 4.10). Il frammento di codice che attua questo procedimento `e il seguente: % c a l c o l o il b l o c c o dell ’ i n t e g r a t o r e

2 int = tf (1 ,[1 , 0 ] ) ;

INT = ss ( a p p e n d ( int , int , int ));

4 ki = lqi ( s y s 2 (: ,[1:3]) , eye (21) , 1 e -3* eye ( 3 ) ) ;

S S i n t = - ki ( : , [ 1 9 : 2 1 ] ) * INT ; 6 S S i n t . I n p u t n a m e ={ ’ a (1) ’ , ’ a (2) ’ , ’ a (3) ’ }; S S i n t . O u t p u t n a m e ={ ’ c (1) ’ , ’ c (2) ’ , ’ c (3) ’ }; 8 % c a l c o l o il b l o c c o di K a l m a n 10 S S k a l m a n = - K * E ( [ 4 : 2 1 ] , : ) ; S S k a l m a n . I n p u t n a m e ={ ’ h (1) ’ , ’ h (2) ’ , ’ h (3) ’ , ’ l (1) ’ , ’ l (2) ’ , ’ l (3) ’ }; 12 S S k a l m a n . O u t p u t n a m e ={ ’ d (1) ’ , ’ d (2) ’ , ’ d (3) ’ }; 14 % m e t t o in p a r a l l e l o i due s i s t e m i S u m 1 = s u m b l k ( ’ h = c + d ’ ,3); 16 S u m 2 = s u m b l k ( ’ a = r - l ’ ,3);

T = c o n n e c t ( SSint , S S k a l m a n , Sum1 , Sum2 , { ’ r ’ , ’ l ’ } , ’ h ’ ); Il prefisso SS sta per state space. Lo schema `e dato in figura 4.11.

Vi `e un altro comando che permette di implementare un controllo di tra-iettoria senza inserire manualmente il blocco di Kalman: lqgtrack. Questo semplifica notevolmente il codice, in quanto il suo unico utilizzo `e sufficiente per ottenere lo stesso risultato che `e stato ottenuto collegando “a mano” i blocchi di cui sopra.

`

E stato comunque scelto il metodo pi`u laborioso, quello descritto prece-dentemente, per motivi propedeutici e per utilizzare comunque il blocco di Kalman calcolato in principio.

In figura 4.11 si pu`o osservare il confronto tra gli schemi dei due diversi me-todi. In alto si pu`o vedere quello scelto, in basso quello relativo al comando

(41)

Figura 4.11: Confronto tra gli schemi dei due diversi metodi di implementa-zione di un controllore con traiettoria di riferimento. In alto quello utilizzato nel caso presente, combinando un blocco integratore ed uno di kalman, in basso quello relativo al comando lqgtrack.

lqgtrack.

4.4.2

Verifica del funzionamento

La verifica del funzionamento `e stata fatta tramite SIMULINK, con ri-ferimento allo schema in figura 4.10.

Per prima cosa `e stata controllata la funzionalit`a del feedback, scollegando il ramo delle traiettorie di riferimento. In figura 4.12 si possono osservare gli andamenti dei segnali delle componenti x, y e θ delle letture degli LVDT per feedback aperto (in alto) e feedback chiuso (in basso), per traiettoria scollegata. La scala `e la stessa in entrambi i grafici.

Come atteso, il segnale nel caso di feedback chiuso `e notevolmente ridotto in ampiezza rispetto a quello di feedback aperto.

In seguito `e stato ricollegato il ramo della traiettoria di riferimento e ripe-tuto il test, imponendo come traiettoria una circonferenza. In figura 4.13 si pu`o osservare come le componenti x, y e θ delle letture degli LVDT in uscita oscillino seguendo la traiettoria imposta, che si scompone in onde sinusoidali sfasate di π/2 per le componenti x ed y a frequenza 0.1 Hz e un segnale di ampiezza nulla nella direzione θ. Si pu`o osservare un periodo di

(42)

Figura 4.12: Segnali delle componenti x (giallo), y (ciano) e θ (magenta) delle letture degli LVDT con ramo della traiettoria di riferimento scollegato. In alto feedback aperto, in basso feedback chiuso.

Figura 4.13: Componenti x (giallo), y (ciano) e θ (magenta) delle let-ture degli LVDT in uscita con circonferenza imposta come traiettoria di riferimento.

assestamento dovuto al fatto che i tre LVDT si trovano in un intorno di ze-ro nel momento in cui viene imposta la circonferenza. `E necessario qualche periodo della sinusoide per far si che sia il centro della circonferenza, e non il suo bordo, a trovarsi in posizione zero.

Una ulteriore prova, con un grafico bidimensionale nello spazio, `e stata fatta lasciando la circonferenza come traiettoria di riferimento e collegando e scollegando il feedback. I risultati di questo test sono visibili in figura 4.14.

In alto si ha il grafico con feedback aperto ed in basso col feedback chiuso. A destra `e riportata la traiettoria di riferimento.

Come atteso, con il feedback aperto il segnale non segue la traiettoria ma oscilla liberamente. Per feedback chiuso, si pu`o osservare come, dopo un iniziale momento di assestamento, il segnale segua la traccia imposta. Il motivo di ci`o `e lo stesso di sopra, ovvero che la tavola inizia il moto circolare posizionata nell’origine degli assi, quindi si sposta fino a che il centro della circonferenza coincide con l’origine.

(43)

Figura 4.14: Grafici bidimensionali al variare del tempo del segnale in uscita. A destra `e riportata la traiettoria di riferimento, in alto il caso con feedback aperto ed in basso con feedback chiuso.

(44)

delle misure degli LVDT `e dovuto a fattori di calibrazione.

4.4.3

Applicazione alla tavola e verifica del

funziona-mento

Per applicare questo tipo di controllore alla tavola, `e stato discretizzato il parallelo dei due blocchi (quello dell’integratore e quello di Kalman) e se ne sono ricavate le matrici in rappresentazione di state space. Queste sono state inserite nel DSP tramite l’interfaccia Damping. Sono stati aggiunti, inoltre, tre segnali in ingresso modificabili da utente che rappresentano la traiettoria di riferimento scomposta nelle tre direzioni, denominati rx, ry, rt. Una volta aggiornate le matrici che rappresentano il sistema di controllo si procede a testare il funzionamento. Si osservano le letture degli LVDT nelle direzioni del moto, imponendo una componente della traiettoria alla volta.

Nelle figure 4.15, 4.16, 4.17 e 4.18 si pu`o osservare come il sistema della tavola segua la traiettoria imposta, rispettivamente per un segnale lungo la direzione x, y, θ e per traiettoria nulla.

Si nota inoltre, che le direzioni diverse da quella in cui `e imposto il segnale di riferimento seguono una leggera oscillazione dovuta all’accoppiamento delle componenti, la cui ampiezza risulta comunque trascurabile rispetto al moto indotto. La direzione θ `e quella che si muove di pi`u quando non `e direttamente eccitata, in quanto pi`u difficile da disaccoppiare dalle direzioni traslatorie.

In tabella 4.1 `e riportato il valore RMS degli spostamenti letti dagli LVDT nelle varie configurazioni di traiettoria inviate.

(45)

Figura 4.15: Risposta del sistema ad un segnale di traiettoria nella compo-nente x. Nella riga in alto si hanno le componenti della traiettoria imposte ed in basso le letture degli LVDT corrispondenti.

Figura 4.16: Risposta del sistema ad un segnale di traiettoria nella compo-nente y. Nella riga in alto si hanno le componenti della traiettoria imposte ed in basso le letture degli LVDT corrispondenti.

(46)

Figura 4.17: Risposta del sistema ad un segnale di traiettoria nella compo-nente θ. Nella riga in alto si hanno le componenti della traiettoria imposte ed in basso le letture degli LVDT corrispondenti.

Figura 4.18: Risposta del sistema ad un segnale di traiettoria nulla. Nella riga in alto si hanno le componenti della traiettoria imposte ed in basso le letture degli LVDT corrispondenti.

(47)

rx = 0 mm

ry = 0 mm 6.36 ·10−4 6.36 ·10−4 7.5 ·10−2

rθ = 0 mrad

Tabella 4.1: Valore RMS degli spostamenti letti dagli LVDT per varie configurazioni della traiettoria.

I risultati presenti in tabella 4.1 confermano quanto detto, ovvero che gli spostamenti della tavola nelle direzioni del moto non eccitate sono di due ordini di grandezza pi`u piccoli di quest’ultime, per le direzioni trasversali, mentre per θ la differenza `e molto meno accentuata. Ci`o pu`o essere ricon-dotto alla difficolt`a di disaccoppiare questa direzione dalle altre due. Dai risultati ottenuti con traiettoria nulla si pu`o invece ottenere una stima della precisione del sistema di controllo. Gli spostamenti in questo caso, che dovrebbero essere il pi`u vicino possibile allo zero, risultano dell’ordine di 10−3 mm per le direzioni trasversali e 10−1 mrad per θ.

Tra i fattori che contribuiscono a questi valori vi sono, oltre ai limiti fisici del sistema di controllo, il disaccoppiamento non perfetto tra le direzioni del moto (in particolare per quanto riguarda la direzione θ) ed il contributo del rumore sismico e dei rumori di lettura e di attuazione, che verranno discussi nella prossima sezione.

4.5

Noise budget

A questo punto si procede alla stima dell’ordine di grandezza dei rumori presenti nel sistema.

Questi sono principalmente di tre tipi: - rumore sismico;

- rumore di attuazione; - rumore di misura.

Il primo si trasmette alla tavola tramite la connessione al soffitto, ed `e piuttosto complesso da stimare, mentre dei restanti si conosce la densit`a

(48)

Figura 4.19: Schematizzazione dei rumori del sistema. d rappresenta il rumore di attuazione, s quello sismico e m quello di misura.

spettrale di potenza S. Il rumore di attuazione `e quello dell’elettronica che pilota le bobine, mentre quello di misura `e quello dell’elettronica collegata agli LVDT. I valori della radice della densit`a spettrale sono 10−7 V /√Hz per il rumore di attuazione e 3.5 · 10−8 V /√Hz per il rumore di misura, per ogni canale [6]. Le densit`a spettrali riportate sono essenzialmente legate al rumore dei convertitori da digitale ad analogico e da analogico a digitale. Per prima cosa, sono stati stimati i rumori dal modello, per poi effettuare delle misure mirate sulla tavola, in modo da verificarne la coerenza.

4.5.1

Modello

Attraverso SIMULINK `e possibile rappresentare i rumori secondo lo schema in figura 4.19.

Per capire in che proporzione incidano sul sistema si calcola la densit`a spet-trale di potenza in uscita di ciascun contributo e se ne fa un grafico in funzione della frequenza.

La densit`a spettrale di potenza in uscita di ciascun contributo Sout `e data

dalla densit`a spettrale del rumore in ingresso Sinmoltiplicato per il modulo

quadro della sua funzione di trasferimento |T F |2, secondo la formula: Sout(f ) = |T F |

2

· Sin(f ) (4.6)

(49)

nella forma in figura 4.20 si calcola tramite la formula [8]: T Fr = Y (s) R(s) = G(s) 1 + G(s)H(s) (4.7)

Al numeratore si ha la funzione di trasferimento diretta, dal segnale in ingresso all’uscita, mentre al denominatore si ha uno pi`u il prodotto delle funzioni di trasferimento del loop chiuso.

Nel caso presente, facendo riferimento allo schema in figura 4.19, si hanno le seguenti funzioni di trasferimento per i rumori:

T Fd = G 1 + GT (4.8) T Fs= Gd 1 + GT (4.9) T Fm = 1 1 + GT (4.10)

dove del sistema T , che `e il blocco del controllo, sono stati considerati solo gli ultimi tre dei sei ingressi, in quanto i primi tre sono gli ingressi delle componenti della traiettoria di riferimento.

Facendo il calcolo con le quantit`a note si ottiene che ciascun rumore con-tribuisce con una densit`a spettrale in uscita uguale per ogni canale, per cui per fare il confronto tra i rumori `e sufficiente considerare un solo grado di libert`a.

In figura di 4.21 si pu`o osservare il confronto grafico tra le densit`a spettrali in uscita dei diversi rumori, per un canale.

Si osserva che il contributo del rumore sismico risulta maggiore di quelli degli altri due, per frequenze superiori a 10−4 Hz.

Per il nostro sistema, le cui frequenze di risonanza sono dell’ordine di 10−1 Hz si ha quindi una netta prevalenza del rumore sismico rispetto a quello di misura ed a quello di attuazione. Questi possono essere quindi trascurati, essendo la loro densit`a spettrale minore di pi`u di cinque ordini di grandezza rispetto a quella del rumore sismico, nella banda in cui si lavora.

(50)

Figura 4.21: Confronto grafico tra le densit`a spettrali in uscita dei singo-li rumori, per un grado di singo-libert`a. Rumore sismico in rosso, rumore di attuazione in blu e di misura in nero.

4.5.2

Errore sistematico

Per verificare il contributo del rumore nel sistema, si impone la traiet-toria nulla e si studiano i segnali in uscita, che sono mantenuti pi`u vicino possibile allo spostamento nullo dal sistema di controllo. Il rumore residuo comunque presente sui canali rappresenta una stima dell’errore sistematico dell’apparato.

Per ciascuna uscita del sistema, ovvero per ogni LVDT, si procede acquisen-do l’andamento dello spostamento nel tempo con l’imposizione di traiettoria nulla. Il passo successivo `e il calcolo degli RMS, che viene effettuato con Matlab. Il tempo di osservazione `e stato scelto di 60 secondi.

I risultati ottenuti sono riportati in tabella 4.2 e rappresentano gli errori sulla traiettoria nulla.

uscita RMS misurato (mm)

LVDT1 6.82 ·10−4

LVDT2 6.04 ·10−4

LVDT3 6.21 ·10−4

Tabella 4.2: Valore RMS degli spostamenti letti dagli LVDT per traiettoria nulla.

I valori ottenuti rappresentano la sensibilit`a del sistema allo spostamen-to.

(51)

(mm) (mm)

LVDT 1 6.82 ·10−4 1.53 ·10−4

LVDT 2 6.04 ·10−4 1.81 ·10−4

LVDT 3 6.21 ·10−4 2.10 ·10−4

Tabella 4.3: Confronto tra RMS misurati con traiettoria nulla e calcolati da modello.

Si osserva che i valori RMS misurati e calcolati risultano dello stesso ordine di grandezza, suggerendo un buon accordo tra sistema e modello. Il fattore 2/3 `e dovuto alla sottostima del rumore sismico introdotto nel modello.

Si osserva inoltre, che sono confermate le considerazioni della sezione pre-cedente, in quanto il contributo del rumore sismico risulta nettamente su-periore a quello degli altri due.

Uscita RMS calcolato RMS calcolato RMS calcolato RMS calcolato

totale (mm) sisma (mm) misura (mm) attuazione (mm)

LVDT 1 1.53 ·10−4 1.53 ·10−4 2.76 ·10−13 1.69 ·10−16

LVDT 2 1.81 ·10−4 1.81 ·10−4 2.76 ·10−13 1.77 ·10−16

LVDT 3 2.10 ·10−4 2.10 ·10−4 2.76 ·10−13 1.67 ·10−16

Tabella 4.4: Confronto tra RMS calcolato totale e le singole componenti.

(52)

Posizionamento del giroscopio

Una volta studiate a fondo le caratteristiche del sistema della tavola e del modello ad esso associato, si procede al suo utilizzo operativo, posizio-nando il giroscopio e utilizzando l’apparato per verificarne le caratteristiche presentate nel datasheet fornito dal costruttore [14].

5.1

Il giroscopio

Il sensore a disposizione `e un giroscopio del tipo HRG, Hemispherical Resonator Gyroscope, una classe di dispositivi che hanno avuto applicazio-ne anche in numerose missioni spaziali, tra le quali la sonda Cassini [12]. Questo tipo di sensore `e stato sviluppato ed `e tutt’ora utilizzato soprattutto nel campo della navigazione inerziale, che sfrutta un insieme di computer e dispositivi tra cui giroscopi ed accelerometri, per stimare posizione, velocit`a ed orientamento di un mezzo come un aereo, una nave o un satellite, senza sfruttare riferimenti esterni.

Il giroscopio di cui sono state studiate le caratteristiche fornite nel datasheet `

e il modello GI-CVG-U2210A della Innalabs, una casa produttrice che ha sede in Irlanda (figura 5.1). Si tratta del modello a due assi, che `e sensibi-le alla velocit`a angolare lungo due direzioni perpendicolari tra loro (figura 5.2).

All’interno del giroscopio vi sono due Sensitive Elements (SE), uno per ogni asse, che consistono di un risonatore di forma cilindrica con due modi degeneri risonanti del secondo ordine che vengono eccitati [20]. I due modi di risonanza oscillano assumendo forma ellittica con quattro nodi e quattro antinodi collocati lungo il bordo come mostrato in figura 5.3.

Ciascun SE viene eccitato in modo che il primo modo (Mode 1) sia mante-nuto ad ampiezza costante, mentre il secondo (Mode 2) viene utilizzato per rilevare la rotazione. Quando il giroscopio `e sottoposto a rotazione lungo uno dei suoi assi, un sistema di controllo, detto Force Rebalanced Mode, fornisce una forza tale da annullare l’oscillazione del secondo modo. L’in-tensit`a di questa forza applicata risulta proporzionale al rate di rotazione a cui il sensore `e sottoposto e fornisce quindi il valore della velocit`a angolare

(53)

Figura 5.1: Giroscopio a due assi GI-CVG-U2210A, Innalabs.

Figura 5.2: Giroscopio a due assi.

(54)

imposta sul dispositivo.

5.2

Verifica delle caratteristiche del datasheet

Il giroscopio viene fissato al centro della tavola, nel punto di origine delle coordinate scelte, in modo che i suoi due assi perpendicolari coincidano con le direzioni x ed y del set-up.

Le caratteristiche studiate e confrontate coi valori forniti dal datasheet sono le seguenti:

- fattore di calibrazione; - densit`a spettrale di rumore;

- risposta a moto imposto in varie direzioni; - sensibilit`a all’accelerazione lineare.

Tutte le caratteristiche sopraelencate sono state studiate utilizzando le fun-zionalit`a implementate nell’apparato progettato e costruito in questo lavoro di tesi. La valutazione di queste propriet`a ha il doppio scopo di studiare il giroscopio e di verificare il buon funzionamento del set-up.

5.2.1

Fattore di calibrazione

Per misurare il fattore di calibrazione del giroscopio `e stato imposto al sistema un segnale sinusoidale a 0.1 Hz, valore selezionato in quanto lonta-no dalla frequenza di risonanza del sistema, lungo una direzione del moto scelto.

Per prima cosa `e stata verificata la differenza di fase tra il segnale di spo-stamento fornito dal LVDT nella direzione del moto scelta e la lettura del canale corrispondente del giroscopio. Essendo la velocit`a la derivata dello spostamento, si deve ottenere una differenza di fase tra i due segnali pari a 90◦.

Come si vede in figura 5.4, questa condizione risulta verificata, in quanto nello stesso istante, ad un massimo dello spostamento corrisponde lo zero della velocit`a angolare. Successivamente sono state misurate le ampiezze dei due segnali, in modo da trovare il fattore di calibrazione sfruttando l’equazione 2.3, ricavata nella sezione 2.1:

˙

ϕ = ∆R

Rd · ωx (5.1)

con ˙ϕ valore di picco della velocit`a angolare calcolata da spostamento noto, x valore di picco della lettura del LVDT, ∆R, R, d dimensioni geometriche del sistema come in figura 2.1. Il fattore di calibrazione si calcola quindi

(55)

Figura 5.4: Differenza di fase tra lo spostamento letto dal LVDT (in alto) e la velocit`a angolare fornita dal giroscopio (in basso), per movimento sinu-soidale imposto lungo una direzione scelta. La linea rossa unisce due punti corrispondenti allo stesso istante di tempo.

facendo il rapporto tra il valore di picco della velocit`a angolare letta dal giroscopio e quello calcolato tramite l’equazione precedente, nel modo:

CF = ϕ˙mis ˙ ϕcalc = ∆Rϕ˙mis Rd · ωx (5.2)

con CF fattore di calibrazione e ω = 2πf con f frequenza scelta, ovvero 0.1 Hz.

Il metodo viene applicato ad entrambe le direzioni del moto in cui il sensore `

e sensibile e porta ai risultati presentati in tabella 5.1.

CFx CFy

Misure 187 mV/(◦/s) ± 10% 186 mV/(◦/s) ± 10% Datasheet 200 mV/(◦/s) ± 3% 200 mV/(◦/s) ± 3%

Tabella 5.1: Confronto tra i valori misurati del fattore di calibrazione e quelli presenti nel datasheet.

I valori dei fattori di calibrazione misurati risultano in ottimo accordo con quelli forniti nel datasheet.

(56)

Figura 5.5: Densit`a spettrale di rumore del sensore, come presentata sul datasheet.

Questi fattori sono stati applicati nel seguito di questa analisi in modo da avere la giusta proporzione tra le ampiezze dei segnali di di lettura degli LVDT e del giroscopio. In questo modo si ottengono anche le giuste unit`a di misura per la velocit`a angolare.

5.2.2

Densit`

a spettrale di rumore

Il costruttore ha inserito nel datasheet un grafico che raffigura la densit`a spettrale di rumore del sensore, che viene riportato in figura 5.5. Si osserva che la distribuzione risulta centrata su valori di frequenza pi`u alti di quelli solitamente considerati in questa analisi e che questi superano i 10 Hz, fre-quenza superiore alla banda scelta per il nostro sistema, ovvero circa due decadi a cavallo delle frequenze dei modi fondamentali.

Per ottenere la densit`a spettrale di potenza dal dispositivo posto sulla ta-vola, si manda agli attuatori il segnale corrispondente alla traiettoria nulla, in modo da mantenere il sistema pi`u fermo possibile, compatibilmente coi limiti sistematici del controllo. In questo modo si ottiene la distribuzione in figura 5.6, relativa al canale del giroscopio corrispondente a spostamento angolare lungo l’asse x. Per l’altro canale, `e stato verificato che si ottiene la stessa distribuzione. Per effettuare il confronto tra le due distribuzioni, quella misurata e quella del datasheet, `e stato quindi selezionato il ran-ge comune, scartando i valori a bassa frequenza non presenti nella densit`a spettrale del datasheet, e quelli maggiori di 10 Hz, che sono filtrati in quella misurata tramite il set-up. Il confronto nel range 1 - 10 Hz `e visibile in

(57)

figu-Figura 5.6: Densit`a spettrale di potenza del sensore misurata tramite il set-up.

Figura 5.7: Confronto nel range 1 - 10 Hz della densit`a spettrale di potenza.

ra 5.7. Osservando la figura si nota che le due distribuzioni sono in accordo, nel range selezionato. Si ha, infatti, un valore di circa 10−8(◦/sec)2/Hz in

corrispondenza di 7 Hz per entrambe. Analogamente, tutte e due assumono circa il valore 10−10(◦/sec)2/Hz per la frequenza di 1 Hz.

5.2.3

Risposta al moto imposto in varie direzioni

In questa sezione si studia la risposta del giroscopio all’imposizione di traiettorie note. Per ciascuna direzione `e stato mandato in ingresso un se-gnale sinusoidale a frequenza 0.1 Hz, in modo da provocare uno spostamen-to angolare nella stessa direzione. I canali del giroscopio sono denominati gx e gy, dove il pedice si riferisce alla direzione in cui `e orientato l’asse del

(58)

per-Figura 5.8: Risposta allo spostamento per un segnale sinusoidale imposto nella direzione x a 0.1 Hz. In alto a sinistra vi `e il canale gy, sensibile allo

spostamento lungo x, in alto a destra il canale gx, sensibile a quello lungo

y. In basso vi sono gli spostamenti lungo x (sinistra) e y (destra).

pendicolare. Ci`o significa che il canale gx ha l’asse orientato nella direzione

x ed `e sensibile alla velocit`a angolare nella direzione y. Discorso speculare vale per l’altro canale.

Si applica per comodit`a una conversione ai canali in uscita del giroscopio per ottenere i valori in rad/s piuttosto che in◦/sec. In figura 5.8 si osservano le risposte dei canali del giroscopio e degli LVDT per un segnale sinusoidale a 0.1 Hz imposto nella direzione x.

Come ci si aspetta, per segnale inviato lungo la direzione x si ha una risposta solo nel canale gy del giroscopio. In figura 5.9 si ha la situazione

analoga con segnale sinusoidale lungo y.

Anche in questo caso, si ha una conferma di ci`o che era atteso, osservando segnale solo nel canale gx del giroscopio.

Una ulteriore prova, del fatto che i canali del giroscopio siano sensibili solo alla velocit`a angolare nella direzione in cui sono sensibili, si attua inviando in segnale sinusoidale nella direzione θ, sempre a 0.1 Hz. In questa situa-zione si ha spostamento angolare lungo la diresitua-zione θ stessa, per cui ci si aspetta che entrambi i canali del giroscopio non percepiscano movimento. In figura 5.10 si osserva come questa ipotesi sia confermata.

Per ottenere un’ulteriore conferma del fatto che ciascun canale del girosco-pio sia sensibile solo al moto angolare nella direzione perpendicolare al suo asse, si studiano gli spettri per i due canali per le configurazioni precedenti, al variare per`o della frequenza del segnale sinusoidale. Ci si aspetta che gli

(59)

Figura 5.9: Risposta allo spostamento per un segnale sinusoidale imposto nella direzione y a 0.1 Hz. In alto a sinistra vi `e il canale gy, sensibile allo

spostamento lungo x, in alto a destra il canale gx, sensibile a quello lungo

y. In basso vi sono gli spostamenti lungo x (sinistra) e y (destra).

spettri presentino dei picchi in corrispondenza della frequenza del segnale imposto, quando questo `e inviato nella direzione perpendicolare all’asse del canale in questione. In configurazioni diverse da questa appena descritta, ci si aspetta una totale assenza di picco.

In figura 5.11 si osserva come questa ipotesi sia verificata. `E il caso infatti, di spettro creato per il canale gy nel caso in cui vi sia il segnale sinusoidale

lungo la direzione x. Come atteso si osservano i picchi in corrispondenza delle frequenze del segnale, scelte pari a 0.1 Hz, 0.2 Hz, 0.4 Hz e 0.8 Hz.

In figura 5.12, che rappresenta la stessa configurazione precedente ma relativa al canale gx, si nota come i picchi presenti nell’altro canale siano

completamente assenti, per ogni valore della frequenza del segnale sinusoi-dale della traiettoria imposta, come atteso.

In figura 5.13 e 5.14 si ha la situazione analoga a quanto appena studiato, nel caso in cui il segnale sinusoidale venga imposto lungo la direzione y. Si osserva che, come previsto, lo spettro del canale gx presenti i picchi in

corrispondenza delle frequenze del segnale, mentre questi siano assenti per il canale gy.

5.2.4

Sensibilit`

a all’accelerazione lineare

In questa fase `e stato calcolato un limite superiore della sensibilit`a del giroscopio per una accelerazione lineare imposta nella direzione del suo asse.

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