• Non ci sono risultati.

E-mergenze "post-umaniste" del corpo. Una prova di analisi "orizzontale" via Michel Serres

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "E-mergenze "post-umaniste" del corpo. Una prova di analisi "orizzontale" via Michel Serres"

Copied!
102
0
0

Testo completo

(1)

N. 369

Collana diretta da Salvo Vaccaro e Pierre Dalla Vigna comitatoscientifico

Pierandrea amato (Universitàdegli stUdidi messina), Pierre dalla vigna (Università degli stUdi “insUbria”, varese), giUsePPe di giacomo (saPienza Università di roma) maUrizio gUerri (accademiadi belle arti di brera), salvo vaccaro (Università degli stUdi di Palermo), José lUis villacañas berlanga (Universidad comPlUtensede madrid), valentina tirloni (Université nice soPhia antiPolis), Jean-JacqUes WUnembUrger (Université Jean-moUlin lyon 3), micaela latini (Universitàdegli stUdidi cassino), lUca marchetti (Università saPienzadi roma)

(2)
(3)

E-MERGENZE

“POST-UMANISTE” DEL CORPO

Una prova di analisi “orizzontale”

via Michel Serres

(4)

mimesis@mimesisedizioni.it Collana: Eterotopie, n. 369 Isbn: 9788857538327

© 2016 – MIM EDIZIONI SRL Via Monfalcone, 17/19 – 20099 Sesto San Giovanni (MI)

Phone: +39 02 24861657 / 24416383 Fax: +39 02 89403935

(5)

1. e-mergenze “Post-Umaniste”: ilcorPo 11

2. michel serres: e-mergenzadeisensi 23

a. Hominescence del corpo 23

b. I sensi 25

3. michel serresel’e-mergenzadellacapacité

edell’incandescencedelcorPo. UnsUpplémentdecorps? 41

a. Capable 41

a.1. Possibile 45

a.2. Pensante/inventivo; micro-cosmo federativo 48 a.3. Onni-valente 56 a.4. Cognitivo 59 a.5. Appareilleur 66 b. Incandescent 72 c. Un supplément de corps? 77 4. e-mergenzee-mergenti 87

(6)
(7)

nostra specie, sua seconda natura. Se questa sfera di segni che ci circonda del suo fitto pulviscolo viene negata, l’uomo non sopravvive.

I. Calvino, La redenzione degli oggetti L’avénement d’un nouveau corps est quelque chose qu’il faut continuer à scruter, dont nous n’avons pas encore mesuré toutes les conséquences.

M. Serres, Pantopie: de Hermès à Petite Poucette Si je m’interroge sur le corps, je ne considère pas le concept du corps, mai l’exemple du gardien de but qui attend la balle et se met en état de plonger dans toutes les directions. Cet exemple me permet de penser de façon concrète, individuelle et singulière la puissance blanche du corps.

(8)
(9)

A mia madre A Carlo

(10)
(11)

E-MERGENZE

1

“POST-UMANISTE”: IL CORPO

“Galassia”, ma anche “grande ombrello”, “arcipelago”, “contenitore concettuale”, “paradigma elastico” aprivano e pure chiudevano una mia recente ricerca sul “post-umanismo”,2 del quale appunto non riuscivo,

1 È questa la grafia che impiego nel presente lavoro, allo scopo di evidenziare la preposizione e/ex (fuori). Faccio inoltre presente, qui una volta per tutte, che, ri-chiamandomi tra l’altro al rilievo attribuito da Michel Serres alle preposizioni (cfr. infra), per molti termini costituiti anche di preposizioni utilizzo una grafia in cui inserisco un trattino tra la preposizione stessa e il resto della parola, nell’intento appunto di “valorizzare” la dimensione preposizionale.

2 Si tratta di O. Rignani, Emergenze “post-umaniste” dell’umano. Prove di analisi storico-comparativa dal presente al passato e ritorno, Mimesis, Milano 2014. Per quanto riguarda le ragioni della scelta di questo tipo di grafia, rimando alla nota successiva; qui mi preme piuttosto ricordare, come d’altra parte ho fatto nella ricerca sopra citata, che “post-umano”/“post-umanismo” e “post-umanista” sono termini con una lunga storia alle spalle, che però sembrano avere ricevu-to attenzione solo in tempi abbastanza recenti soprattutricevu-to nell’ambiricevu-to filosofico dell’ultimo ventennio, che li ha fatti oggetto di nuove e variegate teorizzazioni. Tra le pubblicazioni, oggi molto numerose, che presentano il tema sotto svariate angolature, vale dunque la pena di citare almeno: N. K. Hayles, How We Became Posthuman. Virtual Bodies in Cybernetics, Literature, and Informatics, Univer-sity of Chicago Press, Chicago 1999; N. Badmington, Posthumanism, Palgrave MacMillan, London-New York 2000; Id. (a cura di), Theorizing Posthumanism, in «Cultural Critique», n. 53, 2003, pp. 10-27; E. L. Graham, Representations of the Post/Human: Monsters, Aliens and Others in Popular Culture, Manchester Uni-versity Press, Manchester 2002; F. Fukuyama, Posthuman Future. Consequen-ces of the Biotechnology Revolution, Picador, New York 2002, tr. it. di G. Della Fontana, L’uomo oltre l’uomo. Le conseguenze della rivoluzione biotecnologica, Mondadori, Milano 2002; C. Wolfe, What Is Posthumanism?, Minnesota Univer-sity Press, Minneapolis 2010; S. Herbrechter, Posthumanism: A Critical Analysis, Bloomsbury Publishing, London-New Delhi-New York-Sidney 2013; F. Ferran-do, Posthumanism, Transhumanism, Antihumanism, Metahumanism, and New Materialisms: Differences and Relations, in «Existenz. An International Journal in Philosophy, Religion, Politics, and the Arts», a. VIII, n. 2, 2013, pp. 26-32; R. Terrosi, La filosofia del postumano, Costa&Nolan, Genova 1997; G. O. Longo, Homo technologicus, Meltemi, Roma 2001; Id., Il Simbionte. Prove di umanità

(12)

inizialmente, a non ipotizzare e, in seguito, a non “confermare” la “pro-blematicità”, emergente in gran parte dall’intrinseca eterogeneità,3 così

come la “problematizzazione” (riflessione critica e/o messa in discussio-ne), la non esaustività, l’incompiutezza.4 Giungevo peraltro, su questa

futura, Meltemi, Roma 2003; R. Braidotti, Metamorphoses: Towards a Mate-rialist Theory of Becoming, Polity Press, Cambridge 2002, tr. it. di M. Nadotti, In metamorfosi. Verso una storia materialistica del divenire, Feltrinelli, Milano 2002; Ead., The Posthuman, Polity Press, Cambridge 2013, tr. it. di A. Balzano, Il postumano: la vita oltre l’individuo, oltre la specie, oltre la morte, DeriveAppro-di, Roma 2014; M. Farisco, Ancora uomo. Natura umana e postumanesimo, Vita e Pensiero, Milano 2011; L. Grion (a cura di), La sfida postumanista. Colloqui sul significato della tecnica, il Mulino, Bologna 2012; Id., Persi nel labirinto. Etica e antropologia alla prova del naturalismo, Mimesis, Milano 2012; G. Leghissa (a cura di), La condizione postumana, in «aut aut», n. 361, 2014; Id., Postumani per scelta. Verso un’ecosofia dei collettivi, Milano, Mimesis 2015; U. Fadini, La vita eccentrica. Soggetti e saperi nel mondo della rete, edizioni Dedalo, Bari 2009; Id., Divenire corpo. Soggetti, ecologie, micropolitiche, ombre corte, Verona 2015; P. A. Masullo, L’umano in transito. Saggio di antropologia filosofica, Edizioni di pagina, Bari 2008; F. Gambardella, L’animale autopietico. Antropologia e biolo-gia alla luce del postumano, Mimesis, Milano 2010.

3 Cfr. tra l’altro R. Marchesini, Il tramonto dell’uomo. La prospettiva post-umani-sta, edizioni Dedalo, Bari 2009, pp. 5-24.

4 O. Rignani, Emergenze “post-umaniste” dell’umano. Prove di analisi storico-comparativa dal presente al passato e ritorno, cit., pp. 9-17; 85-89. Questa carica di “ambiguità” è riscontrabile già solo nella varietà delle grafie e delle denomi-nazioni utilizzate: si può trovare scritto post-umanismo, post/umanismo, post umanismo o postumanismo; così com’è possibile imbattersi in post-umanesimo, post/umanesimo, post umanesimo o postumanesimo e quindi in post-uomo, post/ uomo, post uomo, postuomo o in post-umano, post/umano, post umano, postuma-no; epifenomeni, tutti, di molteplici e differenti sfumature interpretative e torsioni concettuali riferibili a una prospettiva composita ed eterogenea. A collegare con un trattino il prefisso al sostantivo o all’aggettivo può essere l’intento di istitui-re tra i due un nesso di contiguità e di comparazione pur mantenendoli distinti; distinzione che sembra parzialmente bypassata nella grafia che introduce una barratura tra il prefisso e il sostantivo o l’aggettivo, completamente bypassata nella grafia unita e che invece pare enfatizzata nella grafia separata. Scelte con-cettuali e interpretative diverse paiono spesso implicate anche nell’impiego dei termini umanesimo o umanismo – abbinati al prefisso post- –: nel primo caso può sembrare prevalere la volontà di stabilire un paragone/nesso specificamen-te con l’antropologia umanista, mentre nel secondo il riferimento comparativo può apparire o storicamente più dilatato oppure costituito dalla parabola della “modernità” in senso lato. Parimenti la scelta dell’uso di post-uomo (post/uomo, post uomo, postuomo) e quella invece dell’uso di post-umano (post/umano, post umano, postumano) possono sembrare orientate ad assumere come focus di rifles-sione, la prima, la specie biologica – cioè appunto il post-uomo – che, ibridandosi con le tecnologie, andrebbe a succedere a homo sapiens; la seconda, piuttosto i

(13)

via, a maturare la convinzione/idea di un “post-umanismo” – “galassia” appunto – dai tratti generalissimi di cambiamento della percezione della condizione umana, di percezione ed espressione/tematizzazione/gestione del cambiamento “effettivo” di questa stessa condizione – tentativo per così dire di “dare figura” a un quadro di mutevolezza – e perciò quindi di “problematicità” connessa al cambiamento stesso, così come anche di “problematizzazione” – dello stesso cambiamento molto spesso “volano” o almeno concomitanza –. Individuando con ciò la “ricorsività” teorica del “ri-pensamento”, che, in consonanza con tale questionatività, mi pareva essere posta in atto con riferimento, innanzitutto, al significato generale dell’essere umano, prima ancora di prefissi denotativi di superamenti – dei quali comunque indubbiamente viene a essere “caricato” –, arrivavo a una visione dell’orizzonte “post-umanista” più appunto come “ri-pensamento” di che cosa possa significare essere umani che come tentativo di “andare

processi antropo-poietici presenti/futuri e passati. Non mi sembra qui comunque il caso di richiamare esempi di utilizzo delle diverse grafie, poiché sono facil-mente riscontrabili nella letteratura più diffusa e nota sull’argomento. Per quanto riguarda la presente ricerca, il tipo di grafia che impiego – “post-umanismo” e “post-umano” – è quello che ho utilizzato nel lavoro sopra citato, in quanto il pre-supposto teorico che mi guida è lo stesso, cioè che le prospettive di comprensione dell’uomo e dell’umano messe in campo dal dibattito cosiddetto “post-umanista” presentano a livello generale “discontinuità/cambiamenti” rispetto a una consi-derazione dell’uomo stesso e dell’umano come forze normative immanenti, forse anche perché qualcosa, “di fatto”, è cambiato: da qui la necessità dell’impiego del post-, in o fuori parentesi. E quindi: le virgolette, per restituire la problematicità di qualsiasi definizione perentoria, che potrebbe rivelarsi riduttiva; il trattino tra il prefisso e il sostantivo o l’aggettivo (sostantivato), per rendere un nesso di con-tiguità – al momento secondo me ineliminabile – tra i due, pur preservandone la distinguibilità, cioè per esprimere una “relazione” di “differenza” e/o “analogia”, ma anche eventualmente “ripensamenti” di ciò a cui il post- si “riferisce” – nel caso dei quali, il post- può essere scritto anche tra parentesi – ; umanismo – dopo il post- –, per non circoscrivere il “riferimento” al solo Umanesimo storico; uma-no – dopo il post- –, per riferirmi in particolar modo ai processi antropo-poietici presenti/futuri e passati. Per una valenza di post-umanesimo e post-umanismo in certo modo differente da quella con cui impiego questi stessi termini si veda M. Andreozzi, Dall’antispecismo al post-umanesimo: verso un paradigma morale non-antropocentrico, in B. Accarino (a cura di), Antropocentrismo e post-umano. Una gerarchia in bilico, Mimesis, Milano 2015, pp. 43-60. Sulle possibili valenze del post- in “post-umano” si veda ora R. Bonito Oliva, Il post-umano tra aspet-tative e resistenze dell’umano, in B. Accarino (a cura di), Antropocentrismo e post-umano. Una gerarchia in bilico, cit., pp. 157-175.

(14)

oltre” l’“eccezionalismo” umano.5 Per giungere fino a leggere nella

“galas-sia” “post-umanista” “ri-formulazioni” dell’idea stessa di “eccezionalità” umana, come, ad esempio, quella che la intende quale acquisizione da parte dell’uomo della consapevolezza della propria “eccezionalità” di “anima-le metamorfico” che oggi si “metamorfizza” nell’hominescence6 e diviene

in via di “auto-evoluzione”, naturante – con le connesse “responsabilità” “federative” –, come emerge dall’incisiva voce di Michel Serres;7 ossia,

in termini generalissimi, quale visione “diversa” da parte dell’uomo del proprio “protagonismo”.8 Ottica, questa, che peraltro m’induceva a ritenere

la componente post- come riferita al finora detto umanismo e non invece all’umanismo tout court.

Umanismo, considerato finalmente autentico poiché in grado di andare a svilupparsi attorno a tale “nuovo” concetto di “eccezionalità” umana,

all’i-nizio del quale, sempre detta ottica, mi suggeriva di pensare che si ponga la

“galassia” “post-umanista” in quanto appunto non nettamente disdegnatri-ce di questa stessa idea di “ecdisdegnatri-cezionalità” umana, ma piuttosto elaboratridisdegnatri-ce di una sua “riformulazione” sulla via del “ri-pensamento” dell’uomo, delle sue relazioni con gli altri viventi, col mondo inanimato e con il macchinico. Guadagnavo pertanto questa visione generalissima della “galassia” “post-umanista” come, lato sensu, “modo nuovo” di “de-finire” l’umano e quindi di pensare l’“interfaccia” uomo-mondo,9 senza appunto la

“rinun-cia” all’idea di “eccezionalità” umana e in base anche a novità oggettive – come ho detto, quindi, “post-umanismo” come cambiamento della per-cezione della condizione umana, ma anche come perper-cezione del

cambia-5 Cfr. O. Rignani, Emergenze post-umaniste dell’umano. Prove di analisi storico-comparativa dal presente al passato e ritorno, cit., p. 87; K. Soper, The Huma-nism in PosthumaHuma-nism, in «Comparative Critical Studies», a. IX, n. 3, 2012, pp. 365-378.

6 Sull’hominescence serresiana si veda infra, ma anche passim.

7 Nella ricerca alla quale mi sto riferendo, dubitando della proficuità sul piano eu-ristico del tentativo d’appurare se Michel Serres sia tout court “post-umanista”, ho cercato piuttosto di vagliare, attraverso l’analisi delle sue riflessioni, la portata, la significatività (e il significato), le declinazioni delle idee “cruciali” – ossia e-mergenti in modo apparentemente significativo dall’attuale dibattito “post-uma-nista” – dello stesso “post-umanismo”, per guadagnare appunto di quest’ultimo, nei limiti del possibile, una più nitida focalizzazione.

8 Per una discussione del rapporto tra eccezionalismo umano e antropocentrismo si veda ora B. Accarino, La parabola dell’antropocentrismo, in Id. (a cura di), Antropocentrismo e post-umano. Una gerarchia in bilico, cit., pp. 12-13. 9 Questa è la “linea” su cui si muove anche la riflessione di Roberto Marchesini.

(15)

mento della condizione umana, che “raccoglie” perciò un cambiamento “effettivo” di questa stessa condizione –.

Visione nell’accedere alla quale peraltro l’hominescence serresiana ave-va assunto un ruolo di “catalizzatore” d’idee “salienti” – quali in primo luogo le istanze di ri-pensamento dell’umano – dibattute nella stessa “ga-lassia” “post-umanista”, in quanto espressione/tematizzazione/gestione di cambiamento – nel senso di “émergence de liens sans équivalents con-nus au corps, au monde et aux autres” –.10 Ossia: e-mergenza,11 sul piano

10 M. Serres, Hominescence, Le Pommier, Paris 2001, p. 21.

11 Non mi pare inutile osservare che il termine e-mergenza (émergence), nodo nevral-gico della presente ricerca e della mia precedente, nel significato del venire a galla di ciò che era sommerso – come inedito, rischio etc. –, “richiama” il contesto dei fluidi, dei liquidi e quindi anche dell’acqua, del fiume e del mare che per così dire “informa” (e ne è nel contempo “restituito”) il pensiero di Michel Serres – “arbo-rescence fluviale”, “réseau fluviatile” (cfr. M. Serres, Variations sur le corps, Le Pommier [Poche], Paris 2013, p. 52; faccio presente che le mie citazioni sono tratte da quest’edizione, senza figure, del 2013, ma che l’opera è uscita nel 1999) —; il quale peraltro fa largo impiego di tale termine in particolare a proposito del Grand Récit per esprimere l’evoluzione dei corpi o delle specie etc., dal momento che rileva che detto termine “dit ce surgissement de la nouveauté naissante” (M. Serres, Le Gaucher boiteux. Puissance de la pensée, Le Pommier, Paris 2015, p. 37, tr. it. di C. Tartarini, Il mancino zoppo. Dal metodo non nasce niente, Bollati Boringhieri, Torino 2016, p. 48). A proposito di quest’ultimo testo serresiano, preciso qui, una volta per tutte, che, trattandosi di uno scritto per così dire “meta-riflessivo”, quan-do ne cito estesamente dei passi, li riporto, in via eccezionale, pur consapevole di “derogare” alle “regole” e senza nulla togliere all’ottima traduzione italiana e alla sua importanza nel veicolare il pensiero di Serres in Italia dove purtroppo è tutt’ora troppo poco conosciuto, in lingua originale dall’edizione francese facendo appunto parlare l’Autore stesso (con anche comunque il rimando alle pagine corrisponden-ti dell’edizione italiana). Nei casi, invece, di riferimencorrisponden-ti senza citazioni di passi, metto solo il rimando all’edizione in italiano. Inoltre, ricordo qui, per un quadro dei vari aspetti del pensiero di Serres e delle sue “matrici” culturali, in particolare: A. Crahay, La mutation du Cogito. Genèse du transcendantal objectif, De Boeck, Bruxelles 1988; G. Polizzi, Michel Serres. Per una filosofia dei corpi miscelati, Liguori, Napoli 1990; Id., Tra Bachelard e Serres. Aspetti dell’epistemologia fran-cese del Novecento, Armando Siciliano Editore, Messina 2003; O. Rignani, Mul-tidimensionalità e dialogo… Oltre i “confini”, in Ead., Filosofia, scienza e multi-dimensionalità. I silenzi urlati delle intersezioni, Mattioli 1885, Fidenza 2007, pp. 24-63; Ead., Pagine di paesaggi. Su Michel Seres “paesaggista”, Mattioli 1885, Fidenza 2009; Ead., Michel Serres: emergenze e “umanismo incoativo”, in Ead., Umano? Una domanda per Italo Calvino e Michel Serres, Mattioli 1885, Fidenza 2012, pp. 109-148; Ead., Michel Serres e l’emergenza dell’ominescenza, in Ead., Emergenze “post-umaniste” dell’umano. Prove di analisi storico-comparativa dal presente al passato e ritorno, cit., pp. 19-42; P. Rödel, Michel Serres, la sage-femme du monde, Le Pommier, Paris 2016. Significativi al riguardo sono anche

(16)

soggettivo, di una “liberazione”12 del/dal corpo (corpo libero dal dolore

etc., che “si libera” – oggettivandoli —13 dei propri organi e delle proprie

funzioni, sano, longevo, “nuovo”, “incandescente”, “(ri-)costru-ibile/-ito” dall’uomo; percezione di queste novità; nuovi modi di concepire il corpo, nuovi legami con esso e nuovi ruoli della corporeità; tematizzazione/ge-stione di queste novità); e-mergenza, sul piano oggettivo, di uno svinco-lamento dalla dipendenza dalle cose (l’uomo diventa “naturante”, facendo nascere una nuova natura da lui prodotta, e su di lui reagente); e-mergenza, sul piano collettivo, di un’emancipazione delle relazioni dalle condizioni spaziali (il connettivo va sostituendo il collettivo).

E-mergeva, quindi, ricorsivamente l’émergence, l’e-mergenza come

“filo rosso” di tale contesto: nel senso di venuta a galla, richiesta di

atten-zione, e pertanto di comparsa dell’inedito ossia di ciò che era sommerso,

sia a livello di venuta a galla appunto che a livello di avvento di un “ri-schio” che richiama attenzione; cioè apparire di qualcosa che prima era “sott’acqua” o nascosto o ignorato.

Di quest’orizzonte (e-mergenziale) “post-umanista”, (rac)colto in tale passata ricerca nelle linee generalissime sopra dette, mi propongo dunque ora, nella presente, di focalizzare e tematizzare ulteriormente la “dimensio-ne” del corpo, già peraltro appunto in quella sede affiorata come

e-mergen-za ossia, in altri termini, come idea/questione significativa di questo stesso

contesto/dibattito di ri-pensamento complessivo dell’umano (e-mergenza, come detto sopra, di un corpo “nuovo”; percezione di un corpo “nuovo”; “inedita” percezione del corpo e “inediti” ruoli del corpo; tematizzazione/ gestione di questi stessi cambiamenti).

Convinta pertanto dell’opportunità del tentativo di guadagnare ulterio-ri affacci sulla “costellazione” “post-umanista”, ulterio-ri-parto ora, a tale scopo appunto, da questa e-mergenzialità/e-mergenza (del tema del) corpo, per verificarne/approfondirne portata, significatività e significati secondo un piano “orizzontale”, ossia ancora una volta attraverso l’esame delle po-sizioni di Michel Serres – che, anche in relazione al (tema del) corpo, mi sembrano “incrociare” significativamente nodi “nevralgici”, relativi al cor-po appunto, del contesto/dibattito “cor-post-umanista” –.14 La “dimensione”

dello stesso Serres Pantopie: de Hermès à Petite Poucette, Le Pommier, Paris 2014 e Il mancino zoppo. Dal metodo non nasce niente, cit.

12 Sul possibile utilizzo di “dis-attivazione” (del corpo) invece che “liberazione”, si veda B. Accarino, La parabola dell’antropocentrismo, in Id. (a cura di), Antropo-centrismo e post-umano. Una gerarchia in bilico, cit., pp. 28-29.

13 Sul processo di “oggettivazione” corporea si veda infra. 14 Sul “post-umanismo” di Serres, si veda supra.

(17)

corporea dell’hominescence serresiana assumerò pertanto come “bussola interpretativa” e/o “catalizzatore concettuale” d’idee sul corpo aggettan-ti dal “grande ombrello” dello stesso “post-umanismo”, e, dinanzi anche allo sfaccettato scenario di proposte “estreme” quali ad esempio quelle del “riduzionismo informazionale” del corpo, del “post-umano” disincarnato, codificato, del post-organico, del mind uploading,15

dell’“artificializzazio-ne” del corpo etc., cercherò, da parte mia, di esaminare l’ipotesi d’“inelimi-nabilità” o anche per meglio dire d’“insostituibilità”/“irri(pro)ducibilità”16

(in connessione peraltro col tema dell’“eccezionalità” umana) del corpo stesso,17 intendendo con ciò una per così dire “eccedenza” del corpo

(sem-pre nel coinvolgimento “relazionale” nei processi ibridativi e

nell’immer-15 Su ciò si veda in particolare N. Bostrom, Why I Want to be a Posthuman When I Grow Up, in B. Gordijn, R. Chadwick (a cura di), Medical Enhancement and Posthumanity, Springer, Dordrecht-London 2008, pp. 107-137. Sottolineo, per quanto riguarda queste proposte “estreme”, che si tratta, come lo è del resto ap-punto il “post-umanismo” nel suo complesso, di un orizzonte molto variegato e frastagliato di posizioni, idee etc., latamente “trans-umanista”, che non è negli in-tenti di questa ricerca ricostruire e tantomeno approfondire, per cui, qui, mi limito a richiamare alcuni, tra i tanti, studi che contribuiscono a restituire panoramiche nonché aspetti specifici di tale “prospettiva”: N. Bostrom, A History of Transhu-manist Thought, in «Journal of Evolution and Technology», n. 14, 2005, pp. 1-25 (una traduzione in italiano dell’articolo è disponibile sul sito www.estropico.it); Id., In Defence of Posthuman Dignity, in «Bioethics», n. 3, 2005, pp. 202-214; C. Tondo, La manutenzione dell’umano. Estendere la vita e vincere la morte nella prospettiva delle tecnoscienze, in B. Bonato, Id. (a cura di), Fabbricare l’uomo. Tecniche e politiche della vita, Mimesis, Milano 2013, pp. 77-109; M. Maestrutti, Humain, transhumain, posthumain. Représentations du corps entre incomplétude et amélioration, in «Journal International de Bioétique», a. XXII, n. 3-4, 2011, pp. 51-66; Ead., Transumanisti e “bioluddisti”. Quale democrazia e quale etica per il postumano?, in B. Bonato, C. Tondo (a cura di), Fabbricare l’uomo. Tecniche e politiche della vita, cit., pp. 29-59; R. Marchesini, Post-human. Verso nuovi modelli di esistenza, Bollati Boringhieri, Torino 2002; G. Vatinno, Il Transuma-nesimo. Una nuova filosofia per l’Uomo del XXI secolo, Armando Editore, Roma 2010; e, nel Capitolo III, a qualche altro riferimento.

16 Cfr. su ciò in particolare G. O. Longo, Il nuovo golem: come il computer cambia la nostra cultura, Laterza, Roma-Bari 1998; Id., Homo technologicus, cit.; Id., Il Simbionte. Prove di umanità futura, cit.; Id., Riduzionismo informazionale e po-stumano, in «Atti dell’Accademia Roveretana degli Agiati», ser. VIII, a. CCLX, n. 10, B, 2010, pp. 35-48.

17 Inutile dire che tanti sono i “filtri” interpretativi impiegabili e le angolature da cui leggere la “questione” “post-umanista” del corpo; qui comunque assumo come “riferimento” specifico e “bussola concettuale” la riflessione di Serres, non vo-lendo produrre una rassegna storiografica sul tema (e invece, tra il resto, appunto esaminare l’ipotesi dell’“irri(pro)ducibilità” del corpo).

(18)

sione in uno “spazio virtuale”),18 e quindi la sua toti-potenza, cioè, per dirla

alla Serres, la sua “incandescenza”. 19

Tutto questo appunto sulla linea della suddetta idea di “post-umanismo” come (istanza di) ri-pensamento complessivo del significato dell’essere uma-no e dei suoi rapporti con l’altro-dall’uomo, in una ri-declinazione del tema dell’“eccezionalità” umana; e quindi, come “costruzione” di un “discorso” sull’essere umano che, nel riconoscerlo come non più “misura” di sé e delle cose, “varca” la “soglia”20 dell’umanità, pur non disdegnando appunto l’idea

di “eccezionalità” umana, ma intendendola però in modo diverso, nuovo.21

E pertanto provo appunto a parlare di e-mergenze “post-umaniste” del

corpo: come detto, aspetti e-mergenti, “inediti” del corpo; “percezione” del

corpo nei suoi aspetti “inediti”; modi “nuovi” di percepire/concepire il cor-po ed e-mergenza di “nuovi” ruoli del corcor-po; espressione/tematizzazione/ gestione di queste novità.

18 Sullo “spazio virtuale” si veda infra.

19 Sulla questione del rapporto tra l’uomo (corpo) e la tecnica segnalo, per l’originali-tà, la proposta di Ubaldo Fadini, Divenire corpo. Soggetti, ecologie, micropolitiche, cit., che va oltre quella che rileva come “polarizzazione” delle attuali posizioni tra l’idea di un declino antropologico e l’idea della possibilità di ripensare, attraverso la presa d’atto delle cause della scissione, modalità differenti di ricomposizione delle due dimensioni che si sono separate (ossia l’idea della necessità dell’attuazione di dinamiche di ibridazione sempre più sofisticata), spostando l’attenzione, attraverso un’idea di “post-umanismo” come “campo di forze”, sull’“identità” dell’attuale soggetto-di-lavoro. Tale idea del “post-umanismo” come “campo di forze”, mu-tevole, che vede come soggetti necessari la presenza di fattori quali modalità di soggettivazione (forme cangianti di soggettivazione), pratiche di bio-potere, di in-tervento, dispositivi politici, dispositivi amministrativi, dispositivi di governance, instabilità del mercato, progressioni tecnologiche (nuovi modi di comunicazione), ossia come molteplicità di fattori di cambiamento della condizione umana, porta l’attenzione a piani di riflessione come appunto quello del soggetto-di-lavoro, con la conseguente individuazione dell’“introduzione” di funzioni produttive e signi-ficative all’interno del corpo vivente di quest’ultimo con i connessi effetti sulle qualificazioni anche sociali e politiche di tale soggettività.

20 Cfr. in particolare R. Marchesini, Il concetto di soglia. Una critica all’antropo-centrismo, Theoria, Roma 1996; Id., La Fabbrica delle chimere. Biotecnologie applicate agli animali, Bollati Boringhieri, Torino 1999; Id., K. Andersen, Animal Appeal. Uno studio sul teriomorfismo, Hybris, Bologna 2003; L. Caffo, Id., Così parlò il postumano, Novalogos, Aprilia 2014; Id., Epifania animale. L’oltreuomo come rivelazione, Mimesis, Milano 2014; Id., Etologia filosofica. Alla ricerca del-la soggettività animale, Mimesis, Midel-lano 2016.

21 Sull’eccezionalismo in relazione all’antropocentrismo e soprattutto su tradizione dell’antropocentrismo e dibattito “post-umanista” si veda il volume collettaneo B. Accarino (a cura di), Antropocentrismo e post-umano. Una gerarchia in bilico, cit.

(19)

Ciò che, di primo acchito, mi sembra dunque di poter mettere in campo, proponendomene nel corso del lavoro la verifica, è, innanzitutto, l’e-mer-genza del metamorfismo del corpo, della sua toti-potenza, del suo “carat-tere” di “prua culturale”, e quindi della sua capacità di schiudere sempre nuovi orizzonti dell’umano.

Così come mi sento di mettere in campo l’avvento dell’idea dell’“essere un corpo” (che sembra per così dire un post- dell’idea dualistica del corpo oggetto/proprietà, “reificato”, dell’“avere un corpo”). E quindi l’avvento dell’idea del “ritorno” al corpo, ri-pensato/ri-scoperto nella sua portata cognitiva e culturale lato sensu, come elemento/fattore significativo della “nuova” condizione umana di potere cambiare la propria condizione. E an-cora come “terreno” “sensibile” dell’“eccezionalità” dell’uomo quale pre-sa di conpre-sapevolezza della propria “eccezionalità” di animale metamorfico che diviene causa sui, in via di auto-evoluzione, che intrattiene un rapporto “singolare” con la vita e con il mondo (con le “responsabilità” che a ciò vengono ad essere connesse).22 Tengo quindi a puntualizzare e a ribadire

che vedo queste e-mergenze (del corpo) inter-tessute, complessivamente, con la questione dell’“eccezionalità” umana.

Muovo allora a fare “reagire” queste ipotesi, nel proposito appunto di verificarle/approfondirle, per guadagnare anche ulteriori tratti della fisio-nomia della “galassia” “post-umanista”, “orizzontalmente” con le posizio-ni di Michel Serres.23 Cioè con la sua nuova “antropologia”,24 che “passa

22 Riprendo qui la posizione di Michel Serres sull’“eccezionalità” umana che ho discusso e sono giunta ad assumere come “riferimento” già nella mia precedente ricerca.

23 Lascio invece da parte, come ho già osservato, l’appuramento del “post-umanismo” o meno di Serres stesso, sforzo a mio parere euristicamente poco proficuo, almeno in questa sede. Se, infatti, è difficile stabilire con certezza l’“adesione”/“appartenenza” di un autore a un movimento quando non sia lui stesso a manifestarla o addirittura si ponga come capofila di esso, tanto di più lo è nel caso del “post-umanismo” a causa della sua “fluidità”. E lo è più ancora nei confronti di Serres che, in prima persona, ha sempre riconosciuto il proprio “isolamento” intellettuale e la propria “indipendenza”. In questa ricerca, si tratta quindi piuttosto di fare “reagire” “orizzontalmente”, allo scopo di una migliore focalizzazione di esse e anche dello stesso “post-umanismo” nel suo complesso, idee/e-mergenze della costellazione “post-umanista”, (in apparenza) significative, con idee/e-mergenze (apparentemente) “affini” di una voce, come quella serresia-na, senza dubbio rilevante nel dibattito filosofico (antropologico) contemporaneo. L’intento, come appunto detto, è quello di giungere a una migliore focalizzazione delle prime e anche dello stesso “post-umanismo” nel suo complesso.

24 Metto antropologia tra virgolette, in quanto ancora discorso sull’uomo, ma discor-so nuovo su un uomo nuovo.

(20)

attraverso” il “ritorno alle cose”,25 la ri-scoperta di una relazione con la

natura che non riduca il mondo a rappresentazione dell’io, il recupero della varietà e della molteplicità delle relazioni sensoriali dell’uomo col mondo, della ricchezza del suo rapporto “corposo” con esso, per ri-declinare l’i-dea dell’“eccezionalità” umana come percezione da parte dell’uomo della propria “eccezionalità” di animale metamorfico che oggi si metamorfizza nell’hominescence e diviene in via di auto-evoluzione; o altrimenti detto come percezione da parte dell’uomo di sé come ramo evolutivo sui generis della vita, che si adegua alle nuove esigenze dell’ambiente non mediante lo sviluppo di organi o funzioni corporee ad hoc ma con l’esternalizzazione dei propri mezzi adattivi in oggetti tecnici, strumenti, macchine. Tali pe-raltro, questi ultimi, che, retroagendo su di lui, modellano in buona parte il suo corpo, ormai sottratto alle forze dell’evoluzione naturale, e destinato alla de-specializzazione e all’indifferenziazione. Corpo, d’altra parte, che, colto come “dimensione” dell’uomo stesso, “irriducibile” (a parola etc.), “nuovo”, cognitivo, inventivo, “prua” culturale, ossia “luogo sensibile” dell’invenzione, del conoscere, del sapere, “è reso”, come accennato, “ter-reno” significativo dell’“eccezionalità” umana nel senso che ho detto.

Ciò nello scenario di un “progetto” generale di umanismo appunto fi-nalmente “degno di questo nome” in quanto riempibile di un contenuto federativo (e non esclusivo),26 scritto nel linguaggio del Grande Racconto

25 Sul serresiano “retour aux choses mêmes” nella prospettiva di un’“ontologia” dell’informazione, in “divaricazione” rispetto al “ritorno alle cose” propugnato dalla fenomenologia husserliana, si veda in particolare M. Serres, Pantopie: de Hermès à Petite Poucette, cit., pp. 152-153 e anche infra.

26 Va osservato in proposito che l’ominescenza è mappata e declinata da Serres senza disdegnare di istituire un “nesso” di relazione comparativa tra essa e il finora detto umanismo moderno, di cui per questa via rinviene caratteri di “pretestuosità” e riduzionismo. L’assunzione della prospettiva dell’hominescence ne favorisce, in-fatti, per Serres, una “ri-lettura” critica, che lo restituisce fondato su una visione esclusivista dell’uomo, ossia sulla visione di un umano che finisce per collassare sull’uomo; tanto che la stessa ominescenza, che quale “incoativa”, tematizzazione del cambiamento è orientata verso un orizzonte post-, è pensata e proposta, al tempo stesso, come appunto “avvio” dell’umanismo stesso, degno di questo nome perché finalmente federativo. Il finora detto umanismo moderno pertanto emerge dalla suggestione interpretativa ominescente come fraintendimento del significato dell’uomo, concepito in modo essenzialistico ed epurato dell’altro-dall’uomo: solo una prospettiva federativa che ritenga l’uomo aperto alla scala dei viventi in “continuità” topologica con la biosfera e temporale con l’evoluzione sembra verisimilmente poter ovviare a questa deriva implosiva, “debolista” ed eccessi-vamente antropo-centrata, favorendo per l’appunto l’avvento dell’umanismo (au-tentico). E questa sembra essere, d’altra parte, la lettura dell’umanismo moderno

(21)

dell’Universo,27 in cui l’uomo sia aperto alla scala dei viventi in

“conti-nuità” topologica con la biosfera e temporale con l’evoluzione, nell’“in-contro” di natura e cultura.28 Un umanismo, cioè, post-, come detto,

dell’“antico”/“finora detto” umanismo (fondato sulla storia a-cosmista e umano-centrata, “povero di mondo” come la storia stessa), la cui costruzio-ne immerga appunto l’uomo, le sue pratiche, i suoi collettivi e il suo pen-siero inventivo nei viventi e nelle cose, finora trascurati e sviliti al punto da correre il rischio di scomparire risucchiati nel cono d’ombra del narcisismo umano.29

data da una frangia significativa del “post-umanismo” il quale perciò non pare “anti-umano”, come emerge, ad esempio, dalle osservazioni di R. Marchesini, Il tramonto dell’uomo. La prospettiva post-umanista, cit., p. 201.

27 Nell’epoca dell’ominescenza, per la prima volta, secondo Serres, tutte le scienze hanno imparato a datare il loro oggetto e ciò sta a significare che il tempo le “unifica” in un Grande Racconto, che va dall’origine alla fine dei tempi. Un Rac-conto scritto nella lingua enciclopedica di tutte le discipline, che va di circo-stanze imprevedibili in contingenze impreviste, privo di linearità e di finalismo, di cui l’uomo non risulta né lo scopo né la fine. Un Racconto che bi-forca e “esplode” in miriadi di contingenze, che cioè segue le regole di ogni narrazione che si rispetti: rotture, colpi di teatro, ritorni all’indietro; per cui a ogni rottura ha luogo una bi-forcazione nuova che corrisponde a una nuova scienza. Un Grande Racconto, dunque, che fa del tempo l’elemento unificatore del mondo e del sapere, in cui l’uomo va a “sprofondare” nel tempo dell’Universo (e “si avvia” un umanismo federativo). Cfr. in particolare M. Serres, Hominescence, cit.; Id., L’Incandescent, Le Pommier, Paris 2003; Id., Rameaux, Le Pommier, Paris 2004; Id., Récits d’hu-manisme, Le Pommier, Paris 2006; Id., Pantopie: de Hermès à Petite Poucette, cit.; Id., Il mancino zoppo. Dal metodo non nasce niente, cit. Sul Grande Racconto come “presa di distanza” serresiana, anche a livello di denominazione, rispetto alle teorie post-moderne della fine delle “grandi narrazioni” si veda quanto Serres stesso afferma in Pantopie: de Hermès à Petite Poucette, cit., pp. 302-303. 28 Cfr. la nota precedente e anche in particolare M. Serres, L’Incandescent, cit. 29 M. Serres, Il mancino zoppo. Dal metodo non nasce niente, cit., p. 43; Serres

osserva che, umane alla fine, le scienze ri-trovano il mondo (cose e viventi) da cui derivano gli uomini che costruiscono queste stesse scienze. Più umili a quel pun-to, gli uomini ri-diventano umani: colpo decisivo al loro narcisismo. Se, infatti, essi hanno elaborato le scienze dell’Universo, della Terra e della vita, di rimando, però, tali discipline hanno svelato loro, nel e attraverso il Grande Racconto, che sono stati l’Universo stesso, il mondo e la vita a “inventarli”; gli uomini quindi hanno “prodotto” un sapere i cui oggetti stessi li hanno “prodotti”. Su tutto questo si veda anche infra.

(22)
(23)

MICHEL SERRES: E-MERGENZA DEI SENSI

a. Hominescence del corpo

L’émergence de liens sans équivalents connus au corps occupa il “pri-mo posto” nell’espressione/tematizzazione, formalizzata da Serres1

all’i-nizio degli anni Duemila (ma di fatto, come si vedrà, iniziata prima),2

delle “dimensioni” dell’hominescence,3 ossia del nuovo “inizio”, del

“dif-ferenziale” di “(auto-) ominizzazione”, del complesso di bi-forcazioni per i quali egli vede in via di (ri-)definizione/(ri-)caratterizzazione la condi-zione umana, almeno dalla seconda metà del secolo XX. “Liberacondi-zione del/ dal corpo”: “liberazione” del corpo (“oggettivandoli”) dai propri organi e funzioni, nuove aspettative di vita, nuovo rapporto col dolore e con la morte, collegati in gran parte con le conquiste scientifiche e tecnologiche,4

e quindi avvento di “morali della salute” e dell’“immortalità”, e dunque nuove forme di responsabilità nei confronti della durata della vita, della sua qualità e anche del mondo. E nuovi legami col corpo e nuovi ruoli della corporeità (l’ambiente prodotto dall’uomo e su cui questi, nel processo di “oggettivazione tecnica” dei propri organi e delle proprie facoltà, ha per così dire “esternalizzato” l’evoluzione del corpo retroagisce sul corpo stes-so per spingerlo verstes-so un’“altra” evoluzione).5

1 M. Serres, Hominescence, cit., p. 21.

2 In particolare con Les Cinq Sens; ma già negli anni Sessanta con la tematizzazio-ne, nel ciclo di Hermès, del passaggio epocale dal regno di Prometeo al regno di Hermes (cfr. M. Serres, Hermès I, La Communication, Éditions de Minuit, Paris 1969; Id., Hermès II, L’Interférence, Éditions de Minuit, Paris 1972; Id., Hermès III, La Traduction, Éditions de Minuit, Paris 1974; Id., Hermès IV, La Distri-bution, Éditions de Minuit, Paris 1977; Id., Hermès V, Passage du Nord-Ouest, Éditions de Minuit, Paris 1980). Cfr. anche infra.

3 Le altre, come ho accennato, sono la dimensione “oggettiva” e quella “collettiva”. Cfr. anche M. Serres, Il mancino zoppo. Dal metodo non nasce niente, cit., pp. 237-285. 4 M. Serres, Hominescence, cit. pp. 21-23; cfr. anche Id., Temps des crises, Le

Pom-mier, Paris 2009, tr. it. di G. Polizzi, Tempo di crisi, Bollati Boringhieri, Torino 2010. 5 Sul processo di oggettivazione, esternalizzazione (appareillage) e di

(24)

Queste “e-mergenze” del corpo costituiscono pertanto per Serres, per la loro portata, un nodo cruciale della svolta ominescente: mutamento effettivo del cor-po, percezione del suo cambiamento, mutamento della sua percezione e nuovo rapporto con esso, espressione/ri-elaborazione/gestione di questi cambiamenti.

Se dunque, attraversato e segnato dalle sofferenze e dalle malattie, op-presso di pesi e necessità, sottomesso alla fatica e al lavoro,6 il corpo non ha

mai smesso fino a tempi recenti di sperimentare un’alienazione essenziale; se, “schiavo incarnato” della natura, della cultura, della morale, ha vissuto colonizzato/tiranneggiato dall’anima, dalla mente, dalla volontà, dalla tra-dizione, dal potere, ha vissuto insomma un’antropologia, una cultura, una morale del dolore, ora invece

les transformations récentes et rapides tendent à libérer ce serf multi-millénaire, dont l’esclavage paraissait l’état quasi naturel, qui a dû apprendre en quelques décennies une imprévisible réappropriation. Qu’il reste en lui des queues multiples de l’ancienne servitude, le contraire étonnerait. La levée du carcan de ces impossibilités casse l’œuf d’où il surgit, s’étire et s’ébroue, com-me oiseau qui vient de naître, comcom-me Aphrodite debout dans sa conque marine. Il se métamorphose et teste ses capacités sans limites dans le sport et l’esthéti-que, les désirs et les voyages, l’alimentation et la reproduction, la médecine, la science biologique, les techniques du génome… .7

Ora diviene cioè uno “schiavo liberato” (“diritto” alla salute, diminu-zione del dolore, allungamento della vita), la cui “liberadiminu-zione” “induce” peraltro una “liberazione” e una libertà “nuova” dell’uomo. E, d’altra par-te, “quand le corps propre et le monde entier apparaissent autrement, com-ment ne changerait pas l’habitant de ces deux hôtels?”.8

Un’“antropologia” del cambiamento corporeo quella che Serres trat-teggia vedendo dunque quest’ultimo avere a che fare con l’evoluzione dell’umano e col processo globale dell’ominizzazione:9 nuovo rapporto

col corpo; nuova morale scaturente dalla libertà conquistata nei confronti della sofferenza e della morte cioè connessa al “ri-appropriarsi” del cor-po e ai “progetti di immortalità” (rescor-ponsabilità umana verso la propria morte e la salute, oltre che verso il mondo nel suo complesso); “ingresso” dell’uomo nella toti-potenza. L’avvento del corpo “nuovo”, spogliato della corazza di alienazione che lo imprigionava, libero dalle contraintes che lo

6 Cfr. M. Serres, Hominescence, cit., pp. 48-50. 7 Ivi, p. 49.

8 Ivi, p. 41. 9 Ivi, p. 58.

(25)

limitavano,10 va perciò appunto, come detto, a marcare una nuova

condi-zione umana: questi cambiamenti corporei oggettivi “inducono” nell’uomo una percezione/consapevolizzazione di essi, quindi una ri-considerazione del corpo stesso e del suo ruolo e quindi una tematizzazione/caratterizza-zione/declinazione/articolazione/gestione delle novità; una “rivoluzione”, cioè, che, come tale, coinvolge dimensione culturale, scientifico-tecnolo-gica, etica, politica, economica, sociale etc., ossia l’être-au-monde stesso.

Un corpo nuovo (ri-)nasce, finalmente traslucido, visibile, dis-alienato; l’uomo va prendendo consapevolezza dell’e-mergenza d’esso come “po-tenza”, cioè della sua modalità di e-sistenza potenziale (“ce possible même qu’il était sans le savoir ni le pouvoir et qu’il vient de devenir”);11 comincia

a poterlo ri-conoscere, grazie a questa sua trasparenza, come “terreno” di conoscenza, d’invenzione etc.,12 e quindi a riconoscergli un ruolo non più

“strumentale” ma “dimensionale”; si trova, di conseguenza, a dovere tema-tizzare/gestire questi nuovi legami ominescenti col corpo e questi nuovi ruoli della corporeità, tali, come ho accennato e come spiegherò più avanti, per cui l’ambiente, da lui “prodotto” e su cui nel processo di “oggettivazione tecnica” dei propri organi e delle proprie facoltà ha “esternalizzato” l’evolu-zione corporea, influenza retroattivamente il corpo stesso per spingerlo verso un’altra evoluzione.13 Ossia tali per cui egli stesso viene a costruire il

pro-prio corpo per mezzo dei prodotti dello stesso corpo in un processo di auto-ominizzazione14 (homo causa sui), con le responsabilità “creatrici” connesse.

L’ominescenza del corpo costituisce pertanto in Serres, lo ribadisco, un nodo cruciale della svolta ominescente nel suo complesso, cioè del ri-pen-samento lato sensu delle “de-finizioni” d’umanità e delle relazioni con gli altri viventi e col mondo.

b. I sensi

La focalizzazione/espressione della “dimensione” corporea

dell’homi-nescence (neologismo incoativo coniato, come si sa, solo all’inizio degli

anni Duemila), come detto, inizia, di fatto, in Serres già negli anni ’80,15

10 Ivi, p. 50 e infra. 11 Ivi, p. 59 e infra. 12 Ivi, p. 51 e infra.

13 Cfr. infra, in particolare il Capitolo III. 14 M. Serres, Hominescence, cit., pp. 58-63.

15 Anche se, lato sensu, come ho accennato, la focalizzazione/espressione dell’ho-minescence risale ancora più indietro, agli anni Sessanta, con la tematizzazione,

(26)

con per così dire un “viaggio” di “ritorno” verso le “cose” (e verso il corpo),16 intrapreso “ritornando” in primis, ne Les Cinq Sens,17 ai sensi18

(“la peau, le pavillon de l’ouïe, les deux langues non parlières des saveurs et du baiser, la visite en mouvement des paysages du monde”),19 dai quali

Serres stesso comincia appunto peraltro per parlare “de façon loyale” del corpo.20 Di fronte a quella che ritiene come una successione, dall’antichità

all’orizzonte contemporaneo, dell’“egemonia” di linguaggio, di scienza e

nel ciclo di Hermès, del “passaggio epocale” dal regno di Prometeo al regno di Hermes.

16 In riferimento a ciò Serres afferma, infatti, successivamente in Variations sur le corps, cit., p. 10: “Je ne me cherche pas comme sujet, sot projet; seuls se rencon-trent les choses et les autres. Parmi eux, un peu moins chose et beaucoup moins autre, voici mon corps.”. Sulla questione poi del soggetto etc. si veda comunque il Capitolo III.

17 M. Serres, Les Cinq Sens, Grasset, Paris 1985.

18 Se Les Cinq Sens “ri-scopre” i sensi, Variations sur le corps prosegue, rilevando segnatamente che i cinque sensi non sono l’unica “fonte” di tutta la conoscenza, che e-merge, in gran parte, dalle imitazioni che rende possibile la straordinaria plasticità del corpo intero; ossia tematizzando l’e-mergenza d’un corpo dalla presenza e dalla funzione cognitive proprie, in cui l’attività sensoriale, i sensi, normalmente, quando non conducono a un raffinamento culturale (sorgere di un gusto raffinato, di un olfatto fine, di un toccare vellutato, di una visione delicata delle sfumature, di un orecchio musicale etc.), piuttosto raro, o al padroneggiare una delle belle arti, rarissimo, vanno a fungere da controllo all’esattezza mimetica del corpo stesso (il mimo implica l’attività sensoriale stessa, anche se spesso per così dire la “doma”). Un corpo peraltro che “associe les sens”; che “en mouve-ment fédère les sens et les unifie en lui” (Variations sur le corps, cit., p. 11; 12). Su tutto questo si veda infra il Capitolo III.

19 M. Serres, Variations sur le corps, cit., pp. 10-11.

20 Ivi, p. 10. Nell’ottica serresiana, nel linguaggio scritto o parlato ingannevolmente le cose si riducono ai loro supporti (cera, schermi o carta) e “soi-même à ses neurones, au je, à la pensée”. Il rischio della verità viene invece meno quando il mondo esige posizioni, atti e movimenti di cui sanziona immediatamente la pertinenza (Serres in questo passaggio di Variations sur le corps si riferisce esem-plificativamente alla situazione della scalata in montagna): il corpo “nudo” può mentire molto poco dinanzi alla roccia. In tale prospettiva, Serres afferma, quindi, di non avere mai saputo “de-finire” la coscienza; di non cercarsi come “soggetto” (“plus je pense, moins je suis; plus je suis je, moins je pense et moins j’agis”): si incontrano solo le cose e gli altri e, tra essi, un po’ meno cosa e molto meno altro, il corpo, per parlare de façon loyale del quale, ha iniziato appunto dai sensi (cfr. supra). La parola, “vanitosa”, ipocrita e mentitrice quando “si muove” in un contesto protetto e confortevole, ritorna invece loyale nel momento in cui appunto il corpo si espone al pericolo, alla morte, nei più intensi sforzi ossei, muscolari, percettivi, metabolici, respiratori etc.; né lui né lei possono in questi casi barare. Su tutto questo si veda comunque infra il presente Capitolo e il III. Per quanto

(27)

di codici (in un confronto “critico” in particolare con le prospettive cogni-tiviste, le filosofie analitiche, l’empirismo logico,21 con la tendenza alla

“riduzione” del sensibile a parola etc.); nel contesto generale di quello che individua come il passaggio da una cultura e da una società dominata dalla produzione a una dominata sempre più dal trasporto e dalla distribuzione di messaggi (passaggio dal regno di Prometeo a quello di Hermes,22 trend

dal “duro” al “dolce”).23

riguarda poi l’e-mergenza del corpo nel suo “federare” i sensi, si veda supra, ma soprattutto infra sempre il Capitolo III.

21 Cfr. in particolare G. Polizzi, Tra Bachelard e Serres. Aspetti dell’epistemologia francese del Novecento, cit.

22 Come si sa Serres, tra fine anni Sessanta e Settanta, ha avviato il suo progetto di “nomadismo” nel Paese d’Enciclopedia sorretto essenzialmente da un asse strut-turale e informazionale. Asse, quest’ultimo, che rinvia alla sua base fisica, ma-teriale che fa del reale un testo da decifrare: la teoria dell’informazione, “erede” della termodinamica, costituisce un’efficace “cassetta degli attrezzi” del sapere contemporaneo, consente di misurare i messaggi che intercorrono tra scienziato e fenomeni e anche tra le cose stesse. Perché ogni cosa riceve, emette, trattiene, tratta informazione (cfr. infra). È dunque su tali basi che Serres ha potuto an-nunciare il “passaggio epocale” dal regno di Prometeo a quello di Ermes. Sulla presentazione/tematizzazione serresiana di tale “viraggio” si vedano ora, oltre ovviamente alle opere specifiche (in particolare il ciclo di Hermès), M. Serres, Pantopie: de Hermès à Petite Poucette, cit., Id., Il mancino zoppo. Dal metodo non nasce niente, cit. e G. Polizzi, M. Porro (a cura di), Michel Serres, in «Riga», n. 35, 2014, pp. 8-13; 48-49; 227-231.

23 Cfr. M. Serres, Il mancino zoppo. Dal metodo non nasce niente, cit., pp. 19-22; 60-62; 225-226; 237-239. Come ho accennato nella nota precedente, secondo la prospettiva serresiana, nel momento in cui si compie la rivoluzione industriale fondata sulla termodinamica, l’età “dolce” le subentra grazie a un concetto (la neghentropia) scaturito dalla stessa termodinamica, ma che contraddice l’entro-pia. Come, infatti, quest’ultima “regna” sul “duro”, così l’informazione, definita attraverso la rarità (novità) e che pertanto, nel senso stretto della teoria dell’infor-mazione, nulla ha in comune con l’informazione in senso vulgato, come quella dei media, la quale si riduce invece assai spesso a ripetizione ossia a informazione nulla, equivale a ciò che Serres traduce con “dolce”. Per “età dolce” egli quindi intende un tempo in cui, alla fine, si comprende che le quattro regole dell’infor-mazione per cui non si conosce vivente, cosa inerte, umano, di cui si possa dire che non emetta, né riceva, né conservi, né tratti informazione reggono da sempre e per sempre tutto ciò che, contingente, ha la sorte rara di esistere (l’uomo, dunque, a questo rispetto, non è poi così eccezionale!). In altre parole, secondo Serres, se le tecniche e le scienze che due secoli fa avevano reso possibile la rivoluzione in-dustriale avevano considerato le cose e il mondo solo dal punto di vista materiale, energetico, entropico (ossia “duro”), a poco a poco le tecniche si emancipano da questo vecchio vincolo con le scienze dette “dure” (fisica, termodinamica etc.), in cui regnava la separazione dei soggetti pensanti e degli oggetti passivi da

(28)

sfrut-Un “viaggio”, pertanto, verso il “salvataggio” dei sensi e il “salvataggio” del mondo, rimanendo immersi nel linguaggio scientifico-tecnologico;24

ossia verso una “rivalutazione” dell’universo sensoriale, fondata sulla con-vinzione che le scienze e la filosofia abbiano per così dire “perso” il mon-do, che i dati non siano più quelli che il mondo offre al corpo dell’uomo, ma siano solo quelli dei codici.

Un “viaggio” pertanto verso la “re-individuazione” del “senso della vita” nei sensi del corpo; come, d’altra parte, verso il “guardare” all’uomo dal punto di vista del mondo, e quindi verso il “re-inserimento” del mondo nel discorso filosofico.

Dinanzi al “cambiamento” “oggettivo”, costituito dalla “nascita” di un corpo “nuovo”, l’esigenza attorno alla quale prende forma Les Cinq Sens (così come un po’ dopo, mutatis mutandis, Variations sur le corps),25 non

solo di “celebrare” quest’avvenimento, ma anche soprattutto di “compren-dere” il corpo stesso, ora traslucido e “visibile”,26 volge dunque verso una

“ri-affermazione”, mediante il “recupero” del sensibile, del ruolo dei sensi segnatamente nel ri-pensamento delle relazioni tra uomo e mondo e quindi nel ri-trovare il senso del mondo.

In tale prospettiva, il corpo, nel processo conoscitivo, tramite i sensi

visita, cioè “eccede” il proprio luogo; esce da sé in tutti i sensi vivendo con

tare, per unirsi alle Scienze della Vita e della Terra in cui abbonda il possibile, così come a quelle dell’informazione in cui regna il virtuale. Entrambe produttrici di una nuova visione del mondo in cui gli oggetti perdono la loro passività e il mondo stesso si compone di materia e informazione, di “duro” e di “dolce”. Peraltro, sull’informazione (rarità, novità) come “base” del pensiero che signi-fica invenzione e sulle Scienze della Vita e della Terra si veda infra. Una lettura dell’opera di Serres che ricostruisce/segue il filo rosso delle relazioni, in essa, tra “duro” e “dolce” e gli “slittamenti” dei significati di questi ultimi è proposta da S. Connor, Michel Serres: The Hard and the Soft, A talk given at the Centre for Modern Studies, University of York, 26 November 2009, disponibile sul sito http://stevenconnor.com/hardsoft.html.

24 Cfr. G. Polizzi, Michel Serres: i sensi e il mondo, in M. Bottero (a cura di), Spazio e conoscenza nella costruzione dell’ambiente, FrancoAngeli, Milano 1991, p. 56. 25 M. Serres, Variations sur le corps, cit.

26 M. Serres, Hominescence, cit., pp. 58-59: “Bref, dans les décennies récentes, naquit, ici, un corps nouveau. […] J’ai donc écrit Les Cinq Sens, jadis, et les Va-riations, naguère, non seulement pour célébrer cette naissance ou cet avènement, mais pour marquer les changements qu’ils induisaient, surtout pour comprendre un corps devenu récemment translucide et visible, déshabillé enfin de la cuirasse d’aliénation qui l’emprisonnait dans le passé.”.

(29)

il sensibile in uno scambiatore perpetuo (circo-stanze),27 passando in una

molteplicità e diventando in questo modo meticcio,28 così da “costruirsi”

appunto attraverso i sensi, quali condizioni di questa sua possibilità di es-sere “oltre” se stesso.

Ed è così che esso aggetta come “terreno” di meticciamento e, come tale, quale “luogo nevralgico” del conoscere, inteso quest’ultimo, nell’ottica del riconoscimento che “je me mélange au monde qui se mélange à moi”,29

come innanzitutto collocarsi da parte dell’uomo/corpo stesso all’interno della miscela delle cose.30 “Connaître les choses demande d’abord à se

placer entre elles. Non pas seulement devant pour les voir, mais dans le milieu de leur mélange”.31

27 Per Serres la circo-stanza letteralmente “c’est tout ce qui est autour de la stance. ‘Circon-’ ‘stance’: tout autour de la substance.” (M. Serres, Pantopie: de Hermès à Petite Poucette, cit., p. 94). Si veda anche infra.

28 M. Serres, Les Cinq Sens, cit., pp. 336-337. 29 Ivi, p. 82.

30 Il connaître è, infatti, per Serres un con-naître, ossia un “nascere insieme”, in un rapporto “simbiotico”, di “soggetti” e “oggetti”. Su ciò cfr. in particolare M. Serres, L’Incandescent, cit., p. 67.

31 M. Serres, Les Cinq Sens, cit., p. 82. Non mi pare superfluo ricordare che Les Cinq Sens è proposto da Serres come uno dei testi significativi della sua filosofia dei “corpi miscelati” (non per niente il sottotitolo è Philosophie des corps mêlés-1: il mélange è “immediato” nell’esperienza ricca, complessa, vivace dei sensi); una riflessione, la quale, a livello generale, distaccandosi dalla teoria della conoscenza e, insieme dall’intuizione, dal rigore solido della vista, avanza verso il fluido, l’aereo, incontrando turbolenze, sulla via di un pensiero della fusione senza con-fusione, della con-fluenza, della liquidità, del mélange e quindi degli stessi “corpi miscelati”. Non mi sembra inutile riportare, lato sensu a questo proposito, già ora, anche se più volte avrò modo di ritornare su tali temi, un passo del recente M. Serres, Le Gaucher boiteux. Puissance de la pensée, cit., pp. 80-81: “[…] les modèles les plus exacts du monde ou de l’histoire […] sont ceux qui mêlent, ainsi et à titres divers, le hasard et la nécessité, le stochastique et le déterminisme, Démocrite et Newton. Reste à penser ce mélange étrange. Physique, chimique, vivant…: l’Univers fonctionne selon des lois, mais se construit sur des constantes stables, celle de Planck et quelques autres. Les premières ont une raison, non point les secondes car, exprimées par d’autres nombres, elles eussent bâti d’autres mondes. Nécessaire et contingent, le nôtre evolue et se fonde donc, à la fois, sur le principe de raison et sur un ensemble d’exceptions à ce même principe, à cette même raison. Pour penser ce réel, en partie rationnel, en partie contingent, […] reste donc à mêler Démocrite et Newton. Comment réussir un tel mélange percolant? Si quelqu’un voulait en donner la recette, martingale que les bateleurs nomment méthode, il privilégierait les lois nécessaires et perdrait la sérendipité. Dans la boîte noire du quaterne des modalités, parmi l’innombrable foule cha-otique des possibles qui peuvent être, l’impossible, qui ne peut pas être, taille,

(30)

Tale processo d’inter-implicazione tra “interno” e “esterno” avviene per il sensibile, inteso come presenza costante e allo stesso modo fluttuazione di circo-stanze mutevoli nella corona adiacente al corpo, intorno ai suoi bordi, al di là e al di qua della pelle, nube attiva, aura nella quale hanno luogo i mélanges, scambi, bi-forcazioni etc.; in breve tutto ciò che connette l’individuo locale e singolare alle leggi del mondo.32

Dans ce tourbillon périphérique où se multiplient les échangeurs, eux-mêmes tourbillonnaires en quelque façon, se noue notre rapport mouvant au monde: assiette stable, audaces instables, petites gifles fortuites qu’il délivre à la périphérie, métastabilité de notre vie qu’il faudrait désormais nommer cir-constable.33

In questa ricerca di un rapporto per così dire “circon-stabile” tra sensi e mondo intorno alla randonnée34 (cammino difficile, aleatorio, dispersivo,

coupe, sélectionne jusqu’à parvenir, quoique rarement, jusqu’au nécessaire, qui ne pouvant pas ne pas être, exhibe des lois; mais parmi les restes des possibles triés par l’impossible, émergent les contingents, qui, existants, auraient pu ne pas être. Le monde et la pensée se concoctent-ils en ce carré magique? Cette boîte où se prèpare et se cuit le mélange reste encore assez obscure pour laisser la place à l’essayeur. Au penseur? Mélons donc hasard et nécessité, possible, lois et contingence […].”. Cfr. anche M. Serres, Pantopie: de Hermès à Petite Poucette, cit.; G. Polizzi, Michel Serres. Per una filosofia dei corpi miscelati, cit.; Id., Tra Bachelard e Serres. Aspetti dell’epistemologia francese del Novecento, cit.; O. Rignani, Multidimensionalità e dialogo… Oltre i “confini”, in Ead., Filosofia, scienza e multidimensionalità. I silenzi urlati delle intersezioni, cit.; Ead., Pagine di paesaggi. Su Michel Serres “paesaggista”, cit.; Ead., Michel Serres: emergen-ze e “umanismo incoativo”, in Ead., Umano? Una domanda per Italo Calvino e Michel Serres, cit.; Ead., Michel Serres e l’emergenza dell’ominescenza, in Ead., Emergenze “post-umaniste” dell’umano. Prove di analisi storico-comparativa dal presente al passato e ritorno, cit.

32 M. Serres, Les Cinq Sens, cit., p. 333.

33 Ibid. Per tutto questo si veda anche M. Serres Il mancino zoppo. Dal metodo non nasce niente, cit.

34 Serres ne Les Cinq Sens, cit., p. 284 esprime in dettaglio l’accezione secondo cui intende e impiega il termine randonnée: “Dans le lexique ancien de la chas-se, courir à randon signifiait forcer le gibier: poursuivre, par exemple, un cerf à cheval, dans le circuit qu’il accomplit à partir du lieu de lancement juqu’à la mise à mort. Impétueuse, rapide, la course devait changer de direction souvent car la bête, par sautes brusques et imprévisibles, cherchait à dépister la meute. Les chiens, pourtant, relançaient sans cesse dans la bonne direction la musique, les cavaliers, tout le fracas de la chasse à courre. Randon, en équilibre au milieu de la Manche ou du fleuve Saint-Laurent, se partagea entre les langues française et anglaise. Dans l’une, randonnée finit par signifier une promenade un peu longue

(31)

fatto di deviazioni, di smarrimenti, di ritorni all’indietro) del sensibile, ri-levante risulta, per Serres, allora il ruolo della pelle, con la quale egli apre, ne Les Cinq Sens appunto, la rassegna dei sensi, condotta peraltro “in ade-renza” il più possibile ad essi.35

È così, dunque, sulla superficie della pelle che l’uomo continuamente scrive e ri-scrive la mappa del “sé” e del non-sé”, tanto che l’anima non deve essere collocata in una solitaria “quasi-posizione”, ma è invece “in-scritta” nell’andare e venire della soggettività proprio sulla superficie della pelle stessa come il residuo delle sue contingenze,36 il gioco di luce e

om-bre della stessa soggettività e dell’oggettività.

Beaucoup de philosophies se réfèrent à la vue; peu à l’ouïe; moins encore donnent leur confiance au tactile, comme à l’odorat. L’abstraction découpe le corps sentant, retranche le goût, l’odorat et le tact, ne garde que la vue et l’ouïe, intuition et entendement. Abstraire signifie moins quitter le corps que le déchi-rer en morceaux: analyse.37

Il tradizionale privilegio accordato dalla filosofia, fin dal mondo greco, alla vista a scapito in particolare di tatto e olfatto, l’astrazione che ha “ta-gliato” in pezzi (“analizzato”) il corpo senziente riservando attenzione solo alla vista e all’udito possono, dunque, per Serres, essere “controbilanciati” da uno slittamento dalla vista verso il tatto, verso la pelle appunto (anche sulla quale, peraltro appunto si miscelano per così dire inestricabilmente anima e corpo);38 mélange39 concreto.

et difficile, dans l’autre, random, en souvenir de la course irrégulière et imprévue du gibier, veut dire hasard. J’amerais user de randonnée dans un sense proche de son origine, où il s’augmenterait de quelques tirages au sort pour le choix de la direction prise et pour la longueur du fragment parcouru.”.

35 Ivi, pp. 379-381.

36 Sul significato serresiano di con-tingenza si veda infra. 37 M. Serres, Les Cinq Sens, cit., p. 23.

38 Ibid.: “L’âme et le corps ne se séparent point mais se mélangent, inextricablement, même sur la peau.”.

39 Serres tiene a distinguere tra milieu (astratto, denso, omogeneo, appartenente alla geometria solida) e mélange (fluido, fluttuante, vario e contingente, favorente la fusione, cammino contorto tra due estremi). Cfr. ivi, p. 82; 83: “Mélange dit mieux que milieu. Le milieu, trop géométrique, n’est guère qu’utile: centre dans un volume, s’il se réduit à une intersection, ou le volume lui-même, s’il tend à l’environnement. Point ou totalité, singulier ou presque universel. Concept con-tradictoire et sans souplesse. […] Mileu, abstrait, dense, homogène, quasi sta-ble, se concentre; mélange fluctue. Milieu fait partie de la géometrie solide […];

(32)

Pelle che Serres rileva come varietà topologica (ossia “fine feuille à plis et plaines, semée d’événements et de singularités, sensible aux voisinages; discrète quand des yeux, régulièrement, la trouent, panoptique, mais aussi continue si elle se tatoue”),40 ogni luogo della quale costituisce un misto

differente: gli elementi semplici che si è abituati a vedere in natura sono originati da miscele di varietà topologiche modellate come la pelle.41

Nella pelle si mescolano dunque, per Serres, i flussi provenienti dagli organi di senso, come in un sensorium commune;42 essa forma una varietà

mélange favorise la fusion et verse au fluide. Milieu sépare, mélange mitige: le milieu fait les classes et le mélange les métis.”.

40 Ivi, p. 61. L’organon della spiegazione serresiana del sentire, oltre alla teo-ria dell’informazione, “erede” della termodinamica, è la topologia, scienza del vicinato e degli intervalli, dell’aperto e del chiuso. Le strutture topologiche, quindi, come formulazioni di nozioni intuitive come “essere vicino”, “limite”, “continuità”, “frontiera”, “aperto”, “chiuso”, “varietà”; la topologia come studio delle proprietà delle figure geometriche che rimangono invarianti anche quando le figure stesse sono sottoposte a trasformazioni tali da perdere le loro proprie-tà metriche e proiettive; le concezioni della matematica come topologia, come “intreccio di strutture” nascoste e complesse che danno la possibilità di indi-viduare un punto di vista unitario dal quale abbracciare i diversi domini della matematica stessa: sono, per Serres, una “cassetta degli attrezzi” per individuare il “passaggio”/“comunicazione” tra locale e globale – per dirlo in linguaggio si-stemico –, tra scienze “dure” e scienze “dolci”, tra uomo e mondo; per esprimere la varianza nell’invarianza, l’invarianza nella varianza, la continuità e la disconti-nuità, il “bordo”, lo spazio, la varietà. Le topologie di Serres dunque, piuttosto che mere forme matriciali, sono “complesse” di spazio e tempo, di processi e materia, indicatrici e conservative dell’incontro di astratto e concreto, dell’equivalenza tra sensibile e intelligibile, dell’inter-implicazione di locale e globale. Va qui peraltro ricordato incidentalmente che del tentativo serresiano di “mettere in relazione” to-pologicamente locale e globale è stata proposta da S. Connor, Topologies: Michel Serres and the Shapes of Thought, in «Anglistik», n. 15, 2004, pp. 105-117 una lettura critica.

41 Ivi, p. 25. Cfr. G. Polizzi, Michel Serres: i sensi e il mondo, in M. Bottero (a cura di), Spazio e conoscenza nella costruzione dell’ambiente, cit., p. 47.

42 Vale la pena di osservare che sul concetto di senso comune e sulle sue funzioni, così come sono state delineate originariamente da Aristotele, la storiografia ha apportato, negli ultimi anni, una serie di revisioni interpretative. È, infatti, emerso sempre più chiaramente che la nozione di senso comune rivela negli scritti aristo-telici un’accentuata incostanza semantica che ha innescato la complessa e artico-lata discussione medievale sul ruolo dei sensi interni. Le ricerche storiografiche hanno appunto rivisto criticamente la cosiddetta teoria del senso comune in cui tradizionalmente si facevano confluire le tre operazioni sensibili non specifiche della percezione di De anima, III, cioè percezione dei sensibili comuni, apper-cezione, discriminazione percettiva, tendendo a identificare l’aisthesis koiné del De anima con la koiné dynamis dei Parva naturalia. È stato invece ipotizzato di

Riferimenti

Documenti correlati

The purpose of this volume is to highlight some of the cutting- age personalities and groudbreaking tendencies which are the undisputed protagonists of actual

Depuis plusieurs années, l'attention publique est appelée sur les dangers que présentent pour la santé des ouvriers les fabriques d'allumettes chimiques.. Ces

Dans le débat sur les transformations du monde du travail et du travail de facto, dans les domaines de référence de la sociologie du travail classique et des

The aims of this study were: (a) to establish the clinical significance of partial AZFc deletions (that is, if any of them are specific for spermatogenic failure or can be considered

Ultimately, several limitations of the model must be acknowledged. 1) After the induction of the respiratory distress by repeated BALs the PaCO 2 values were high and remained

L'analisi multivariata secondo modello di regressione COX ha dimostrato che lo stadio clinico e l'infiltrazione del nervo faciale erano i maggiori fattori di

Da tempo gli studi su Solone hanno messo in luce la dimensione religiosa dell’opera riformatrice del legislatore ateniese: elementi puntuali della sua azione politica sono stati