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La grelina esogena riduce la produzione intravascolare di stress ossidativo attraverso la modulazione dell'enzima NAD(P)H ossidasi nelle arteriole di pazienti ipertesi essenziali

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INDICE

1. RIASSUNTO ... 3

2. INTRODUZIONE ... 7

2.1 Fisiologia delle cellule endoteliali ... ...7

2.2 Metodi per la valutazione della funzione endoteliale nell’uomo ... 14

2.2.1 Studio del microcircolo periferico in vitro ex vivo. ... 16

2.3 Definizione di disfunzione endoteliale ... 17

2.4 Fattori di rischio cardiovascolare e disfunzione endoteliale ... 18

2.5 Significato clinico della disfunzione endoteliale ... 18

2.6 Disfunzione endoteliale e ipertensione arteriosa nell’uomo ... 19

2.7 Meccanismi responsabili della disfunzione endoteliale nell'ipertensione essenziale ... 20

2.7.1 Ridotta biodisponibilità di NO ... 20

2.7.2 Ruolo dei ROS sulla disfunzione endoteliale... 21

2.8 La grelina e la sua scoperta...22

2.8.1 Regolazione della secrezione ipofisaria di growth hormone e del peso corporeo...23

2.8.2 Distribuzione tissutale della grelina e dei recettori...24

2.8.3 Gli effetti cardiaci della grelina...26

2.9 Gli effetti vascolari della grelina ...27

2.9.1 La grelina e la biodisponibilità di NO...28

2.9.2 La grelina e lo stress ossidativo...30

3. SCOPO DELLA TESI ... 34

4. MATERIALI E METODI ... 35

4.1 Popolazione studiata...35

4.2 Preparazione delle piccole arterie ed esperimenti funzionali...35

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4.3.1 Rilevazione della produzione di anione superossido vascolare...37

4.3.2 Analisi western blot di anti-phospho-p47phox (PSER359)...38

4.4 Analisi dei dati...39

5. RISULTATI... 40

6. DISCUSSIONE ... 42

7. TABELLE E FIGURE ... 44

8. RINGRAZIAMENTI ... 54

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1. RIASSUNTO

L’endotelio svolge un ruolo primario nella regolazione del tono e della struttura vascolare attraverso la secrezione di varie sostanze. In condizioni fisiologiche, il principale mediatore della funzione endoteliale è l’ossido nitrico (NO) che, oltre ad essere un potente vasodilatatore, è un antiaggregante piastrinico, un inibitore della proliferazione e della migrazione delle cellule muscolari lisce, dell’adesione dei monociti, dell’espressione delle molecole di adesione e della sintesi di ET-1.

I principali fattori di rischio cardiovascolare, tra i quali l’ipertensione arteriosa (IA), sono caratterizzati da una ridotta funzione endoteliale. Tale alterazione è causata da una ridotta biodisponibilità di NO conseguente ad un’aumentata produzione radicali liberi dell’ossigeno (ROS). Tra le varie possibili sorgenti di ROS nell’IA, la NAD(P)H ossidasi vascolare è stata identificata come importante fonte di ROS a livello delle piccole arterie di resistenza.

La grelina è stata recentemente identificata come il ligando endogeno per il GHS-R (growth hormone secretagogue receptor) capace di indurre rilascio

dell’ormone della crescita (GH, growth hormone) dall’ipofisi, come le piccole

molecole sintetiche genericamente dette GHS (growth hormone secretagogue). Anche se la grelina è essenzialmente un ormone gastrico, ha una fondamentale funzione endocrina con la quale modula la nutrizione, l'equilibrio energetico, la composizione corporea e la crescita. Di recente sono state attribuite alla grelina

ulteriori funzioni ormone-indipendenti riguardanti l’apparato cardiovascolare. Tra gli

altri, è stata documentata l’espressione del recettore della grelina nelle cellule endoteliali ed è stato individuato un effetto significativo di questo ormone sulla

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funzione endoteliale. Inoltre, ci sono dati in vitro su proprietà anti-ossidanti della

grelina che agirebbe sulla via dell’NAD(P)H ossidasi, suggerendo così un possibile

meccanismo di protezione vascolare.

Negli studi condotti in vivo, la somministrazione acuta della grelina ha migliorato la vasodilatazione endotelio-dipendente nei vasi periferici dei pazienti obesi con sindrome metabolica. Allo stato attuale, l’impatto della grelina esogena sulla disfunzione endoteliale non è stato ancora studiato nei pazienti con IA.

Pertanto, lo scopo della tesi è stato quello di valutare se la grelina esogena fosse in grado di migliorare la funzione endoteliale a livello delle piccole arterie di resistenza di pazienti con IA e se tale effetto fosse mediato da un effetto antiossidante che vedesse coinvolto l’enzima NAD(P)H ossidasi.

A tale scopo sono stati studiati un gruppo di pazienti con IA essenziale lieve-moderata ed un gruppo di soggetti di controllo normotesi che si sono sottoposti ad un intervento chirurgico laparoscopico per calcolosi della colecisti. Durante la procedura chirurgica, è stato eseguito un prelievo bioptico a livello del grasso viscerale, dal quale sono state isolate piccole arterie di resistenza. La metodica utilizzata per lo studio della funzione endoteliale è stata la tecnica micromiografica a pressione.

Il disegno sperimentale prevedeva la valutazione della vasodilatazione endotelio-dipendente mediante curve dose-risposta all’acetilcolina (ACh), mentre la vasodilatazione endotelio-indipendente è stata valutata mediante incubazione di nitroprussiato di sodio. Per valutare la disponibilità di NO e la produzione dei ROS, sono state realizzate curve concentrazione-risposta all'ACh prima e dopo incubazione per 30 minuti con l’inibitore di NO sintetasi L-NAME e con l'acido ascorbico

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grelina esogena.

Mediante l’analisi di immunofluorescenza con dihydroethidium (DHE) è stata valutata la produzione di anione superossido intravascolare, mentre mediante l’analisi

di Western Blot è stata valutata l’espressione della fosforilazione della p47phox, la

subunità dell’NAD(P)H ossidasi.

I dati ottenuti dimostravano che i piccoli vasi dei pazienti IA erano caratterizzati da una ridotta risposta vascolare all’ACh rispetto ai soggetti di controllo, che non veniva modificata da L-NAME, ma veniva significativamente potenziata dall’acido ascorbico. Inoltre, l’acido ascorbico ristabiliva l'effetto inibitorio dell'L-NAME sulla ACh. La grelina ha potenziato la risposta vascolare sull’ACh e ha ripristinato l’effetto inibitore di L-NAME nei pazienti con IA, mentre non modificava in alcun modo la risposta vascolare nei soggetti controllo.

I risultati dell’analisi di immunofluorescenza dimostravano un notevole aumento della produzione di anione superossido nei vasi dei pazienti con IA, rispetto ai soggetti normotesi di controllo, che veniva significativamente ridotta

dall’incubazione con la grelina, con gp91 ds-tat (inibitore selettivo di NAD(P)H

ossidasi), con la coincubazione delle due sostanze, sempre in ugual misura. Inoltre i

risultati delle analisi di Western Blot mostravano una marcata over-espressione della

subunità p47phox fosforilata prevalentemente localizzatanelle arterie dei pazienti con IA. Il segnale scompariva dopo l’incubazione con la grelina, ad indicare la sua capacità di contrastare l’attivazione di NAD(P)H ossidasi.

In conclusione, questi risultati indicano che l’infusione acuta di grelina esogena migliora la vasodilatazione endotelio-dipendente delle piccole arterie isolate di pazienti con IA, attraverso il ripristino della biodisponibilità di NO. Questo effetto è

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legato ad un meccanismo antiossidante della grelina, che sembra agire mediante l’inibizione dell’enzima NAD(P)H ossidasi.

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2. INTRODUZIONE

2.1 Fisiologia delle cellule endoteliali

Solo fino a pochi anni fa l’endotelio era considerato una barriera cellulare in grado di esplicare solamente funzioni di trasporto di metaboliti e cataboliti tra il sangue circolante e la tonaca muscolare dei vasi, e di intervenire sulla cascata coagulativa. Sappiamo invece oggi che l’attività endoteliale interviene a vari livelli, come dimostrato dal ruolo di primaria importanza esercitato nella patogenesi dell’aterosclerosi e della trombosi tramite la modulazione del tono vascolare, dell’aggregazione piastrinica ed della proliferazione cellulare [1,2].

L’endotelio esplica un’azione fisiologica di modulazione del tono vascolare attraverso un fine bilancio tra la produzione di sostanze che inducono rilasciamento e fattori che causano vasocostrizione. L’azione vasomotoria gioca un ruolo diretto sia in acuto, per il mantenimento di un adeguato bilancio tra la fornitura di ossigeno ai tessuti e la loro richiesta metabolica, che in cronico, essendo coinvolta nel rimodellamento delle strutture vascolari e di conseguenza nella modulazione della perfusione degli organi a lungo termine [3].

Tra le sostanze vasodilatanti di origine endoteliale, la più importante è il monossido d’azoto, comunemente conosciuto come NO (Figura 1) [4]. Nel 1980, Furchgott dimostrò che in segmenti di aorta di coniglio la presenza dell’endotelio era indispensabile affinché l’azione vasodilatante dell’ACh determinasse rilasciamento (vasodilatazione endotelio-dipendente) [4]. Poco tempo dopo Ignarro dimostrò che la sostanza responsabile della vasodilatazione endotelio-dipendente (in origine identificata con la sigla EDRF - endothelium derived relaxing factor) era l’NO [5].

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A Furghott e Ignarro, insieme a Murad (che aveva scoperto in precedenza come l’effetto vasodilatante dei nitroderivati fosse determinato dalla produzione di NO esogeno), nel 1998 venne attribuito il Premio Nobel per la Medicina. Ѐ rilevante notare come il Nobel non sia stato attribuito solo per la scoperta del ruolo dell’endotelio come organo vasoattivo, ma soprattutto per la sua nuova visione come ghiandola endocrina produttrice di NO.

L’NO viene prodotto dalla trasformazione della L-arginina in citrullina ad opera dell’enzima NO-sintetasi (NOS) in presenza di cofattori come la tetraidrobiopterina; la NO-sintetasi può essere specificamente inibita dagli analoghi della L-arginina, come la NG-monometil-L-arginina (L-NAME) [6]. L’NO è un gas volatile con un’emivita di pochi secondi che, diffondendo rapidamente dalle cellule endoteliale verso le cellule muscolari lisce, determina rilasciamento delle stesse con conseguente vasodilatazione attraverso l’aumento della concentrazione intracellulare di cGMP e la conseguente riduzione del calcio intracellulare (Figura 1) [1]. Esistono tre diverse isoforme della NOS: endoteliale (eNOS), inducibile (iNOS), e neuronale (nNOS). La eNOS e la nNOS sono espresse costitutivamente nelle cellule endoteliali e la loro

attività è Ca2+-calmodulina-dipendente. Al contrario, la iNOS è principalmente

espressa in corso di infiammazione e la sua attività non necessita del complesso Ca2+

-calmodulina.

In condizioni fisiologiche, il principale modulatore dell’attività dell’isoforma eNOS, costitutivamente espressa e costantemente attiva, è rappresentato dallo shear stress, derivante dall’attrito del flusso ematico laminare sull’endotelio. Ciò consente di adattare costantemente la perfusione degli organi periferici ai cambiamenti della gittata cardiaca [7].

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In aggiunta, l’enzima può essere attivato da numerosi agonisti recettoriali come la bradichinina, l’ACh, l’adenosina, la sostanza P, i fattori di crescita endoteliali (in risposta all’ipossia) e la serotonina (rilasciata durante l’aggregazione piastrinica) (Figura 1) [2].

L’NO, oltre a determinare vasodilatazione, è in grado di inibire numerosi meccanismi coinvolti nella patogenesi del danno vascolare aterotrombotico, attraverso una potente azione inibitoria sull’aggregazione piastrinica, sulla proliferazione e migrazione delle cellule muscolari lisce di parete, sull’espressione delle molecole di adesione, sulla diapedesi monocitaria e sulla sintesi di endotelina [1,2].

Un’altra sostanza vasodilatante di origine endoteliale è la prostaciclina (PGI2),

prodotta anche dalle cellule muscolari lisce (Figura 1), fondamentale soprattutto nella regolazione del flusso ematico a livello renale [1].

Infine le cellule endoteliali possono produrre anche una sostanza non ancora ben identificata che produce rilasciamento attraverso l’iperpolarizzazione delle fibrocellule muscolari di parete. Tale sostanza è denominata endothelium derived hyperpolarizing factor (EDHF) (Figura 1) e risulta di particolare interesse in quanto sembra essere prodotta come meccanismo compensatorio in condizioni cliniche caratterizzate da una ridotta biodisponibilità di NO [8]. Tuttavia è ancora da stabilire se questa sostanza abbia altri effetti oltre al rilasciamento vascolare.

L’endotelio può produrre anche sostanze che determinano vasocostrizione, comunemente definite con la sigla generica di EDCF (endothelium derived contracting factors) (Figura 1), attivate dagli stessi mediatori che determinano la sintesi di NO [9]. Questi fattori sono principalmente prostanoidi (trombossano A2 e

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PGH2) e anione superossido (O2-), la cui sintesi è prevalentemente

cicloossigenasi-dipendente [10].

Infine le cellule endoteliali producono endotelina (ET), un peptide costituito da 21 aminoacidi, che rappresenta uno dei più potenti vasocostrittori biologici (circa 10 volte più potente dell’angiotensina II) (Figura 1) [9]. L’ET è rappresentata da tre isoforme, l’ET-1, l’ET-2 e l’ET-3, e solo l’ET-1 è prodotta dalle cellule endoteliali (oltre che dalle cellule muscolari lisce) [11]. L’ET-2 è prodotta essenzialmente a livello del rene e dell’intestino, mentre l’ET-3 è prodotta a livello del sistema nervoso centrale. Il significato fisiopatologico di queste due ultime isoforme non è chiaro. In ogni caso tutti gli effetti vascolari dell’ET sono riferibili all’attività dell’ET-1. L’ET-1 viene sintetizzata a partire da un precursore inattivo, la pre-pro-ET-1. Questa viene trasformata in pro-ET-1 (o big-ET-1) e successivamente, ad opera di un enzima convertitore specifico denominato Endothelin-1 Converting Enzyme (ECE-1), in ET-1 (Figura 1) [12]. Le azioni dell'ET-1 sono mediate da due recettori,

denominati ETA ed ETB [13]. I recettori ETA sono presenti solo sulle cellule

muscolari lisce e determinano vasocostrizione, mentre i recettori ETB sono

rappresentati sia sull’endotelio che sulle cellule muscolare lisce [13]. È importante

sottolineare che, mentre i recettori ETB presenti sulle cellule muscolari lisce

determinano vasocostrizione (analogamente agli ETA), i recettori ETB endoteliali

determinano vasodilatazione in quanto inducono la produzione di NO [14,15]. Ѐ infatti noto il fine bilanciamento che intercorre tra il pathway dell’NO e il sistema dell’ET-1 nella modulazione globale della omeostasi vascolare. L’NO è capace di inibire la sintesi [16,17] e gli effetti vasocostrittori [18-21] dell’ET-1 che, a sua volta,

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(Figura 1A). Per questo l’infusione di ET-1 esogena determina una transitoria vasodilatazione seguita da una profonda vasocostrizione. La risposta vasocostrittrice è invece mediata da un aumento del calcio intracellulare.

Gli stessi mediatori che determinano la sintesi di NO parallelamente mediano la produzione di ROS (Figura 1) [1]. Queste sostanze possono indurre contrazione, ma soprattutto sono potenti distruttrici dell’NO stesso. Uno dei sistemi enzimatici sicuramente coinvolto, come precedentemente accennato, è quello dell’enzima cicloossigenasi (COX) [1]. Infatti, come precedentemente accennato, a seconda del modello sperimentale considerato, l’attivazione di COX endoteliale può determinare

sia la produzione di endoperossidi vasocostrittori, quali il trombossano A2 e la PGH2,

sia la produzione di ROS (Figura 1) [1]. È importante ricordare che, mentre gli endoperossidi vengono prodotti parallelamente all’NO e svolgono il loro effetto indipendentemente da quest'ultimo realizzando un antagonismo funzionale (vasocostrizione vs vasodilatazione), i ROS agiscono attraverso la distruzione dell’NO stesso.

Le specie reattive dell’ossigeno influenzano molti processi fisiologici, come i processi di difesa dell’ospite, la biosintesi ormonale, la fertilità, la trasduzione del segnale. Un aumento della produzione dei ROS (definita “stress ossidativo”) è implicata in varie patologie, che includono l’ipertensione, l’aterosclerosi, il diabete, e le malattie croniche renali [22]. Una delle principali fonti di ROS, a livello vascolare e renale, è rappresentata dalla famiglia delle NAD(P)H ossidasi non-fagocitiche. Altri possibili fonti includono gli enzimi della catena di trasporto di elettroni mitocondriale, la xantina ossidasi, la cicloossigenasi, la lipoossigenasi e la NOS disaccoppiata [10].

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Esistono varie specie di ROS, le cui attività sono molteplici, regolando per esempio la crescita cellulare e la produzione di matrice extracellulare, nonché, come sopra riportato, determinando inattivazione del NO, processi alla base della patologia cardiovascolare [23].

Le specie reattive dell’ossigeno si generano come intermedi nelle reazioni di

ossido-riduzione che determinano trasformazione di O2 in H2O e il termine stress

ossidativo descrive quindi la condizione caratterizzata da un aumento dei livelli dei ROS [23,24].

I ROS sono entità chimiche reattive che si dividono principalmente in due

gruppi: i radicali liberi (come l’anione superossido (O2-), il radicale idrossidrilico

OH, l’ossido nidrico NO) e i derivati non radicalici dell’ossigeno (come H2O2 e

ONOO-). Un radicale libero è definito come una qualsiasi molecola capace di

un’esistenza indipendente (da questo il termine “libero”) che possiede uno o più elettroni disappaiati; questi elettroni conferiscono un’alta reattività al radicale e lo rendono instabile. I derivati non radicalici sono invece meno reattivi e più stabili [10].

Tra i ROS generati a livello del sistema cardiovascolare O2- e H2O2 sembra che

siano quelli che hanno maggiore importanza [10]. Nei sistemi biologici, O2- ha una

breve emivita e viene rapidamente trasformato in H2O2 dalla superossido-dismutasi

(SOD), di cui esistono tre isoforme: la SOD1 rame/zinco, una SOD mitocondriale e una SOD extracellulare (eSOD). Quest’ultima è la SOD più attiva a livello vascolare [26].

L’esistenza di differenze di proprietà tra O2- e H2O2 e di differenti sedi di

produzione dimostra che le specie di ROS possono attivare vie metaboliche diverse e portare a risposte funzionali divergenti e potenzialmente opposte. Per esempio, gli

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aumentati livelli di O2- inattivano NO determinando disfunzione endoteliale e

vasocostrizione, alterazioni tipiche alla base di molte malattie vascolari, come per

esempio l’ipertensione [27,28]. Viceversa, H2O2 agisce come vasodilatatore in alcuni

distretti vascolari, come a livello arterioso cerebrale, coronarico e mesenterico [29]. La Xantina ossidasi, che catalizza l’ossidazione dell’ipoxantina e della xantina

con formazione di O2-, è presente a livello endoteliale nel sistema vascolare [30].

Anche NOS può contribuire alla produzione di ROS; tre sono le isoforme, precedentemente accennate, che sono suscettibili di disaccoppiamento, determinando

la formazione di O2- invece che NO [31].

La NAD(P)H-ossidasi è invece un enzima multi-subunità che catalizza la

produzione di O2- tramite la rimozione di un elettrone da O2 utilizzando NAD(P)H o

NADH come substrato [32]. Sebbene le NAD(P)H ossidasi siano originariamente considerate enzimi espressi solo nelle cellule fagocitiche e implicate nei meccanismi di difesa immunitaria, sono state identificate alcune isoforme in vari tessuti che mediano funzione differenti: Nox1 identificata a livello intestinale e vascolare, implicata nei meccanismi di difesa e crescita cellulare, Nox2 a livello respiratorio, vascolare, cardiaco, renale e nervoso, Nox3 a livello dei tessuti fetali e dell’apparato uditivo e vestibolare, Nox4, originariamente chiamata “Renox” (ossidasi renale), abbondante nel rene, identificata anche a livello vascolare e osteoclastico, Nox5 invece è espressa nel testicolo e nelle cellule linfoidi, ma anche nel sistema vascolare, mentre Duox1 e Duox2 sono state identificate a livello tiroideo [33]. Non è totalmente conosciuto come le subunità della NAD(P)H ossidasi interagiscano nelle

cellule del sistema vascolare e come esse generino O2-; comunque la NAD(P)H

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EDGF, TGF-), citochine (TNF-, IL-1, e fattori di aggregazione piastrinica), stimoli meccanici (stress di parete, stiramento meccanico, stiramento laminare), fattori metabolici (iperglicemia, iperinsulinemia, acidi grassi liberi, prodotti di glicazione avanzata) e agonisti dei recettori associati a proteine G (serotonina, trombina, bradichinina, endotelina, angiotensina II) [34]. I ROS derivanti dalla NAD(P)H ossidasi giocano un ruolo fisiologico nella regolazione della funzione endoteliale e del tono vascolare e un ruolo fisiopatologico nella disfunzione endoteliale, nei processi di infiammazione, ipertrofia, apoptosi, migrazione, fibrosi e angiogenesi, fenomeni cruciali alla base delle alterazioni fisiopatologiche a livello cardiovascolare e renale nella patologia ipertensiva e nel diabete [35].

Emerge quindi come l’endotelio sia un’importante fonte di sostanze che esercitano le loro azioni sia a livello autocrino, regolando attraverso feedback positivi e negativi la funzione delle stesse cellule endoteliali, che a livello paracrino, modulando la funzione delle strutture adiacenti, come le cellule muscolari lisce o le piastrine.

Per tutti questi motivi, estendendosi per circa 400mq ed essendo costituito da un numero elevatissimo di cellule, oggi l’endotelio è considerato il maggior organo endocrino del nostro organismo.

2.2 Metodi per la valutazione della funzione endoteliale nell’uomo

La valutazione della funzione endoteliale in vivo nell’uomo presenta alcune difficoltà. Il dosaggio nei liquidi biologici dell’NO, data la sua brevissima emivita, risulta infatti impossibile. Sono invece dosabili sia nel plasma che nelle urine i suoi cataboliti stabili (nitrati e nitriti) e l’ET-1. Tuttavia queste misurazioni risultano

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pocosensibili, essendo influenzate dalla dieta, dalla possibile produzione batterica di nitrati in corso di infezioni urinarie, ma anche dalla secrezione di ET-1 (solo il 20% della quota prodotta finisce nel plasma).

Al momento attuale i migliori metodi per valutare la funzione endoteliale in

vivo sono gli studi di reattività vascolare a livello dei distretti periferici [37]. Il

concetto base di questi studi è che, in particolari distretti vascolari, è possibile attivare o bloccare l’attività delle cellule endoteliali e misurare le variazioni del tono vascolare. Inoltre è importante considerare quale tipo di vaso arterioso si vuole valutare dal momento che il microcircolo (cioè le arteriole di resistenza) e le grandi arterie (o macrocircolo) presentano differenti meccanismi di regolazione endoteliale.

Per la valutazione del distretto macrocircolatorio, le grandi arterie comprendono la brachiale, la radiale, e la femorale. La funzione endoteliale di questi vasi si valuta misurando le modificazioni del diametro delle arterie mediante tecnica ecografica, mediante stimoli meccanici che provocano un aumento dello shear stress.

Il microcircolo vascolare può essere studiato a livello della cute, del tessuto sottocutaneo, e del muscolo periferico (generalmente a livello dell’avambraccio). Ѐ inoltre possibile studiare arterie di piccolo calibro isolate, ottenute mediante biopsia tissutale. Questa tecnica, in-vitro ex-vivo, prevede l’utilizzo di un micromiografo [44] e sarà descritta in dettaglio nel paragrafo successivo.

In tali distretti è inoltre possibile valutare sia la via L-arginina-NO, attraverso la sua inibizione con L-NAME, un inibitore competitivo della NO-sintetasi, od attivazione con L-Arginina (il substrato per l’enzima NO-sintetasi e precursore naturale del NO), che la produzione di fattori vasocostrittori cicloossigenasi-dipendenti mediante infusione di indometacina (un inibitore non selettivo della

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cicloossigenasi) o di inibitori selettivi. Infine, per valutare la presenza di stress ossidativo, si può utilizzare l’acido ascorbico, un potente antiossidante.

2.2.1 Studio del microcircolo periferico in vitro ex vivo.

La tecnica micromiografica in vitro ex vivo consente di studiare arterie isolate di piccolo calibro (100-300 µm) sia nell’uomo che nell’animale da esperimento. Nell’uomo i vasi arteriosi sono ottenuti mediante biopsia del tessuto sottocutaneo in regione glutea o addominale, ottenuta in corso di chirurgia di elezione, mentre nell’animale da esperimento i piccoli vasi sono ottenuti dal circolo mesenterico [38]. I vasi arteriosi, della lunghezza di alcuni millimetri, ottenuti per dissezione, possono o meno essere liberati dal tessuto periavventiziale prima di essere studiati. Esistono due varianti della tecnica micromiografica: a fili ed a pressione.

La tecnica micromiografica a fili prevede di incannulare il vaso con fili d’acciaio di 40 μm di diametro. Il vaso può essere sottoposto ad uno stiramento meccanico oppure mantenuto ad uno stretch costante, e stimolato a contrarsi, permettendo in tal modo la misurazione della tensione attiva sviluppata. Successivamente il vaso, in condizioni di rilasciamento, viene trasferito sullo stativo di un microscopio con lente ad immersione e, mediante un oculare micrometrico, viene valutato lo spessore della parete vascolare, gli spessori relativi delle diverse tonache ed il diametro del vaso [39].

La tecnica micromiografica a pressione prevede invece di incannulare le due estremità del vaso a due microcannule di vetro in una camera miografica. Le estremità del vaso sono legate alle microcannule mediante un filo di seta. All’interno della camera il vaso è tenuto immerso in una soluzione contenente liquido di Krebs

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ed ad una temperatura costante di 37°C. Gli studi sono eseguiti mantenendo il vaso ad una pressione costante di 45 o 60 mmHg (nell’animale e nell’uomo, rispettivamente). Con l’ausilio di un microscopio ottico e di una telecamera è possibile visualizzare il vaso su un monitor, mentre con un software vengono eseguite le misurazioni degli spessori della parete vascolare e il diametro del vaso (Figura 3). Dopo aver pre-contratto il vaso con norepinefrina (NE), gli studi di funzionalità endoteliale sono eseguiti osservando le modificazioni del diametro del lume in seguito alla infusione extraluminale di agonisti ed antagonisti endoteliali. La variante micromiografica a pressione presenta alcuni vantaggi rispetto al micromiografo a fili per ciò che riguarda le valutazioni funzionali e alcuni svantaggi nella valutazione della struttura vascolare.

Gli studi micromiografici in vitro hanno l’indubbio vantaggio di consentire una misurazione precisa ed accurata delle caratteristiche morfologiche e funzionali dei piccoli vasi, esente da artefatti da fissazione degli studi istologici. Inoltre consentono di studiare numerosi meccanismi fisiopatologici attraverso l’uso di agonisti ed antagonisti selettivi non altrimenti utilizzabili negli studi in vivo. Il limite di questa tecnica, quando applicata all’uomo, è essenzialmente legato alla relativa invasività della procedura.

2.3 Definizione di disfunzione endoteliale

Si intende per “disfunzione endoteliale” quella condizione patologica caratterizzata dalla ridotta biodisponibilità di NO. La disfunzione endoteliale deve essere distinta dal danno endoteliale, che è invece rappresentato dalla distruzione delle cellule endoteliali. Questa distinzione non rappresenta un mero esercizio di

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semantica, in quanto in genere la disfunzione endoteliale è un fenomeno più precoce e potenzialmente reversibile, mentre il danno endoteliale è un evento più grave poiché la rigenerazione delle cellule endoteliali è di difficile realizzazione e esita in genere nella produzione di cellule disfunzionanti [40].

La disfunzione endoteliale è una condizione patologica che compromette profondamente la struttura e la funzione vascolare, determinando alterazioni della vasomotricità e promuovendo la trombosi e l’aterosclerosi [41].

2.4 Fattori di rischio cardiovascolare e disfunzione endoteliale

Oltre che nell’ipertensione arteriosa [6], che verrà descritta in dettaglio successivamente, la disfunzione endoteliale caratterizza vari fattori di rischio cardiovascolare maggiori, che includono l’invecchiamento [42,43], la menopausa [44], il diabete mellito [45,46], la dislipidemia [47,48], il fumo di sigaretta [49] e l’iperomocisteinemia. Numerosi studi hanno dimostrato che, in queste condizioni cliniche, si verifica una riduzione del rilasciamento endotelio-dipendente sia nei vasi periferici che nel distretto coronarico.

2.5 Significato clinico della disfunzione endoteliale

Come già accennato, la disfunzione endoteliale non è un’alterazione esclusiva dell’ipertensione arteriosa ma un’alterazione vascolare comune alla maggior parte dei fattori di rischio cardiovascolare.

Tutti questi fattori di rischio sono coinvolti, seppur in modo diverso, nella patogenesi del danno vascolare aterotrombotico che prelude agli eventi cardiovascolari.

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Considerando che l'NO non solo è un potente vasodilatatore, ma è anche un inibitore dell’aggregazione piastrinica, della proliferazione e migrazione delle cellule muscolari lisce, della migrazione dei monociti e dell’espressione delle molecole di adesione, un endotelio ben funzionante, cioè con una buona biodisponibilità di NO, ha un ruolo chiave nel proteggere la parete vascolare dallo sviluppo di aterosclerosi e trombosi [1,6].

Nell’uomo sono disponibili numerosi studi che dimostrano un’associazione tra disfunzione endoteliale, sia a livello coronarico che periferico, e rischio di eventi cardiovascolari in pazienti ad elevato rischio cardiovascolare [50- 57]. Pertanto, la disfunzione endoteliale è un’alterazione non specifica dell’ipertensione arteriosa, ma che si associa al rischio cardiovascolare, rappresentando il meccanismo patogenetico di base attraverso il quale i vari fattori di rischio predispongono al danno atero-trombotico ed agli eventi cardiovascolari.

Tutto questo fa si che oggi la disfunzione endoteliale al pari delle alterazioni strutturali vascolari (rapporto media/lume) siano suggeriti come end-point intermedi

predittivi per eventi cardiovascolari nel paziente iperteso [59].

2.6 Disfunzione endoteliale e ipertensione arteriosa nell’uomo

In pieno accordo con i risultati ottenuti negli animali da esperimento, numerosi studi hanno dimostrato la presenza di disfunzione endoteliale nel paziente iperteso. Nel 1990, in due differenti laboratori, è stato dimostrato per la prima volta nell’uomo la presenza di una ridotta vasodilatazione endotelio-dipendente a livello del microcircolo dell’avambraccio. Negli Stati Uniti, Panza et al. [60] hanno dimostrato che la risposta a dosi crescenti di acetilcolina era significativamente ridotta in 18

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pazienti ipertesi essenziali, che avevano sospeso ogni terapia da almeno due settimane, rispetto a 18 soggetti normotesi di controllo. Al contrario, la risposta ad un vasodilatatore endotelio-indipendente, il nitroprussiato di sodio, era simile nei due gruppi, dimostrando ulteriormente che la ridotta vasodilatazione era specificatamente endoteliale. Un risultato analogo è stato ottenuto anche in Europa da Linder et al. [61]. Studi successivi condotti da Taddei S et al. hanno confermato la presenza di ridotta vasodilatazione endotelio-dipendente nell’avambraccio di pazienti con IA [62,67].

2.7 Meccanismi responsabili della disfunzione endoteliale nell'ipertensione essenziale

2.7.1 Ridotta biodisponibilità di NO

La maggior parte delle informazioni riguardo i meccanismi responsabili della disfunzione endoteliale nel paziente con ipertensione essenziale sono state ottenute dagli studi eseguiti nel microcircolo periferico dell’avambraccio.

Nei soggetti sani l’infusione intra-arteriosa di un agonista endoteliale, quale ad esempio l’acetilcolina, induceva una vasodilatazione che veniva significativamente inibita quando era infuso simultaneamente l’inibitore della NO-sintetasi L-NAME. Questo dato indica che, in condizioni fisiologiche, l’NO è il principale mediatore vasodilatante endoteliale [62].

Al contrario, nel paziente con ipertensione essenziale, l’infusione di acetilcolina induceva una vasodilatazione significativamente minore rispetto a quella ottenuta nel paziente sano [66]. Tale vasodilatazione non veniva modificata quando si coinfondeva L-NAME, a dimostrazione che nel paziente con ipertensione essenziale

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vi è una ridotta (o assente) biodisponibilità di NO [62]. 2.7.2 Ruolo dei ROS sulla disfunzione endoteliale

Numerosi studi nell’animale iperteso hanno dimostrato che esiste un’aumentata produzione di anione superossido, che può diminuire la biodisponibilità dell’NO e favorire alla genesi della disfunzione endoteliale.Tale possibilità è stata anche valutata nel paziente iperteso. Per confermare questa ipotesi è stata valutata l’efficacia della vitamina C, un potente antiossidante capace di azione scavenger nei confronti di ROS [67].

Nei soggetti normotesi l’infusione di vitamina C nel microcircolo dell’avambraccio non modificava la vasodilatazione endoteliale in risposta all’infusione di acetilcolina né determinava un potenziamento dell’attività inibitoria di L-NAME [67].

Nei pazienti con ipertensione essenziale invece, l’infusione di vitamina C determinava un miglioramento della vasodilatazione endotelio-dipendente da parte dell’acetilcolina. Questi dati indicano che la vitamina C migliora la funzione endoteliale in pazienti con ipertensione essenziale, probabilmente direttamente neutralizzando i ROS nel contesto del sistema vascolare. Questo suggerisce fortemente come la produzione di anione superossido possa essere alla base della disfunzione endoteliale nell’ipertensione essenziale [67].

Questa possibilità è rinforzata dai risultati degli studi d’infusione di L-NAME. In questi pazienti è stato infatti ripetuto l’esperimento in presenza di L-NAME ed è stato osservato che la vitamina C non soltanto normalizzava la risposta vascolare all’ACh, ma ripristinava anche l’effetto inibitorio dell’L-NAME sull’agonista endoteliale. Questi dati quindi dimostrano che nel microcircolo periferico di pazienti

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con ipertensione arteriosa vi è una ridotta biodisponibilità di NO conseguente ad una aumentata produzione di ROS. Infatti, l’inibizione di quest’ultimi da parte dall’acido ascorbico ripristina la piena disponibilità di NO che in tale contesto veniva nuovamente inibito dall’L-NAME [67].

Quindi, complessivamente, queste scoperte indicano come i radicali liberi dell’ossigeno possano essere i responsabili della disfunzione endoteliale nell’ipertensione essenziale, probabilmente attraverso la distruzione dell’NO.

In aggiunta, la produzione dei ROS è aumentata nelle cellule muscolari lisce delle arteriole di resistenza nei pazienti con ipertensione e questo sembra essere associato ad una up-regolazione della NAD(P)H ossidasi.

L’importanza della NAD(P)H ossidasi nella genesi dello stress ossidativo è stata supportata dagli studi di Virdis A et al., nei quali è stato dimostrato che il sudetto enzima costituisca una tra le vie enzimatiche coinvolte nella produzione di ROS nei pazienti ipertesi [36].

Anche un diminuito livello difensivo da parte degli antiossidanti, oltre ad un eccesso di ROS, può contribuire alla genesi dello stress ossidativo nei pazienti ipertesi. Infatti, in questi pazienti è stata dimostrata una riduzione dell’attività e del livello degli antiossidanti, come la SOD, la glutatione perossidasi, la catalasi ed anche di vitamina A, C e E (noti antiossidanti) in confronto ai pazienti normotesi [10].

2.8 La grelina e la sua scoperta

La grelina è un peptide costruito da 28 amminoacidi, che deriva dal precursore preproghrelina (il pro-peptide della grelina di 117 amminoacidi), scoperto per la prima volta da Kojima M et al, nel 1999, nel ratto e nello stomaco umano [76]. A

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questo livello, le cellule che contengono la grelina si chiamano X/A cellule, sono situate nello strato sottomucoso e rappresentano delle principali popolazioni di cellule endocrine della mucosa che produce l’acido cloridico [77].

Due forme principali di grelina sono presenti nel plasma e nello stomaco: la grelina acilata, che rappresenta la forma biologicamente attiva, e la grelina non acilata [78]. Il peptide attivo si origina dal pro-peptide per clivaggio e modificazione acilica [76]. La modificazione del precursore peptidico si effettua dall’enzima O-acetiltransferasi. In conseguenza di questa modificazione la grelina diventa acilata ottenendo la bioattività e la possibilità di collegarsi con il recettore – GHS-R1a (growth hormone secretagogue receptor) [112].

Una modificazione di questo tipo è unica in natura, e oltretutto indispensabile per la funzionalità del peptide, come dimostra il fatto che somministrando alle cellule grelina sintetica de-acilata non si registra alcun aumento dei livelli di Ca2+ intracellulare [76]. In condizioni di buona salute, la grelina non acilata è presente in alte concentrazioni nel siero rispetto alla grelina acilata bioattiva, ma questo rapporto può variare in condizioni patologiche come la gastrite cronica atrofica, la malattia renale cronica, l’anoressia nervosa, l’obesità, il diabete di tipo 2 o la sindrome metabolica [79]. La grelina non acilata, anche se non del tutto biologicamente inattiva, sembra non esercita attività endocrina [80].

2.8.1 Regolazione della secrezione ipofisaria di growth hormone e del peso corporeo

All'inizio, la grelina è stata identificata come un ligando endogeno per il GHS-R (un tipico G-protein coupled receptor a 7 domini transmembrana) capace di indurre rilascio di ormone della crescita (GH) dall’ipofisi (Figura 2A) [76].

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La grelina svolge un ruolo molto importante nel controllo di GH dall’ipofisi e nella stimolazione dell’appetito [111].

La grelina provoca la fame lontano dei pasti e regola a lungo termine del peso corporeo [81, 109, 110]. È riconosciuto che la concentrazione di grelina nel plasma aumenta prima e diminuisce dopo di ogni pasto negli esseri umani [110].

Ulteriori studi hanno chiaramente documentato la partecipazione della grelina alla regolazione del bilancio energetico. Infatti, la somministrazione di grelina esogena induce l'aumento di peso nei roditori, stimolando l'assunzione di cibo e la riduzione di utilizzo del tessuto adiposo endogeno [81]. Negli esseri umani, l’infusione in bolo di grelina in pazienti cachettici con appetito compromesso stimola l'assunzione di cibo [82].

È interessante notare che, i livelli circolanti di grelina sono diminuiti negli individui obesi, la perdita del peso migliora le concentrazioni plasmatiche, indicando così che essa rappresenta un forte segnale sul sistema nervoso centrale quando l’apporto energetico non è sufficiente, e che al contrario la sua secrezione è ridotta in una condizione di eccesso energetico.

2.8.2 Distribuzione tissutale della grelina e dei recettori

Anche se essenzialmente un ormone gastrico, ha una fondamentale funzione endocrina con la quale modula la nutrizione, l'equilibrio energetico, la composizione corporea e la crescita. Di recente sono state attribuite alla grelina delle funzioni ulteriori ormone-indipendenti riguardanti l’apparato cardiovascolare. Alla grelina sono attribuiti effetti prottetivi sul cuore e sul letto vascolare e sulla regolazione della presione arteriosa (PA).

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Sebbene prevelentemente prodotto sia nelle cellule gastriche, la grelina è anche espresso in diversi tessuti e organi, tra cui ipofisi, ipotalamo, intestino, pancreas, reni, testicoli, ovaie, linfociti e la placenta, ove si esercita effetti sia endocrini sia paracrini/autocrini (Figura 2) [8]. Il gene del recettore della grelina (GHS-R) codifica due diverse isoforme, chiamate GHS-R la e GHS-R lb. Entrambe le isoforme sono state trovate ugualmente nei tessuti suddetti.

I GHS-R1a recettori sono concentrati nell’ipotalamo e nell’ipofisi e sono presenti nelle altre parti del sistema nervoso centrale. Inoltre, questo recettore è espresso nei tessuti endocrini e neuroendocrini, nei muscoli e nel tessuto adiposo, nei tessuti dei diversi organi (pancreas, polmoni, fegato, reni, intestino, miocardio, milza, ovaie, testicoli, ghiandole surrenali, lo stomaco). A differenza del R1a, GHS-R1b è presente in molti organi e tessuti periferici ma non nel sistema ipotalamo-ipofisi [113].

Quando GHS-R la è associato alla grelina stimola la mobilizzazione del calcio intracellulare mentre GHS-R lb è un recettore non-funzionale, che non vincola la grelina e il cui significato fisiologico va ancora stabilito [84].

Tante ricerche scentifiche hanno documentato la presenza di grelina e del suo recettore GHS-R la a livello del sistema cardiovascolare.

Grazie all’immunoistochimica, espressione della grelina è stata rilevata nei cardiomiociti umani, sia nell’atrio che nel ventricolo, dove è sintetizzata e secreta. Ciò indica che questo peptide è in grado di esercitare effetti paracrini/autocrini anche al livello del miocardio [84].

É stato anche verificato che l'aorta e l'arteria polmonare contengono più i

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É interessante sottolineare come in presenza di malattie cardiovascolari, accompagnate da ispessimento intimale, la densità di questi recettori tende a diminuire [113].

Kleinz MJ et al [113] hanno dimostrato la presenza di grelina nelle vescicole secretorie delle cellule endoteliali (CE). La modificazione dei livelli di grelina ematica può essere modulata secondo un feedback negativo [113].

2.8.3 Gli effetti cardiaci della grelina

Numerosi studi condotti sugli animali affetti da patologia cardiaca hanno fornito prove sugli effetti cardiaci positivi della grelina esogena. Nel cuore isolato di ratti sottoposti a 30 minuti di ischemia seguita da 120 minuti di riperfusione, la somministrazione di grelina acilata riduce significativamente la dimensione dell’infarto[88].

Un altro studio interessante, ha valutato l'effetto della grelina sul rimodellamento del ventricolo sinistro (VS) dopo infarto del miocardico (IM) in ratti Sprague-Dawley. Nei ratti trattati con grelina, si è attenuato l’ingrandimento del VS indotto dall’IM. Inoltre, si è verificata una diminuzione della pressione tele-diastolica nel VS e un aumento della velocità di picco di ascesa e caduta della pressione nel VS. La grelina ha anche attenuato la produzione di collagene nella regione peri-infartuale e soppresso l’aumento della frequenza cardiaca indotta dall’IM e della concentrazione della noradrenalina nel plasma [89].

Diversi studi hanno dimostrato l’effetto positivo della grelina anche nell’insufficienza cardiaca cronica (ICC). Nagaya N et al [90] hanno valutato l'impatto della grelina sulla disfunzione del VS e sulla cachessia cardiaca nei ratti con ICC. Gli autori hanno dimostrato che l'assunzione cronica di grelina per 3 settimane

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ha aumentato significativamente la gittata cardiaca, lo spessore diastolico della parete posteriore non-infartuale, e contemporaneamente ha inibito l’allargamento del VS e ha aumentato l’accorciamento frazionale del VS.

Il ruolo della grelina sulla performance cardiaca è stata valutata anche nell’uomo, sia in soggetti sani che in condizioni patologiche. Nei volontari sani, l’infusione in bolo di grelina per via endovenosa ha diminuito significativamente la PA media e ha aumento la gittata cardiaca e la contrattilità del miocardio [91]. É da notare che questi effetti emodinamici sono stati ottenuti senza un aumento della frequenza cardiaca.

Inoltre, il trattamento con la grelina ha aumentato il picco del carico di lavoro e il massimo consumo di ossigeno durante l'esercizio. In particolare, tale tratamento ha portato a una significativa diminuzione della noradrenalina plasmatica [92].

Questi risultati indicano che la somministrazione ripetuta di grelina migliora la funzione ventricolare, la capacità di esercizio e l’atrofia muscolare nei pazienti con ICC.

2.9. Gli effetti vascolari della grelina

In condizioni di buona salute, l’omeostasi vascolare è garantita dall'azione opposta del fattore del rilassamento (ossido nitrico (NO)) e dei fattori della contrazione (principalmente endotelina (ET-l)) [94].

Gli effetti della grelina sui vasi sanguigni sono fortemente legati alla funzione endoteliale e alla modulazione dei due suddetti fattori endoteliali.

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2.9.1 La grelina e la biodisponibilità di NO

Studi in vitro hanno dimostrato che la grelina stimola l’aumento della produzione di NO in CE aortiche bovine e nelle CE aortiche umane in modo tempo - e dose-dipendente.

La produzione di NO in risposta alla somministrazione di grelina è stata bloccata dal pretrattamento delle cellule con un inibitore della NOS, la L-NAME, o con il (d-Lys3)-GHRP-6 un antagonista selettivo del recettore GHS-Rla della grelina [95].

Negli anelli isolati di aorta dei ratti con il GH-deficit, trattati cronicamente con la grelina, è stato documentato un miglioramento significativo nel rilassamento endotelio-dipendente rispetto a quelli placebo, questo effetto è stato inibito da L-NAME. Inoltre, l’analisi western blot ha dimostrato che il trattamento con la grelina aumenta la produzione di NOS dell’endotelialio aortico [96].

Presi insieme, questi risultati dimostrano che la grelina GH-indipendente stimola la produzione endoteliale di NO utilizzando una via di segnalazione che coinvolge GHSR-la e aumenta la produzione di NOS endoteliale.

La grelina normalizza la disfunzione endoteliale nei pazienti con sindrome metabolica, aumentando la biodisponibilità di NO [98]. Il meccanismo molecolare d'azione della grelina nei vasi sanguinosi consiste nella stimolazione della produzione di NO utilizzando le vie di segnalazione mediate da GHS-R1a, PI-3 chinasi (PI3K), Akt e eNOS [102]. Iantorno et al [95] hanno dimostrato la capacità della grelina di aumentare la produzione di NO, contribuendo all'attività di PI3K, con conseguente fosforilazione di Akt, che a sua volta attiva la fosforilazione di eNOS.

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Per quanto riguarda il rapporto tra la grelina e ET-1, in uno studio condotto sull’endotelio isolato umano delle arterie mammarie interne da pazienti con malattia coronarica, si è osservato che la grelina è stata in grado di causare una vasodilatazione endotelio-indipendente antagonizzando per la lunga durata la contrazione mediata di ET-1 [97].

La maggior parte delle prove sugli effetti vascolari di grelina negli esseri umani, “ossia in vivo", sono state fornite dal gruppo di Cardillo, nei pazienti con la sindrome metabolica [101].

Tesauro M et al [98] hanno dimostrato che l'infusione intra-arteriosa di grelina (200 pg/min) nella microcircolazione dell’avambraccio dei pazienti affetti da sindrome metabolica, ha aumentato notevolmente le concentrazioni intravascolari del peptide e, pur non modificando l'endotelio - indipendente rilassamento con nitroprussiato di sodio, ha potenziato la risposta vasodilatante all'acetilcolina, un effetto inibito dalla simultanea infusione di inibitore di NOS - NG - monometil-L-arginina. I dati forniti indicano che la grelina inverte la disfunzione endoteliale nei pazienti con sindrome metabolica, aumentando la disponibilità di NO. I pazienti obesi con la sindrome metabolica sono caratterizzati da una ridotta circolazione dei livelli di grelina [98-100].

Questi risultati, insieme con l’evidente compromissione della disponibilità di NO e aumentata vasocostrizione mediata di ET-1 [101], fanno dell'obesità un utile modello sperimentale per studiare l'impatto di grelina su NO e ET-1. A questo scopo, Tesauro M et al [102] hanno valutato se la grelina esogena può esercitare un effetto benefico sullo squilibrio di NO e ET-1 sulla microcircolazione dell'avambraccio dei pazienti obesi con sindrome metabolica. La disponibilità di NO è stata studiata con

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infusione intra-arteriosa di L-NAME, mentre la vasocostrizione mediata di ET-1 è stata studiata utilizzando l'ETA antagonista del recettore BQ-123.

In condizioni basali, i pazienti hanno mostrato una maggiore risposta vasodilatante a BQ-123 e una riduzione dell’effetto della contrazione di L-NAME rispetto ai controlli, suggerendo che nei pazienti trattati prevale la vasocostrizione mediata di ET-1 e la riduzione dell’effetto di vasodilatazione di NO.

Questo squilibrio sfavorevole tra NO e ET-1 è stato reiquilibrato dalla somministrazione di grelina esogena. In particolare, nei pazienti l’infusione intra-arteriosa di questo peptide ha ridotto la vasocostrizione ET-l-dipendente e ha invertito la compromissione della vasodilatazione NO-dipendente. Nessun effetto è stato osservato in soggetti di controllo.

Questi risultati hanno consentito agli autori di concludere che, al di là del suo classico effetto sulla regolazione del bilancio energetico e sul'assunzione di cibo, la grelina, contribuisce notevolmente a mantenere l'omeostasi vascolare attraverso il ripristino di un equilibrio tra la vasocontrazione e la vasodilazione.

2.9.3 La grelina e lo stress ossidativo

Il basso grado di infiammazione e lo stress ossidativo cronico, sono i due principali meccanismi patogenetici che favoriscono a disfunzione endoteliale. L'evidenza sperimentale indica che il grasso viscerale in eccesso può giocare un ruolo diretto nel creare uno stato di infiammazione cronica tramite la secrezione di TNF-a e IL-6 [103].

Tali citochine inducono la disfunzione endoteliale principalmente per la

produzione di forme reattive dell'ossigeno ROS, attraverso l'attivazione di due

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riduzione di disponibilità di NO[36]. IL-6 stimola anche la sintesi di proteina C-reattiva da parte del fegato, che diminuisce l'espressione di NOS endoteliale, con la conseguente ulteriore riduzione dell’attività di NO

A sua volta, l’eccesso di ROS agisce come segnale cruciale di trasduzione del messenger per diverse vie infiammatorie intracellulare, come il fattore nucleare KB, mediando la maggior parte delle risposte infiammatorie vascolari [93].

Una stretta relazione tra infiammazione vascolare cronica e la generazione di ROS è stata studiata nelle piccole arterie di resistenza che sono state isolate dal tessuto adiposo viscerale dei pazienti con l’obesità. I risultati hanno indicato che in questo distretto vascolare, si verifica una marcata disfunzione endoteliale causata da una ridotta disponibilità di NO. Questa alterazione deriva da un aumento della produzione vascolare e l'attività biologica del TNF-a, che favorisce alla generazione di ROS attraverso entrambi le NAD(P)H ossidasi e l’attivazione di NOS [69].

Più di recente, utilizzando lo stesso modello sperimentale, è stato dimostrato che un eccesso di TNF-α deriva dal tessuto adiposo perivascolare, che a sua volta aumenta l’espressione vascolare di ET-1 e dell'ETA recettore nelle piccole arterie dei pazienti obesi. Tale squilibrio in sistema di ET-l/NO compromette il rilascio di NO. ROS in eccesso, l’attivazione di via di NAD(P)H ossidasi inducono l’attivazione di NOS endoteliale, che a sua volta genera superossido e altera la produzione di NO [104].

Presi insieme, questi risultati mostrano il ruolo fondamentale del tessuto adiposo perivascolare che nell'obesità perde le sue proprietà vascolari protettive e si trasforma verso una fonte di infiammazione cronica.

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Dagli studi di Tesauro M et al [102] sopradescritti, si evidenzia l’importanza del ruolo della grelina nella regolazione del tono vascolare nella sindrome metabolica, sollevando la questione: di quali potrebbero essere i possibili meccanismi per cui la grelina esercita un impatto positivo sulla funzione vascolare?

Un meccanismo d’azione della grelina è la possibilità di indurre un effetto anti-infiammatorio e anti-ossidante. Di recente, è stato dimostrato che la grelina inibisce la produzione di citochine pro-infiammatorie, inibisce l’attivazione di fattore nucleare KB nelle cellule endoteliali umane in vitro e la produzione indotta di citochine da endotossine in vivo [105].

Inoltre, ci sono dati convincenti sulla proprietà anti-ossidante della grelina. L’incubazione acuta di grelina nei anelli aortici dei ratti spontaneamente ipertesi ha causato la diminuzione dose-dipendente della produzione basale di superossido. La grelina ha anche abolito la NAD(P)H ossidasi vascolare, invertendo la differenza tra ipertesi e animali di controllo. Invece la grelina non influisce sul rilascio di superossido in vitro nel sistema della xantina ossidasi [106].

Questi risultati indicano chiaramente che la grelina è in grado di inibire lo stress ossidativo vascolare in ratti spontaneamente ipertesi. Questo effetto è probabilmente legato alla inibizione di NAD(P)H ossidasi vascolare, e non riconducibile a una diretta proprietà scavenger sul superossido da parte della grelina.

L'attività antiossidante di grelina è stata dimostrata anche in altri tessuti e organi diversi dal distretto vascolare periferico. Nel sistema digestivo, la grelina, somministrata perifericamente, ha attenuato le lesioni gastriche nei ratti riducendo l’ulcerazione, la congestione dei tessuti e l’infiltrazione cellulare.

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Contemporaneamente, altri esperimenti eseguiti in vitro hanno documentato che la grelina inibisce la produzione di ROS nelle cellule polimorfonucleati umane [107]. Nel sistema nervoso, la grelina attenua il potenziamento dose-dipendente dello stress ossidativo e impedisce la diminuzione dell’attività dell’enzima antiossidante nel cervello del ratto [108]. Questi risultati estendono gli effetti antiossidanti della grelina ad una grande quantità di condizioni patologiche.

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3. SCOPO DELLA TESI

Il lavoro svolto in questa tesi è finalizzato allo studio della grelina esogena sulla disfunzione endoteliale nell'ipertensione. In particolare, lo scopo di questo studio è stato quello di verificare se la grelina esogena potesse migliorare la disfunzione endoteliale nelle piccole arterie di resistenza prelevate dal grasso viscerale di pazienti con IA e il coinvolgimento della sua attività sulla disponibilità di NO.

In secondo luogo, sempre sulle piccole arterie isolate da pazienti ipertesi essenziali, abbiamo studiato la possibilità che l’effetto della grelina coinvolga un meccanismo antiossidante, agendo in particolare sull'attivazione dell’enzima NAD(P)H ossidasi.

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4. MATERIALI E METODI

4.1 Popolazione studiata

Il protocollo, che è conforme con la Dichiarazione di Helsinki, è stato approvato dal Comitato Etico locale (Codice EUDRACT: 2008-00202136) e tutti i partecipanti hanno dato il loro scritto consenso per lo studio.

Lo studio ha incluso 7 pazienti ipertesi essenziali (IA) (50.3±6.1 anni) con ipertensione essenziale lieve-moderata, mai trattati per l'ipertensione o che non avevano ricevuto alcun farmaco per almeno 1 mese prima dell'iscrizione nello studio e 7 pazienti normotesi di controllo (NT) (53.1±4.5 anni).

4.2 Preparazione delle piccole arterie ed esperimenti funzionali

Tutti i pazienti sono stati sottoposti durante intervento chirurgico in laparoscopia a biopsia del grasso sottocutaneo dalla parete anteriore della regione addominale. Lo studio della reattività vascolare è stato eseguito tramite la tecnica micromiografia a pressione. Il tessuto prelevato dalla biopsia è immerso immediatamente in una soluzione di Krebs ( mM: NaHCO3 25.0; Glucosio 5.5; NaCl 120.0; KCL 4.7; CaCl2 2.5; EDTA 0.026; KH2PO4 1.18) a 4°C per mantenerlo vitale. Successivamente è posizionato su una piastra Petri e tramite l’utilizzo del

microscopio ottico bifocale le piccole arterie (2 mm lunghezza/150-300 m diametro)

grazie a pinzette molto sottili, sono isolate dal grasso periavventiziale e posizionate in una apposita camera riscaldata a 37 °C contenente Krebs, dove vengono inserite e legate tramite un filo di seta alle due estremità di due micro cannule di vetro. La

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posizione del vaso è quindi ottimizzata mediante piccoli movimenti di una delle due micro cannule fino ad ottenere le due pareti del vaso parallele [68, 69].

All’interno della camera il vaso è mantenuto vitale durante tutto l’esperimento perchè al suo interno viene fatta passare la soluzione di Krebs saturata di carbogeno a un PH di 7.4 e a una temperatura fisiologica di 37 °C. Gli studi sono stati eseguiti mantenendo il vaso ad una pressione costante di 60mmHg. Con l’ausilio di un microscopio ottico e di una telecamera collegata al monitor del computer è stato possibile vedere ad occhio nudo e in diretta nel monitor la vasodilatazione o vasocostrizione dell’arteria isolata. L’entità del movimento del vaso è stata calcolata direttamente dal programma Myoview ed espressa in micron. Le/a sostanze/a da testare sono state infuse nel lato extraluminare dell’arteria tramite una pompa peristaltica. Questa pompa lavora a flusso costante (circa 4ml/min). Prima di iniziare il trattamento con la/e sostanze in esame, una volta finito l’allestimento è stata valutata la vitalità dell’arteria. A tale fine, l’arteria è stata trattata, tramite infusione extraluminale, con una soluzione contenente una elevata concentrazione di KCl (125mmol/L).

Le arterie vengono considerate vitali se mostrano una riduzione del lume maggiore del 40%. Una volta appurato che l’arteria allestita è vitale, è stata lavata per 30 min con Krebs e successivamente sono state effettuate misurazioni basali del lume e delle parete del vaso.

4.2.1 Test di reattività vascolare

Per valutare la disponibilità di NO e la produzione dei ROS, nei piccoli vasi dei pazienti con ipertensione essenziale e dei soggetti normotesi di controllo, sono state

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incubazione per 30 minuti con un inibitore di NOS, l’L-NAME (100 M) e

successivamente con l'acido ascorbico utilizzato come antiossidante (100 M), ed

anche dopo incubazione simultanea dei due farmaci. Il protocollo intero è stato

ripetuto in presenza dell’infusione della grelina (1 µM, 30' pre-incubazione).

4.3 Ruolo della grelina sulla produzione intravascolare di ROS e sulla NAD(P)H ossidasi

4.3.2 Rilevazione della produzione di anione superossido vascolare

La produzione in situ dell'anione superossido è stata valutata mediante la

tecnica a fluorescenza del diidroetidio (1 mM DHE) [69]. In presenza di anione

superossido il DHE viene ossidato, si trasforma in etidio e intrecalandosi nel DNA, colora i nuclei esibendo fluorescenze nel rosso, valutabile grazie a microscopio confocale a scansione laser (561 nm di eccitazione). I vasi isolati dal grasso sono stati incubati con grelina (1 µM), con l’inibitore dell’ NAD(P)H ossidasi gp91ds-tat (1 µM) o soluzione di Krebs. Le concentrazioni dei due inibitori sono stati selezionati in base a esperimenti preliminari dose di titolazione (da 0,1 a 10 µM) per ottenere un

effetto inibitorio massimo con la dose più bassa. Successivamente i vasi sono

congelati a -70° C in apposite cuvette mediante mezzo di inclusione per criostato (OCT), le sezioni dei vasi sono state eseguite mediante criostato, ottenendo in questo modo delle fettine dello spessore di 8 µm che vengono disposte su vetrino (Super Frost plus).

La tecnica prevede diverse fasi di lavoro:

-incubare i vetrini con una soluzione contenente liquido di Krebs-HEPES per 30 minuti a 37°C in un bagnetto termostatico;

(38)

-disporre i vetrini su carta bagnata ed aggiungere il tampone contenente 2 mmol/L di DHE;

-lasciare incubare in camera oscura umidificata per 30 minuti a 37°C; -rilevazione tramite microscopio confocale;

Tre diapositive per segmento sono state analizzate contemporaneamente. La percentuale di area di parete arteriosa colorata con segnale rosso è stata analizzata con un software di imaging (MKcBiophotonics Image J; National Institutea of Health, Bethesda, MD).

4.3.1 Analisi western blot di anti-phospho-p47phox (PSER359)

L’analisi western blot è stata eseguita nei piccoli vasi isolati dai pazienti AI e

dai NT per valutare una specifica sub unità dell’enzima NAD(P)H ossidasi, la p47phox fosforilata a livello della serotonina in posizione 359, come indice diretto dell’enzima. Alcune arteriole sono state incubate con grelina (1 µM), fino ad avere tre gruppi di studio: arteriole di soggetti normotesi, di ipertesi essenziali, di ipertesi essenziali preincubate con grelina.

A questo punto le arteriole sono state pesate e omogeneizzate in tampone di lisi contenente 10 mM acido 2-[4-(2-idrossietil)piperazin-1-il]etansolfonico (HEPES), 30 mM NaCl, 0,2 mM EDTA, 2 mM fenilmetilsulfonil fluoruro, 10 μg/ml leupeptina, 10 μg/ml aprotinina, 1 mM fluoruro di sodio, 1 mM ortovanadato di sodio, 2% glicerina, 0,3 mM MgCl2 e 1% Triton X-100. Gli omogenati sono stati centrifugati a 15.000 g per 15 min a 4°C e i sovranatanti sono stati conservati a -80°C. Il sovranatante è stato quindi utilizzato per misurare la concentrazione proteica totale tramite il metodo di Bradford (Protein Assay Kit; Bio-Rad Laboratories, Hercules, CA). Trenta mg di lisato totale sono stati sottoposti a denaturazione tramite bollitura, separati mediante

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elettroforesi su gel di poliacrilammide all’8% contenente sodio dodecilsolfato e trasferiti su membrana Immobilon-P. Le proteine sono state quindi bloccate e marcate

con anticorpo primario diretto contro la sub unità p47phox fosforilata a livello della

serotonina in posizione 359 e β-actina. Le bande sono state sottoposte a rivelazione con anticorpi secondari coniugati con perossidasi di rafano. Le bande immunoreattive sono state visualizzate tramite incubazione con reagenti chemiluminescenti ed esposte a scansione con Codak Image Station 440 (Carestream Health, Rochester, NY) per l’acquisizione e l’analisi densitometrica delle immagini.

4.4 Analisi dei dati

L’analisi statistica è stata effettuata utilizzando il software GraphPad Prism (GraphPad Prism, San Diego, CA, USA). I risultati sono presentati come media  deviazione standard e sono stati analizzati mediante ANOVA per misure ripetute, seguito dal test di Student-Newman-Keuls, o dal t test di Student per dati non appaiati. È stato considerato statisticamente significativo il valore di p < 0.05.

(40)

5. RISULTATI

Nella tabella 1 sono riassunte le caratteristiche cliniche basali di tutti i pazienti.

I pazienti con ipertensione essenziale mostravanovalori di pressione arteriosa

sistemica sistolica e diastolica significativamentepiù elevati rispetto ai soggetti

normotesi di controllo. Il livello della grelina plasmatica risultava significamente diminuito negli ipertesi essenziali rispetto ai normotesi.

Ruolo della biodisponibilità di NO e della produzione di ROS sul rilasciamento endotelio-dipendente

Le piccole arterie di resistenza prelevate dai pazienti con ipertensione essenziale mostravano una dilatazione in risposta all’ACh significativamente ridotta (p<0.001) rispetto a quella dei soggetti normotesi di controllo (Figura 4A, 4B), mentre la massima dilatazione indotta dal nitroprussiato di sodio era simile nei pazienti con

ipertensione essenziale (Emax: 94.5 ± 1,9%) e nei soggetti normotesi di controllo

(Emax: 95.1 ± 1.7%). Nelle arterie dei soggetti normotesi, la dilatazione indotta da

ACh è stata significativamente inibita dall'L-NAME (100 M) (Figura 4A) e non è

stata influenzata dall'acido ascorbico (100 μM) (Figura 4A). Invece, nei piccoli vasi dei pazienti con ipertensione essenziale, la dilatazione indotta da ACh era resistente alla somministrazione di L-NAME (Figura 4B). In questi vasi l’acido ascorbico normalizzava la dilatazione endotelio-dipendente e ristabiliva l'effetto inibitorio dell'L-NAME sull’ACh (Figura 4B). La grelina ha potenziato la risposta vascolare sull’ACh e ha ripristinato l’effetto inibitorio di L-NAME, e ha minimamente potenziato l’effetto dell’acido ascorbico (Figura 5).

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Analisi della produzione dell'anione superossido

L'analisi DHE mostrava un notevole aumento della produzione di anione superossido nei vasi dei pazienti con ipertensione essenziale rispetto a quelli dei soggetti normotesi (Figura 6). L'eccesso di superossido veniva notevolmente ridotto

ma non normalizato da grelina, gp91 ds-tat, o da loro l’incubazione simultanea in un

modo simile.

Analisi Western Blot di anti-phospho-p47phox (PSER359)

Nei piccoli vasi dei soggetti con ipertensione essenziale la subunità p47phox

fosforilata era significativamente più elevata in confronto a quella dei soggetti normotesi (Figura 7). Il segnale è scomparso dopo l’incubazione con la grelina, che indica la sua capacità di contrastare l’attivazione di NAD(P)H ossidasi.

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6. DISCUSSIONE

I risultati della presente tesi dimostrano che l’infusione acuta di grelina esogena migliora la vasodilatazione endotelio-dipendente delle piccole arterie isolate di pazienti con IA, attraverso il ripristino della biodisponibilità di NO. Questo effetto è legato ad un meccanismo antiossidante della grelina, che sembra agire mediante l’inibizione dell’enzima NAD(P)H ossidasi.

Gli esperimenti recenti in vitro hanno dimostrato un effetto antiossidante della grelina. Tale attività non dipende da una sua diretta proprietà di “scavenging”, ma piuttosto dall'attivazione delle vie di segnalazione cellulare che portano alla modulazione di enzimi coinvolti nella generazione di ROS, tra cui NAD(P)H ossidasi.

Nel nostro studio, tramite la metodica con dihydroethidium è stato possibile dimostrare come la grelina riduca drasticamente, anche se non normalizza, la generazione del superossido nei pazienti ipertesi. Un identico risultato è stato ottenuto dopo l'incubazione con l’inibitore della NAD(P)H ossidasi gp91ds-tat. Nessuna ulteriore riduzione del superossido è stata registrata quando la grelina e gp91ds-tat sono stati coincubati, suggerendo che il decremento del superossido è stato guidato da NAD(P)H ossidasi, bersaglio per entrambi i composti. Coerentemente, la possibilità della grelina di impedire la generazione intravascolare di ROS grazie alla down-regolazione di NAD(P)H ossidasi è stata dimostrata tramite analisi Western Blot.

Nel nostro lavoro, sui vasi dai pazienti ipertesi è stato dimostrato un significativo incremento di p47phox fosforilata sulla serina 359, un indice

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