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La neutralità fiscale delle operazioni di riorganizzazione societaria: la fusione.

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(1)

Introduzione . . . 3

Capitolo I - Loperazione di fusione nel diritto tributario

1.1

La fusione: definizione civilistica . . . 6

1.2

La fusione come operazione straordinaria . . . 19

1.3

I principi di neutralità e di continuità dei valori fiscalmente

riconosciuti . . .

22

Capitolo II -Le imposte dirette nella fusione

2.1

Le imposte dirette . . . 29

2.2

Le differenze di fusione . . . 30

2.2.1 Affrancamento disavanzo e imposta sostitutiva . . . 34

2.3

Ricostituzione delle riserve . . . 40

2.4 Riporto delle perdite . . . 46

2.4.1 Il test di vitalità, il test del patrimonio netto e il limite di

svalutazione . . . .

52

2.5

Deducibilità degli interessi passivi: disciplina generale . . . 59

2.5.1 La deducibilità nella fusione . . . 64

Capitolo III - Problematiche fiscali connesse all'operazione di

fusione

3.1

Retrodatazione effetti contabili e fiscali della fusione . . . 68

3.1.1 Riporto delle perdite nel caso di retrodatazione degli effetti fiscali 71

3.2

La fusione come operazione straordinaria potenzialmente elusiva . 74

3.2.2 L'interpello all'Amministrazione Finanziaria . . . 83

(2)

3.5

Le fusioni transfrontaliere e il principio di neutralità fiscale . . . 99

3.5.1 Le riserve in sospensione d'imposta e il riporto delle perdite fiscali

nelle fusioni transfrontaliere

110

3.6

La deducibilità degli interessi passivi nelle operazioni di leveraged

buy - out . . . .

114

3.6.1 Inerenza degli interessi passivi . . . 116

3.6.2 Elusività dell'operazione e ricorso all'abuso del diritto da parte

dell'Amministrazione Finanziaria . . . .

119

Conclusioni . . . .

123

(3)

La fusione di società è un'operazione a cui, ormai, gli operatori economici

fanno largo utilizzo; scopo di questo elaborato è quello di darne una

definizione, sotto il profilo civilistico, per poi analizzare la disciplina fiscale

delle imposte dirette di cui all'art. 172 del Tuir e affrontare le principali

problematiche fiscali ad essa connesse.

Il primo capitolo, al fine di dare una completa ed asaustiva definizione

dell'operazione di fusione, analizza innanzitutto quelle che sono le finalità

sottese all'operazione stessa: con il ricorso a tale "strumento" gli operatori

perseguono l'obiettivo di effettuare una concentrazione con altre società

accrescendo così le proprie dimensioni, la propria efficienza e riducendo, al

tempo stesso, i costi di gestione e amministrativi; di conseguenza, spesso

diventa uno strumento per affrontare anche la crisi in cui versa il nostro

sistema economico.

La fusione, quale che sia la forma - propriamente detta piuttosto che per

incorporazione, con tutte le diverse sfaccettature che quest'ultima può

assumere - viene inserita all'interno delle operazioni straordinarie d'impresa

proprio perchè si tratta di un'operazione che viene posta in essere al di fuori

dell'ordinaria gestione d'impresa e che mira ad una vera e propria

ristrutturazione aziendale.

Dopo aver definito il perimetro ed il quadro civilistico all'interno del quale si

inserisce l'operazione, l'ultima parte di questo capitolo introduttivo tratta

l'argomento da un punto di vista fiscale delineandone i principi cardini sui

quali si basa fiscalmente la fusione - il principio di continuità dei valori

fiscalmente riconosciuti e il principio di neutralità - e sottolineando il favor

(4)

che il legislatore tributario esprime nei confronti di tutte quelle fusioni, e in

generale di tutte le operazioni straordinarie, che abbiano come unica finalità

sottesa quella riorganizzativa.

Il secondo capitolo affronta il tema delle imposte dirette calando, nello

specifico, il principio di neutralità alle differenze di fusione: sia gli avanzi che

i disavanzi - da concambio o da annullamento - che risultano dalla fusione

sono delle poste fiscalmente neutrali e, pertanto, non hanno alcun effetto sulla

determinazione del reddito imponibile.

Inoltre, il subentro della società risultante dalla fusione o incorporante nelle

posizioni delle società fuse o incorporate fa sì che venga dettata una disciplina

ad hoc per la ricostituzione delle riserve, per il trattamento fiscale delle

perdite con i relativi limiti dettati dal legislatore tributario e per la deducibilità

degli interessi passivi; queste discipline sono oggetto di un'approfondita

analisi nel prosieguo del secondo capitolo.

Infine, il terzo ed ultimo capitolo esamina le principali problematiche fiscali

connesse all'operazione di fusione: dall'elusione fiscale che, spesso, è sottesa a

tale operazione in quanto gli operatori economici cercano di conseguire dei

vantaggi fiscali che vengono definiti indebiti dall'Amministrazione

Finanziaria piuttosto che dei salti d'imposta; al trattamento delle participation

exemption in merito alle partecipazioni che a seguito della fusione vengono

annullate ovvero trasferite alla società incorporante o risultante dalla fusione;

ancora, alla deducibilità degli interessi passivi nel particolare caso in cui viene

posta in essere un'operazione di L.B.O dal momento che questa è

caratterizzata da un ingente finanziamento che viene assunto al fine di

acquisire la società target.

Altre problematiche si concentrano poi sulla disciplina del riporto delle

perdite fiscali nel caso in cui le società che si fondono avevano

(5)

precedentemente optato per la tassazione di gruppo, il cosiddetto consolidato

nazionale e nel caso in cui la fusione avviene tra società che non risiedono

nello stesso territorio dello Stato.

(6)

L'operazione di fusione nel diritto tributario

1.1 La fusione: definizione civilistica

Dato l'attuale stato di crisi in cui versa il nostro sistema, spesso le aziende

ricorrono all'operazione di fusione per risolvere gli squilibri finanziari ed

economici a cui vanno incontro durante l'esercizio della propria attività.

Le motivazioni che ruotano attorno alla scelta di fondersi con altre imprese

sono diverse. Sicuramente una prima motivazione, forse la principale, va

ricercata nella possibilità per le imprese di accrescere le proprie dimensioni in

modo molto più veloce e, di conseguenza, di raggiungere un maggior livello

di efficienza

1

.

Con la fusione, infatti, oltre al capitale le società acquisiscono nuove risorse,

in termini di investimenti e di personale, condividendo anche il know how, i

marchi, le licenze, i brevetti; tutto ciò porta ad ottimizzare l'intero processo di

produzione proprio perchè vengono sfruttati in maniera più efficiente gli

impianti, sia quelli già esistenti sia quelli acquisiti, con una conseguente

riduzione dei costi, di gestione e amministrativi

2

.

La concentrazione di più società, e questa è una delle principali finalità

perseguite da tale operazione, implica innanzitutto uno sviluppo interno dal

momento che la struttura aziendale viene potenziata e ampliata grazie

all'incremento della capacità produttiva; in secondo luogo, anche uno sviluppo

1 F. Poddighe, Manuale di Tecnica professionale – Valutazioni d'azienda, operazioni straordinarie e

fiscalità d'impresa, III edizione, Cedam, 2008, p. 224.

2 G. Savioli, Le operazioni di gestione straordinaria, Giuffrè Editore, Torino, 2008, p. 191; E. Fusa,

Differenze di fusione. Rilevazione in bilancio e aspetti fiscali: problematiche riscontrabili, 24/2012 -

fascicolo 1, in Il Fisco, p. 3711.

(7)

esterno poiché l'assorbimento di aziende comporta la crescita delle dimensioni

aziendali che viene realizzato attraverso nuovi investimenti intrapresi

dall'imprenditore, ottenendo così una maggiore competitività sul mercato

3

.

Acquisire una nuova quota di mercato attraverso la fusione di una società

che opera nello stesso settore permette, inoltre, di realizzare economie di scala

e rafforzare il potere contrattuale

4

.

Le operazioni di concentrazione aziendale vengono, infatti, suddivise in tre

grandi categorie:

a)

le fusioni orizzontali che si verificano quando a fondersi sono due (o

più) società che operano nello stesso settore e quindi che svolgono la stessa

attività; l'obiettivo principale, unendosi tra di loro, è quello di acquisire una

maggiore forza contrattuale e quindi una posizione dominante sul mercato

5

.

b)

Le fusioni verticali che, invece, coinvolgono aziende che operano in

diverse fasi del ciclo produttivo con l'obiettivo di integrare le diverse fasi della

produzione di un determinato bene in un unico soggetto giuridico

6

.

c)

Le fusioni conglomerali con le quali due o più società che operano in

diversi settori hanno come obiettivo quello di ottenere economie di scopo

7 3 Pubblicazione Studio associato Quattrocchio, www.quattrocchio.it, La fusione di società.

4 R. Antifora, La fusione delle società – Lineamenti civilistici, contabili e fiscali, II edizione, Collana diretta da A. Ghini, Esselibri, Napoli, 2005, p. 6.

Secondo D. Besanko, M. Shanley, D. Dranove, Economia dell'industria e strategie d'impresa, Utet, Torino, 2000, pp. 86-103, il processo di produzione di un determinato bene o servizio presenta delle economie di scala quando il costo medio del bene o del servizio diminuisce con l'aumentare della produzione; è chiaro che con la fusione si accresce la produzione determinando una riduzione dei costi.

5 F. Poddighe, op. cit., p. 225.

6 A loro volta le fusioni verticali si distinguono in fusioni verticali a monte, quando un'azienda si fonde con il proprio fornitore di materia prima in modo tale da ridurre i costi e da ottenere l'esclusività dei prodotti, e fusioni verticali a valle qualora un'azienda si fonde con la società che distribuisce i prodotti sul mercato entrando così in diretto contatto con le esigenze dei consumatori e, di conseguenza, accrescere la vendita dei prodotti stessi.

C. Ceradini, A. Rossi, A. Valentini, N. Bendinelli, Fusione e scissione delle società, II edizione, Maggioli Editore, 2008, pp. 21 – 22; F. Poddighe, op. cit., p. 226;

7 Le economie di scopo si realizzano quando, date le dimensioni degli impianti e le quantità di risorse umane, il costo totale della produzione congiunta o della produzione che è legata a due o più beni all'interno dell'impresa è minore della somma dei costi totali sostenuti producendo separatamente, con imprese diverse, gli stessi beni. In Bankpedia, Associazione Nazionale Enciclopedia della Banca e della Borsa.

(8)

ossia di diversificare i propri investimenti, cercare di rendere più efficiente la

raccolta di fondi e quindi accrescere la capacità di credito dell'azienda presso

il sistema bancario

8

.

La fusione, inoltre, viene vista come uno strumento per attuare, seppure in

maniera indiretta, la liquidazione del patrimonio della società; succede spesso,

infatti, che gli operatori economici preferiscono assorbire il patrimonio di una

società già partecipata piuttosto che sostenere i costi e tutte le conseguenze

della liquidazione

9

.

Secondo quanto stabilito dall'O.I.C. n. 4

10

la fusione di società

11

rappresenta

8 R. Antifora, op. cit., p. 6.

9 F. Poddighe, op. cit., p. 226 – 227.

Con la liquidazione, che costituisce la fase finale della vita di una società, la normale attività d'impresa entra in una fase di sospensione durante la quale si attua un processo di conversione in denaro di tutti gli elementi patrimoniali attivi che risultano dai bilanci; con tale denaro vengono azzerate tutte le passività e poi, eventualmente, ciò che rimane viene ripartito tra i soci. Il presupposto della liquidazione non si basa sull'esistenza di un'insieme di beni che sono destinati a generare flussi di reddito futuri e, di conseguenza, non permette di avere un valore economico del capitale dell'impresa ma, al contrario, l'assenza di queste attese reddituali fa sì che i il valore dei singoli beni sono dati dai prezzi di realizzo che derivano dalla vendita separata.

10 Organismo Italiano di Contabilità, Principi contabili, O.I.C. n. 4 – Fusioni e scissioni, Milano, 2007, p. 5. I Principi contabili nazionali hanno lo scopo di definire le regole tecnico – contabili da applicare nella redazione dei bilanci e situazioni patrimoniali caratteristici del procedimento di fusione.

11 L'ambito di applicazione dell'istituto in esame è rivolto a tutte le società, tant'è che la fusione viene collocata all'interno del titolo V del codice civile. Questo vuol dire, quindi, che non è possibile attuare una fusione tra un'impresa collettiva e una individuale oppure tra due o più imprese individuali ma solo ed esclusivamente tra società; in particolare se la fusione avviene tra società dello stesso tipo viene detta fusione omogenea, mentre quella tra società che appartengono a tipi diversi prende il nome di fusione eterogenea. Dal momento che tale disciplina presuppone che tutte le società partecipanti alla fusione siano iscritte nel registro delle imprese, si deduce che la fusione è ammessa oltre che tra società di capitali e società di persone, anche tra società cooperative e consortili. In particolare, a seguito della riforma, è stata chiarita e resa definitiva l'ammissibilità alle società semplici in quanto l'art. 2502 bis secondo comm prevede che anche la decisione di fusione delle società semplici deve essere depositata presso il registro delle imprese (le società semplici sono soggette all'iscrizione al Registro delle imprese).

Molto più dibattutto, si veda Commentario a cura di G. Niccolini, A. Stagno D'Alcontres, Società di

capitali, III volume, Jovene Editore, 2004, pp. 1936 – 1937; N. Irti, Dizionario del diritto privato a

cura di N. Abriani, Giuffrè Editore, Milano, 2011, pp. 420 – 421; A. Maffei Alberti, Il nuovo diritto

delle società , commento sistematico al d. lgs. 17 gennaio2003 n. 6 aggiornato al d. lgs. 28 dicembre

2004 n. 310, IV volume, Cedam, 2004, p. 2515., è stato estendere l'ambito di applicazione dell'istituto in esame anche alle società sottoposte a procedure concorsuali e alle società in liquidazione. Inizialmente, con il d. lgs. n. 22/1991, era stato previsto al secondo comma dell'art. 2501 del c.c. il divieto di porre in essere una fusione per tutte quelle società società sottoposte a procedure concorsuali e delle società che si trovavano in stato di liquidazione che avessero già iniziato la distribuzione dell'attivo. Successivamente viene meno il divieto e quindi viene concesso alle società soggette a procedure concorsuali di accedere all'istituto della fusione. È inoltre la stessa legge fallimentare a prevedere espressamente la possibilità di ricorrere alla fusione, così come anche alle

(9)

la forma di aggregazione aziendale più completa in quanto comporta

l'unificazione sia giuridica che economica dei soggetti che vi partecipano.

Con la fusione, infatti, due o più soggetti si uniscono in un'unica compagine

societaria comportando la confusione dei patrimoni e la confluenza dei

rispettivi soci sotto la stessa struttura organizzativa

12

.

La normativa civilistica

13

non fornisce una definizione di fusione, ma questa

viene identificata attraverso le forme in cui essa si può attuare. Ai sensi del

primo comma dell'art. 2501 la fusione può essere realizzata con la costituzione

di una nuova società che prende il posto delle società che si fondono ovvero

mediante l'incorporazione di una o più società in una già preesistente; si parla,

rispettivamente, di fusione per unione (o fusione propriamente detta) e di

fusione per incorporazione.

1)

Con la prima tipologia due o più società esistenti, dette fuse, si fondono

per dar luogo alla nascita di un nuovo soggetto giuridico. I soci, in cambio

delle azioni o quote che detenevano nelle società preesistenti, ricevono titoli

della società risultante dalla fusione sulla base del rapporto di cambio

14

.

altre tipologie di operazioni straordinarie, per ristrutturare i debiti e soddisfare i creditori: l'art. 124 della l.f. prevede che la fusione potrebbe essere, ad esempio, oggetto di una proposta di concordato preventivo. La ratio della modifica è stata senz'altro quello di rendere più “semplice” il risanamento dell'impresa insolvente e, quindi, garantire una maggiore efficienza del sistema delle procedure concorsuali. In merito, invece, alle società in liquidazione, il secondo comma dell'art. 2501 dispone che «la partecipazione alla fusione non è consentita alle società in liquidazione che abbiano iniziato la distribuzione dell'attivo». Quindi è da ritenersi ammissibile la fusione per incorporazione quando l'incorporante o l'incorporata, ovvero anche entrambe, si trovino in liquidazione. Il momento centrale che rileva ai fini del divieto è la distribuzione dell'attivo e per capire quando inizi effettivamente si deve far riferimento al deposito presso il Registro delle imprese del bilancio finale di liquidazione e del piano di riparto da parte dei liquidatori.

12 N. Irti, op. cit., p. 420; G. F. Campobasso, Diritto commerciale Vol. 2 – Diritto delle società, Utet giuridica, Torino, 2012, p. 654.

13 La fusione viene disciplinata dagli artt. 2501 – 2505 quater del c.c..

14 R. Antifora, op. cit., p. 17; G. Falsitta, A. Fantozzi, G. Marongiu, F. Moschetti, Commentario breve

alle leggi tributarie, Cedam, Padova, 2010, p. 862.

Il rapporto di cambio serve a determinare il valore che viene attribiuito alla partecipazione nella società risultante dalla fusione rispetto al valore che la partecipazione aveva nella società o nelle società partecipanti alla fusione stessa. In altre parole, questo rapporto consente di stabilire quante azioni o quote della nuova società si devono assegnare ai soci per l'annullamento delle quote o azioni della società che si estingue. Per determinare tale rapporto si rende necessario effettuare delle valutazioni sui patrimoni delle società partecipanti all'operazione.

(10)

2)

La seconda si realizza invece quando una o più società, dette

incorporate, trasferiscono il loro intero patrimonio ad una società preesistente,

detta incorporante

15

. Quest'ultima, a fronte dell'acquisizione del patrimonio,

dovrà procedere ad un aumento di capitale sociale che sia idoneo a servire i

soci della società incorporata, sempre sulla base del rapporto di cambio, e che

funge da “corrispettivo” per l'apporto ricevuto. Tuttavia, non sempre il valore

dell'aumento di capitale sociale coincide con il valore contabile del patrimonio

netto oggetto di apporto e, di conseguenza, si generano delle differenze di

fusione che prendono il nome di differenze da concambio

16

e, in particolare,

possono emergere sia degli avanzi

17

che dei disavanzi

18

da concambio.

L'operazione di fusione per incorporazione può subire delle varianti.

a)

Un primo caso particolare di fusione per incorporazione è quello in

fusione; il relativo valore deve essere indicato nel progetto di fusione, redatto ai sensi dell'art. 2501 ter c.c., ed è un elemento essenziale proprio perchè rappresenta appunto il prezzo pagato per cancellare le quote della società che andrà ad estinguersi per effetto della fusione. Tuttavia, nel progetto di fusione gli amministratori hanno solamente l'onere di indicarlo, ma sarà poi nella relazione dell'organo amministrativo (art. 2501 quinquies) che devono dare atto di come è stato costruito il rapporto di concambio, che tipologia di valutazione hanno adottato per determinare i valori economici e se hanno riscontrato difficoltà nella valutazione. La funzione della relazione degli amministratori è di tipo informativo, nel senso che vengono informati i soci, in merito alla convenienza dell'operazione con i relativi vantaggi e svantaggi, e tutti i creditori e terzi circa l'opportunità della fusione ossia per capire se con l'operazione vengono danneggiate le loro garanzie. Un ulteriore presidio a garanzia dei soci è la relazione degli esperti (art. 2501 sexies) i quali si esprimono sulla congruità del rapporto stesso. 15 C. Venturi, La fusione e la scissione di società - Le novità della riforma, in Tuttocamere, 22 agosto

2005, p. 4; E. Fusa, op. cit., p. 3711.

16 F. Poddighe, op. cit., p. 244; C. T. Galletto, Manuale del commercialista, Gruppo 24 ore, Padova, 2013, p. 800.

Le differenze da concambio si originano nelle fusioni tra soggetti che non sono legati da rapporti di partecipazione tra loro e quindi, appunto, nelle fusioni propriamente dette ovvero anche nelle fusioni per incorporazione nelle quali l'incorporante non detiene partecipazioni nelle incorporate.

17 L'avanzo da concambio è il risultato di un aumento di capitale sociale inferiore al patrimonio netto dell'incorporata; emerge, così, una riserva di capitale che ha la stessa funzione della riserva sovrapprezzo azioni; si veda G. Falsitta, op. cit., p. 864; F. Poddighe, op. cit., pp. 248 ss.

18 Il disavanzo da concambio si verifica quando l'aumento del capitale sociale della società risultante dalla fusione (o incorporante) è maggiore rispetto al patrimonio netto dell'incorporata; rappresenta, infatti, il maggior prezzo pagato dalla società incorporante, in termini di azioni emesse, rispetto all'ammontare del patrimonio netto ricevuto a seguito della fusione; si veda F. Poddighe, op. cit., pp. 246 ss.

Solitamente il disavanzo da concambio non ha un preciso significato economico e, da un punto di vista contabile, deve essere eliminato con una riduzione delle riserve post fusione o con l'imputazione a conto economico come perdita. In tal senso si veda M. Confalonieri, Trasformazione, fusione,

(11)

cui la società incorporante detiene una partecipazione totalitaria

nell'incorporata. È dibattuto, sia in dottrina che in giurisprudenza, il momento

a partire dal quale debba sussistere il controllo totalitario. A prevalere è la tesi

secondo la quale è sufficiente che il presupposto si realizzi prima del

perfezionamento dell'atto di fusione

19

; tuttavia c'è chi sostiene che il controllo

totalitario debba sussistere prima della decisione

20

o, addirittura, prima del

deposito del progetto di fusione

21

. Inoltre, in giurisprudenza

22

, si è precisato

che il possesso della totalità delle azioni o delle quote della incorporata deve

risultare dalla situazione patrimoniale della controllante, perchè pare che non

sia sufficiente che la partecipazione sia semplicemente dichiarata nelle

deliberazioni di fusione delle società partecipanti.

L'incorporazione di una società controllata al 100% è pertanto un fenomeno

di mera riorganizzazione all'interno del gruppo, dal momento che la società

incorporante, di fatto, detiene già l'intera incorporata. Ovviamente, in questi

casi, non si pone nemmeno il problema di determinare il rapporto di cambio

proprio perchè non è necessario distinguere gli interessi delle compagini

sociali; di conseguenza, la fusione non comporta alcun aumento di capitale

sociale ma, semplicemente, la sostituzione nel patrimonio della controllante

del valore della partecipazione totalitaria della controllata con il patrimonio di

quest'ultima

23

. Dal momento che il valore del patrimonio apportato non

19 M. T. Brodasca, Commento all'art. 2505, Comm. Marchetti, Trasformazione - fusione – scissione,

Egea, Milano, 2006, p. 983; F. Magliulo, La fusione delle società, Ipsoa, Milano, 2005, p. 372; Massima n. 22 del Consiglio Notarile di Milano.

20 M. Tamburini, in Comm. Maffei Alberti, p. 2570.

21 Tribunale di Napoli, 23 ottobre 1996, in Notariato, 1997 secondo cui «il possesso totalitario delle azioni o delle quote dell'incorporata deve preesistere al deposito del progetto di fusione con i suoi allegati». Massime del Tribunale di Napoli, in A. Serra, M. S. Spolidoro, Fusioni e scissioni di

società, Torino, 1994, p. 287.

22 Tribunale di Napoli, 23 ottobre 1996, in Notariato, 1997, p. 55.

23 G. Cristofori, Operazioni di finanza straordinaria – Aspetti legali, contrattuali, contabili, fiscali di

tutte le operazioni straordinarie, Gruppo 24 ore, Milano, 2010, p. 606; A. Maffei Alberti, op. cit., pp.

2567 – 2568;

Sul punto, M. S. Spolidoro, Fusioni e scissioni, in Società, p. 335, stabilisce che «Le azioni della controllata, che si estingue per incorporazione, devono essere annullate e, in cambio di esse, non possono essere date azioni della società incorporante perchè, in tal caso, assegnataria della azioni

(12)

coincide, quasi mai, con il valore delle partecipazioni che si annullano questo

comporta, inevitabilmente, delle differenze di fusione che vengono definite da

annullamento

24

e, in particolare, possono emergere degli avanzi

25

o dei

disavanzi

26

da annullamento.

Quanto detto finora è senz'altro la caratteristica principale di questa tipologia

di fusione, tant'è che il legislatore alla luce di queste considerazioni ha

previsto, all'art. 2505 del c.c., un procedimento di fusione semplificato

27

.

2b)

Un secondo caso è quello in cui la società incorporante detiene una

sarebbe la stessa società incorporante, titolare delle partecipazioni estinte».

24 Le differenze da annullamento si generano di fronte a fusioni che vengono effettuate tra soggetti che sono legati tra di loro da legami di partecipazione, come appunto nel caso di fusione per incorporazione in cui l'incorporante detiene una partecipazione totalitaria. Si veda G. D'Angelo, S. Salvadeo, op. cit., p. 44.

25 L'avanzo da annullamento si origina nei casi in cui il costo di acquisto della partecipazione è inferiore al patrimonio netto della società incorporata. Se l'origine dell'avanzo deriva dalla presenza di minusvalenze latenti, questo si porterà in diminuzione del patrimonio netto o si accantonerà un fondo rischi; altrimenti, in altri casi, si dovrà iscrivere una riserva di avanzo di fusione. Si veda M . Confalonieri, op. cit., p. 254.

Sempre l'art. 2504 bis quarto comma stabilisce che l'avanzo che emerge dalla fusione deve essere «iscritto ad apposita voce del patrimonio netto, ovvero, quando sia dovuto a previsione di risultati economici sfavorevoli, in una voce dei fondi per rischi ed oneri». Peraltro questo periodo è stato aggiunto solo successivamente alla riforma del 2003.

26 Il disavanzo da annullamento si genera perchè la società paga di più rispetto a quello che recepisce ossia acquista le partecipazioni ad un costo che è superiore rispetto al patrimonio netto oggetto di apporto. Questo può essere dovuto, per esempio, alla presenza di plusvalenze latenti dei beni e/o dell'avviamento; in tal caso si andranno a rivalutare i beni fino al limite del valore di mercato, mentre l'eventuale eccedenza dovrà essere imputata ad avviamento. Questo, infatti, viene stabilito dall'art. 2504 bis comma 4 del c.c., il quale prevede infatti che «se dalla fusione emerge un disavanzo, esso deve essere imputato, ove possibile, agli elementi dell'attivo e del passivo delle società partecipanti alla fusione e, per la differenza e nel rispetto delle condizioni previste dal numero 6 dell'art. 2426, ad avviamento».

L'O.I.C., peraltro, con il documento n. 4 precisa che per l'imputazione del disavanzo da annullamento è necessario far riferimento, qualora sia possibile, ai valori correnti dei beni; nel caso invece in cui questo non sia possibile occorre prendere in considerazione i valori correnti diversi da quelli contabili. Per la determinazione dei valori correnti delle attività e del'avviamento bisogna basarsi sulla relazione degli amministratori e degli esperti, ai sensi dell'art. 2501 quinquies e sexies del c.c..

Non solo, ma il disavanzo da annullamento può, inoltre, essere dovuto ad altre cause, come ad esempio, ad un cattivo affare ovvero alla presenza di perdite pregresse: in questi casi il disavanzo dovrà essere annullato riducendo il patrimonio netto post fusione, cioè lo si dovrà con una o più riserve oppure, se non ci sono riserve disponibili, lo si imputa a conto economico come una vera e propria perdita; si veda F.Poddighe, op. cit., p. 252; E. Fusa, op. cit., p. 3713.

27 La semplificazione consiste nell'eliminare dal progetto di fusione tutte le indicazioni relative al rapporto di cambio, alla data dalla quale le azioni emesse a seguito della fusione partecipano agli utili e alle modalità di assegnazione delle azioni ai soci. Di conseguenza, tutto questo rende superfluo la redazione della relazione da parte degli amministratori e degli esperti.

(13)

partecipazione parziale nel capitale della incorporata

28

; in tal caso oltre che ad

aumentare il capitale sociale (relativamente alla parte di patrimonio non

detenuta), la società dovrà anche procedere all'annullamento della

partecipazione posseduta ed alla sua sostituzione con il patrimonio apportato

dalla società incorporata

29

.

Nel caso di fusione per incorporazione di una società parzialmente posseduta

si ha una contestuale presenza di avanzi e disavanzi sia da concambio che da

annullamento perchè l'incorporante, che detiene già una partecipazione

nell'incorporata, dovrà procedere ad aumentare il capitale sociale

limitatamente alla parte di patrimonio netto non detenuta e, al contempo,

annullare la partecipazione. È ovvio che gli avanzi e i disavanzi da concambio

e da annullamento che si originano in questi casi non possono compensarsi tra

di loro proprio perchè hanno una diversa natura

30

2c)

Un'altra forma particolare è rappresentata, infine, dalla fusione

inversa: a differenza della fusione per incorporazione diretta, è la società

partecipata (incorporante) ad incorporare la società partecipante

(incorporata)

31

.

La fusione inversa altro non rappresenta che una diversa modalità di fusione

per incorporazione proprio perchè il risultato finale e gli effetti economici

sono gli stessi di quelli che si avrebbero se si attuasse una fusione diretta;

questo anche in virtù del principio della prevalenza della sostanza sulla forma,

sancito dall'O.I.C. n. 4., secondo il quale i soci della controllante, che prima

erano titolari del patrimonio della controllante tramite la detenzione della

partecipazione, attraverso la fusione inversa lo diventano direttamente

32

.

28 Memento Pratico – Fiscale, Ipsoa, Milano, 2014, p. 1494. 29 F. Poddighe, op. cit., p. 254; Memento Fiscale, op. cit., p. 1494. 30 G. Falsitta, op. cit., p. 864; L. De Rosa, op. cit., p. 118.

31 M. Confalonieri, op. cit., p. 239.

32 Il principio, infatti, stabilisce che «qualunque siano le modalità di attuazione della fusione (diretta o inversa), per i soci della controllante – incorporata i beni della controllata – incorporante hanno sempre lo stesso costo e l'attribuzione del plusvalore agli elementi dell'attivo della controllante –

(14)

Nella fusione inversa sorge però un problema in merito alle azioni o quote

che la società incorporante, a seguito della confusione dei patrimoni, si ritrova

a dover detenere nel proprio patrimonio cioè si tratta, in questo caso, di azioni

o quote proprie: la società controllata – incorporante, incorporando la

controllante, acquisirà nel proprio attivo azioni o quote proprie che prima

erano possedute dalla controllante – incorporata; ma questo è espressamente

vietato dall'art. 2504 ter del c.c.

33

. Di conseguenza, la società incorporante o

risultante dalla fusione, non potendo acquistare né detenere le quote o le

azioni proprie dovrà necessariamente annullarle e convertirle in azioni da

assegnare ai soci dell'incorporata, così com'è stato affermato dalla

giurisprudenza

34

.

Nello specifico occorre fare attenzione se ad acquistare azioni proprie sia

una società per azioni o una società a responsabilità limitata. Nel caso in cui ci

si trovi di fronte ad una società per azioni si dovrebbe, in teoria, applicare l'art.

2357 del c.c., il quale impedisce alle società di acquistare azioni proprie «se

non nei limiti degli utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti in

bilancio»; tuttavia questa norma subisce una deroga, ai sensi dell'art. 2357 bis,

nel caso in cui vengano poste in essere operazioni di fusione o scissione

35

. La

giurisprudenza

36

richiede, oltre che il rispetto di quest'ultima norma, anche la

incorporata e l'iscrizione dell'avviamento rispondono sempre al principio posto dall'art. 2504 bis, quarto comma, del c. c., con il trasferimento del costo della partecipazione sui ben della controllata». Questo è stato accettato anche dall'Agenzia delle Entrate con una circolare del 2008 n. 57/E e, successivamente, con la risoluzione del 27 aprile 2005.

33 La norma prevede che «La società che risulta dalla fusione non può assegnare azioni o quote in sostituzione di quelle delle società partecipanti alla fusione possedute, anche per il tramite di società fiduciarie o di interposta persona, dalle società medesime. La società incorporante non può assegnare azioni o quote in sostituzione di quelle delle società incorporate possedute, anche per il tramite di società fiduciaria o di interposta persona, dalle incorporate medesime o dalla società incorporante». La ratio della norma è proprio quellai di evitare che la società risultante o la società incorporante, a seguito della fusione, acquistino azioni o quote proprie.

34 Massima Tribunale di Milano, 26 giugno 1997, p. 846. 35 G. Cristofori, op. cit., p. 595.

36 Sentenza del Tribunale di Milano, 9 maggio 1999, in Società, 2000, p. 333 con la quale viene previsto che «Anche in presenza di operazioni di fusione, ove emerga un acquisto di azioni proprie, è imprescindibile la costituzione di una riserva pari all'importo di dette azioni, ai sensi del terzo comma dell'art. 2357 ter del c.c. o, comunque, che il patrimonio netto della società incorporante contenga

(15)

necessità di costituire una riserva indisponibile pari all'importo delle azioni

proprie iscritte nell'attivo fintantochè le azioni non vengono trasferite o

annullate. Diverso è, invece, il caso in cui ad operare sia una società a

responsabilità limitata dal momento che, ai sensi dell'art. 2474 del c.c., questa

non può mai acquistare partecipazioni proprie e quindi, di conseguenza, o le

vende l'incorporata prima della fusione oppure dovranno essere annullate

contestualmente alla fusione stessa

37

.

Inoltre, è necessario precisare che nel caso in cui la società controllante –

incorporata dovesse detenere una partecipazione del 100% nella società

controllata – incorporante si parlerà di fusione rovesciata o fusione inversa

propria. Ancora una volta sul punto si pronuncia la giurisprudenza

38

affermando, diversamente da quanto visto per la fusione inversa impropria,

che non è necessario costituire una riserva dal momento che le azioni della

società controllata – incorporante detenute dalla controllante – incorporata

dovranno essere interamente annullate e ridistribuite ai soci della incorporata

in proporzione alle azioni precedentemente detenute.

A seguito della riforma, il d. lgs. 17 gennaio 2003 n. 6 ha previsto altre due

fattispecie di fusione: l'incorporazione di società possedute al 90% e la fusione

a seguito di acquisizione con indebitamento

39

.

Con riferimento alla fusione per incorporazione di società possedute al 90% la

disciplina è dettata dall'art. 2505 bis del c.c., il quale prevede delle

valori corrispondenti a tale riserva».

La sentenza del Tribunale di Milano, 27 ottobre 1997, in Giurisprudenza.it, 1998, p. 1440, è stato stabilito che «La costituzione di una riserva indisponibile di valore pari all'importo delle azioni proprie costituisce una condizione di legittimità per l'acquisto di tali titoli da parte della società per azioni».

37 G. Cristofori, op. cit., p. 595.

38 Dagli orientamenti del Tribunale di Milano in tema di omologhe, 1997, si evince come «nel caso di fusione inversa, agli azionisti della società incorporata devono essere attribuite pro quota le azioni dell'incorporante. Questo perchè nel caso di fusione non si applica il disposto dell'art. 2357 del c.c. e pertanto le azioni proprie risultanti dalla fusione inversa devono essere annullate e convertite in azioni da assegnare ai soci dell'incorporata».

(16)

semplificazioni alla procedura ordinaria

40

che consentono di eliminare tutte le

complessità ad essa legata ma, soprattutto, i costi. Adottando la procedura

semplificata però si va a limitare l'informativa che viene data ai soci e ai terzi,

ed è proprio per evitare che questo danneggi i soci di minoranza che il

legislatore stabilisce che qualora la società volesse godere di questo beneficio

dovrà concedere loro un'opzione in modo tale che, chi la esercita, realizzi un

effetto equivalente a quello del recesso

41

.

Riguardo all'operazione di merger leveraged buy – out, ossia la fusione a

seguito di acquisizione con indebitamento introdotta dall'art. 2501 bis del c.c.,

questa è particolarmente complessa in quanto riguarda il caso in cui una

società, spesso di nuova costituzione, acquisisce il controllo

42

di un'altra

società obiettivo, detta target, finanziando tale acquisizione tramite il ricorso

all'indebitamento

43

. Il debito nei confronti delle banche viene garantito dal

patrimonio della società che si va ad acquisire e, in particolare, con il cash

flow o la vendita dei beni di quest'ultima.

L'operazione, nella maggior parte dei casi, si conclude con la fusione della

società veicolo con la target pertanto, a seguito dell'acquisizione, la newco si

ritroverà nel proprio patrimonio tutte le attività e le passività della società

target

44

.

40 L'articolo al primo comma stabilisce che «Alla fusione per incorporazione di una o più società in un'altra che possiede almeno il novanta per cento delle loro azioni o quote non si applicano le disposizioni dell'art. 2501 sexies, qualora venga concesso agli altri soci della società incorporata il diritto di far acquistare le loro azioni o quote dalla società incorporante per un corrispettivo determinato alla stregua dei criteri previsti per il recesso».

Il legislatore prevede, quindi, la possibilità di omettere la relazione degli esperti sulla congruità del rapporto di cambio e, inoltre, lo statuto può prevedere che l'operazione venga delierata direttamente dagli amministratori purchè la delibera stessa risulti da un atto pubblico. Inoltre, i soci della società incorporante che rappresentino almeno il 5% del capitale possono chiedere che venga adottata la procedura ordinaria.

41 M. Tamburini, in Comm. Maffei Alberti, op. cit., p. 2573.

42 Per la definizione di controllo si deve far riferimento all'art. 2359 del c.c., ossia al controllo di diritto, al controllo di fatto ed a quello contrattuale.

43 L'acquisizione viene, infatti, effettuata con ingenti capitali di debito concessi dalle banche, le quali finanziano l'operazione sulla base della capacità di indebitamento della società da acquisire, ossi la cosiddetta leva finanziaria che indica il rapporto tra indebitamento e patrimonio netto di un'impresa. 44 M. Tamburini, in Comm. Maffei Alberti, op. cit., p. 2520; F. Poddighe, op. cit., 262

(17)

Questo tipo di operazione ha suscitato molti dibattiti in merito alla liceità o

meno dell'acquisizione. Prima della riforma parte della dottrina

45

e della

giurisprudenza

46

ritenevano illecita l'operazione in quanto veniva vista come

un strumento volto a utilizzare il patrimonio della società acquisita come

garanzia del debito contratto, violando le regole sull'acquisto di azioni proprie

dettate dall'art. 2358 del c.c., per le società per azioni, e dall'art. 2474, per le

società a responsabilità limitata.

Dopo la riforma e con l'introduzione dell'art. 2501 bis all'interno del codice

civile, il legislatore ha chiarito come le operazioni di merger leverage buy out

non costituiscono violazione dei precedenti articoli perchè ciò che rileva è la

distinzione tra il momento in cui nasce il debito, che è sicuramente anteriore

alla fusione, e il momento in cui, con la fusione, i beni diventano garanzia

dell'operazione stessa; quindi, seguendo questo ragionamento, la società target

non presta mai direttamente alcuna garanzia a copertura dell'operazione

47

.

Tuttavia il legislatore, consapevole della rischiosità dell'operazione, ha

ritenuto comunque necessario prevedere delle precise condizioni ossia la

società deve indicare le ragioni per le quali pone in essere proprio questo tipo

di operazione e deve, inoltre, redigere un business plan con il quale dimostra

la capacità della società che risulterà dalla fusione di pagare il debito

48

.

45 L. Ardizzone, in Comm. Marchetti, Trasformazione - fusione – scissione, Egea, Milano, 2006, p. 470; P. Serrao D'Acquino, Commento all'art. 2501 bis del c.c., in Comm. M. Sandulli e V. Santoro, Giappichelli, Torino, 2003, p. 425

46 La sentenza del Tribunale di Milano, 27 ottobre 1997, in Giurisprudenza.it, 1998, p. 1440 prevedeva «la nullità della fusione qualora l'istituto sia utilizzato nell'ambito di un'operazione di leveraged buy out come strumento di elusione del divieto di fornire garanzie per l'acquisto di azioni proprie».

47 G. Cristofori, op. cit., p. 599.

48 M. Tamburini, in Comm. Maffei Alberti, op. cit., p. 2520.

Ai sensi dell'art. 2501 bis, nel caso di «fusione tra società, una delle quali abbia contratto debiti per acquisire il controllo dell'altra, quando per effetto della fusione il patrimonio di quest'ultima viene a costituire garanzia generica o fonte di rimborso di detti debiti» è necessario che: a) il progetto di fusione preveda delle risorse adeguate a soddisfare le obbligazioni della società risultante dalla fusione (secondo comma); b) nella relazione degli amministratori si indichino le ragioni dell'operazione, redigendo anche un piano economico e finanziario dal quale risultino le fonti finanziarie e gli obiettivi che si intendono raggiungere (terzo comma); c) la relazione degli esperti deve attestare la ragionevolezza di quanto indicato nel progetto di fusione e nella relazione dell'organo amministrativo (quarto comma).

(18)

Quale che sia la forma utilizzata, di quelle finora analizzate, le società

incorporate o fuse a seguito dell'operazione di fusione si estinguono, mentre il

nuovo soggetto, la società incorporante o risultante dalla fusione, subentra in

tutti i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, ai sensi del

primo comma dell'art. 2504 bis del c.c., e prosegue in tutti i loro rapporti

anteriori alla fusione.

È proprio per tale ragione che, in passato, la dottrina

49

ma soprattutto la

giurisprudenza

50

qualificavano la fusione come una vera e propria successione

universale (assimilabile alla successione mortis causa) in quanto questa

comportava da una parte l'estinzione delle società fuse o incorporate e,

dall'altra l'assunzione, da parte dell'incorporante, della titolarità tutti i rapporti

giuridici attivi e passivi delle società partecipanti, ai sensi dell'art. 2504 bis del

c.c.. A questa teoria, detta appunto estintiva, si contrappone quella

modificativa secondo la quale la fusione viene vista, invece, come una

vicenda che va a modificare gli atti costitutivi delle società coinvolte al fine di

consentire la prosecuzione dei rapporti sociali; pertanto non si ha né

l'estinzione né la creazione di nuove società

51

.

49 G. Oppo, Fusione e scissione delle società secondo il d.lgs. 1991n. 22: profili generali, in Rivista diritto civile, 1991, pp. 504 ss..

50 Cassazione, 28 luglio 1986 n. 4812, in Foro.it, 1988, p. 1275; la sentenza della Cassazione, 6 marzo 1981 n. 2381, in Giust. Civ. Mass., 1987, p. 3 stabiliva che «il fenomeno della fusione o incorporazione di società realizza una successione universale (corrispondente alla successione universale mortis causa) per cui si estingue definitivamente un soggetto e subentra un soggetto risultante o incorporante, che rappresenta il nuovo centro di imputazione dei rapporti giuridici già riguardanti i soggetti fusi o incorporati»; Tribunale di Firenze, 7 marzo 1992, in Riv. Dir. Comm., 1994, p. 271; Cassazione, 18 giugno 1992 n. 7484, in Notiz. Giur. Lav., 1992, p. 692; Cassazione, 27 gennaio 1994 n. 833, in Foro.it, 1994, p. 3485; Cassazione, 21 agosto 1996 n. 7704, in Foro.it, 1996; Cassazione, 2 aprile 2002 n. 4679, in Foro.it, 2002; Cassazione, 20 agosto 2004 n. 16368; Cassazione, 25 novembre 2004 n. 22236.

51 In dottrina, G. Ferri, La fusione delle società commerciali, Roma, 1936; C. Santagata, La fusione fra

società, Napoli, 1964, pp. 155 ss.; E. Simonetto, Della trasformazione e fusione delle società, in

Commentario Scialoja – Branca, Zanichelli – Foro italiano, 1976, pp. 208 ss.; G. Tantini,

Trasformazione e fusione delle società, in Trattato Galgano, Padova, 1985, pp. 282 ss.; A. Serra, La trasformazione e la fusione delle società, in Trattato Rescigno, Torino, 1985, pp. 336 ss.; C. Santagata, La fattispecie della fusione, Giuffrè, Milano, 1995, pp. 1 ss.; F. Di Sabato, Manuale delle società,

Utet, Torino, 1995, pp. 695 ss..

Infine questa tesi è stata sostenuta anche e soprattutto da Galgano il quale ha criticato la tesi estintiva affermando che «un contratto fra società non può dare vita che ad un rapporto sociale fra le stesse,

(19)

La dottrina prevalente

52

si pone in una posizione intermedia: la fusione

comporta sì la modifica dell'atto costitutivo ma allo stesso tempo anche

l'estinzione delle società fuse o incorporate, da intendersi come estinzione del

contratto sociale proprio perchè l'organizzazione continua ma con un diverso

contratto e una diversa organizzazione nella società incorporante o risultante

dalla fusione.

Un ulteriore conferma a sostegno della tesi modificativa, si è avuta con

riferimento all'art. 2504 bis del c.c., che disciplina gli effetti della fusione

stabilendo che la società risultante dalla fusione o quella incorporante

assumono i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione. Ciò che

è significativo è l'eliminazione, nel primo comma, del riferimento alle società

“estinte” e la sostituzione con l'espressione “società partecipanti alla fusione”;

questo dimostra come la fusione non viene vista come un evento estintivo

delle società fuse o incorporate né, pertanto, come una successione a titolo

universale, quanto piuttosto come un evento modificativo che interessa tutte le

società che partecipano alla fusione stessa

53

.

1.2 La fusione come operazione straordinaria

La fusione, oltre che ad incidere sull'intera organizzazione dell'impresa

comporta anche una riqualificazione dell'investimento: come visto sopra, i

soci della società fusa o incorporata, si ritrovano a detenere una partecipazione

mentre la fusione agisce sul rapporto intercorrente fra i soci delle società partecipanti alla fusione». In giurisprudenza, Cassazione a Sezioni Unite, 8 febbraio 2006 n. 2637.

52 G. F. Campobasso, Diritto delle società, Giappichelli, Padova, 2004, pp. 612 ss.; G. Ferri, Le società, in Trattato Vassalli, Utet, Torino, 1987, pp. 980 ss.; L.Buttaro, Considerazioni sulla riforma della

disciplina delle fusioni, in Riv. Soc., 1993, pp. 573 ss.; F. Guerrera, Diritto delle società di capitali, Manuale breve, Giuffrè, Milano, 2003, p. 234; C. Santagata, La fattispecie della fusione, in Fusioni e

scissioni di società, a cura di A. Patroni Griffi, Milano, 1995, pp. 10 ss.

53 M. Tamburini, in Comm. Maffei Alberto, p. 2558; M. Perrino, in Comm. G. Niccolini e A. Stagno D'Alcontres, op. cit., p. 1936.

(20)

in una società diversa da quella originaria e, al contempo, l'operazione va ad

incidere anche sull'investimento dei soci della incorporante dal momento che

questo, al termine della fusione, risulta essere ridimensionato

54

.

È proprio in questi termini, infatti, che nel nostro sistema economico la

fusione viene definita come una vera e propria riorganizzazione d'impresa e di

ristrutturazione aziendale, rientrando pertanto tra le cosiddette operazioni

straordinarie di riorganizzazione.

Le operazioni straordinarie costituiscono un microcosmo sia da un punto di

vista giuridico che da un punto di vista economico, all'interno del quale

coesistono operazioni strutturalmente eterogenee ma che, tuttavia, hanno delle

peculiarità tali da renderle molto simili le une dalle altre, tant'è che vengono

trattate come un argomento a sé stante dotato di propria autonomia

55

.

Una prima caratteristica comune a tutte queste operazioni è data dal fatto che

queste vengono poste in essere al di fuori dell'ordinaria gestione d'impresa:

spesso nella vita delle aziende, si rende necessario il ricorso a tali operazioni

per affrontare le difficoltà legate alla gestione imprenditoriale, per modificare

la struttura o la forma giuridica dell'impresa ovvero per adattarla alle

condizioni del mercato in vista di cambiamenti dei rapporti di forza tra soci o,

ancora, per disfarsi di alcuni assets così da focalizzarsi sul core business

56

.

Inoltre, un secondo elemento che le accomuna attiene alla struttura giuridica:

queste operazioni, infatti, comportano una modifica del contratto sociale e

degli assetti societari (nel caso di fusioni o scissioni) ovvero un mutamento

della forma giuridica sotto la quale è esercitata l'impresa (trasformazioni o

cessioni)

57

.

54 P. Abbadessa, G. B. Portale, Il nuovo diritto delle società, Liber amicorum Gian Franco Campobasso, IV Volume, Utet, Torino, 2007, pp. 235 ss.

55 R. Lupi, La fiscalità delle operazioni straordinarie d'impresa, Giuffrè, Milano, 2002, p. 3.

56 G. L . Rizzi, Le operazioni straordinarie delle società alla luce della normativa antielusione, in Magistra, Banca e Finanza, 2002.

(21)

Ciò vuol dire che si possono ottenere gli stessi risultati finali utilizzando

operazioni straordinarie diverse, con l'attenzione che ognuna di queste ha delle

sfaccettature diverse legate ad aspetti giuridici – civilistici e fiscali diversi.

L'operazione di fusione presenta alcune analogie con altre operazioni

straordinarie. Si pensi, ad esempio al conferimento d'azienda, ossia

quell'operazione tramite la quale una società (detta conferente) apporta

un'azienda o un suo ramo ad una società preesistente o di nuova costituzione

(detta conferitaria), ricevendo in cambio azioni o quote del suo capitale

58

. La

differenza fondamentale tra il conferimento e la fusione consiste nel fatto che

la società incorporata viene integralmente assorbita e, di conseguenza, si

estingue; mentre il conferimento non comporta necessariamente l'estinzione

della società conferente, ma la sostituzione del patrimonio conferito con le

azioni o quote emesse a seguito dell'aumento di capitale effettuato dalla

società conferitaria. Non solo, ma l'estinzione si potrebbe non avere anche nel

caso in cui la conferente trasferisca l'intera azienda, perchè in tale ipotesi la

società conferente continuerebbe l'attività gestendo le partecipazioni ricevute

in cambio dell'apporto. Un secondo elemento di differenza riguarda, invece,

l'oggetto in quanto mentre il conferimento può avere ad oggetto anche

un'azienda individuale, nella fusione devono partecipare solo ed

eslusivamente società, siano esse di persona o di capitali

59

.

Una seconda operazione straordinaria che presenta dei profili in comune con

la fusione, è quella di scissione societaria ossia quell'operazione attraverso la

58 L. De Rosa, A. Russo, Operazioni straordinarie, a cura di B. Frizzera, Gruppo 24 ore, Milano, 2010, p. 426.

Secondo F. Poddighe, op. cit., p.147, una delle condizioni necessarie affinchè si possa parlare di conferimento d'azienda risiede nel fatto che l'azienda o il ramo d'azienda oggetto del conferimento siano dotati di un'autonoma capacità di reddito. In tal senso si è espressa anche la Corte di Cassazione, con sentenza del 21 ottobre 1995 n. 10993, secondo la quale «Perchè si abbia conferimento d'azienda (o di un ramo della medesima) è necessario che venga conferito un complesso di beni di per sé idoneo a consentire lo svolgimento di una determinata attività d'impresa, anche se non necessariamente la stessa esercitata dal conferente».

(22)

quale una società, detta scissa, trasferisce tutto o parte del suo patrimonio ad

una o più società preesistenti o di nuova costituzione, dette beneficiarie; i soci

della società scissa in cambio ricevono quote o azioni delle società

beneficiarie

60

. Nel caso di scissione totale le società beneficiare succedono in

tutti i rapporti della scissa in proporzione, ovviamente, alla quota trasferita; in

questi casi condizione necessaria è che vi siano almeno due società

beneficiarie perchè se l'intero patrimonio venisse trasferito ad un'unica società

preesistente ci troveremmo di fronte ad una vera e propria fusione per

incorporazione e l'unica differenza rispetto alla fusione è solamente di tipo

procedurale

61

.

Proprio per le ragioni appena esposte, bisogna individuare l'operazione più

idonea a risolvere determinate problematiche.

1.3

I principi di neutralità e di continuità dei valori fiscalmente

riconosciuti

La fusione come strumento di concentrazione delle imprese societarie

consente, come visto nei procedenti paragrafi, di ampliarne la dimensione e la

competitività sul mercato; ed è proprio in questa prospettiva che viene

agevolata, sotto diversi profili, dalla legislazione tributaria

62

.

Da un punto di vista fiscale e, in particolare, con riferimento alle imposte sui

redditi una parte della dottrina

63

ha classificato le operazioni straordinarie

distinguendo quelle relative ai beni da quelle che operano sui soggetti. Quanto

alle prime ci si riferisce ad operazioni come le cessioni e i conferimenti di

beni che determinano un mutamento della titolarità giuridica dei beni stessi

60 L. De Rosa, A. Russo, op. cit., p. 177; F. Poddighe, op. cit., p. 279.

61 F. Poddighe, op.cit., p. 225 62 G. F. Campobasso, op. cit., p. 654.

(23)

dal momento che vengono trasferiti attraverso un vero e proprio atto di

trasferimento, senza però incidere sulla struttura soggettiva della società; in

questo modo la ricchezza imponibile e, di conseguenza, la tassazione avviene

in capo al soggetto beneficiario. Le seconde, invece, come le operazioni di

fusione, scissione e trasformazione, riguardano solo ed esclusivamente la

struttura del soggetto senza incidere sulla titolarità giuridica dei beni della

società. Ed è proprio per tale ragione che a queste operazione si applica un

particolare regime della neutralità fiscale

64

.

Per l'operazione di fusione si fa riferimento, infatti, a due principi

fondamentali, connessi tra di loro, sui quali si basa l'intera disciplina tributaria

del reddito d'impresa: il principio di continuità dei valori fiscalmente

riconosciuti e il principio di neutralità fiscale

65

.

Il principio della continuità dei valori fiscalmente riconosciuti è strettamente

collegato al regime dei beni relativi all'impresa

66

: l'individuazione di tali beni

è necessaria ai fini della determinazione del reddito d'impresa

67

, in quanto

ciascun bene, nel momento in cui viene ceduto, è suscettibile di dar luogo a

componenti positivi o negativi di reddito. La caratteristica principale di questo

64 F. Paparella, Le operazioni straordinarie nell'ordinamento tributario, in E. Della Valle, V. Ficari, G. Marini, Il regime fiscale delle operazioni straordinarie, Torino, 2009, p. 13; G. Zizzo, Le

riorganizzazioni societarie nelle imposte sui redditi, Milano, 1996, p. 886.

65 C. Ruggiero, La fusione, aspetti civilistici e fiscali,10, in www.ruggioeroeassociati.it

66 I beni relativi all'impresa vengono definiti dall'art. 65 del TUIR; per le società sono relativi all'impresa tutti i beni ad esse appartenenti.

I beni che rilevano ai fini della determinazione del reddito d'impresa si distinguono in tre categorie: i beni merce sono tutti quei beni, prodotti finiti, semilavorati, materie prime e sussidiarie che concorrono alla formazione del bene alla cui produzione e al cui scambio è diretta l'attività d'impresa; questi beni sono iscriti nell'attivo circolante e la cessione genera ricavi (art. 85 TUIR). I beni strumentali sono quelli inseriti nel processo produttivo dell'impresa in modo durevole. Infine, i beni patrimoniali sono una categoria residuale da individuare per esclusione rispetto ai beni merce e ai beni strumentali. La cessione dei beni strumentali e patrimoniali genera plusvalenze o minusvalenze. Per stabilire la categoria di appartenenza di un bene, e quindi se genera plusvalenze o ricavi, bisogna aver riguardo alla sua relazione con l'attività dell'impresa e non al bene in sé.

67 Il reddito d'impresa viene definito, al primo comma dell'art. 55 del TUIR, come quel reddito «che deriva dall'esercizio delle imprese commerciali. Per esercizio di imprese commerciali si intende l'esercizio per professione abituale, ancorchè non esclusiva, delle attività indicate nell'art. 2195 del c.c., e delle attività indicate alle lett. b) e c) del comma 2 dell'art. 32 che eccedono i limiti ivi stabiliti, anche se non organizzate in forma d'impresa.»

(24)

regime è data dal fatto che, nel momento in cui il bene entra nel “mondo

impresa”, assumendone la qualifica di bene relativo all'impresa, gli viene

attribuito un valore di riferimento, il cosiddetto valore fiscalmente

riconosciuto

68

, che serve a determinare la sua rilevanza reddituale

69

.

Il secondo principio cardine che caratterizza le operazioni di

riorganizzazione aziendale è quello di neutralità fiscale: tutte le operazioni

straordinarie se sono legate a fenomeni riorganizzativi devono essere

considerate fiscalmente neutrali. Questo vuol dire che le plusvalenze o

minsuvalenze che si generano non costituiscono il presupposto per la

tassazione dei soggetti che ne prendono parte

70

. A questo principio, peraltro,

viene spesso abbinato il principio di universalità nel senso che la neutralità

trova applicazione per tutti i beni che compongono il complesso aziendale

delle società fuse o incorporate, senza alcuna esclusione

71

.

Calando questi due principi nell'istituto della fusione è possibile evidenziare

come con la riforma intervenuta nel 2003, sia da un punto di vista

commerciale sia da un punto di vista fiscale, le fusioni vengono considerate

come delle operazioni poste in essere in continuità: a seguito di tali

operazioni, come visto sopra, non si considera l'estinzione di un soggetto e la

nascita di uno nuovo ma una concentrazione di società quindi l'acquisizione

da parte dello stesso soggetto di una diversa veste giuridica

72

.

Con l'applicazione del principio di continuità i beni subentrano nel

patrimonio dell'incorporante allo stesso valore fiscalmente riconosciuto in

68 Il valore fiscalmente riconosciuto viene determinato in base al costo di acquisizione del bene, aumentato degli eventuali oneri accessori e di diretta imputazione connessi all'acquisto e all'inserimento del bene nel ciclo produttivo, ed incrementato, eventualmente, delle rivalutazioni fiscalmente rilevanti. Tale valore è oggetto di riduzioni, invece, nel caso di eventuali svalutazioni fiscalmente rilevanti e ammortamenti; mentre non sono incluse nel calcolo tutte le spese generali. 69 R. Lupi, Profili tributari della fusione di società, op. cit., pp. 6 ss; C. Ruggiero, op. cit, 11. 70 F. Paparella, op.cit., p. 13

M. Beghin, Diritto tributario: principi, istituti e strumenti per la tassazione della ricchezza, Giuffrè, Torino, 2011, 30.

71 G. Falsitta, op. cit., p. 862.

(25)

capo alla società incorporata o fusa

73

, perchè fintantochè il bene rimane legato

al mondo dell'impresa non si realizza una fuoriuscita dalla disciplina del

reddito d'impresa e, di conseguenza, non vi sarebbe alcuna necessità di far

emergere componenti positivi e negativi di reddito

74

. In altre parole, il

patrimonio della società incorporata o fusa va a confluire all'interno di quello

dell'incorporante o risultante dalla fusione, senza determinare alcun realizzo

fiscale.

Aspetto centrale e fondamentale è, dunque, che i beni rimangano dentro la

sfera dell'impresa e che su di questi si continuino ad applicare le norme sul

reddito d'impresa; mentre se con la fusione si verifica una fuoriuscita dei beni

dal mondo dell'impresa (si pensi alla fusione per incorporazione di una società

commerciale in una società semplice), l'operazione non sarà di certo neutrale,

ma nel momento in cui il bene uscirà dall'impresa darà luogo alla

realizzazione di plusvalenze o minsuvalenze

75

.

In merito al secondo principio, la fusione, proprio in quanto viene definita

in termini di riorganizzazione aziendale, è un evento che non produce effetti

fiscalmente rilevanti e quindi non dà luogo nè al realizzo né alla distribuzione

di plusvalenze o minusvalenze, così come sancito dal primo comma dell'art.

172 del TUIR. L'eventuale plusvalenza o minusvalenza che si genera da

un'operazione di questo tipo non avrà alcun peso fiscale: le plusvalenze non

sono soggette a tassazione e le minusvalenze non sono detraibili dal reddito

d'impresa che si è generato

76

.

La neutralità della fusione, oltre che alle plusvalenze e minusvalenze ed alle

73 Oltre che nei valori fiscalmente riconosciuti, l'incorporante subentra anche, ai sensi del quarto comma dell'art. 172 del TUIR, in tutti i diritti ed obblighi delle società fuse o incorporate quali, ad esempio e soprattutto, gli obblighi di versamento delle imposte. Tale norma infatti stabilisce che «Dalla data in cui ha effetto la fusione la società risultante dalla fusione o incorporante subentra negli obblighi e nei diritti delle società fuse o incorporate relative alle imposte sui redditi».

74 R. Lupi, La fiscalità delle operazioni straordinarie d'impresa, op. cit., pp. 388 ss. 75 R. Lupi, La fiscalità delle operazioni straordinarie d'impresa, op. cit., p. 392. 76 G. Falsitta, op. cit., p. 862.

(26)

differenze da concambio e da annullamento, riguarda anche i soci ai sensi del

terzo comma dell'art. 172 del TUIR. In capo a quest'ultimi, la sostituzione

delle azioni o quote delle società che si estinguono con azioni o quote della

società incorporante o risultante dalla fusione non dà origine a materia

imponibile. Tuttavia, il principio di neutralità fiscale in capo ai soci prevede

una deroga nell'ipotesi in cui vengano disposti conguagli in denaro (nei limiti

del 10% delle azioni assegnate) perchè in tal caso si realizza una plusvalenza

per i soci della società fusa o incorporata

77

. L'eventuale conguaglio viene

quindi assimilato, per la parte che eccede il costo originariamente pagato, ad

un utile da partecipazione e, di conseguenza, verrà disciplinato dall'art. 47

comma 7 del Tuir se chi percepisce il conguaglio sono persone fisiche non

imprenditori

78

oppure, se chi percepisce il conguaglio è soggetto al reddito

d'impresa, si applicano i regimi della tassazione limitata o della participation

exemption di cui agli artt. 87 e 58

79

.

È però possibile che dalla fusione possano scaturire delle situazioni che

assumono rilievo fiscale secondo le regole ordinarie della tassazione. Ciò

implica che le riorganizzazioni non possono essere considerate sempre e

comunque operazioni inidonee a generare valori fiscalmente rilevanti; è il

caso della rivalutazione dei beni (disavanzo) tramite il pagamento di

un'imposta sostitutiva

80

.

In tali casi l'operazione rimane comunque neutrale, però la fusione è

l'occasione che determina l'entrata, nel patrimonio della società, di beni che

fiscalmente hanno un determinato valore per favorire la fusione stessa, ma

77 B. Bellè, F. Battistoni Ferrara, L'imposta sul reddito delle imprese commerciali, Cedam, Padova, 2007, p. 273.

78 L'eccedenza rispetto al costo originario conorrerà alla formazione del reddito imponibile nel limite del 40% del suo ammontare. L'art. 47 comma 7 considera utili, relativamente alla parte che eccede il prezzo pagato per l'acquisto o in sede di sottoscrizione delle azioni o quote annullate, «le somme o il valore normale dei beni ricevuti dai soci in caso di recesso, di esclusione, di riscatto e di riduzione del capitale esuberante o di liquidazione anche concorsulae delle società ed enti».

79 G. Cristofori, op. cit., p. 679; C. Ceradini, A. Rossi, A. Valentini, N. Bendinelli, op. cit., p. 102. 80 R. Lupi, Profili tributari della fusione di società, op. cit., p. 45.

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