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Gestione dei servizi esternalizzati e sostenibilità ambientale, nuove competenze per il medico di Direzione Ospedaliera.

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA’ DI PISA

DIPARTIMENTO DI RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE

TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA

Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva

TESI DI SPECIALIZZAZIONE

“Gestione dei servizi esternalizzati e

sostenibilità ambientale, nuove competenze

per il medico di Direzione Ospedaliera”

Relatore: Chiar.mo Prof. Gaetano Privitera

1° Correlatore: Dott.ssa Michela Maielli

2° Correlatore: Dottor Spartaco Mencaroni

Candidato: Dott.ssa Silvia Gandolfo

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INDICE

Introduzione ……….pag 3 Capitolo I ………...pag 5 Contesto normativo ed evoluzione degli ambiti di competenza del medico di Direzione Medica di Presidio Ospedaliero

Capitolo II ……….pag 9 Il medico di Direzione Ospedaliera e la gestione dei servizi esternalizzati

2.1 Partenariato Pubblico Privato come evoluzione dell’outsourcing ………...pag 9 2.2 Il trasferimento del rischio nel Partenariato Pubblico Privato in particolare nella

Finanza di Progetto ………pag 14 2.3 La realtà Toscana:

a. L’esperienza del Sistema Integrato Ospedaliero Regionale e dell’Ospedale San Luca di Lucca ………...pag 17 b. La gestione dei servizi in concessione ………...pag 20 c. Il ruolo del Responsabile Unico del Procedimento come garante della sicurezza e

della qualità delle cure ………...pag 23 d. I servizi di sanificazione ambientale e di sterilizzazione, rischio clinico e rischio

infettivo correlato ………...pag 26 e. Outsourcing e rischio legato a impianti e strutture (Dlgs 9 aprile 2008, n. 81)..pag 34 Capitolo III ……….pag 37 Il ruolo del medico di Direzione Ospedaliera in tema di sostenibilità ambientale

3.1 Sostenibilità ambientale, il contesto e i “GOALS” dell’OMS ………...pag 37 3.2 Lo sviluppo sostenibile in sanità e in ambiente ospedaliero ………..pag 40 3.3 La figura dell’Energy Manager ………..pag 45 3.4 L’esperienza dell’Ospedale San Luca di Lucca ……….pag 47 Capitolo IV ……….pag 50 Ricognizione delle prassi in uso nelle Direzioni Ospedaliere per quel che riguarda gestione dei servizi esternalizzati e sostenibilità ambientale, per mezzo di un questionario con coinvolgimento delle società scientifiche

4.1 Obiettivo dello studio ……….pag 50 4.2 Materiali e metodi ………...pag 50 4.3 Risultati ………..pag 52 4.4 Conclusioni ………pag 71 Allegato 1 ………pag 74 Bibliografia ……….pag 81

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Introduzione

Il ruolo del medico di Direzione Ospedaliera ha subito negli anni importanti mutamenti e accanto alle funzioni più tradizionali si sono aggiunte funzioni nuove, più manageriali, con la conseguente e continua necessità di formazione ed aggiornamento. Tra le funzioni “emergenti” del medico di Direzione Ospedaliera abbiamo scelto di focalizzare la nostra attenzione, in questa tesi di specializzazione, sulla gestione dei servizi esternalizzati e sul tema della sostenibilità ambientale, estremamente attuali ed innovativi.

Per quel che riguarda la gestione dei servizi esternalizzati si stanno ormai diffondendo modelli di ospedali costruiti attraverso il ricorso al Partenariato Pubblico Privato, in cui la Pubblica Amministrazione tende a concentrare le risorse su quelli che vengono definiti servizi “core”, cioè più strettamente e direttamente correlati all’assistenza sanitaria, appaltando a ditte esterne i servizi “no core” quali il servizio di ristorazione degenti e dipendenti, il servizio di erogazione della biancheria degenti e dipendenti, il servizio di sanificazione e pulizie, di rimozione e smaltimento rifiuti, la sterilizzazione dei ferri chirurgici, la gestione e manutenzione di immobili e impianti fissi, la manutenzione del verde, i servizi per la libera professione intramoenia, la gestione del trasporto automatizzato e i servizi non sanitari commerciali. Lo svolgimento e la gestione di tali servizi è di fondamentale importanza per la gestione complessiva del Presidio, in quanto trattasi di processi di supporto necessari a sostenere i processi operativi sanitari in modo da renderli più efficaci e più efficienti, influenzandone quindi la qualità e la riuscita. Per quanto detto resta cruciale la funzione di controllo di questi servizi da parte della Direzione Medica di Presidio Ospedaliero.

Il tema della sostenibilità ambientale sta prendendo sempre più campo negli ultimi anni, soprattutto dopo la definizione degli “Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile” nella risoluzione dell’ONU adottata il 25 settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri delle Nazioni Unite in occasione del summit sullo sviluppo sostenibile. Nel documento stilato dai Capi di Stato, “Trasformare il nostro mondo. L’Agenda 2030 per lo sviluppo

sostenibile”, sono stati determinati 17 obiettivi globali (GOALS) per uno sviluppo

sostenibile che dovranno essere realizzati tra il 2016 e il 2030, segnando un epocale passo in avanti della comunità internazionale nell’inquadrare le politiche di sviluppo in un’ottica di sostenibilità.

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Abbiamo dunque analizzato tale tematica in ambito sanitario, in particolare in ambiente ospedaliero.

Questi due aspetti, gestione dei servizi esternalizzati e sostenibilità ambientale, pur sembrando del tutto sconnessi, in realtà tendono ad intrecciarsi tra loro, basti pensare all’impatto che il controllo e la gestione dello smaltimento dei rifiuti può determinare sulla salute globale in termini di inquinamento ambientale.

Pertanto, vista la scarsa reperibilità di dati su queste due importanti tematiche abbiamo voluto mettere in atto una survey a livello nazionale, che indagasse più approfonditamente questi ambiti, mettendo a confronto tra loro le varie regioni italiane. Per soddisfare il nostro intento abbiamo costruito un questionario attraverso l’utilizzo di un form on-line, accessibile da apposito link, diffuso poi via e-mail ai medici di Direzione Medica di Presidio Ospedaliero.

La diffusione è stata possibile grazie al coinvolgimento di tre importanti società scientifiche che hanno collaborato attivamente a tal fine: l’Associazione Nazionale Medici Direzioni Ospedaliere (ANMDO), la Società Italiana di Igiene (SItI) – in particolare il Gruppo Italiano di Studio di Igiene Ospedaliera (GISIO) e per finire la Società Italiana Multidisciplinare per la Prevenzione delle Infezioni nelle Organizzazioni Sanitarie (SIMPIOS). Dalla survey sono emersi dati interessanti che discuteremo più avanti in questo lavoro in un capitolo dedicato.

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CAPITOLO I

Il ruolo del medico di Direzione Medica di Presidio Ospedaliero

(DMPO): contesto normativo ed ambiti di competenza

Numerose e rilevanti sono state le norme, che nel corso degli ultimi anni hanno contribuito a modificare le funzioni, i compiti e le responsabilità del Direttore/Dirigente Sanitario (che oggi si tende a definire Direttore Medico) di presidio ospedaliero. Con tale termine, Direttore Medico, si indica “il medico a cui è conferita la direzione sanitaria

del presidio ospedaliero, che esercita la responsabilità giuridico-organizzativa anche sugli aspetti medico-legali”. L’esigenza di rivedere il ruolo del Direttore Medico è ormai

da molti anni costantemente ribadita da parte dalle norme vigenti in particolare, dall’articolo 4 comma 10 del D.Lgs. 502/92 (e successive modifiche ed integrazioni) [1]. L’attuale norma di riordino del S.S.N. ha inoltre aggiunto nuove funzioni di management, organizzazione ed economiche produttive.

Si è reso quindi necessario ridefinire i compiti da assegnare a questa figura professionale. Possiamo raggruppare i compiti del medico di Direzione Medica di Presidio Ospedaliero (DMPO) in “aree” indicando per ogni area funzioni e attività [2]. Tale analisi, tiene conto che nella realtà sanitaria Italiana il 70% degli ospedali è rappresentato dai cosiddetti “presidi ospedalieri”. Pertanto il Direttore Medico di tali strutture è generalmente coinvolto nello svolgimento di tutte quelle funzioni, compiti ed attività successivamente indicate nelle aree.

La prima area è l’area delle responsabilità intesa come autonomia nel dirigere la struttura ospedaliera, autonoma responsabilità nell’espletamento delle funzioni delegate, contributo all’individuazione di linee di sviluppo e azioni comprese nelle responsabilità dei settori della direzione sanitaria, supporto del direttore e del comitato di dipartimento, definizione dei criteri e delle priorità di allocazione delle risorse per le UUOO, definizione (assieme ai dirigenti dei servizi infermieristici) dell’assegnazione del personale infermieristico.

A seguire ci sono le funzioni gestionali e organizzative che comprendono il controllo di gestione, la negoziazione del budget, la gestione dei dati statistici, la definizione di linee strategiche e obiettivi aziendali, la stesura della relazione sanitaria annuale e tutte quelle

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funzioni di integrazione, mediazione e collegamento tra le UUOO attraverso protocolli e gruppi di lavoro.

Ancora svolge funzioni igienistiche che prevedono la stesura di un programma di prevenzione e controllo delle infezioni ospedaliere, la vigilanza sullo smaltimento dei rifiuti e su pulizia/disinfezione/disinfestazione/sterilizzazione, la denuncia delle malattie infettive, la sorveglianza sull’acqua potabile, le indagini epidemiologiche e la vigilanza sull’applicazione delle norme relative alla prevenzione degli infortuni ed alla sicurezza sui luoghi di lavoro.

Funzioni di supporto delle UUOO e dei dipartimenti ospedalieri quali la gestione della documentazione sanitaria, la consegna delle cartelle cliniche, la vigilanza sulla tenuta degli archivi, la predisposizione della modulistica sanitaria necessaria allo svolgimento dell’attività assistenziale, il presidio della commissione per il buon uso del sangue e della commissione per il prontuario terapeutico ospedaliero, la vigilanza sui farmaci, funzioni di dietetica, la vigilanza sul personale volontario/tirocinanti/specializzandi, la tenuta/aggiornamento di regolamenti interni/raccomandazioni/LG.

Poi abbiamo lo sviluppo di aree progettuali (prevenzione e controllo delle infezioni ospedaliere, accreditamento delle strutture sanitarie, miglioramento della qualità servizi) e la promozione della qualità dell’assistenza, gestione del rischio clinico e sicurezza del paziente (introduzione ed utilizzo di strumenti necessari a verifica/revisione/miglioramento continuo della qualità di servizi e prestazioni, partecipazione alle commissioni e alle attività di revisione e vigilanza sul rispetto dei protocolli diagnostici e terapeutici previsti dalla normativa, direttive sulla corretta gestione delle liste d’attesa, promozione iniziative volte a migliorare l’accessibilità dell’utente e indagini sul suo grado di soddisfazione).

Il medico di DMPO svolge inoltre funzioni medico legali: polizia mortuaria, denunce delle cause di morte, degli infanti deformi o immaturi, delle malattie professionali, degli infortuni, dichiarazione di nascita e di interruzione volontaria di gravidanza, donazioni e trapianti d’organi, gestione della documentazione sanitaria, certificazioni mediche e

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rapporti con l’autorità giudiziaria, promozione del rispetto di principi etici e deontologici, diffusione delle normative e vigilanza sul rispetto della riservatezza dei dati sanitari. Il lavoro del medico di Direzione Ospedaliera, alla luce delle norme vigenti, assume dunque un carattere sempre più “manageriale” [3]. Questo aspetto ha caratterizzato un primo grande cambiamento rispetto a quello che era il suo ruolo “tradizionale” in quanto, oltre ad assicurare le funzioni igienistiche, che restano comunque di fondamentale importanza, deve anche confrontarsi, proporre e scegliere modelli organizzativi idonei alla gestione globale della struttura ospedaliera. Appare sempre più rilevante dunque il peso dell’azione organizzativa che il Direttore Medico acquisisce nella gestione del presidio ospedaliero. Tale aspetto richiede un’adeguata formazione specialistica, e risulta essere particolarmente innovativo e stimolante poiché, si indirizza su competenze “più nobili”, più complesse e più incisive nell’ambito della salute pubblica e dell’organizzazione dei servizi sanitari.

Inoltre, il ruolo del medico di DMPO, sta subendo negli ultimi anni un secondo grande cambiamento ed è destinato a diventare sempre più interdisciplinare in quanto prevede il coordinamento di molteplici attività e servizi, parte dei quali vengono spesso esternalizzati. Ciò richiede l’acquisizione di ulteriori nuove competenze e lo costringe a confrontarsi con modelli di mercato del tutto nuovi e soprattutto con un numero sempre maggiore di figure professionali, comprese figure non sanitarie di supporto (es. personale tecnico ed Ingegneri Gestionali) che assumono ruoli chiave nel governo del presidio ospedaliero.

La Direzione Medica resta il garante delle prestazioni sanitarie nei confronti degli utenti, ma si trova a dover fare da tramite tra attori sanitari (dipartimenti professionali) e interlocutori tecnici esterni, assumendo così un ruolo centrale nelle dinamiche Ospedaliere. Il medico di DMPO diventa un controllore di processo.

Il nostro lavoro si pone proprio l’obiettivo di approfondire quelli che sono due aspetti innovativi del ruolo del medico di Direzione Ospedaliera: il primo riguarda la vigilanza e supervisione dei servizi generali di supporto alle attività sanitarie, con o senza assunzione di ruoli operativi come RUP (Responsabile Unico Procedimento), DEC (Direttore Esecuzione Contratto), ADEC (Assistenti al DEC); servizi quali igiene

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ambientale, ristorazione degenti e dipendenti, gestione dei rifiuti, biancheria e divise, trasporti e sterilizzazione, servizi di pulizie).

Il secondo è relativo alla gestione di aspetti di economia circolare, energy management e sostenibilità ambientale intesi come la presenza di procedure per la riduzione dei rifiuti speciali a rischio infettivo, la gestione dei rifiuti con promozione della raccolta differenziata, il recupero degli imballaggi dei materiali forniti dalla logistica, le misure di riduzione del consumo della carta, la digitalizzazione, il recupero dei pasti, l’utilizzo di materiali in teleria sterile riutilizzabile, la promozione dell’utilizzo di materiali monouso a basso impatto di CO2, la presenza di procedure per la riduzione dell’illuminazione nelle ore notturne, l’attività di bilanciamento degli impianti di condizionamento, di riduzione della ventilazione, di utilizzo di energie rinnovabili e la formazione del personale sulle tematiche ambientali.

Come già detto precedentemente, queste due tematiche, gestione dei servizi esternalizzati e sostenibilità ambientale, pur sembrando del tutto sconnesse tra di loro, in realtà tendono ad intrecciarsi in alcuni punti, basti pensare all’impatto che il controllo e la gestione dello smaltimento dei rifiuti può determinare sulla salute globale in termini di inquinamento ambientale.

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CAPITOLO II

Direzione Ospedaliera e outsourcing in sanità

2.1 Il Partenariato Pubblico Privato come evoluzione dell’outsourcing

Per quel che riguarda i servizi ospedalieri la tendenza della Pubblica Amministrazione sta diventando quella di concentrare le risorse sui servizi che vengono definiti “core”, cioè più strettamente e direttamente correlati all’assistenza sanitaria, appaltando a ditte esterne i servizi “no core”.

Secondo una definizione generale, con Partenariato Pubblico Privato (PPP) ci si riferisce ad una forma di cooperazione tra autorità pubbliche ed operatori economici privati avente il fine di garantire il finanziamento, il funzionamento, la costruzione, il rinnovamento, la gestione o la manutenzione di un’infrastruttura o la fornitura di un servizio. Dunque il PPP rappresenta una modalità di collaborazione e interdipendenza fra pubblico e privato finalizzata ad un progetto comune di pubblica utilità, che si applica all’esecuzione di un contratto a titolo oneroso [4]. La natura di questo partenariato può assumere molteplici forme di collaborazione, caratterizzate da un diverso livello di interdipendenza fra i due soggetti partecipanti e, per alcuni aspetti, da peculiari discipline giuridiche [5]. Una prima modalità molto semplice di classificazione, che può aiutare a mettere a fuoco il concetto di “livello di interdipendenza”, è quella che segue:

- Partenariato istituzionalizzato: consiste nella creazione di un soggetto giuridico nuovo (società di capitali a partecipazione pubblico-private), detenuto congiuntamente dai due partner, tramite il quale viene realizzato un progetto e/o erogato un servizio di pubblico interesse. Questo tipo di rapporto giuridico è in genere utilizzato per la realizzazione di servizi pubblici di rilevanza sociale e per la gestione delle opere necessarie al loro corretto svolgimento.

- Partenariato contrattuale: è basato sulla natura negoziale del rapporto ed è finalizzato all’affido di un servizio, contrattualmente definito e disciplinato, dei quali sono noti le specifiche, gli obiettivi, gli oneri e la durata. Questo tipo di rapporto però mantiene ben distinti i due soggetti, che rimangono distinti da ogni punto di vista.

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Dal punto di vista dei soggetti contrattuali, le principali forme di PPP sono:

- la concessione di lavori pubblici, istituto con il quale viene richiesto ad un soggetto privato di realizzare un’opera di pubblico interesse, eventualmente capace di generare un determinato flusso di cassa tramite il quale viene garantita la remunerazione dell’investitore privato;

- la concessione di servizi, tramite la quale viene richiesto ad un soggetto privato di garantire un preciso servizio di pubblico interesse, definito contrattualmente nei suoi aspetti fondamentali, per il quale viene corrisposto un canone;

- l’affidamento di lavori o servizi mediante finanza di progetto (Project Financing – PF) (disciplinata con maggiore chiarezza rispetto al passato dall’art. 183 del Nuovo Codice degli Appalti), nel quale si affida una concessione ponendo a base di gara il progetto di fattibilità […] con offerte che contemplino l’utilizzo di risorse totalmente o parzialmente a carico dei soggetti promuoventi

- altre tipologie di partenariato contrattuale, di minor interesse per gli scopi di questo libro e alle quali si ricorre con minor frequenza (locazione finanziaria, contratto di disponibilità, leasing immobiliare in costruendo, sponsorizzazione, concessione per promozione e valorizzazione…)

A prescindere dallo specifico contrattuale, il PPP è caratterizzato da alcuni principi di fondo, che rappresentano altrettanti vincoli fondanti l’interazione fra il settore pubblico e quello imprenditoriale.

I due soggetti sono infatti impegnati in un’intesa solida e non occasionale, finalizzata ad un obiettivo comune, sostenuta dal riconoscimento di benefici reciproci. Ne risultano:

-una collaborazione temporalmente lunga, finalizzata alla realizzazione di un progetto di interesse sociale rilevante;

-il reciproco ed esplicito riconoscimento, da entrambe le parti, di diverse capacità, risorse e competenze, funzionali alla realizzazione del progetto comune;

-una precisa e ben definita ripartizione dei rischi fra i due soggetti.

Per quel che riguarda la Finanza di Progetto (Project Financing – PF) possiamo dire che si tratta di una tecnica di finanziamento in grado di generare, nella fase di gestione,

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flussi di cassa sufficienti a rimborsare il debito contratto per la sua realizzazione, assicurando un ulteriore ritorno economico che costituisce il guadagno dell’investitore. La normativa nazionale ha disciplinato più volte il settore specifico e, negli ultimi anni, con il recepimento di diverse importanti Direttive Europee, dopo essere stata utilizzata con successo nel settore privato, ha trovato un ambito elettivo di applicazione anche nel finanziamento di opere di pubblica utilità [7-8-9]. Nonostante l’andamento del ricorso alla Finanzia di Progetto per realizzare opere di pubblica utilità stia vivendo, nel nostro Paese, una parabola ascendente, spesso viene effettuato impropriamente, a causa della carenza di competenze specifiche da parte della Pubblica Amministrazione per assicurare una corretta valutazione dei rischi e delle opportunità nella fase di valutazione preliminare [10]. Ciò ha fatto sì che il rischio economico operativo si sia riversato esclusivamente sul partner pubblico, violando apertamente le regole UE che prevedono, in tali forme cooperative, la traslazione di almeno una parte del rischio operativo dalla pubblica amministrazione al privato.

Le opere pubbliche finanziabili tramite finanza di progetto possono essere classificate in: • opere “calde”, capaci di generare flussi di reddito (ricavi commerciali da utenza) tali da consentire, nell’arco della vita della concessione, di far fronte all’indebitamento contratto per la realizzazione dell’opera e alla remunerazione del capitale investito (es. autostrade, parcheggi);

opere “tiepide”, ossia opere che richiedono una componente di contribuzione pubblica perché i redditi generati non sono sufficienti a coprire l’investimento sostenuto;

opere “fredde” o “a diretta utilizzazione della Pubblica Amministrazione”, ossia opere per le quali il soggetto privato che le realizza e le gestisce fornisce direttamente servizi alla Pubblica Amministrazione e trae la propria remunerazione esclusivamente o principalmente da pagamenti effettuati dalla stessa Amministrazione su base commerciale, cioè sulla base dei volumi e della qualità delle prestazioni offerte (es. carceri, scuole, ospedali).

I principali soggetti coinvolti nella finanza di progetto sono il promotore, la società di progetto, la Pubblica Amministrazione e il finanziatore.

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Il promotore è chi assume l’iniziativa di promuovere il PF, impostando e gestendo la struttura finanziaria del progetto tramite l’investimento in capitale di rischio della società di progetto neo costituita e il reperimento dei finanziamenti necessari.

La società di progetto è un’impresa autonoma rispetto ai soggetti promotori, costituita appositamente per la gestione della specifica operazione di PF.

La PA è un soggetto fondamentale per le iniziative di PF applicate alla realizzazione e gestione di opere pubbliche; inoltre la PA può anche figurare tra i promotori dell’opera, nonché tra i finanziatori dell’iniziativa fornendo capitali di rischio o contributi a fondo perduto; un altro ruolo che può essere assunto dal soggetto pubblico è quello di terzo garante, laddove fornisca garanzie pubbliche alle obbligazioni contratte dalla società di progetto.

I finanziatori sono i prestatori di mezzi di terzi; questi si uniscono spesso, specie in caso di finanziamento di grandi opere infrastrutturali, in un pool di istituti finanziatori, composto da istituti di credito con caratteristiche diverse: banche private, banche centrali dei paesi in cui vengono realizzati i progetti, etc [11-12-13].

Lo strumento del PF presenta numerosi vantaggi, ma al tempo stesso non è privo di criticità. I principali vantaggi potenziali ed effettivi sono:

possibilità per la PA di realizzare lavori pubblici o di pubblica utilità che richiedono ingenti investimenti, limitandone l’impatto sul bilancio pubblico rispetto al tradizionale appalto di lavori e senza assumere il rischio finanziario e di gestione, che dovrebbero essere posti a carico del privato;

• maggiore certezza su costi e tempi dell’investimento;

la fase progettuale è interamente affidata al soggetto privato e prevede il coinvolgimento di soggetti specializzati, offre la garanzia di una più elevata qualità della progettazione, tempi ridotti di realizzazione e avvio di progetti economicamente sostenibili e fattibili;

• maggiore coinvolgimento dei soggetti finanziatori al successo dell’iniziativa;

• maggiore efficienza ed efficacia nella fase di gestione del progetto e miglioramento della qualità dei servizi offerti [14]; possibilità per il privato di attivare una elevata leva finanziaria (con percentuali di debito su mezzi propri che può giungere anche al 70-90%);

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possibilità per il privato di mettere in comune con altre imprese (pubbliche e private) competenze e risorse su progetti innovativi e per questo più rischiosi.

Di contro, però, le criticità sono molteplici [15]: la complessità del procedimento amministrativo di aggiudicazione della concessione dei lavori in PF comporta un allungamento dei tempi di avvio dell’iniziativa e maggiori costi procedurali per l’amministrazione rispetto ad una semplice concessione di costruzione e gestione;

• la complessità del procedimento di identificazione ed allocazione dei rischi;

alti costi di strutturazione dell’operazione in relazione alla necessità di una struttura contrattuale complessa (costi legali, tecnici e finanziari per implementare la struttura; costi assicurativi, commissioni varie, studi, etc);

• competenze delle amministrazioni generalmente deboli in materia di PF, che penalizzano la capacità negoziale del soggetto pubblico con l’operatore privato, con particolare riferimento alla definizione corretta delle dimensioni del contributo eventualmente erogato dall’amministrazione a titolo di “prezzo” dei piani tariffari (futuri ricavi di gestione del concessionario);

il regime fiscale del PF a tariffazione penalizza la PA rispetto a operazioni di finanziamento tradizionali, dovuta al fatto che il prezzo è soggetto ad una aliquota IVA del 10%, mentre il canone di gestione ad una aliquota IVA del 21%; si generano quindi dei costi che nella maggior parte dei casi non sono recuperabili in quanto il soggetto pubblico eroga prestazioni esenti IVA;

• rigidità della struttura al termine del processo negoziale tra tutti i soggetti partecipanti all’operazione.

In particolare, per quanto riguarda il settore sanitario, dall’ultima edizione del rapporto annuale dell’Osservatorio sulla funzionalità delle Aziende Sanitarie Italiane (Oasi), realizzato da Cergas dell’Università Bocconi, tra le criticità emerse inerenti il partenariato pubblico privato, c’è la possibilità che al termine della realizzazione del progetto l’investimento effettivo sia maggiore di quello preventivato, come è avvenuto nella realizzazione dei quattro nuovi ospedali toscani; ciò è determinato principalmente dal fatto che nel Piano Economico Finanziario mancano voci essenziali per garantire la funzionalità dell’investimento (allacciamenti utenze, arredi, attrezzature). Inoltre, l’immediato vantaggio dovuto alla partecipazione finanziaria del privato comporta lo svantaggio per la PA di impegnare per diversi anni lo stesso fornitore di servizi, con costi

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unitari superiori a quelli di mercato, proprio per consentire al privato di ottenere un rendimento a seguito dell’impegno finanziario assunto [16].

2.2Il trasferimento dei rischi nel Partenariato Pubblico Privato

Nel PPP gli aspetti di vantaggio finanziario e opportunità di rilancio economico sono subordinati, come già evidenziato, ad un’attenta fase di valutazione e preventiva analisi di sostenibilità finanziaria, ma anche alla chiara distribuzione dei rischi derivanti dall’operazione fra il soggetto pubblico e privato.

È su quest’ultimo aspetto che si sofferma in particolare la Giurisprudenza Europea quando afferma [17] che “la caratteristica principale di una Concessione, ossia il diritto di gestire un lavoro o un servizio, implica sempre il trasferimento al concessionario di un rischio operativo di natura economica che comporta la possibilità di non riuscire a recuperare gli investimenti effettuati e i costi sostenuti per realizzare i lavori o i servizi aggiudicati in condizioni operative normali, anche se una parte del rischio resta a carico dell’amministrazione”.

Inoltre viene chiarito [18] che il rischio operativo consiste, di fatto, nell’esposizione del concessionario alle incertezze di mercato, laddove lo stesso rischio sia riconducibile a fattori non dipendenti dal controllo delle parti contrattuali (e pertanto non è possibile includere nell’allocazione del rischio fattori come la cattiva gestione o errori di valutazione nella progettazione dell’opera).

In coerenza con questa impostazione il nuovo Codice degli appalti disciplina al comma 3 la questione del trasferimento del rischio operativo in capo all’operatore economico, prevedendo espressamente le sue varie fattispecie:

rischio di costruzione rischio di disponibilità

rischio di domanda dei servizi erogati

Proseguendo, l’articolo 180 precisa che il recupero degli investimenti effettuati dall’operatore economico dipende dall’effettiva fornitura del servizio o utilizzabilità dell’opera, per cui la Concessione è caratterizzata dal fatto che il costo sostenuto viene recuperato soltanto con i flussi di cassa generati dall’opera realizzata o dai servizi ad essa correlati.

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Inoltre viene sancito il principio per cui la Pubblica Amministrazione può scegliere di versare un canone per l’utilizzo dell’opera e dei servizi correlati, che sia proporzionalmente ridotto o annullato se si verificano un calo di domanda dei servizi o periodi di inutilizzabilità dell’opera.

Il rischio di costruzione copre eventi quali il ritardo nei tempi di consegna, il non rispetto degli standard di progetto, l’aumento dei costi, gli inconvenienti di tipo tecnico nell’opera, il mancato completamento dell’opera. Tutti questi aspetti sono, di fatto, efficacemente trasferiti nel momento in cui non sono ammessi pagamenti per opere che non rispettano gli standard predefiniti. A tale fine, oltre all’applicazione corretta e completa degli strumenti previsti dalla normativa relativi al collaudo tecnico e amministrativo dell’opera realizzata, è necessario che siano stati previsti all’interno del contratto concessorio tempi di realizzazione certi ed eventualmente penali efficaci per ritardi imputabili al concessionario.

Il rischio di disponibilità è invece la difficoltà che può assumere il concessionario nell’erogare le prestazioni pattuite, sia in termini quantitativi che qualitativi, esponendosi al rischio di penali, richieste di danni o decurtazione del canone pattuito. Il controllo puntuale dell’andamento dei servizi, svolto da personale interno con competenze qualificate e risorse dedicate, è un prerequisito indispensabile per garantire che il rischio di disponibilità sia effettivamente trasferito.

Il rischio di domanda è invece originato dalla variabilità di richiesta del servizio erogato, laddove questa non dipenda dalla sua capacità di erogarlo o dalla qualità percepita dall’utenza finale. Nel contesto delle opere fredde, come quelle di pubblica utilità sociale e sanitaria, è opportuno considerare che esistono molti elementi per cui la capacità del partner privato di controllare la domanda è sostanzialmente ridotta, comportando la necessità di trovare forme alternative per garantire l’equilibrio del piano economico finanziario e, di conseguenza, la sostenibilità del progetto. Anzitutto va considerato come il Servizio Sanitario Nazionale eroghi servizi basati su bisogni di salute della popolazione che non sempre corrispondono a quelli percepiti dall’utenza e nella maggior parte dei casi non sono prevedibili con analisi di mercato. Inoltre il rischio di domanda ospedaliera è grandemente influenzato dalle politiche sanitarie di razionalizzazione dell’assistenza, di potenziamento e integrazione dei percorsi ospedale/territorio e di gestione della cronicità a domicilio, di individuazione di standard e buone pratiche che definiscono i costi fissi

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da destinare alla gestione di gruppi omogeni di casistiche (secondo la logica dei DRG), o cercando di ottimizzare tempi e risorse di trattamento di specifiche patologie. Infine, è necessario considerare che l’amministrazione appaltante impone, in tema di gestione di servizi di pubblica utilità, restrizioni sulle tariffe da applicare all’utenza o sulle modalità di erogazione del servizio che limitano o rendono del tutto teorico il trasferimento del rischio di domanda.Proprio a causa di queste considerazioni è evidenza certa che spesso le opere sociali “fredde”, e tipicamente quelle sanitarie, tendono per loro natura a limitare la quota di rischio di domanda effettivamente trasferibile; ciò anche in conseguenza del persistere di una certa ambiguità normativa, derivante da una divergenza di fondo fra le varie fonti di riferimento. Le forme di compensazione del rischio di domanda consentono al Piano Economico Finanziario (PEF) di rimanere in equilibrio, ma al tempo stesso comportano un significativo rischio di disincentivare l’erogazione di servizi qualitativamente soddisfacente e riducono l’interesse di sviluppare soluzioni innovative o investimenti tecnologici consistenti.

La presenza del nuovo interlocutore comporta nuovi elementi di criticità ma anche nuove leve operative e potenzialità per agire con efficacia sulle cause remote degli eventi negativi per l’utenza (siano essi più strettamente “clinici” che di altro tipo). Non è azzardato parlare di “governo interdisciplinare della partnership”, intendendo tutte quelle azioni, messe in campo da diversi attori deputati alla clinical governance dei percorsi assistenziali, per contribuire attivamente al rapporto di alleanza con il partner privato, orientandone le risorse, le potenzialità e le competenze tecniche agli aspetti più rilevanti per la sicurezza e la qualità delle cure erogate.

Le analisi mirate sul rischio clinico dell’outsourcing in sanità sono riferite per lo più ad esperienze del mondo anglosassone, dove è più frequente l’affidamento diretto delle attività sanitarie a personale esterno [19-20-21] e cercano di valutare l’utilità di applicare gli strumenti classici del Risk Management nel miglioramento dell’efficacia delle attività affidate in outsouring [22]. Altre ricerche mirano a mettere in evidenza la potenziale interferenza dei servizi affidati all’esterno con aspetti di gestione della privacy [23] o si soffermano sugli aspetti di interferenza con il rischio infettivo di servizi più vicini al “core” delle attività sanitarie, come le pulizie [24]

Il controllo dello svolgimento, in termini di conformità, continuità e qualità (misurabile o percepita dall’utenza) delle attività affidate in concessione, deve essere affidato a

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personale interno ben formato, competente sul servizio oggetto di controllo e ben orientato sui dettagli delle attività sanitarie che ne sono influenzate. Questa scelta strategica, come vedremo in seguito, non solo garantisce una gestione globale del rischio associato alle attività esternalizzate, ma rappresenta un modo efficace di garantire un effettivo trasferimento del rischio operativo sul partner privato, con particolare riferimento al rischio di disponibilità (inteso come onere di assicurare costantemente il livello qualitativo e quantitativo previsto dal contratto). Ciò comporta la necessità di essere certi della condivisione di determinati obiettivi di qualità, attivamente perseguiti da entrambi i partner, in quanto funzionali agli interessi comuni. La convergenza del partner privato su questi valori non è scontata ed è necessario, in una logica di partnership durevole ed effettiva, prevedere dei meccanismi che stimolino entrambi gli interlocutori a perseguirli. Questo aspetto sta alla base della necessità di investire adeguatamente nelle figure deputate alla gestione dei contratti esternalizzati, concentrando tali risorse nelle Direzioni Mediche di Presidio Ospedaliero, dove avviene la naturale convergenza di tutte le competenze tecniche necessarie e delle responsabilità in quanto garante di tutti gli aspetti di qualità, sicurezza, appropriatezza e tempestività delle cure.

2.3 La realtà Toscana

a) L’esperienza del Sistema Integrato Ospedaliero Regionale e dell’Ospedale San Luca di Lucca

L’esperienza, prima nel suo genere in Toscana, si inserisce nel contesto di un’ampia riforma della sanità regionale, che da gennaio 2016 vede l’unificazione delle 12 ex aziende sanitarie in tre ASL e la riorganizzazione della rete dei presidi ospedalieri a gestione diretta. [25] Il progetto dei “Nuovi Ospedali” è contenuto nel Piano Sanitario Regionale 2002-2004 e condiviso con il Ministero della Salute con un Accordo di programma sottoscritto nel 2004. Prende l’avvio nel 2005 con il bando per la progettazione, costruzione, realizzazione dei presidi di Pistoia, Prato, Lucca e Massa, e prevede la gestione ventennale dei servizi non sanitari; un totale di 1688 posti letto a servizio di un’area di poco inferiore al 30% del territorio regionale, densamente popolato. Con il completamento, a novembre 2015, dell’Ospedale Apuane, ultimo e più piccolo di questi presidi, prende quindi avvio la fase di gestione unitaria dei nuovi ospedali toscani.

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La Regione Toscana ha deliberato inoltre la costituzione di uno strumento di coordinamento interaziendale denominato S.I.O.R. (Sistema Integrato Ospedaliero

Regionale) cui venivano delegati tutti i compiti e le attività propedeutiche alla stipula dei

contratti di appalto per la messa in attività dei nuovi ospedali [26]. La costruzione di 4 nuovi ospedali trova fondamento nell'esigenza di creare dei presidi più adeguati al progresso scientifico e tecnologico, all'evoluzione dei processi di cura, all'evoluzione dell'assetto demografico e socio-culturale (umanizzazione dell'assistenza).

Per la realizzazione delle strutture edilizie ospedaliere, il Sistema Sanitario Toscano si è avvalso del Project Financing, la finanza di progetto. Il costo complessivo di realizzazione ammonta a 420 milioni di euro, dei quali 170 stanziati dallo Stato, 56 dalle Aziende sanitarie di competenza e 194 dal Concessionario.

Tutti e 4 i nuovi presidi hanno caratteristiche simili sia dal punto di vista organizzativo che strutturale: organizzati complessivamente nell'ottica dell'intensità di cura, con percorsi multiprofessionali e multidisciplinari, riferimenti sanitari certi ed appropriatezza nell'uso delle risorse [27-30]. Inoltre rispondono alle esigenze previste dal sistema sanitario, ovvero di una struttura di riferimento per i casi acuti più complessi, compatta, flessibile, tecnologica e completamente informatizzata ed innovativa, ma con una forte integrazione con i servizi territoriali in modo da assicurare la più completa continuità delle cure. Il progetto per la realizzazione dei nuovi presidi è all'avanguardia anche sotto il profilo ambientale, una delle principali tematiche affrontate in questo lavoro, e della sicurezza sui luoghi di lavoro. I 4 nuovi ospedali sono stati infatti costruiti nella garanzia della massima sicurezza per gli addetti ai lavori nei cantieri dell'edilizia; in tal senso è stato sottoscritto a gennaio 2011 il “Protocollo di intesa in materia di sicurezza,

igiene nei luoghi di lavoro e legalità nella realizzazione dei quattro nuovi ospedali in Toscana”, che rappresenta un'intesa innovativa nel campo della sicurezza del lavoro e

delle relazioni fra Regione, Aziende sanitarie, imprese e organizzazioni sindacali. Particolare attenzione è stata rivolta alla qualità delle strutture per quanto riguarda i materiali utilizzati, la qualità degli impianti e l'impatto ambientale [31].

In questa rivoluzione Toscana sono molte le novità e le sfide per gli operatori e per il management: in primis l’impatto di un cambiamento che vede tre vecchi ospedali, frammentati per attività e sparsi sul territorio urbano, unificarsi in un polo con caratteristiche organizzative, logistiche e tecnologiche innovative e peculiari, anche in

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merito alla razionalizzazione di spazi e percorsi. Altro elemento critico è rappresentato dalla scelta di organizzare i percorsi assistenziali in setting per intensità di cura: un livello di Intensità Alta, che comprende le degenze intensive e sub-intensive (ad esempio Rianimazione, UTIC, Stroke Unit); un livello di Intensità Media, che comprende le degenze per acuti suddivisi per aree funzionali (Area Medica, Chirurgica, Materno-Infantile); un livello di Intensità Bassa dedicato ai pazienti post-acuti, cui è affidato il raccordo con il territorio, tramite i percorsi di presa in carico della cronicità e il supporto alla continuità assistenziale in dimissione [32]. Un modello, polispecialistico e integrato, che rappresenta un importante cambiamento per realtà assistenziali scarsamente interagenti fra loro, ed è supportato da una rete di servizi gestiti in maniera unitaria dallo stesso partner affidatario del contratto di costruzione e gestione: dalla manutenzione tecnica degli impianti e dell’opera civile, al supporto logistico, fino alle attività già comunemente affidate in outsourcing (sterilizzazione, pulizie, lavanolo, ristorazione, gestione rifiuti).

Alla complessità tecnologica e organizzativa si sono affiancati nuovi aspetti economico finanziari, procedure frammentarie e complesse di rendicontazione e validazione dei processi, generazione di nuovi (e a volte intricati) flussi amministrativi, necessità di confronto con requisiti legali meno vicini alle competenze tradizionali delle Direzioni Ospedaliere. Problemi che hanno contribuito a stimolare un nuovo assetto organizzativo, che mal si concilia con la tradizionale flessibilità e adattabilità dei servizi alle esigenze e prassi precedentemente vigenti, tipica dei contratti di servizi gestiti direttamente su scala locale.

Per la Direzione Medica di Presidio Ospedaliero tutti questi aspetti condizionano non solo la corretta allocazione delle risorse e l’efficienza dello svolgimento delle attività assistenziali, ma hanno un risvolto strategico e cruciale su aspetti sostanziali della sicurezza e della tempestività delle cure. Tali problematiche sono riassumibili da un lato in elementi di criticità direttamente legati alla gestione servizi, come l’incremento del numero degli interlocutori per il governo dei servizi e la minore flessibilità delle regole di gestione, dall’altro sul nuovo progetto sanitario pesano criticità emergenti e legate alla maggiore distanza fra i providers e la Direzione Ospedaliera, che conducono alla minore condivisione delle procedure operative e dei protocolli di sicurezza e alla riduzione del controllo sulla diretta esecuzione dei processi.

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b) I servizi in outsourcing e la gestione dei servizi in concessione

Il contratto di concessione, come già in precedenza anticipato, prevede oltre alla costruzione anche la gestione dei servizi non sanitari (“no core”), per i quali il Concessionario si avvale dell’attività di ulteriori aziende, dette providers. Sostanzialmente vengono gestiti dal concessionario tutti i servizi di tipo non sanitario ma strettamente correlati all’attività sanitaria:

• ristorazione degenti e dipendenti;

• lavanolo (erogazione biancheria degenti e dipendenti); • sanificazione e pulizie;

• rimozione e smaltimento rifiuti; • sterilizzazione ferri chirurgici.

gestione e manutenzione di immobili e impianti fissi; • manutenzione del verde

servizi per la libera professione intramoenia; gestione del trasporto automatizzato;

• servizi non sanitari commerciali.

I servizi in concessione possono anche essere classificati in due categorie:

servizi fissi: manutenzione opere civili, manutenzione impianti tecnologici, gestione del verde, delle pulizie e del trasporto meccanizzato;

servizi variabili: servizi di guardaroba, lavanderia e sterilizzazione della biancheria destinata a degenti e operatori sanitari, gestione della ristorazione degenti, personale e utenti, sterilizzazione dei ferri chirurgici, gestione dello smaltimento rifiuti e della libera professione intramoenia.

I servizi fissi sono caratterizzati da un ricavo (per il concessionario) e da un costo (per la concedente) fisso. La quantità minima erogata per tali servizi è definita dal Piano Economico Finanziario utilizzando come unità di misura i metri quadrati della struttura ospedaliera all’interno della quale sono svolti.

I servizi variabili sono invece tutti quei servizi a ricavo e costo variabile poiché la quantità erogata dipenderà dal volume di attività sanitaria e dalla loro corretta gestione all’interno della struttura e dei singoli reparti. Anche in questo caso il livello minimo garantito di prestazione per ciascun servizio è definito dal capitolato tecnico di gestione in funzione

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dei quantitativi minimi annuali definiti dal Piano Economico Finanziario, ma la variabilità del ricavo/costo viene regolamentata nel seguente modo:

in caso di mancato raggiungimento dei minimi garantiti, alle prestazioni mancanti, calcolate come differenza tra il livello minimo garantito ed il servizio erogato, sarà applicata una procedura di scontistica variabile in funzione dell’anno di gestione; • in caso di superamento dei minimi contrattuali, le prestazioni eccedenti saranno

remunerate secondo il costo unitario fissato nel PEF, con una scontistica variabile rispetto al volume in eccedenza.

Lo svolgimento, la gestione e il controllo di tali servizi, risulta essere di fondamentale importanza per la gestione complessiva dell’ospedale in quanto si tratta di processi non sanitari di supporto necessari a sostenere i processi operativi sanitari in modo da renderli più efficaci e più efficienti.

Per garantire una buona gestione dell’intera struttura ospedaliera è quindi evidente la necessità di predisporre all’interno dell’ospedale una struttura che si occupi di controllare come tali servizi siano gestiti dal concessionario e dai suoi providers, e monitorarne l’andamento.

Di seguito è rappresentato l’organigramma della struttura e i quattro livelli di controllo:

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Il primo livello di controllo è occupato dal Responsabile Unico del Procedimento (RUP), al vertice dell’organigramma e con il compito di vigilare e curare ogni aspetto della fase di gestione.

Il RUP, nello svolgimento delle sue funzioni, è supportato da due Direttori dell’Esecuzione del Contratto (DEC), uno per i servizi sanitari e gestionali e uno per i servizi tecnici e di manutenzione, che costituiscono il secondo livello di controllo. Il DEC riceve dal RUP le disposizioni di servizio mediante le quali quest’ultimo impartisce le istruzioni occorrenti a garantire la regolarità dell’esecuzione del servizio o della fornitura e stabilisce la periodicità con la quale il direttore dell’esecuzione è tenuto a presentare un rapporto sull’andamento delle principali attività di esecuzione del contratto. Il DEC dei servizi in outsourcing redige mensilmente una relazione di riepilogo dello stato dei servizi in concessione. Essa è utilizzata per analizzare e descrivere le non conformità riscontrate, gli impatti e l’esito degli interventi correttivi adottati per ciascun servizio. Si tratta di un valido strumento da utilizzare per riferimenti futuri e misurare il trend di attività, in quanto contiene al suo interno i dati già validati relativi al volume di attività erogata per ogni servizio

La nuova normativa stabilisce che, fermo restando il rispetto delle disposizioni di servizio eventualmente impartite dal RUP, il DEC opera in autonomia in ordine al coordinamento, alla direzione e al controllo tecnico-contabile dell’esecuzione del contratto [33-34-35].

Il terzo livello di controllo è costituito dalla nomina di uno o più assistenti al DEC (ADEC), ai quali vengono affidate specifiche attività relative alla gestione di ogni singolo servizio.

Ogni assistente, nell’ambito dei documenti contrattuali di riferimento (Capitolato Tecnico Prestazionale-CTP e Piano Tecnico Operativo-PTO), coadiuva il DEC nei seguenti compiti:

• accerta quotidianamente che il proprio servizio di riferimento risponda a quanto previsto dal CTP e dal PTO in termini di qualità e quantità;

• redige mensilmente la relazione da presentare al DEC, relativamente allo svolgimento del servizio;

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controlla che le prestazioni avvengano a regola d’arte, verificando il rispetto delle norme di sicurezza e salute sui luoghi di lavoro, con il supporto del Servizio di Prevenzione e Protezione Rischi;

• propone al DEC eventuali misure di razionalizzazione al fine di contenere i costi; • effettua le verifiche di conformità

• segnala tempestivamente eventuali disservizi e/o inadempienze, proponendo al DEC eventuali soluzioni o l’attivazione delle procedure di contestazione previste dal capitolato;

• effettua sopralluoghi per accertare lo stato d’uso dei locali e degli impianti, segnalando eventuali problematiche al DEC e riportandole sul sistema di governo; • aggiorna il PTO qualora si rendesse necessario per sopravvenute esigenze o risultasse

carente di alcuni elementi non valutati precedentemente;

• partecipa alle riunioni di coordinamento del SIOR secondo le indicazioni del RUP e del DEC.

Infine, il quarto e ultimo livello di controllo è occupato dai Coordinatori Infermieristici individuati per i vari setting assistenziali. Essi rappresentano il principale canale di collegamento tra i livelli di controllo superiori e tutti gli altri operatori sanitari (medici, infermieri, OSS). Risulta di fondamentale importanza assicurare che questo canale di comunicazione sia attivo e funzioni adeguatamente al fine di permettere un adeguato scambio di feedback tra gli operatori sanitari e i livelli superiori di controllo.

c) Il ruolo del Responsabile Unico del Procedimentocome garante della sicurezza e qualità delle cure

Il Responsabile Unico del Procedimento, come già accennato precedentemente, ha il compito di vigilare e curare ogni aspetto della fase di gestione. In particolar modo fornisce al Direttore Generale dati, informazioni ed elementi utili anche ai fini dell’applicazione delle penali, della risoluzione contrattuale e del ricorso agli strumenti di risoluzione delle controversie, secondo quanto stabilito dalle prescrizioni contrattuali. Inoltre, il RUP autorizza la liquidazione e il pagamento delle fatture del Concessionario, richiede note di credito e partecipa alle riunioni di coordinamento del SIOR.

Il RUP è figura obbligatoria, che presuppone “titolo di studio e competenza adeguata”, scelto tra i dipendenti (non un soggetto estraneo alla PA quindi) di ruolo, o in caso di

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accertata carenza in organico, tra i dipendenti in servizio (può essere pertanto un dipendente a tempo determinato). È formalmente designato dal Dirigente e/o Responsabile del Settore/Servizio “per ogni singolo intervento da realizzare mediante contratto pubblico”. Il formale atto di nomina, anche effettuabile in sede di programmazione dell’intervento, è parte integrante del bando/avviso, o lettera di invito. Il Nuovo Codice degli Appalti disciplina le modalità di nomina e le principali funzioni della figura del RUP, rimandando altri dettagli attuativi a specifiche linee guida dell’Autorità Nazionale Anti Corruzione [34-35].

Tutta la normativa è finalizzata al potenziamento del ruolo di garante dell’esecuzione del processo da tutti i punti di vista, con l’intento generale di allineare gli obiettivi di qualità del concessionario di lavori o servizi a quelli della pubblica amministrazione. Il rinforzo delle funzioni di gestione e controllo non può prescindere dall’attivazione di una struttura di controllo stabile adeguatamente formata e incentivata, con il mandato di svolgere un’effettiva e puntale attività di verifica sul campo.

Sono in particolare a carico del RUP:

la programmazione dei contratti pubblici di servizi e forniture;

• il controllo sui livelli di prestazione, qualità e prezzo mantenuti in tutte le fasi di esecuzione dell’appalto;

• la verifica del corretto e razionale svolgimento delle procedure;

la segnalazione delle disfunzioni, impedimenti e ritardi delle procedure;

• l’onere informativo verso l’amministrazione, in termini di svolgimento dell’attività, efficienza economica ed ogni altro dato utile per le attività di coordinamento, indirizzo e controllo delle procedure affidate;

• la vigilanza sul rispetto delle prescrizioni contrattuali delle concessioni

Si potrebbe pensare che, con questo nuovo modello organizzativo, il RUP agisca come una sorta di “gestore esterno” del contesto senza entrare nel merito dell’appropriatezza e della qualità dell’assistenza erogata. Viceversa, le disposizioni normative in continuità con quanto previsto dalla Legge 502/92, rinforzano questo ruolo di garanzia proprio mettendo l’accento sul contesto.

È infatti attraverso il contesto delle attività logistiche e organizzative, che sempre più spesso coincidono con quelle esternalizzate, che si governano i diversi aspetti della

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qualità e dell’appropriatezza, si raggiunge un efficace controllo del rischio, si persegue l’ottimizzazione delle risorse, la disponibilità di beni e servizi rilevanti per l’umanizzazione del processo di cura e il comfort delle persone.

Tutto questo, oltre ad essere la base della integrazione fra le funzioni di RUP delle concessioni di servizi ospedaliere e quelle proprie del Direttore di Ospedale (figure che solitamente coincidono), richiede un approccio necessariamente interdisciplinare e integrato con le figure deputate alla gestione dei processi sanitari, della sicurezza, del controllo infettivo.

I meccanismi del project, mettono le Direzioni Ospedaliere a confronto con nuove regole del gioco e richiedono lo sviluppo di competenze e soluzioni gestionali peculiari. A questo incremento della complessità si aggiunge il livello intermedio rappresentato dal Gestore unico dei servizi, che si frappone fra la Direzione e gli esecutori dei servizi. Fondamentale è la presa in carico, da parte della figura del RUP, del contenzioso, di natura operativa e di natura amministrativo-contabile, generato dalla fase di gestione delle attività in concessione.

Il sistema di controllo a risultato dei servizi prevede che esista un meccanismo di misurazione della qualità che, al fine di consentire la corretta attribuzione del rischio operativo sul Concessionario, vincoli la remunerazione del partner privato al raggiungimento di un livello accettabile di qualità nell’esecuzione delle attività affidate. Costituiscono oggetto dell’attività di validazione della qualità anche la gestione del flusso delle contestazioni, la verifica in contraddittorio degli episodi contestati, l’analisi delle controdeduzioni del provider e l’efficacia delle eventuali azioni di revisione dei processi messe in campo al fine di consentire il superamento stabile delle criticità e il ripristino di un livello stabile e conforme di qualità.

Il buon funzionamento di servizi critici, come la sanificazione o la sterilizzazione dei ferri chirurgici, sono elementi che permettono di raggiungere un effettivo controllo del rischio ambientale, funzionale alla prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza sanitaria. L’affido ad un partner privato della pressoché totalità dei servizi di supporto critici richiede la strutturazione di elementi utili di governo, in grado di riportare sotto il controllo dell’amministrazione il processo di controllo del rischio.

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Nell’esperienza quotidiana di gestione, si è potuto valutare positivamente l’efficacia di quelle attività che contribuiscono ad allineare gli obiettivi della concedente e della concessionaria, orientandoli ad una visione comune dei processi e dei risultati auspicabili, in termini di qualità misurabile e outcome precedentemente condivisi e funzionali al miglioramento continuo della qualità misurabile.

Questo si traduce nello sviluppo di strumenti per la gestione dei servizi orientati al Risk Management, strumenti che devono essere tradotti in una serie cadenzata di attività di controllo e revisione continua dei processi, coerente con il flusso preordinato dei meccanismi di governo della concessione (controlli mensili, validazione dei volumi e della qualità, controllo di conformità, fatturazione).

d) Outsourcing e rischio infettivo

Le raccomandazioni derivanti dalla letteratura [36] richiamano la necessità della particolare e attenta valutazione del rischio propedeutica all’esternalizzazione dei servizi. In più da esperienze rilevanti sia per la dimensione che per la criticità dei setting assistenziali esaminati [37], emergono i vantaggi derivanti dall’inclusione delle attività in outsourcing all’interno delle attività di Risk Management. Questo è particolarmente rilevante per i servizi che includono lo svolgimento di azioni implicate nella riduzione del rischio infettivo e si applica ad esempio al controllo della diffusione di batteri multi-resistenti in ambienti critici [38]. Nella descrizione classica delle strategie per la gestione del rischio infettivo collegato alle procedure assistenziali in ospedale (hospital acquired infection, HAI) [39] i determinanti sui cui agire per la prevenzione possono essere distinti in gruppi diversi:

quelli derivanti dal paziente e legati alle sue particolari situazioni di rischio (pregresse terapie antibiotiche, condizioni di competenza immunitaria, ospedalizzazioni di lunga durata e recenti, cattive condizioni generali, comorbidità); • quelle derivanti dalle procedure assistenziali e quindi in massima parte legate alla

possibilità che l’operatore, attraverso le manovre che compie, possa agire come serbatoio o veicolo di infezione;

quelle derivanti dai dispositivi o dall’ambiente esterno, e quindi collegate alle attività di re-processing del materiale e ricondizionamento ambientale.

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Le esperienze di letteratura [40] assegnano un ruolo centrale nella trasmissione delle infezioni alle mani del personale ospedaliero: moltissimi microrganismi sia gram-positivi (S. aureus, S. epidermidis) che gram-negativi (E. coli, Serratia, Enterobacter,

Acinetobacter spp., Pseudomonas spp) sono in grado di colonizzare temporaneamente o

stabilmente le mani; l’uomo inoltre, anche se non direttamente operante sul paziente, è implicato come serbatoio di molti altri batteri gram-positivi.

Spesso però la tendenza è quella di concentrarsi sull'igiene delle mani e molto meno sui dispositivi, sulle apparecchiature portatili (es. tastiere) e sull’ambiente ospedaliero nella sua totalità che potenzialmente può essere altamente contaminato. L'ambiente ospedaliero, infatti, è implicato nella trasmissione di ben determinate infezioni: alcune di origine comunitaria, lo S. aureus e lo Streptococco di gruppo A, altre che si trasmettono per via aerea come gli Aspergillus spp. Ancora, per molte patologie ospedaliere, che possono assumere caratteristiche epidemiche in ospedale (Clostridium difficile, virus dell'epatite B e virus respiratorio sinciziale) è stata dimostrata una contaminazione ambientale. Per quanto detto sta assumendo un interesse sempre maggiore in letteratura il ruolo della pulizia ai fini della gestione delle infezioni acquisite in ospedale (HAI). Patogeni come gli Enterococchi vancomicina resistenti (VRE), lo S. aureus meticillino-resistente (MRSA), i bacilli gram-negativi multiresistenti, i norovirus, e il Clostridium

difficile tendono a persistere nell’ambiente ospedaliero e la pulizia diventa fondamentale

nel controllare questi agenti patogeni, nonostante esista il problema della difficile misurazione della qualità-efficacia di essa. Inoltre alcuni metodi di pulizia tradizionali sono notoriamente inefficienti per la decontaminazione e pertanto sono in fase di valutazione nuovi tipi di approccio [41-42]. In aggiunta c’è da dire che la paura dell'infezione spesso incoraggia l'uso di potenti disinfettanti per eliminare i patogeni negli ambienti ospedalieri senza però valutarne la tossicità o il beneficio dal punto di vista economico. Da una rewiew di letteratura emerge infatti come siano pochi gli studi che contengono dati sui costi [43]. Inoltre quello che preoccupa relativamente all’inquinamento dell'ambiente ospedaliero con antimicrobici è l'effetto che questi hanno sullo sviluppo di antibiotico-resistenza da parte dei microrganismi [44].

Un discorso a parte merita la prevenzione del rischio da Legionella spp, che dipende in maniera pressoché esclusiva dalla gestione degli impianti e dal corretto funzionamento delle tecnologie di prevenzione e controllo del rischio.

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Da questa breve analisi è già evidente come le attività esternalizzate finiscono per essere un cofattore della genesi (o del controllo) del rischio infettivo in ospedale, in tutti e tre i gruppi di fattori visti in precedenza.

Al personale dei vari provider vengono in genere affidati:

• la responsabilità di mantenere o ripristinare le caratteristiche dell’ambiente di cura, tramite la pulizia, l’asportazione dei rifiuti e il mantenimento in efficienza delle tecnologie impiantistiche;

• la responsabilità di svolgere servizi necessari al comfort alberghiero che, oltre a quanto sopra, comportano la necessità che diversi operatori, non appartenenti all’organizzazione, accedano ai reparti ed entrino in contatto con strumenti, attrezzature e arredi utilizzati dai pazienti;

• la responsabilità del reprocessing e della logistica di materiali critici e semicritici utilizzati nell’assistenza al paziente.

Le aziende sanitarie impegnate in un processo di outsourcing devono quindi tenere presente il rischio infettivo come uno dei parametri cruciali nella progettazione del servizio e includere all’interno del Capitolato tutti i determinanti utili a garantire una corretta gestione di tale rischio da parte dei vari provider, considerando anche il loro eventuale avvicendamento nel tempo (in particolare per quel riguarda i vincoli sulla formazione del personale) [45].

Infatti la responsabilità verso l’utenza, e i suoi risvolti medico-legali in termini di sicurezza e gestione del rischio del servizio, rimangono in capo alla stazione appaltante, essendo l’operatore economico comunque vincolato ad una responsabilità contrattuale; ne deriva che il potere di controllo e vigilanza siano, per le amministrazioni appaltanti, sia un obbligo che un potere da esercitare, a tutela della sicurezza, tempestività e appropriatezza d’uso delle risorse nell’ambito dei servizi appaltati.

A fianco dei classici strumenti normativi, economico finanziari e amministrativi necessari alla costituzione degli accordi precontrattuali, diventano pertanto particolarmente rilevanti, nel contesto dei servizi ad alto rischio per il controllo infettivo, i programmi di formazione e gli elementi della sicurezza dei lavoratori, aspetti che devono essere attentamente valutati in fase di gara e monitorati in fase di esecuzione.

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L’ampliamento dell’esternalizzazione di attività prima a gestione interna (come la manutenzione e la stessa centrale di sterilizzazione), con l’inserimento di una nuova figura di riferimento, il gestore dei servizi, ha comportato nuove esigenze di monitoraggio delle attività con finalità sia di supervisione igienico-sanitaria, sia di validazione del volume di prestazioni effettivamente rese.

Pertanto anche i servizi critici per il controllo delle infezioni nosocomiali, come la sterilizzazione e le pulizie, hanno subito un analogo processo di aumento di complessità, frammentazione e distanza fra il management sanitario e l’erogatore delle prestazioni, che si traduce in una minor possibilità di governo diretto delle procedure. Vediamoli brevemente.

1-SERVIZIO DI STERILIZZAZIONE

La nuova centrale di sterilizzazione dell’ospedale San Luca (costruita con le stesse modalità in tutti e quattro i nuovi ospedali del progetto toscano) rappresenta un’imponente evoluzione tecnologica e un sostanziale miglioramento organizzativo. Le nuove autoclavi di ultima generazione sostituiscono un parco macchine in parte obsoleto, funzionalmente collegato, con percorsi lineari e definiti, ad un blocco operatorio unificato di 12 sale polispecialistiche ad alta tecnologia.

Questa integrazione comporta la profonda interdipendenza fra il servizio di sterilizzazione e ogni aspetto delle attività logistiche del percorso chirurgico, incrementando l’influenza di questo servizio nell’assicurare la qualità e la sicurezza delle prestazioni di sala, in termini di efficienza, tempestività e rischio biologico. Al di là del parco ferri, rimasto di proprietà di ASL, sono infatti affidati al provider tutti gli altri elementi del processo di decontaminazione, trasporto, lavaggio, verifica tecnica, ricomposizione dei kit, confezionamento, sterilizzazione e infine riconsegna del materiale. Ciò rende le attività esternalizzate il fattore più critico a monte della programmazione chirurgica in elezione e dell’organizzazione del percorso in urgenza.

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Figura 2: Percorsi sale operatore e centrale di sterilizzazione

Esternalizzare la centrale si accompagna quindi ai classici elementi di criticità derivanti dalla perdita della gestione diretta e riconducibili alla necessità di utilizzare solo strumenti contrattualmente definiti per governare procedure e prassi organizzative, con perdita di flessibilità e riduzione della possibilità di influenzare aspetti di gestione cruciali per la lotta alle infezioni nosocomiali.

Il contesto del project inoltre ha aggiunto a questi “classici” altri peculiari problemi. L’esternalizzazione della centrale ha comportato, infatti, il trasferimento al partner privato di una variegata serie di attività, collegate in diversi modi al servizio principale, e in alcuni casi profondamente integrate con le attività assistenziali rimaste in capo al personale e alle equipe operatorie. Questa manovra ha determinato diversi risvolti sugli aspetti economici e organizzativi, ma anche sulla sicurezza. Se infatti da un lato la maggiore rigidità di tempi e procedure di tracciabilità del materiale hanno portato alla riduzione di fenomeni di inefficienza, dovuti a prassi e personalismi non facilmente modificabili nella gestione interna, dall’altro gli stessi vincoli hanno richiesto l’adozione di soluzioni organizzative più onerose per l’amministrazione appaltante e, in alcuni casi, all’incremento delle dotazioni di strumentario.

La decontaminazione dei ferri chirurgici e la loro raccolta all’interno delle “ceste” di riconsegna, anch’esse messe a disposizione dal gestore, hanno infine messo in gioco nuovi elementi che impattano sulla sicurezza degli operatori e sulla qualità complessiva

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del servizio: la necessità di procedere ad una fase di lavaggio del tutto centralizzata (senza interventi preventivi di lavaggio “manuale” all’interno del blocco) e la necessità di utilizzare rigorosamente una sola tipologia di decontaminante proteolitico in schiuma hanno contribuito a migliorare la standardizzazione del processo e la sicurezza delle azioni, ma hanno anche comportato maggiore possibilità di errore (soprattutto dovuto alla persistenza di abitudini di utilizzo di prodotti alternativi, a volte anche eterodossi, con il rischio di vanificare il buon esito del processo o compromettere la sicurezza delle successive fasi del ciclo). Altro aspetto che ha richiesto una peculiare gestione è stato quello relativo alla ricomposizione dei kit prima della decontaminazione: le procedure di tracciabilità del materiale e necessità di verificare la completezza del materiale prima di processarlo rendono necessario riconsegnare i ferri in maniera coerente con le check list di composizione di ogni kit. Per tale ragione gli operatori sono chiamati, in caso di utilizzo di più kit, a ricomporre gli stessi in modo da garantire la presenza di tutto il materiale nei relativi container. L’incremento delle operazioni di manipolazione dei ferri, non decontaminati, ha comportato l’adozione di alcune procedure aggiuntive per la sicurezza e, in fase di avvio del servizio, la previsione di una modifica alle procedure proposte dal gestore del servizio, che ha consentito di ridurre il rischio mantenendo comunque la certezza della tracciabilità.

I vantaggi di standardizzazione e livello tecnico proposto sono stati notevoli, specialmente in termini di rinnovo degli ambienti, dei macchinari e delle attrezzature, e per l’adozione di sistemi della qualità più strutturati e ben definiti a tutti i livelli dell’azienda appaltatrice del servizio, oltre che alla già citata “rivoluzione” di metodi per la tracciabilità dei cicli e al superamento di alcuni aspetti informali e “personalizzati” di gestione che potevano risultare in una perdita di controllo di alcuni aspetti critici della qualità.

2-SERVIZIO DI PULIZIE E SANIFICAZIONE

Il servizio di sanificazione in ospedale è uno snodo critico delle attività di controllo del rischio infettivo: sebbene sia già stato evidenziato come l’ambiente sia implicato solo in determinate patologie comunicabili, le stesse, richiedono una stretta collaborazione del personale incaricato del servizio per assicurare una corretta gestione del rischio.

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L’evento epidemico ospedaliero, sebbene critico, rappresenta la punta dell’iceberg di una quotidianità dove l’esecuzione delle procedure corrette per la decontaminazione, detersione e disinfezione vengono ad assumere, specialmente in area critica, un ruolo determinante nel garantire la sicurezza dell’ambiente di cura; si pensi alla frequenza con la quale si richiede a personale esterno di eseguire attività che rientrano all’interno di procedure aziendali di estrema rilevanza per la sicurezza, come la gestione degli isolamenti aerei, la prevenzione della diffusione della TBC, la gestione dei sempre più frequenti casi di colonizzazione da germi multi-resistenti.

Inoltre il servizio di sanificazione è strettamente coinvolto negli aspetti gestionali di aree ad alta criticità come i blocchi operatori e le terapie intensive, dove le attività di ricondizionamento delle sale o delle unità paziente ad alta intensità condizionano notevolmente la capacità operativa del sistema e il rischio di trasmissione di patogeni (ad alto rischio di antibiotico-resistenza) fra un paziente e il successivo.

Dall’altro lato della medaglia, troviamo il rischio, speculare e non trascurabile, per l’operatore della ditta esterna, che condivide con gli operatori sanitari la vicinanza ad ambienti e pazienti potenzialmente in grado di trasmettere patologie infettive.

Se questo aspetto riguarda principalmente gli oneri di protezione dei lavoratori, non va dimenticato che il personale esternalizzato può agire anche come veicolo per la trasmissione all’esterno o ad altri pazienti di malattie ad alto rischio epidemico. Emerge dunque la necessità di procedere alla sorveglianza e al controllo delle attività del personale incaricato di servizi non assistenziali che si svolgono però in prossimità del malato [46]. Infine è cruciale ricordare come, in assenza di procedure ben gestite, la diffusione di germi multi resistenti (MDR) e di altri patogeni con buona resistenza ambientale avvenga contaminando attrezzature e materiali per la pulizia degli ambienti successivamente trattati.

Tutto questo è la breve descrizione di un trend riscontrabile con facilità in molte realtà ospedaliere del nostro Paese: da un lato l’epidemiologia [47] delle infezioni nosocomiali da germi multi-resistenti, aspetto molto critico e in continua ascesa, dall’altro la crescente spinta all’esternalizzazione di servizi con dinamiche di affidamento via via più complesse che rende difficile l’instaurazione di una reale governo delle procedure e soprattutto la condivisone della formazione e sensibilizzazione con gli operatori coinvolti.

Riferimenti

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59/2013, intestato all’impresa EMMEGI RADIATORI DI MERCIA GIUSEPPE, sede Legale e insediamento produttivo in via del Commercio 11/d, Comune di S.Martino in

– impresa ITAL GAS STORAGE SPA - sede Legale in via Meravigli, 3, Milano, e insediamento produttivo in Cornegliano Laudense, cascina Sesmones snc - RILASCIO... 3 –

Preso atto del verbale della Commissione di Valutazione, relativo all’esame delle domande di partecipazione dei soggetti privati al “Bando per la concessione