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Modelling delle onde superficiali e stima della wavelet in contemporanea alle proprietà elastiche

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Modelling delle onde superficiali e

stima della wavelet in contemporanea

alle proprietà elastiche

Francesco Lo Duca

18/10/2019

Università di Pisa

Dipartimento di Scienze della Terra

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Correlatore Dott. Michele Buia Controrelatore

Prof. Eusebio Maria Stucchi 18/10/2019

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Indice

Abstract [eng] 1 Abstract [ita] 3 Introduzione 5 1. Teoria 7 1.1. Onde Superficiali . . . 7 1.2. Modelling . . . 8 1.3. Ricker . . . 10 1.4. Parametrizzazione Wavelet . . . 11

1.5. Algoritmo Genetico (GA) . . . 12

1.6. Associare un errore con il metodo Monte Carlo. . . 14

1.7. Modello convoluzionale . . . 14

2. Modelling Onde Superficiali 17 2.1. Influenza dei punti per wavelet (ppw) . . . 19

2.2. Esempi con frequenza di modelling diversa . . . 29

2.3. Confronto con il Reflectivity modelling . . . 33

2.4. Conclusioni . . . 39

3. Parametrizzazione della wavelet 41 3.1. Influenza singoli parametri . . . 41

3.1.1. Ampiezza (a) . . . 41

3.1.2. Skewness (s). . . 43

3.1.3. Dilatazione temporale (ν) . . . 44

3.1.4. Ordine dei polinomi di Hermite (2n) . . . 46

3.2. Ortogonalità dei parametri . . . 48

3.3. Altre parametrizzazioni . . . 51

3.4. Conclusioni . . . 53

4. Stima della wavelet e delle proprietà elastiche 55 4.1. Stima Ricker. . . 56

4.2. Stima wavelet e proprietà elastiche . . . 59

4.2.1. Stima della sola wavelet . . . 60

4.2.2. Stima delle sole proprietà elastiche . . . 65

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4.2.4. Stima in contemporanea wavelet e proprietà elastiche . . . 73

4.2.5. Inversione alternata . . . 86

4.3. Conclusioni . . . 88

5. Conclusioni 93

A. Appendice 97

A.1. Influenza del parametro di regolarizzazione della tau-p (β) . . . 97

A.2. Errore associato al picking . . . 99

A.3. Implementazione dei Polinomi di Hermite . . . 100

Bibliografia 103

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Abstract [eng]

This thesis focuses on two main themes. The first part, carried out during my internship in ENI spa, concerns on 3D modelling of surface waves in horizontally homogeneous media, which means 1D velocity profiles, and in particular on the problem of numerical dispersion introduced by finite differences modelling (F D). In fact, the aim of this work was to quantify the influence of the points per minimum wavelength in the dispersion curves generated by the seismograms using the radon transform, and comparing various results obtained using different forms of modelling grids, points per wavelength and frequency. Finally, I make a comparison between what has been done and a seismogram generated with the reflectivity modelling (ReMo) at the University of Pisa.

The second part of the thesis examines the inversion of elastic properties simultane-ously with the wavelet estimation with a global inversion. As a matter of fact, the Full Waveform Inversion (F W I) tries to minimize a certain function object (e.g. L2

norm) which is based on the difference between the observed data and the predicted data. Many authors propose to treat the wavelet estimation as part of the inversion [WKHB09,SJC+14,Ric13], because both the observed data and the predicted data are a function of wavelet and subsoil’s characteristics. Generally F W I is used in-verting only the velocity model because the wavelet is supposed to be known. This approach is correct only in synthetic cases whose wavelet is well known. In real cases, instead, the coupling within the medium and the source plays a relevant part and a small variation in the shape of the wavelet can create large variations in the estimation of the velocity model.

Therefore, the second part of the thesis aims to present: the study of a smart parametrization of the wavelet, proposed by two articles that present some small variations between them [Ska16, AEU13], paying attention to analyze the influence of the single parameters; the analysis of the results obtained through a simultaneous inversion of elastic properties and wavelet of a time-angle synthetic seismogram generated through the use of full Zoeppritz, and comparing these results to the inversion of the only elastic properties with a known wavelet; comparing with an inversion of the only elastic properties known an incorrect wavelet and the results obtained through an alternating inversion of elastic properties and wavelet. Unlike several authors who had proposed a local inversion [ADK+11, SPB07] I propose to use a global inversion with and without prior information, changing the misfit function case by case, in order to get a result.

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Abstract [ita]

Il lavoro di tesi è incentrato su due tematiche principali. La prima parte, svol-ta durante il mio tirocinio in ENI spa, si concentra sul modelling 3D delle onde superficiali in mezzi orizzontalmente omogenei, quindi profili di velocità 1D, e in particolare sul problema della dispersione numerica introdotta dal modelling alle differenze finite (F D). Lo scopo, infatti, è stato quello di quantificare l’influenza dei punti per wavelet nelle curve di dispersione generate dai sismogrammi tramite l’uso della trasformata di Radon, confrontando vari risultati ottenuti tramite l’uso di differenti forme di griglie di modelling, punti per wavelet e frequenza. Infine viene presentato un confronto tra quanto fatto e un sismogramma generato con il reflectivity modelling (ReMo) all’Università di Pisa.

Nella seconda parte della tesi ci si concentra sull’inversione delle proprietà elastiche in contemporanea alla stima della wavelet tramite un inversione globale. Infatti, nella Full Waveform Inversion (F W I) si cerca di minimizzare una certa funzione oggetto (per esempio una norma L2) che si basa sulla differenza tra i dati osservati

e i dati predetti. Poiché sia i dati osservati che i dati predetti sono una funzione delle caratteristiche del sottosuolo e della forma d’onda della sorgente, molti autori propongono di trattare la stima della forma d’onda (wavelet) come parte dell’inver-sione [WKHB09, SJC+14, Ric13]. Nella maggior parte dei casi in cui viene usata

F W I si dà per nota la wavelet e si cerca di invertire soltanto il modello di velocità.

Questo approccio però è corretto soltanto nei casi sintetici in cui la wavelet è ben conosciuta. Nei casi reali, invece, l’accoppiamento tra il mezzo e la sorgente gioca un parte rilevante ed una piccola variazione nella forma della wavelet può creare grandi variazioni nella stima del modello di velocità.

Tra gli obbiettivi della seconda parte della tesi vi è quindi: lo studio di una parame-trizzazione parsimoniosa della wavelet, proposta da due articoli che presentano delle piccole variazioni fra di loro [Ska16, AEU13], avendo cura di analizzare l’influenza dei singoli parametri; l’analisi dei risultati ottenuti tramite un’inversione in con-temporanea delle proprietà elastiche e della wavelet di un sismogramma time-angle sintetico generato tramite l’uso della full Zoeppritz, paragonando questi risultati con l’inversione delle sole proprietà elastiche nota la wavelet; il confronto con dei risultati di un’inversione dando per nota una wavelet errata e i risultati ottenuti tra-mite un’inversione alternata delle proprietà elastiche e della wavelet. A differenza di vari autori che propongono un’inversione locale [ADK+11,SPB07] si otterranno, infatti, dei risultati con un’inversione globale sia con che senza informazioni a priori modificando la funzione di misfit a seconda del caso.

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Introduzione

La tesi è stata scritta con il linguaggio di markup LATEX [BC98] ed è suddivisa in

cinque capitoli. Il Capitolo 1, prima di esporre quanto fatto, ha la funzione di in-troduzione alla teoria e di chiarimento della nomenclatura usata, il suo scopo non è quindi quello di approfondire nel dettaglio le varie tematiche già trattate largamente in letteratura (per tale scopo si rimanda agli articoli citati). IlCapitolo 2, affronta la tematica del modelling sismico e nello specifico l’influenza dei punti per wavelet nel modelling alle differenze finite (F D) per il calcolo delle curve di dispersione esso infatti, si concentra sul modelling 3D delle onde superficiali in mezzi orizzontalmen-te omogenei, quindi profili di velocità 1D. Lo scopo è stato quello di quantificare l’influenza dei punti per wavelet nelle curve di dispersione generate dai sismogrammi tramite l’uso della trasformata di radon, confrontando vari risultati ottenuti tramite l’uso di differenti forme di griglie di modelling, punti per wavelet e frequenza. Infine viene presentato un confronto tra quanto fatto durante il mio tirocinio in ENI spa e un sismogramma generato con il reflectivity modelling (ReMo) all’Università di Pi-sa. IlCapitolo 3propone lo studio della wavelet presentata con piccole variazioni dai due articoli presi in esame [Ska16,AEU13], avendo cura di analizzare l’influenza dei singoli parametri. Vari esempi serviranno inoltre per capire al meglio pregi e limiti di una parametrizzazione parsimoniosa. Il Capitolo 4 si concentra sull’inversione delle proprietà elastiche in contemporanea alla stima della wavelet tramite un’inver-sione globale. Infatti, nella Full Waveform Inversion (F W I) si cerca di minimizzare una certa funzione oggetto (per esempio una norma L2) basata sulla differenza tra

i dati osservati e i dati predetti. Poiché sia i dati osservati che i dati predetti sono una funzione delle caratteristiche del sottosuolo e della forma d’onda della sorgen-te, molti autori propongono di trattare la stima della forma d’onda (wavelet) come parte dell’inversione [WKHB09,SJC+14,Ric13]. Nella maggior parte dei casi in cui viene usata F W I si dà per nota la wavelet e si cerca di invertire soltanto il modello di velocità. Questo approccio però è corretto soltanto nei casi sintetici in cui la wavelet è ben conosciuta. Nei casi reali, invece, l’accoppiamento tra il mezzo e la sorgente gioca un parte rilevante ed una piccola variazione nella forma della wavelet può creare grandi variazioni nella stima del modello di velocità. Tra gli obbiettivi di questo lavoro vi è quindi: l’analisi dei risultati ottenuti tramite un’inversione in con-temporanea delle proprietà elastiche e della wavelet di un sismogramma time-angle sintetico generato tramite l’uso della full Zoeppritz, paragonando questi risultati con l’inversione delle sole proprietà elastiche nota la wavelet; il confronto con dei risul-tati di un’inversione dando per nota una wavelet errata e i risulrisul-tati ottenuti tramite un’inversione alternata delle proprietà elastiche e della wavelet. A differenza di vari

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conclusioni di quanto esposto in precedenza. Nell’Appendice si propongono infine: i grafici delle velocità di fase in funzione della frequenza al variare del parametro di regolarizzazione della trasformata di Radon; il grafico e il metodo con cui si è associato un errore al picking delle curve di dispersione; l’implementazione esplicita dei polinomi di Hermite in MATLABr.

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1. Teoria

Nel primo capitolo si vuole riportare solo un breve accenno della letteratura alla base della tesi in modo da avere più chiari i termini utilizzati in seguito. Per approfondire i diversi aspetti e le problematiche largamente trattati in letteratura si rimanda agli articoli ed ai testi citati.

1.1. Onde Superficiali

In sismica si è soliti dividere le onde in due categorie a seconda della concentrazione di energia in onde di volume e onde superficiali (o più generalmente onde guidate) [Nov99]. Le onde di volume sono le ben note onde compressionali e di taglio, le onde di superficie sono invece delle particolari onde originate dall’interferenza delle onde di volume in mezzi confinati. Infatti, in un mezzo omogeneo, isotropo ed il-limitato le uniche onde che si possono avere sono le onde di volume. Il mezzo più semplice dove si possono generare le onde di superficie è un semispazio omogeneo ed isotropo con una superficie libera. In questo caso si avrà la formazione di onde che si propagano lungo la superficie con una polarizzazione ellittica e che decrescono di ampiezza all’aumentare della profondità. Questo tipo di onde sono conosciute come onde di Rayleigh e normalmente non si propagano in profondità per più di una lunghezza d’onda, ed è per questo che vengono dette superficiali. Con un layer su un semispazio omogeneo potremo generare le onde di Love, con un’interfaccia acqua-solido creeremo le onde di Scholte, in presenza di altri tipi di discontinuità si formeranno onde diverse ben note in fisica, ingegneria e sismica. Nei sismogram-mi che si analizzeranno in seguito saranno prese in considerazione solo le onde di Rayleigh, note in sismica come ground roll [SLVG11]. Tali onde, che costituiscono la maggior parte del segnale registrato dai geofoni, venivano considerate solo come rumore fino a qualche decennio fa. Oggi invece si cerca di tirar fuori più informazioni possibili sulla superficie grazie alla loro caratterizzazione [BWV13].

In mezzi verticalmente disomogenei, la propagazione delle onde superficiali è gover-nata dalla dispersione geometrica: onde armoniche di lunghezza d’onda diversa si propagano in range di profondità diversi e quindi per ciascuna lunghezza d’onda la velocità di fase dipende dalle caratteristiche del sottosuolo [FHG+18]. La distri-buzione delle velocità di fase in funzione della frequenza o della lunghezza d’onda prende il nome di curva di dispersione. In un mezzo stratificato, dove la velocità

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delle onde compressionali e di taglio aumenta con la profondità normalmente la velo-cità di fase decresce con la frequenza. Infatti, le frequenze più alte si propagano più facilmente negli strati superiori (a velocità più bassa), mentre le basse frequenze rie-scono a penetrare di più e sono quindi influenzate dalle caratteristiche del sottosuolo più in profondità (con velocità più alte).

In mezzi stratificati orizzontalmente, le onde di superficie sono un fenomeno multi-modale, dato che alla stessa frequenza possono esistere diversi modi di vibrazione [Str03]. Ogni modo è caratterizzato dalla propria propagazione di velocità che au-menta sempre dal fondaau-mentale ai modi superiori (overtones). L’esistenza di modi superiori per le onde superficiali è dovuto al fenomeno di interferenza tra le onde che subiscono diverse riflessioni tra le interfacce dei layers. In particolare, modi su-periori differenti hanno energie di propagazioni differenti, non permettendo sempre la loro identificazione [FHG+18].

1.2. Modelling

Il modelling sismico è una tecnica che permette di simulare delle acquisizioni sismi-che. Infatti dati dei parametri fisici del sottosuolo, si ottiene un sismogramma, detto sintetico, che rispetta le caratteristiche di una acquisizione sperimentale in una zona con gli stessi parametri fisici [AM95,Bed13, CBL91].

Il modelling è una tecnica importante per valutare e disegnare un’acquisizione e una parte essenziale degli algoritmi di inversione F W I. Il modelling si basa sul simulare la propagazione di un’onda nel sottosuolo, e per far ciò non è sempre possibile risolvere analiticamente l’equazione dell’elastodinamica (in realtà soltanto nel caso del semispazio isotropo e onde piane è possibile farlo). Ed è per questo che si ricorre a tecniche numeriche per trovare una soluzione. Tra le tecniche di modelling più diffuse troviamo: il metodo dei raggi, il metodo della riflettività (ReMo), il metodo delle differenze finite (F D) e il metodo degli elementi finiti. Nel Capitolo 2, si fa uso del modelling ReMo e del modelling alle differenze finite.

Il modelling ReMo è un metodo analitico per simulare la propagazione elastica in mezzi con strati piano paralleli (quindi 1D) esso si fonda sulla soluzione del’equazione dell’elastodinamica nel dominio frequenza-numero d’onda, in cui viene calcolata la risposta del mezzo ad un’onda piana monocromatica. Il campo d’onda infine viene ricostruito nel dominio w − r (frequenza-offset) e tramite la Trasformata di Fourier si torna nel dominio tempo-offset. Tale metodo permette una corretta descrizione dei fenomeni (in particolare l’attenuazione) ma è limitato all’implementazione in stratificazioni 1D che rende tale modelling spesso non utilizzabile.

Il modelling alle F D consiste nel sostituire gli operatori differenziali presenti nell’e-quazione del moto e nelle relative condizioni a contorno con delle approssimazioni mediante le differenze finite. Così si ottiene un sistema di equazioni algebriche li-neari. Se si considera l’evoluzione del campo d’onda in un mezzo 2D, si ricopre la

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1.2 Modelling

zona interessata di una griglia a maglie rettangolari nei quali vertici si specifica il campo degli spostamenti (i vertici in questo caso vengono detti nodi). La spaziatura tra due nodi specifica l’approssimazione che si avrà nel calcolare le derivate:

(∂φ

∂x)m,l'

φm+1,l− φm−1,l

2∆x (1.1)

Dove con φ(x, z, t) si intende la variabile continua e φ(m∆x, l∆z, p∆t) l’equivalente discretizzata, con m, l gli indici dei nodi l’ungo l’asse x e z rispettivamente e con ∆x la spaziatura fra due nodi lungo l’asse x. Ovviamente più piccolo sarà il valore della spaziatura dei nodi più preciso sarà il calcolo delle derivate, e allo stesso tempo però si avrà un aumento del costo computazionale. E’ da tenere in considerazione anche il numero di punti per lunghezza d’onda necessari per propagare correttamente la minima lunghezza d’onda. I punti per wavelet (ppw) devono rispettare l’equazione:

ppw= υmin

max(∆x, ∆z)fmax

(1.2) Dove υmin è la minima velocità del modello e fmax la massima frequenza da

mo-dellizzare. Per caratterizzare le onde superficiali ed evitare di aggiungere “di-spersione numerica” è necessario avere un numero di ppw discretamente elevato [Xin17, NONSA05]. Questo pone dunque un vincolo sulla spaziatura scelta. Infine, l’altro parametro che risente della spaziatura fra i nodi è l’avanzamento temporale ∆t che per evitare una soluzione instabile deve rispettare una condizione come limite superiore.

∆t ≤ Cmin(∆x, ∆z)

υmax

(1.3) Tale formula dipende dal parametro C detto numero di Courant (che dipende dalla dimensione del modelling e dall’ordine delle approssimazioni usate per le differenze finite [Pit99]), dalla spaziatura tra un nodo e l’altro e dalla massima frequenza da modellizzare. Si terrà in considerazione quanto detto fino ad ora per la scelta dei vari parametri nel Capitolo 2.

Particolare attenzione va posta anche alle condizioni che vengono imposte ai bordi [KT03]. Per quanto riguarda la superficie si considererà la condizione di superficie libera, necessaria per avere modellizzare le onde superficiali. Gli altri bordi, nel algoritmo impiegato, sono assorbenti in modo tale da limitare la presenza di artefatti non dovuti ai riflettori nel sottosuolo [CHtK02].

Infine da tenere in considerazione per ogni modelling è il tempo computazionale. In

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modello bisogna comunque valutare la scelta dei parametri per avere dei risultati in tempi accettabili. Il tempo computazionale aumenta linearmente con apertura in-line e cross-in-line del modelling, con la profondità massima di modelling e con il tempo di ascolto, ma non linearmente con altri parametri. Per quanto riguarda i ppw e

fmax, infatti, il tempo computazione scala come una potenza alla quarta di questi

parametri (in un modelling 3D). Poiché raddoppiare la frequenza o i ppw dimezza le dimensioni della spaziatura fra due nodi (Equazione 1.2) portando il tempo non raddoppiare ma a scalare come una potenza pari alla dimensione del modelling più uno, quest’ultimo dovuto alla dipendenza dell’avanzamento temporale ∆t dalla spaziatura minima dei nodi (Equazione 1.3).

La scelta di usare un modelling alle F D è dovuto al fatto che è facilmente imple-mentabile e molto efficiente paragonato ad altri metodi ma ancor di più la scelta risulta obbligata dato che è l’algoritmo già implementato nei programmi sviluppati in o per ENI spa. L’uso del modelling ReMo invece avrà una valenza di confronto per valutare la dispersione numerica introdotta dal metodo alle differenze finite.

1.3. Ricker

In sismica una tra le più importati forme d’onda (wavelet) usate per il modelling è sicuramente la Ricker [Rya94]. La Ricker è la derivata seconda di una funzione gaussiana a meno di un cambio di variabili [Wan15]. Data una generica gaussiana non normalizzata:

f(x) = a exp(−(x − b)

2

2c2 )

e calcolandone la sua derivata seconda:

2f(x) ∂x2 = − a c2(1 − ( x − b c ) 2) exp(−(x − b)2 2c2 )

Possiamo vedere come sia uguale all’Equazione 1.4 imponendo x−b

c =

2πfpx e

a

c2 = 1. Dove fp è la frequenza di picco della Ricker, cioè la frequenza per cui lo

spettro di ampiezza è massimo.

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1.4 Parametrizzazione Wavelet

Inoltre la Ricker è un caso particolare dei polinomi smorzati di Hermite (Equazione 1.5), a meno di un’inversione di polarità, dato come sono definiti i polinomi di Hermite [AS64a]. ψn(x) = exp(−1 2x2)Hen(x) (1.5) Hen(x) = (−1)nexp(1 2x2) dn dxn exp(− 1 2x2) (1.6)

Dove ψn(x) sono i polinomi smorzati del n-esimo ordine e Hen(x) sono i polinomi

probabilistici di Hermite. Sapendo che il polinomio probabilistico di ordine 2 è

He2(x) = x

2 1, troviamo ψ

2(˜x) = −wRicker(x; f) con ˜x =

2πfpx.

La Ricker, come è ben noto, non è causale ed è a fase zero cosa che la rende ottima per un modelling sintetico ma che complica le cose quando si deve passare ai casi reali.

1.4. Parametrizzazione Wavelet

Come già anticipato, si utilizza come parametrizzazione della wavelet quella propo-sta da Skauvold nel 2016 [Ska16], simile a sua volta a quella proposta da Aune nel 2013 [AEU13]. La funzione analitica w(t;βββ) nell’Equazione 1.7dipenderà dal tempo

t e da una piccolo numero di parametri βββ in grado di caratterizzare la Ricker e sue

variazioni. Viene scelta tale parametrizzazione come combinazione di una funzione pari (fs(x)) ed una dispari (fa(x)) che rispettino alcune condizioni. Per la funzione

pari di essere smooth e tale per cui limx→∞(1 + |x|α)fs(x) = 0 con α > 0 e che

R

Rfs(x)dx = 0. Invece per la funzione dispari di essere smooth e limitata, riscritta

in sup(fa(x))fa(x) +1

2 . Queste condizioni torneranno utili per proporre delle variazioni alla

parametrizzazione della wavelet (sezione 3.3).

I 4 parametri proposti, βββ = [a, s, ν, n], solo legati ognuno ad una caratteristica della wavelet: l’ampiezza a, la skewness s, la dilatazione temporale ν, l’ordine del polinomio di Hermite 2n. Le unità di misura dei parametri vengono riportate qui {[a] = ua, [s] = ua, [ν] = s, [n] = ua} e nell’Elenco dei simboli (con ua si intende unità arbitrarie, usato anche per i parametri adimensionali). In uno dei capitoli successivi (sezione 3.1) si valuterà l’influenza dei singoli parametri βββ = [a, s, ν, n]. La funzione proposta è:

w(t; a, s, ν, n) = aψ2n(t/ν)

(0)

erf(st/ν) + 1

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L’Equazione 1.7fa uso dei dei polinomi smorzati di Hermite (Equazione 1.5) e della nota funzione speciale erf(x), la funzione degli errori di Gauss [AS64b] qui definita

erf(x) = √2

π Z x

0 exp(−ξ

2)dξ (1.8)

Il polinomio al denominatore nell’Equazione 1.7 viene usato per normalizzare al valore 1 la funzione in zero, sarà poi il paramento a a stabilire l’ampiezza effettiva della funzione parametrizzata.

In particolare si fa uso solo dei polinomi di ordine pari (vedi Equazione 1.7 ), in quanto i polinomi di Hermite sono funzioni pari o dispari rispetto al proprio ordine e per rispettare le condizioni iniziali si fa uso solo degli ordini pari. Inoltre essendo la funzioni dispari He2n+1(0) = 0 si avrebbe un problema nella normalizzazione

applica-ta. Nell’Appendice (sezione A.3) si farà una breve digressione sull’implementazione dei polinomi di Hermite in MATLABr.

Si nota inoltre come per il caso particolare [a = 2, s = 0, n = 1] l’Equazione 1.7

diventi: w(t; a = 2, s = 0, ν, n = 1) = ψ2n(t/ν) ψ2n(0) = (1 − (t ν) 2) exp(−1 2( t ν) 2) (1.9) Quindi per: ν = √ 1 2πfp (1.10) si ottiene la Ricker dell’Equazione 1.4.

1.5. Algoritmo Genetico (GA)

Per stimare i vari parametri (sia della wavelet sia delle proprietà elastiche) nel

Capitolo 4 si farà uso di un algoritmo genetico, cioè un metodo di ottimizzazio-ne stocastico largamente impiegato ottimizzazio-nella geofisica [CGT91, Gol89, CGT97, SM02]. La stima dei parametri della wavelet e delle proprietà elastiche ovviamente è un problema inverso; diversi autori hanno analizzato i problemi inversi nella geofisica [Ale14, LT84, TV82,Tar05,SS13] e altrettanti l’uso di un algoritmo genetico per la minimizzazione della funzione oggetto [SAS+16, Xin17, Mit98, SD08].

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1.5 Algoritmo Genetico (GA)

Sviluppato per la prima volta da Holland nel 1975 [Hol75], l’algoritmo genetico (GA) è un algoritmo di ricerca globale basato sulla selezione naturale e sui pro-cessi di evoluzione delle specie biologiche. L’implementazione dei propro-cessi biologici e dell’evoluzione è simulata tramite riproduzione, mutazione e ricombinazione dei modelli. Tra i vari metodi di minimizzazione globale per la geofisica, il GA risulta essere uno dei migliori, soprattutto all’aumentare dei parametri [SAG+17].

Qui si propone lo schema dell’evoluzione dell’algoritmo:

1. Creazione di una popolazione iniziale in maniera random all’interno del range permesso. Ogni set di parametri che forma un modello prende il nome di individuo, l’insieme di individui forma la popolazione;

2. Risoluzione del forward modelling per ogni individuo e valutazione del misfit tra i dati osservati e i dati predetti;

3. Se nessun criterio di ottimizzazione è stato raggiunto, si crea la nuova popola-zione con il metodo che segue. Ad ogni individuo viene assegnato un punteggio in base al suo relativo misfit;

4. Una parte degli individui con misfit più basso (élite) sopravvive nella genera-zione successiva;

5. La restante parte di individui (genitori) genera la nuova popolazione (figli) seguendo i principi di mutazione e ricombinazione con una certa probabilità rispetto al punteggio assegnato. Una parte dei genitori vengono modificati singolarmente (mutazione) e altri genitori vengono ricombinati a coppie

(ri-combinazione) per la creazione dei figli (riproduzione). Creando così la nuova

generazione;

6. Si ripetono i punti dal 2 al 5 finché un qualche criterio di ottimizzazione non viene raggiunto (es: numero massimo di generazioni, tempo massimo, misfit sotto una certa soglia, etc. etc. ...).

I vantaggi principali di un GA sono: la possibilità di ricerca del minimo in parallelo; il fatto che non siano richieste informazioni a priori, ma solo la funzione oggetto; le transizioni stocastiche; la possibilità di avere una serie di soluzioni per un dato problema. Uno dei principali problemi del GA è invece il “genetic drift”. Se infatti la funzione oggetto ha più minimi alla stessa “quota” (circa) il GA può convergere in uno o in un altro minimo in maniera casuale. Una possibile modifica all’algo-ritmo per ridurre tale problematica è l’introduzione delle sotto-popolazioni (Niched Genetic Algorithm) [AM17, Mah95, Hor93]. L’introduzione delle sotto-popolazioni permette l’evoluzione di alcune popolazioni in parallelo con la migrazione ogni m generazioni un individuo da una sotto-popolazione ad un’altra (migrazione). Le sotto-popolazioni attenuano il problema di una convergenza anticipata in un minimo locale.

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1.6. Associare un errore con il metodo Monte Carlo

Per associare un errore ai parametri stimati si usa il metodo Monte Carlo [KR12,

Ale14], tecnica standard per associare un errore ai parametri in un problema non lineare. La procedura segue tale schema:

1. Si invertono i dati osservati (do) ottenendo così un modello (m0) e da esso si

generano i dati stimati (db);

2. Si contaminano i dati stimati con un errore con una distribuzione arbitraria creando così vari db,i = db+ ηi con i = [1, 2, 3, ..., Q];

3. Si invertono i dati affetti da rumore (db,i) generando così Q modelli (mb,i);

4. Si calcola la media dei modelli generati ( ¯m) e si crea un vettore A le cui righe

sono la differenza tra i vari modelli e la media (mb,im¯);

5. Infine si definisce la matrice di covarianza così fatta: Cm = A TA Q .

1.7. Modello convoluzionale

Il modo più semplice per creare una traccia sismica è il ben noto modello convo-luzionale [SG95, Fah]. Esso si basa per l’appunto sulla generazione della traccia sismica (s(t)) tramite la convoluzione di una serie di riflettività (r(t)) e la wavelet (w(t)) con l’aggiunta di rumore (n).

s(t) = w(t) ∗ r(t) + n (1.11)

Dove con il simbolo ∗ si intende la convoluzione.

Per generare la serie di riflettività si possono seguire varie approssimazioni [AR80,

Wan99] che dipendono dall’angolo di incidenza e dalle varie approssimazioni che ven-gono fatte all’equazione di Zoeppritz [SZYM18]. Nel Capitolo 4 verranno generati dei sismogrammi time-angle utilizzando, per calcolare i valori della serie di riflet-tività (RP P), la full Zoeppritz equation [Zoe19, LYWS15] che è possibile derivare

dall’Equazione 1.12.      RP P RP S TP P TP S      =       

sin(θ1) −cos(φ1) sin(θ2) cos(φ2)

cos(θ1) −sin(φ1) cos(θ2) −sin(φ2)

sin(2θ1) VP 1V S1 cos(φ1) ρ2 ρ1 V2 S1 V2 S1 VP 1 VP 2 cos(2φ1) ρ2 ρ1 VS2VP 1 V2 S1 cos(2φ2) −cos(2φ1) VS1VP 1 sin(φ1) ρρ2 1 VP 2 VP 1 cos(2φ2) − ρ2 ρ1 VS2 VP 1 sin(2φ2)        −1      sin(θ1) cos(θ1) sin(2θ1) cos(2φ1)      (1.12)

(21)

1.7 Modello convoluzionale

Dove gli angoli θi, φj indicano gli angoli di incidenza mostrati inFigura 1.1e possono

essere calcolati tramite l’Equazione 1.13 derivata dall’Equazione di Snell . sin(θ1) VP 1 = sin(θ2) VP 2 = sin(φ1) VS1 = sin(φ2) VS2 (1.13)

Si assume, agli scopi della tesi, che la wavelet non cambi con il tempo e con l’angolo di incidenza.

Figura 1.1.: Grafico di conversione dell’Onda incidente P in: 2 onde riflesse P e S, 2 onde rifratte P e S. Immagine: www.subsurfwiki.org/wiki/Zoeppritz_equation (Ultimo accesso 14/09/2019).

(22)
(23)

2. Modelling Onde Superficiali

La prima parte del tirocinio in ENI spa si è incentrata sul modelling ed in parti-colare sulla caratterizzazione delle onde superficiali. Per il modelling è stato usato il software della Landmark, SeisSpacerP roM AXr, che permette di gestire tutti i

parametri fondamentali per un modelling alle differenze finite.

Inizialmente come modello di velocità per le onde compressionali Vp e le onde

tra-sversali Vs è stato scelto quello presentato in Figura 2.1, la densità è stata tenuta

costante e l’attenuazione è stata considerata 0. Il modello di velocità appena de-scritto è del tutto similare a quello mostrato nell’articolo [BWV13]. In Figura 2.2

lo stesso modello delle Vp ma in scala colore per una migliore interpretazione.

Anche se il modello di velocità appena descritto è 1D, si è deciso di fare un model-ling 3D per avere contezza dello spreading geometrico. In Tabella 2.1 si riportano le informazioni principali che verranno mantenute fisse nella trattazione di questo capitolo. L’apertura in-line e cross-line del modelling (pari a 1.3 km per entrambe) è stata scelta considerando la velocità dell’onda di Rayleigh, quindi l’onda più energe-tica del sismogramma, per evitare che tale onda arrivasse sui bordi assorbenti e per ridurre al minimo la possibilità di avere artefatti tenendo in considerazione il tempo di registrazione scelto (1 s). Nello spettro f − k avremo una conferma di quanto detto. Anche la profondità massima di modelling (100m) è stata scelta in maniera tale da essere sufficiente ad ottenere l’attenuazione dell’onda di Rayleigh. Il ∆t di acquisizione di 2 ms permette di avere una frequenza di Nyquist di fn = 250 Hz

sufficiente per evitare l’aliasing. In realtà sarebbe stato possibile usare anche un passo di acquisizione temporale più lungo dato che la frequenza massima modelliz-zata (30 Hz) è molto più bassa, ma si è deciso comunque di tenere ∆t = 2 ms per avere un sismogramma più smooth visivamente. La spaziatura dei ricevitori così ravvicinata (1 m) permette anche di caratterizzare lunghezze d’onda piccole. Come si vedrà anche una spaziatura più ampia avrebbe dato lo stesso risultato.

(24)

Figura 2.1.: Modello di velocità Vp e Vs usato per il modelling. La figura riporta

le velocità in m/s e la profondità in m.

(25)

2.1 Influenza dei punti per wavelet (ppw) Apertura cross-line 1.3 km Apertura in-line 1.3 km Profondità 100 m Tempo di registrazione 1 s N Shot 1

Tipo di sorgente P source

wavelet Ricker

f massima modellizzata 30 Hz

∆t di acquisizione 2 ms

N Ricevitori 1000

Spaziatura ricevitori 1 m

Geometria di acquisizione Split-Spread simmetrico Tabella 2.1.: Principali parametri del modelling.

2.1. Influenza dei punti per wavelet (ppw)

Come primo test si decide di lasciare al software la decisione della spaziatura della griglia di modelling che di default è variabile. InFigura 2.3si riporta il sismogramma del modelling appena descritto, in particolare la componente z. Data la simmetria del sismogramma e visto che la maggior parte dell’energia si concentra nei primi millisecondi dei primi ricevitori, si decide arbitrariamente di tagliare il sismogramma e di saturarne visivamente l’ampiezza verso gli estremi per permetterne una migliore fruibilità. Il risultato è riportato inFigura 2.4dove possiamo già identificare l’onda di Rayleigh che per ampiezza sovrasta tutto il sismogramma.

Si vuole indagare cosa varia quando la griglia su cui viene calcolato il modelling viene modificata e per questo si decide di impostare celle cubiche (∆x = ∆z = ∆y) che varieranno in dimensione a scapito del tempo computazionale. Si decide di passare a ppw = 10 che per l’Equazione 1.2 equivale a fissare ∆x = 0.99 m, tenendo conto che la minima velocità di shear è vmin = 297 m/s e la frequenza massima

modellizzata è fmax = 30 Hz. Fissato il numero di punti per wavelet si passa

al ∆tgriglia = 70 µs, calcolato direttamente dal software, scelto in modo tale da

rispettare l’Equazione 1.3. Gli altri parametri vengono tenuti fissi. Il risultato viene mostrato in Figura 2.5.

Si ripete il modelling portando i punti per wavelet a ppw = 20, cioè ∆x = 0.495 m e ∆tgriglia = 35 µs. Il sismogramma relativo a tale configurazione è riportato in

(26)

Figura 2.3.: Sismogramma relativo al modelling con la griglia di default.

(27)

2.1 Influenza dei punti per wavelet (ppw)

Figura 2.5.: Sismogramma relativo al modelling con la griglia fissa e ppw = 10.

(28)

È evidente come aumentare i punti per wavelet cambi significativamente il sismo-gramma soprattutto in relazione all’onda superficiale. Si nota infatti che all’aumen-tare dei ppw si riescono a definire più lunghezze d’onda dell’onda di Rayleigh e si avviene anche una traslazione dei modi superiori verso tempi più bassi. Per riuscire ad identificare meglio quanto detto si realizza il grafico delle curve di dispersione tramite l’uso della trasformata di Radon [XLM18, Yil01].

Tramite il software open source Geopsy [Wat05] si realizzano invece le curve di dispersione teoriche e si confrontano con quanto trovato tramite l’uso della trasfor-mata di Radon. Le Figure: Figura 2.7, Figura 2.8 e Figura 2.9 mostrano il grafico della velocità di fase in funzione della frequenza (c − f). In tutte e tre le Figure, il parametro di regolarizzazione della trasformata di Radon è stato scelto arbitraria-mente β = 1000 e sono rappresentate le curve di dispersione teoriche per il modo fondamentale e i primi tre modi superiori. Le Figure sono rispettivamente relative al modelling: con la griglia di default; con ppw = 10; con ppw = 20. Nell’appendice (sezione A.1) si mostreranno gli altri risultati con un parametro di regolarizzazione diverso.

Figura 2.7.: Grafico velocità di fase in funzione della frequenza. Le curve teoriche per il modo fondamentale e i modi superiori sono sovrapposte al grafico realizzato tramite la trasformata di Radon con un parametro di normalizzazione β = 1000, relativo al modelling con la griglia di modellizzazione di default.

(29)

2.1 Influenza dei punti per wavelet (ppw)

Figura 2.8.: Grafico velocità di fase in funzione della frequenza. Le curve teoriche per il modo fondamentale e i modi superiori sono sovrapposte al grafico realizzato tramite la trasformata di Radon con un parametro di normalizzazione β = 1000, relativo al modelling con la griglia di modellizzazione fissa e ppw = 10.

Figura 2.9.: Grafico velocità di fase in funzione della frequenza. Le curve teoriche per il modo fondamentale e i modi superiori sono sovrapposte al grafico realizzato tramite la trasformata di Radon con un parametro di normalizzazione β = 1000, relativo al modelling con la griglia di modellizzazione fissa e ppw = 20.

(30)

Già qualitativamente si nota come l’aumento dei ppw porti a focalizzare l’ampiez-za più vicina alle curve teoriche, soprattutto per i modi superiori. Ciò è segno del fatto che un numero elevato di punti per wavelet è necessario per una corretta caratterizzazione delle onde superficiali. Si nota inoltre come l’ampiezza, nei gra-fici delle curve di dispersione, sia più elevata a frequenza maggiore all’aumentare dei punti per wavelet. Se si prende come esempio il modo fondamentale, è chiaro come il grafico riporti un’ampiezza maggiore su tutte le frequenze quando i punti per wavelet sono in numero superiore, quindi riesce a definire meglio la curva di dispersione, come già anticipato osservando il sismogramma e notando la presenza di lunghezze d’onda prima meno visibili nello stesso modo. Ovviamente le tre Figu-re Figura 2.7, Figura 2.8e Figura 2.9 hanno la stessa scala colori per un confronto visivo immediato.

Per avere un confronto quantitativo si procede al picking del grafico. Il picking è fatto automaticamente sui valori di ampiezza maggiori, una volta definito il range. Quindi vengono definite delle zone intorno in cui si identificano le curve di dispersione e si lascia al computer il compito di fare il picking del massimo. Tale metodo ovviamente soffre del fatto che deve essere un operatore a definire le zone di ricerca e quindi ad identificare il modo fondamentale e i modi superiori.

Il picking viene effettuato solo per i grafici relativi a ppw = 10 e ppw = 20 poiché nel grafico con la griglia variabile di default non è riconoscibile il terzo modo superiore. I risultati del picking arbitrario sono mostrati nelle FigureFigura 2.10e Figura 2.11. Per entrambi i casi il picking è stato fatto con le stesse limitazioni di range e in ugual numero così da poter confrontare i risultati ottenuti.

Al picking si associa un errore, in quale non è costante per tutti i punti ma varia a seconda della velocità. In particolare esso è costante fino ad una velocità limite e poi cresce in maniera monotona. Cio è dovuto al metodo con cui è stato costruito il grafico delle velocità di fase (per maggiori dettagli la procedura è descritta in appendice, sezione A.2). Associando così un errore al picking si può realizzare il grafico dei residui normalizzato e quantificare la distanza del picking dalle curve teoriche. I due grafici dei residui normalizzati riportano la stessa scala per un facile confronto: laFigura 2.12 riporta i residui normalizzati per quanto riguarda il modelling con ppw = 10; la Figura 2.13 per il modelling con ppw = 20. Nel grafico si rappresentano tutti i modi identificati, la curva continua sullo zero rappresenta tutte le curve teoriche e i vari asterischi rappresentano la distanza pesata sull’errore dalla curva teorica. Si riporta, come valore numerico per un confronto, il valore del

(31)

2.1 Influenza dei punti per wavelet (ppw)

Figura 2.10.: Grafico velocità di fase in funzione della frequenza. Il picking sulle ampiezze più elevate è rappresentato dagli asterischi. Le curve teoriche (linee continue) per il modo fondamentale e i modi superiori sono sovrapposte al grafico realizzato tramite la trasformata di Radon con un parametro di normalizzazione

(32)

Figura 2.11.: Grafico velocità di fase in funzione della frequenza. Sovrapposto al grafico si riporta il picking delle ampiezze e le curve teoriche (linee continue) per il modo fondamentale e i modi superiori. Parametro di normalizzazione β = 1000, modelling con la griglia di modellizzazione fissa e ppw = 20.

(33)

2.1 Influenza dei punti per wavelet (ppw)

Figura 2.12.: Grafico dei residui normalizzati relativo allaFigura 2.10(ppw = 10). Tutte le curve teoriche sono rappresentate con una linea continua sullo zero, i vari residui normalizzati sono rappresentati con gli asterischi di colore diverso rispetto al modo.

Figura 2.13.: Grafico dei residui normalizzati relativo allaFigura 2.11(ppw = 20). Tutte le curve teoriche sono rappresentate con una linea continua sullo zero, i vari residui normalizzati sono rappresentati con gli asterischi di colore diverso rispetto al modo.

(34)

Dai graficiFigura 2.12eFigura 2.13si evince come l’aumento dei punti per wavelet sia necessario per ridurre lo scostamento tra la curva teorica e i dati generati. Dato confermato dal valore del χ2 quasi dimezzato con l’aumento dei ppw. Resta invece

irrisolto l’andamento non casuale dei residui, imputabile probabilmente al funziona-mento stesso del modelling alle differenze finite. Dato che ogni step del modelling viene calcolato a partire dalla cella precedente, un accumulo dell’errore sembrerebbe la causa più plausibile.

Per completezza si riporta come esempio il grafico della trasformata bidimensionale

f − k per il modelling con una griglia fissa e 20 punti per wavelet. NellaFigura 2.14

si riporta soltanto il semiasse positivo per le frequenze e il numero d’onda data la simmetria. In particolare si è riportato uno zoom dato che la frequenza di Nyquist è fn = 250Hz e kn = 0.5 m−1.

Figura 2.14.: Trasformata bidimensionale f − k relativa al sismogramma

Figura 2.6, quindi con modelling a griglia fissa e ppw = 20. L’ampiezza è normalizzata sul massimo e presentata in scala logaritmica.

(35)

2.2 Esempi con frequenza di modelling diversa

LaFigura 2.14 permette di dare conferma a due ipotesi precedentemente fatte. In-nanzitutto l’assenza di segnale a pendenza negativa nel semiasse positivo può essere utilizzata come prova dell’efficienza dei bordi assorbenti del modelling alle differenze finite implementato in SeisSpacerP roM AXr. Ad onor del vero, è presente del

se-gnale a pendenza negativa ma è diversi ordini di grandezza inferiore al sese-gnale preso in considerazione, a tal punto che nella scala colori della Figura 2.14non è visibile, ciò è comunque sufficiente per supportare quanto detto. La seconda ipotesi che trova conferma riguarda la distanza tra i ricevitori. Come in realtà ci si poteva aspettare, data la fmax = 30 Hz e la minima velocità delle onde di shear vmin = 297 m/s, una

spaziatura più larga dei ricevitori avrebbe permesso comunque di evitare l’aliasing spaziale. Anche una spaziatura ogni 3 metri avrebbe dato un risultato facilmen-te infacilmen-terpretabile. La decisione di manfacilmen-tenere comunque una distanza così ridotta è stata frutto del fatto che essa non ha un costo computazionale rilevante rispetto al modelling.

2.2. Esempi con frequenza di modelling diversa

Un limite di quanto fatto finora riguarda la concentrazione dell’energia tra 10-25 Hz dovuto a come è fatto lo spettro di una Ricker (Figura 2.15). Una soluzione a tale criticità potrebbe essere l’utilizzo una wavelet di Klauder (Figura 2.16), dato lo spettro di ampiezza più piatto (Figura 2.17).

(36)

Figura 2.16.: Klauder wavelet.

(37)

2.2 Esempi con frequenza di modelling diversa

In alternativa è possibile aumentare la frequenza massima di modellizzazione cen-trando così l’energia della Ricker a frequenza più alte, per esempio ad una frequenza massima di modellizzazione di fmax = 50 Hz come mostrato in Figura 2.18.

Que-sto permette di distinguere più modi superiori (vediFigura 2.19) ma non permette di realizzare sismogrammi con valori di punti per wavelet elevati. Infatti, il tem-po computazionale scala come f4 e quindi per avere risultati in tempi accettabili

non si è modellizzato con più di 10 ppw, rendendo inutile la possibile discussione dell’influenza dei ppw.

Ragionando al contrario, potremmo abbassare la frequenza massima di modellizza-zione per aumentare i punti per wavelet. Così facendo otteniamo il sismogramma in

Figura 2.20ed il suo relativo grafico delle velocità di fase in funzione della frequenza in Figura 2.21. Questo permette di arrivare ad avere fino a 30 punti per wavelet ma al costo di abbassare la frequenza massima modellizza a fmax = 20 Hz. Come si

evince inFigura 2.21 si perde così la possibilità di ben identificare i modi superiori rendendo vano lo sforzo di portare i punti per wavelet a 30. La scelta di un model-ling con fmax = 30 Hz risulta dunque essere quella più appropriata per affrontare il

problema.

Figura 2.18.: Sismogramma generato con il modelling alle differenza finite, con la griglia fissa ppw = 10 e frequenza massima di modellizzazione 50 Hz.

(38)

Figura 2.19.: Grafico velocità di fase in funzione della frequenza. Le curve teoriche per il modo fondamentale e i modi superiori sono sovrapposte al grafico realizzato tramite la trasformata di Radon con un parametro di normalizzazione β = 1000. Relativo al modelling alle differenza finite con la griglia fissa, ppw = 10 e frequenza massima di modellizzazione fmax= 50 Hz.

Figura 2.20.: Sismogramma generato con il modelling alle differenza finite con la griglia fissa, ppw = 30 e frequenza massima di modellizzazione fmax = 20 Hz.

(39)

2.3 Confronto con il Reflectivity modelling

Figura 2.21.: Grafico velocità di fase in funzione della frequenza. Le curve teoriche per il modo fondamentale e i modi superiori sono sovrapposte al grafico realizzato tramite la trasformata di Radon con un parametro di normalizzazione β = 1000. Relativo al modelling alle differenza finite con la griglia fissa, ppw = 30 e frequenza massima di modellizzazione fmax = 20 Hz.

2.3. Confronto con il Reflectivity modelling

Come termine di paragone viene generato un sismogramma con il reflectivity mo-delling tramite il software OASES (Ocean Acoustic and Seismic Exploration Syn-sthesis) [Sch11] disponibile all’Università di Pisa. Per generare il sismogramma è stata mantenuta la stessa geometria di acquisizione e si è usato il modello di ve-locità in Figura 2.1. La massima frequenza di modellizazione è stata mantenuta

fmax = 30 Hz e ∆t = 2 ms.

In Figura 2.22 è presentato il sismogramma relativo al modelling ReMo. Per una più facile interpretazione le prime tracce, relative ai ricevitori più vicini agli shot, vengono mutate. Per lo stesso motivo i primi millisecondi vengono esclusi dal grafico, ottenendo lo stesso muting temporale fatto nella sezione precedente.

(40)

Figura 2.22.: Sismogramma generato con il ReMo, le tracce relative ad i pri-mo offset vengono mutate, data la presenza di segnale ad ampiezza troppo elevata generato dal modelling che non permette la giusta interpretazione del sismogramma.

Prima di generare il grafico della velocità di fase, si nota un rumore ad alta frequen-za nel sismogramma e si decide di fare un’analisi spettrale. In Figura 2.23si mostra lo spettro di ampiezza medio del sismogramma e in Figura 2.24la trasformata bidi-mensionale f −k. Come è chiaro dai due grafici, il modelling ha generato dei segnali spuri a frequenze più alte di quella massima (fmax = 30 Hz) andando a creare degli

artefatti nel sismogramma. Si decide allora di applicare un filtro con le frequenze di taglio [2, 30]Hz. Il filtro è stato generato con la funzione fir1 in MATLABr e il

suo ordine è discretamente elevato per avere uno spettro molto pendente al di fuori delle frequenze di taglio, tutto questo a spese di ripples poco rilevanti. Il grafico dello spettro filtrato e lo spettro del filtro sono riportati in Figura 2.25, mentre in

Figura 2.26 lo spettro f − k filtrato. Inoltre per completezza in Figura 2.27 si ri-porta il sismogramma filtrato, nel quale si evince l’efficace comri-portamento del filtro confrontando il sismogramma con quello presentato in Figura 2.22.

Dal nuovo sismogramma filtrato si può generare il grafico delle velocità di fase in funzione della frequenza e visibile in Figura 2.28. Esso è stato ottenuto sempre tramite la trasformata di Radon con un valore di regolarizzazione β = 1000.

(41)

2.3 Confronto con il Reflectivity modelling

Figura 2.23.: Spettro di ampiezza medio relativo al sismogramma Figura 2.22, quindi generato con il ReMo.

Figura 2.24.: Trasformata bidimensionale f − k relativa al sismogramma

(42)

Figura 2.25.: Spettro di ampiezza medio relativo al sismogramma Figura 2.22 filtrato e spettro del filtro usato con frequenze di taglio pari a [2, 30]Hz.

Figura 2.26.: Trasformata bidimensionale f − k relativa al sismogramma in

(43)

2.3 Confronto con il Reflectivity modelling

Figura 2.27.: Sismogramma generato con il ReMo, filtrato nella banda [2, 30]Hz.

Figura 2.28.: Grafico velocità di fase in funzione della frequenza. Le curve teoriche per il modo fondamentale e i modi superiori sono sovrapposte al grafico realizzato tramite la trasformata di Radon con un parametro di normalizzazione β = 1000, relativo al modelling ReMo.

(44)

DallaFigura 2.28si evince un accordo tra le curve stimate e le curve teoriche molto più alto rispetto a quello ottenuto con il modelling alle differenze finite. Per un confronto quantitativo si effettua il picking del grafico con lo stesso metodo usato nella sezione 2.1, così da poter confrontare i risultati. In Figura 2.29 si riporta il picking effettuato ed in Figura 2.30 il grafico dei residui normalizzati con gli stessi limiti di range delle FigureFigura 2.12eFigura 2.13. Paragonando i residui ottenuti con il modelling ReMo a quelli ottenuti con il modelling F D, si vede subito un accordo maggiore per tutti i modi. In totale abbiamo un χ2

ReM o= 2.2 ∗ 103 inferiore

a tutti quelli ottenuti con il modelling alle differenze finite. Possiamo anche imputare il valore alto del chi quadro al picking del primo modo superiore che è quello che si discosta di più dalla curva teorica. Probabilmente un picking esteso ad un range maggiore per il terzo modo superiore e un picking in un range inferiore per i primi due modi superiori avrebbe dato un risultato migliore.

Figura 2.29.: Grafico velocità di fase in funzione della frequenza. Il picking sulle ampiezze più elevate è rappresentato dagli asterischi. Le curve teoriche (linee continue) per il modo fondamentale e i modi superiori sono sovrapposte al grafico realizzato tramite la trasformata di Radon con un parametro di normalizzazione

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2.4 Conclusioni

Figura 2.30.: Grafico dei residui normalizzati relativo alla Figura 2.29 (ReMo). Tutte le curve teoriche sono rappresentate con una linea continua sullo zero, i vari residui normalizzati sono rappresentati con gli asterischi di colore diverso rispetto al modo.

2.4. Conclusioni

Da quanto fatto si evince come per un modelling alle differenze finite (F D) i punti per wavelet (ppw) risultano essere un parametro fondamentale per una corretta modellizzazione delle onde di superficie. Raddoppiare i punti per wavelet comporta un miglioramento quasi di un fattore 1.8 per il valore del χ2 considerato. Questo

è sicuramente un risultato da prendere in considerazione quando si è interessati al modelling delle onde superficiali. Ovviamente lo scopo del modelling detterà poi la scelta del tipo di griglia, permettendo così all’operatore di scegliere dove posizionarsi nel trade-off tra accuratezza e tempo di calcolo, ricordando che il tempo di calcolo scala con ppw4. Resta infatti un problema il costo computazionale, dato l’elevato

tempo necessario per calcolare la propagazione delle onde in celle sempre più piccole, spesso non compatibile con le necessità industriali o con i tempi di ricerca. La soluzione a tale problema normalmente è affidarsi alla griglia variabile in grado di abbattere molto i tempi di calcolo generando però grosse differenze tre le curve stimate e quelle teoriche.

I residui in varie Figure, una fra tutte la Figura 2.13, riportano un andamento non casuale degli stessi. Questo andamento si riscontra soltanto nei grafici generati dai modelling alle differenze finite, quindi si può ipotizzare che sia dovuto al funziona-mento stesso del metodo che calcola una cella dopo l’altra e quindi probabilmente

(46)

accumula dell’errore che poi si manifesta nei residui in maniera non random. L’anda-mento non sembra neanche cambiare all’aumentare dei ppw, semplicemente i punti sono più centrati sullo zero. Ciò porterebbe a credere che tale fenomeno non si possa correggere soltanto con l’aumento dei punti per wavelet.

Il confronto con il sismogramma generato con il modelling ReMo ha mostrato, in-nanzitutto, una discrepanza tra le ampiezze generate imputabile al funzionamento stesso dei due modelling. Dal grafico delle velocità di fase in funzione delle fre-quenze, invece, si nota un accordo maggiore per tutte le curve di dispersione ed un andamento casuale dei residui intorno allo zero per tutte le curve, ad esclusione di quella relativa al primo modo superiore, il cui picking è sempre a velocità più basse rispetto al valore vero. Probabilmente, il primo modo superiore è più difficilmente interpretabile dal grafico delle velocità di fase rispetto agli altri due superiori e al fondamentale. Una possibile soluzione potrebbe essere l’aumento del tempo d’a-scolto per focalizzare meglio l’ampiezza oppure ridurre la spaziatura temporale per ridurre possibili artefatti. Quindi, a parte per il primo modo superiore, possiamo dire che la discrepanza tra le curve stimate e quelle teoriche nel modelling F D è do-vuto proprio alla dispersione numerica introdotta e non dall’impossibilità di stimare le curve di dispersione.

Il limite principale di quanto fatto, a mio parere, riguarda la procedura di picking che deve essere sempre eseguita da un operatore poiché il picking automatico po-trebbe non essere fatto nei range delle curve di dispersione, che devono quindi essere identificate prima del picking stesso. Un altro limite evidenziabile è quello di non aver generato sismogrammi con più punti per wavelet per via di una tempistica trop-po lunga. Infatti, il modelling più oneroso in tempi di calcolo ha impiegato circa 200 ore su HP C3 (il super-computer di ENI), impegnando parte della potenza di calcolo del super-computer per un tempo troppo lungo e occupando così risorse che in azienda sono necessarie in vari ambiti del settore Upstream.

Un possibile sviluppo invece potrebbe riguardare il modelling con la wavelet di Klauder in modo da ottenere uno spettro più piatto e non focalizzato soltanto in un breve range. Si potrebbero anche usare metodi diversi dalla trasformata di Radon (non linear signal comparison [ZH17]) per realizzare i grafici delle curve di dispersione. Entrambe le idee qui elencate sono pensate per avere una maggiore risoluzione su tutte le frequenze e confrontare i risultati fra loro.

(47)

3. Parametrizzazione della wavelet

La funzione proposta che può essere usata per valutare funzioni che si discostano da una Ricker è:

w(t; a, s, ν, n) = aψ2n(t/ν) ψ2n(0)

erf(st/ν) + 1

2

In questo capitolo si analizzano i vari parametri valutando la loro influenza e la loro dipendenza. Infine si propongono delle variazioni alla parametrizzazione presentata.

3.1. Influenza singoli parametri

Si propone un confronto tra una combinazione fissa dei parametri βββ e la stessa, va-riando un parametro alla volta. Per confrontare al meglio le wavelet viene calcolato il loro spettro d’ampiezza e di fase.

La combinazione fissa βββ = [a, s, ν, n] = [2, 0, 0.0075, 1] risulta essere una Ricker con

fp = √2πν1 ∼= 30 Hz (vediEquazione 1.7,Equazione 1.9eEquazione 1.10). Si riporta

per completezza e per la ripetibilità il dt = 1 ms e l’asse tempo t = (−0.1 : dt : 0.1 s).

3.1.1. Ampiezza (a)

Ovviamente a controlla l’ampiezza, in particolare w(0;βββ) = a

2 dato che erf(0) =

0. Nelle due Figure che seguono (Figura 3.1 e Figura 3.2) viene rappresentata la wavelet al cambiare del parametro a = [1, 2, 5] e lo spettro relativo. Si nota come lo spettro di fase non è intaccato dal valore di a, come ci si aspettava, e neanche la fp,

cioè la frequenza corrispondente al picco nello spettro d’ampiezza. Invece, il valore massimo dello spettro di ampiezza cresce al crescere del parametro a. Il parametro

(48)

Figura 3.1.: Confronto della wavelet parametrizzata con tutti i parametri in βββ fissi tranne a, che varia da a = 1 nel primo grafico, a = 2 nel secondo, a = 5 nel terzo. Gli altri parametri mantenuti fissi sono [s, ν, n] = [0, 0.0075, 1].

Figura 3.2.: Spettro di ampiezza e spettro di fase al variare del parametro a, a = 1 nella prima colonna, a = 2 nella seconda colonna, a = 5 nella terza colonna. Gli altri parametri mantenuti fissi sono [s, ν, n] = [0, 0.0075, 1].

(49)

3.1 Influenza singoli parametri

3.1.2. Skewness (s)

La skewness viene usata come indice di asimmetria. Solo nel caso s = 0 la wavelet è simmetrica. InFigura 3.3viene rappresentata la wavelet al cambiare del parametro

s= [−3, 0, 3] e inFigura 3.4lo spettro di ampiezza e di fase relativo ad ogni wavelet.

Si nota come lo spettro di fase è quello più influenzato dalla variazione di s. Infatti, lo spettro di fase per valori negativi di s cresce da −π

2 a +

π

2 con una pendenza che

dipende da quanto il parametro di skewness sia grande in modulo: più il suo modulo cresce, più in fretta si avrà il passaggio da un valore all’altro. Per quanto riguarda i valori positivi di s si ha lo stesso effetto dei valori negativi ma con la decrescita della skewness da +π

2 a −

π

2.

Lo spettro di ampiezza varia in minima parte. Infatti, esso si arricchisce su tutte le frequenze ma non varia fp, inoltre ed è influenzato solo dal modulo di s e non dal

suo segno. Ciò fa si che inFigura 3.4gli spettri di ampiezza nel primo pannello e nel terzo pannello siano uguali. Nel dominio del tempo si nota come varia la polarità dei lobi rispetto alla scelta del parametro s. La skewness s ∈ (−∞, ∞).

Figura 3.3.: Confronto della wavelet parametrizzata con tutti i parametri in βββ fissi tranne s, che varia s = −3 nel primo grafico, s = 0 nel secondo, s = 3 nel terzo. Gli altri parametri mantenuti fissi sono [a, ν, n] = [2, 0.0075, 1].

(50)

Figura 3.4.: Spettro di ampiezza e spettro di fase al variare del parametro s, s =3 nella prima colonna, s = 0 nella seconda colonna, s = 3 nella terza colonna. Gli altri parametri mantenuti fissi sono [a, ν, n] = [2, 0.0075, 1].

3.1.3. Dilatazione temporale (ν)

La dilatazione temporale indica la “durata”. Nel caso particolare in cui la parame-trizzazione è una Ricker, quindi n = 1 e s = 0 (sezione 1.4), quando t = ν si ottiene

w(t = ν;βββ) = 0 e poiché la Ricker è simmetrica e acausale anche w(t = −ν;βββ) = 0,

quindi t = 2ν ci da la larghezza della Ricker in corrispondenza dell’ampiezza nulla. Nelle due Figure che seguono (Figura 3.5eFigura 3.6) viene rappresentata la wave-let al cambiare del parametro ν = [0.01, 0.075, 0.004] (fp = √2πν1 ∼= [22.5, 30, 56.3] Hz)

e lo spettro relativo. In questo caso solo lo spettro di ampiezza è influenzato dal variare di ν, infatti la fase rimane uguale a zero per tutti e tre i grafici e lo spettro di ampiezza varia cambiando appunto la frequenza fp e il valore massimo raggiunto.

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3.1 Influenza singoli parametri

Figura 3.5.: Confronto della wavelet parametrizzata con tutti i parametri in βββ fissi tranne ν che varia ν = 0.01 nel primo grafico, ν = 0.0075 nel secondo, ν = 0.004 nel terzo. Gli altri parametri mantenuti fissi sono [a, s, n] = [2, 0, 1].

Figura 3.6.: Spettro di ampiezza e spettro di fase, al variare del parametro ν,

ν = 0.01 nella prima colonna, ν = 0.0075 nella seconda colonna, ν = 0.004 nella

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3.1.4. Ordine dei polinomi di Hermite (

2n)

Il valore al pedice dei polinomi di Hermite indica l’ordine del polinomio stesso. Nell’Equazione 1.7 si esclude la presenza di ordini dispari, dato che la normalizza-zione comprendendo gli ordini dispari avrebbe il problema del caso H2n+1(0) = 0.

Inoltre per come sono formulate le condizioni a priori si cerca solo una funzione pari da moltiplicare ad una funzione dispari che è stata già identificata nella funzione speciale erf(x).

Per comodità di notazione si definisce il parametro n non come l’ordine dei polinomi ma come la sua metà, quindi il valore n equivale all’ordine 2n.

In Figura 3.7viene rappresentata la wavelet al cambiare del parametro n = [2, 1, 5] (quindi ordine 4, ordine 2, ordine 10) e in Figura 3.8 si presenta lo spettro di am-piezza nei pannelli superiori e lo spettro di fase nei tre pannelli inferiori. In questo caso lo spettro di fase è invariato e lo spettro di ampiezza varia molto spostando fpa

frequenze più alte al crescere di n e diminuendo, in maniera lieve, il valore d’ampiez-za massimo. Nel dominio del tempo invece si vede come l’incremento dell’ordine dei polinomi di Hermite aumenta il numero di lobi dell’ondina. In particolare, l’ordine del polinomio 2n è equivalente al numero di volte che la wavelet attraversa l’asse zero.

Per quanto riguarda il range di appartenenza di n, gli autori [Ska16, AEU13] pro-pongono l’intero range dei numeri naturali e non escludono esplicitamente il ca-so n = 0. Però considerando le condizioni imposte alle funzioni (sezione 1.4), la funzione simmetrica deve rispettare R

Rfs(x)dx = 0 e in questo caso Z R ψ0(x)dx = Z R exp(−12x2)dx =2π 6= 0

Volendo rispettare le condizioni proposte, si esclude il caso n = 0. Il parametro apparterrà ai numeri naturali escluso lo zero, n ∈ N.

Ai fini della stima dei parametri, nel capitolo successivo si decide di imporre del-le condizioni sul parametro n. Ipotizzando di avere una Ricker (n = 1) come forma d’onda della sorgente, difficilmente ci si aspetta che lo spettro sia arric-chito di alte frequenze. E se questo dovesse accadere, comunque, non con gran-di variazioni. Quingran-di per tutti casi in cui si fa uso gran-di una Ricker come wave-let di partenza, si decide arbitrariamente di non modellizzare ordini superiori al decimo (n = 5). Questo permetterà, inoltre, un vantaggio in termini di tempo computazionale nell’implementazione dei polinomi di Hermite (si vedasezione A.3).

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3.1 Influenza singoli parametri

Figura 3.7.: Confronto della wavelet parametrizzata con tutti i parametri in βββ fissi tranne n che varia n = 2 nel primo grafico, n = 1 nel secondo, n = 5 nel terzo. Gli altri parametri mantenuti fissi sono [a, s, ν] = [2, 0, 0.0075].

Figura 3.8.: Spettro di ampiezza e spettro di fase al variare del parametro n, n = 2 nella prima colonna, n = 1 nella seconda colonna, n = 5 nella terza colonna. Gli altri parametri mantenuti fissi sono [a, s, ν] = [2, 0, 0.0075].

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3.2. Ortogonalità dei parametri

Si decide di controllare la dipendenza dei vari parametri fra loro. Per far ciò si scelgono due parametri dei quattro di βββ e si variano in un range arbitrario valutando la funzione errore in norma L2 ed in norma L1. Gli altri due parametri si tengono

fissi. Come dato di riferimento si sceglie una wavelet con βββ = [a = 2, s = 0, ν = 0.02, n = 1] equivalente a una Ricker, e si variano due parametri in un range fisso calcolando la differenza tra la wavelet generata e quella di riferimento come funzione errore.

Ci si aspetta, in generale, indipendenza fra i vari parametri tranne che per gli ultimi due: la dilatazione temporale ν e l’ordine dei polinomi di Hermite n, entrambi legati all’aumento in frequenza del segnale.

Come prima mappa della funzione errore, in Figura 3.9si rappresenta il valore della funzione errore in norma L2 ed in norma L1 al variare dei parametri di ampiezza (a)

e di skewness (s). Da essa si nota un minimo ben definito e l’indipendenza dei due parametri presi in considerazione. Gli altri due parametri non considerati vengono tenuti fissi (ν = 0.02, n = 1).

Figura 3.9.: Mappa della funzione errore in norma 2 ed in norma 1 al variare dei parametri di ampiezza (a) e di skewness (s). Gli altri due parametri non considerati vengono tenuti fissi (ν = 0.02, n = 1).

Di seguito si fa lo stesso per le altre combinazioni dei parametri. Nella Figura 3.10,

Figura 3.11, Figura 3.12 e Figura 3.13 si riportano le mappe delle funzioni errore, rispettivamente relative alle combinazioni ν − a, n − a, n − s, ν − s. In tutte le

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3.2 Ortogonalità dei parametri

Figure fino a qui rappresentate non si evidenzia alcuna dipendenza tra i parametri come ci si poteva aspettare.

Figura 3.10.: Mappa della funzione errore in norma 2 ed in norma 1 al variare dei parametri di dilatazione temporale (ν) e di ampiezza (a). Gli altri due parametri non considerati vengono tenuti fissi (s = 0, n = 1).

Figura 3.11.: Mappa della funzione errore in norma 2 ed in norma 1 al variare dei parametri relativi all’ordine dei polinomi di Hermite (n) e di ampiezza (a). Gli altri due parametri non considerati vengono tenuti fissi (ν = 0.02, s = 0).

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Figura 3.12.: Mappa della funzione errore in norma 2 ed in norma 1 al variare dei parametri relativi all’ordine dei polinomi di Hermite (n) e di skewness (s). Gli altri due parametri non considerati vengono tenuti fissi (ν = 0.02, a = 2).

Figura 3.13.: Mappa della funzione errore in norma 2 ed in norma 1 al variare dei parametri di dilatazione temporale (ν) e di skewness (s). Gli altri due parametri non considerati vengono tenuti fissi (a = 2, n = 1).

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