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Sviluppo di anemometri direzionali a stato solido basati su stampa 3D di sistemi microfluidici

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Ingegneria dell'Informazione

Informatica, Elettronica e Telecomunicazioni

Corso di studi in

Ingegneria Elettronica

Tesi di Laurea Magistrale

Sviluppo di anemometri direzionali a stato

solido basati su stampa 3D di sistemi

microuidici

Candidato:

Luigi Grimaldi

Relatori:

Prof. Massimo Piotto

Prof. Paolo Bruschi

Ing. Andrea Ria

Anno Accademico 2019/2020

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Abstract

Gli anemometri e le tecniche di misurazione del vento sono sempre stati al centro di alcune discipline come la meteorologia, la navigazione o l'aviazione. Alcuni anemometri sono in grado di misurare solamente l'intensità del vento, mentre altre soluzioni sono in grado di stimarne anche la direzione e per questo motivo sono detti anemometri direzionali.

In commercio si trovano anemometri di vario tipo che possiamo divide-re in meccanici, termici e ultrasonici. Gli anemometri meccanici sono i più economici ma sono tipicamente ingombranti e, a causa degli attriti delle com-ponenti mobili, non hanno una grande precisione né alta velocità di risposta. Gli anemometri termici sono invece più precisi, veloci e miniaturizzabili, ma non permettono nella loro implementazione tipica a singolo lo caldo una lettura della direzione del usso. Gli anemometri a ultrasuoni invece sono sia precisi sia direzionali ma presentano alti consumi e un ingombro della struttura non trascurabile, oltre ad essere mediamente i più costosi.

Per superare questi problemi è stato proposto in anni recenti un anemome-tro a stato solido basato sul campionamento della distribuzione di pressione attorno ad un cilindro immerso nel usso. Un anemometro a stato solido ha la caratteristica di essere privo di parti mobili così da garantire il funzio-namento per un range di velocità maggiore rispetto ai classici anemometri meccanici. Inoltre questa tecnologia permette una forte miniaturizzazione del sistema microuidico e l'impiego per la misura del segnale di sensori minia-turizzati. Nel caso di impiego di misuratori di usso o di pressione realizzati in tecnologia MEMS si può ridurre il consumo di potenza di tali dispositivi all'ordine dei milliwatt, consentendone l'impiego in applicazioni a batteria.

Il funzionamento di questi sistemi è già stato vericato in passato con alcuni prototipi. I primi esperimenti hanno portato dei risultati incoraggianti e hanno sollecitato a ricercare in questo progetto di tesi nuove tecnologie per la realizzazione delle strutture microuidiche e ad ottimizzare il sistema di misura verso un'automatizzazione più spinta di tutte le fasi di setup e misura del usso.

Prima di questo lavoro di tesi infatti le strutture di collettore venivano i

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realizzate con dei dischi di PMMA, sui quali venivano sagomati opportu-namente dei canali con una fresatrice a controllo numerico. Questi dischi necessitavano in seguito di essere allineati e incollati uno sull'altro per creare la struttura nale in grado di portare il usso a contatto con il chip contenente il sensore.

Queste operazioni però richiedevano diverso tempo e precisione, oltre a limitare la realizzazione dei canali solo lungo il piano di taglio orizzontale della fresatrice.

In questo lavoro di tesi si propone l'utilizzo di una stampante 3D in tecno-logia stereolitograca (SLA) realizzando l'intera struttura in unica stampa, permettendo inoltre di inclinare i canali del collettore microuidico rispetto al piano orizzontale. Questa evoluzione rimuove i problemi e gli errori di assemblaggio, oltre a permettere la realizzazione di strutture più complicate, come ad esempio i collettori microuidici a canali inclinati.

I risultati ottenuti nora hanno confermato la possibilità di sfruttare que-sta nuova tecnologia anche se la presenza di alcune non linearità tra i ri-sultati di alcune congurazioni di collettore necessitano ulteriori indagini e approfondimenti.

In particolare, nel primo capitolo di questa tesi è stata svolta una ricerca sulle ultime pubblicazioni sugli anemometri direzionali. Sono mostrati i prin-cipali anemometri meccanici, a lo caldo e ultrasonici per valutare lo stato dell'arte di questi dispositivi e ipotizzare possibili sviluppi futuri.

Nel secondo capitolo viene descritto il funzionamento degli anemometri a distribuzione di pressione e vengono mostrati i risultati di simulazioni ui-dodinamiche sulle quali ci siamo basati per i parametri di progetto dei nuovi collettori per il sensore di usso.

Nel terzo capitolo si descrivono le precedenti tecnologie di realizzazione del collettore per l'anemometro direzionale e si discute di come sia stato pos-sibile ridurre il tempo di realizzazione di questi collettori attraverso moderne tecnologie di stampa 3D. Vengono inoltre mostrati i risultati delle misure svolte sul sensore applicando i nuovi collettori.

Nel quarto capitolo viene brevemente descritto un sistema di schede per il microcontrollore di misura in grado di aggiungere una comunicazione blue-tooth al sistema snellendo la complessità del sistema di misura.

Per ottimizzare il processo di misura è stato sviluppato un software in C++ per il microcontrollore STM32L053 della famiglia Nucleo della ST-Microelectronics. Sono state programmate le funzioni di comunicazione at-traverso porta UART con il terminale di un pc e le funzioni di lettura e scrittura su bus I2C per interfacciarsi con l'anemometro e acquisire i dati

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Nel quinto capitolo viene descritta la famiglia di microcontrollori della STMicroelectronics che è stata utilizzata, i software forniti dall'azienda per la programmazione e si descrive la struttura base degli applicativi realizzati.

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Indice

Abstract i

1 Gli anemometri 1

1.1 Anemometri meccanici . . . 4

1.2 Anemometri a lo caldo . . . 7

1.3 Anemometri ultrasonici . . . 9

2 Anemometri a stato solido direzionali 12 2.1 Analisi della distribuzione di pressione attorno un cilindro . . 13

2.2 Metodo per l'approssimazione della distribuzione di pressione . 18 2.2.1 Approccio UW (Uniform Weights) . . . 19

2.2.2 Approccio UDS (Uniform Diameter Spacing) . . . 20

2.2.3 Combinazione lineare delle pressioni nel dominio uidico 22 3 Fabbricazione e caratterizzazione degli anemometri 25 3.1 Collettore in PMMA . . . 26

3.1.1 Misure e risultati . . . 28

3.2 Collettore in tecnologia 3D . . . 31

3.2.1 FreeCAD . . . 31

3.2.2 Stampa 3D . . . 33

3.3 Primo prototipo di sistema microuidico . . . 41

3.3.1 Misure primo prototipo . . . 42

3.4 Prototipo H3S . . . 44 3.5 Prototipo H3L . . . 47 3.5.1 Misure . . . 47 3.6 Prototipo H7S . . . 51 3.6.1 Misure . . . 51 3.7 Prototipo 5 - H7L . . . 55 3.7.1 Misure . . . 55 1

(7)

4 Sistema per misure 59

4.1 Main board . . . 61

4.2 Hub I2C . . . 62

4.3 Schede di comunicazione . . . 63

5 Sviluppo software per automatizzazione misure 65 5.1 Hardware . . . 66

5.2 Software . . . 70

5.2.1 STM32 CubeMX . . . 70

5.2.2 System Workbench . . . 75

5.2.3 Acquisizione stringa di testo . . . 77

5.2.4 Funzioni ausiliarie . . . 78

5.2.5 Comandi . . . 79

5.2.6 STM32 CubeProgrammer . . . 79 Conclusioni e sviluppi futuri i A Appendice: codice sistema operativo 1 B Appendice: codice delle funzioni ausiliarie 4 C Appendice: codice dei comandi 6

(8)

Capitolo 1

Gli anemometri

L'anemometro è uno strumento di misura utilizzato per misurare la velocità del vento. Esistono diversi modi per ricavare il modulo della velocità del vento basati sui più diversi fenomeni sici. Questo ha permesso negli anni la realizzazione di anemometri basati su diverse tecnologie. Con l'evoluzione di alcune di queste tecnologie, sono state proposte nuove versioni di anemo-metro in grado di misurare anche la direzione del vento oltre al modulo della velocità, e per questo vengono detti anemometri direzionali.

Il vento è uno degli eventi meteorologici più antichi osservati dall'uomo. Se ne trovano numerosi riferimenti già nei testi di epoca classica, da Anas-simene a Seneca, ma la sua natura poco costante ne ha sempre reso dicile la misurazione; la prima descrizione di uno strumento atto alla sua misura si deve infatti a Leon Battista Alberti, solo nel 1450 d.C., mentre è di Leo-nardo da Vinci il primo progetto a noi giunto [1]. Sul disegno di LeoLeo-nardo c'è una nota: "A misurare quanta via si vada per ora col corso d'un vento. Qui bisogna un orilogio che mostri l'ore, punti e minuti". L'uso per cui era stato ideato dunque era quello di misurare quanto velocemente ci si potesse spostare con la navigazione a vela, ma evidentemente anche Leonardo ave-va notato la ave-variabilità nella misura visto che ave-valutaave-va l'inserimento di un orologio, plausibilmente per mediare la lettura. Ci sono voluti più di 400 anni di avanzamento tecnologico per integrare a pieno questa funzione con l'elettronica.

Proprio per la sua natura poco costante, sono nati diversi standard di misura: dal punto di vista meteorologico ad esempio negli Stati Uniti la velocità del vento viene misurata a dieci metri di altezza, calcolando la media su dieci minuti di misurazione; durante fenomeni atmosferici più veloci però questo intervallo si può ridurre no a un solo minuto (ad esempio durante i cicloni tropicali [2]), mentre in India viene generalmente misurata in tre minuti [3]. I valori calcolati sulle medie di un minuto sono generalmente il

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14% più alte delle medie eettuate su dieci minuti.

Negli ultimi anni gli anemometri direzionali sono stati introdotti in un numero sempre crescente di campi:

Navigazione: dai tempi di Leonardo ad oggi, la navigazione resta uno dei settori che fa maggior uso degli anemometri per misurare la velocità di navigazione e, insieme a tutta la sensoristica di bordo, correggere gli angoli delle vele o ridurre il beccheggio e il rollio dello scafo [4] . Meteorologia : la velocità e direzione del vento è uno dei parametri più

importanti negli studi meteorologici insieme alla pressione e all'umidi-tà, in particolare nelle previsioni delle direzioni delle intemperie e la prevenzione di disastri[5] [6].

Aereoporti: parte dell'operatività di una pista dipende dalle condizioni del vento. Le fasi di atterraggio e decollo vengono autorizzate o meno in funzione della velocità del vento o dalla presenza di foschia, fumo o precipitazioni [7] [8].

Agricoltura: si ottiene un risparmio idrico innaando i campi in un mo-mento in cui l'assenza di vento non inuenza la volatilità dell'acqua; allo stesso modo si ottiene un risparmio sui pesticidi limitandone la dispersione al di fuori delle aree irrorate [9]. Inoltre l'analisi della diu-sione di polline, fertilizzanti e tofarmaci nell'aria è molto importante anche per ni sanitari. Si osservano negli ultimi anni delle reazioni dovute al mescolamento nell'aria di queste sostanze con eetti negativi che non hanno se utilizzate isolatamente.

Ecologia: il vento è un elemento chiave nella dispersione della CO2 e degli

altri inquinanti tossici, dagli incidenti nucleari al monossido di carbonio di veicoli e caldaie domestiche. La misura del vento e delle precipita-zioni può essere strumento decisionale per un governo nella decisione di evacuazioni, o nell'imposizione di misure restrittive come la circolazio-ne a targhe altercircolazio-ne o limitazioni di temperatura e orari per le caldaie domestiche. Una delle applicazioni più sperimentali riguarda invece lo scambio di CO2 che avviene tra atmosfera e mare, per valutare la

progressiva acidicazione di quest'ultimo [10].

Eolico: velocità e direzione del vento sono due parametri chiave nell'instal-lazione di impianti per la produzione di energia eolica. La precisione di queste misurazioni inciderà in maniera sensibile sull'ecienza e il rendimento di un impianto. Gli anemometri hanno inoltre il compito di bloccare le pale in caso di velocità del vento eccessiva o troppo bassa,

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Figura 1.1: Ricostruzione dell'anemometro a lamina in rame di Leonardo da Vinci, realizzata a partire da un disegno del codice atlantideo conservato alla galleria ambrosiana di Milano. La banderuola in alto permette di orientare lo strumento verso la massima intensità del vento, mentre la essione della lamina permette di stimare la forza applicata su di essa

ma un anemometro con grande inerzia o errori di misura può portare a blocchi immotivati e ad un calo della produzione no al 10% [11]. Domotica: nell'ambito della domotica in caso di venti troppo forti si può

facilmente programmare la chiusura di tende, persiane, e correggere l'angolo di inclinazione dei pannelli fotoelettrici nel caso di insegui-tori solari. Inoltre una corretta circolazione dell'aria all'interno degli ambienti chiusi è considerato un importante fattore di benessere. Robotica/Droni: le tecnologie di stabilizzazione e la precisione nei

mo-vimenti di un drone sono basate su diversi sensori, ma la velocità e direzione del vento è sicuramente un indice molto interessante delle condizioni di volo [12] [13]. Nella robotica inoltre si possono usare le letture di questi sensori per risalire alla fonte di una scia chimica [14] o per rilevare il movimento di oggetti vicini.

Esplorazione extraterrestre: una sda interessante è stata la realizzazio-ne di un arealizzazio-nemometro ultrasonico compatibile con l'attenuaziorealizzazio-ne atmo-sferica e l'impedenza acustica della supercie di Marte, per integrare questo tipo di sensori sui rover inviati in esplorazione del pianeta [15].

(11)

1.1 Anemometri meccanici

Come già detto, uno dei primi strumenti giunti no a noi, atti a misurare la velocità e la direzione del vento, si deve a Leonardo da Vinci (In g. 1.1 una ricostruzione moderna). Il modello è costituito da una struttura di sostegno in legno su cui è collocato un settore circolare graduato. Una lamella di rame è imperniata nel supporto superiore, mentre è libera alla base. In questo modo il vento può ettere la lamella e sul settore circolare si può leggere l'angolo di essione, da cui ricavare la forza del vento. Sopra questa struttura è posta una banderuola per leggere la direzione del vento ed eventualmente orientare lo strumento di conseguenza.

Ancora oggi in qualunque aeroporto sono visibili delle grandi maniche a vento bianche e arancioni (in g. 1.2), concettualmente simili al progetto di Leonardo, in quanto la manica permette di vedere la direzione del vento e di stimarne la velocità in base all'angolazione assunta. Per misure più precise si utilizza invece l'anemometro a tre coppette (brevetto di John Patterson del 1926, in g. 1.2) che ha la proprietà di misurare il vento indipendentemente dalla sua direzione. Esistono inoltre altri sistemi di eliche e coppe rotanti per le esigenze più disparate.

I limiti di questo tipo di anemometri risiedono nelle dimensioni dello strumento e nella soglia minima di velocità del vento misurabile. Per vincere l'attrito statico infatti un anemometro a coppette ha tipicamente bisogno che la velocità del vento superi gli 0,4 m/s.

Un altro tipo di anemometro meccanico è quello a tubi di Pitot. Questo tipo di anemometro sfrutta il dierenziale di pressione tra pressione totale e pressione statica, che attraverso l'equazione di Bernoulli ci permette di calcolare la velocità del vento. Un tubo di Pitot è infatti fornito di due prese di pressione, una all'estremità anteriore disposta tangenzialmente alla corrente (presa totale) e una sul corpo del tubo disposta perpendicolarmente al usso (presa statica) (in gura 1.3 una possibile soluzione). La dierenza tra queste due pressioni risulta proporzionale al quadrato del modulo della velocità macroscopica secondo la formula:

ptot− pst =

1 2 · ρ|v|

2 (1.1)

Dove ρ indica la densità del uido e v la velocità. Invertendo l'equazione troveremo:

v = s

2(ptot− pst)

(12)

Anché il tubo di Pitot non fornisca una misura approssimata, la pres-sione totale dovrebbe mantenersi costante nel campo di moto del uido. Sic-come generalmente i tubi di Pitot sono costruiti in modo da non perturbare eccessivamente il campo di moto intorno a loro, questa approssimazione è accettabile. Può essere però evitata se si provvede al tracciamento di una curva di taratura per il Pitot utilizzato.

Per queste sue caratteristiche il tubo di Pitot è utilizzato sugli aeroplani e in automobilismo come sensore per la determinazione della velocità ma-croscopica rispetto all'aria e nelle gallerie del vento per la misurazione della velocità macroscopica della corrente d'aria. Viene anche utilizzato nell'im-piantistica delle boniche ambientali, per controllare le pressioni dierenziali (e quindi le portate) lungo le tubazioni e la velocità macroscopica in condotti di emissione in atmosfera. Non può essere usato come anemometro direzio-nale per la forma caratteristica che ha e la necessità di orientare le due porte perpendicolarmente e parallelamente alla velocità del vento.

(13)

Figura 1.2: A sinistra una comune "Manica a vento" presente in molti aeroporti. A destra un anemometro a coppette con banderuola

(14)

1.2 Anemometri a lo caldo

Un'altra tecnologia che ci permette di stimare la velocità di un uido è l'a-nalisi della ventilazione su resistenze liformi riscaldate. Questa tecnologia permette una miniaturizzazione di tutte le componenti del sistema ed è in-fatti utilizzata ad esempio per determinare la velocità dell'aria in condotte troppo piccole per l'inserimento di strutture meccaniche, come le condotte di ventilazione.

Com'è noto la resistenza elettrica di alcuni metalli (come il platino, il tungsteno o il nickel) dipende in maniera quasi lineare dalla temperatura, e sfruttando questo eetto si realizzano dei sensori di temperatura a conduttore metallico detti RTD (resistive temperature detector).

Ma anche la relazione tra resistenza termica di un uido verso un corpo in esso immerso varia con la velocità relativa tra il corpo stesso e il uido. Una formula che fornisce con buona approssimazione la relazione tra la velocità v del uido e la resistenza termica tra sensore e corpo RXS(v) è la legge di

King:

R(T )XS(v) = R(T )XS(0) · 1

1 + β√v (1.3) dove R(T )

XS(0) è la resistenza termica per v=0 e β un coeciente che

dipen-de dalle caratteristiche dipen-del uido e dalla geometria dipen-del sensore. Per misurare la velocità del vento dunque si può polarizzare un lo conduttore sospeso con una corrente di entità tale da indurre una forte variazione tra la temperatu-ra del sensore e quella del uido. Al variare della velocità del uido varia la RXS e quindi anche la temperatura del sensore. La variazione di temperatura

indurrà una variazione di resistenza. Esistono diversi approcci per valutare questa variazione:

• CCA: anemometri a corrente costante • CVA: anemometri a tensione costante • CTA: anemometri a temperatura costante

Il principio di funzionamento è comunque simile: ad esempio, lavorando a corrente costante, si avrà sul sensore una variazione di tensione (rispetto al valore per velocità nulla) che è funzione della velocità del uido [16].

In g 1.4 è mostrato un tipico anemometro a lo caldo commerciale. I vantaggi di questo strumento sono principalmente dovuti alle ridottissime dimensioni che possono essere assunte dalla sonda specialmente se realizzata in tecnologia MEMS. Questo permette di eettuare misure in varie posizioni

(15)

nella tubazioni, di disturbare in maniera minima il usso del uido e di avere un'elevatissima velocità di risposta (nell'ordine dei kHz), che permette di rilevare anche le variazioni di velocità dovute alle turbolenze. Gli svantaggi sono legati alla dipendenza da vari fattori quali le caratteristiche del uido, la sua pressione e la sua temperatura.

Figura 1.4: Un comune modello commerciale di anemometro a lo caldo

Le speciche tecniche di questi sensori variano in funzione del prezzo, ma per comuni anemometri in commercio la velocità misurabile può andare da 0.01 m/s a 30.0 m/s con una precisione del ± 3%, mentre la misura di temperatura varia tra i -20◦ - +70.

(16)

Figura 1.5: Rappresentazione schematica anemometro ultrasonico monodireziona-le.

1.3 Anemometri ultrasonici

Quando è necessaria una maggior precisione (come nel campo della ricerca) la velocità del vento può essere misurata tramite la propagazione degli ultrasuo-ni. Per sfruttare al meglio questo fenomeno sico si realizzano due trasduttori a distanza L tra loro (in gura 1.5 un esempio pratico di realizzazione).

In assenza di vento, inviando un impulso da un trasduttore all'altro questo viaggerà per un tempo T:

T = L

c (1.4)

dove c è la velocità del suono nell'aria (circa 340 metri al secondo). Lo stesso varrà se facciamo percorrere all'impulso il percorso inverso, invertendo i trasduttori di partenza e di arrivo. In presenza di vento con velocità v, che supponiamo per semplicità parallelo all'asse dei due sensori, l'impulso ultrasonico viaggerà in un senso con velocità c+v mentre sul percorso inverso con velocità c − v. Si avrà quindi:

T1−2 = L c + v (1.5) T2−1 = L c − v (1.6)

I due tempi di andata e ritorno saranno quindi diversi perché gli impulsi viaggeranno prima a favore e poi contro vento. In caso di vento non parallelo ma incidente con angolo θ nelle equazioni 1.5 e 1.6 si potrà sostituire a v la sua componente v · cos(θ). Dalla misura dei due tempi si può calcolare il modulo della velocità del vento v:

v = L 2  1 T1−2 · 1 T2−1  (1.7)

(17)

Eseguendo contemporaneamente due misure lungo due assi disposti a 90◦,

si possono ricavare le due componenti vx e vy del vettore velocità, dalle quali

si ricavano modulo e direzione:

|v| =qv2 x+ vy2 (1.8) θ = arctan vx vy  (1.9) Allo stesso modo con sei trasduttori sarà possibile la lettura della velocità del vento sui tre assi cartesiani. Un modello commerciale di anemometro ultrasonico triassiale è mostrato in gura 1.6.

Figura 1.6: Anemometro a ultrasuoni triassale

Questi anemometri rappresentano attualmente lo stato dell'arte per pre-cisione e direzionalità della misura. Si trovano anemometri in commercio il cui campo di misura varia dai 0 a 60 m/s con una risoluzione di 0,01 m/s ed accuratezza ± 0,2m/s. Anche per la direzionalità orono un campo di misura da 0 a 359,9◦ con una risoluzione di 0,1e accuratezza ± 2di errore

quadratico medio a 1.0 m/s. Sono allo stesso tempo anche gli anemometri più costosi e quelli che necessitano di maggiore potenza per funzionare. Allo stesso tempo i trasduttori non possono essere rimpiccioliti a piacere. Nor-malmente questi anemometri vanno dai 20 ai 30 centimetri di grandezza e arrivano a pesare anche 1 kg.

Nel prossimo capitolo vedremo invece la nostra proposta per un anemo-metro direzionale basato sul principio della distribuzione di pressione attorno ad un cilindro immerso in un usso laminare. Vedremo come sarà possibile utilizzare un ussimetro a stato solido per risalire alla dierenza di pressione

(18)

presente in diversi punti sulla supercie del cilindro. Il ussimetro utilizzato è concettualmente simile agli anemometri a lo caldo, ma realizzato inte-grando su un chip di silicio un riscaldatore e due termopile poste a valle e a monte del riscaldatore. Data la naturale fragilità di un sistema MEMS così realizzato, è necessaria una struttura protettiva che non passivizzi comple-tamente il sensore come i normali case per dispositivi, ma che abbia delle aperture realizzate con precisione che svolgono funzione di collettore per i ussi da misurare. Queste aperture saranno sempre dei punti sensibili della nostra struttura, cosa che ne limita il funzionamento in alcuni casi, come le intemperie. L'ingresso di acqua all'interno del sensore infatti ne pregiudiche-rebbe il funzionamento. Una possibile soluzione per questa problematica è stata proposta nel capitolo 3. Questa struttura protettiva è stata realizzata di forma cilindrica per perturbare il meno possibile il usso, orendo allo stesso tempo la stessa supercie per ogni angolo di incidenza del vento.

(19)

Capitolo 2

Anemometri a stato solido

direzionali

Nel capitolo precedente abbiamo visto diverse soluzioni storiche e le attuali oerte commerciali per gli anemometri direzionali.

In anni recenti però sono state proposte strutture MEMS adatte alla mi-sura della velocità di un usso. L'utilizzo di questa tecnologia permetterebbe una miniaturizzazione estrema con la possibilità di utilizzare gli anemometri direzionali anche in condizioni in cui è necessario misurare il usso in uno spazio molto ridotto e con bassissimo consumo di potenza. In questo capitolo analizzeremo il funzionamento di un anemometro a distribuzione di pressione basato su un ussimetro a stato solido. Esistono già brevetti [17] [18] che aermano di poter misurare la direzionalità del vento attraverso un singolo canale scavato lungo il diametro di un cilindro, ma dall'analisi teorica e dalle simulazioni svolte, questo non risulta possibile a causa delle armoniche che un canale di questo tipo inevitabilmente genera.

A partire da un'analisi matematica delle pressioni, dimostreremo invece come sia possibile risalire alla velocità e direzione del vento a partire da una combinazione lineare di diversi canali, sfruttando le varie dierenze di pressione che il uido genera attorno un cilindro immerso nel uido stesso.

(20)

2.1 Analisi della distribuzione di pressione

at-torno un cilindro

Il primo passo necessario per descrivere i fenomeni di distribuzione di pres-sione attorno ad un cilindro è quello di denire gli angoli di interesse della struttura. Come mostrato in g. 2.1, deniamo un asse di riferimento x. Il vettore del vento v formerà un angolo θ con l'asse x, e un punto di stagna-zione perpendicolarmente al cilindro, indicato con 0 in gura. Per la nostra analisi, ci interessa la pressione su un punto qualsiasi della supercie del ci-lindro, indicato in gura dall'angolo φ. Il valore assunto dalla pressione in un punto sul cilindro è indicato con ps(φ, θ,u).

L'inserimento del cilindro in un usso di aria genera dei disturbi che dipendono fortemente dal numero di Reynolds, dato da:

Re = ρu∞D

µ (2.1)

dove ρ e µ sono rispettivamente la densità e la viscosità del uido, D è il diametro del cilindro e u∞ la velocità del usso indisturbato. Il numero

di Reynolds è quindi uno scalare che rappresenta le caratteristiche di un usso in un uido e la tipologia del prolo di pressione che si determina sulla supercie di in solido inserito nel usso stesso. Per velocità del vento diverse da zero si sviluppano delle dierenze di pressione nell'aria attorno al cilindro. Realizzando un canale che colleghi i due estremi di un diametro come in g 2.2, e posizionando un adeguato strumento di misura nel canale, si può misurare un usso Qx, proporzionale alla pressione dierenziale presente agli

estremi del canale.

Per ridurre il numero di variabili possiamo considerare che per una data velocità del vento la pressione sulla supercie dipende solo dalla distanza angolare β = φ − θ rispetto al punto di stagnazione indicato con 0 in g. 2.1. ps(φ, θ,u) = ps(φ − θ,u) = p0(β,u) (2.2)

dove p0 è riferita al punto di stagnazione.

Nell'analisi che stiamo per svolgere, la quantità più rilevante è la "pres-sione diametrale" denita come la dierenza di pres"pres-sione tra due punti dia-metralmente opposti sulla supercie del cilindro. Possiamo rappresentare questa dierenza di pressione in funzione dell'asse x o rispetto al punto di stagnazione 0:

(21)

Figura 2.1: Vista in sezione del cilindro. Il vettore v rappresenta il vento incidente mentre θ, φ e βsono gli altri angoli di interesse per la nostra analisi.

pD0(β,u) = p0(β,u) − p0(β + π,u) (2.4)

Ovviamente la semplicazione proposta nell'eq. 2.2 è valida anche per le pressioni diametrali, quindi:

pDS(φ, θ,u) = pD0(φ − θ,u) (2.5)

In g. 2.3 è rappresentato un tipico andamento della pressione diametrale ai capi del canale al variare di β, nel caso di singolo canale di misura.

La prima domanda è se sia possibile calcolare la direzione del vento θ e la velocità u a partire unicamente da due pressioni diametrali, prese lungo i due assi ortogonali x e y.

Considerando che l'asse x è posto a distanza −θ dal punto di stagnazione, allora la pressione diametrale lungo x, pDX(θ,u), è uguale a pD0(−θ,u) =

pD0(θ,u). In maniera simile la pressione lungo l'asse y.

Purtroppo come si vede in gura, la pD0(θ,u) non ha un comportamento

monotono nell'intervallo [0-π]. È evidente che non è possibile determinare θ e u in modo univoco, a partire dalla misura di sole due pressioni diametrali [19]. Come evidenziato in gura 2.3, ad esempio, in caso di lettura di pressione diametrale pari a 0, è presente un'ambiguità tra almeno tre valori di angolo del vento.

(22)

Figura 2.2: Sensore posizionato all'interno di un canale realizzato lungo il diametro di un cilindro

Come abbiamo detto però, la misura della pressione è inuenzata anche dal numero di Reynolds. La gura 2.4 mostra una serie di letture sperimentali della distribuzione di pressione sulla supercie di un cilindro in funzione dell'angolo β per diversi numeri di Reynolds. Questi dati sono stati ottenuti da [20], applicando un'interpolazione cubica.

In letteratura sono presenti studi basati sul monitorare tre pressioni dia-metrali, ma sono anche necessarie complesse tabelle di conversione multidi-mensionali. Esistono anche studi su quattro pressioni diametrali per la stima della velocità del vento e della direzione[21] con un prototipo che necessita però ben quattro sensori di pressione dierenziali. Come sarà spiegato più avanti invece, sfruttando la combinazione lineare delle pressioni nel dominio uidico, riusciremo a mantenere la nostra architettura con un singolo sensore per ogni asse.

Il compito sarebbe molto semplicato se la pD0(β,u) fosse proporzionale al

cos(β). Osservando invece la funzione ottenuta sperimentalmente, è evidente che sono presenti armoniche di ordine maggiore della fondamentale nello spettro di pD0(β,u) sull'intervallo [π, −π]. Il risultato dell'analisi spettrale

angolare della pD0(β,u) rispetto alla variabile β è mostrato in g. 2.5. La

gura mostra l'ampiezza massima e minima normalizzata di ogni componente armonica attraverso i seguenti set di numeri di Reynolds: 30, 100, 250, 1240, 2900, 85000 e 40 · 103. Essendo p

D0(β,u) un segnale alternativo, il disturbo

è causato solo dalle sue armoniche dispari. Dall'analisi del segnale sembra inoltre che la principale causa del disturbo sia l'armonica del terzo ordine.

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Figura 2.3: Pressione diametrale normalizzata intorno alla supercie esterna del cilindro in funzione di β. Sono evidenziati alcuni punti in cui la lettura non è univoca in quanto la funzione non è monotona nel semi-periodo.

Figura 2.4: Pressione (a) e pressione diametrale (b) normalizzate, misurate sulla supercie esterna del cilindro in funzione di β per dierenti numeri di Reynolds.

(24)

Figura 2.5: Analisi spettrale delle pressioni diametrali di pD0(β,u) rispetto alla

(25)

2.2 Metodo per l'approssimazione della

distri-buzione di pressione

Un modo per ottenere una pressione dierenziale che approssima la dipen-denza desiderata del cos(θ) è combinare diverse pressioni diametrali per ri-durre il contenuto di armoniche di ordine superiore della fondamentale. I diametri presi in considerazione in questa combinazione lineare formano una congurazione simmetrica, e sono distanti dall'asse x con i seguenti 2N+1 angoli:

{φ0, ±φ1, ±φ2, ..., ±φN} (2.6)

con φ0 = 0 e φi ≤ π/2 per i ∈ [1, N].

Sommando le pressioni diametrali misurate attraverso i vari diametri identicati dall'eq. 2.6 possono essere ottenute le seguenti pressioni:

pX(θ,u) = N

X

i=−N

wipDS(φi, θ,u) (2.7)

dove wi sono pesi arbitrari tali che w−i = wi e φ−i = −φi. Usando l'eq.

2.5 otteniamo una espressione equivalente: pX(θ,u) =

N

X

i=−N

wipD0(φi− θ,u) (2.8)

È conveniente rappresentare la dipendenza di pD0(θ,u) e di pX(θ,u) su θ

attraverso la serie di Fourier: pD0(θ,u) = ∞ X k=1,3,5... Ak(u)cos(kθ) (2.9) pX(θ,u) = ∞ X k=1,3,5... Bk(u)cos(kθ) (2.10)

dove Ak(u) e Bk(u) indicano i coecienti che dipendono dalla velocità

del vento u. Da notare che solo le componenti dispari del coseno sono pre-senti in quanto pD0(θ,u) è una funzione alternativa, ragionamento che può

essere esteso alle pX(θ,u). Attraverso semplici passaggi è possibile collegare

i coecienti Bk ai coecienti Ak: Bk(u) = Ak(u) N X i=−N wicos(kφi) (2.11)

(26)

notare che la componente armonica fondamentale data da: B1 = A1(u) N X i=−N wicos(φi) (2.12)

è sempre positiva per l'eq. 2.6 e la condizione wi > 0. Con una

combi-nazione adatta di pesi wi e di angoli φi è possibile, almeno in principio,

ren-dere pX(θ,u) il più possibile simile ad una funzione cosinusoidale. Possiamo

seguire così due diverse metodologie:

• UW (Uniform weights): angoli φi variabili, con canali realizzati tutti

con pesi uguali.

• UDS (Uniform Diameter Spacing): angoli tra diametri costante, ma canali dai pesi variabili wi.

2.2.1 Approccio UW (Uniform Weights)

Nel caso di pesi uniformi è possibile cancellare tutte le armoniche non fonda-mentali no alla (2N+1)esima imponendo BK=0 per k=3, 5,... 2N-1 nell'eq

2.11. Le N incognite sono gli angoli φi per 1 ≤ i ≤ N. Ricordiamo che le

armoniche pari sono già zero per la simmetria della struttura. Maggiore sarà N maggiore il numero di armoniche che possono essere cancellate e quindi migliore sarà l'approssimazione cosinusoidale. Comunque un grande valore di N risulta in un incremento della complessità del sistema in quanto il numero di pressioni diametrali richieste è uguale a 2N+1. Ricordando che φi = φ(−i),

e che φ0 = 0, e imponendo Bk = 0 per k > 1, l'equazione 2.11 può essere

riscritta: 1 + 2 N X i=1 cos(kφi) = 0 con k = 3, 5, ..2N + 1 (2.13)

Poiché la più grande componente armonica non fondamentale è la terza, anche con N=1 è possibile ottenere una buona approssimazione della funzione cosinusoidale. In questo caso il set di equazioni 2.13 si riduce alla singola equazione che, se soddisfatta, permette di annullare la terza armonica:

1 + 2cos(3φi) = 0 (2.14)

L'equazione 2.14 ha due soluzioni esatte nell'intervallo [0 − 2π] : φ1a =

40◦ e φ1b = 80◦. Per N>1 il set di equazioni 2.13 va risolto attraverso una

(27)

Figura 2.6: Tabella con i risultati analitici ottenuti dal simulatore sugli angoli ottimali per eettuare una modulazione UDS.

da 1 a 5. Per ogni valore sono riportate due soluzioni, indicate come "a" e "b"; le soluzioni b dieriscono dalle a per avere il set di angoli φN più ampi,

in particolare arrivando all'intervallo 80◦− 90.

2.2.2 Approccio UDS (Uniform Diameter Spacing)

Con l'approccio UDS i pesi non sono uniformi mentre gli angoli sono uni-formemente distribuiti tra 0 e π/2. Introducendo un intero M, gli angoli φi

possono essere espressi come:

φi = iφ/(2M ) con i = 0, 1, ..., M (2.15)

Considerando che, come nel caso generale, φ−i = −φi e w−i = wi, l'eq.

2.8 diventa: pX(θ,u) = M X i=−M wipD0  iπ 2M − θ,u  (2.16) Concentriamoci sulla seguente equazione per la scelta dei pesi:

wi =w0cos(φi) =w0cos  i π 2M  (2.17) dove w0 è il peso del canale centrale (i=0). Sostituendo l'eq 2.17 nell'eq.

(28)

pX(θ,u) = w0 M X i=−M pD0  i π 2M − θ,u  cosi π 2M  (2.18) Può essere facilmente mostrato che la somma dell'eq. 2.18 rappresenta un approssimazione di cos(φ)pD0(φ − θ,u) integrata tra [-π/2, π/2], calcolata su

un set di punti discreti separati da incrementi di π/2M. Più precisamente: pX(θ,u) ∼=w0 2M π Z π/2 −π/2 pD0(φ − θ,u)cos(φ)dφ (2.19)

Usando l'espansione in serie di Fourier di pD0 data dalla eq. 2.9:

pX(θ,u) ∼=w0 2M π Z π/2 −π/2 ∞ X k=1,3,5... Ak(u)cos(kφ − kθ)cos(φ)dφ (2.20)

Con trasformazioni elementari è possibile dimostrare che l'integrale nel-l'eq. 2.20 è esattamente uguale a (π/2)A1(u)cos(θ) così l'eq. 2.20 diventa:

pX(θ,u) ∼=w0M A1ucos(θ) (2.21)

In questo modo abbiamo ottenuto la proporzionalità desiderata per cos(θ). Chiaramente più grande sarà 2M+1, migliore sarà l'approssimazione dell'in-tegrale, e quindi minore l'errore rispetto alla funzione cosinusoidale. Gli addendi per i = ±M corrispondono alla φi = ±π/2non danno contributo in

quanto il loro peso, dato dalla eq. 2.17 è pari a zero. Inoltre l'eq. 2.18 può essere riscritta come:

pX(θ,u) = w0 N X i=−N pD0  i π 2(N + 1) − θ,u  cos  i π 2(N + 1)  (2.22) dove N=M-1 gioca lo stesso ruolo del caso UW, in quanto i numeri di pressioni diametrali da essere combinati sono anche qui 2N+1. È possibile derivare l'eq. 2.21 dalla eq. 2.19 anche in maniera più intuitiva. Infatti l'integrale dell'eq. 2.19 coincide con la componente cosinusoidale della pri-ma armonica della funzione pD0(φ − θ,u). Diversamente dalla espressione

generale dei componenti della serie di Fourier, l'integrale può essere calcola-to sul mezzo periodo π invece che sull'intero periodo 2π grazie al fatcalcola-to che pD0(φ − θ,u) è una funzione alternativa. Poiché pD0(φ − θ,u) è ottenuta

applicando una rotazione alla pD0(φ,u) di θ, si perde la simmetria pari di

(29)

Figura 2.7: (a) Vista in sezione della zona di canale che implementa una combina-zione lineare di pressioni superciali con canali pesati. (b) Rete elettrica equivalente della struttura uidica. (c) Congurazione concettualmente simile alla (a) ma con approccio UW.

espansione in serie di Fourier di pD0(φ − θ,u). In particolare i coecienti

della componente cosinusoidale fondamentale, che sono estratti da 2.19 sono proporzionali a A1cos(θ), vericando così l'eq. 2.21.

2.2.3 Combinazione lineare delle pressioni nel dominio

uidico

Una diretta implementazione dell'approccio generale dato dalla eq. 2.7 è usare 2N+1 sensori di pressioni dierenziali per misurare le corrispondenti pressioni diametrali per poi combinare i segnali nel dominio elettrico. Questa soluzione ore la massima essibilità, in quanto permette un tuning molto preciso sui singoli sensori per compensare errori o asimmetrie di fabbrica-zione. D'altra parte questo approccio richiede un alto numero di sensori. Considerando che sono richieste due sezioni ortogonali (x e y) per la de-terminazione del vettore vento su un piano, il numero totale di sensori di pressione dierenziale per un anemometro 2D è di 2(2N+1). Anche nel caso di N=1, sono richiesti sei sensori di pressione. Inoltre sensori che apparten-gono alla stessa sezione dovrebbero avere delle sensitività molto simili, che possono essere ottenute solo con una calibrazione individuale dei sensori.

(30)

Una soluzione alternativa è realizzare la combinazione lineare nel domi-nio uidico, in maniera da rendere necessario solo un sensore di pressione dierenziale per ogni asse. Il principio è illustrato in g. 2.7. I collettori rap-presentati in (a) e (c) rappresentano due strutture microuidiche a 5 canali (quindi con N=2), il primo realizzato con l'approccio a canali pesati mentre il secondo ha canali di lunghezza uguale ma angoli pesati. Questi canali col-legano le cavità H1 e H2 con la supercie esterna con angolo φi. Considerato

che i microcanali hanno un diametro massimo di pochi millimetri è ragione-vole assumere che il usso nel canale sia laminare. In queste condizioni, le relazioni tra la caduta di pressione e il usso è lineare, permettendo l'uso di un circuito elettrico equivalente mostrato in g 2.7 (b) per rappresentare la struttura uidica. In questa equivalenza le pressioni sono tensioni e i ussi sono correnti. La conduttanza uidica di un canale G è denita come il rap-porto della massa del usso sulla caduta della pressione attraverso il canale (∆P). Dalla ben nota formula di Hagen-Poiseuille per il usso laminare, è possibile derivare la seguente espressione per G[19]:

G = Q ∆P = k ρ ρ0 π 128 D4 e µL (2.23)

dove ρ0 è la densità dell'aria in condizioni standard, k una costante per

passare da (m3/s) a (cm3/min), L è la lunghezza del canale, D

e è il diametro

equivalente di canale denito De = 4A/P, con A e P rispettivamente l'area

e il perimetro della sezione del canale.

Risolvere la semplice rete elettrica di g. 2.7 permette di ricavare la seguente espressione per dierenze di pressione tra le due cavità:

pH1− pH2= N X i=−N Gi GT pS(φi, θ,u) − N X i=−N Gi GT pS(φi+ π, θ,u) (2.24)

dove Gi è la conduttanza uidica del canale all'angolo φi, e GT è la somma

di tutte le Gi, ovvero GT = N X i=−N Gi (2.25)

Riordinando i termini nella eq. 2.24 otteniamo: pH1− pH2= N X i=−N Gi GT pDS(φi, θ,u) (2.26)

(31)

wi =

Gi

GT

(2.27) in questo modo abbiamo dimostrato che la struttura di g 2.7 è capace di produrre una pressione dierenziale pH1- pH2 che è uguale alla combinazione

richiesta delle pressioni diametrali espressa dalla eq. 2.7.

Il metodo analitico è stato vericato mediante test condotti su un proto-tipo come quello riportato in [19]. Inizialmente è stato costruito un protoproto-tipo di collettore monoassiale con del PMMA e una fresatrice a controllo numeri-co. Dopo i primi risultati incoraggianti sono stati realizzati ulteriori prototipi con collettori biassiali e ancora una volta i risultati sono stati confermati [22] [23].

Come vedremo, la realizzazione dell'intera struttura microuidica per un collettore biassiale inizia ad essere abbastanza complessa richiedendo la scom-posizione della struttura in diverse porzioni, ognuna da realizzare singolar-mente alla fresatrice a controllo numerico. Per la realizzazione di un singolo prototipo sono necessari due operatori impegnati attivamente per diverse ore, e una delicata operazione di allineamento e incollaggio dei vari dischi sagomati.

Nel prossimo capitolo vedremo come è fatta la struttura di collettore per le misure eseguite nora e come, attraverso la stampa 3D, il tempo di realiz-zazione può essere fortemente ridotto e quello di allineamento e incollaggio azzerato, essendo il collettore realizzato direttamente in un unico pezzo.

(32)

Capitolo 3

Fabbricazione e caratterizzazione

degli anemometri

Negli anemometri realizzati con tecnologia MEMS la struttura sensibile è caratterizzata da una inevitabile fragilità dovuta alle sue ridotte dimensioni. Per questo è necessario progettare una struttura protettiva utile a proteggere la componente sensibile dall'ambiente esterno, senza isolarla completamen-te rendendo impossibile eseguire la misura. Per completamen-testare i risultati otcompletamen-tenuti nel capitolo precedente è stato realizzato un collettore in PMMA attraverso una fresatrice CNC (computer numerical control). La macchina però richie-de almeno due operatori per funzionare correttamente, uno per operare la fresatrice e uno per aspirare il materiale di scarto prodotto dal PMMA, che nirebbe altrimenti per incastrarsi nelle parti mobili della fresa. Inoltre la necessità di realizzare i canali e le camere di raccolta internamente al cilin-dro rende impossibile la realizzazione del prototipo operando direttamente sulla struttura completa, creando tutto in un unico pezzo, ma è necessario dividere il singolo componente in diverse sezioni più piccole che vanno suc-cessivamente allineate con precisione e incollate l'una sull'altra. In gura 3.1 una rappresentazione schematica della complessa struttura per letture biassiali.

In questo progetto di tesi abbiamo cercato di migliorare la tecnologia di realizzazione del collettore attraverso le più moderne tecnologie di stampa 3D. Questo ha portato un miglioramento sia nella tempistica di realizzazione delle varie strutture, sia negli eventuali errori di allineamento e nelle perdite che i canali possono avere in caso di incollaggio non perfetto.

(33)

Figura 3.1: Una rappresentazione schematica della struttura di convettore biassiale.

3.1 Collettore in PMMA

Per testare i risultati ottenuti nel capitolo precedente è stato inizialmente realizzato un prototipo limitato ad un singolo asse[19]. Il dispositivo è sche-maticamente mostrato in g. 3.2. Un cilindro di 9 cm di altezza e 3 cm di diametro è stato assemblato unendo diverse parti realizzate in PMMA (poly methyl metacrilato). La parte più in basso è una sorta di guida ssa in cui è stato opportunamente scavato un canale che si andrà a sovrapporre al sensore di usso (simile a quello descritto in [24]). In gura 3.3 è mostrata la guida installata al di sopra di un sensore progettato per le misure biassiali, come verrà spiegato più avanti. Una volta che la guida viene allineata con pre-cisione e ssata sul chip, potremo utilizzarla per collegare le varie strutture microuidiche per completare il collettore ed eseguire le varie misure.

Per semplicare, il sensore è composto da un chip di silicio sul quale sono posizionate le microstrutture sensibili. Queste consistono in un classico mi-crocalorimetro dierenziale, dove si posizionano due sonde con al centro un riscaldatore: il segnale di output sarà proporzionale alla dierenza di tem-peratura tra le due sonde. Il riscaldatore è un resistore di polisilicio da 1 kΩ mentre le sonde di temperatura sono termopile polisilicio-n/polisilicio-p. Il chip è ottenuto attraverso il processo standard BCD6 della STMicroeletro-nics, seguito da una procedura di post processing con etching di ossido di

(34)

Figura 3.2: La prima struttura microuidica monoassiale realizzata in PMMA per i primi test

silicio e di silicio, per introdurre un isolamento termico tra l'elemento sensi-bile e il substrato. Per leggere invece la velocità su due assi è stato necessario integrare due di queste strutture come mostrato in gura 3.3, realizzate vi-cine tra di loro per avere parametri simili, ma separate tra loro dai canali opportunamente scavati nella guida.

Il sensore di usso è connesso ad una semplice interfaccia analogica[24] che consiste in un amplicatore da strumentazione (Analog Devices AD 627) seguito da un ltro passa-basso del secondo ordine con una frequenza di taglio di 3 Hz. Il guadagno totale della cascata amplicatore-ltro è di 150. Dato che il riscaldatore è pilotato con una tensione costante di 2 V, la potenza richiesta dal sensore è solo di 4 mW. La tensione in condizione di usso nullo (che include quindi sia l'oset del sensore, sia quello dell'amplicatore) viene misurata prima di ogni misura e sottratta dai dati. Il sensore di usso è stato caratterizzato prima del suo inserimento nell'anemometro per determinare la sua risposta a un usso di aria secca.

Dopo l'inserimento della guida del collettore, si prosegue col collegare nella parte centrale del cilindro, chiamata "zona di canale", una struttura sagomata secondo le nostre esigenze. Nella parte destra della g 3.2 sono presenti due viste, una dall'alto e una laterale. Il canale nella sezione A-A' arriva al sensore di usso attraverso i due fori H1 e H2. È stato inoltre aggiunto uno spessore consistente sulla parte superiore della zona di canale con la semplice funzione di allungare la struttura e far ritrovare così la zona di canale verso il centro del cilindro. Questo è necessario per allontanare le aperture dei canali dalla supercie di discontinuità cilindro-aria, la quale crea degli eetti di disturbo maggiori rispetto a quelli presenti al centro del cilindro. Tutte le parti di PMMA sono state unite usando del

(35)

cianoacrila-Figura 3.3: Guida in PMMA per misure biassiali.

to come collante per ottenere una struttura robusta e sigillare le eventuali perdite. Il canale A-A' ha una sezione rettangolare di 0.5x1 mm2 ed è lungo

circa 12 mm. Il diametro dei canali H1 e H2 è di 1 mm La lunghezza totale del canale nel collettore è di 15 mm con una sezione costante di 0,25 mm2.

3.1.1 Misure e risultati

Il prototipo è stato testato attraverso una piccola galleria del vento costruita appositamente e mostrata in g 3.4. Una ventola controllata manualmente crea un usso nel tubo. La componente rotazionale della velocità del vento è ridotta da una serie di lamelle planari poste parallele all'asse del tubo nella parte iniziale della galleria. Il prototipo cilindrico è inserito nella galleria attraverso una apertura circolare in modo che la zona di canale si ritrovi approssimativamente a metà del tubo. Il sensore è posto a circa 80 cm dalla ventola e 30 cm dall'uscita. Il sensore con il cilindro viene inoltre ssato su un goniometro rotante per misurare l'incidenza dell'angolo θ formato tra asse del tubo (la direzione del vento) e l'asse x della zona di canale. La velocità del vento è misurata attraverso un anemometro a lo caldo posto alla ne del tubo. L'angolo di incidenza viene variato ruotando il prototipo attorno al suo asse grazie al goniometro rotante su cui è installato.

L'output analogico del sensore di usso, accuratamente amplicato e l-trato dall'interfaccia analogica, è convertito in un segnale digitale da un

(36)

Figura 3.4: Galleria del vento sperimentale realizzata per testare i primi prototipi di strutture microuidiche.

circuito basato sul microcontrollore ADuC847 della Analog Devices, prov-visto di convertitori analogico digitali sigma-delta con una risoluzione di 24 bit. L'intera interfaccia elettronica, connessa all'anemometro è alimentata a batteria. Un link wireless è usato per trasmettere i dati attraverso blue-tooth convertiti al personal computer, eliminando il problema di avvolgere i cavi di connessione durante la rotazione dell'anemometro. Il sistema di comunicazione wireless è approfondito nel capitolo seguente.

La tensione di output è convertita in portata di usso tramite interpola-zione polinomiale della curva di risposta del sensore. Il rumore indotto dal usso viene rigettato dal ltro passa-basso. L'esperimento è stato realizzato esplorando l'intero tange dei 360◦ con step intermedi di 10. Il test è stato

ripetuto per diverse velocità del vento, ricoprendo l'intero range permesso dall'apparato sperimentale. Il usso Qx dell'angolo di incidenza per velocità

del vento di 5,0 m/s è riportato in g 3.5. Comparazioni con una funzione coseno di uguale ampiezza prova che il usso misurato è dunque una buona approssimazione della funzione target. La gura 3.5 (b) mostra le curve nor-malizzate ottenute per velocità nel range 0,9-8,4 m/s corrispondente a numeri di Reynolds per il cilindro da 1, 9 · 103 no a 8 · 103; le curve sono state

nor-malizzate al massimo valore, per facilitare la comparazione. Queste misure confermano che la forma cosinusoidale è mantenuta lungo l'intero range di velocità. Le discrepanze visibili alle basse velocità possono essere parzialmen-te collegaparzialmen-te al corrispondeparzialmen-te piccolo segnale, già soggetto a rumore elettrico casuale e tensioni di oset. Altre cause come imprecisioni meccaniche e di-stribuzione della velocità non omogenea all'interno della piccola galleria del vento contribuiscono a rendere l'errore maggiore di quanto stimato in gura 3.5 (c).

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Figura 3.5: (a) Flusso Qx misurato in funzione della direzione del vento alla

ve-locità di 5 m/s. (b) Flusso Qx misurato in funzione del vento a diverse velocità e

(38)

3.2 Collettore in tecnologia 3D

In questo progetto di tesi sono state realizzate dei nuovi sistemi microuidici per approfondire i risultati ottenuti nora e per provare a migliorare la tec-nologia di realizzazione dei collettori, passando dai dischi in PMMA ad una struttura realizzata in un unico pezzo attraverso una stampante 3D.

Come abbiamo già detto, per le vecchie strutture era richiesto il lavoro attivo di due operatori per realizzare una singola struttura, oltre ad una grande precisione per incollare i pezzi prodotti, per evitare problemi di non aderenza o di perfetto allineamento. Una possibile soluzione per entrambi questi problemi viene dalla tecnologia di stampa 3D.

Per realizzare una stampa in 3D è necessario operare attraverso un soft-ware specico detto "slicer". Questo è una sorta di driver di stampa molto evoluto, adatto a congurare in ogni aspetto la stampa e a eettuare dei tuning tra i molti parametri operativi di una stampante 3D. Ogni famiglia di stampanti 3D è compatibile con un certo slicer, ma i principali operano tutti con le .stl (abbreviazione di stereolitograa). Fortunatamente ad oggi pra-ticamente tutti i principali programmi di modellizzazione 3D permettono di esportare i modelli in questo formato per cui non è stata una richiesta molto stringente. Tra i vari software che si possono usare per realizzare i modelli di collettore, la scelta è caduta su FreeCAD, un software open-source, come vedremo in grado di soddisfare tutte le nostre esigenze di design.

3.2.1 FreeCAD

FreeCAD è un programma open-source di tipo CAD 3D parametrico, basato su:

• Open CASCADE, una piattaforma di sviluppo software composta da librerie, componenti e servizi utilizzata per lo sviluppo della maggior parte dei programmi di CAD/CAE open-source

• Coin3D (una creazione di Open Inventor) • Le librerie grache (GUI) Qt Framework • Python

Lo stesso FreeCAD a sua volta può essere usato come libreria software da altri programmi CAD/CAE.

FreeCAD è un software estremamente modulare in quanto permette la creazione di interi "workbench", aree di lavoro, completamente personalizza-ti. All'interno di FreeCAD sono già presenti molti workbench tra cui sceglie-re. All'inizio di ogni lavoro bisogna quindi avere chiaro in quale ambiente si

(39)

Figura 3.6: Una vista del workbench "Part Design" per la realizzazione di corpi in 3D. In particolare questa è la struttura dei canali per il prototipo H7L. Sottraendo questa struttura per quattro volte, con angoli acconci, da un cilindro pieno, si ottiene la struttura microuidica del prototipo H7L.

vuole lavorare anché le nestre di lavoro e gli strumenti siano funzionali alle nostre esigenze. Tra i tanti workbench presenti, tre in particolare ci hanno permesso di disegnare le strutture esattamente come richiesto dal progetto: Parts Design: editor 3D con un approccio simile alla maggior parte dei

software di CAD 3D. Permette di lavorare in un ambiente 3D e di modellizzare parametricamente le più comuni gure geometriche tri-dimensionali. In questo workbench sono presenti inoltre strumenti di algebra booleana che permettono di progredire nel design per fusioni o sottrazioni no ad ottenere la forma desiderata. In gura 3.6 una vista del workbench. Per quanto riguarda la realizzazione di strutture con approccio UW questo workbench è completamente suciente per l'intero usso di progetto, in quanto le strutture UW che abbiamo pro-gettato sono composte solamente da gure geometriche standard che il workbench è in grado di creare e posizionare nello spazio attraverso le loro coordinate cartesiane.

Sketcher: mostrato in gura 3.7, è un ambiente di sviluppo per geometrie 2D. All'interno di questo workbench sono presenti numerosi strumenti di "vincolo", che permettono di imporre delle relazioni tra i punti e le

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linee disegnate a mano libera. Questo permette una grande precisione e di tenere sotto controllo i gradi di libertà di un sistema di segmenti. Con l'inserimento di vincoli precisi tra tutti gli elementi del disegno la struttura avrà 0 gradi di libertà essendo così denita senza ambi-guità per il software. Queste geometrie 2D possono essere poi estruse realizzando forme 3D non standard da importare nel Parts Design, e fonderle alle altre gure. Per realizzare delle strutture USD questa fun-zionalità è fondamentale, ed ha giocato un ruolo decisivo nella scelta del software. Per le strutture USD infatti bisogna variare la lunghezza dei canali, la quale altro non è che la distanza tra la camera interna e la supercie esterna del cilindro. Per questo non è possibile realizzare la camera interna della struttura di forma semicilindrica come per le UW ma bisognerà sagomarla in maniera da rispettare la distanza tra le sue facce e la supercie esterna del cilindro imposta dalle speciche USD.

Parts: è la versione più completa del Parts Design. Anche questo permette di lavorare direttamente in ambiente 3D ma consente di eseguire un maggior numero di operazioni rispetto al Part Design. Comporta an-che una maggiore complessità, ma è stato utile per alcuni strumenti non presenti nel Parts Design come le funzioni di clone e specchio. Una struttura biassiale infatti è composta da quattro strutture interne iden-tiche, con la sola dierenza di essere ruotate tra loro e poste ad altezze dierenti. In Parts Design è possibile realizzarne una singolarmente e replicarla, ma nel Parts questo avviene con maggior controllo, come anche le operazioni booleane tra forme.

FreeCAD permette inoltre di esportare il design realizzato in molti stan-dard diversi tra cui il .stl, stanstan-dard generalmente richiesto come input dagli slicer delle stampanti 3D.

3.2.2 Stampa 3D

Con Stampa 3D si intende la realizzazione di oggetti tridimensionali mediante produzione additiva, partendo da un modello 3D digitale. Nasce nel 1986 con la pubblicazione del brevetto di Chuck Hull, che inventa la stereolitograa. Col tempo si è evoluta e dierenziata, con l'introduzione di nuove tecniche di stampa e di numerosi materiali dalle caratteristiche meccaniche molto diverse. Le stampanti 3D, a partire da un le con un modello 3D realizzano una serie di porzioni in sezione trasversale che verranno poi stampate una sull'altra per creare l'oggetto in 3D. Proprio per questo motivo il driver delle stampanti 3D è detto slicer.

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Figura 3.7: Una vista del workbench "sketcher" per la realizzazione di gure 2D. In particolare questa è la base della camera centrale per il prototipo H3L. Estru-dendo questa gura si ottiene una gura 3D non standard da integrare nel progetto principale.

Esistono diverse famiglie di stampanti 3D che dieriscono per tecnologia di stampa e materiali:

FDM (Fused Deposition Modeling): deriva da una tecnologia storicamente applicata nella saldatura di fogli plastici e nella applicazione automa-tizzata di guarnizioni polimeriche. Alla scadenza del brevetto, questo è stato adattato per lavorare su un piano cartesiano ed è diventato un oggetto commerciale. La stampa viene realizzata attraverso un ugello riscaldato che deposita un polimero fuso, strato dopo strato, per creare la geometria del pezzo. Grazie alla possibilità di variare la temperatura di ugello esistono molti materiali dierenti con cui si può stampare, ma i due materiali più utilizzati sono il PLA (Acido polilattico) e l'ABS (acrilonitrile-butadiene-stirene). L'ABS è più resistente e essibile del PLA ma più complesso da stampare a causa della sua maggiore tempe-ratura di fusione richiesta. L'ABS inoltre emette fumi potenzialmente dannosi per l'uomo mentre il PLA no, o comunque in misura molto mi-nore. Col metodo FDM la stampa avviene dal basso verso l'alto, con un susseguirsi di deposizioni. I modelli di stampanti migliori possiedono anche un piatto riscaldato che permette di rallentare la solidicazione del materiale e di migliorare così il rendimento della stampa,

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special-Figura 3.8: Esempi di stampanti commerciali a tecnologia FDM e SLA.

mente nei primi strati. Per stampare l'ABS questa tecnologia è richiesta obbligatoriamente.

Questo tipo di stampanti è in assoluto il più diuso, anche se non hanno una risoluzione molto alta. Modicando la grandezza dell'ugello e degli ingranaggi che ne permettono il movimento lungo le 3 direzioni si può aumentare la risoluzione, ma la deformazione che subisce il materiale durante la solidicazione resta un errore sistematico della tecnologia. Nell'immagine a sinistra di gura 3.8 è mostrata una tipica stampante FDM.

SLA (Stereolitograa): la stampa viene realizzata attraverso la solidica-zione di una resina liquida fotosensibile con un laser. Grazie ad un processo fotochimico, i monomeri presenti nella resina vengono colpiti da un laser e solidicano in polimeri no a comporre uno strato del-l'oggetto. Al contrario delle FDM nelle stampanti SLA c'è un supporto mobile che si sposta verso il basso e si immerge nel liquido anché il primo strato polimerizzato abbia una supercie a cui aderire. Quando il laser ha completato lo strato da polimerizzare, il supporto si alza per far sgocciolare eventuale resina rimasta attaccata, per poi reimmerger-si nel liquido per permettere la realizzazione dello strato succesreimmerger-sivo. Nell'immagine a destra di gura 3.8 è mostrata una tipica stampante SLA.

SLS (Selective Laser Sintering): la stampa è realizzata attraverso la fusione selettiva di materiale granulare in maniera simile alla SLA, ma senza la necessità di estrarre e reinserire l'oggetto all'interno del materiale di stampa liquido che qui invece è granulare. In questo modo il mezzo non fuso serve anche a sostenere le sporgenze nella parte che viene prodotta

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Figura 3.9: A sinistra un dettaglio di stampa con tecnologia FDM, a destra lo stesso componente realizzato in SLA

riducendo il bisogno di supporti ausiliari temporanei, necessari invece nelle altre due tecnologie per realizzare eventuali parti sospese che non poggiano bene sulla base dell'oggetto. La stampa di materiali metallici attualmente si può realizzare solo con questa tecnologia con un processo detto DMLS (Direct Metal Laser Sintering).

In g. 3.9 è mostrato un confronto al microscopio tra FDM e SLA. Con-siderando la relazione che lega un usso alla dimensione del canale in cui scorre: G = Q ∆P = k ρ ρ0 π 128 D4 e µL (3.1)

si nota come il usso dipenda dal diametro equivalente (De) alla quarta

potenza. L'errore dovuto ad un canale non omogeneo comporterebbe un notevole errore nella lettura del usso. Per questo motivo, e per la loro maggiore risoluzione, la nostra scelta è caduta sulle stampanti di tipo SLA. In particolare è stata utilizzata la Form2 della Formlabs, presente presso i laboratori del gruppo "FabLab - Creiamo in 3D" dell'Università di Pisa.

Tra i parametri più interessanti delle stampanti SLA c'è la dimensione del laser e la risoluzione nelle tre coordinate. Per quanto riguarda la risolu-zione lungo z, questa è data dalla minima altezza dello strato che si riesce a realizzare, e per la Form2 va tra i 25 e i 300 µm in funzione del materiale. La nostra stampa è avvenuta con una risoluzione verticale di 50 µm per non gravare eccessivamente sui tempi di realizzazione. Per quanto riguarda la dimensione dello spot del laser, questa è di 140 µm, di conseguenza la più piccola unità stampabile avrà le stesse dimensioni. Nei modelli successivi la FormLab ha già installato laser da 85 µm. La risoluzione XY invece dipen-de direttamente dalla precisione dipen-degli specchi galvanometrici che puntano il

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Figura 3.10: Per testare la risoluzione xy della Form2 si può disegnare un modello con delle righe la cui dimensione varia da 10 a 200 µm e valutare otticamente dove le righe diventano visibili.

laser nel materiale, e per la Form2 è di circa 50 µm. In realtà questo para-metro è molto dicile da calcolare, si preferisce eseguire un test come quello mostrato in g. 3.10. E' possibile infatti disegnare canali con diversi angoli e diversi spessori per poi valutare praticamente da che punto in poi questi diventano eettivamente visibili sulla stampa di prova.

I laboratori FormLab orono un'ampia varietà di resine liquide con cui operare le loro stampanti che dieriscono per proprietà del materiale e costo. Per la nostra stampa abbiamo optato per una delle più utilizzate, ovvero la Resin Clear versione 04, una resina trasparente, ottima per valutare la qualità di stampa dei piccoli canali interni alla struttura.

Dal punto di vista chimico è una resina fotoreattiva composta da un misto di esteri dell'acido metacrilico e di fotocatalizzatori. In g.3.11 sono riportate le principali caratteristiche meccaniche di oggetti realizzati in questa resina. Ovviamente alcuni di questi parametri varieranno in funzione della geometria di stampa, delle impostazioni della stampante e della temperatura.

Altre resine commerciali presentano proprietà diverse: alcune sono colo-rate, come la Resin White, altre hanno particolari proprietà strutturali come la Resin Tough o la Resin Flexible. Altre ancora presentano compatibilità con diversi materiali come ad esempio la Resin Dental che è compatibile con

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Figura 3.11: Proprietà meccaniche del Resin Clear 04, appena stampato e dopo le operazioni di postprocessing.

i tessuti biologici.

Esistono inoltre due tecnologie di post-processing per la stampa SLA, il Form-Wash e il Form-Cure (in g. 3.12). I problemi principali che si vogliono risolvere sono due: una supercie degli oggetti spesso troppo rugosa e la presenza di parti non polimerizzate internamente all'oggetto che ne alterano le proprietà meccaniche.

Il Form-Wash permette di eseguire un bagno di vapori di IPA (alcool isopropilico) per un tempo impostato dall'utente. I vapori vengono fatti cir-colare attorno all'oggetto posizionato al centro. L'alcool ha la proprietà di smussare le imprecisioni di stampa. Ad ogni struttura stampata abbiamo applicato questo post-processing per 20 o 30 minuti, per smussare le impre-cisioni dei canali interni e per pulirli il più possibile da eventuali depositi di resina non polimerizzata. La tabella 3.13 riporta l'aumento di peso percen-tuale di un cubo di 1 cm3 di Resin Clear 04 immerso in diversi solventi. Dai

dati è evidente che solo l'acetone e L'HCl concentrato riescono a rompere o deformare il componente mentre quasi tutti gli altri solventi causano un aumento del peso di meno dell'1%. Terminato il bagno conviene far asciugare per 30 minuti l'oggetto per assicurarsi che i vapori di alcool siano evaporati e l'oggetto bene asciutto.

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polime-Figura 3.12: Il Form-Wash e il Form-Cure della FormLab, due apparecchiature commerciali per eseguire i post-processing più comuni per le resine polimerizzate.

rizzanti con lo scopo di polimerizzare anche eventuali piccole aree interne alla stampa che non sono state illuminate perfettamente dal laser in fase di stampa. L'oggetto viene fatto ruotare su di un piano per illuminare la struttura in ogni punto. Dopo questo trattamento il materiale ottiene un incremento in molti dei suoi parametri meccanici. Poiché la nostra strut-tura non ha necessità di sopportare stress meccanici non abbiamo eseguito questo post-processing, anche per evitare il solidicarsi di eventuale resina non polimerizzata all'interno dei piccoli canali millimetrici presenti nei nostri modelli.

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Figura 3.13: Aumento di peso percentuale che un cubetto di 1 cm3 di Resin Clear

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Figura 3.14: Una vista del collettore dall'alto e una di lato in visualizzazione "reticolo".

3.3 Primo prototipo di sistema microuidico

La prima stampa è stata eseguita per una sola struttura microuidica, per valutare la bontà dei vari parametri di stampa e di progetto. Tra le varie tipologie di collettore ne è stato realizzato uno UDS con 3 canali. Ricordiamo che nell'approccio UDS i canali possono essere separati da un'angolo costante dal canale centrale, ma devono presentare una modulazione sulla lunghezza dei canali. Per questo sono stati realizzati due canali distanti ± 45◦da quello

centrale, uno a sinistra e uno a destra. Per il canale centrale è stata scelta la lunghezza di 2 mm, mentre per i canali laterali deve valere l'equazione:

L2,3 L1 =√2 (3.2) L2,3 = L1· √ 2 = 2, 8284mm (3.3) Come anticipato nel primo capitolo questo tipo di sensore è particolar-mente fragile. L'utilizzo durante le intemperie è sconsigliato in quanto l'in-gresso di pioggia nei canali sarebbe distruttiva per la struttura integrata sul silicio. Per questo motivo è stato deciso di inclinare di 30◦ i canali verso l'alto,

in maniera da creare un percorso in salita svantaggioso per l'acqua e proteg-gere meglio il sensore. Questa variazione sull'angolazione dei canali era stata ipotizzata da tempo come possibile tecnica di protezione dalla pioggia, ma con la tecnologia precedente era praticamente impossibile da realizzare. Aver inclinato i canali comporta un aumento della loro lunghezza, infatti il canale centrale diventa circa 2,3 mm mentre quelli laterali 3,25 mm. Si mantiene comunque tra le lunghezze il rapporto richiesto dalla modulazione USD.

In gura 3.14 (a) è mostrata una vista con un taglio orizzontale lungo l'asse z della struttura, per mostrare il più possibile la composizione interna,

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mentre a destra è mostrata la vista "reticolo". In questa vista i parallelepipe-di sono mostrati solo con i loro contorni, mentre i cilindri sono rappresentati come due circonferenze collegate solo da una linea rappresentante la loro al-tezza. È una delle modalità di visualizzazione del FreeCAD molto utile per strutture che si sviluppano internamente ad una struttura più grande che le contiene.

Per questa stampa è stata scelta una temperatura di stampa di 31◦ con

uno spessore dei layer di 0.0 5mm. La struttura nale risulta 7 mm di altezza, richiedendo quindi 140 passaggi di stampa. L'intero processo è durato un tempo totale di circa un'ora e venti minuti. In gura 3.15 (a) è mostrata la struttura appena stampata.

Una volta rimossa la struttura dal piano di stampa, è stata posizionata all'interno del FormWash (a destra in gura 3.15) dove ha subito un bagno di vapori di alcool IPA per 30 minuti, per smussare e ripulire per bene i canali interni da eventuali gocce di resina imprigionata al loro interno durante la fase di stampa. I canali sono stati realizzati di forma cilindrica con un diametro di 1 mm, mentre la camera interna su cui i canali si aprono è alta 2 mm. Il diametro del cilindro è di 2 cm. Le dimensioni della camera interna sono state scelte in funzione di questi dati di progetto e dalle lunghezze dei canali richieste. Questa struttura può essere connessa alla guida vista nel capitolo 2 e portare così il usso sul sensore.

3.3.1 Misure primo prototipo

Dopo aver svolto due misure a diverse velocità con questo collettore, dai risultati ottenuti è emersa immediatamente una criticità: sul picco alto della lettura è presente un eetto di at-top. Per questo motivo nella seconda stampa abbiamo realizzato nuovamente la stessa struttura a tre canali, questa volta senza però inclinarli per assicurarci che non sia un problema di questa soluzione tecnologica. Abbiamo realizzato anche altri due collettori con una congurazione UW a 7 canali, questa volta inclinati per vericare se l'errore si ripetesse anche qui.

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Figura 3.15: Nella foto di sinistra il primo collettore appena stampato. A destra invece è mostrato all'interno del Form-Wash, appena prima dell'inizio del processo di bagno nei vapori di IPA.

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