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POTENZIOMETRIA
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ELETTRODI
•
Solo il potenziale di cella può essere misurato
sperimentalmente, mentre quello di una semicella non
può essere ottenuto
•
La differenza fra la forza elettromotrice E di due
semicelle dà luogo alla differenza di potenziale della
cella E
cella•
Se una delle due semireazioni è nota ed è mantenuta
costante: è possibile misurare la concentrazione delle
specie presenti dall’ altro lato della cella
•
Gli elettrodi utilizzati in potenziometria si comportano
come una cella elettrochimica completa.
•
elettrodi di RIFERIMENTO
SHE
•
elettrodi INDICATORI
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POTENZIALE DI CELLA
Ecella= Eind-Erif+Ej
Eind è il termine che ci permette di risalire alla concentrazione
dell’analita
Mentre Erif rappresenta il potenziale di un elettrodo di riferimento
Ej è il potenziale di giunzione
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CLASSIFICAZIONE DEGLI ELETTRODI
Gli elettrodi impiegati per la misurazione dell'attività di un certo analita sono chiamati
elettrodi indicatori.
Un elettrodo indicatore ideale dovrebbe rispondere rapidamente e in modo riproducibile ad ogni variazione di attività dell'analita in esame. In pratica è spesso possibile che un elettrodo di misura risponda anche a variazioni di attività di altre specie, che non sia cioè perfettamente specifico, o che risponda solo lentamente. Per misurarne il potenziale, gli elettrodi indicatori devono essere accoppiati ad un elettrodo di riferimento, cioè ad un elettrodo a potenziale noto, Vrif, in modo che dal valore sperimentale della differenza di potenziale misurata ai capi della cella elettrochimica così realizzata, DV, si possa risalire per differenza al potenziale dell'elettrodo indicatore.
Gli elettrodi di riferimento ideali dovrebbero avere un potenziale noto e costante (anche qualora la cella sia attraversata da una corrente elettrica di bassa intensità) oltre che indipendente dalla composizione della soluzione in cui deve essere immerso.
Entrambi i tipi di elettrodi dovrebbero essere di facile costruzione e robusti. Non tutte queste condizioni possono essere rispettate rigorosamente.
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Gli elettrodi sono classificabili come elettrodi di Ia e IIa specie, elettrodi di
ossidoriduzione ed elettrodi a membrana. Gli elettrodi di Ia specie
M/Mn+
sono costituiti da un metallo immerso in una soluzione di suoi ioni. La corrispondente reazione elettrodica è la seguente
Mn+ + ne- = M
L'elettrodo di zinco e quello di rame usati nella pila Daniell sono di Ia specie.
L'equazione di Nernst per questi elettrodi è del tipo
Il potenziale degli elettrodi di Ia specie dipende quindi dall'attività dei cationi del
metallo elettrodico. Un elettrodo di Ia specie ad Ag/Ag+ può essere utilizzato per
misurare il pAg nel corso di una titolazione di precipitazione dei cloruri.
) a log( n 059 , 0 V V Mn log[M ] n 059 , 0 V V n
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Elettrodi indicatori
•
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Elettrodi di I specie
• Non sono sufficientemente selettivi
• La loro stabilità chimica dipende spesso dal pH
• Sono facilmente ossidabili
• Metalli più duri come Fe, Cr, Co non danno potenziali riproducibili
Pertanto gli unici elettrodi di I specie utilizzati sono
Ag/Ag
+; Hg/Hg
22+
in soluzioni neutre
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Elettrodi Indicatori
•
Elettrodi di 2ª specie (reversibili agli anioni)
•
Metallo come elettrodo indicatore per il suo catione
•
Sensibile alla conc. di anioni che formano precipitati poco
solubili o complessi stabili
AgI
(s)+ e
-Ag
(s)
+ I
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Gli elettrodi di IIa specie
M/MxAy(s)/A
x-sono costituiti da un metallo ricoperto da un suo sale poco solubile e immerso in una soluzione contenente l'anione del sale poco solubile.
Due esempi importanti sono l'elettrodo Ag/AgCl/Cl- (V° =
0,222 V) e quello a calomelano Hg/Hg2Cl2/Cl- saturo (in inglese
standard calomel electrode,
SCE, V° = 0,268 V).
Le reazioni elettrodiche sono, rispettivamente
AgCl + e- = Ag + Cl
-Hg2Cl2 + 2e- = 2Hg + 2Cl
-KCl
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Dalle reazioni elettrodiche è facile ricavare le equazioni di Nernst
V(Ag/AgCl,Cl-) = V° (Ag/AgCl,Cl-) - 0,059 log aCl
-V(Hg/Hg2Cl2,Cl-) = V° (Hg/Hg2Cl2,Cl-) - 0,059 log aCl
-Il potenziale degli elettrodi di IIa specie dipende quindi dall'attività degli anioni
del sale poco solubile.
Gli elettrodi di IIa specie sono usati spesso come elettrodi di riferimento. Si pensi
ad un elettrodo ad Ag/AgCl/Cl- immerso in una soluzione satura di KCl: dato che
la concentrazione di cloruro è costante in quanto determinata dal prodotto di solubilità del KCl, il potenziale elettrodico è costante (e tale rimane ammesso che l'elettrodo non venga attraversato da una quantità di corrente così elevata da modificare significativamente la concentrazione del cloruro).
Alla temperatura di 25°C, il potenziale degli elettrodi a Ag/AgCl/Cl- in KCl saturo,
1,0 M e 0,1 M è uguale a 0,1989 V, 0,2272 V e 0,2901 V, rispettivamente, mentre quello degli elettrodi a calomelano in KCl saturo, 1,0 M e 0,1 M è uguale a 0,2444 V, 0,2824 V e 0,3358 V, rispettivamente.
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Elettrodi di riferimento
L'elettrodo di riferimento ideale deve
avere un potenziale noto e costante
e indipendente dalla concentrazione di
analita in più deve essere resistente e di
semplice costruzione
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ELETTRODO DI RIFERIMENTO A CALOMELANO
Hg Hg2Cl2(saturo), KCl (xM)
Le concentrazioni di KCl più usate sono 0.1; 1 e 4.6M Il potenziale di questo elettrodo è 0.2444V ma è molto sensibile alla temperatura
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Elettrodi di riferimento
Ag AgCl (sat), KCl(sat)
AgCl(s) + e
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ELETTRODI INDICATORI
•
Elettrodi di 3ª specie (Red/Ox)
•
Costituiti da Pt, Au, Pd;
•
Il potenziale dipende esclusivamente dal potenziale delle
specie con le quali l’elettrodo è in contatto
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Gli elettrodi metallici inerti per sistemi redox sono costituiti da un conduttore metallico inerte (Pt, Au) immerso in una soluzione contenente entrambe le specie di una coppia di ossidoriduzione. Due elettrodi di ossidoriduzione sono i seguenti
Pt/Fe3+, Fe2+
Pt/MnO4-, Mn2+,H+
Le corrispondenti reazioni elettrodiche sono Fe3+ + e- = Fe2+
MnO4- + 8H+ + 5e- = Mn2+ + 4H 2O
e le equazioni di Nernst sono
Gli elettrodi a gas sono elettrodi di ossidoriduzione nei quali uno dei componenti della coppia di ossidoriduzione è presente allo stato gassoso a pressione e temperatura ambiente. L'elettrodo a
idrogeno è il più noto tra quelli a gas.
Gli elettrodi a gas sono elettrodi di ossidoriduzione nei quali uno dei componenti della coppia di ossidoriduzione è presente allo stato gassoso a pressione e temperatura ambiente. L'elettrodo a idrogeno è il più noto tra quelli a gas.
2 4 2 3 Mn 8 H MnO Mn Mn Fe Fe Fe Fe a ) a ( a log 5 059 , 0 V V a a log 1 059 , 0 V V
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Gli elettrodi a membrana sono elettrodi strutturalmente diversi da tutti quelli finora descritti. In questo contesto è sufficiente sapere che una cella per misure di pH mediante elettrodo a vetro può essere schematizzata come segue
All'interno dell'elettrodo a vetro è contenuto un elettrodo di riferimento ad Ag/AgCl/Cl-, che pesca nella soluzione di riferimento di HCl 0,1 M saturata con
KCl. La membrana di vetro separa la soluzione interna da quella esterna. Il circuito viene chiuso da un secondo elettrodo di riferimento a calomelano o ad Ag/AgCl/Cl-, immerso nella stessa soluzione a pH incognito tramite un ponte
salino. La differenza di potenziale misurata è quella tra l'elettrodo di riferimento interno e quello esterno.
In accordo a quanto detto sulle convenzioni dei segni, qui il potenziale è indicato con la lettera V e non con la lettera E.
In accordo a quanto detto sulle convenzioni dei segni, qui il potenziale è indicato con la lettera V e non con la lettera E.
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I 1 – parte sensibile dell’elettrodo, un bulbo fatto di vetro
speciale (22% Na2O, 6% CaO, 72% SiO2)
2 – A volte l’elettrodo può contenere piccole quantità di AgCl(s) all’interno del bulbo
3 – soluzione interna, di solito 0.1M HCl per elettrodi per misure di pH o 0.1M MeCl per elettrodi per misure di pMe 4 – elettrodo interno, di solito elettrodo ad AgCl(sat) o SCE 5 – corpo dell’elettrodo, fatto di vetro non-conduttore o plastica.
6 - elettrodo di riferimento, di solito elettrodo ad AgCl(sat) o SCE
7 – giunzione con la soluzione in esame, di solito
membrana di ceramica o capillare con fibre di amianto o di quarzo.
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La cella di misurazione può essere congegnata in modo tale che il secondo elettrodo di riferimento sia contenuto nello stesso corpo dell'elettrodo a vetro: in tal caso l'elettrodo a vetro risultante si dice combinato e, in effetti, è una cella elettrochimica, non un semplice elettrodo (la misurazione avviene immergendo nella soluzione il solo elettrodo combinato).
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In prima approssimazione, Vg, il potenziale dell’elettrodo a vetro (il pedice g deriva dall'inglese glass), dipende dalla composizione della membrana stessa (silice contenente percentuali diverse di ossidi di metalli alcalini e alcalino-terrosi) e dal suo stato di idratazione superficiale, oltre che, naturalmente, dall'attività degli ioni idrogeno nella soluzione interna (nota e costante) e nella soluzione incognita, aH+.
La composizione del vetro Corning 015, largamente usato per membrane da elettrodo a vetro è, all’incirca, la seguente:
Na2O 22% CaO 6%
SiO2 72%
La K di equilibrio per questo scambio è così alta che le superfici della membrana sono costituite da acido silicico
Cationi a carica singola sono mobili nel reticolo e sono responsabili della conduzione elettrica all’interno del reticolo.
Affinché lo scambio sia possibile, è necessario che le due superfici della membrana siano idratate. L’idratazione avviene mediante reazioni di scambio ionico. Vetri non igroscopici non sono sensibili al pH
Na Gl Na H Gl Hacq acq
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POTENZIALI DI MEMBRANA
IL POTENZIALE DI UNA CELLA CON ELETTRODO A VETRO E’ ESPRESSO DALLA SOMMA DI 4 CONTRIBUTI:
VAg,AgCl e VSCE che sono i potenziali degli elettrodi di rif
Vj che è il potenziale di giunzione generato dal ponte salino che separa
SCE dalla soluzione di analita
Vb che è il potenziale di interfase che varia col pH della soluzione di analita
I due elettrodi di riferimento forniscono i contatti elettrici con le soluzioni e Permettono di misurare le variazioni di Vb
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Dato che l’attività dello ione idrogeno all’interno dell’elettrodo è costante
È stato dimostrato che gli ioni H+ coinvolti nelle reazioni NON attraversano la
membrana di vetro.
Il potenziale misurato dall'elettrodo a vetro, Vg, è quello sviluppato attraverso la membrana vetrosa
Il potenziale di membrana risulta dalla composizione di due differenze di potenziale originate a ciascuna interfaccia elettrodo/soluzione in conseguenza delle reazioni:
I pedici i ed e indicano la superficie interna ed esterna, rispettivamente.
i e H H i e g a a log 0592 , 0 V V V pH 0592 , 0 ' L V a log 0592 , 0 a log 0592 , 0 V g H H g i e e e i i s acq s s acq s ) Gl ( H ) Gl H ( ) Gl ( H ) Gl H (
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Oltre al potenziale dell’elettrodo a vetro e a quello dell’elettrodo di riferimento esiste quindi il potenziale di asimmetria (Vasim, componente derivante dal fatto che immergendo l’elettrodo a vetro nella stessa soluzione usata all’interno dell’elettrodo stesso si misura una differenza di potenziale non nulla).
Allora, per quanto riguarda la differenza di potenziale ai capi della cella di misurazione, si ha:
Si può dimostrare che, nel migliore dei casi, la misura del pH è affetta da un errore minimo uguale a ±0,02 unità di pH.
Ricordando che si ottiene infine
Il potenziale di giunzione residuo in una cella munita di un efficiente ponte salino è dell'ordine di ± 0,001 V. Dall'equazione Vg = L’ - 0,0592.pH è facile ottenere DpH = ±DVg/0,0592 = ±0,001/0,059 = ±0,02 V
Il potenziale di giunzione residuo in una cella munita di un efficiente ponte salino è dell'ordine di ± 0,001 V. Dall'equazione Vg = L’ - 0,0592.pH è facile ottenere DpH = ±DVg/0,0592 = ±0,001/0,059 = ±0,02 V
asim Rif g V V V V D pH 0592 , 0 ' L Vg asim Rif V V pH 0592 , 0 ' L V D pH 0592 , 0 L V D
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POTENZIALE DI ASIMMETRIA
Varia nel tempo; può essere dovuto a difetti di fabbricazione, abrasioni
durante l’uso, corrosione chimica.
Per superare questo limite è necessario effettuare una calibrazione
almeno una volta al giorno
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Nonostante la misurazione del pH sia forse la più comune in campo chimico, essa è soggetta a numerosi tipi di errore.
L'errore alcalino. L'elettrodo a vetro ordinario diventa sensibile agli ioni di metalli alcalini e dà errori negativi a valori di pH maggiori di 9.
L'errore acido. I valori registrati dall'elettrodo a vetro tendono ad essere un po' alti quando il pH è inferiore a circa 0.5.per cui tutti i siti sono saturati da H+.
La disidratazione. Una membrana disidratata può provocare una irregolare prestazione dell'elettrodo.
La forza ionica insufficiente. Si è trovato che errori significativi (di 1 o 2 unità di pH) possono verificarsi quando il pH di campioni a bassa forza ionica, come l'acqua di lago o di torrente, viene misurato con un sistema di elettrodi vetro/calomelano. È stato dimostrato che la fonte primaria di tali errori è l’irriproducibilità dei potenziali di giunzione.
Il potenziale di giunzione. Una importante fonte di incertezza che non si può correggere è la variazione nel potenziale di giunzione risultante da differenze di composizione tra lo standard e la soluzione incognita.
Il pH dei tamponi standard. Qualsiasi imprecisione nella preparazione del tampone usato per la calibrazione o qualsiasi cambiamento nella sua composizione durante la conservazione provoca un errore nelle successive misure del pH. L'azione dei batteri sui componenti di un tampone organico costituisce una comune causa di deterioramento.
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Errore alcalino ed errore acido
L’elettrodo a vetro risponde sia agli ioni idrogeno che, in soluzione basica, agli ioni dei metalli alcalini. Quindi a pH elevati, diversi a seconda della composizione della membrana di vetro, l’elettrodo a vetro tende a misurare un’attività di ioni idrogeno maggiore di quella vera (un pH minore di quello vero),
Un errore opposto viene osservata a pH molto bassi, anche se la spiegazione è piuttosto complessa.
L’errore acido è dovuto allo scambio di anioni e, in parte, a fenomeni di disidratazione della membrana.
Gli errori alcalino e acido sono evidenziati nella Figura qui a lato.
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a stato solido, nei quali la membrana è uno strato uniforme di un'opportuna sostanza solida omogenea (per esempio gli elettrodi a cloruro, bromuro, ioduro e fluoruro);
a membrana plastica (per esempio gli elettrodi sensibili allo ione calcio, al nitrato ecc.);
a membrana per gas, nei quali il gas dissolto in soluzione (NH3, CO2) diffonde, attraverso una membrana opportuna, in un piccolo volume di soluzione tampone specifica: la reazione del gas con il tampone provoca la variazione di pH rilevata dall'elettrodo a vetro per pH contenuto all'interno dell'elettrodo a gas;
Variando opportunamente la composizione del vetro è possibile rendere la membrana sensibile alla variazione di altri ioni (Na+, K+, ecc.). Esistono inoltre
elettrodi a membrana:
In definitiva, gli elettrodi a membrana, o elettrodi iono-specifici (ISE: ion specific
electrodes) disponibili sul mercato permettono la determinazione di cationi (Cd2+,
Ca2+, Cu2+, Pb2+, Ag+, ecc.), anioni (alogenuri, CN-, NO
3-, NO2-, ClO4-, S2-, ecc.) e
specie gassose (NH3, CO2, Cl2, O2, ecc.).
Dato che gli elettrodi a vetro e molti elettrodi a membrana presentano una resistenza elettrica molto elevata (nella maggior parte dei casi compresa tra 10 e 100 M), le misure di pH richiedono l'uso di voltmetri elettronici aventi una resistenza interna particolarmente elevata.
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A N A L IS I C H IM IC O F A R M A C E U T IC A I Lo scambiatore ionico è un
dialchilfosfato di calcio insolubile in H2O disciolto in un liquido organico forzato per gravità in un disco poroso e idrofobo.
Alternativamente lo scambiatore è immobilizzato in un gel duro di
polivinilcloruro cementato all’estremità di un tubo contenente la soluzione interna e l’elettrodo di riferimento
[(RO)2POO]2Ca 2(RO)2POO- + Ca2+
organico organico acq
Il potenziale si sviluppa attraverso la membrana quando l’entità di dissociazione dello scambiatore su di una superficie differisce da quella sull’altra superficie
ELETTRODI A MEMBRANA
LIQUIDA
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ELETTRODO A MEMBRANA PER IL CALCIO
Il potenziale che si sviluppa risulta dalla differenza delle attività di Ca2+ nelle
soluzioni interna ed esterna:
Eb= E1-E2 = 0,0592/2 log a1/a2 a1 = attività Ca++ esterno; a2 = attività Ca++interno
Poiché a2 è costante:
Eb= N + 0,0592/2 log a1 = N-0,0592/2 pCa N = costante
Le prestazioni sono indipendenti dal pH nell’inervallo 5.5-11; al di sotto l’elevata [H+]
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ELETTRODO A MEMBRANA PER IL POTASSIO
Importante in fisiologia perché il K regola la trasmissione nei nervi
Per misurare questo processo è richiesto un elettrodo che sia in grado di misurare piccole concentrazioni di K in presenza di elevati livelli di Na Si utilizza come scambiatore la Valinomicina che è un antibiotico ad alta affinità per K
Sono stati sviluppati anche elettrodi sensibili agli anioni come: Cl-; NO
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Elettrodo a chinidrone
•
La soluzione in esame viene saturata con una miscela
equimolecolare di chinone e di idrochinone ed il potenziale
viene misurato con un elettrodo di Pt.
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MISURAZIONI POTENZIOMETRICHE DEL pH CON ELETTRODO A VETRO
possono essere usati in soluzioni contenenti ossidanti forti, riducenti forti, proteine e gas;
possono essere usati per determinare il pH di fluidi viscosi o anche semisolidi; per applicazioni speciali sono disponibili microelettrodi per la misura del pH in una goccia (o meno) di soluzione, nella cavità di un dente, o nel sudore sulla pelle, o che permettono la misura del pH all'interno di una cellula vivente, elettrodi robusti da inserire in un flusso di liquido corrente per garantire un monitoraggio continuo del pH (on-line);
elettrodi miniaturizzati possono essere ingeriti per misurare l'acidità del contenuto dello stomaco (l'elettrodo di calomelano viene tenuto in bocca).
Gli elettrodi a vetro sono uno strumento notevolmente versatile per la misura del pH nelle condizioni più diverse:
Recentemente è apparso sul mercato un nuovo tipo di elettrodo per pH a stato solido. I vantaggi di questo tipo di elettrodo rispetto all'elettrodo a vetro sono la piccola dimensione, la robustezza, la rapidità di risposta ed una bassa impedenza di uscita.
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DEFINIZIONE OPERATIVA DEL pH
L'utilità del pH come misura dell'acidità dei mezzi acquosi, l'ampia disponibilità di elettrodi a vetro in commercio, e la proliferazione relativamente recente di pH metri a ‑ stato solido poco costosi, hanno fatto della misurazione potenziometrica del pH la misurazione analitica più comune dell'intera scienza.
Proprio per questo è estremamente importante che il pH venga definito in un modo che sia facilmente replicabile nel tempo e in luoghi diversi. Allo scopo è stato necessario definire il pH in termini operativi.
In base a questa definizione il pH di una soluzione è
L‘equazione è stata adottata in tutto il mondo come definizione operativa del pH. Per un lavoro accurato, si possono acquistare dal NIST tamponi certificati.
pH di una soluzione standard pH di una soluzione incognita 0592 , 0 V V pH pH u s s U pH 0592 , 0 L Vg 0592 , 0 L V pH s s 0592 , 0 L V pH u u
A N A L IS I C H IM IC O F A R M A C E U T IC A I TITOLAZIONI POTENZIOMETRICHE
Le titolazioni potenziometriche sono eseguite misurando il potenziale di un elettrodo reversibile ad un certo analita durante la sua titolazione con un opportuno reagente. Si può quindi costruire direttamente la curva Potenziale/Volume di titolante.
Le titolazioni potenziometriche forniscono dati più attendibili di quelli forniti dalle titolazioni che usano indicatori chimici, e sono inevitabili quando si devono eseguire in soluzioni colorate o torbide e per ricercare la presenza di specie insospettate.
Queste titolazioni sono anche facilmente automatizzabili.
Le titolazioni potenziometriche manuali, d'altro canto, hanno lo svantaggio di essere più lunghe di quelle che coinvolgono gli indicatori.
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I Un titolatore automatico altro
non è che una pompa, capace di erogare volumi controllati di liquido (titolante), accoppiata con un voltmetro elettronico che permette di misurare il potenziale di un elettrodo indicatore dopo ogni aggiunta automatica di titolante.
Nel caso di una titolazione acido-base, l’elettrodo indicatore è un normale elettrodo a vetro, per una di precipitazione degli alogenuri si usa un elettrodo ad Ag/AgCl.
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Il titolante viene aggiunto automaticamente in grandi incrementi all'inizio della titolazione ed in incrementi via via più piccoli quando ci si avvicina al punto finale (come indicato da maggiori cambiamenti nella risposta per unità di volume).
I metodi per determinare il punto finale di una titolazione potenziometrica sono diversi.
Il più semplice implica la costruzione del diagramma del potenziale in funzione del volume di reagente, come nella figura sotto a sinistra: il punto di mezzo del salto di potenziale viene stimato ad occhio e preso come punto finale.
Alternativamente si può calcolare (anche automaticamente) la derivata Ia (figura al
centro) o IIa (figura a destra) della curva di titolazione, rendendo più precisa la
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Attualmente esistono sonde per CO2; NO2, H2S, SO2, HF, HCN, NH3
SONDE SENSIBILI AI GAS
E’ costituita da un tubo contenente: 1. Un elettrodo di riferimento
2. Un elettrodo iono-selettivo 3. Una soluzione elettrolitica
Una membrana permeabile ai gas attaccata a un’estremità del tubo funge da barriera tra le soluzioni interna e quella contenente l’analita
La membrana è costituita da un polimero idrofobo ed ha pori inferiori a 1 mm permette il passaggio solo alle molecole di gas, ma non all’acqua e agli
elettroliti grazie al suo carattere idrofobo
Il passaggio di gas verso la superficie interna determina una variazione di pH che viene evidenziata dagli elettrodi
CO2(acq) + 2H2O H3O+ + HCO 3
-A N A L IS I C H IM IC O F A R M A C E U T IC A I
POTENZIOMETRIA DIRETTA
Si basano sul confronto tra il potenziale sviluppato nella cella dell’elettrodo indicatore immerso nella soluzione di analita e quello sviluppato nelle stesse condizioni dallo stesso elettrodo immerso in una soluzione standard
Considerato che
Ecella = Eind – Erif + Ej e che
Eind = L-0.0592/n pX
Si può facilmente calcolare pX come:
pX = - n(Ecella-K)/0.0592 dove K = Ej-Erif+L
Per un anione il segno dell’equazione è opposto: pA = n(Ecella-K)/0.0592
A N A L IS I C H IM IC O F A R M A C E U T IC A I CALIBRAZIONE
E’ necessaria per calcolare il Ej che è inglobato nella K assumendo che il valore di K non cambi quando la soluzione standard è sostituita dalla soluzione dell’analita.
Tuttavia si commette un errore nell’assumere che K rimanga invariata dopo la calibrazione poiché la composizione elettrolitica della soluzione incognita è diversa da quella standard.
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POLAROGRAFIA E
VOLTAMMETRIA
A N A L IS I C H IM IC O F A R M A C E U T IC A I
Jaroslav Heyrovsky per la prima volta, usò un elettrodo a goccia di mercurio
Durante la II guerra mondiale il polarografo venne usato come moderna tecnica analitica e fu utilizzato in numerose branche dell'industria bellica, tra cui lo sviluppo della bomba atomica. Alla fine della guerra la polarografia era uno dei 5 metodi di analisi chimica piu usati.
Nell'ottobre del 1959 Jaroslav Heyrovsky ricevette il premio Nobel per la chimica come riconoscimento supremo per la sua dedizione agli scopi scientifici.
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La voltammetria e la polarografia sono tecniche di analisi elettrolitica molto simili tra loro, basate sulla scarica (riduzione o ossidazione) di un analita elettroattivo. In entrambi i casi viene misurata la corrente che attraversa un elettrodo immerso nella soluzione contenente le specie elettroattive, in grado cioè di ridursi o ossidarsi, quando viene applicato allo stesso un potenziale elettrico esterno, variabile in modo opportuno.
L’elettrodo viene detto elettrodo di lavoro ed ha una superficie attiva molto piccola: ciò gli permette di assumere esattamente il potenziale imposto dall’esterno; in altre parole si tratta di un elettrodo altamente polarizzabile. Si possono avere vari casi:
- nella voltammetria si usa un microelettrodo solido (di Pt o C vetroso), rotante o stazionario, oppure una singola goccia di Hg pendente da un capillare
- nella polarografia si una un elettrodo a goccia di Hg che cade ritmicamente da un capillare, in modo da rinnovare continuamente la superficie di elettrodo. La polarografia è la tecnica storicamente più vecchia, oggi sostituita in gran parte dai numerosi metodi voltammetrici.
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Un moderno sistema per la voltammetria/polarografia (gli apparecchi consentono di solito l’uso di numerose varianti di entrambe le tecniche) si può schematizzare nel modo seguente:
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La cella voltammetrico/ polarografica contiene la soluzione analitica ed al suo interno sono presenti di norma 3 elettrodi: l’elettrodo di lavoro (a), un controelettrodo (b) per la chiusura del circuito ed un elettrodo di riferimento (c), collegati da un potenziostato che può controllare con estrema precisione il potenziale assunto dall’elettrodo di lavoro. La sollecitazione elettrica proveniente dal circuito esterno (il potenziale E) fornisce come risposta un segnale elettrico proveniente dalla soluzione (la corrente i). La scansione (cioè la variazione nel tempo) del potenziale E applicato fa in modo che vengono successivamente raggiunti i potenziali di scarica delle varie specie elettroattive presenti nella soluzione e quindi una variazione corrispondente della corrente i che attraversa il circuito. Ovviamente si tratta di una elettrolisi parziale della soluzione, una specie di “assaggio” che permette tuttavia di ricavare parametri analitici sia qualitativi che quantitativi.
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Riportando in diagramma, dopo eventuale elaborazione, la corrente i in funzione del potenziale E si possono ricavare svariati tipi di
tracciato corrente/tensione, che differiscono a seconda della
variante della tecnica. Le varianti si possono raggruppare in 3 categorie fondamentali: voltammetria, voltammetria idrodinamica, polarografia;
Nella voltammetria si ha un microelettrodo stazionario (solido o goccia di Hg) e la soluzione è quiescente, cioè è a riposo. Si registrano dei tracciati i/E detti voltammogrammi con la forma di picchi più o meno simmetrici (tracciato A)
Nella voltammetria idrodinamica il microelettrodo è solido, stazionario in una soluzione agitata meccanicamente oppure rotante nella soluzione, per garantire il continuo ricambio delle specie che si scaricano; il corrispondente voltammogramma ha la forma di un’onda sigmoidale (tracciato B)
Nella polarografia il microelettrodo è una goccia di Hg che si rinnova continuamente (ad esempio cade ritmicamente dall’estremità di un capillare); si ottiene un tracciato detto polarogramma (o onda polarografica) con un andamento sigmoidale (tracciato B)
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Questi tracciati possono dare informazioni sia qualitative che quantitative; oggi soprattutto alcune varianti voltammetriche permettono di competere con le tecniche spettroscopiche (come l’AA) in termini di limite di rivelabilità, tenendo presente che una tecnica come l’AA spesso risulta costosa (apparecchio, consumo gas, ecc.). Mediante voltammetria o polarografia possono essere dosati per riduzione catodica quasi tutti i metalli, determinati come cationi, e molti altri elementi (C, N, O, ecc.) dosati come anioni. Possono essere dosate anche le sostanze organiche purchè elettroattive, cioè riducibili o ossidabili; molte sostanze organiche non lo sono ma possono essere derivatizzate, cioè “agganciate” in rapporto equimolecolare a molecole dotate di gruppi funzionali elettroattivi e quindi diventano dosabili
Le analisi voltammetrico/polarografiche hanno numerose
applicazioni, tra cui: analisi delle acque e dei rifiuti (dosaggio dei
metalli), analisi dei materiali, analisi di farmaci e di alimenti (per es. il dosaggio della vitamina C nella frutta e nella verdura, in presenza cioè di una matrice molto complessa che rende vano l’uso di altri metodi). Occorre infine tener presente che gli apparecchi sono altamente automatizzati per cui si prestano anche a rapide analisi di routine.
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Esperimento fondamentale (1): potenziale costante
Tutte le tecniche voltammetriche possono essere ricondotte ad un unico esperimento, che nella sua versione più elementare consiste nel registrare la corrente i che attraversa un elettrodo di superficie piana quando viene applicato un potenziale E costante nel tempo, in grado di scaricare una specie elettroattiva presente nella soluzione analitica.
L’elettrodo su cui avviene la scarica verrà chiamato elettrodo di lavoro. Si supponga di avere in soluzione la specie elettroattiva Aox e di applicare all’elettrodo di lavoro un potenziale nettamente più riducente rispetto a quello di scarica di Aox; avverrà la riduzione seguente:
Aox + ne- Ared
Si supponga di registrare la corrente i che attraversa l’elettrodo di lavoro quando Aox si riduce. Perché avvenga la scarica è necessario che Aox raggiunga la superficie dell’elettrodo e prenda elettroni da quest’ultimo; quindi il processo di scarica è governato da 2 diversi fattori cinetici:
- la velocità di migrazione v1 con cui la specie chimica arriva sulla superficie dell’elettrodo di lavoro
- la velocità di scambio v2 con cui gli elettroni passano dall’elettrodo alla soluzione
Si supponga che lo scambio di elettroni sull’elettrodo sia istantaneo: in questo caso v1<<v2 per cui la scarica dipende quasi esclusivamente da v1 e quindi dai meccanismi con i quali Aox raggiunge l’elettrodo.
In questa situazione le condizioni sono identiche a quelle di una soluzione sottoposta ad elettrolisi e quindi la corrente che passa nel circuito dipende dagli stessi fenomeni: convezione, migrazione, diffusione.
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convezione: è lo spostamento dell’analita insieme al solvente dovuto all’agitazione della soluzione. Nel corpo della soluzione si manifesta un moto turbolento che diventa laminare nei pressi dell’elettrodo; su quest’ultimo, lo strato di liquido è praticamente stazionario, vale a dire che è immobile.
Oltre all’agitazione meccanica, possono provocare moti convettivi in soluzione anche gradienti di temperatura e di densità, che generano un flusso di materia che tende a ristabilire l’equilibrio in tutta la soluzione. Il movimento delle cariche elettriche associate agli ioni a causa della convezione genera una corrente elettrica all’interno della cella voltammetrica.
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migrazione: è il movimento degli ioni dovuto alla forza di attrazione del campo elettrico generato dall’elettrodo di segno opposto: i cationi migrano al catodo che ha segno (-), gli anioni migrano all’anodo che ha segno (+).
Anche la migrazione degli ioni, producendo uno spostamento di cariche, genera una corrente elettrica all’interno della cella voltammetrica. Nell’esempio considerato la specie elettroattiva è un catione e migra verso il catodo, che ha segno (-), dove potrà ridursi.
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diffusione: è il movimento spontaneo originato da gradienti di concentrazione; con la diffusione il sistema tende a ripristinare la condizione di omogeneità. In seguito alla scarica, nei pressi dell’elettrodo la concentrazione della specie elettroattiva diminuisce e quindi si crea un gradiente di concentrazione (C0<C1<C2.. ecc.) che “richiama” la specie che si sta scaricando dal corpo della soluzione, con una velocità di diffusione che risulta direttamente proporzionale al gradiente di concentrazione. Pertanto anche la corrente elettrica generata dalla diffusione è proporzionale al gradiente di concentrazione ΔC = (C – C0) essendo C la concentrazione della specie elettroattiva nel corpo della soluzione, C0 la concentrazione della stessa specie in prossimità dell’elettrodo di lavoro. Ma C0 è praticamente zero per cui la corrente prodotta dalla diffusione è direttamente proporzionale alla concentrazione di analita C presente in soluzione. Questo segnale elettrico può quindi essere correlato alla concentrazione dell’analita e quindi permette di fare l’analisi quantitativa.
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La corrente totale che si registra nel circuito in seguito alla scarica sull’elettrodo di lavoro di Aox segue le leggi di Faraday e pertanto è detta corrente faradica (iF). Fra tutti i fenomeni che producono tale corrente (convezione, migrazione, diffusione), solo la corrente di diffusione è direttamene proporzionale al
gradiente di concentrazione E’ necessario quindi fare in modo che la scarica
avvenga esclusivamente in regime di diffusione.
Per eliminare la convezione e la relativa corrente elettrica che produce si possono adottare vari accorgimenti:
1) mantenere costante la temperatura in tutti i punti della soluzione
2) in voltammetria e in polarografia non si agita la soluzione durante l’analisi
3) in voltammetria idrodinamica si agita la soluzione in modo omogeneo per evitare eccessive turbolenze e realizzare un flusso laminare in cui lo strato di liquido a contatto dell’elettrodo di lavoro è praticamente in quiete
Per eliminare la migrazione e quindi la relativa corrente elettrica si cerca di “schermare” il campo elettrico generato dall’elettrodo, utilizzando particolari elettroliti, detti elettroliti di supporto i cui ioni, che non si scaricano nelle condizioni di lavoro, aggiunti alla soluzione analitica in concentrazioni relativamente grandi migrano in modo prevalente rispetto agli ioni dell’analita.
Possono essere utilizzati come elettroliti di supporto varie soluzioni: sali (KCl), acidi (CH3COOH o HCl), basi (KOH), complessanti (EDTA), tamponi (NH3/NH4Cl). L’elettrolita di supporto circonda con i suoi ioni l’elettrodo di lavoro ed in questo modo scherma il campo elettrico, riducendo al minimo la migrazione dell’analita.
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Un elettrolita di supporto deve possedere varie caratteristiche: - deve essere chimicamente inerte specie nei confronti dell’analita
- non deve ostacolare la diffusione dell’analita e neppure lo scambio di elettroni sull’elettrodo
- deve avere un potenziale di scarica molto diverso (almeno 100-200 mV) rispetto alla specie che si scarica (che viene detta anche depolarizzante) - deve avere un’elevata conducibilità elettrica, per garantire una bassa resistenza al passaggio di corrente
L’uso dell’elettrolita di supporto, necessario per rendere la corrente misurata in una cella voltammetrica dipendente solo dalla diffusione degli ioni, esalta purtroppo un problema di fondo insito nelle tecniche voltammetriche/polarografiche: la presenza della corrente capacitativa.
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L’uso dell’elettrolita di supporto, necessario per rendere la corrente misurata in una cella voltammetrica dipendente solo dalla diffusione degli ioni, esalta purtroppo un problema di fondo insito nelle tecniche voltammetriche/polarografiche: la presenza della corrente capacitativa.
Quando ad un elettrodo viene applicato un potenziale elettrico esterno per provocare una redox (ad esempio un potenziale negativo per provocare una riduzione), l’elettrodo assume un segno (in questo caso negativo).
In questo modo attira gli ioni di segno opposto presenti in soluzione e quindi si forma un doppio strato elettrico, che si comporta come un microcondensatore, di capacità molto elevata perché molto piccolo
ELETTROLITI DI SUPPORTO
Il condensatore è
un componente elettrico che
immagazzina l‘energia in
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I La formazione del doppio strato genera un flusso di cariche elettriche detto corrente capacitativa (iC) o corrente di carica, che costituisce
un’interferenza di fondo (e quindi aspecifica, cioè indipendente dall’analita) che si somma alla corrente faradica iF, che costituisce il segnale correlabile alla concentrazione dell’analita presente in soluzione. Il problema è che iC può falsare il valore di iF e quindi il risultato dell’analisi; se la specie da dosare che si scarica sull’elettrodo di lavoro è presente in concentrazione molto piccola, iC può essere addirittura superiore a iF, impedendo quindi una corretta misurazione del segnale. Il problema della corrente capacitativa è esaltato dall’elettrolita di supporto che, circondando l’elettrodo con i suoi ioni per schermare il campo elettrico, aumenta enormemente le cariche attorno allo stesso, ingrandendo il condensatore formato e quindi amplificando ic.
L’esistenza di iC innalza in modo sensibile il limite di rivelabilità di queste tecniche, che comunque non può scendere al di sotto di 10-5–10-6 M, mentre
in teoria potrebbe essere molto più basso, a meno di adottare complessi accorgimenti strumentali di tipo elettronico. Tutti i miglioramenti che si sono avuti nel corso degli anni a partire dal 1922, anno in cui Heyrowsky propose la prima tecnica polarografica, hanno avuto come obiettivo il superamento di iC.
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ANALISI QUANTITATIVA
Consiste nell’applicare un opportuno potenziale elettrico E1 ad un elettrodo immerso in una soluzione contenente la specie elettroattiva, cioè l’analita che si vuole dosare, ad esempio nella sua forma ossidata Aox, che verrà ridotta sull’elettrodo di lavoro e l’elettrolita di supporto in eccesso. In queste condizioni si registra come varia la corrente che passa nel circuito, dovuta al processo di scarica, in funzione del tempo: si otterranno segnali diversi a seconda che la soluzione sia in quiete o agitata.
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Se non si agita la soluzione, la scarica di Aox riduce immediatamente la sua concentrazione nei pressi dell’elettrodo (sulla sua superficie in pochi millisecondi la concentrazione si riduce a zero) e quindi si forma un gradiente di concentrazione ΔC = (C – C0), che innesca la diffusione di Aox dal corpo della soluzione (a concentrazione C) fino alla superficie dell’elettrodo (a concentrazione C0). Nel tempo (pochi secondi) il gradiente di concentrazione si estende, fino a stabilizzarsi a circa 30 μm dalla superficie dell’elettrodo, e quindi Aox deve diffondere da distanze sempre maggiori: ciò provoca una diminuzione di iF rispetto al valore iniziale; in modo analogo decresce nel tempo la corrente capacitativa iC
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Il fenomeno diffusivo che si verifica è descritto dalla legge di
Cottrell:
i = n x F x A x C
i: corrente elettrica (mA), in questo caso è la corrente faradica iF
n: numero di elettroni scambiati nel processo redox che avviene sull’elettrodo
F: costante di Faraday (96500 Coulomb) A: area dell’elettrodo (cm2)
C: concentrazione dell’analita nel corpo della soluzione (M) D: coefficiente di diffusione della specie che si scarica (cm2/s)
t: tempo (s) trascorso dall’istante da cui è stato applicato il potenziale all’elettrodo
Come si vede, una volta che si utilizza un determinato sistema con un determinato analita, a parità di tempo t trascorso, conglobando tutti i termini costanti, si può scrivere che i = K x C cioè la corrente misurata è direttamente proporzionale alla concentrazione della specie elettroattiva presente nel corpo della soluzione, che non viene sostanzialmente alterata dalla piccolissima quantità di analita che viene scaricata nelle immediate vicinanze dell’elettrodo di lavoro. Questa considerazione può essere sfruttata per l’analisi quantitativa.
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soluzione agitata: se la soluzione viene agitata vigorosamente ma senza eccessive turbolenze, la specie Aox affluisce con continuità all’elettrodo e quindi iF rimane costante nel tempo. Ciò sembra strano, perché i moti convettivi dovuti all’agitazione dovrebbero favorire la convezione e la migrazione rispetto alla diffusione. In realtà, a causa degli attriti tra la soluzione e l’elettrodo, mano a mano che ci si avvicina a quest’ultimo, il moto tende a farsi laminare: il flusso laminare che si produce è dovuto ad una serie di straterelli di liquido adiacenti che scorrono l’uno sull’altro parallelamente alla superficie dell’elettrodo. La velocità dello strato a contatto dell’elettrodo è praticamente nulla: tale strato, di spessore variabile da 10 a 100 μm, mediamente di circa 50 μm, è detto strato di
Nernst ed al suo interno il trasporto di Aox verso l’elettrodo avviene
unicamente per diffusione, proprio come nel caso della soluzione in quiete.
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Lo spessore dello strato di Nernst è espresso dalla relazione: δ = (D x p x t) 1/2
dove δ è lo spessore di tale strato ed il significato degli altri termini è stato già chiarito in precedenza. In soluzione agitata, il valore stazionario di corrente elettrica il (detta corrente limite il) che si misura è dato da:
il = n x F x A x C x D/ δ = n x F x A x C
Sostituendo l’espressione di δ si ottiene la stessa relazione che descrive il fenomeno in soluzione quiescente (legge di Cottrell) ed è ovvio che sia così, in quanto le condizioni operative sono del tutto analoghe. In definitiva anche in soluzione agitata, conglobando tutti i termini costanti della suddetta equazione, si può scrivere: i = K x C
Cioè la corrente faradica che attraversa il circuito è direttamente proporzionale alla concentrazione della specie elettroattiva presente nel corpo della soluzione e quindi, anche in soluzione agitata, si può sfruttare questa relazione per effettuare analisi quantitative.
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ANALISI QUALITATIVA
Si supponga di utilizzare un sistema ideale : il sistema risulta così rapido da obbedire completamente alla legge di Nernst, quindi è totalmente reversibile; inoltre si supponga che non vi siano interferenze in seguito a fenomeni di adsorbimento sull’elettrodo o reazioni chimiche collaterali. In queste condizioni la risposta del sistema, cioè la corrente che si registra al variare del potenziale dell’elettrodo di lavoro, è descritto dalle curve tensione/corrente tipiche dell’elettrolisi.
Applicando una scansione di potenziale lineare e non eccessivamente rapida, registrando la variazione della corrente faradica prodotta nel sistema in funzione del tempo, si ottiene una curva sigmoidale.
Si supponga di effettuare una scansione catodica (riduzione) di un’unica specie riducibile Aox, partendo da un potenziale molto maggiore (più positivo ovvero meno negativo) della coppia redox e imponendo potenziali via via decrescenti, fino a raggiungere condizioni nettamente riducenti. Si adotta la convenzione che la corrente catodica sia positiva e i potenziali decrescono da sinistra verso destra sull’asse delle ascisse del grafico i/E. Per illustrare nei dettagli il fenomeno si consideri un caso concreto: la riduzione della specie Pb2+ in una
soluzione con KCl 0,1 M come elettrolita di supporto, sottoposta a scansione catodica lenta, ad esempio da -100 mV a -400 mV su elettrodo fisso a goccia di Hg. In queste condizioni si ha la seguente coppia redox:
Pb2+ + 2e- Pb(Hg) amalgama E
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La coppia obbedisce in ogni istante alla legge di Nernst per cui il potenziale che assume l’elettrodo di lavoro è correlato alle concentrazioni dalla relazione:
E = E0 + 0.0592/2 log [Pb2+/[Pb(Hg)]
La curva sigmoidale che si ottiene (voltammogramma) si può dividere in 3 diversi tratti caratteristici:
Corrente residua (tratto A): in questo tratto il potenziale applicato non è sufficiente a provocare la scarica di Pb2+ e quindi la
corrente che si misura nel circuito è molto bassa ed è detta corrente residua. E’ dovuta a cause diverse: la caduta ohmica del circuito, la scarica di impurezze o tracce di ossigeno, la corrente capacitativa ed il rumore di fondo del sistema di misura
Onda (tratto B): quando, il potenziale si avvicina a quello della coppia redox in analisi, la corrente comincia ad innalzarsi bruscamente a causa dell’inizio della riduzione degli ioni Pb2+ a Pb
metallico. Sulla superficie dell’elettrodo si crea il gradiente di concentrazione che in pochi millisecondi si allontana dalla superficie dello stesso fino a stabilizzarsi, creando lo strato attraverso il quale avviene la diffusione degli ioni Pb2+. In questo tratto la velocità di diffusione è
direttamente proporzionale al gradiente. Mano a mano che il potenziale diminuisce (cioè diventa più riducente), cresce il numero di ioni che si scaricano. Di conseguenza il gradiente di concentrazione aumenta insieme alla velocità di diffusione e con essi la corrente faradica. Ad un certo punto la concentrazione di Pb2+ è ridotta alla
metà del valore iniziale e la corrente che attraversa il circuito è la metà di quella massima: il potenziale corrispondente è detto potenziale di mezz’onda (o
semionda) e viene indicato con E1/2. Il valore di E1/2 è vicino al valore di E0 per la coppia analizzata: quindi E1/2 costituisce il parametro qualitativo.
Corrente limite di diffusione (tratto C): superato il punto di flesso della curva, corrispondente a E1/2, la corrente sale più lentamente, fino a raggiungere un “plateau” che corrisponde ad una situazione stazionaria in cui i non aumenta più al variare di E. A potenziali così riducenti, gli ioni Pb2+ diffondono alla massima velocità e tutti quelli
che raggiungono l’elettrodo vengono immediatamente scaricati. La loro C attorno all’elettrodo è praticamente zero ed il gradiente ha raggiunto il suo valore massimo, che dipende solo dalla C iniziale dell’analita. La C dell’analita si può supporre che non cambi durante la scansione, in quanto sia le piccole dimensioni dell’elettrodo che la breve durata dell’analisi fanno si che la quantità di ioni Pb2+ scaricata sia
trascurabile. La corrente che fluisce in queste condizioni è detta corrente limite o di diffusione (il o id) e, sia per soluzioni quiescenti che agitate, vale: il = K·[Aox] conglobando nella costante K tutte le variabili che assumono valore costante nel corso dell’analisi.
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Questa relazione permette l’analisi quantitativa: ad esempio si può costruire una retta di lavoro riportando il in funzione della concentrazione C di vari standard, sottoposti a scansione di potenziale nelle stesse condizioni, utilizzando in seguito tale grafico per ricavare la concentrazione incognita di un campione.
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Elaborando matematicamente il segnale si può trasformare la curva sigmoidale nella sua derivata prima, che permette di misurare meglio i parametri qualitativi e quantitativi:
- E1/2 diventa il potenziale corrispondente al massimo della derivata prima e perciò detto potenziale di picco Ep
- L’altezza del picco è proporzionale a il ed è quindi facilmente valutabile Tutti i moderni apparecchi voltammmetrici e polarografici pemettono di ottenere picchi in derivata rispetto al segnale originale.
Se vi sono due o più specie elettroattive che si scaricano a potenziali diversi possono essere rilevate e daranno origine a più curve sigmoidali (nel caso della voltammetria idrodinamica e della polarografia) o più picchi (nel caso della voltammetria) in successione:
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Elettrodo di lavoro
La gamma di tensioni con le quali è possibile lavorare con le tecniche voltammetrico/polarografiche dipende da vari fattori:
- solvente in cui si effettua l’analisi
- natura chimica e caratteristiche di superficie dell’elettrodo di lavoro - elettrolita di supporto
- sensibilità dello strumento di misura
In ambiente acquoso, caratteristico della maggior parte dei campioni che si possono analizzare, per un processo di riduzione catodica il campo di utilizzo è limitato dalla scarica dell’idrogeno:
2H+ + 2e- H 2(g)
Viceversa per una ossidazione anodica la limitazione è dovuta di solito all’ossidazione dell’acqua:
H2O O2(g) + 4H+ + 4e
-Queste due reazioni delimitano la “finestra” di potenziale che si può utilizzare nella scansione. La natura chimica dell’elettrodo di lavoro svolge un ruolo essenziale a causa delle sovratensioni di scarica che può determinare, favorendo o sfavorendo determinati processi di scarica.