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L'attività battericida del siero in pazienti con sepsi sostenuta da batteri Gram negativi. SERBACTIM

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Academic year: 2021

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Università di Pisa

Tesi di Specializzazione

Scuola di Anestesia, Rianimazione, Terapia Intensiva e del Dolore

Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell'Area Critica

L'attività battericida del siero in pazienti con sepsi sostenuta da batteri

Gram negativi

Candidato: Relatori: Dottore Ruggiero Balzano Professore Francesco Forfori

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Introduzione

La sepsi costituisce ai giorni nostri un importante problema sanitario dovuto all'alto tasso di mortalità e alle elevate spese per l'assistenza sanitaria dei pazienti settici. L'incidenza di sepsi si attesta intorno al 5% -10% dei ricoveri nelle unità di terapia intensiva e all'1% al 2% nei ricoveri ospedalieri (prevalenza). In Germania in media si verificano dai 44000 ai 95000 casei l'anno di sepsi con una mortalità media ospedaliera del 43% e un costo medio per paziente di 23.300€. Negli Stati Uniti la spesa terapeutica per i pazienti con sepsi può costare fino a $ 50.000 per paziente, risultando in tutta la nazione un onere economico di $ 17 miliardi all'anno(1), inoltre, nel Regno Unito sono stati stimati costi per il trattamento della sepsi grave pari a £ 25.000 per paziente, con una spesa annuale di £ 2,5 miliardi per il sistema sanitario.(2)

Le nuove linee guida sottolineano l'importanza della terapia mirata e della rapidità d'azione che ha dimostrato ridurre sia i costi sia migliorare il tasso di sopravvivenza dei pazienti settici, inoltre le nuove scoperte riguardo i meccanismi molecolari che nel corso di sepsi causano l'instaurarsi del danno cellulare spostano l'attenzione verso l'utilizzo e l'approccio precoce dei preparati IVIg M-Enriched come nuovo orizzonte terapeutico.

Con il nostro progetto SERBACTIM ci aspettiamo di dimostrare l'efficacia della terapia IVIg M-Enriched negli stati settici e l'importanza dell'assetto immunitario in una patologia così complessa come la sepsi.

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Capitolo 1 - La Sepsi

1.1

Storia ed epidemiologia della sepsi

Un primo concetto implicito di trasmissione da persona a persona di una malattia è possibile ritrovarlo nell'approccio giudaico-cristiano alla lebbra, descritto nel Vecchio Testamento, che richiedeva il non contatto con individui affetti (Numeri 5: 2). Ma la prima "teoria dei germi" riconosciuta fu suggerita da Marco Terenzio Varrone (116 - 27 a.C.) che ha scritto: " alcuni minuti organismi proliferano, che l'occhio non può vedere, i quali [essendo disseminati] nell'aria entrano nel corpo attraverso la bocca e le narici, dando origine a disturbi gravi ". Tale concetto rimase inascoltato per millenni fino al Medioevo dove, in conseguenza delle Crociate (1096 - 1291), la lebbra si diffuse dal Medioriente fin nel Nord Europa, dove per 20 anni ha causato la morte di un terzo della popolazione, contribuendo a radicare nelle menti il concetto di isolamento e quarantena come mezzo per ridurne la diffusione (1).

Nel 1513 lo storico, filosofo, umanista e autore rinascimentale Niccolò Machiavelli (1469-1527) descrisse nel suo trattato "il Principe" una febbre frenetica che: "al suo inizio, è difficile da riconoscere ma facile da trattare; lasciato incustodito diventa facile da riconoscere e difficile da trattare". Attualmente la parola febbre frenetica non ha significato scientifico, ma è evidente che ci troviamo di fronte alla

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prima descrizione della Sepsi. Essa è difficile da riconoscere nelle sue fasi iniziali, in un momento in cui la condizione può essere suscettibile di trattamento e diviene in seguito più semplice da riconoscere ma difficile da trattare a causa della sua evoluzione ingravescente (2).

Nel 1546 Girolamo Fracastora di Verona nel suo "De Contagione et Contagiosis Morbis" ipotizzò che la trasmissione della malattia avvenisse con il trasferimento di corpuscoli minuti autoreplicanti. Sebbene questi "animalcules " furono visti solo un secolo dopo da Leeuwenhook, il nesso causale ipotizzato da Fracastora fu svelato da Agostino Bassi nel 1835, il quale stabilì il collegamento tra un parassita fungino (Botrytis paradoxa) e una malattia mortale ai bachi da seta. Di seguito nel 1876 Robert Koch dimostrò che il carbonchio era causato da uno specifico microrganismo (B. anthracis) e formulò i famosi "postulati di Koch" delle malattie infettive (1).

Il concetto più vicino alle conoscenze attuali lo dobbiamo al medico americano William Osler (1849-1919) che descrisse come "Il paziente sembra morire dalla risposta del corpo a un'infezione piuttosto che dall'infezione stessa"; niente di più simile al concetto espresso in una review del 1972 dove si affermò che "è la nostra risposta a creare la malattia" (3). Dopo la prima consensus conference sulla Sepsi del 1991 e l'elaborazione delle prime linee guida, iniziarono i primi studi epidemiologici per stimare l'incidenza e la mortalità della sindrome settica. Nel 1995, Angus et al. condussero uno studio osservazionale di coorte in sette stati membri degli USA segnalando un'incidenza di 300 casi di sepsi grave per 100.000 abitanti, pari al 2,1-4,3% dei ricoveri. Dopo aver consultato il database nazionale delle dimissioni ospedaliere, Martin et al.

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osservarono un aumento annualizzato dell'incidenza di sepsi dell'8,7% tra il 1979 e il 2000 negli Stati Uniti ovvero da 83 a 240 per 100.000 abitanti (4). Nel 1995 Uno studio epidemiologico prospettico condotto su 99 Terapie Intensive italiane ha rivelato che al momento del ricovero il 4,5% dei pazienti ha avuto diagnosi di sepsi e il 2,1% ha avuto diagnosi di sepsi grave (5).

Una recente review finalizzata a stimare l'incidenza mondiale della sepsi ha concluso che, sebbene i dati epidemiologici siano ancora scarsi in particolare per i paesi a medio e basso reddito, il tasso di incidenza globale per la sepsi è di 288 mentre per la sepsi grave di 148 per 100.000 persone / anno. Le ragioni di questo costante aumento si possono ritrovare nel progressivo invecchiamento della popolazione, con più pazienti anziani affetti da più comorbilità e più suscettibili alla Sepsi. Al contrario è stato visto un calo significativo della mortalità a 28 giorni, in dettaglio dal 46,9% nel periodo 1991-1995 al 29% nel 2006-2009 (4).

La sepsi e le sue conseguenze rappresentano un vero e proprio onere per la salute pubblica per i paesi ad alto reddito. Negli Stati Uniti la spesa terapeutica per i pazienti con sepsi può costare fino a $ 50.000 per paziente, risultando in tutta la nazione un onere economico di $ 17 miliardi all'anno (6). Nel Regno Unito sono stati stimati costi per il trattamento della sepsi grave pari a £ 25.000 per paziente, con una spesa annuale di £ 2,5 miliardi per il sistema sanitario (7).

Tab. 1 Incidenza e mortalità della Sepsi

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Nel 1991, a seguito di una delle prime consensus conference sulla Sepsi, la comunità scientifica sviluppò una nuova serie di termini e definizioni, basati su clinica e parametri di laboratorio, per definire meglio questa incombente minaccia: termini come SIRS " Systemic Inflammatory Response Syndrome" "Sepsi "e" shock settico ".

S.I.R.S: L'acronimo definisce la sindrome da risposta infiammatoria sistemica (SIRS), ed è stato

utilizzato per descrivere un processo infiammatorio sistemico indipendente dal tipo causale di insulto e dalla presenza di infezione. Come SIRS si intendeva la presenza in un paziente di due o più dei seguenti criteri:

• temperatura superiore a 38 ° C o meno di 36 ° C;

• frequenza cardiaca superiore a 90 battiti / min;

• frequenza respiratoria più di 20 respiri / min o PaCO2 inferiore a 32 mmHg;

• conta anormale dei globuli bianchi (> 12x103 / mL, <4.0x103 / mL, o > 10% di forme immature

Sepsi: La sepsi è stata definita come SIRS in risposta ad un processo infettivo.

Sepsi grave: La sepsi grave è stata definita come sepsi associata a disfunzione d'organo,

ipoperfusione o ipotensione (compresa acidosi lattica, oliguria e alterazione acuta dello stato mentale).

Ipotensione indotta da sepsi: venne associata ad una riduzione della pressione arteriosa sistolica

<90 mmHg o una variazione ipotensiva > 40 mmHg dal basale in assenza di altre cause di ipotensione.

Shock Settico: Lo shock settico venne definito come un'ipotensione persistente indotta da sepsi

nonostante un'adeguata somministrazione di endovena fluidi.

Nel 2001, una revisione della consensus conference del 1991 ampliò la lista dei criteri diagnostici dei segni e sintomi clinici, ma rimasero invariati i concetti di sepsi, sepsi grave e shock settico.

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Fig.4 Vecchie definizioni Sepsis-2.

Tab 2. Differenze tra la Surviving Sepsis Campaign 2008 (sinistra) e 2012 (destra)

Nel 2014 la Società di Medicina in area critica e la Società Europea di medicina intensivistica convocarono un team di 19 esperti per aggiornare le definizioni di sepsi e shock settico. Nel 2016 i risultati pubblicati cambiarono le definizioni e i criteri diagnostici e terapeutici della Sepsi.

Sepsi: La sepsi viene definita come una disfunzione d'organo potenzialmente letale, causata da una

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non fisiologica all'infezione ma che, a seguito di meccanismi fisiopatologici non del tutto chiari e tramite dei meccanismi di signaling endogeni, costituisce una letalità che è notevolmente superiore ad una semplice infezione e pertanto richiede la necessità di un riconoscimento urgente (4).

Shock Settico: Lo shock settico è stato definito come una evoluzione della sepsi, in cui le alterazioni circolatorie e del metabolismo cellulare sono così importanti da aumentare la mortalità del paziente. La Sepsis 3 ha descritto il paziente in shock settico come paziente con sepsi e ipotensione persistente che richiede vasopressori per garantire una MAP > 65mmHg e con un livello di lattati nel siero> 2 mmol / L (18 mg / dl) nonostante un'adeguata somministrazione di liquidi (4)

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Tab 3. Differenze tra le conclusioni della Surviving Sepsis Campaign 2012 (sinistra) e 2016 (destra)

E' ormai risaputo e ribadito nella Sepsis 3 che, quando ci si trova davanti ad un paziente con franca o probabile sepsi, il tempo gioca un ruolo fondamentale per intraprendere le giuste strategie terapeutiche. Per questo motivo gli esperti della consensus conference suggerirono di utilizzare il SOFA score modificato, proponendo il qSOFA (quick SOFA) basato sulla valutazione della alterazione di coscienza, pressione arteriosa sistolica di 100 mm Hg o meno, e frequenza respiratoria di 22 / min o superiore. Il valore predittivo del qSOFA rimane invariato (P=.55) assicurando così uno score semplice, riproducibile senza indagini strumentali o laboratoristiche, capace di identificare i pazienti adulti con sospetta infezione che potrebbero avere esiti peggiori (8).

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Fig.6 qSOFA score per la rapida valutazione del malato

Il qSOFA però non sostituisce il SOFA score originale in quanto come ampiamente sottolineato nella Sepsis -3, una sepsi che evolve in shock settico rappresenta una probabilità di morte intraospedaliera del 40%, questo perchè alla sepsi si associa l'insufficienza d'organo che nelle fasi iniziali può anche essere subclinica. Ecco perchè è stato raccomandato di utilizzare il qSOFA per il riconoscimento precoce di uno stato settico, che deve essere adeguatamente monitorizzato utilizzando il SOFA score completo, al fine di identificare la possibilità dell'evoluzione del quadro settico con disfunzione d'organo che può rappresentare l'anticamera dello shock settico.

Fig.7 Chartflow per l'identificazione dei pazienti con sepsi o shock settico.

Molti biomarkers sono stati utilizzati nella pratica clinica per aiutare i medici nella diagnosi della sepsi e nel cercare di prevederne la prognosi, anche se nessuno di essi ha una specificità sufficiente per distinguere la sepsi da altri disturbi infiammatori. Di seguito un elenco dei principali utilizzati

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nella pratica clinica:

Procalcitonina (PCT): è un precursore della calcitonina rilasciato dalle cellule parenchimali in

risposta alle tossine batteriche. I livelli sierici normali di PCT sono superiori a 0,05 ng / ml negli adulti sani e possono essere usati come marker di infezioni batteriche in quanto, in queste

condizioni, di solito, il livello di PCT sale fino a 5000 volte quello basale, mentre rimane invariato nelle infezioni virali o nelle patologie infiammatorie non infettive. La sepsi e l'infiammazione sistemica possono essere esclusi se la concentrazione plasmatica di PCT è < 0,2 ng / mL, mentre i livelli plasmatici > 0,5 ng / ml suggeriscono sepsi. La secrezione di PCT inizia nelle prime 2-4 ore dopo l'instaurarsi del quadro settico e raggiunge il picco a 24-48 h. Va ricordato che la PCT ha una specificità limitata per quanto riguarda la sepsi in quanto si ritrova elevata anche in pazienti non settici ma con shock cardiogeno, pancreatite grave, rabdomiolisi e alcuni tipi di disordini

autoimmuni (4).

Proteina C-reattiva (CRP): è una proteina di fase acuta sintetizzata nel fegato in risposta a

infezioni o infiammazioni. Questo biomarker è comunemente usato nella pratica clinica per rilevare la presenza di processi infiammatori o infettivi, ma la sua specificità nella diagnosi della sepsi è bassa.

Inoltre CRP non è considerato il marcatore ideale della sepsi, in quanto i suoi valori di raggiungono il picco lentamente e il loro ritorno a livelli basali richiede diversi giorni (4).

Lattati: Il lattato è un marker di alterata o compromessa perfusione tissutale o metabolismo

ossidativo. Elevati livelli sierici di lattato possono essere dovuti a condizioni ipossiche associate ad anomalie della perfusione come nel danno settico microvascolare e sono frequenti nei pazienti ricoverati nelle terapie intensive (4).

Citochine: La principale negli stati infiammatori è IL-6 che ha un rapido aumento qualora ci si trovi con gravi problemi infiammatori sistemici. Alti livelli di citochine sono associati alla gravità del processo nocivo e ad una prognosi peggiore. Purtroppo la loro utilità nella sepsi è limitata, in quanto risentono di una bassa specificità (4).

sTREM-1 (soluble Triggering Receptor Expressed on Myeloid- cells-1): può essere presente in

vari liquidi biologici come plasma, liquido cerebrospinale liquido broncoalveolare ed è sovraespresso in conseguenza all'esposizione dell'organismo a batteri e funghi. Purtroppo il suo il valore diagnostico è limitato (con una sensibilità del 79% e specificità dell'80%), quindi non può essere usato da solo per confermare il sospetto di sepsi (4).

suPAR (soluble urokinase-type Plasminogen Activator Receptor): Durante la risposta

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suPAR, che può essere trovato in vari fluidi corporei e usato come biomarker di attivazione immunologica. La sua specificità è intorno al 64-77%, rendendolo così alla pari degli altri principali biomarcatori della sepsi (4).

MCP-1 (Monocyte chemoattractant protein 1): è una chemochina secreta da vari tipi di cellule

compresi monociti e cellule endoteliali, la cui espressione è potenziata da IL-1, TNF e altre citochine pro-infiammatorie. MCP-1 è chemiotassica su macrofagi e linfociti, induce la sintesi IL-1 e IL-6 e istamina dai basofili e mastociti. Senza dubbio MCP-1 contribuisce in modo significativo alla progressione dell'infiammazione sistemica. Diversi studi hanno evidenziato che i livelli plasmatici di MCP-1 possono essere considerati un biomarker affidabile, con una previsione accurata della prognosi di pazienti con sepsi e shock settico.(4)

Immunoglobuline: è comune nei pazienti settici il rilevamento di bassi livelli di immunoglobuline;

varie ipotesi tendono a giustificare questo aspetto tra le quali: diminuzione della sintesi di immunoglobuline; emodiluizione a causa di somministrazione di liquidi o perdite capillari; aumento del catabolismo e del sequestro nei siti di infiammazione; consumo durante la risposta immunitaria. I livelli di immunoglobuline circolanti possono essere utilizzati come marker predittivi del risultato. Inoltre la presenza di bassi livelli di IgG1 è associato ad un aumento sostanziale del rischio di mortalità. Da sottolineare che il deficit combinato di IgG1, IgA e IgM influenza maggiormente sulla sopravvivenza (9).

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Capitolo 2: Fisiopatologia della Sepsi

2.1 Meccanismi

fisiopatologici

del

danno

settico

La sepsi è una delle principali cause di morte negli Stati Uniti e in Europa, purtroppo ancora oggi la nostra comprensione dei meccanismi mediante i quali la sepsi induce la disfunzione d'organo rimane incompleta. E' oppurtuno tenere presente tre concetti chiave che sono alla base dello sviluppo della disfunzione d'organo in caso di sepsi:

• Il primo è che gli organi possono sviluppare disfunzioni durante la sepsi in assenza di un calo del Delivery dell'ossigeno (DO2) suggerendo che l'ipossia tissutale potrebbe non essere un meccanismo isolato. Questo spiega perché la terapia mirata alla perfusione trova solo in parte o in nessun caso beneficio.

• Il secondo afferma che la disfunzione d'organo può verificarsi in assenza di significativa morte cellulare, suggerendo che l'alterazione delle funzioni cellulari non è dovuto a danni strutturali ma, piuttosto, a una soppressione delle normali attività cellulari.

• Il terzo concetto è il riconoscimento del ruolo chiave del sistema immunitario contro gli invasori patogeni in caso di sepsi.

De Backer e coll. ha dimostrato, monitorando la microcircolazione sublinguale, che i pazienti settici avevano un alterato flusso microcircolatorio, in quanto vi erano una diminuzione della quantità di vasi perfusi, un aumento della proporzione di vasi con flusso insufficiente (cioè flusso discontinuo o interrotto), un brusco drop-out capillare (una diminuizione nella densità totale dei vasi) e un aumento nell'eterogeneità della distribuzione del flusso sanguigno (10). Attualmente lo studio di De Backer è stato confermato da più studi indipendenti, ed è stato dimostrato tramite l'utilizzo di modelli animali che le stesse alterazioni microcircolatorie erano presenti nello stomaco, nell'intestino tenue, nel colon, nel fegato e nei reni (11).

Il microcircolo comprende i vasi sanguigni più piccoli, le arteriole pre-capillari, i capillari e le venule post-capillari, responsabili quindi della regolazione del flusso sanguigno, della perfusione tissutale dell'ossigenazione, della pressione sanguigna e della temperatura dei tessuti. E' palese quindi che le infezioni che potenzialmente possono causare una lesione nel microcircolo possono potenzialmente compromettere la funzione di più organi, inclusi i polmoni, il cuore, il fegato,

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l'intestino, reni e cervello, portando a ipotensione e disfunzione miocardica, edema e stravasi microvascolari, trombocitopenia senza o con coagulazione intravascolare disseminata (DIC), sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS), insufficienza renale acuta (AKI) e danno cerebrale acuto (12).

La presenza in circolo di DAMPs e PAMPs gioca un ruolo chiave nell'instaurarsi del danno microvascolare. Essi a seguito della loro stimolazione e dell'attivazione della risposta immunitaria causano la distruzione del glicocalice e la denudazione delle cellule endoteliali sottostanti. Ricordando ancora una volta la definizione di Sepsi secondo la Sepsis -3 (ovvero definita come una disfunzione d'organo potenzialmente letale causata da una risposta disregolata dell'ospite all'infezione) è più semplice comprendere che il meccanismo alla base del danno microvascolare ruota attorno alla perdita di autoregolazione secondaria al danno delle cellule endoteliali e all'alterata comunicazione cellulo-cellulare. La rottura del glicocalice della cellula endoteliale provoca un edema interstiziale, che è direttamente correlato ad un peggioramento del quadro settico con progressiva insufficienza d'organo indotta da sepsi. E' stato dimostrato che il glicocalice endoteliale dei capillari glomerulari renali sembra essere particolarmente vulnerabile alla degradazione nella sepsi, così come a livello polmonare la distruzione del glicocalice endoteliale alveolare provoca edema polmonare e l'instaurarsi di un progressivo danno polmonare indotto da sepsi. Anche nel fegato, alterazioni dell'architettura endoteliale sinusoidale sono state collegate a danno epatocellulare indotto da sepsi e disfunzione epatica (11).

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La Perfusione tissutale dipende da due caratteristiche essenziali: diffusione e convezione. La diffusione è contingente sulla densità dei vasi; all'aumentare della densità dei vasi la distanza che l'ossigeno dovrà percorrere per raggiungere le cellule bersaglio sarà minore e viceversa.

La convezione invece dipende dalla velocità dei globuli rossi e dalla saturazione dell'emoglobina. Quindi una diminuzione della densità capillare, cioè un dropout dei capillari, indurrà l'ipossia tissutale a causa di un meccanismo di diffusione, invece un calo della proporzione di vasi con flusso adeguato cioè, aumento in proporzione di vasi con flusso intermittente, indurrà l'ipossia tessutale a seguito di un meccanismo correlato alla convezione (11).

Fig.8 Differenze tra flusso eterogeneo e flusso omogeneo fisiologico e patologico

La risposta dell'ospite contro l'infezione è stata tradizionalmente attribuita alla capacità del sistema immunitario nel riconoscere, indirizzare ed eliminare patogeni esterni con lo scopo di limitare la quantità di danni di natura infettiva, tale capacità prende il nome di resistenza. Tuttavia, un approccio alternativo alla difesa degli agenti patogeni, descritto per la prima volta nelle piante e in seguito nei mammiferi, è la capacità dell'ospite di limitare le lesioni derivate sia dall'agente infettivo sia dalla sua risposta immunitaria. Questo processo è noto come tolleranza ed è indipendente dalla resistenza (11). Un concetto recente legato alle modificazioni indotte dalla sepsi è quello della Riprogrammazione

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Nel cuore, la sepsi induce una perdita di contrattilità senza morte di cardiomiociti, questo è stato associato alla downregolazione proteica e alla diminuita attività di citocromo c ossidasi mitocondriale. Pertanto la perdita transitoria della funzione contrattile sembra essere un adattamento cellulare, una risposta conservatoria di riduzione del consumo eenrgetico che può spiegare la precoce disfunzione degli organi in risposta alla sepsi.

Nel polmone, durante la sepsi l'energia cala drasticamente, i trasportatori di sodio e cloruro e le pompe ATPasi dipendenti, sono inattivate e internalizzate evitando l'uso eccessivo di energia ma ostacolando al tempo stesso la capacità dell'epitelio di liberare fluidi dallo spazio alveolare aumentando di conseguenza il rischio di edema polmonare (11).

In un recente studio Hotchkiss e colleghi hanno osservato in sede autoptica, che la sepsi umana è caratterizzata da una scarsità di morte cellulare in diversi organi, con l'eccezione dell'intestino, il sistema immunitario e la milza, dove l'apoptosi è stata riscontrata di più rispetto ad altri organi. Durante la sepsi, la barriera dell'epitelio intestinale è alterata a causa dell'aumentata apoptosi epiteliale e della diminuita proliferazione delle cripte, che si traduce in un aumento della permeabilità della mucosa ai patogeni e ad un aumento della traslocazione batterica (13).

La Riprogrammazione cellulare interessa anche il metabolismo stesso della cellula, normalmente l'energia viene prodotta attraverso la fosforilazione ossidativa (OXPHOS), mentre in caso di sepsi si verifica il cosiddetto Effetto Wörburg ovvero lo shift della cellula dalla fosforilazione ossidativa (OXPHOS) alla glicolisi nonostante la disponibilità di ossigeno. Anche se ampiamente osservato nelle cellule tumorali, anche le cellule immunitarie usano questo meccanismo in risposta alla stimolazione infiammatoria (11).

Nonostante meno efficiente dal punto di vista energetico rispetto alla fosforilazione ossidativa (OXPHOS), ci sono almeno due vantaggi nell'utilizzo della glicolisi. Innanzitutto, consente la produzione di componenti strutturali essenziali, come acidi grassi, amminoacidi e nucleotidi, mentre produce energia sufficiente per la sopravvivenza delle cellule. Inoltre, a causa della glicolisi e del maggiore catabolismo degli intermediari glicolitici attraverso la via del pentoso fosfato si ha un aumento di nicotinammide adenina dinucleotide fosfato (NADPH), che è risaputo avere una funzione protettiva nel ridurre il danno ossidativo derivato dalla produzione di ROS mitocondriali (11).

E' da sottolineare che l'attività del complesso I e IV della catena di trasporto degli elettroni mitocondriale è stata ridotta significativamente nelle biopsie di muscoli scheletrici in pazienti critici, con un intento protettivo per la cellula in quanto riducendo l'attività di tali complessi mitocondriali si riduce anche la produzione di ROS. Molto importante è anche il riscontro di un aumento dell'autofagia, ovvero la digestione cellulare di

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componenti inutili o disfunzionali, osservato in più organi nella sepsi umana. Tale risposta autofagica è stata interpretata come un meccanismo di riprogrammazione metabolica in risposta all'infiammazione perché rimuovendo i mitocondri disfunzionali e la massa mitocondriale si possono ridurre l'induzione dei ROS i danni ossidativi e inoltre perché la mancanza di iniziazione dell'autofagia è associata a malattia critica prolungata e mancanza di recupero dalla disfunzione d'organo (11).

Va ricordato che i mitocondri sono anche coinvolti nella regolazione del ciclo cellulare e possono indurre arresto del ciclo cellulare come meccanismo protettivo. Infatti durante la fase replicativa la cellula sembra utilizzare specifici checkpoint per verificare che sia pronta a passare alla fase successiva. Il checkpoint G1-S sembra essere importante dal punto di vista energetico perché è in questa fase che i mitocondri si uniscono in una gigantesca maglia presumibilmente per aumentare la disponibilità di energia per la fase G2. Se la cellula non è pronta o se le condizioni non sono favorevoli come in uno stato sistemico di sepsi, si avrà l'arresto del ciclo cellulare impedendo lo spreco del costo energetico della replicazione (11).

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Fig.10 Riprogrammazione genica indotta dalla sepsi.

2.2 La Sepsi ed il sistema immunitario

Da tempo è stato consolidato il ruolo chiave del sistema immunitario nella patologia settica, l'immunomodulazione sembra un obiettivo promettente per migliorare la prognosi dei pazienti. Prima della Sepsis -3 gli studi clinici che studiavano i farmaci immunomodulatori si sono concentrati sulla soppressione del sistema immunitario, sulla base del presupposto che la principale causa del danno multiorgano della sepsi fosse scaturito da una risposta infiammatoria esagerata e sovraespressa (14).

E' quindi chiaro che molti pazienti sopravvivono alla fase iperinfiammatoria iniziale della sepsi, ma muoiono in uno stato immunosoppressivo. Questo stato, chiamato immunoparalisi, è caratterizzato da immunodeficienza sia innata che adattiva, con conseguente inefficacia della clearance dei focolai settici, aumento la vulnerabilità del paziente alle infezioni secondarie e alla riattivazione delle infezioni latenti. Considerando il ruolo chiave del sistema immunitario nella sepsi, l'immunomodulazione sembra un obiettivo concreto per migliorare la prognosi dei pazienti con sepsi. Fino a poco tempo fa, gli studi clinici sui farmaci immunomodulatori si sono concentrati sulla soppressione del sistema immunitario, coerenti con il presupposto che una brusca risposta infiammatoria fosse la principale causa dell'instaurarsi del danno settico, piuttosto che porre attenzione alla seconda fase che il sistema immunitario attraversa in fase di sepsi, ovvero quella dell'immunoparalisi (14).

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Durante la sepsi il sistema immunitario innato viene attivato con la conseguente produzione e rilascio di citochine pro-infiammatorie come TNFa, IL-1β e IL-6, nonché di numerose altre sostanze vasoattive, questo porta all'attivazione del sistema del complemento con l'instaurarsi di un danno a livello endoteliale, stravaso extravascolare e vasodilatazione, coagulopatia settica, instabilità emodinamica e insufficienza d'organo. Di recente è stato osservato come in corso di sepsi non solo sono marcatamente più elevate le citochine pro-infiammatorie, ma anche i mediatori anti-infiammatori come IL-4, IL-10, IL-13 e IL-ra. Sebbene inizialmente questa risposta antinfiammatoria fosse considerata una contromisura volta a ripristinare l'omeostasi e limitare i danni collaterali causati dalla eccessiva risposta infiammatoria, è stato evidenziato invece come un eccesso di questa reazione immunosoppressiva possa causare un'immunodisfunzione prolungata e un aumento della mortalità. Uno stato immunoparalitico è associato quindi ad una maggiore vulnerabilità verso infezioni secondarie con agenti patogeni con bassa virulenza e riattivazione

opportunistiche (14).

Durante le prime fasi della sepsi i leucociti vengono attivati e reclutati localmente nel sito di infezione. Con il progredire della sindrome settica la chemiotassi leucocitaria è compromessa e il reclutamento dei leucociti nei siti di infezione originali è piuttosto diminuito, infatti un'ondata significativa di mediatori dell'infiammazione prodotti in questa fase può innescare l'attivazione dei leucociti a livello sistemico causandone il sequestro al di fuori del sito di infezione e offrendo una minore disponibilità nel sito primario (15). Inoltre è stato documentato che la presenza della ridotta espressione di mHLA-DR comporta una capacità ridotta dei monociti HLA-DR di presentare l'antigene rendendoli incapaci di una risposta immunitaria in seguito stimoli infiammatori, nel verso opposto invece la sovespressione di molecole leucoinibitorie come la programmed death 1 (PD-1) su cellule T e il suo ligando (PD-L1) su cellule presentanti l'antigene (APC) contribuisce in modo importante allo stato immunosoppressivo inibendo l'attivazione delle cellule T (14).

(20)

Capitolo

3:

Progetto

SERBACTIM

3.1 Il

ruolo

delle

Immunoglobuline

nella

Sepsi

Alla luce di quanto trattato nel capitolo precedente, è chiaro ed ampiamente dimostrato che in caso di patologia settica una adeguata risposta immunitaria nella seconda fase dell'infezione è correlata ad una prognosi migliore e ad una sopravvivenza maggiore (14). Il ruolo chiave nella risposta alla sepsi non è solo a carico dell'immunità cellulo-mediata ma anche a carico di quella umorale.

Le attuali strategie terapeutiche comprendono l'utilizzo di Immunoglobuline endovenose (IVIg), ottenute da plasma di diversi migliaia di donatori sani e con la presenza quindi di una varietà di anticorpi a una vasta gamma di antigeni (16).

Il razionale per la terapia IVIg nella sepsi può essere diviso in quattro categorie principali:

Il ruolo nel riconoscimento degli agenti patogeni, clearance e scavenger

Inibizione della riprogrammazione genica in chiave proinfiammatoria nella prima parte della sepsi

Inibizione della riprogrammazione genica in chiave antiinfiammatoria nella seconda parte della sepsi

effetti anti-apoptotici sulle cellule immunitarie.

Le IgG e alcune proteine del complemento sono le principali responsabili dell'opsonizzazione per un'adeguata clearance batterica. Il percorso classico è attivato da una interazione di C1 con Ig e vari attivatori non specifici plasmatici che si legano all'antigene. Il legame di C1q a IgG1 o IgM porta alla attivazione della via classica del complemento, generando C4b2a, la C3 convertasi che successivamente diventano C3b e legando IgG facilitano la fagocitosi dell'agente patogeno (17). Come riportato da Rossmann et al. nel suo studio, le attuali preparazioni di IVIg, in particolare quelle arricchite di IgM, mostrano tassi di uccisione più alti contro Batteri Gram-negativi rispetto alle preparazioni con sole IgG (18). Inoltre, l'assenza o l'inattivazione degli anticorpi antiendotossina appartenenti alla classe IgM nel siero di pazienti settici è stato associato ad una

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prognosi peggiore rispetto ai pazienti in cui la loro concentrazione era normale o aumentata rispettivamente all'ammissione o dopo l'insorgenza della sepsi (19).

Ates et al. nel 2015 dopo aver ricreato un modello murino di sepsi LPS dipendente, hanno riscontrato che la somministrazione di IVIG arricchito di IgM riduce le lesioni intestinali e quelle polmonari causate da sepsi. Il beneficio di questi farmaci può essere associato alla loro attività inibente sulla regolazione delle cellule infiammatorie delle citochine e della produzione di IL-1b (20).

Il risultato e l'efficacia della terapia con IVIg-IgM enriched in vivo è stato ampiamente discusso da Wand et al. dove la somministrazione terapeutica adiuvante di IVIg-M ha dimostrato un effetto protettivo sui livelli ematici di endotossina batterica rispetto al gruppo di controllo già dopo 6 ore dall'infusione, oltre che una riduzione nelle alterazioni dei profili coagulativi dei pazienti trattati. Va ricordato infatti che l'endotossina non solo innesca l'immunità innata in termini di attivazione dei monociti, macrofagi e granulociti, con conseguente rilascio di varie citochine proinfiammatorie e danno locale, ma ha effetto anche a livello sistemico, portando ad un aumento del fattore tissutale in circolo. Questo in combinazione con FVIIa, attiva FIX e FX, portando così alla formazione di trombina e gettando le basi per uno sviluppo di CID e piastrinopenia da sepsi (21).

3.2 SERBACTIM

Lo studio che stiamo effettuando si svolge presso l'Unità Operativa di Anestesia, Rianimazione e Terapia Intensiva Universitaria IV -AOUP Cisanello, Pisa, in collaborazione con l'Unità Operativa di Malattie Infettive AOUP Cisanello, Pisa e l'Unità Operativa di Patologia Clinica, Ospedale Santa Chiara, Pisa e si pone l'obiettivo di studiare l'effetto battericida del siero di pazienti con sepsi sostenuta da batteri Gram negativi.

Va ricordato che la patologia settica che causano è differente dalle altre per la presenza in circolo di LPS o endotossina, che altro non è che un componente della parete cellulare batterica dei Gram negativi. LPS si lega codificando una risposta proinfiammatoria sia al TLR4 (un tipico esempio di PAMP) sia ad un mediatore della sepsi tardiva High-mobility group box 1 HMGB1 (un esempio di DAMP).(15)

Il progetto SERBACTIM è articolato in modo da raccogliere dei campioni biologici da pazienti ricoverati in ambiente intensivo con diagnosi o sospetto clinico di sepsi, viene effettuata in primis un'emocultura per isolare il patogeno responsabile dell'infezione, viene isolato il siero del paziente analizzando il profilo immunitario in particolar modo la presenza o meno di leuco o neutropenia e

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la quantità ed il tipo di immunoglobuline presenti. A seconda della migliore strategia terapeutica e secondo le linee guida della Surviving Sepsis Campaign, ai pazienti settici sarà somministrata se necessario oltre alla normale terapia antibiotica, anche una preparazione di IVIg M-Enriched. Nel nostro caso il farmaco usato è il Pentaglobin® della Biotest composto da 6 mg IgM, 6 mg IgA e 38 mg IgG (50 mg/mL).

La scelta ricade sulle preparazioni arricchite di IgM in quanto come riportato ampiamente nel capitolo precedente, Wand et al. hanno dimostrato un effetto protettivo sui livelli ematici di endotossina batterica dei Gram Negativi rispetto al gruppo di controllo già dopo 6 ore dall'infusione

di IVIg M-Enriched (21).

Una parte del siero prelevato viene processato e trattato con Protein A-Sepharose CL-4B 1.5g per separare tutte le immunoglobuline in sospensione mentre la restante rimane in condizioni native. Questo processo viene effettuato al tempo 0 ovvero all'ingresso del paziente in ambiente intensivo, al giorno 3 e al giorno 6. Qualora si reputi necessario aggiungere alla normale terapia anche dei preparati di IVIg M-Enriched è opportuno aggiungere un prelievo ematico il giorno 0 dopo circa due ore dalla fine della somministrazione. Con questi processi otteniamo così un campione del patogeno che ha dato via alla sepsi, una quota di siero naive del paziente ed una quota di siero deprivato dalle Immunoglobiline plasmatiche, in varie diluizioni.

A seguito dell'esito dell'inoculato batterico nei vari pozzetti con i campioni di siero allestiti sulle piastre di diluizione verrà calcolato il potere battericida secondo i normali criteri scientifici.

Dai nostri primi calcoli abbiamo quantificato in 125mcg Protein A-Sepharose come quota adeguata per purificare 0.750ml di campione plasmatico inoltre per controllare che la diluizione del campione fosse adeguata e non avesse subito alterazioni abbiamo dosato l'albuminemia stimando un valore cut-off di 1.3.

Fig.11 Valori del progetto SERBACTIM per stabilire l'efficacia e l'appropriatezza del trattamento con Protein A-Sepharose CL-4B

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Conclusioni

Dal successivo calcolo del potere battericida dei vari tipi di campioni sierici ci aspettiamo il riscontro di una riduzione della crescita batterica a diluizioni più elevate nel siero arricchito da IVIg M-Enriched rispetto a quello naive (inferiore a circa 3 logaritmi di crescita batterica). Questo si mostra in linea con i lavori di numerosi autori già citati nei capitoli precedenti, ma va aggiunto che nel progetto SERBACTIM possiamo anche valutare l'assetto immunitario del paziente all'ingresso nonchè la sua tipizzazione anticorpale escludendo quindi dei bias relativi all'immunocompetenza del paziente stesso, così come lo stesso Berlot aveva evidenziato nel suo studio, tentando così di evidenziare maggiormente la relazione fra IVIg M-Enriched teraphy precoce e una migliore

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