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Relazione tra le disfunzioni dell'apparato stomatognatico e rendimento sportivo. Indagine sull'utilizzo del bite sportivo.

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale

Direttore Prof. Blandizzi Corrado

CORSO DI LAUREA IN SCIENZE E TECNICHE DELLE ATTIVITA' MOTORIE PREVENTIVE E

ADATTATE

“RELAZIONE TRA LE DISFUNZIONI DELL’APPARATO STOMATOGNATICO E

RENDIMENTO SPORTIVO. INDAGINE SULL’UTILIZZO DEL BITE SPORTIVO.”

Candidato: Relatore:

Dott. Rosi Alessandro Prof.ssaIncardona Paola

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Introduzione pag 3

Capitolo 1, Sistema tonico posturale pag 5

1.1 Analisi dei vari recettori pag 9

1.2 Controllo posturale e concetto di equipe posturale pag 16

Capitolo 2, Anatomia e fisiologia dell’apparato stomatognatico pag 21

Capitolo 3, Analisi dell’occlusione e della malocclusione, relazione con la postura pag 30

3.1 La lingua come anello delle catene posturali pag 32

Capitolo 4, Importanza della posturologia e della cura dell’apparato

stomatognatico nello sport agonistico pag 38

4.1 Come può l’apparato stomtognatico influenzare la performance pag 42

4.2 Alterazioni dell’apparato stomatognatico, come intervenire pag 44

4.3 Bite sportivo pag 45

Capitolo 5, Studio su 12 atleti che utilizzano il bite sportivo pag 48

Conclusioni pag 59

Bibliografia pag 62

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INTRODUZIONE

Ormai si conosce perfettamente l’importanza della relazione tra postura e performance sportiva. Una postura corretta è sicuramente sinonimo di maggiore stabilità mentre una postura scorretta e disarmonica significa il contrario, ossia una stabilità precaria, non confortevole e disarmonica. Presupposti essenziali perché la performance dell'atleta (di qualsiasi sport ed età) sia di adeguato livello è che il gesto atletico sia codificato nel modo migliore, ripetuto con assiduità e

continuamente migliorato: ma come potrà essere possibile tutto ciò se la "macchina" a

disposizione presenta blocchi, limitazioni, adattamenti, disturbi e contratture persistenti tali da rendere già "stanco" l'atleta ancor prima di iniziare lo sforzo e limitato nei suoi movimenti? È in questo contesto che la posturologia non solo è auspicabile, ma è addirittura necessaria, così come è indispensabile, per esempio nella Formula Uno, un team affiatato che progetti, costruisca e metta a punto quella macchina che permetta al pilota di terminare il circuito nel migliore dei modi: la posturologia deve prevedere un team che condivide i concetti generali e gli obiettivi di cura. Solo così un preparatore atletico (laureato in scienze motorie) può programmare un protocollo di preparazione fisica perfettamente adattata al soggetto.

È inoltre accertato il ruolo che svolge l’occlusione dentale nella postura del corpo attraverso l’insieme funzionale composto da denti, articolazione temporo-mandibolare, mandibola, mascella e muscoli inseriti, lingua e sistemi neuromuscolari. Gli studi più significativi sono stati fatti dalla scuola francese, come quelli condotti da Bernard Bricot, che nel suo testo “Riprogrammazione posturale globale” afferma che, l’apparato stomatognatico è direttamente collegato con l’insieme muscolare:

1 attraverso i muscoli che regolano l’apertura della bocca e l’osso ioide,

2 attraverso i muscoli che fanno da contro-appoggio all’occlusione e alla deglutizione (m. sternocleidomastoideo, m. trapezio, m. pettorale ecc.).

Ogni squilibrio dell’apparato stomatognatico, attraverso queste due vie, potrà ripercuotersi sull’insieme del sistema tonico posturale. Ricordiamo inoltre che gli studi di P. Caiazzo hanno confermato nell’ultimo decennio che “la bocca è collegata al cranio, al sistema cranio-sacrale, al sistema posturale, all’insieme del corpo. (TOP, terapia osteopatica posturale)

Applicando tutto ciò al nostro campo, quello delle scienze motorie possiamo dire che, negli sportivi di alto livello soprattutto, una disarmonia funzionale si può tradurre in una diminuzione della forza e delle capacità di coordinazione, oltre a provocare l’insorgere di uno stato di tensioni muscolari. Queste, a loro volta, possono ripercuotersi negativamente sull’intero organismo, diminuendone le potenzialità atletiche globali e aumentando i tempi di recupero. Ricordiamo che lo sport agonistico spesso provoca già delle distonie morfoposturali sviluppate per

l’iperprogrammazione di alcune catene muscolari a discapito di altre meno coinvolte nella ripetitività del gesto specifico.

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Negli ultimi anni tra gli atleti delle più svariate discipline sportive si è sempre più diffuso l’utilizzo di dispositivi orali, chiamati più tecnicamente “bite”, per correggere la posizione della mandibola e quindi migliorare la prestazione. Un esempio è Valentino Rossi, campione di motociclismo che utilizza il bite durante le sue corse. Numerosi sono gli studi effettuati, dalle case dei modelli di bite più affermati, e da specialisti nel settore, come Andrea Pelosi, che con i suoi studi ha dimostrato la relazione tra bite e rendimento sportivo. Negli atleti uno squilibrio dell’apparato stomatognatico, e più precisamente dell’occlusione, influisce sull’armonia del gesto atletico e può perturbarne le espressioni più fini. Lo squilibrio a livello di un distretto raramente rimane circoscritto e spesso si trasmette a tutta la catena posturale, causando una perturbazione in senso discendente e/o ascendente verso gli altri distretti corporei recettoriali del S.T.P.

Questa tesi presenta una prima parte documentativa, nella quale verranno esposti concetti ricavati dalla corrente letteratura scientifica di interesse posturologico, ed una sezione in cui si presenta un lavoro esperienziale condotto in collaborazione con alcuni dentisti che ha per oggetto quello di indagare sugli effetti dell’uso del bite in ambito sportivo e rilevarne dati sulle variazioni della performance degli atleti testati.

Nella prima parte della tesi si argomenterà l’influenza dell’apparato stomatognatico sul sistema tonico posturale, i suoi collegamenti anatomici tra “bocca e postura”, tutte le varie relazioni con le catene muscolari, le interferenze che può dare e quindi i disturbi che si creano con un mal

funzionamento di questo sistema.

Essendo un preparatore atletico con interesse particolare alle dinamiche posturali, nel mio ambito applicativo di laureato in scienze motorie, desidero valutare con questo lavoro se effettivamente il bite, durante la prestazione, è d’aiuto o no per la performance sportiva, e di quanto questa può esser migliorata. Nella seconda sezione della tesi si riportano i test somministrati a diversi atleti praticanti differenti sport (calcio, nuoto, downhill e sollevamento pesi) per vedere se il bite sportivo possa influenzare o no il rendimento atletico.

Uno degli obiettivi di questa tesi è anche quello di osservare se il bite deve essere affiancato ad un riequilibrio posturale, oppure se è sufficiente solo il suo utilizzo per eliminare alcuni sintomi dolorosi avvertiti dagli atleti e riequilibrarli posturalmente. Questo potrà offrire spunti per capire come pianificare un’attività fisica adattata per lo sportivo, o meglio, una preparazione atletica adattata.

Personalmente ritengo che sia fondamentale intervenire sul proprio atleta con un lavoro di equipe. La posturologia è infatti una scienza multidisciplinare, che racchiude diverse discipline di cui si occupano numerose figure professionali come dentisti, podologi, fisioterapisti, ortopedici, fisiatri, osteopati, oculisti, laureati in scienze motorie, ecc. con cui un preparatore atletico dovrebbe rapportarsi per migliorare la qualità fisica, prestativa e di vita dell’atleta che sta formando.

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1. IL SISTEMA TONICO POSTURALE

Quando si parla di Sistema Tonico Posturale non bisogna soffermarsi solo ad un concetto di postura. Questo sistema è costituito da un insieme di elementi e sotto elementi interconnessi reciprocamente e con l’ambiente esterno per l’adempimento di una medesima funzione o di più funzioni.

Studiosi della postura come B.Bricot, J.B. Baron, P.M.Gagey, R. Bourdiol, T. Fukuda, F. Mézières, J. J. Paillard, C.S. Sherrington, P. Stagnara e altri ancora, hanno dimostrato con i loro studi scientifici che l’uomo sta in piedi nel suo “spazio tempo” organizzato, mobile nella sua immobilità. Questo sistema ha come fine ultimo il mantenimento della stabilità posturale in condizione statica e dinamica, l’adattamento alle sollecitazioni esterne e quindi il controllo dell’equilibrio nello spazio. Quali sono i muscoli che regolano la postura? I muscoli tonici e tonici- fasici.

Chi li comanda? I centri integratori del sistema tonico posturale.

La postura è un “concetto dinamico” del quale nel tempo, molti autori hanno provato a dare una definizione completa. C’è chi ne dà un’interpretazione puramente meccanica e chi invece ne dà anche una connotazione psico-emotiva, introducendo l’idea che essa sia espressione anche di stati d’animo ed emozioni. A tal proposito D. Raggi nel 1998 esprimeva così il suo concetto di postura: “la postura è l’espressione di un vissuto ereditato, di un vissuto personale, della formazione e deformazione culturale, di memorie dei propri traumi fisici ed emotivi, del tipo di vita e di stress che conduciamo, del tipo di lavoro e di sport a cui ci siamo assoggettati nel tempo. Postura è il

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modo in cui respiriamo, il mondo in cui stiamo in piedi, ci atteggiamo e ci rapportiamo con noi stessi e con gli altri. La nostra postura è espressione della nostra storia".

È opportuno considerare i diversi aspetti che la determinano: - meccanico

- neurofisiologico - psico-emotivo

 Il modello biomeccanico: le catene cinetiche

Il modello biomeccanico, di norma, più divulgato e condiviso quando si parla di postura. In esso vengono analizzate tutte le connessioni dei movimenti corporei in rapporto alla forza di gravità e le interrelazioni che avvengono tra le catene muscolari e le catene articolari. Infatti nelle alterazioni posturali gli squilibri più facilmente riscontrabili e visibili si evidenziano nelle posizioni statiche e in quelle dinamiche.

Gli squilibri della statica sono riscontrabili quando l’armonia che si ha tra i 3 piani dello spazio viene meno. Le alterazioni della biomeccanica corporea si evidenziano invece con un

disequilibrio delle sinergie muscolari delle catene, che condizionano l’intensità, il

mantenimento e il movimento dell’essere umano, nonché le articolazioni, responsabili della direzione del movimento stesso.

Alla base di tutto vi è la certezza che non è possibile una corretta organizzazione articolare senza l’equilibrio delle tensioni muscolari.

È stato inoltre dimostrato che un’alterazione posturale conduce in ogni caso anche ad un riadattamento sensoriale grazie a specifici meccanismi neurofisiologici, e viceversa.  Il modello neurofisiologico: lo studio del tono posturale

Quello neurofisiologico di norma è il modello proprio della posturologia, basato sullo studio del tono posturale e delle funzioni di equilibrio.

È l’approccio che ha avuto la più ampia diffusione sin dagli inizi con numerosi studiosi francesi (Gagey, Weber, Bricot etc..).

Il tono muscolare è la contrazione muscolare permanente “che fissa la posizione reciproca dei componenti scheletrici senza accompagnarsi a movimenti”. (Galeno).

Si tratta di uno stato di tensione attiva del muscolo mantenuto costantemente da meccanismi nervosi di regolazione periferica e centrale

Il tono muscolare varia in ogni momento: tutte le sollecitazioni periferiche, di qualunque natura esse siano, sono capaci di provocare reazioni toniche. (Thomas e Ajuriaguerra)

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In effetti, la postura, nella sua essenza neurofisiologica, non è altro che una modulazione del tono. Grazie agli studi sulla postura siamo arrivati nei giorni nostri a sapere che il tono

muscolare è la risultante di una complessa serie di processi psico-neurofisiologici all’interno di un sistema di tipo cibernetico, il sistema tonico posturale.

Gli studi neurofisiologici fino ad ora compiuti hanno approfondito in particolare l’esame delle interferenze recettoriali in quanto l’output del sistema posturale, il tono muscolare, è

condizionato dagli input, cioè dalle informazioni in entrata.
Ciò che viene osservato dal punto di vista neurofisiologico è la condizione anomala, asimmetrica, disfunzionale del tono

posturale.

 Il modello psicosomatico, dalla struttura caratteriale alla postura

L’aspetto psico-emotivo mette in rapporto la struttura corporea e il suo posizionamento nello spazio, con gli atteggiamenti psichici e comportamentali di una persona (Scoppa 2002). 
 Data la centralità di quest’ ultimo aspetto nel tema postura diversi sono gli autori, oltre a Scoppa, che hanno voluto sottolinearne l’importanza.

Gagey a tal proposito afferma: “la postura è strettamente legata alla vita emotiva fino ad esserne l’espressione stessa per il mondo esterno, non solo attraverso la mimica facciale e gestuale, ma anche attraverso la disposizione corporea nel suo insieme”, per cui “ridurre l’uomo a semplice gioco meccanico è condannarsi a non comprendere nulla di colui che ha difficoltà a mantenersi eretto.”

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Non c’è dubbio che la sola lettura in chiave neurofisiologica e biomeccanica non può dare in alcun caso una visione completa del complesso fenomeno posturale. 


Sarebbe quindi riduttivo considerare la postura eretta come il mero assemblaggio d’informazioni provenienti dagli esterocettori e dai propriocettori, integrate per produrre le reazioni necessarie a determinare un equilibrio stabile nell’ambiente: “la postura eretta significa molto di più” [Gagey e Gentaz 1996].

I tre precedenti modelli interagiscono tra di loro per opporsi alle perturbazioni ambientali e garantire l’equilibrio del soggetto. Bisogna parlare di equilibrio prima di approfondire il nostro argomento di tesi perché, senza equilibrio non è possibile compiere alcun tipo di movimento in maniera coordinata.

L’ equilibrio non è rappresentato da una situazione definita ma deriva da un continuo adattamento tonico-posturale-coordinativo.

Sanniccardo afferma infatti che “ciò che è importante non è la capacità di conservare l'equilibrio, ma di saperlo ritrovare ogni volta”.

Equilibrio, altro non è che un continuo adattamento della nostra muscolatura o delle nostre articolazioni a modificazioni esterocettive e propriocettive della postura che richiedono un'adeguata risposta motoria.

Per meglio comprendere questi concetti ci viene in aiuto Bricot che nel testo “Riprogrammazione posturale Globale” (libro che per questa tesi è stato di grandissimo aiuto) rappresenta l’uomo in modo frazionato, disegnato come un insieme di differenti pendoli.

A livello posturale due triangoli opposti rappresentano un doppio pendolo inverso. L’individuo è connesso ad un braccio di sostegno attraverso le sue fasce che si inseriscono sull’osso occipitale; il punto di sospensione è costituito dall’atlante e dall’apofisi odontoidea di C2, ma si può parlare dell’insieme occipite\ atlante\ epistrofeo.

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Il braccio di sostegno costituisce il secondo pendolo inverso: l’individuo è sospeso al suolo per mezzo dei suoi piedi. Quest’oscillazione dei due triangoli inversi, l’uno in rapporto all’altro, ci permette di comprendere che l’uomo è in grado di equilibrarsi nel suo stesso squilibrio evincendo come siamo in presenza di un sistema auto-regolato, auto-adattivo.

In caso di squilibrio tonico, le due parti sono sempre coinvolte andando ad alterare di conseguenza sia i meccanismi centrali di elaborazione sia i recettori periferici destinati a ricavare le afferenze esterocettive e propriocettive. Quando le informazioni ricevute dai recettori sono anomale, causano a livello dei meccanismi centrali, una relazione di

adattamento che provoca un nuovo aggiustamento posturale patologico, che l’organismo considera come corretto.

Già da queste prime righe si capisce come l’equilibrio sia una condizione di per sé precaria. Già effettuando un passo, è necessario che l’equilibrio iniziale si rompa per favorire una condizione dinamica mutevole ma stabile. Il suo mantenimento è consentito da una costante

rielaborazione corticale e sub-corticale attraverso recettori periferici che costantemente forniscono ai centri superiori informazioni riguardanti la posizione negli arti nello spazio, la posizione istantanea del centro di gravità e il grado di attivazione e “allungamento” muscolare. Tutte queste informazioni vengono elaborate in modo per lo più inconsapevole e sono

finalizzate al mantenimento del baricentro all’interno della base d’appoggio.

Lo studio del controllo dell’equilibrio umano ha messo in luce l’esistenza di due principali meccanismi che vengono utilizzati a tale scopo:

 I meccanismi anticipatori o a feed-forward (anticipatorie) che, sulla base di previsioni dei disturbi che possono insorgere nell’esecuzione dei movimenti, generano risposte pre-programmate che assicurano il mantenimento della stabilità e dell’equilibrio. Le risposte anticipatorie vengono modificate con l’esperienza e la loro efficacia aumenta con

l’esercizio. Il principale ruolo svolto dalle risposte anticipatorie è quello di generare aggiustamenti posturali prima dell’inizio dei movimenti volontari;

 I meccanismi del secondo tipo, le risposte compensatorie, o a feed-back (correzione), vengono evocati da stimoli sensoriali a seguito della perdita dell’equilibrio. Questi

aggiustamenti posturali automatici, che compaiono tipicamente a seguito di oscillazioni del corpo, sono estremamente rapidi e, al pari dei riflessi, hanno un’organizzazione spazio – temporale relativamente stereotipata.

1.1. ANALISI DEI VARI RECETTORI

Come introdotto in precedenza, il mantenimento dell’equilibrio nello spazio è garantito e mediato da meccanismi:

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1) centrali 2) periferici MECCANISMI CENTRALI

Integrano i selettori di strategia, i processi cognitivi, e rielaborano i dati ricevuti dalle due fonti precedenti. I dati ricevuti dai differenti recettori sono poi integrati da un sistema che comprende:

 I nuclei vestibolari; 


 I gangli della base con i nuclei grigi centrali e lo striato;  Il cervelletto; 


 Il sistema reticolare con i nuclei mesencefalici ed i nuclei rossi; 
  Il collicolo.


Tutti questi centri si trovano sottomessi alle strutture corticali motrici ed in particolare alla corteccia frontale premotrice. Le formazioni associative e commisurali, come il corpo calloso, le commessure bianche e la bandelletta longitudinale posteriore, intervengono permettendo gli scambi destra sinistra.
Vediamo più nel dettaglio il compito specifico delle differenti formazioni. 


 I nuclei vestibolari: principalmente elaborano i dati ricevuti dall’orecchio interno, ovvero le accelerazioni lineari ed angolari. Esistono delle relazioni strette con il cervelletto, anche se integrano ugualmente altre informazioni; i nuclei vestibolari e la reticolare circostante sono alla base del tono antigravitario del corpo. 


 I gangli della base: intervengono nel tono muscolare, nella gestione dei differenti automatismi e nell’attivazione corticale. 


 Il cervelletto: elabora i dati, stabilizza e regola il risultato di differenti formazioni ed anticipa gli avvenimenti. Il suo compito è prevalentemente quello di intervenire

nell’accomodamento dei movimenti rapidi.


 Il sistema reticolare: è una massa di neuroni che si estende lungo tutto il tronco cerebrale fino alla base del diencefalo ed ha una funzione sia inibitrice che facilitatrice dello stimolo percepito.


 I lobi frontali: la corteccia frontale premotrice interviene nella regolazione dell’equilibrio del cammino e degli schemi motori.


 Il collicolo superiore: guida i movimenti oculari e permette agli occhi di fissare il bersaglio, con un lavoro sinergico di tipo desta/sinistra.

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Il corpo calloso e le commessure: sono deputati al trasferimento delle informazioni immagazzinate in un’area corticale, verso un’area controlaterale.


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L'organismo utilizza diversi recettori posturali con funzione esterocettiva e propriocettiva, capaci di informare il Sistema Nervoso Centrale del loro stato inducendo una risposta posturale specifica per quel determinato momento:

Gli esterocettori: sono recettori sensoriali che ci pongono in rapporto con l'ambiente (tatto, visione, udito), captando le informazioni che vi provengono. Grazie a queste informazioni siamo in grado di adattare continuamente la nostra postura in funzione dell'ambiente che ci circonda. Tre sono gli esterocettori universalmente riconosciuti: l'orecchio interno**, l'occhio ed il piede. L’orecchio è un recettore molto importante per l’equilibrio ed è sensibile alle accelerazioni lineari e angolari attraverso i recettori ampollari e i recettori maculari (utricolo e sacculo). Quindi si denota come i recettori dell'orecchio interno siano degli accelerometri che monitorano l’aspetto statico e dinamico della testa in rapporto allo spazio e alla forza di gravità. Affinché le informazioni che provengono dall'orecchio interno possano essere interpretate dal Sistema Tonico Posturale, esse devono essere comparate alle informazioni propriocettive e ciò avviene in una regione specifica del corpo, la giunzione bulbo pontina dove si ha l’integrazione fra le informazioni esterocettive e quelle propriocettive, tra le informazioni vestibolari e i nuclei di altri organi.

Il piede:

A livello del piede possono intervenire differenti informazioni, come la propriocezione muscolare e articolare di piede e caviglia; ma soprattutto esso è un esorecettore importante per il sistema tonico posturale perché permette di situare l'insieme della massa corporea in rapporto

all'ambiente, grazie a delle misure di pressione a livello della superficie cutanea plantare che, ricca in recettori, fornisce informazioni sulle oscillazioni dell'insieme della massa corporea. Infatti a livello podalico i pressocettori cutanei trasmettono le reazioni del suolo informando i centri superiori sulla posizione del corpo in rapporto al vettore gravitario.

È necessario che le informazioni visive siano comparate a quelle che vengono dall'orecchio interno e dall'appoggio plantare e comparate con il meccanismo di propriocezione.

La propriocezione assume un’importanza fondamentale nel complesso meccanismo di controllo del movimento e della postura. Alla base della propriocezione vi è un complesso sistema

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sensoriale. I principali componenti di questo sistema sono i recettori periferici posizionati nelle articolazioni e nei tessuti circostanti, chiamati propriocettori, e le molteplici vie nervose, che trasportano i segnali propriocettivi al sistema nervoso centrale, dalla corda spinale fino alla corteccia celebrale.

I propriocettori: come detto precedentemente, sono anch’essi sensitivi e informano il Sistema Tonico Posturale su quello che succede all'interno dell'individuo. Essi permettono al sistema di riconoscere la posizione e lo stato di ogni osso, muscolo, legamento, od organo in rapporto con l'equilibrio.

Quindi, quando si parla del piede come recettore e adattatore podalico, si intende l’insieme dei due piedi, dei loro elementi propriocettivi ed esterocettivi.

“ è il punto di unione tra gli squilibri e il suolo: si adatta, poi si fissa.” (Bricot) L’OCCHIO

L'occhio permette la stabilità posturale per i movimenti antero-posteriori, grazie alla visione periferica. Tutto ciò è possibile grazie ai fotorecettori retinici (coni e bastoncelli) che captano le informazioni visive e le rendono disponibili all’utilizzo. È importante sottolineare come l’occhio non abbia solo una componente esorecettoriale ma possieda anche una componente

propriocettiva. Grazie ai suoi muscoli (retti ed obliqui) infatti oltre a comandare la mobilità del bulbo oculare, informa in modo dettagliato i centri superiori di controllo e assemblaggio delle informazioni sulla posizione dell’organo nell’orbita.

L'entrata oculo-motrice permette di comparare le informazioni di posizione fornite dalla visione a quelle fornite dall'orecchio interno, grazie ai muscoli oculo-motori che assicurano la motricità del globo oculare.

L’APPARATO STOMATOGNATICO

Anche il sistema stomatognatico è un grande perturbatore della statica posturale. Esso possiede una componente esterocettiva (le due arcate dentarie) ma presenta anche una componente propriocettiva molto importante formata dai muscoli masticatori e dalla articolazione temporo-mandibolare (ATM).

Inoltre esistono delle connessioni anatomiche fra il trigemino e i nervi spinali ed essendo la

mandibola il punto di unione fra la catena muscolare anteriore e posteriore si denota subito come la sua perdita di equilibrio alteri le catene muscolari del sistema tonico posturale, e di

conseguenza la postura del corpo. Data l’importanza dell’argomento per questa tesi, sarà dedicato un capitolo per la sua descrizione anatomica e fisiologica.

I recettori cutanei, fondamentali a livello di propriocezione sono:

• I corpuscoli di Meissner: si tratta di meccanorecettori che rilevano e trasmettono gli stimoli pressori esercitati sulla cute. Sono numerosi nei polpastrelli e rispondono ai delicati stimoli

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tattili. La stimolazione delle fibre provenienti dai corpuscoli di Meissner dà una sensazione di vibrazione localizzata proporzionata alla durata e alla frequenza dello stimolo;


• I corpuscoli di Pacini: Sono meccanocettori ad adattamento rapido, particolarmente sensibili alle vibrazioni e sono stimolati da movimenti molto precisi e rapidi. Essi rilevano la velocità del movimento. I corpuscoli del Pacini si presentano come terminazioni nervose ricoperte da strati concentrici connettivali (recettori di tipo I); sono localizzati nella porzione più profonda della cute, hanno dimensioni maggiori degli altri recettori; classicamente sono indicati come responsabili di una submodalità tattile: la vibrazione; • Terminazioni di Ruffini: queste terminazioni nervose incapsulate si trovano nelle

articolazioni, nella pelle e rispondono allo sforzo di taglio e sono recettori ad adattamento lento sensibili a stimoli pressori e prolungati nel tempo. I corpuscoli di Pacini e le

terminazioni di Ruffini sono i principali recettori per la cinestesia; 


• I dischi o corpuscoli di Merkel: sono recettori sensoriali tattili situati nella sottomucosa orale e linguale e formati dalle espansioni terminali delle terminazioni nervose. I corpuscoli di Merkel sono meccanocettori a lento adattamento, quindi caratterizzati da una minore sensibilità rispetto ai corpuscoli di Meissner; 


• Terminazioni nervose libere: si diramano in una rete sotto epidermica e si trovano in tutta la massa dei legamenti e nel rivestimento sinoviale. Questi recettori trasmettono

informazioni sia riguardanti la posizione articolare sia il suo movimento. 
 I recettori dei muscoli scheletrici principali invece sono:

I fusi neuromuscolari: sono recettori molto specializzati, di forma affusolata, lunghi da 5 a 15 mm. Compresi tra le fibre muscolari scheletriche, sono orientati parallelamente alle stesse e attaccati con le due estremità all’endomisio. Lo stimolo efficace a eccitare i fusi è uno stiramento lungo il loro asse maggiore, perciò è evidente che i fusi vengono eccitati quando i muscoli in cui sono contenuti si allungano. 
Nello specifico i fusi neuromuscolari informano il sistema nervoso sulla lunghezza istantanea del muscolo e sulla velocità di variazione della lunghezza costituendo un provvidenziale e complesso dispositivo che assicura il tono, le posture, la morbidezza e la funzionalità del movimento.

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I segnali raccolti dai fusi intervengono principalmente nel mantenimento del tono muscolare e nei riflessi miotatici (l’ipotonia o l’allungamento di un muscolo determinano in via riflessa l’aumento del tono o contrazione del muscolo stesso). Il “riflesso miotatico da stiramento” (stretch reflex), di cui i fusi sono responsabili, è una risposta muscolare di tipo contrattile nei confronti di un

repentino ed inaspettato aumento della lunghezza del muscolo, rivolta alla sua salvaguardia strutturale. In tale sistema autoregolatore a feed-back le cellule sensitive sono innervate col midollo spinale e il midollo è a sua volta collegato con le fibre muscolari o extrafusali. Ogni stiramento muscolare produce parallelamente una compressione del ventre fusale così che dal fuso, una volta stimolato, partono dei segnali relativi alla sua condizione. Le afferenze vengono condotte direttamente alle cellule delle corna anteriori (motoneuroni alfa) da cui vengono infine elaborati segnali che, portandosi alle fibre extrafusali, provocano la contrazione del muscolo. Con la contrazione il muscolo a sua volta allenta la tensione sul ventre del fuso, quindi lo stimolo cessa e il muscolo tende a rilassarsi. In pratica ogni minima variazione di lunghezza delle fibre muscolari provoca adeguatamente minime contrazioni creando un meraviglioso congegno di stabilizzazione e autoregolazione dei muscoli, reso possibile dalla grande velocità con cui si compiono questi riflessi monosinaptici da stiramento.

Gli organi tendinei del Golgi (OTG): questi recettori sono localizzati in prossimità dei punti di giunzione tra tendini e muscoli. Sono organuli lunghi circa 0.05 mm e larghi 0.1, formati da piccoli fascetti di fibre di collagene circondati da una capsula connettivale piuttosto sottile. Risultano disposti in serie rispetto alle fibre muscolari e la loro funzione fisiologica è quella di rispondere alle variazioni di tensione del tendine causate dalla contrazione muscolare, oppure da stiramenti di tipo passivo, come, ad esempio, durante lo stretching. Gli OTG rispetto ai fusi sono eccitati solo da fortissimi stiramenti passivi del muscolo, avendo una soglia molto più elevata di attivazione.

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Tuttavia, sono maggiormente sensibili alle tensioni generate dalla contrazione muscolare piuttosto che dall’allungamento passivo del complesso muscolo-tendineo. 
La posizione statica degli arti è in gran parte rilevata da questi ultimi due tipi di recettori. Sono utili nel definire i parametri per il sistema propriocettivo incosciente o per le risposte riflesse e svolgono un ruolo importante sia nella propriocezione sia nei meccanismi di controllo motorio. Gli organi tendinei invece inviano al sistema nervoso informazioni sulle forze attivamente operanti all’interno dei muscoli, mediando archi riflessi sensitivo motori di grande importanza. L’eccitazione dell’organo muscolo tendineo inibisce i motoneuroni (α e Ɣ) innervanti il muscolo stesso in cui esso è contenuto e i muscoli sinergici di quest’ultimo (inibizione autogena) e attiva i motoneuroni innervanti i muscoli

antagonisti. Attraverso tale meccanismo denominato “riflesso miotattico inverso” o “fenomeno d’innervazione reciproca” gli OTG intervengono al fine di ridurre l’eccessiva tensione muscolare. La loro funzione ultima è infatti quella di esercitare una protezione nei confronti del complesso muscolo-tendineo.

Riassumendo

Per quanto riguarda il controllo neurologico della postura si può dire che questo si sviluppa

schematicamente in tre fasi:
una prima fase di acquisizione, in cui i recettori periferici, di cui sopra esposti, informano costantemente i centri superiori sullo stato osteo-mio-articolare e

sull’ambiente circostante; una seconda fase in cui le diverse informazioni vengono integrate a livello del SNC, ed infine una fase effettrice che determina la risposta del sistema nervoso agli stimoli ricevuti.

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Il sistema tonico posturale utilizza un insieme di catene muscolari che adattano il loro tono reciproco, in base all’evenienza, per permettere al sistema di conservare la posizione verticale, nella completa economia energetica. In conclusione la modulazione dell’attività muscolare è determinata sia da riflessi spinali, sia dall’integrazione del Sistema Nervoso Centrale delle informazioni afferenti che arrivano dai recettori esterocettivi e propriocettivi. Nel caso questa integrazione o questi recettori non funzionassero adeguatamente il sistema tonico posturale, e di conseguenza gli effettori muscolari, non sarebbero più in grado di raggiungere la postura voluta creando dei disequilibri posturali. Possiamo dire che il sistema della regolazione tonico posturale è un sistema a contorni multipli organizzati gerarchicamente e a controllo automatico, che utilizza le informazioni che provengono da ingressi afferenti diversi. Il livello più basso del sistema è basato sul riflesso propriocettivo che assicura la correzione immediata delle perturbazioni continue dell’equilibrio. Il sistema più alto modula la sensibilità di questi riflessi modificando l’eccitabilità del fuso neuromuscolare sulla base delle informazioni che provengono dai differenti recettori del sistema posturale.

1.2 CONTROLLO POSTURALE E CONCETTO DI EQUIPE

La carriera di uno sportivo, più che dall’età, è spesso fermata dalla continua esposizione dell’atleta a traumi muscolari e all’usura dell’apparato scheletrico-motore.

Come afferma B. Bricot: più del 90 % degli individui presenta uno squilibrio del sistema posturale. Come accennato nell’introduzione, il laureato in scienze motorie che segue la squadra deve riuscire a capire come mai un atleta non riesce ad ottenere dei miglioramenti e perché si manifestano dei dolori, che contribuiscono a un peggioramento della performance.

Un disequilibrio a livello dei piedi, come anche un problema di malocclusione, provoca a livello locale uno squilibrio muscolare che però non si limita in quella regione specifica, ma si propaga su tutta la catena muscolare e potenzialmente su tutto l'organismo, in maniera tale da impedire l’espressione massima di forza, resistenza, velocità ecc.

Altre afferenze altrettanto importanti sono: - lesioni osteopatiche

- cicatrici patologiche - traumi fisici importanti - deglutizione atipica

Ci sono varie scuole che operano in maniera differente. Con il passare degli anni la tecnologia si è impossessata di una parte sempre più grande nella valutazione posturale. Comunque sia il

terapeuta, attraverso la diagnosi, valuta visivamente il soggetto, al fine di stabilire la sua posizione rispetto a una posizione ideale. La posizione ideale va verificata sui tre piani:

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1) il piano sagittale 2) il piano frontale 3) il piano trasversale

a) Nel piano antero posteriore (sagittale).

Sono da prendere in esame quattro parametri principali: - Il piano scapolare;

- Il piano gluteo; - La freccia cervicale - La freccia lombare

Solo la postura della figura A è considerata normale: mentre quattro sono gli squilibri statici principali. Nella figura B troviamo piano scapolare e glutei allineati con aumento delle freccie, nella fig.C è presente un piano

scapolare posteriore, nella figura D il piano scapolare anteriore e nella fig. E un piano scapolare e glutei allineati con diminuzione delle frecce.

b) Disturbi statici frontali

È a livello dei cingoli che si noteranno più facilmente gli squilibri posturali. 1) La bascula delle spalle

2) La posizione del bacino nello spazio: (solo lo studio della medio iliaca ci darà con certezza la posizione del bacino nello spazio. Infatti non è insolito rilevare discordanze tra i parametri classici anteriori e posteriori. Essi sono infatti l’espressione di una torsione elicoidale del bacino sul suo asse maggiore.)

3) Linea bi-pupillare 4) Linea bi-tragale 5) Linea bi-mamillare

6) L’asse verticale della testa e del corpo 7) L’armonia del massiccio facciale.

Il disequilibrio del cingolo scapolare è legato alla lateralità:

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Quando le spalle e il bacino basculano nello stesso senso:

il recettore principalmente perturbato è l’occhio, una causa invece podalica iniziale provoca uno squilibrio del bacino (a livello della medio iliaca) inverso a quello delle spalle.

Esistono sempre dei deficit neuromuscolari e microcircolatori nell’arto superiore corrispondente alla spalla più bassa (generalmente quella della lateralità).

c) Disturbi statici del piano orizzontale

È lo studio delle rotazioni delle spalle e del bacino, si parla infatti di: - Ileo anteriore o posteriore

- Scapola anteriore o posteriore

Le tensioni sono allora in rotazione o in torsione. La rotazione del cingolo scapolare è fortemente influenzata dalla lateralità. Le rotazioni del bacino possono realizzarsi nello stesso senso di quello delle spalle o in senso inverso.

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Il soggetto viene osservato rispetto ad un piano verticale, sagittale, mediano, intermalleolare, dietro ad un filo a piombo, verso l'estremità del grande asse mediano del suo poligono di sostegno.

La regolazione della posizione dei piedi avviene utilizzando un disegno che riproduca i piedi nelle varie direzioni. L'esaminatore si pone alle spalle del soggetto posizionato in posizione ortostatica, con i piedi uniti, ginocchia estese, mani lungo i fianchi. Con il filo a piombo si controlla l'asse occipito-sacrale e se vi sono eventuali sbandamenti laterali.

Sempre con il filo a piombo si misurano le frecce prese a livello di C7, T12, L3 e S2 con le quali è possibile descrivere e memorizzare la morfologia del rachide sul piano laterale, oltre a poter rivalutare le sue modifiche facilmente senza utilizzare strumentazioni. Per questa fase è molto utile la griglia posturale, ossia un pannello che permette di osservare in maniera più semplice le asimmetrie posturali.

Una valutazione posturale deve porsi come obiettivo primario quello di evidenziare in maniera chiara i vari squilibri della muscolatura tonico-posturale. Non ci si limita perciò alla sola

valutazione delle simmetrie dei vari reperi corporei (filo a piombo eccetera), ma si devono attuare tutta una serie di test, detti appunto “posturali”, utili all’esame posturale.

L’equilibrio tonico, più che il “riallineamento” dei segmenti del corpo deve essere il fine ultimo del controllo. Come è possibile restituire l’equilibrio tonico-muscolare?

A determinare lo squilibrio sono le informazioni in entrata (input). Dobbiamo perciò “giocare” a livello di queste informazioni in maniera che il risultato sia una risposta globale adeguata. Occorre quindi capire dove possa risiedere l’origine del problema (il problema è lo squilibrio muscolare e secondariamente ad esempio il mal di schiena, che ne è sempre la conseguenza).

I test posturali sono in grado di rilevare, con buona precisione, la possibile origine di un problema posturale (piedi, bocca, occhio, ecc..). Per verificare se un’entrata invia perturbazioni al resto del sistema posturale, il posturologo spesso ricorre all’ utilizzo di “artefatti” informazionali.

AZIONE DEGLI ARTEFATTI SUL SISTEMA TONICO POSTURALE

In campo posturologico gli artefatti sono stimoli propriocettivi che il posturologo può utilizzare, ad esempio calette di spessore variabile tra 1 e 2.5 millimetri a livello dei piedi e nell’ordine di 1 millimetro a livello della bocca; questi stimoli, adeguatamente collocati, mandano un’informazione al SNC, che volutamente viene ritenuta corretta per ricevere una risposta posturale. Se ciò è vero il SNC istantaneamente (ed è possibile constatarlo ri-testando il soggetto) elabora l’output

desiderato: generalmente il sistema si riequilibra.

In base ai risultati dei test, a questo punto il Podologo posturologo o l’ortopedico posturologo può predisporre una soletta propriocettiva, oppure, ad esempio, un dentista posturologo può stabilire l’uso di un bite.

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La relazione biunivoca tra il posturologo e le altre figure professionali apre al concetto di interdisciplinarietà e dunque al lavoro di equipe. È solo dopo un’attenta analisi posturale che si può capire da chi è più opportuno indirizzare la persona per il trattamento definitivo. Per il laureato in scienze motorie il soggetto di cui farsi carico è l’atleta che può manifestare disturbi a livello dell’apparato stomatognatico, che si trasmettono a livello cervicale/dorsale, e che non vanno via con le classiche sedute di fisioterapia. Il ruolo del fisioterapista e del laureato in scienze motorie è spesso confuso. E’ giusto precisare che se un soggetto ha in atto una patologia acuta in una delle componenti anatomiche dell’apparato stomatognatico, come può essere una lesione articolare (ATM) o muscolare, pre o post operatoria, Il fisioterapista ha il compito, su indicazione medica (ed in collaborazione con il medico), di ripristinare la funzione venuta meno per lo stato acuto patologico localizzato, fino a guarigione del soggetto. Terminato l'iter riabilitativo (mai entro 3 mesi, di qualsiasi intervento chirurgico) Il laureato in scienze motorie, definito chinesiologo e regolamentato dalla legge n. 4/2013, agisce sul soggetto, con patologia stabilizzata o sano, per

migliorarne lo stato di salute, recuperarne o migliorarne la funzione motoria, riequilibrarne l’organizzazione segmentaria o globale muscolare e articolare. La rieducazione motoria, intesa come riatletizzazione o mantenimento della funzionalità post riabilitativa, è dunque ambito non sanitario di competenza del dottore in scienze motorie (intesa sancita anche fra MIUR, organizz. sanitaria e delle due categorie di laureati in oggetto). In ambito sportivo, il Laureato in Scienze Motorie è impiegato nella promozione della salute del proprio atleta. Nel caso di disfunzione dell’apparato stomatognatico (sano) con alterazioni che disturbano il lavoro delle catene muscolari e squilibrano la statica o la dinamica o la performance dell’atleta (Valentino Rossi), egli viene spesso coinvolto dallo specialista in un lavoro interdisciplinare di ripristino o miglioramento della risposta globale. Sicuramente ci saranno da riarmonizzare delle zone ipertoniche e zone

ipotoniche, causate appunto da una disfunzione di questo apparato/recettore che, per le intime e intense interconnessioni che stabilisce con il sistema delle catene muscolari rette e crociate, altera tutta la postura e la resa motoria, come verrà meglio specificato in seguito. Lo studio della

Postura, non sarebbe completamente possibile se non all’interno di una concezione globale del corpo e della “malattia”. Il concetto di postura è inseparabile dunque dal concetto di globalità e di interdisciplinarità. Se il lavoro di un dentista, un podologo, un “Mezierista”, un ortottista, un osteopata è rivolto alla postura, questo professionista dovrà opportunamente “aprirsi” verso le altre discipline e prendere in considerazione una collaborazione multidisciplinare.

Nel mio caso, come preparatore atletico della “Tirrenica nuoto” di Viareggio, ho la fortuna di poter collaborare con fisioterapisti, oculisti, podologi, dentisti e osteopati posturoconsapevoli. Un team di professionisti che hanno come obiettivo quello di mantenere la postura dell’atleta il più

efficiente possibile, intervenendo in base alle proprie competenze. Questo ha permesso di poter tenere sotto osservazione in maniera ottimale ogni giovane atleta e sicuramente conferire alla squadra e a tutto lo staff un’immagine molto più professionale.

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2. ANATOMIA E FISIOLOGIA DELL’APPARATO STOMATOGNATICO

L’apparato stomatognatico è un complesso anatomo-funzionale costituito da organi e tessuti i quali svolgono funzioni digestive (salivazione, masticazione, deglutizione), respiratorie e di relazione (fonazione, mimica).

Il sistema è costituito da ossa, articolazioni, legamenti, denti e muscoli ed è presente inoltre, un complicato sistema neurologico di controllo che regola e coordina tutti questi componenti strutturali.

La mandibola è un osso impari, mediano, con un corpo che ospita superiormente i denti

dell’arcata inferiore e due prolungamenti o rami che si articolano con l’osso temporale. Il corpo ha una forma a ferro di cavallo e presenta una faccia anteriore convessa, o esterna, e una posteriore concava, o interna. La faccia interna presenta rilievi e fossette dove si inseriscono i muscoli

estrinseci della lingua e sopraioidei e un foro che immette nel canale mandibolare, dove decorre il nervo mandibolare. Sul margine superiore del corpo della mandibola sono scavati gli alveoli con i quali si articolano i denti. La faccia esterna presenta la sinfisi mentale che forma verso il basso la protuberanza mentoniera. Il ramo della mandibola è caratterizzato da due processi ossei diretti verso l’alto il processo coronoideo e il processo condiloideo, che delimitano l’incisura della

mandibola. Il processo condiloideo termina con un condilo, il cui asse maggiore è diretto indietro e medialmente, che si articola con la fossa mandibolare dell’osso temporale. Il processo coronoideo, posto anteriormente rispetto al condilo, dà inserzione al muscolo temporale.

Durante la crescita, l'uomo sviluppa due dentizioni. La prima in ordine temporale è rappresentata dai denti di latte, o temporanei o caduchi o ancora decidui (lat. dentes decidui), che cominciano a spuntare in genere verso il sesto mese di vita. All'età di due anni, di solito, un bambino ha venti denti. La dentizione decidua è composta, per ogni arcata dentale, da 4 incisivi (2 mediali e 2 laterali), 2 canini (rispettivamente 1 nell'emiarcata di sinistra e 1 in quella di destra) e 4 molari (2 per ogni emiarcata e, rispettivamente denominati 1º e 2º molare). I premolari sono assenti nella dentizione decidua o di latte. La seconda dentizione è composta dai denti permanenti (lat. Dentes

permanentes). Il germe dentario, da cui si sviluppano i denti permanenti, è presente all'interno

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svilupparsi e la radice del dente deciduo viene erosa dagli odontoblasti, non avendo supporto, il deciduo cade, venendo rimpiazzato dal permanente. Questo processo dura per sei anni (si continua fino circa ai vent'anni solo per i "denti del giudizio" (terzi molari) ed al suo termine l'uomo adulto è provvisto di trentadue denti.

Nella bocca esistono diversi gruppi di denti, variabili per forma, dimensione e funzione. Nei mammiferi e nell'uomo, si distinguono gli incisivi, i canini, i premolari e i molari

L'uomo possiede, per ogni semiarcata (metà di una arcata dentale): 2 incisivi (1 mediale e 1 laterale), 1 canino, 2 premolari (chiamati primo e secondo premolare) e 3 molari (chiamati rispettivamente primo, secondo e terzo molare, di cui il terzo è anche chiamato dente del giudizio). Moltiplicando per 4 ciascuno di questi numeri, poiché due sono le metà arcate e le arcate stesse sono 2 (una mascellare e una mandibolare), si avranno: 8 incisivi, 4 canini, 8

premolari e 12 molari. Sommando questi numeri, si ottengono in totale i 32 denti propri dell'uomo adulto. Nella dentizione permanente il terzo molare, il dente del giudizio, può essere assente, anche in tutte le semiarcate.

La mandibola, principale osso mobile dell'apparato stomatognatico, è connessa meccanicamente al cranio attraverso le articolazioni temporo-mandibolari (ATM), dotate di grande libertà di movimento. Esse, data l'incogruenza delle superfici articolari, presentano un cuscinetto articolare (disco fibro-cartilagineo), il menisco, che svolge funzione di ammortizzamento, lubrificazione e scorrimento. Infatti i condili mandibolari (teste articolari dei rami mandibolari) non solo ruotano su sé stessi, all'interno delle cavità o fosse glenoidee (aprendo la bocca per circa 20-25 mm), ma possono anche scorrere in avanti per permettere una maggiore apertura della bocca, consentendo così il pieno espletamento meccanico delle funzioni dell'apparato stomatognatico. Le articolazioni temporo-mandibolari costituiscono due strutture anatomiche funzionalmente inseparabili e in stretta relazione con un sistema complesso e interconnesso di legamenti, ossa,

muscoli, nervi e vasi sanguinei.

Esse, infatti, fanno parte di quella catena dinamico-funzionale dell'attività stomatognatica in cui rientrano le strutture scheletriche mandibolari e mascellari con l'osso ioide e il complesso faringeo, le guance, i denti e il parodonto, la lingua, il sistema legamentoso e neuro-muscolare, nonché i sistemi vascolare e linfatico.

Le articolazioni temporomandibolari (ATM) umane sommano insieme le caratteristiche dinamico-morfo-funzionali delle specie carnivore ed erbivore. Gli animali carnivori hanno un'articolazione a

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cerniera preposta ai movimenti di apertura e chiusura, cioè ad azioni di forzaesclusivamente verticale. Negli erbivori, al contrario, sono sviluppati principalmente i movimenti di lateralità. Le ATM dei primati, e quelle umane in particolare, presentano una morfologia che è la risultante degli effetti dei movimenti di apertura a cerniera, di protrusione-retrusione e di lateralità

destra-sinistra, nonché del movimento di circonduzione, risultante dalla loro somma e combinazione. Tutti questi movimenti sono possibili grazie a una serie di muscoli appartenenti al cranio e al collo (muscoli masticatori).

I movimenti mandibolari sul piano sagittale, che vengono effettuati tramite i muscoli masticatori, sono quattro: apertura (muscoli pterigoideo esterno o laterale e sopraioidei), chiusura,

protrusione (scivolamento anteriore, muscoli pterigoideo interno o mediale ed esterno o laterale) e retrusione (scivolamento posteriore, muscoli temporale e digastrico). Questi movimenti

risultano fisiologicamente inscindibili e, in condizioni di normalità, analizzando lo spostamento di un punto incisivo inferiore, si succedono secondo il caratteristico schema di Posselt.

Nel movimento di apertura della mandibola, il passaggio dalla corretta occlusione (occlusione centrica) alla posizione di riposo avviene per rotazione di circa 2 gradi attorno all'asse bicondilare (orizzontale). Successivamente i condili ruotano ulteriormente anteriormente fino a circa 10-12 gradi "a cerniera" (in questa fase infatti il movimento traslatorio è minimo, circa 1-2 mm)

consentendo un'apertura di 20-25 mm tra i margini dei denti incisivi delle due arcate (un'apertura fisiologica è quindi superiore ai 2-2,5 cm che è l'ampiezza data dalla sola rotazione dei condili mandibolari nelle fosse glenoidee). L'ulteriore abbassamento mandibolare avviene per traslazione anteriore e inferiore (protrusione) dei condili e del disco articolare (spostamenti sull'asse sagittale e verticale), lungo il cosiddetto tragitto condilare, fino al tubercolo articolare dell'osso temporale, il cui apice viene quasi raggiunto tramite un ulteriore movimento antero-rotatorio del condilo; lo spazio di massima apertura fra incisivi superiori e inferiori è di circa 5-6 cm.

Il movimento di chiusura mandibolare, partendo dalla posizione di massima apertura, inizia con una rotazione posteriore del condilo, col disco articolare che resta fermo anteriormente, e

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prosegue con un movimento combinato di retro-rotazione e traslazione posteriore-superiore (retrusione) dei condili e dei dischi articolari che rientrano in sede (cavità glenoidea dell'osso temporale). Il movimento di chiusura risulta quindi posteriore rispetto a quello di apertura. I movimenti di retrusione, protrusione (e di lateralità) fisiologici hanno un valore pari ca. 1/4 dei movimenti di apertura della bocca. La massima traslazione dei condili in protrusione coincide con quella della massima apertura mandibolare (gli incisivi inferiori oltrepassano anteriormente i superiori di 7-10 mm).

I movimenti di lateralità della mandibola (detti anche abduzione-adduzione) avvengono normalmente durante la masticazione, in particolare, degli alimenti di origine vegetale. In tali azioni rientra il ruolo dei muscoli pterigoideo laterale e mediale. Come per i movimenti protrusivi, anche quelli di lateralità sono considerati fisiologici quando il loro valore corrisponde a circa 1/4 del valore di apertura della bocca. Il limite massimo di traslazione laterale della mandibola in occlusione abituale, considerato fisiologico, è pari (più frequentemente la traslazione della mandibola è verso sinistra).

Negli spostamenti laterali mandibolari i due condili si comportano in maniera diversa l'una dall'altro. Il condilo omolaterale (dello stesso lato) allo spostamento ruota intorno all'asse verticale spostandosi lateralmente e posteriormente (condilo ruotante). L'altro condilo (condilo orbitante) subisce uno spostamento anteriore e mediale (interno) fino al tubercolo articolare dell'osso temporale. I denti canini (chiave canina) controllano la lateralità in bocca, così come i molari (chiave molare) gestiscono la verticalità

La mandibola si trova in condizione di riposo quando esiste uno spazio libero interocclusale posteriore (denti non a contatto, 1-3 mm di distanza tra i premolari inferiori e superiori), il sigillo anteriore è in normotono (labbra chiuse senza sforzo), la lingua è spontaneamente appoggiata sulpalato (con la punta appoggiata sulla papilla retroincisiva e con la parte anteriore del suo dorso sul palato duro, chiamato anche spot linguale) e vi è una regolare respirazione del naso.

N.B: questa è la posizione che bisognerebbe mantenere anche durante l’attività fisica.

La verticalità in bocca o dimensione verticale (apertura boccale a riposo) è determinata

dai denti molari (chiave molare), così come per il piede, la verticalità, è regolata dal retropiede. La relazione centrica funzionale esprime la centratura dei condili mandibolari rispetto alle relative fosse condilari in condizioni di riposo fisiologico mandibolare e in ortostatismo (posizione eretta) abituale. Tale condizione è attuabile solo in condizioni di postura fisiologica del capo e del collo (non si può cioè mettere una mandibola in centrica rispetto al cranio senza posizionare

contemporaneamente in centrica anche il cranio rispetto al tratto cervicale e quindi normalizzare la postura). La ricerca della relazione centrica funzionale deve rappresentare la priorità assoluta in ortodonzia e gnatologia. Mirare al ripristino delle funzioni è infatti probabilmente l'atto terapeutico più importante, secondo il principio che è la funzione che governa e plasma la

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possedere l'obiettivo finale di un riequilibrio/miglioramento funzionale che, in questo caso, dalla bocca si amplifichi a tutta la postura.

Si passa da una relazione centrica funzionale a una occlusione centrica quando l'occlusione abituale avviene con la mandibola in equilibrio rispetto alle fosse glenoidee (equilibrio dei condili) ossia i denti intercuspidano tutti contemporaneamente in maniera corretta.

Una corretta occlusione (occlusione centrica), ovvero un corretto piano occlusale o

combaciamento dentario (modo in cui le arcate dentarie vengono e rimangono in contatto fra di loro), risponde, nella posizione di massima intercuspidazione (ICP), ai seguenti tre parametri di base:

1. i denti superiori si collocano all'esterno degli inferiori, di circa mezzo dente per quanto riguarda i molari e i premolari;

2. i denti superiori frontali (incisivi) coprono gli inferiori per circa 1/3 della loro altezza; 3. i primi molari permanenti (che rappresentano la chiave dell'occlusione) inferiori sono

anteriori di mezza cuspide rispetto ai superiori pertanto tutti i denti, siano essi superiori che inferiori, ad eccezione dei due incisivi centrali inferiori e degli ultimi molari superiori che articolano con un solo antagonista, toccano due denti antagonisti, ossia della arcata opposta, intercuspidandosi in maniera stabile.

La posizione di massima intercuspidazione, se idonea, è molto stabile e viene spesso raggiunta a fine ciclo masticatorio e durante la deglutizione.

L'intercuspidazione e la dimensione verticale determinano pertanto la posizione mandibolare e quindi dei condili dell'articolazione temporo-mandibolare.

Gli schemi di chiusura mandibolare vengono memorizzati dal sistema nervoso, quali engrammi,

se ripetuti frequentemente come avviene nella deglutizione. Durante la crescita i contatti

interdentari svolgono pertanto un ruolo morfogenetico di importanza primaria comportando l'insorgenza di stimoli propriocettivi che raggiungendo il mesencefalo sono in grado di influenzare l'attività masticatoria.

Un'occlusione ottimale è associata a un'azione dei muscoli masticatori armonica e necessitante il minimo sforzo muscolare.

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Al contrario, un'occlusione alterata (malocclusione) richiede sforzi muscolari addizionali di stabilizzazione, che non rimane confinata solamente alla bocca, ma coinvolge anche le strutture circostanti.

La masticazione è il complesso meccanismo neuro-osteo-artro-muscolare della bocca che

consente la preparazione e l'inizio della digestione degli alimenti solidi.

La masticazione umana presenta sia le caratteristiche degli animali carnivori (masticazione con movimenti di apertura e chiusura con cioè azione di forza esclusivamente verticale) che degli erbivori (masticazione con predominanza di movimenti di lateralità). Le articolazioni

temporomandibolari (ATM) umane sommano insieme le caratteristiche dinamico-morfo-funzionali delle specie carnivore ed erbivore. L'apparato stomatognatico dell'uomo, e in particolare

learticolazioni temporo-mandibolari (ATM), presentano una morfologia risultante dagli effetti dei movimenti di apertura a cerniera, di protrusione-retrusione e di lateralità destra-sinistra, nonché del movimento di circonduzione, che li somma tutti.

L'atto masticatorio, pur con notevoli variazioni individuali, presenta alcune caratteristiche comuni. Il grado di apertura mandibolare massimo varia notevolmente circa 0,8-2,2 cm ed è di norma massimo all'inizio dell'atto per poi progressivamente diminuire. Il massimo spostamento laterale è circa 0,8 cm ed è maggiore nel lato della masticazione - mentre può essere del tutto assente nel lato opposto (lato di bilanciamento) - e aumenta con la durezza del cibo, diminuendo

progressivamente man mano che il cibo viene masticato. La velocità di apertura mandibolare è superiore di quella di chiusura che viene rallentata rapidamente poco prima che i denti incontrino la massima resistenza del bolo (probabilmente per un riflesso neuromuscolare di protezione). Di norma ognuno di noi ha un lato preferenziale di masticazione (lato di lavoro), per questo motivo il tragitto mandibolare frontale è di solito asimmetrico. Nella fase occlusale, che corrisponde al periodo in cui si esercita pressione sul cibo, entrano in contatto prima i denti molari del lato di bilanciamento (dove non è presente il bolo) tramite un'inclinazione omolaterale della mandibola che fa perno sul bolo. Successivamente la mandibola, facendo stavolta perno sui denti venuti a contatto, si inclina dal lato opposto così da permettere il contatto o l'avvicinamento dei molari del lato di lavoro (dove vi è il bolo).

Le forze agenti sui denti possono, durante l'occlusione, avere valori notevoli: fino a 25 kg sugli incisivi e 80 kg sui molari (in massima tensione occlusiva è possibile raggiungere volontariamente forze pari a 100-150 kg). I muscoli massetere e temporale sono i muscoli masticatori più forti. L'intensità della pressione occlusiva è normalmente doppia nel lato di lavoro rispetto all'altro lato (lato di bilanciamento) ma esiste una grande diversità, tra soggetto e soggetto, di numero e durata delle contrazioni muscolari. La sequenza di azione dei muscoli masticatori infatti è (come nella quasi totalità degli atti motori) molto complessa, con sovrapposizioni di più muscoli

anche antagonisti. Durante la fase di apertura mandibolare, il primo muscolo ad attivarsi è

il miloioideo, seguito dal digastrico e dal capo inferiore dello pterigoideo esterno (capo inferiore). Nella fase di chiusura mandibolare si attiva per primo il muscolo pterigoideo interno seguito dal laterale (capo superiore) massetere e temporale (fascio anteriore, posteriore). Quello che risulta elettromiograficamente è che, superato un certo valore di pressione occlusale, si ha un’attivazione dei muscoli abbassatori della mandibola che si somma all'azione già presente

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degli antagonisti sollevatori. Il muscolo digastrico (primo muscolo abbassatore della mandibola ad attivarsi), infatti, si contrae contemporaneamente alla massima attività del muscolo temporale che avviene nella fase finale di chiusura mandibolare.

L'atto della deglutizione avviene da 800 a 1800 volte circa al giorno con, un ritmo di circa uno-due

al minuto di giorno e uno ogni cinque minuti di notte. La deglutizione è un atto unico di azioni neuro-muscolari coordinate che si svolge in circa 1-2 secondi di tempo, la cui finalità è

l'introduzione di bolo alimentare, saliva e liquidi, portandoli fino allo stomaco.

Esistono sostanzialmente tre tipi di deglutizione fisiologica in relazione all'età e alla maturazione neuromuscolare dell'individuo. Il feto, a partire dal 3° mese di vita intrauterina, presenta

il riflesso della suzione (succhia le dita di mani e piedi), intorno alla tredicesima settimana il riflesso involontario della deglutizione (grazie alla suzione-deglutizione, il feto ingerisce circa 2 litri di liquido amniotico al giorno). Questo tipo di deglutizione detta deglutizione infantile o neonatale (o viscerale) dura fisiologicamente fino al completamento della dentizione decidua (entro il terzo anno di vita) e avviene per interposizione della lingua fra i cuscinetti gengivali (futuri processi alveolari), quindi a labbra aperte. È molto importante questa fase dell'allattamento al seno, sia per evidenti motivi nutrizionali (il latte vaccino è differente dal latte materno) e quindi di benessere generale, sia per motivi anatomo-strutturali dello sviluppo dell'apparato stomatognatico. L'utilizzo del biberon, infatti, può indurre una deglutizione non corretta con una posizione bassa della lingua in grado di creare le basi per una malocclusione (oltre a provocare disturbi dell'apparato

digerente e respiratorio).

La deglutizione infantile di tipo misto fisiologica presenta caratteristiche miste tra quella

neonatale e la successiva di tipo adulto. Essa avviene con interposizione anteriore

della lingua saltuaria e permane normalmente fino a circa 6 anni. La deglutizione di tipo misto è comunque da considerarsi patologica (deglutizione atipica) se permane dopo la comparsa della dentatura permanente, in quanto in grado di comportare, al pari delle altre parafunzioni, alterazioni strutturali dell'apparato stomatognatico, in particolare dell'osso mascellare, e quindi anche funzionali influenzando l'intera postura. Nella deglutizione di tipo adulto occorre

distinguere tra la deglutizione di liquidi (inclusi la saliva) e la deglutizione del bolo alimentare. Il riflesso della deglutizione inizia quando consapevolmente o inconsapevolmente si spingono cibo o liquidi contro il palato molle (la stimolazione del palato molle senza l'intervento della

lingua provoca il riflesso del vomito).

La deglutizione del bolo alimentare avviene circa 150-200 volte al giorno e si divide classicamente in quattro fasi: preparatoria e orale (fasi volontarie e quindi reversibili), faringea ed esofagea (fasi involontarie e quindi irreversibili). Quando è fisiologica, non si rilevano visibilmente contrazione dei muscoli mimici ma solo il movimento della laringe, che prima si alza e poi si abbassa. La fase orale della deglutizione adulta fisiologica avviene come segue:

 chiusura della bocca (che però può essere evitata volontariamente) con stabilizzazione della mandibola contro l'osso mascellare superiore in modo che i denti vengano in contatto fra loro tramite la contrazione dei muscoli elevatori della mandibola, chiusura delle labbra senza sforzo (per azione del muscolo orbicolare), elevazione della lingua (la punta si

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appoggia superiormente sulla papilla retroincisiva, il dorso aderisce al palato duro), tramite i muscoli sopraioidei (soprattutto il miloioideo);

 inizia una serie di contrazioni i tipo peristaltico della lingua, per azione dei suoi intrinseci, che spingono il bolo verso la faringe;

 il palato molle viene elevato, tramite i muscoli del velo pendulo, occludendo così il passaggio del cibo verso la rinofaringe e aprendo le fauci (la porta con l'orofaringe), la parte posteriore della lingua si sposta in avanti così da permettere al bolo alimentare di passare nella faringe, si ha quindi l'elevazione dell’osso ioide e, di conseguenza, della laringe con contemporanea interruzione della respirazione e chiusura dell'epiglottide, così da ostruire la via respiratoria, mentre lo sfintere faringo-esofageo si rilascia.

In conclusione risulta che, anche per quanto riguarda la deglutizione, essa risulterà fisiologica

in condizione di postura ideale in quanto consente il corretto bilanciamento tra controllo

posteriore, dato dalla corretta postura cervicale, e anteriore, dato dalla corretta postura linguale

cui corrisponde, come uno specchio, un buon sigillo labiale. Al contrario, un problema di

disfunzione linguale ovvero di deglutizione, si accompagna sempre a una malocclusione associata a un’alterata postura della cerniera atlanto-occipitale, quindi cervicale e quindi posturale. Anche tale problematica va quindi inquadrata in ambito posturolgico.

La fonazione è il complesso fenomeno attraverso il quale l'uomo emette la voce. Organi fonatori sono l'apparato respiratorio (mantice), l'apparato laringeo (corde vocali), la bocca (strumento di modulazione e risonanza) e le cavità (seni paranasali) nasali (principale cassa di risonanza). I principali organi articolatori sono la lingua e le labbra. I suoni prodotti con la voce si

definiscono fonemi (vocali e consonanti).

- Le vocali vengono prodotte dalle corde vocali (sollecitate dal flusso d'aria e dai muscoli vocali). - Le consonanti sono emesse principalmente dall'aria sotto pressione grazie alla modulazione dalla lingua e dalle labbra che ostruiscono in grado diverso il suo passaggio. Il volume della voce è tanto maggiore quanto più forte è il flusso dell'aria sulla glottide.

Qualsiasi evento che determini un'alterazione strutturale e/o funzionale di un organo fonatorio è in grado di determinare disfunzioni fonatorie. Pertanto alterazioni posturali che incidono

sull'apparato stomagnatico (in particolare su lingua e sigillo labiale) e sul diaframma (principale muscolo di spinta della colonna d'aria) possono determinare problematiche fonatorie, così come scorrette abitudine fonatorie possono, a loro volte, indurre alterazioni degli organi fonatori e quindi posturali.

La respirazione è il meccanismo vitale di scambi gassosi, tra ambiente esterno e organismo (respirazione esterna o ventilazione) e tra liquidi circolanti e cellule e tessuti dell'organismo (respirazione interna), che consente, tramite l'assunzione di ossigeno, di liberare l'energia necessaria ai processi vitali dalle sostanze nutritizie.

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Normalmente il primo contatto dell'aria inspirata sono le vie nasali (che fungono da barriera per le particelle estranee e scaldano e umidificano l'aria, proteggendo così le vie aeree inferiori) e quindi non l'apparato stomatognatico. Le attività fisiologiche di quest'ultimo però influenzano la respirazione. Durante la masticazione e la fonazione il ritmo respiratorio viene solitamente rallentato e l'espirazione allungata. In fase di deglutizione la ventilazione viene interrotta così da creare un gradiente di pressione negativo (depressione) tra cavità orale (istmo delle fauci) e trachea che facilita l'azione sigillante dell'epiglottide. La respirazione orale si attiva

fisiologicamente nell'iperventilazione da sforzo (affanno). La presenza di respirazione orale in maniera abituale non è invece fisiologica e può comportare disfunzioni dell'apparato

stomatognatico (alterazioni a carico delle articolazioni temporo-mandibolari e quindi dell'occlusione, della postura linguale, iposviluppo del palato ecc.), della muscolatura respiratoria e quindi della postura. A sua volta, disfunzioni posturali e proprie dell'apparato stomatognatico sono in grado di alterare la normale fisiologia respiratoria. In realtà la maggior parte della popolazione "civilizzata" necessita di una rieducazione respiratoria.

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3. ANALISI DELL’OCCLUSIONE E DELLA MALOCCLUSIONE, RELAZIONE CON LA POSTURA

1) l’apparato stomatognatico è il punto di unione tra le catene muscolari anteriori e posteriori.

2) La mandibola e la lingua sono direttamente inserite sulle catene muscolari anteriori (ruolo di perno fondamentale dell’osso ioide).

3) Il mascellare superiore attraverso l’intermediario del cranio è in rapporto con le catene posteriori (asse cranio-sacrale o mandibolo-cranio-sacrale)

4) Ci sono nuclei del trigemino lungo tutto il tronco cerebrale e numerose efferenze verso delle formazioni che intervengono nell’equilibrio tonico posturale (verso i nuclei dei nervi motori oculari, verso il talamo e l’ipotalamo ecc.)

Sulle correlazioni fra apparato stomatognatico e gli altri recettori posturali sono stati condotti numerosi studi:

- Influenza dell’apparato masticatore sull’appoggio podalico (SERVIERE); - Influenza dell’apparato podalico sull’apparato masticatore (TUBOL E COL); - Influenza dell’apparato masticatore sull’occhio (MEYER E BARON)

Alcuni dati di tali studi hanno messo in evidenza che tutte le volte che la situazione di occlusione centrica non viene riscontrata ci si troverà di fronte a maloclussioni ovvero ad anomale relazioni di contatto tra i denti che genereranno traslazioni mandibolari sul piano sagittale e/o sul piano trasversale.

Attraverso l’esame extraorale, effettuato a bocca chiusa, si possono osservare vari parametri:  la simmetria del volto;

 le proporzioni scheletriche facciali sul piano verticale, considerando le tre porzioni che in un profilo armonico sono di uguali dimensioni:

1. attaccatura dei capelli – sopracciglia; 2. sopracciglia - base del naso;

3. base del naso - punta del mento;

 le proporzioni scheletriche sul piano sagittale in senso antero-posteriore, definendo in base al rapporto tra mascellare superiore e mandibola un profilo:

1. rettilineo (armonico);

2. convesso (il mascellare superiore è prominente rispetto al mento); 3. concavo (il mascellare superiore è arretrato rispetto al mento). Attraverso l’esame intraorale il dentista posturologo può valutare:

 la simmetria delle arcate (la linea mediana degli incisivi superiori deve coincidere con la linea mediana degli incisivi inferiori e con la linea mediana del mento);

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 il rapporto tra gli incisivi superiori ed inferiori per escludere:

1. morso aperto (open bite): i margini degli incisivi superiori non toccano quelli degli inferiori;

2. morso profondo (deep bite): i margini incisali degli incisivi superiori sormontano quelli degli inferiori per più di 2 mm;

3. aumentato overjet: gli incisivi superiori protrudono rispetto agli inferiori sul piano sagittale;

4. morso crociato (cross bite): l’occlusione è alterata sul piano orizzontale, mono o bilateralmente;

 la presenza di diastemi: spazi interdentali tra gli incisivi centrali superiori od inferiori;  la forma del palato, segnalando quando è ogivale;

 un’analisi dei precedenti trattamenti odontoiatrici: otturazioni, estrazioni, devitalizzazioni o altro, eseguiti su denti permanenti o decidui.

Nel caso in cui sia già in atto una terapia ortodontica si indaga su diagnosi, piano di trattamento, sul tipo di apparecchiatura e durata prevista per la terapia.

Classificazione di Angle (1899)

o I CLASSE (normocclusione): la cuspide mesiovestibolare del I° molare superiore occlude nella piccola scanalatura del I molare inferiore; la cuspide del canino superiore è situata tra quella del canino e del I premolare inferiore.

o II CLASSE: il I molare superiore occlude mesialmente al I molare inferiore; il canino superiore anteriormente a quello inferiore. La II Classe viene a sua volta divisa in: divisione 1, quando gli incisivi sono sventagliati in avanti; divisione 2, in cui gli incisivi centrali sono inclinati lingualmente e i laterali inclinati vestibolarmente. o III CLASSE: il I° molare superiore occlude

distalmente al I molare inferiore di circa la larghezza di un premolare, mentre il canino inferiore sta anteriormente a quello

superiore di circa tre quarti della larghezza di un premolare.

Il movimento mandibolare si realizza attraverso la catena cinematica chiusa del sistema

stomatognatico, della quale fanno parte i muscoli flessori ed estensori del collo, i muscoli sopra e sotto ioidei, i muscoli della masticazione, muscoli della lingua e deglutitori e i muscoli del cingolo scapolo-omerale.

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