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Il sovraffollamento nei Pronto Soccorso. Analisi di un nuovo modello organizzativo implementato nell'Ospedale di Lucca

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Ringrazio tutte le persone che in questi 2 anni mi hanno

sup-portato e sopsup-portato al di là di ogni ragionevole limite , in

par-ticolar modo la mia famiglia , la mia fidanzata e i miei colleghi

che nei momenti di maggiore difficoltà sono stati sempre al

mio fianco in modo sincero. Senza di loro questo traguardo non

avrebbe senso. Un ringraziamento anche alla mia Relatrice ,

Dottoressa Calderini Claudia , che mi ha seguito e corretto

du-rante lo sviluppo della Tesi con grande pazienza e

professiona-lità. Infine ringrazio tutto il personale del Pronto Soccorso di

Lucca per la preziosa collaborazione e per avermi fatto

parte-cipare in prima persona alla implementazione del nuovo

mo-dello organizzativo qui sperimentato . Da ultimo un particolare

e caloroso omaggio al Primario del PS , Dottoressa Fabiana

Frosini , per la sua pazienza e soprattutto per avermi fornito

dettagliatamente tutto il materiale necessario per lo sviluppo

della mia analisi.

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INDICE

INTRODUZIONE: ……….pag.4

CAPITOLO PRIMO:

Storia della medicina d’emergenza………...pag.5

CAPITOLO SECONDO:

Overcrowding : Analisi dei principali fattori coinvolti

………...pag.15

CAPITOLO TERZO:

Conseguenze dell’Overcrowding nei DEA/PS…………..pag.23

CAPITOLO QUARTO:

Misurazione del Crowding………...pag.30

CAPITOLO QUINTO:

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3

CAPITOLO SESTO:

Analisi del nuovo modello organizzativo sperimentato nel

Pron-to Soccorso dell’Ospedale S.Luca di Lucca………...pag.45

CAPITOLO SETTIMO:

Indagine condotta sugli operatori sanitari del Pronto Soccorso

in merito al cambiamento organizzativo implementato….pag.58

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA: ………...pag.69

ALLEGATI: ………...pag.74

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Introduzione

Il fenomeno dell’iperafflusso dei pazienti in pronto soccorso , caratterizzato da un eccessivo e non programmabile sovraffollamento del pronto soccorso stesso ( Rastelli G , 2010) e conosciuto come Crowding o Overcrowding , è un problema che da molti anni affligge i pronto soccorso di tutto il mondo e che ha avuto e continua ad avere una grande risonanza nel mondo accademico a causa della sua importanza , della sua complessità e delle gravi implicazioni ad esso associate. Il sovraffollamento è più precisamente la situazione in cui il normale funzionamento dei pronto soccorso , la cui Mission è quella di essere in grado di garantire risposte ed interventi tempestivi , adeguati e ottimali ai pazienti giunti in ospedale per problematiche di urgenza e di emergenza, viene impedito dalla sproporzione tra la domanda sanitaria (numero di pazienti in attesa e in carico) e le risorse disponibili (fisiche e/o umane). Mentre il problema è stato affrontato negli ultimi 10 anni con interventi mirati sul sistema, interventi normativi e gestionali in paesi con sistemi sanitari ad accesso universale (analoghi al SSN italiano) , come la Gran Bretagna , il Canada , l'Australia e la Nuova Zelanda , in Italia invece non è ancora stato affrontato in modo sistematico ed ha raggiunto proporzioni insostenibili. (SIMEU ,2015).

Sicuramente un primo passo che le aziende ospedaliere devono compiere è quello di attuare un Piano di gestione del sovraffollamento, sulla base delle strutture a disposizione e dei dati storici di attività, in modo da individuare innanzitutto i pazienti con patologie realmente urgenti dal punto di vista clinico e da garantire loro percorsi chiari e prioritari. Qui di seguito cercherò di proporre un'analisi sull'Overcrowding nel Pronto Soccorso dell'Ospedale S.Luca di Lucca ,alla luce del nuovo modello organizzativo e strutturale che è stato implementato alla fine di Gennaio 2018 e che ad oggi, Giugno 2018, ha portato notevoli cambiamenti sia per i pazienti che per gli operatori sanitari. Ho potuto seguire in prima persona lo sviluppo di questa nuova organizzazione frequentando i locali del pronto soccorso e rilevando, nel tempo e con strumenti specifici, le modifiche positive o negative che si sono venute a creare.

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CAPITOLO PRIMO

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6 La pratica attuale della Medicina di emergenza è vecchia come la stessa Medicina (Husein MK) , ma la sua storia come specialità indipendente è ancora giovane. Infatti solo nel 1968 un gruppo di medici americani costituì l'ACEP (American College of Emergency Physicians). Da qui arriviamo alla istituzionalizzazione della Scuola di specializzazione nel 1979 e in Europa viene riconosciuta per la prima volta la necessità di specialisti in medicina di emergenza nel 1998 ,attraverso il Manifesto EUSEM (European Society of Emergency Medicine). La storia della medicina di emergenza in Italia fino agli anni '70 ricalcava quella degli altri paesi di lingua inglese , il Pronto soccorso era poco più di una sala di medicazione per la piccola/media traumatologia e l'urgenza era di competenza esclusivamente chirurgica. Ma con il DPR del 27/3/92 ci fu una svolta e venne istituito il moderno Sistema di Emergenza sanitaria. Altro importante decreto fu il DPR 14/1/1997 che riconosceva la specialità in Medicina e Chirurgia di Accettazione e Urgenza (si venivano a formare le U.O. dedicate) e che relativamente all’area del PS tracciava, attraverso l’articolazione di requisiti minimi strutturali ,un percorso definito per il paziente che vi faceva accesso. Cosi in questi anni tra i medici si afferma la necessità di attrezzare meglio le aree di ingresso in Emergenza-Urgenza dell’ospedale ,non solo per far fronte in modo efficace ai diversi quadri clinici ,ma anche perché la situazione economica di quegli anni imponeva , per far fronte alle ristrettezze ,un utilizzo diverso degli ospedali (Solo per malati acuti).In sostanza gli ospedali riducevano progressivamente il numero dei posti letto e al pronto soccorso fu dato il compito di selezionare i pazienti da ricoverare (Azione di filtro).Si passa pertanto dal vecchio modello del pronto soccorso dove i pazienti erano visitati secondo l’ordine di arrivo (sorta di ambulatorio per le urgenze) ,ad un nuovo modello dove è riconosciuta l’U.O. Medicina d’Urgenza e dove viene introdotto il Triage infermieristico.( Vannucci A. , Serrani V. et al ,2017).Inoltre nell’U.O di Medicina d’Urgenza viene istituita l’OBI( l’osservazione breve intensiva),un’area strutturalmente e funzionalmente collegata al PS dove ,in un periodo non superiore alle 24-48 ore ,viene approfondito il percorso diagnostico dei pazienti per arrivare all’appropriatezza del ricovero o alla dimissione in sicurezza. Molto importante risulta essere l’introduzione del “Triage infermieristico” grazie al quale i pazienti che giungono al PS non sono più valutati secondo l’ordine di arrivo, bensì secondo la gravità del problema clinico rilevato.

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7 Questo al fine di non fare attendere i pazienti per i quali l’intervento diagnostico-terapeutico deve essere molto precoce o immediato. A livello internazionale sono stati introdotti diversi sistemi di Triage (Dal francese “Trier”, scegliere) che hanno in comune la standardizzazione dei criteri di priorità. Inoltre studi recenti hanno dimostrato la validità sovrapponibile dei principali sistemi di Triage utilizzati nel Mondo (Storm-Versloot et al , 2011). I principali obiettivi del Triage sono :

 Rapida valutazione del bisogno di tutte le persone che si presentano in PS.  Individuazione delle priorità assistenziali in base allo stato di salute del paziente.

 Riduzione dei tempi di attesa per i pazienti in condizioni critiche o potenzialmente tali.

 Riduzione del rischio di peggioramento dello stato clinico attraverso un’assistenza rapida e una sorveglianza appropriata.

 Riduzione dell’ansia e miglioramento della soddisfazione dei pazienti e delle famiglie con informazioni comprensibili e pertinenti.

 Individualizzazione e umanizzazione dell’assistenza.  Percezione della presa in carico del cittadino utente.

Dunque il Triage che viene effettuato nei pronto soccorso è il primo momento di accoglienza e valutazione delle persone ; è un’attività volta alla definizione delle priorità assistenziali attraverso la valutazione della condizione clinica dei pazienti e del rischio evolutivo, in modo da garantire la presa in carico e definire l’ordine di accesso al trattamento. Pertanto il Triage non ha la funzione di ridurre i “Tempi di Attesa” dei pazienti , ma effettua una ridistribuzione a favore di chi ha necessità di interventi da erogare in emergenza ed urgenza.(Ministero della Salute ,Raccomandazione n.15 ,Febbraio 2013). Con l’introduzione delle prime linee guida sul Triage (G:U:17 maggio 1996 ,in attuazione a quanto previsto dal D.P.R n.76 del 27 marzo 1992 per il sistema di emergenza ed urgenza ) viene istituita la funzione del Triage ,dove il personale infermieristico , dopo aver acquisito le necessarie competenze attraverso un percorso formativo ,sarà in grado di

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8 svolgere al meglio tale attività basata sui protocolli prestabiliti dal Dirigente del servizio. Più precisamente attraverso tale decreto n.76/1992 viene specificato come lo stabilire la priorità di accesso all’area di trattamento non significhi assolutamente fare una diagnosi , ma individuare quali pazienti abbiano bisogno di cure immediate e quali possono differire la valutazione medica. Questo procedimento richiede di soddisfare , in particolare tre criteri:

 Rapidità : il tempo accesso-codifica di Triage deve essere breve.

 Sensibilità elevata e specificità sufficiente: tutti i pazienti potenzialmente critici devono essere identificati.

 Logica organizzativa : va perseguita una organizzazione che con adeguato utilizzo delle risorse produca il rispetto di tempi e standard gestionali.

Fino a qualche tempo fa i codici di priorità che l’infermiere del Triage assegnava ai pazienti si contraddistinguevano per il colore :

 Codice rosso : emergenza. Il soggetto ha almeno una delle funzioni vitali compromessa e si trova in immediato pericolo di vita.

 Codice giallo : urgenza. Il paziente ha una parziale compromissione delle funzioni dell’apparato circolatorio o respiratorio ma non c’è immediato pericolo di vita. Necessita comunque di urgente controllo medico .

 Codice verde : urgenza minore. Il paziente riporta lesioni o lamenta sintomi che non interessano le funzioni vitali , ma che devono comunque ricevere cure.  Codice bianco : nessuna urgenza. Il soggetto non ha bisogno dell’intervento del pronto soccorso e poteva rivolgersi al proprio Medico curante.

In alcune realtà ,soprattutto in quella Toscana , a dire il vero è presente anche il codice azzurro che viene classificato come una via intermedia tra il codice verde e quello bianco. Viene attribuito a quei pazienti che pur non essendo considerati codici bianchi ,non presentano condizioni a rischio per la vita , rischio evolutivo o dolore intenso; di conseguenza potranno attendere un poco di tempo in più prima di essere visitati.

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9 In questi ultimi anni in Italia sta prendendo campo una nuova codifica di priorità ( i Codici vanno da 1 a 5 su una scala decrescente di gravità ) con i relativi tempi massimi di attesa:

 Codice 1 :Emergenza ,ovvero interruzione o compromissione di una o più funzioni vitali ;Accesso immediato.

 Codice 2 :Urgenza ,ovvero rischio di compromissione delle funzioni vitali. Condizione stabile con rischio evolutivo o dolore severo. Accesso entro15minuti.  Codice 3:Urgenza differibile ,ovvero condizione stabile senza rischio evolutivo con sofferenza e ricaduta sullo stato generale che di solito richiede prestazioni complesse. Accesso entro 60 minuti.

 Codice 4:Urgenza minore ,ovvero condizione stabile senza rischio evolutivo che di solito richiede prestazioni diagnostico-terapeutiche semplici mono-specialistiche. Accesso entro 120 minuti.

 Codice 5 :Non urgenza, ovvero condizione stabile senza rischio evolutivo , non urgente o di minima rilevanza clinica , che solitamente non richiede risorse . Accesso entro 240 minuti. (Gobbi B. ,2016).

Il Triage inizia quando il paziente si rivolge all’infermiere del PS. A partire da questo momento ,documentato negli applicativi in uso al Pronto Soccorso , decorre il tempo di attesa.

E’ doveroso ricordare che , nonostante tutto quanto detto finora sul Triage , in quasi tutti i PS di medio-grandi dimensioni , è stato segnalato come questa metodica di accoglienza/selezione all’ingresso del DE aumentasse i tempi di attesa piuttosto che migliorare il flusso dei pazienti ( è comunque da ricordare che il Triage non sia nato per diminuire le attese ma per ridistribuirle , in modo che i pazienti affetti da problemi gravi non debbano aspettare tempi incompatibili con cure efficaci ). Viene essenzialmente criticato il carattere statico della procedura , la quale , dopo la selezione della gravità , assegna i pazienti ad una coda in cui , per molto tempo , soprattutto in certe circostanze , non viene fornita alcuna prestazione assistenziale. Quindi non è tanto il tempo necessario ad eseguirlo ( tempo che aumenta

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10 notevolmente in caso di iperafflusso) , quanto è la sua stessa concezione pratica che viene messa in discussione. Da qualche parte si è pensato di proporre una sua abolizione o di riservarlo per le situazioni di massiccio afflusso come per esempio in caso di disastri o maxi emergenze ( Protocol and process improvement workgroup ). I principali problemi che affliggono i pronto soccorso Italiani sono tre; Il primo riguarda il fatto che il Pronto soccorso è lo snodo tra il sistema dei servizi territoriali e quello dei servizi Ospedalieri e raccoglie le inefficienze di entrambi senza interconnessioni adeguatamente strutturate , né in entrata né in uscita; Il secondo riguarda i problemi di flusso interni al pronto soccorso; Il terzo invece è legato al contrasto , insito nella natura stessa di un sistema di Emergenza Ospedaliero, tra le esigenze di un efficace processo assistenziale e quelle legate alla persona ,sia essa il paziente o il professionista sanitario.

Analizzando questi tre punti possiamo subito dire che la visione di percorso , articolata tra ospedale e territorio , vede come uno dei suoi snodi principali il Pronto soccorso , sede in cui è garantita l’offerta delle attività non programmabili e quindi non stabilmente inseribili in un progetto di cura programmato. Le attività non programmabili si possono ulteriormente suddividere in tre sottogruppi , in relazione a criteri di : stabilità clinica , livello di tempestività necessario e conseguenze sulla qualità della vita del paziente :

 Attività non programmabili senza ricadute , sia a breve che a lungo termine.  Attività non programmabili senza ricadute sulla salute del paziente a breve termine.

 Attività non programmabili con conseguenze a breve termine , “le Urgenze”. Dunque la “Mission” del PS dovrebbe essere quella di garantire risposte ed interventi tempestivi , adeguati e ottimali ai pazienti giunti in ospedale in modo non programmato per problematiche di urgenza ed emergenza ,che pertanto si possono ricondurre soltanto al terzo tipo di attività (SIMEU).

In realtà però questo non avviene e i tre tipi di attività non programmabili , a causa della mancanza di un’adeguata risposta territoriale , invadono letteralmente i pronto

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11 soccorso. Pertanto , l’inadeguatezza degli strumenti e dei tempi a disposizione del PS per rispondere alle due tipologie di attività che in maniera inappropriata vengono trattate nel PS , rende necessario individuare una netta differenziazione tra questi due flussi e quello delle “ vere urgenze”. Questa enorme anomalia clinico – assistenziale si inserisce in un più ampio contesto sociale e socio - sanitario che viene descritto in termini letterari da una riflessione di un medico ( Macucci , M ):

“In conseguenza del dissesto sociale che sta progressivamente precarizzando il lavoro , la vita e di conseguenza la salute , a livello socio – sanitario si sta verificando parallelamente una crescente carenza di addetti , spazi e mezzi di comunicazione moderni nel territorio extra – ospedaliero tale per cui il pronto soccorso lentamente assomiglia sempre di più ad una discarica per la raccolta indifferenziata dei rifiuti. In questo modo purtroppo l’affollamento cronico giornaliero di centinaia di persone lo sta rendendo uno dei luoghi più malsani della nostra società dove lo stato di crisi non è un’eccezione , bensì la regola. Se il livello di preparazione del personale sanitario del PS non fosse alto come è in realtà , al netto delle eccezioni che rinforzano la regola , questi locali sarebbero diventati da tempo dei veri e propri detonatori sociali. Invece , anche se la raccolta è indifferenziata , chi ci lavora non soltanto fa diagnosi e terapia medica e infermieristica ma , viste le premesse di questo discorso , è diventato un servitore della nostra serena convivenza che è in grado di porre in opera un’azione di raffreddamento del disagio limitandone la possibilità di infiammarsi. A questo punto la domanda che ci dobbiamo porre è quella di sapere fino a quando durerà la resistenza fisica e psichica di questi servitori della pace civile”.

Il problema dell’Overcrowding è diffuso ( Di Somma et al , 2014 ) e risulta sostanzialmente per il concorso di più fattori , legati solo in parte all’efficienza del lavoro all’ interno del DE/PS quanto piuttosto legati all’intero sistema Ospedaliero delle cure urgenti.

Le definizioni di Overcrowding variano da paese a paese , ma sostanzialmente tutte riconoscono il fatto che ci sia un divario tra la domanda per i servizi di Emergenza – Urgenza e la disponibilità a prestare assistenza in un ragionevole lasso di tempo. Le principali sono tre:

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12  ACEP (American College of Emergency Physicians)

“L’Overcrowding si verifica nel momento in cui i bisogni di cure in urgenza eccedono le risorse disponibili per la cura del paziente nel Dipartimento di Emergenza , Ospedale o entrambi”.

 CAEP (Canadian Association of Emergency Physicians)

“L’Overcrowding del dipartimento di Emergenza si verifica quando la domanda di servizi di emergenza supera la capacità del Dipartimento di Emergenza di fornire cure di qualità in tempi appropriati. .

 ACEM (Australasian College of Emergency Medicine)

“L’Overcrowding del Dipartimento di Emergenza si riferisce alla situazione in cui la funzione del Dipartimento di Emergenza è ostacolata soprattutto perché il numero dei pazienti che aspettano di essere visitati e trattati o in attesa di dimissione supera gli spazi fisici e le possibilità dello staff di garantire un’ adeguata assistenza”.

Molti lavori , prevalentemente Americani e Australiani , dimostrano un effetto negativo dell’ Overcrowding sulla qualità dell’ assistenza in DE ( Sun BC , 2009 ). In particolare si è dimostrato il peggioramento dell’outcome clinico , per diverse situazioni ( Bernstein et al , 2009 ; Pines et al , 2009 ) : parliamo di ritardi nella terapia antibiotica nelle polmoniti , aumentato rischio di polmonite associato alla ventilazione meccanica nei politraumatizzati , ridotta aderenza alle linee guida e peggior outcome nei pazienti con dolore toracico. Ma soprattutto tre studi ( Sprivulis et al , 2006 ; Singer et al , 2011 ; Richardson DB , 2006 ) hanno correlato il sovraffollamento ad un’aumentata mortalità e ad un amento di errori medici ( Weismann et al , 2007 ; Epstein et al , 2012 ). In Italia , a differenza degli USA , il sistema sanitario offre ai cittadini molte alternative gratuite o a basso costo per la diagnosi e la cura , dal Medico di famiglia agli ambulatori extra –ospedalieri e ospedalieri specialistici , ma questo non sembra essere sufficiente visto il numero consistente di persone che arriva direttamente in pronto soccorso senza avere interpellato neppure il proprio Medico. I dati della letteratura dimostrano che ogni anno in Italia un terzo della popolazione accede al Pronto Soccorso di riferimento Territoriale per un presunto o reale bisogno di salute urgente. Ogni anno quindi si registrano circa 24 milioni di accessi nel nostro paese , con un tasso di ricovero che si

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13 attesta attorno al 15% circa. Sul totale , una parte è dimessa senza necessità di ricovero , dopo aver concluso l’iter diagnostico /terapeutico già in PS : circa il 98% dei bianchi , l’88% dei verdi e il 64% dei gialli.

Quindi perché succede questo? Il cittadino come interpreta il Pronto soccorso? L’interpretazione che egli ha è quella di un luogo con accesso facile ed immediato , gratuito e che fornisce una rapida e completa risposta ai propri bisogni di salute. In questo modo il Pronto soccorso diventa l’unico punto di riferimento anche per le richieste che di norma dovrebbero essere erogate da altri servizi socio – assistenziali , come per esempio:

 Poliambulatori;

 Medico di Medicina Generale;

 Strutture adibite all’accoglienza di persone con disagio sociale , extracomunitari ,indigenti e di coloro che non vengono accuditi dalle famiglie. Ma quali sono le cause di tutto questo? Esse sono molteplici e qui di seguito vedremo di capirne un po’ meglio:

 L’aspettativa di salute e di prestazioni sanitarie della popolazione sono in notevole aumento.

 La popolazione invecchia ed aumenta il numero di soggetti bisognosi di interventi sanitari ripetuti ,cosi come aumenta la cronicità.

 L’aspettativa è di una risposta rapida ad ogni problema sanitario.

 I tempi ed orari di risposta devono essere compatibili con orari e ritmi di vita e di lavoro.

 Nel confronto ospedale/territorio l’ospedale stravince per tecnologie e competenze disponibili e immediatamente accessibili.

 La medicina di base italiana si è dequalificata ed ha scelto di puntare di più sulla cronicità.

 La guardia medica continua purtroppo a mantenere un basso livello di qualificazione.

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14  I medici di medicina generale non sono più quelli di un tempo e ad ogni minimo dubbio diagnostico inviano il paziente al pronto soccorso.

 Le persone ricorrono all’ospedale perché sono consapevoli di poter usufruire della diagnostica strumentale e dell’eventuale specialista in modo rapido e gratuito. (Ad eccezione dei Codici bianchi; DRG VII/11539 del 10/12/2002 ).

 Altra causa è determinata dal fatto che una buona quota della popolazione è “debole o abbandonata” ed un’altra buona parte è costituita da extracomunitari non in regola con il SSN.

 Riduzione e/o conversione dei piccoli Ospedali.

Asplin , in un lavoro del 2003 (Asplin et al, 2003), fornisce un valido schema concettuale delle cause dell’Overcrowding nel quale egli considera tre componenti interdipendenti del sistema di cura delle urgenze , denominate “input , throughput e output”.

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15 CAPITOLO SECONDO

OVERCROWDING :

ANALISI DEI PRINCIPALI FATTORI COINVOLTI

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16 Prima di analizzare schematicamente i tre fattori sopracitati , è necessario ricordare come alla base del fenomeno dell’aumentato ricorso al DE ci sia purtroppo una mutazione culturale diffusa e ormai irreversibile , che vede nel PS una risposta ai bisogni sanitari con due fondamentali caratteristiche di cui ha bisogno la società post-moderna: la prontezza e l’efficacia. Queste sono difficilmente riscontrabili , combinate , negli altri setting assistenziali .Inoltre bisogna anche dire che nella moderna organizzazione dei sistemi di Emergenza – Urgenza tutti i ricoveri ospedalieri di urgenza passano dal Pronto soccorso , che va così a costituire l’unica porta di accesso. Ma la prima vera causa del sovraffollamento è l’Access block ( Blocco in uscita ) e il conseguente Boarding , ovvero lo stazionamento dei pazienti , da ricoverare prevalentemente in area medica , nell’ambito del DEA/PS per un tempo superiore alle 6-8 h a causa della mancanza di una appropriata possibilità di collocazione ospedaliera. Questo si verifica dopo il completamento della fase di cura in PS , quindi è un problema dei sistemi sanitari che si manifesta nei DEA ma che però ha origine all’esterno. “Access block”: The situation where patients are unable to gain access to appropriate hospital beds within a reasonable amount of time , no greater than 8 hours. (Critical Care 2011, 15:216). Non di minor importanza risulta essere in questi ultimi anni “l’Effetto imbuto” che si è venuto a determinare a causa dei tagli economici attuati anche alla sanità (Tagli di 5 miliardi di euro al Fondo sanitario tra gli anni 2012-2014 al fine di una riorganizzazione sia Territoriale che Ospedaliera). Infatti nel 2013 il S.S.N disponeva di 224.576 posti letto per acuti e lungodegenza , ben 71233 in meno rispetto alla dotazione posti letto del 2000 e nel biennio 2013-2014 si è confermato il trend in discesa , con una ulteriore perdita di 4150 posti letto.(Dati ISTAT 2015). Il taglio dei posti letto si è reso necessario per adeguarsi al D.L 95 del 06/07/2012 (Art.15 ,comma 13 , lettera c ) , convertito nella legge n. 135 del 2012 sulla “Spending Review” , che prevede 3,7 posti letto per 1000 abitanti di cui 0,7 per la riabilitazione e la lungodegenza ,standard confermati anche in seguito dal patto della salute 2014-2016.

 INPUT: Accesso dei pazienti al DEA/PS.

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17  OUTPUT: Al termine delle attività di PS/DEA.

Partendo da queste considerazioni preliminari , possiamo subito andare a vedere nello specifico ciò che ogni componente del sistema di cura delle urgenze racchiude al suo interno.

Così per quanto riguarda i “Fattori Input” coinvolti nell’ Overcrowding:  Emergenze trasportate in DE dalla Centrale Operativa 118;

 Invecchiamento della popolazione (Over 65), che associato ad una cattiva gestione domiciliare delle malattie croniche , determina urgenze legate a riacutizzazione di malattie croniche;

 Urgenze soggettive;

 Urgenze giudicate non trattabili sul territorio;

 Mancanza di una rete di sicurezza e di azioni mirate verso i “frequent users” ospedalieri. (fasce deboli di popolazione);

 Picchi stagionali epidemici e mancata profilassi vaccinale;

 Cattiva informazione dei mass – media e scarsa educazione sanitaria;  Difficoltà di accesso alle prestazioni urgenti;

 Richieste inappropriate ai DEA: certificati di malattia , prescrizioni di farmaci , prestazioni ambulatoriali;

 Richieste inappropriate di ricovero;

 Riduzione della rete di assistenza familiare;

 Aumento della popolazione povera che ha difficoltà a sostenere spese sanitarie;

 Chiusura degli ospedali di piccole dimensioni e pazienti dirottati sui DEA di I e di II livello senza un loro adeguato potenziamento.

Alla luce di tutto questo si può notare come nei fattori determinanti l’ “INPUT” dobbiamo inserire , oltre alle emergenze legate alle gravi malattie o ai traumi , tutta

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18 una serie di problemi clinici urgenti passibili di cure ambulatoriali , ma che hanno trovato nel DE un luogo più comodo e più rispondente agli attuali bisogni di risposta sanitaria.

E’ importante osservare che studi svolti ad esaminare se i pazienti a bassa complessità hanno un effetto sull’ Overcrowding sono risultati negativi. Un recente studio australiano ( Aboagye-Safo et al , 2015) ha dimostrato come l’aumento annuale di accessi in DE (4,6%) sia dovuto soprattutto all’aumentato numero di pazienti che hanno necessità di cure urgenti e complesse (75%) , più che a un trasferimento di domanda dal territorio al DE.

Ma in termini di dati statistici possiamo comunque vedere e capire che l’accesso dei pazienti per problemi non urgenti ai Pronto soccorso è un problema costante in tutti i sistemi sanitari: Si calcola che negli USA la percentuale degli accessi non urgenti sia tra il 9% ed il 54% , in Canada tra il 25% ed il 60% mentre in Europa tra il 19,6 e il 40,9 %.(Mengoni et Rappini , 2007). In Italia la variabilità è presente e documentata (SIMEAU , 2010) mostrando una eterogeneità nella frequenza dei codici bianchi , che varia fino ad un massimo dell’80% con valore medio nazionale di 24,18% ( Sud ed Isole 30,94% , centro 17,98% , Nord 23,85% ) .Inoltre stando ai dati trasmessi dalle Regioni al sistema informativo Emur del ministero della salute relativi al 2012 , si registra 1 milione di accessi in meno nei dipartimenti di Emergenza-Urgenza del paese rispetto al 2011 : si è passati infatti dai 14.479.595 del 2011 ai 13.433.427 del 2012.

Cosi a livello epidemiologico possiamo vedere come ogni anno negli ospedali italiani vengono ricoverate circa 12 milioni di persone di cui il 20-25% sono over 65.

Soprattutto risalta all’occhio il dato che riferisce che tra tutte le persone che accedono nei reparti di Emergenza –Urgenza in Italia ogni anno , soltanto il 15% viene ricoverato. Infatti i pazienti che vengono ricoverati dal Pronto Soccorso verso i Reparti di degenza risultano essere 3.258.000 , ma il dato presenta una importante variabilità regionale : dall’11% nella Regione Piemonte si raggiungono valori del 26,7% nella Regione Molise. Questo dato dimostra quindi che in sostanza tra le “false cause” di sovraffollamento possiamo riportare:

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19  Il numero degli accessi delle sindromi influenzali nei periodi di picco.

 L’assenza di “programmazione dei DEA”(Il sole 24 h Sanità n 17-18 -2011).

Per fare un esempio concreto , durante il Giubileo del 2000 , i DEA/PS di recente istituzione e con problemi organizzativi da risolvere , hanno affrontato il flusso dei pazienti con codici a bassa priorità clinico assistenziale senza alcun problema di Overcrowding delle strutture.

Passiamo adesso a quello che riguarda il THROUGHPUT ,ovvero l’unico elemento che è sotto il controllo principale dell’organizzazione del DE , proprio perché in questa fase c’è la vera e propria gestione del paziente nel DE/PS. Per questo motivo numerosi studi sono stati rivolti all’analisi delle varie fasi del percorso assistenziale allo scopo di apportare miglioramenti al processo di cura nel suo insieme.

Il primissimo punto che va ad analizzare il Throughput riguarda l’arrivo del paziente al Pronto soccorso e la sua immediata accoglienza da parte del Triage.

Il Triage è una metodica di accoglienza /selezione all’ingresso del DE e quasi sempre viene segnalato essere un fattore che aumenta i tempi di attesa piuttosto che migliorare il flusso dei pazienti ( E’ comunque necessario ricordare che il Triage non sia nato per diminuire i tempi di attesa ma per ridistribuirli , in modo che i pazienti con problemi più gravi debbano aspettare tempi compatibili con cure efficaci).Viene dunque criticato il carattere statico di tale procedura , la quale , dopo la selezione di gravità , assegna i pazienti a una coda in cui per molto tempo e soprattutto in certe situazioni non viene fornita alcuna prestazione assistenziale. Tra gli altri fattori determinanti il “THROUGHPUT” rivestono particolare i seguenti:

 Scarsa efficienza e tempestività dei servizi diagnostici (lunghi tempi di esecuzione e refertazione degli esami da parte dei Servizi quali il Laboratorio analisi , la Radiologia e le varie consulenze).

 Lunghe attese per quanto riguarda la richiesta di esami in successione come per esempio l’esecuzione di curve enzimatiche , di TC a completamento di RX dubbie , ecc.

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20  Ci sono poi limiti strutturali dei DEA/PS ( Limitate dotazioni tecnologiche ).  Scarso numero di operatori sanitari dedicati al PS ( Medici , Infermieri ed Oss ). Va precisato che il problema dell’ insufficienza degli organici purtroppo riguarda tutti i reparti degli Ospedali ; Dal 2009 al 2014 in Italia il numero dei medici dipendenti si è ridotto di 7.000 unità e questo è un dato allarmante.

 Presenza limitata , o assenza , dei principali consulenti (Cardiologo , Neurologo , Ortopedico) e cattiva collaborazione tra questi professionisti.

 Pratica della cosiddetta “Medicina difensivista”.  Inadeguatezza delle risorse economiche.

 Carenza di raccomandazioni operative , di attività di valutazione del rischio clinico , limitato/assente supporto delle direzioni sanitarie.

In ragione di tutto quanto sopracitato possiamo dire che i processi interni al Pronto Soccorso sono stati oggetto di numerosi studi internazionali , finalizzati ad abbreviare i tempi di permanenza e di attesa dei pazienti. Ad oggi però , le soluzioni che possano avere una qualche evidenza scientifica di miglioramento delle performance dei DE , appaiono di scarsa rilevanza. Tra queste è stata sperimentata nel mondo anglosassone la collocazione di un medico esperto in area Triage al fine di ridurre i tempi di attesa e di gestione dei pazienti all’ arrivo in PS , ottenendo risultati variabili nelle diverse realtà (Germana R. ,2016). Il principale limite di questo tipo di soluzione è la carenza di risorse. Una volta terminato il processo di inquadramento diagnostico e stabilizzazione clinica , il Pronto soccorso dovrebbe dimettere a domicilio oppure ricoverare il paziente presso una U.O del Presidio Ospedaliero. Secondo lo standard attuale (DGRT 140 2008 ) i pazienti che , indipendentemente dal colore , devono essere destinati ad essere trattenuti in Osservazione Breve Continua o ricoverati possono restare in attesa all’interno del PS al massimo 8 ore.

Per quanto riguarda invece i pazienti destinati ad essere rinviati al domicilio possono rimanere in PS al massimo 4 ore. Tutto ciò abbiamo visto che non è possibile e mediamente , il 75% del tempo speso da un paziente tipo in DE è un tempo di attesa. Come già detto in precedenza una buona parte del tempo di attesa è consumato nella fase “post Triage”, ma successivamente il paziente trascorre altre attese più o

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21 meno lunghe soprattutto dopo l’inizio del percorso assistenziale. Ma in assoluto il principale fenomeno che costituisce il “BOARDING” e che a livello internazionale è considerato il principale determinante del Crowding è , come già detto in precedenza , l’Attesa del posto letto. Prevalentemente i pazienti sono in attesa di un posto letto in area medica , ma capita che i pazienti necessitino di posti letto in altre aree di degenza come l’area critica e la chirurgica. Persiste questa incapacità da parte dei reparti di assorbire i pazienti ricoverati dal DE con il conseguente blocco in uscita. Inoltre la popolazione che rimane in attesa nei locali del PS è caratterizzata da un elevato assorbimento di risorse ( si tratta per lo più di anziani con polipatologia , terapie domiciliari complesse , insufficienze d’organo croniche , ecc) , la quale rimane a lungo in ambienti non idonei ( spesso si utilizzano i corridoi per non inficiare la capacità di accoglienza dei nuovi pazienti presso le sale visita del PS).Perciò una volta terminato il processo di inquadramento e stabilizzazione clinica il Pronto soccorso dovrebbe dimettere a domicilio o ricoverare il paziente presso una UO del presidio stesso. Inoltre sulla base del DGRT 140 del 2008 che già abbiamo visto in precedenza , i tempi di attesa in PS dei pazienti destinati al ricovero non dovrebbero superare le 8 ore anche se per alcuni pazienti ( Circa 10-15 % dell’affluenza globale) potrà essere concesso , se ritenuto ovviamente necessario , un periodo di osservazione allo scopo di osservare l’evoluzione dei pazienti stessi (OBI). Dell’importanza e dell’utilizzo dell’OBI ne parleremo però più avanti. Ma perché tutto questo non avviene correttamente e determina di conseguenza il Crowding ? Ecco qui di seguito i fattori che determinano l’ “OUTPUT”:

 Diffusione non capillare delle unità di osservazione breve e di osservazione breve intensiva.

 Carenza dei posti letto per acuti e carenza dei letti monitorizzati ( causata dalla progressiva riduzione del numero di posti letto per 1000 abitanti dove si è passati dai 6.1 del 1996 ai 3.7 del 2015).

 Carenza di “Discarge room”/”admission room ospedaliere .

 Bed-blockers ( anziani che occupano un letto in ospedale perché non in grado di rientrare a casa propria ) ,dimissioni difficili (ritardo nelle dimissioni ).

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 Difficoltà ad inviare i pazienti in RSA , riabilitazioni e lungodegenze.

 Scarsa efficienza dei reparti nel garantire un turnover adeguato con ricoveri prolungati.

 Assenza di controlli sui ricoveri prolungati: Motivazioni cliniche? Difficoltà sociali? Indisponibilità di letti di lungodegenza? RSA? Altro?.

 Ricoveri in reparti non appropriati (Appoggi , malati instabili).

 Mancata individuazione in tempo reale dei posti letto disponibili nei reparti di degenza.

 Scarsa efficienza e tempestività dei servizi di diagnosi.

 Impossibilità di gestire pazienti in ambulatori post-dimissioni e/o in Day Hospital/Service.

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23 CAPITOLO TERZO

CONSEGUENZE

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24 L’esigenza primaria dell’utente che accede al PS è senza ombra di dubbio quella di ricevere delle cure appropriate ed efficaci. Esistono però numerose esigenze “non clinico assistenziali” , il cui soddisfacimento o non soddisfacimento contribuisce a definire l’esperienza intera del paziente. Ci stiamo riferendo ai sentimenti come l’ansia , la paura , il dolore , la preoccupazione e la concitazione , che non soltanto riguardano gli utenti ma anche i vari professionisti sanitari e che sono correlati all’aumento dell’intolleranza , della frustrazione e talvolta dell’aggressività. Alcuni studi dimostrano che la soddisfazione del paziente è determinante anche in relazione all’outcome clinico , perché pazienti soddisfatti risultano più inclini ad aderire ai trattamenti (Bjorvell et al , 1991; Hostutler et al ,1999) e risultano partecipare più attivamente al percorso di cura (Donabedian , 1988). Al contrario uno studio condotto dal DESIGN COUNCIL nel 2014 nei DE/PS inglesi ha individuato alcuni elementi che , combinati , possono provocare l’aumento dei livelli di intolleranza negli utenti. Qui di seguito cercherò di metterne in risalto tre:

 L’affollamento e la permanenza in uno spazio confinato di persone diverse e con differenti gradi di vulnerabilità e di compatibilità reciproca , combinata con la percezione di “ non sicurezza” causata dalla condivisione di aree comuni con persone sconosciute e dalla mancanza di spazi per la custodia degli effetti personali (vestiti , cellulare , le chiavi di casa , ecc);

 La mancanza di senso di progressione e la percezione di inefficienza , provocata dall’attesa , dai numerosi passaggi di consegne , dalla presenza di confusione nelle aree di lavoro e dalla non chiarezza nelle comunicazioni , tale per cui aumenta l’incertezza , l’ansia e la paura di essere dimenticati;

 La presenza di uno spazio inospitale e non a misura di individuo ma quasi completamente a favore di processo , spesso non confortevole e privo di elementi a supporto della privacy e della comunicazione privata , nel quale l’utente è spesso associato ad un numero e non è messo nelle condizioni di gestire in modo autonomo i bisogni primari.

Nella letteratura americana le deleterie conseguenze del sovraffollamento nei DE/PS sono state inquadrate come una violazione di quattro principi di bioetica:

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25  Diritto di primum non nocere: la condizione di Overcrowding del PS costituisce una della circostanze in cui più frequentemente si possono verificare degli eventi non desiderati , intesi come danni involontariamente procurati ai pazienti , come si evince dal rilievo degli eventi sentinella all’ interno degli ED.

 Diritto ad usufruire di un potenziale miglioramento delle proprie condizioni di salute: numerose patologie acute come per esempio l’IMA , lo STROKE , il TRAUMA , la POLMONITE , ecc , hanno dimostrato di essere caratterizzate da esiti tempo-dipendenti; è stato riscontrato per ciascuna di queste situazioni come una condizione di sovraffollamento determini frequentemente ritardi evitabili nel trattamento di queste patologie a rischio per la vita degli utenti , privandoli in questo modo di un possibile beneficio derivante dalla tempestività dei trattamenti terapeutici.  Diritto al rispetto dell’autonomia e dell’intimità del paziente: la perdita di una condizione di minima privacy in un ambiente di Pronto soccorso sovraffollato spesso interferisce negativamente nella comunicazione tra medico e paziente. Perciò accade che, se il paziente non si sente a suo agio ,può omettere di fornire informazioni essenziali circa il suo stato di salute e così facendo si vengono a creare situazioni che possono inficiare la capacità del medico di diagnosticare accuratamente le sue condizioni. A sua volta il medico , pressato da una situazione di caos generalizzato che lo induce a comprimere il tempo necessario da dedicare al singolo paziente , può omettere di fornire all’utente informazioni importanti relative al trattamento terapeutico da intraprendere e per il quale devono essere esercitate delle scelte decisionali che lo coinvolgono direttamente.

 Diritto ad un’equa distribuzione delle risorse sanitarie: le politiche sanitarie dell’ultimo decennio hanno determinato una netta contrazione dei posti letto ospedalieri spostando risorse sul territorio per la creazione di servizi complementari o alternativi alla degenza ospedaliera. In un organizzazione sanitaria ove le risorse scarseggiano , i posti letto costituiscono una risorsa predefinita e destinata sia alle necessità dei pazienti valutati in PS , per i quali è stato disposto il ricovero e sono in attesa di ospedalizzazione , sia a quelle dei pazienti ricoverati e che quindi occupano già i medesimi posti letto. La priorità va comunque riservata a quei pazienti le cui necessità assistenziali sono maggiori. Postulato che le prime 24 ore sono state

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26 identificate come le più importanti ed essenziali nel percorso di ospedalizzazione , si verifica che i pazienti necessitanti di ricovero e ancora stazionanti in PS hanno la maggiore necessità di prestazioni intraospedaliere (test diagnostici , manovre chirurgiche o terapia intensiva) , ma purtroppo subiscono notevoli ritardi nel trattamento connessi alla situazione di Crowding. Per converso , i pazienti già ospedalizzati ed in prossimità della dimissione , sono spesso in attesa solamente dell’attivazione dell’assistenza domiciliare o di supporto sociale cosicché verosimilmente hanno minori necessità di assistenza ospedaliera. Nonostante questo però tali pazienti continuano ad occupare il posto letto ospedaliero , frequentemente per la difficoltà di ottenere un’ accoglienza in lungodegenza o di attivare percorsi assistenziali domiciliari alternativi alla degenza ospedaliera.

 Il sovraffollamento causa inoltre un notevole aumento dei costi associato anche ad un aumento dei re-accessi.

 In un ambiente così affollato e caotico c’è poco tempo ed attenzione da poter dedicare agli studenti e ai medici in formazione.

 In aggiunta agli effetti negativi sui pazienti , il sovraffollamento in DE/PS esercita un impatto fortemente negativo anche sul personale sanitario. Infatti il clima di tensione che consegue all’iperaffollamento esercita una forte pressione emotiva sia sugli utenti che sugli operatori , condizionando negativamente la reciproca capacità di rapportarsi e comunicare e ponendo le basi per l’instaurarsi di veri e propri episodi di aggressione ai danni degli operatori ( verbale ma anche fisica). Questi elementi , uniti alla frustrazione derivante dalla consapevolezza di non poter garantire la privacy e l’assistenza ottimale ai pazienti , determinano sia a breve che a lungo termine un impatto negativo sul personale sanitario , maggiormente esposto così ad una ridotta gratificazione sul lavoro , con secondaria rabbia e depressione .Ciò costituisce la premessa di elevato indice di “ BURNOUT”.(Stress provato a lavoro che determina un logorio emotivo e psicofisico). Le conseguenze sugli operatori riguardano come abbiamo visto l’aumento delle possibilità di inappropriatezza delle prestazioni ,con conseguente aumento dei possibili contenziosi medico-legali. La conflittualità all’ interno del reparto (Tra i vari professionisti) tende ad essere molto

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27 elevata e il personale del PS cerca di ricorrere ad una medicina difensiva per tutelarsi preventivamente.

 Un'altra conseguenza tangibile che riguarda gli utenti è il numero delle persone che abbandonano il PS/DEA senza essere visitate. I dati forniti dalla Regione Lazio riferiti all’ anno 2009 e 2010 parlano chiari: Nel 2009 il 5,29% degli accessi “Non risponde a chiamata” mentre l’1,91% “Il paziente si allontana spontaneamente”. Nel 2010 il 2.86% “Non risponde a chiamata” mentre il 4,17% “Il paziente si allontana spontaneamente.

 Sovraffollamento associato a mortalità : quando la permanenza nel dipartimento di Emergenza/PS supera le sei ore prima del ricovero in Terapia intensiva , la mortalità passa da 8,4% a 10,7% così come aumenta la durata in terapia intensiva da 6 a 7 giorni ( DB Chalfin , S Trzeciak , A Likourezos et al). Inoltre è presente un incremento della mortalità anche a distanza rispetto alle prime cure prestate e fino a 30 giorni. (PC Sprivulis , JA Da Silva et al). La morte comunque risulta essere più probabile nei pazienti più anziani ed in quelli con CTAS (Scala con cinque livelli di priorità) più elevato. La Joint Commission ha valutato che il 50 % degli eventi sentinella che producono anche la morte del paziente si verifica nei dipartimenti di emergenza e di questi almeno 1/3 è collegato al sovraffollamento.

 Blocco delle ambulanze. Se prendiamo come dato di riferimento quello relativo all’anno 2009 nella Capitale Italiana (Roma) vediamo che , i soccorsi effettuati che hanno richiesto una sosta delle ambulanze in Pronto soccorso superiore ai trenta minuti , sono stati circa 60000. Questo ha causato più di 200000 ore di “Fermo Ambulanza “ in Pronto soccorso , durante le quali le stesse ambulanze non hanno potuto essere impiegate per i soccorsi sul territorio.

 In conseguenza di questo evento si viene a creare il dirottamento delle ambulanze ; in pratica , soprattutto nelle grandi città sia Italiane che non , le ambulanze che stanno trasportando un paziente verso l’ospedale più idoneo , se questo presenta un elevato grado di Overcrowding , vengono deviate verso un altro Ospedale. Naturalmente il tutto a discapito del paziente stesso che , se in gravi condizioni , presenta un aumentato rischio di morte ( vedi per esempio i pazienti colpiti da infarto o ictus ).

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28  Non è ancora chiaro se l’aumento dei pazienti a bassa priorità peggiori o no “ l’outcome “ del gruppo di malati a priorità maggiore. In uno studio effettuato (M.J. Schull et al) i pazienti a bassa complessità influenzavano solo marginalmente i tempi di cura dei pazienti a più alta complessità , suggerendo che i tentativi di indirizzare altrove i pazienti a bassa complessità sono sostanzialmente inutili nel migliorare sia i tempi di attesa che l’affollamento.

 L’eccesso di domanda sanitaria che si verifica nei periodi di Overcrowding nei DEA è sicuramente causa di inappropriatezza di ricovero. Infatti nei mesi invernali nei reparti di Medicina Interna il numero dei ricoveri è fino al 30% superiore allo standard previsto nel semestre di minor afflusso. Quindi vengono ricoverati dal PS pazienti che con minor carico di lavoro si sarebbero potuti gestire e dimettere direttamente a domicilio.

 Altra conseguenza è certamente la mancata appropriatezza di destinazione nei reparti , dimostrata dalla percentuale di DRG medici ricoverati in chirurgia , che raggiunge una media nazionale del 28% , con punte in regione Calabria del 36% ed in Sicilia del 35% , mentre non dovrebbe superare il 20%.

 La gestione del sovraffollamento dei PS prevede anche la riduzione dei “Ricoveri programmati” a favore dei ricoveri urgenti , fino alla loro completa sospensione. Il provvedimento penalizza soprattutto gli interventi chirurgici in elezione , data l’occupazione dei letti dei reparti chirurgici per gli “appoggi” della medicina , e contribuisce ad allungarne le liste di attesa.

Perciò andando a riassumere in modo sintetico le conseguenze, possiamo certamente affermare che un dipartimento di emergenza sovraffollato è un reparto non sicuro.

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29 Riepilogo delle principali conseguenze del Crowding

Outcomes avversi Qualità ridotta Difficoltà di accesso Perdite per l’ospedale Conseguenze per lo staff Incremento degli eventi avversi.

Ritardi nei trat-tamenti. Aumento abbandoni. Aumento eventi senti-nella. Episodi di violenza. Ridotta soddi-sfazione dell’utenza.

Ritardi nei tra-sferimenti. Dirottamento ambulanze. Aumento del contenzioso legale. Ridotta gratifi-cazione. Incremento del Burnout.

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30 CAPITOLO QUARTO

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31 Prima di passare a parlare delle possibili soluzioni del Crowding vorrei spiegare come è possibile poter misurare tale fenomeno.

L’ esigenza di governare un così complesso fenomeno ha posto la necessità di identificare sistemi idonei per misurarlo adeguatamente ma, in assenza di una definizione universalmente accettata , sono stati proposti diversi sistemi di misurazione. Quattro sono le principali scale di misurazione proposte dalla letteratura nella Medicina d’Emergenza –Urgenza: il Real-Time Emergency Analysis of Demand Indicators (READI) , l’Emergency Departement Work Index (EDWIN) , il National Emergency Department Overcrowding Study Scale (NEDOCS) e l’Emergency Department Crowding Scale (EDCS). Ciascun score di valutazione si basa su formule matematiche di complessità variabile , che comunque richiedono la disponibilità di rilevazione informatica in Real time di comuni parametri operativi di PS , quali il calcolo del tempo di attesa tra la valutazione di triage e l’accesso all’ambulatorio , la durata del periodo di permanenza in PS e il numero complessivo dei pazienti in carico. Prendiamo come esempio l’indicatore di sovraffollamento NEDOCS (National Emergency Department Over Crowding Study ) . Esso è un indicatore di sovraffollamento che ha come obiettivo quello di misurare il crowding fornendo un valore che dovrebbe rappresentare il sovraffollamento percepito dagli operatori. La sua creazione si deve al team formato da Stephen Weiss et al. che nel 2004 lo proposero. Lo studio che ha portato alla sua creazione si è svolto tramite la somministrazione di un questionario agli operatori presenti in pronto soccorso. Tra i diversi indicatori di sovraffollamento proposti in letteratura , questo è risultato essere il migliore secondo quanto verificato da Jones et al. Infatti ad esso risultano associati i massimi valori di specificità (87%) , sensibilità(81%) , predittività ed AROC >0,.92. La formula del NEDOCS è la seguente :

-20+85.8*(xc/xa)+600*(xf/xb)+13.4*(xd)+0.93*(xev2)+5.64*(xgv2)

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32 Per il calcolo dell’indicatore ai fini del nostro studio , le variabili richieste sono :  xa: numero totale di posti letto in pronto soccorso , inteso come il numero totale di postazioni in cui può essere posto un paziente in attesa , quindi letti , barelle , sedie.  xb: numero totale di letti in ospedale.

 xc : numero di pazienti in pronto soccorso.

 xd : numero di respiratori in uso in pronto soccorso.

 xev2 : definito “admit time” , cioè il tempo di attesa massimo per ospedalizzazione e quindi il tempo di boarding.

 xf : numero di pazienti in attesa di ospedalizzazione , ovvero il numero di pazienti in boarding.

 xgv2 : “reg time”, cioè il tempo massimo dal momento di ingresso in pronto soccorso alla visita , considerando il massimo tra il tempo dell’ultimo paziente visitato e quello dell’ultimo ricoverato.

Per il calcolo del NEDOCS generalmente , essendo un indicatore computer-based e web-based , viene richiesta l’estrazione dei diversi parametri a istanti temporali predeterminati , solitamente ogni 4 ore ( circa 6 volte al giorno).

Analizzando le variabili , si nota che esse possono essere divise in due categorie :

 Variabili caratteristiche della struttura: xa e xb. Esse sono rispettivamente il numero di posti in pronto soccorso e il numero di posti letto in ospedale. Si comprende facilmente come queste varino da ospedale a ospedale ma , definito il sito di applicazione del NEDOCS , rimangono costanti nel tempo a meno di ristrutturazioni dell’ospedale o del pronto soccorso;

 Variabili generali: xc , xd , xf , xev2, xgv2. Il valore di queste variabili varia nel tempo in funzione delle diverse situazioni che si vengono a creare in pronto soccorso e degli eventi esogeni ad esso collegati.

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33 Ma tornando a parlare di numeri , vediamo come l’indicatore NEDOCS possa assumere diversi valori. Infatti possono essere registrati valori compresi nell’intervallo 0-200 , mentre se si registrassero valori esterni all’insieme indicato sarebbero riportati rispettivamente a 0 se <0 e a 200 se >200. Pertanto i valori vengono raggruppati in 6 classi , come specificato qui di seguito:

 0-20 : “Not busy , situazione di calma in pronto soccorso;

 21-60 : “Busy” , situazione di relativa calma in cui gli operatori sono impegnati ma non sovraccarichi;

 61-100 : “Extremely busy but not overcrowded” , situazione di forte carico per gli operatori e il pronto soccorso stesso , che però risulta in una situazione ancora gestibile e non sovraffollato;

 101-140 : “Overcrowded”, situazione di sovraffollamento in cui quindi , ricordando la definizione data dall’ ACEP (2006) , la richiesta di servizi di emergenza supera la disponibilità;

 141-180 : “Severely overcrowded” , situazione di alto sovraffollamento.;

 181-200: “Dangerously overcrowded” ,situazione di estremo sovraffollamento , ai limiti del collasso del pronto soccorso stesso.

Quindi grazie al NEDOCS è possibile misurare l’attività dei dipartimenti di Emergenza-Urgenza e pianificare il flusso di lavoro tramite un’adeguata analisi retrospettiva dei dati raccolti dai principali database informatici di Pronto soccorso. Giusto per fare un esempio possiamo prendere come riferimento il Pronto Soccorso di Cantù (30000 accessi l’anno) , dove lo studio è stato svolto sui dati relativi agli anni 2010-2011-2012 , prendendo in particolare considerazione i parametri necessari all’applicazione del NEDOCS con lo scopo di analizzare nel tempo l’andamento del sovraffollamento all’interno del PS. E’ stato costruito un software informatico in grado di valutare per ogni istante del passato ( sensibilità ogni 5 minuti ) il grado di sovraffollamento del Pronto soccorso e una serie di parametri aggiuntivi utili per monitorare nel tempo lo stato di attività del dipartimento. L’applicazione di questo studio retrospettivo ha permesso di ottenere dati reali sul grado di sovraffollamento del PS. Inoltre con la collaborazione degli operatori di Pronto soccorso , in base

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34 all’analisi di questi dati oggettivi e dei vari punti critici , è stata ripianificata l’attività dipartimentale e sono stati inseriti correttivi organizzativi il cui beneficio è stato misurato e monitorato nel tempo. Tuttavia la scala di misurazione NEDOCS , come le altre (READY , EDWIN e EDCS) , presentano dei limiti. Infatti nonostante esse abbiano dimostrato un’elevata capacità di riflettere il livello corrente ed oggettivo di sovraffollamento del Dipartimento di Emergenza , non hanno però evidenziato alcuna capacità di funzionare come sistema d’allarme a breve termine in grado di predire con un sufficiente anticipo la situazione di “crowding” , rispetto al semplice computo del tasso di occupazione dei letti disponibili in ED. Un altro rilevante limite di questi sistemi di misurazione del fenomeno del sovraffollamento è connesso alla scarsa correlazione delle soglie proposte, come indicatori del crowding , con la percezione del fenomeno da parte degli operatori del DEA. Se per esempio facciamo un confronto tra il modello analizzato prima ( NEDOCS) e le relative percezioni risulta evidente come le due serie di dati non siano particolarmente congruenti. Si può infatti dire che i valori delle percezioni siano molto più disperse rispetto ai valori del NEDOCS . Tuttavia le due serie di dati rispecchiano un andamento spesso simile. Ad un incremento del valore NEDOCS spesso corrisponde un aumento (più che proporzionale) del valore di sovraffollamento percepito dagli operatori di Pronto e viceversa per le diminuzioni. Il NEDOCS sembra essere una sottostima delle percezioni: ai picchi del NEDOCS corrispondono picchi di percezione di sovraffollamento , ma con valore assoluto della percezione spesso molto maggiore rispetto al valore NEDOCS. Tutto questo è valido non soltanto per i picchi ma anche per le valli , dove il valore di percezione risulta essere minore del corrispettivo valore NEDOCS. Pertanto possiamo affermare , come già abbiamo detto poco fa , che c’è poca correlazione tra gli indicatori oggettivi del crowding e le percezioni degli operatori perché , mentre i primi si avvalgono di formule matematiche e danno risultati statici della realtà per descrivere il sovraffollamento , le percezioni sono ritenute poco valide da un punto di vista qualitativo. Infatti , nonostante le percezioni degli operatori siano state utilizzate in letteratura come misura del sovraffollamento su cui basare le analisi svolte, come per esempio abbiamo visto in relazione al NEDOCS, e benché siano state validate come strumento , va segnalato che esse sono percezioni della realtà ed ogni operatore percepisce la realtà in modo soggettivo , in

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35 maniera differente da un altro, in funzione della propria sensibilità , delle sue esperienze e di altri parametri di cui è impossibile tenere conto . Sono dunque estremamente soggettive e soggette a “bias” che possono ridurre la loro qualità. Infine sempre per quanto riguarda la misurazione del “crowding” va considerato che la percezione del tempo trascorso in PS da parte del paziente , ovvero uno dei principali elementi condizionanti la qualità percepita , viene comunemente suddivisa in : attesa tra il momento dell’effettuazione del triage e presa in carico da parte del medico ; tempo necessario tra la presa in carico e l’espletamento degli esami diagnostici richiesti ; tempo di attesa successivamente intercorso per disporre l’eventuale ricovero in reparto o la dimissione. Recentemente soltanto McCarthy et al ha elaborato in modo dinamico questi tre parametri , tentando di superare i limiti di una misurazione statica del sovraffollamento , fenomeno invece di per sé fluttuante e variabile. A causa di tutte le sopracitate limitazioni dei sistemi di rilevazione attualmente in uso , si ritiene che debbano essere utilizzate altre metodiche di misurazione basate su tecnologie più avanzate , come per esempio le “Reti neurali artificiali” , che miglioreranno soprattutto la capacità di predire a breve termine il fenomeno del crowding in modo da poter attuare le eventuali misure correttive.

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36 CAPITOLO QUINTO

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37 Prima di approfondire l’argomento in questione è doveroso ricordare che attualmente sono poche le soluzioni che hanno una qualche chiara evidenza scientifica di miglioramento delle performance. Nonostante questo è possibile individuare diversi fattori che , se presi singolarmente o ancor meglio collegati tra di loro , possono in molti casi abbassare la soglia del crowding nei DEA.

La profonda modifica della percezione del bisogno di salute , ritenuto soggettivamente urgente , e della tipologia della offerta dei servizi ritenuti di maggior efficacia per la sua soddisfazione hanno rappresentato in questi anni una sfida culturale per il SSN. Oltre un milione e duecentomila cittadini si sono rivolti nell’ultimo anno ai Pronto Soccorso della Regione Toscana e circa un terzo di tali accessi è stato classificato come problema “non urgente”.( codice bianco , azzurro e verde della procedura Triage ). Anche la percentuale estremamente bassa dei ricoveri ospedalieri ( in media tra il 15% e il 18% ) , o comunque necessitanti di osservazione in OBI ( osservazione breve continua fino ad massimo di 24 ore ) che rappresenta un ulteriore 10%- 12% , indica un profilo della domanda sanitaria ritenuta urgente , ma che invece potrebbe rivolgersi alle strutture territoriali in grado di garantire in teoria una risposta con pari efficacia ma con maggior efficienza, soprattutto in ragione dei costi delle prestazioni erogate nelle strutture ospedaliere. Quindi una prima ipotesi di soluzione potrebbe essere quella di istituire modelli territoriali innovativi ( Punti o Centri di Primo soccorso ) capaci di fornire una risposta non ospedaliera a problemi urgenti di minor gravità.

Altra soluzione è sicuramente quella di richiedere una maggiore disponibilità ( almeno sulle 12 ore al giorno e anche nei week –end per 4 ore al giorno ) ai vari MMG con la possibilità di collegamenti relativamente rapidi con i principali Servizi Diagnostici , in modo tale di porre un filtro a potenziali utenti che altrimenti andrebbero a riversarsi nei Pronto Soccorso. Di notevole importanza risulta essere il potenziamento delle strutture territoriali come le lungodegenze extra ospedaliere , le residenze sanitarie assistenziali , le case protette e le case di riposo. Poiché come già detto più volte , la popolazione anziana e di conseguenza fragile è aumentata in questi decenni e continuerà a farlo in futuro , le patologie croniche e degenerative degli anziani logicamente devono essere gestite nel migliore dei modi in queste

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38 strutture che farebbero da filtro all’Ospedale. Quindi i servizi delle strutture residenziali devono essere di qualità , in grado di fornire anche prestazioni specialistiche , in collegamento diretto con le aziende sanitarie. Devono in sostanza essere creati dei veri e propri “ poli della salute”, in grado di assistere e curare i loro ospiti con il massimo di professionalità ed efficacia. Un altro aspetto che si collega al problema del sovraffollamento è la cosiddetta “ dimissione difficile “. La dimissione difficile necessita di un consumo di risorse economiche , umane e organizzative che vanno oltre la potenzialità del paziente e dei suoi familiari , implicando un coinvolgimento particolare di quei presidi territoriali quali medici di famiglia , servizi infermieristici ed assistenziali domiciliari , lungodegenze extra ospedaliere , ecc. La dimissione deve essere , in tali casi , considerata come un vero e proprio processo e non come un evento isolato ; deve essere pianificata e deve iniziare già subito dopo il ricovero o non appena il paziente ha superato la fase critica o acuta. Per questo la presa in carico da parte dell’infermiere case/care manager assume grande importanza per non incorrere in ritardi o in frettolose e poco sicure dimissioni. Egli in qualità del gestore del caso , è sempre aggiornato su tutti gli aspetti del percorso del paziente , in particolare relativamente alla condizione clinico assistenziale e al piano di dimissione e deve coordinare i collegamenti con la famiglia , con i caregivers e con i servizi di cure primarie. Quindi sostanzialmente , una volta identificato il paziente potenzialmente con dimissione difficile , l’infermiere provvederà da subito a pianificargli una “ dimissione personalizzata” al fine di garantirgli una continuità assistenziale e di cura. Grazie all’organizzazione e gestione delle dimissioni difficili cosi , il paziente riesce ad evitare continui accessi nel DEA/PS e questo sicuramente porta benefici sia a lui che ai Pronto soccorso stessi che si trovano meno ingolfati. Sarebbe importante lavorare anche a livello culturale sulla popolazione , attraverso campagne informative che possano fornire una buona educazione sanitaria , ma capite bene come questo sia difficile e dispendioso anche perché le persone vivono soggettivamente il proprio problema di salute come già abbiamo sottolineate più volte. Altre possibili soluzioni all’ accesso improprio al DEA potrebbero essere il pagamento del ticket e l’infermiere di famiglia. Vorrei soffermarmi sulla figura dell’ infermiere di famiglia che ancora oggi secondo la mia opinione è un tassello mancante nella società italiana. L’infermiere di

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39 famiglia , che non è l’infermiere di comunità con il quale spesso viene scambiato , è colui che agisce per il benessere della comunità , quindi in uno spazio di azione diverso da quello di famiglia , il suo compito è indirizzato alle scuole , alle comunità per psichiatrici e in ambito prettamente extra-ospedaliero ma non domiciliare. Nel dicembre 2014 viene fatta una proposta di legge che di fatto introduce l’ infermiere di famiglia e che lo riconosce come quella figura di riferimento per lo sviluppo e il potenziamento dei servizi territoriali di assistenza domiciliare , al fine di salvaguardare lo stato di salute dei cittadini. In particolare dirige ed incoraggia la famiglia , identificando i suoi bisogni di salute e indicando la strada migliore nell’utilizzo dei servizi sanitari.. Motivo per cui , l’infermiere di famiglia ( IDF ) è ritenuto un professionista fondamentale per la garanzia della continuità assistenziale. Nella Regione toscana inoltre per affrontare la crescente frequenza di accesso nei PS dei codici di minor gravità , ha introdotto degli ambulatori dedicati ai codici bianchi ed azzurri , che hanno consentito di rispondere a questi bisogni con tempi ragionevoli e tali da recuperare , almeno in parte un rapporto ed un clima di fiducia. Per migliorare tale rapporto e tale clima il Sistema dei Pronto soccorso dovrebbe curare anche gli aspetti relazionali e psicologici del momento “urgenza” , in base ai quali viene spesso valutata dal paziente buona parte della prestazione ricevuta. Alcune criticità sono inoltre di immediata evidenza : carenza in molte realtà di servizi dedicati alla Radiodiagnostica che consentono percorsi rapidi e mancanza di adeguate condizioni strutturali ed organizzative per i momenti più significativi della permanenza in Pronto soccorso ( sale di attesa , area Triage , accoglienza sanitaria e amministrativa , ecc ). Poiché il crowding è un problema che riguarda l’intero ospedale e non soltanto il DE (infatti solitamente un PS sovraffollato è un indicatore di un presidio ospedaliero sovraffollato ) , è opportuno che le aziende sanitarie si rifacciano ad un progetto che risponda a degli obiettivi e che contenga un piano di azioni programmate. Tra gli obiettivi abbiamo:

 Riduzione dei tempi di attesa e permanenza in PS;

 Miglioramento della qualità della prestazione percepita dagli utenti dei PS;  Appropriatezza dei ricoveri determinati dal PS.

Riferimenti

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