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Gestione del dolore post-operatorio dopo l'intervento di artroprotesi di ginocchio. Tecniche a confronto: bi-block versus LIA (local infiltration analgesia)

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UNIVERSITA' DI PISA

Scuola di specializzazione Anestesia, Rianimazione, Terapia

Intensiva e del Dolore

Tesi di specializzazione

Gestione del dolore post-operatorio dopo l’intervento

di artroprotesi di ginocchio. Tecniche a confronto:

Bi-block versus LIA (Local Infiltration Analgesia)

Relatore : Prof. Francesco Forfori

Correlatori : Dott. Paolo Roncucci

Dott. Massimo Frediani

Candidato: Camilla Ricci

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INDICE

Introduzione pag. 1

Artroprotesi di ginocchio pag. 2

Innervazione del ginocchio pag. 6

Trattamento del dolore post-operatorio nella protesi totale di ginocchio pag. 8

Scopo dello studio pag.30

Materiali e metodi pag.31

Protocollo di studio pag.38

Risultati pag.41

Conclusioni pag.48

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INTRODUZIONE

Secondo l’Istituto di Sanità Nazionale in Italia è in costante aumento il numero di impianti di protesi ortopediche. Negli ultimi 15 anni il numero di interventi sul ginocchio è più che raddoppiato ed è quintuplicato il numero di quelli sulla spalla. L’anca resta ancora l’articolazione più operata (56,3%) seguita dal ginocchio (38,6%), dalla spalla (3,9%), dalla caviglia (0,3%) e dalle altre articolazioni (0,9%). (dicembre 2017).

La principale causa di sostituzione protesica del ginocchio è l’artrosi. Esistono varie forme di artrosi, ma le tre principali si possono così riassumere(24)

1. Osteoartrosi: è la malattia articolare di gran lunga più frequente ed è una delle cause principali di invalidità nella popolazione, principalmente tra gli anziani. Questa non colpisce esclusivamente la cartilagine, ma tutte le strutture che, nel loro complesso, formano l’articolazione, quindi anche la capsula articolare, l’osso, i legamenti e i muscoli. È una condizione correlata innanzitutto all’età: dopo i 65 anni, infatti, il 50% dei soggetti presenta artrosi, percentuale che sale all’80% dopo i 75 anni; il sesso femminile è colpito due volte di più rispetto al sesso maschile. 2. Artrite reumatoide (AR): è una poliartrite infiammatoria cronica,

anchilosante e progressiva a patogenesi autoimmune e ad eziologia sconosciuta, principalmente a carico delle articolazioni sinoviali. Può provocare deformazione e dolore che possono portare fino alla perdita della funzionalità articolare. L'esordio si osserva prevalentemente al termine della adolescenza o tra 4º e 5º decennio di vita; un terzo picco si osserva tra i 60 e 70 anni. Colpisce principalmente le donne con un rapporto di 3:1.

3. Artrosi post-traumatica: questa può seguire un grave infortunio al ginocchio. Le fratture delle ossa che formano il ginocchio o le rotture dei legamenti del ginocchio stesso nel tempo possono danneggiare la cartilagine articolare, causando dolore e limitando la funzionalità.

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ARTROPROTESI DI GINOCCHIO

Esistono due diverse varianti di una protesi di ginocchio(30):

· protesi monocompartimentali · protesi totali

Protesi monocompartimentale

Con questo tipo di intervento viene sostituito soltanto un compartimento del ginocchio, più frequentemente quello mediale. Questo tipo di protesi si impiega quando è solo uno dei compartimenti del ginocchio ad essere affetto dal processo degenerativo. Per avere successo, i rimanenti compartimenti devono essere integri e il ginocchio deve avere una valida stabilità legamentosa, in particolare deve essere integro il legamento crociato anteriore. Altri requisiti necessari per avere un buon risultato da una protesi monocompartimentale di ginocchio sono l’assenza di sovrappeso, di deformità assiali eccessive e di contrattura in flessione del ginocchio artrosico.

L’intervento consiste nel rivestire con una componente in metallo ed una in polietilene o metallo il compartimento usurato. L’intervento è mini invasivo, ha un recupero rapido ed un’ospedalizzazione breve. Con il passare degli anni i compartimenti non protesizzati possono andare incontro anch’essi a degenerazione artrosica e necessitare quindi di una conversione: da protesi monocompartimentale a protesi totale.

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Questa tipologia di intervento è dedicata a casi estremamente selezionati. Negli USA il rapporto protesi totale/protesi monocompartimentale è inferiore a 10 totali/1mono.

Protesi totale di ginocchio

L’applicazione di una protesi totale comporta il rivestimento completo della superficie articolare del femore e della tibia a livello del ginocchio. Talora, in questo tipo di intervento, si può rendere necessario rivestire anche la superficie articolare della rotula. Si possono distinguere tre tipi di protesizzazione totale del ginocchio.

Una prima protesi si applica con risparmio completo del legamento crociato posteriore, una seconda con il sacrificio del legamento crociato posteriore ed una terza con vincolo meccanico (protesi vincolate). La scelta di una tipologia rispetto all’altra dipende dalle condizioni cliniche del ginocchio oltre che dal pensiero del chirurgo.

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1. Se il legamento crociato posteriore è in buone condizioni, valido ed elastico ed è in grado di supportare un ginocchio artificiale, può essere risparmiato. La componente protesica femorale in questo caso ha una gola centrale che accoglierà e proteggerà il legamento crociato posteriore. Il risparmio del legamento crociato posteriore in teoria serve a garantire una cinematica più naturale ed una migliore propriocezione

2. Qualora il legamento crociato posteriore sia lesionato o eccessivamente retratto o calcificato o nei casi di ginocchio flesso (incapacità ad estendere completamente il ginocchio) il chirurgo esegue una resezione del legamento e della sua inserzione ossea sul femore. La protesi che verrà applicata prevede la presenza di una “camma” sull’inserto di polietilene tibiale che ha lo scopo di stabilizzare posteriormente il ginocchio.

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3. Sono protesi dotate di un vincolo meccanico. Si impiegano nei casi di grave instabilità legamentosa, grave deficit del capitale osseo o deformità assiali molto severe. La stabilità è garantita dal vincolo meccanico e non dai legamenti del paziente. Questo tipo di protesi ha tassi di fallimento maggiori rispetto alle precedenti e si usa prevalentemente negli interventi di revisione di protesi di ginocchio.

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INNERVAZIONE DEL GINOCCHIO

L’innervazione del ginocchio è fornita dai nervi del plesso lombare: nervo femoro-cutaneo laterale, femorale e otturatorio e dai nervi del plesso sacrale: nervo peroniero comune e tibiale, rami entrambi del nervo ischiatico.

Il nervo del muscolo quadricipite è il più profondo dei rami terminali del nervo femorale; esso con rami per i muscoli retto anteriore, vasto mediale, intermedio e laterale, provvede al controllo motore di questi e alle informazioni sensoriali delle corrispondenti aree dell’articolazione del ginocchio. La borsa soprarotulea, il periostio della rotula, la capsula antero-mediale ed antero-laterale, il cuscinetto adiposo infrapatellare, ed il periostio dei piatti tibiali sono tutti innervati dal nervo infrapatellare, ramo di pertinenza del nervo safeno, ramo terminale del nervo femorale. Le ultime due strutture sono anche innervate da un ramo proveniente dal nervo tibiale, il quale innerva anche l’articolazione tibio-peroniera superiore e le capsule articolari posteriore, mediale e laterale.

Il nervo otturatorio innerva i vasi sanguigni poplitei e contribuisce all’innervazione del cuscinetto adiposo e della capsula posteriore.

Infine, il nervo peroniero comune innerva la capsula antero-laterale e parte del periostio tibiale e con un ramo ricorrente si occupa, inoltre, dell’ innervazione del tubercolo tibiale, dell’articolazione tibio-femorale superiore e del cuscinetto adiposo infrarotuleo. Il cuscinetto adiposo infrapatellare è la struttura meglio innervata del ginocchio(30).

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TRATTAMENTO DEL DOLORE POST-OPERATORIO

NELLA PROTESI TOTALE DI GINOCCHIO

Il dolore provato dai pazienti dopo un intervento di artroprotesi totale di ginocchio è un dolore molto intenso e debilitante, che non soltanto provoca sofferenza ma influenza negativamente tutto il decorso postoperatorio del paziente stesso (1).

L’esteso danno tissutale, che si ha durante qualunque intervento di chirurgia maggiore, provoca cambiamenti immediati a livello del sistema endocrino, del sistema nervoso centrale e periferico e stimola il rilascio di ormoni catabolici (cortisolo, glucagone, ormone della crescita) e di catecolamine. L’attivazione di questa cascata è causa, a sua volta, di un aumento della richiesta di ossigeno tissutale, di un incremento dello stress a livello del sistema cardiovascolare e di una compromissione del sistema immunitario. Se a tutti questi potenziali ed inevitabili effetti dannosi dell’intervento di artroprotesi di ginocchio si somma un intenso e severo dolore postoperatorio si possono verificare numerose complicanze durante il decorso postoperatorio del paziente:

1) ischemia miocardica, scompenso cardiaco acuto

2) insufficienza respiratoria ( aggravata anche dalla posizione supina obbligata del paziente)

3) complicanze gastrointestinali (ileo paralitico) 4) trombosi venosa

5) infezioni, causate da una diminuzione della risposta immunitaria, a sua volta provocata da un aumento nella produzione del cortisolo e dai disturbi del ritmo sonno-veglia

Nel corso degli anni sono stati sviluppati diversi approcci nella gestione del dolore post-operatorio dopo l’intervento di protesi totale di ginocchio2:

1) SOMMINISTRAZIONE DI PREEMPTIVE ANALGESIA CON ANALGESICI ORALI

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3) BLOCCO NERVOSO PERIFERICO (BI-BLOCK, BLOCCO DEL NERVO FEMORALE IN SINGLE SHOT O IN CONTINUO CON CATETERE PERINERVOSO)

4) LIA (LOCAL INFILTRATION ANALGESIA) O INFILTRAZIONE INTRA-PERIARTICOLARE

5) PCA (PATIENT CONTROLLED ANALGESIA) 6) COMPRESSE DI SUFENTANIL SUBLINGUALE

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PREEMPTIVE ANALGESIA CON ANALGESICI ORALI

La somministrazione di farmaci analgesici preoperatori può provocare una riduzione del livello di dolore postoperatorio e rendere il sistema nervoso centrale e periferico meno sensibili agli stimoli dolorifici, che sono inevitabili durante un qualsiasi intervento chirurgico(3). Questi

farmaci dovrebbero essere somministrati dalla sera precedente l’intervento chirurgico. I farmaci più utilizzati sono:

 Oppioidi deboli (codeina, tramadolo): agiscono sui recettori µ, k e δ delle corna posteriori sensitive del sistema nervoso centrale, diminuendo la trasmissione del dolore.

 FANS: I farmaci antiinfiammatori non steroidei, come il sodio salicilato e l’acido acetilsalicilico, modulano la sintesi delle prostaglandine tramite l’inibizione dell’enzima cicloossigenasi (COX), che catalizza una delle prime tappe della conversione dell’acido arachidonico in prostaglandine. Attraverso la riduzione della sintesi prostaglandinica, gli inibitori delle cicloossigenasi bloccano la risposta nocicettiva ai mediatori endogeni della flogosi come la bradichinina, la serotonina e l’acetilcolina.

Esistono due tipi di cicloossigenasi: COX1 e COX2.

La COX1 è un enzima costitutivo delle cellule sane, infatti le prostaglandine prodotte tramite questa sono responsabili della produzione del muco gastrico e del mantenimento della perfusione renale.

La COX2(3) viene prodotta dai macrofagi, dai fibroblasti e dalle

cellule endoteliali durante l’infiammazione tissutale ed è quindi un’ isoforma inducibile. I FANS (rofecoxib, celecoxib) che agiscono selettivamente sulla COX2 hanno minori effetti collaterali rispetto a quelli che agiscono su entrambi, soprattutto minor impatto sul sistema della coagulazione, gastrointestinale e renale.

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 Paracetamolo(3): farmaco ad azione analgesica ed antipiretica.

Esiste sia in somministrazione endovenosa che orale. Somministrato per via endovenosa in circa 15 minuti penetra all’interno del liquor e inizia la sua azione analgesica. L’effetto antiinfiammatorio di questo farmaco è molto modesto, infatti ha soltanto una blanda azione inibitoria sull’enzima COX-1.

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ANALGESIA NEUROASSIALE: ANALGESIA EPIDURALE

L’analgesia epidurale è una tecnica di anestesia locoregionale, che può essere utilizzata come forma di analgesia o di anestesia a seconda della concentrazione e del volume del farmaco utilizzato(4).

Questa tecnica consiste nel posizionamento, previa adeguata anestesia locale a livello dello spazio intervertebrale scelto, tramite l’ago di Thuoy, di un catetere nello spazio peridurale del paziente(31). Una volta posizionato, questo

catetere viene utilizzato nel periodo postoperatorio per l’infusione continua di anestetici locali e oppioidi, tramite una pompa antalgica, a velocità, dose e concentrazione impostate dall’anestesista, nello spazio peridurale, provocando un blocco della trasmissione sensitiva ma non motoria (se usato per l’analgesia) delle fibre nervose che originano a livello del metamero scelto, di tutti quelli sottostanti e anche dei 3-4 metameri sopra.

Questa tecnica non è utilizzabile nei pazienti con disturbi della coagulazione o in terapia con anticoagulanti, che non siano stati interrotti da un periodo di tempo sufficiente a soddisfare le linee guida. Questo tipo di analgesia è una tecnica invasiva e non priva di complicanze (puntura accidentale della dura madre, ematoma epidurale, migrazione del catetere a livello dello spazio subaracnoideo….) e non soltanto prevede la collaborazione da parte del paziente, durante l’esecuzione della procedura di posizionamento del catetere, ma richiede, nei giorni successivi, una particolare attenzione da parte del personale di reparto che ha in gestione sia il paziente sia la pompa, ad esso associata.

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BLOCCO NERVOSO PERIFERICO

Il blocco nervoso periferico è nato come una tecnica di anestesia locoregionale che si basa sulla demarcazione cutanea dei punti di repere attraverso cui raggiungere il target nervoso e nella sua identificazione mediante l’evoluzione di parestesie e l’elicitazione di clonie muscolari.

Negli ultimi 5 anni c’è stata una vera e propria rivoluzione in questo tipo di anestesia regionale, infatti con l’introduzione di una “vecchia” tecnologia: l’ecografia(10),(11) l’anestesista è in grado di visualizzare in tempo reale le

strutture nervose, i movimenti dell’ago e l’anatomia delle strutture circostanti. E’ inoltre possibile, sotto guida ecografica, distribuire l’anestetico locale uniformemente attorno al target nervoso assicurando l’effettiva riuscita del blocco.

Chiaramente i blocchi nervosi periferici non sono scevri da rischi, dai meno gravi come il discomfort del paziente durante l’esecuzione dell’anestesia e la non riuscita della tecnica eseguita, fino ai più gravi come il danno neurologico e la tossicità da anestetici locali.

BLOCCO DEL NERVO FEMORALE

ANATOMIA

Il nervo femorale è il ramo principale del plesso lombare (radici da L2, L3 e L4), fuoriesce dal muscolo psoas e decorre sotto il legamento inguinale ponendosi lateralmente all’arteria femorale, ricoperto dalla fascia iliaca. Da qui si divide quasi subito in rami più profondi per l’innervazione del muscolo quadricipite , e in rami superficiali per il muscolo sartorio, per il pettineo e per l’innervazione della cute(29).

POSIZIONE PAZIENTE

Il paziente deve stare supino con l’arto inferiore in posizione neutra.

ANATOMIA ECOGRAFICA

Si posiziona la sonda ecografica (lineare ad alta frequenza fra i 10 e i 15 MHz) secondo un piano trasverso alla radice della coscia interessata, il marker della sonda dovrebbe essere rivolto verso l’esterno del paziente, a destra o a sinistra

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a seconda del lato dell’intervento(28). Si cerca in senso latero-mediale l’arteria

femorale, che apparirà in asse corto come una struttura ipoecogena, circolare e pulsatile. L’arteria si distingue dalla vena femorale, posta più medialmente perché non è comprimibile con la sonda e per la sua pulsatilità. Lateralmente all’arteria femorale, solitamente ad 1 cm di distanza, troviamo il nervo femorale, che in asse corto appare come una formazione ovalare o triangolare iperecogena.

Subito superficialmente al nervo si possono visualizzare due strutture lineari iperecogene: la fascia lata e la fascia iliaca.

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1: laterale 2: nervo femorale 3: arteria femorale 4: mediale

TECNICA D’ESECUZIONE

Dopo un’accurata disinfezione della cute si inserisce l’ago atraumatico (50mmx22G), collegato ad una siringa di anestetico locale e all’elettrostimolatore, secondo l’asse lungo della sonda; il punto d’ingresso è la doccia di passaggio fra il muscolo retto femorale e il sartorio. L’ago avanza in direzione latero-mediale sino a bucare la fascia iliaca, bucatura resa evidente dal click che l’operatore dovrebbe apprezzare tramite l’ago. A questo punto si aspira, per controllare di non essere all’interno dell’arteria, e si iniettano circa 15-20 ml di anestetico locale in boli frazionati intorno al nervo, provocando uno scollamento del nervo dalle strutture circostanti, che risulta come una formazione iperecogena circondata da un liquido ipoecogeno. Un’ulteriore conferma della tecnica eseguita è data dall’elettrostimolatore: una volta raggiunto il nervo l’utilizzo di una corrente di 0,4 mA deve evocare le clonie a livello dell’arto inferiore e più precisamente a livello del ginocchio.

BLOCCO DEL NERVO FEMORALE IN CONTINUO

Utilizzando la stessa tecnica del blocco del femorale single shot si può posizionare un catetere, simile a quello utilizzato per la peridurale, nelle vicinanze del nervo femorale, al di sotto della fascia iliaca. A questo catetere viene collegata una pompa che rilascia anestetico locale in continuo a concentrazione, dose e velocità impostate dall’anestesista.

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Questa metodica è poco utilizzata poiché l’infusione continua di anestetico locale provoca un indebolimento del muscolo quadricipite, che rende difficoltosa la fisioterapia post-operatoria, allunga la degenza ospedaliera e aumenta il rischio di cadute(4),(13). Si preferisce comunque il metodo single shot,

infatti anche usando anestetici locali a più lunga durata d’azione, dopo circa 24 h si ha un completo recupero della funzione motoria e della sensibilità dell’arto inferiore.

BLOCCO DEL NERVO SCIATICO

Esistono vari approcci per eseguire il blocco del nervo sciatico: gluteo, sottogluteo , laterale e anteriore(28). Per effettuare l’analgesia per l’artroprotesi

di ginocchio il più semplice da eseguire è l’approccio laterale.

ANATOMIA

Il nervo sciatico o ischiatico è un nervo misto, che origina dal plesso sacrale (radici da L4, L5, S1, S2, S3). E’ costituito da due contingenti di fibre, che decorrono separate all’interno di questo e alla fine si dividono nei due rami terminali: peroniero comune e tibiale anteriore. Le radici del nervo si uniscono in un unico tronco a ridosso del sacro, quindi il nervo fuoriesce dalla cavità pelvica passando attraverso il grande forame ischiatico, al di sotto del muscolo piriforme. Si viene così a trovare in posizione intermedia fra il grande trocantere del femore e la tuberosità ischiatica. Superata la natica, il nervo raggiunge la coscia, dove decorre in prossimità della linea aspra del femore.

APPROCCIO LATERALE

POSIZIONE DEL PAZIENTE

Il paziente può essere posizionato prono o supino; preferibilmente supino, soprattutto se traumatizzato, con il ginocchio leggermente flesso grazie al posizionamento di un cuscino sotto la gamba, in modo tale che la parte posteriore della coscia non appoggi sul letto.

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ANATOMIA ECOGRAFICA

Si posiziona la sonda ecografica (lineare ad alta frequenza fra i 7 e i 12 MHz) a livello medio della faccia posteriore della coscia, trasversalmente alla linea sciatica. Il marker si orienta lateralmente. Si progredisce con la scansione in senso caudale, seguendo il nervo fino all’apice della fossa poplitea dove si divide nei suoi rami terminali. Il nervo appare di forma ovale, iperecogeno con al suo interno echi ipoecogeni. L’arteria poplitea ipoecogena e pulsatile si trova medialmente al nervo e genera un fascio vascolo-nervoso, circondato da bicipite femorale lateralmente e semimembranoso e semitendinoso medialmente.

TECNICA D’ESECUZIONE

Dopo un’accurata disinfezione della cute si inserisce l’ago atraumatico (100mmx22G), collegato ad una siringa di anestetico locale e all’elettrostimolatore, secondo l’asse lungo della sonda, in plane, ed in senso latero-mediale. Il punto d’ingresso dell’ago si trova solitamente 2-4 cm anteriormente alla sonda e coincide con la doccia tra i muscoli vasto laterale e il

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capo lungo del bicipite femorale. Una volta individuato il nervo al centro dell’immagine ecografica e grazie alle clonie, evocate dall’elettrostimolatore (flessione plantare e dorsiflessione del piede), si iniettano 15-20 ml di anestetico locale in boli frazionati, intorno al nervo, ottenendo un’immagine iperecogena, il nervo per l’appunto, circondata da liquido ipoecogeno, l’anestetico locale.

APPROCCIO GLUTEO

POSIZIONE DEL PAZIENTE

Si posiziona il paziente in decubito laterale sul fianco opposto a quello da operare in modo che l’arto, su cui si deve eseguire il blocco, sia quindi quello in alto. Si piega leggermente il ginocchio della gamba interessata (posizione di Sim) e si traccia una linea fra grande trocantere e tuberosità ischiatica.

ANATOMIA ECOGRAFICA

Dopo aver disegnato la linea che unisce il grande trocantere alla tuberosità ischiatica, si seleziona la sonda semiconvessa (frequenza fra i 5-7 MHz), impostando una profondità di circa 7 cm, e si posiziona orizzontalmente sulla linea appena tracciata con il marker rivolto lateralmente. Il nervo sciatico si

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trova ad una profondità media fra i 4 e i 6 cm. Sulla sinistra dello schermo si visualizza un cono d’ombra, generato dal grande trocantere, analogamente a destra si trova un altro cono d’ombra dato dalla tuberosità ischiatica. La capsula articolare dell’anca è visualizzata come una struttura curvilinea iperecogena (segno del pipistrello) che unisce i due reperi ossei. Al di sopra della capsula articolare dell’anca si trova il muscolo grande gluteo, e fra questi due appare un’altra struttura affusolata ed iperecogena: il nervo sciatico.

Fra la capsula articolare ed il nervo talvolta si può visualizzare una sottile stria ecogena, e questa, a seconda di com’è orientata la sonda può essere o la porzione terminale del muscolo otturatorio interno o il quadrato dei lombi.

TECNICA D’ESECUZIONE

Dopo un’accurata disinfezione della cute si inserisce l’ago atraumatico (100mmx22G), collegato ad una siringa di anestetico locale e all’elettrostimolatore, sulla linea, tracciata fra il grande trocantere e la tuberosità ischiatica, secondo l’asse lungo della sonda, in plane ed in senso latero-mediale. Si visualizza il nervo sciatico al centro della sonda e si comincia ad iniettare l’anestetico locale a boli frazionati intorno al nervo, circa 15-20 ml. L’elettrostimolatore, grazie al riconoscimento delle clonie evocate, aiuta ad essere certi di aver individuato la giusta struttura.

APPROCCIO SOTTOGLUTEO

POSIZIONE PAZIENTE

Il paziente viene posizionato prono o in decubito laterale come per l’approccio gluteo (posizione di Sim).

ANATOMIA ECOGRAFICA

Si localizza il nervo a livello gluteo, quindi si muove la sonda semiconvessa (frequenza fra i 5-7 MHz) in senso caudale, con il marker rivolto lateralmente, lungo la linea sciatica (linea tracciata lungo la doccia fra il muscolo bicipite

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femorale e il semitendinoso) fino ad individuare la sua divisione, all’apice della fossa poplitea. Lungo questa linea il nervo è ricoperto da un minor strato muscolare e appare come una struttura ovalare iperecogena con echi ipoecogeni all’interno.

TECNICA D’ESECUZIONE

Dopo un’accurata disinfezione della cute si inserisce l’ago atraumatico (100mmx22G), collegato ad una siringa di anestetico locale e all’elettrostimolatore, lateralmente alla linea sciatica, a circa 2-3 cm da questa, secondo l’asse lungo della sonda, in plane. Si può scegliere una distanza maggiore dalla linea sciatica per migliorare l’angolo di incidenza fra sonda e ago, così da visualizzare meglio quest’ultimo. Localizzato il nervo al centro dello schermo si iniettano intorno ad esso, a boli frazionati, fra i 15 e i 20 ml di anestetico locale. Il nervo lungo il suo tragitto sulla linea aspra è mantenuto nella sede anatomica da setti connettivali; soprattutto nel raggiungimento del versante posteriore del nervo, l’ago si trova davanti il setto laterale e quindi l’operatore deve avvertire un click nell’attraversare questo setto per essere certo di aver raggiunto la posizione.

APPROCCIO ANTERIORE

POSIZIONE PAZIENTE

Si utilizza nei pazienti traumatizzati o comunque in quelli in cui il decubito supino è obbligato.

ANATOMIA ECOGRAFICA

Si posiziona la sonda ecografica semiconvessa (a bassa frequenza fra 3 e 5 MHz), nella parte prossimale della coscia, a circa 8 cm dalla piega inguinale, su un piano di scansione trasversale con il marker orientato lateralmente. Il nervo sciatico a questo livello si trova posteriormente al femore, a circa 4-5 cm dalla cute e quindi la sonda deve avere una profondità di scansione di almeno 7 cm.

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Si cerca di visualizzare ecograficamente il femore ed una volta individuato il cono d’ombra di questo e posto al centro dell’immagine, il nervo sciatico apparirà come una struttura ovalare, iperecogena, situata postero-medialmente al piccolo trocantere ed in profondità al muscolo grande adduttore.

TECNICA D’ESECUZIONE

Dopo un’accurata disinfezione della cute si inserisce l’ago (100mmx22G), collegato ad una siringa di anestetico locale e all’elettrostimolatore, secondo l’asse lungo (in plane) della sonda ed in senso medio-laterale con direzione anteroposteriore. Il punto d’ingresso è a 2-3 cm dal marker della sonda. È difficile con questo tipo di approccio visualizzare la punta dell’ago, quello che aiuta in questo caso sono i movimenti dei tessuti all’avanzare dell’ago stesso e le clonie, evocate dall’elettrostimolatore in prossimità del nervo. Vengono iniettati circa 15-20 ml di anestetico locale, in boli frazionati intorno al nervo, che risulterà ancora una volta come una struttura iperecogena circondata da liquido ipoecogeno.

BI-BLOCK ANTALGICO

Solitamente negli interventi di ginocchio, come preemptive analgesia(5), si

utilizzano insieme il blocco del nervo femorale, che copre l’analgesia della parte anteriore del ginocchio e il blocco del nervo sciatico al polplite che copre l’analgesia della parte posteriore. Il blocco del nervo femorale in single shot o con catetere in continuo, come risulta da numerosi studi, non è sufficiente a coprire il dolore severo causato dall’intervento, soprattutto nel cavo popliteo. In aggiunta al bi-block antalgico talvolta viene praticato il blocco del nervo otturatore che, insieme ai rami mediali del nervo femorale, si occupa dell’innervazione sensitiva della porzione inferomediale della coscia e mediale del ginocchio. Il blocco di questi tre nervi risulta essere il più completo, ma non comporta benefici maggiori nella gestione del dolore post-operatorio; al contrario risulta essere il più invasivo e più lungo da effettuare, per cui come dimostrato in numerosi studi, è sufficiente il bi-block per ottenere una buona analgesia postoperatoria(6).

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COMPLICANZE BLOCCHI ANESTETICI LOCOREGIONALI

Anche i blocchi anestetici locoregionali dell’arto inferiore non sono scevri da complicanze.

Danno neurologico:

ha un’incidenza molto bassa (2-4:10000), e avviene

quando si viola il perinervio del nervo con l’ago e conseguentemente con l’anestetico locale. Può essere temporaneo o persistente (6-12 mesi).

Il danno può essere meccanico, dovuto direttamente alla puntura dell’ago; ischemico, dovuto all’aumento di pressione intraneurale, causato dall’anestetico locale iniettato all’interno del perinervio o chimico-tossico, causato dalla tossicità dell’anestetico locale e dipendente dalla concentrazione e dalla dose di questo(27).

Ci sono vari gradi di danno nervoso(14):

 Neuroaprassia: grado 1→ si ha demielinizzazione focale, con un recupero spontaneo e completo in tre mesi

 Assonotmesi: grado 2→lesione assonale

grado 3→interruzione endonervio

grado 4→interruzione perinervio, si ha una

reinnervazione della zona da parte delle fibre non lesionate; il tempo impiegato per questa dipende dall’entità della

lesione

 Neurotmesi: grado 5→lesione completa, l’unica terapia è chirurgica

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L’unica prevenzione possibile è quella di EVITARE LA PUNTURA DEL NERVO e l’iniezione di anestetico all’interno di questo. Il nervo sciatico, essendo molto grosso e costituito da molti fascicoli all’interno del perinervio, non subisce danno se la puntura è interfascicolare; il danno si ha invece, se la puntura è intrafascicolare. La pressione richiesta infatti per fare un danno interfascicolare è molto maggiore di quella richiesta per fare un danno intrafascicolare.

LAST (Local Anesthetics Systemic Toxicity):

l’utilizzo dell’ecografia ha

ridotto notevolmente questo tipo di complicanza(15).

La LAST può essere causata da:

 Iniezione intravascolare arteriosa → l’anestestico locale viene iniettato all’interno di un vaso arterioso. La tossicità in questo caso è immediata e la terapia per evitare bradicardie, convulsioni fino ad arresto cardiaco è data dalla somministrazione endovenosa di una emulsione lipidica al 20% (intralipid), il più velocemente possibile e l’eventuale sostegno di tutte le funzioni vitali (ossigenoterapia, ACLS…) se queste fossero già compromesse(16),(17),(18)

Bolo di intralipid: 1.5 mL/kg + infusione continua: 0.25 mL/kg/min

 Riassorbimento dell’anestetico locale da parte dei vasi venosi nel sito di iniezione di questo. La tossicità è ritardata (20-30 min) e, non appena si manifesta, l’antidoto è sempre l’intralipid(16),(17)

La LAST nel caso dell’iniezione intravascolare può essere evitata:

 visualizzando i vasi e comprimendoli con la sonda per non bucarli  visualizzando la punta dell’ago

 visualizzando lo spread di anestetico locale  aspirando sempre prima di iniettare

 iniezioni frazionate (3-5 ml)

la LAST nel caso del riassorbimento nel sito di iniezione può essere evitata:  utilizzando il minimo necessario di anestetico locale (DOSE=

volume x concentrazione)  iniettando nel posto giusto

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24

LIA ( LOCAL INFILTRATION ANALGESIA)

La LIA consiste nell’infiltrazione intra, periarticolare e sottocutanea a livello del ginocchio di un volume di anestetico locale durante l’intervento di artroprotesi(6),(8). Ad eseguire l’infiltrazione è il chirurgo ortopedico prima della

cementazione della protesi. Solitamente nella LIA si utilizza ropivacaina ( fra lo 0,5% e il 2% in base alla disponibilità della concentrazione del farmaco nell’ospedale di riferimento e ovviamente al calcolo della dose tossica) o la levobupivacaina(7) (allo 0,125% ) con un volume fra i 75 e i 200 ml, in base al

peso, al farmaco e alla concentrazione scelta; alcuni studi dimostrano che se all’anestetico locale vengono aggiunti oppioidi, come la morfina, FANS, come il ketorolac, e vasocostrittori, come l’adrenalina, si ha un maggior controllo del dolore e della durata dell’analgesia (3).

Negli USA già dal 2015 viene utilizzata per la LIA la bupivacaina liposomiale, ancora non disponibile in Italia(9). La bupivacaina liposomiale (Exparel-Pacira

Pharmaceuticals) è costituita da bupivacaina incapsulata in liposomi multivescicolari, una tecnologia che permette un lento rilascio di farmaco e amplia la durata dell’analgesia fornita dalla bupivacaina ,fino a 72 ore(20).

La LIA è una tecnica molto semplice da eseguire e richiede una cosa sola: la collaborazione da parte del chirurgo, il quale non solo deve iniettare l’anestetico, ma prima di ogni iniezione deve aspirare per essere certo di non effettuare la LIA all’interno di un vaso, unica complicanza possibile.

(27)
(28)

26

PCA (PATIENT CONTROLLED ANALGESIA)

La PCA-morfina è una dei più comuni metodi di gestione del dolore post-operatorio utilizzato negli anni(3); questa consiste in una pompa per il dolore

che infonde morfina al paziente per via endovenosa . La concentrazione, la dose e la velocità vengono impostate dall’anestesista sulla base dell’età del paziente, del peso e della necessità di tale oppioide dopo un determinato intervento chirurgico. La pompa può essere programmata per rilasciare il farmaco in continuo ad una velocità prestabilita (come la PCEA, la pompa connessa al catetere peridurale) e/o somministrare dosi aggiuntive richieste dal paziente tramite un pulsante, connesso alla pompa. Anche le dosi richieste dal paziente sono precedentemente stabilite dall’anestesista quando programma la pompa antalgica in modo che più di una certa quantità di farmaco non possa essere rilasciata.

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27

La PCA, come dimostrato in numerosi studi, offre un’eccellente analgesia e riduce la richiesta ed il consumo di FANS da parte del paziente nel periodo post-operatorio. Dall’altra parte però la morfina può avere effetti collaterali, soprattutto nei pazienti anziani, che presentano già patologie respiratorie,

cardiache e gastrointestinali ma anche nei più giovani e sani, come nausea, vomito, depressione respiratoria, stipsi, ritenzione urinaria e prurito. L’altro grande limite della PCA è che nella maggior parte dei reparti il personale non è in grado di gestire, modificare e riprogrammare la pompa nel caso ci fossero dei problemi e quindi spesso questa terapia viene sospesa fino all’arrivo dell’anestesista.

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28

COMPRESSE SUBLINGUALI DI SUFENTANIL (ZALVISO)

In alcuni ospedali si sta diffondendo sempre più l’utilizzo di compresse sublinguali di sufentanil per la gestione del dolore post-operatorio(21). Anche in

questo caso si utilizza un device impostato sul paziente che, al bisogno, il paziente stesso porta alla bocca e questo rilascia la dose per via sublinguale; ovviamente questo apparecchio, come per la PCA, viene programmato ed inoltre ha un codice di riconoscimento per il paziente che ne fa uso, che esclude che possa essere utilizzato anche da altri.

La compressa sublinguale è di 15 µg di sufentanil, che, come dimostrano molti studi, è risultato il dosaggio più soddifacente, rispetto a quelle da 5 µg o 10 µg, nella gestione del dolore dopo l’intervento di artroprotesi di ginocchio o di chirurgia addominale maggiore.

Il sufentanil è un oppioide sintetico altamente lipofilo, derivato della piperidina; ha una potenza 300-400 volte quella della morfina e 5-10 volte quella del fentanil. Si caratterizza per avere il più alto indice terapeutico (rapporto fra dose tossica del farmaco e dose che instaura un effetto terapeutico) rispetto a tutti gli altri oppioidi usati in clinica. In alcuni studi, a sostegno della rilevanza clinica dell’indice terapeutico elevato del sufentanil, è stata dimostrata un’incidenza minore di depressione respiratoria rispetto a fentanil e morfina. Il sufentanil inoltre è metabolizzato dal fegato dal citocromo CYP3A4 e non ha metaboliti attivi, a differenza della morfina, che con la sua morfina-3-glucoronide e morfina-6-morfina-3-glucoronide, ha un’azione prolungata e un maggior rischio di accumulo e quindi di depressione respiratoria(22).

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(32)

30

SCOPO DELLO STUDIO

Lo scopo di questo studio è quello di confrontare due tecniche

anestesiologiche locoregionali: Bi-block versus LIA nei pazienti

sottoposti ad intervento di artroprotesi totale di ginocchio nelle

successive 48h post-operatorie per valutare quale possa essere il

miglior protocollo antalgico.

Lo studio è stato eseguito presso l’Azienda Toscana Nord-Ovest

(ATNO) Presidio di Livorno da marzo a giugno 2018 e ha reclutato

un campione di 40 pazienti, sottoposti ad intervento di primo

impianto di artroprotesi totale di ginocchio.

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MATERIALI E METODI

CRITERI D’INCLUSIONE

età ≤85 anni

peso fra i 50 e i 125 kg

ASA ≤3

CRITERI D’ESCLUSIONE

età>85 anni

peso >125 Kg

ASA >3

coagulopatie o terapie anticoagulanti, non sospese

secondo le ultime linee guida

demenza, vasculopatia cerebrale importante

allergie note alla morfina, agli anestetici locali o ai FANS

I pazienti sottoposti ad artroprotesi totale di ginocchio, reclutati fra marzo e giugno 2018, hanno ricevuto tutti l’ anestesia spinale, con levobupivcaina allo 0,5% con un dosaggio fra i 10 e i 15 mg, ma sono stati divisi in due gruppi, di 20 pazienti ciascuno, per quanto riguarda l’analgesia.

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PRIMO GRUPPO

Il primo gruppo è stato trattato con la LIA e quindi il chirurgo ortopedico ha, intraoperatoriamente, infiltrato con una soluzione di anestetico locale, oppioide, FANS e adrenalina la zona intra e periarticolare del ginocchio, prima dell’apposizione finale della protesi totale cementata e il sottocute, prima delle chiusura della ferita chirurgica. In accordo al protocollo della Mayo Clinic (Arizona) del 2015(5) i farmaci ed i dosaggi della soluzione per l’infiltrazione

locale sono:

1. Morfina 5 mg 2. Ketorolac 30 mg

3. Ropivacaina 2% (sacchette da 100 ml) + ADRENALINA: 50-74 Kg 200 mg ROPIVACAINA (100 ml) + 100 µmg ADRENALINA 75-99 Kg 300 mg ROPIVACAINA (150 ml) +200 µmg ADRENALINA 100-125 kg 400 mg ROPIVACAINA (200 ml) +300 µmg ADRENALINA

50% della miscela prima del cemento: capsula posteriore lateralmente e medialmente

30% della miscela nel grasso retropatellare e nell’artrotomia lateralmente e medialmente

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33

SECONDO GRUPPO

Il secondo gruppo è stato trattato con BI-BLOCK antalgico, eco-guidato e con l’elettrostimolazione nervosa. Il BI-BLOCK è stato eseguito nella presala, prima di effettuare l’anestesia spinale. I farmaci ed i dosaggi utilizzati sono:

BLOCCO NERVO FEMORALE

 ROPIVACAINA 0,6% 20 ml (120 mg): 1 fiala (10 ml) di ROPIVACAINA 0,2% (20 mg) +1 fiala (10 ml) di ROPIVACAINA 1% (100 mg)

BLOCCO DEL NERVO SCIATICO

 ROPIVACAINA 0,6% 20 ml (120 mg): 1 fiala (10 ml) di ROPIVACAINA 0,2% (20 mg) +1 fiala (10 ml) di ROPIVACAINA 1% (100 mg)

Il blocco del nervo femorale è stato eseguito con l’ approccio ecografico, ed utilizzando comunque l’elettrostimolatore, che garantisce, grazie al riconoscimento delle clonie, una ulteriore sicurezza della della metodica.

Il blocco del nervo sciatico, eseguito anche esso, con entrambe le tecniche (ecografia ed elettrostimolazione), è stato effettuato con l’approccio laterale.

ANALGESIA POST-OPERAORIA PER ENTRAMBI I GRUPPI

Sia i 20 pazienti sottoposti a LIA, sia i 20 sottoposti a BI-BLOCK nel postoperatorio hanno ricevuto i seguenti farmaci ad orario:

 ossicodone/naloxone: 1 compressa per os (10 mg), per i pazienti con un’età <80 anni, oppure ½ compressa per os (5 mg), per i pazienti con età ≥ 80 anni. Indipendentemente dal dosaggio le compresse sono state somministrate ogni 12 h, a partire dalle 20 del giorno dell’intervento (giorno zero) fino alle 20 del secondo giorno post-operatorio

 paracetamolo: 1 g per via endovenosa; la prima somministrazione in sala operatoria e poi ogni 8 h, quindi tre volte al giorno per i successivi tre giorni

 ketorolac: 30 mg come dose rescue, da somministrare al massimo ogni 8 h per il giorno zero e i successivi due giorni

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34

OSSICODONE/NALOXONE

L’ossicodone è un oppioide semisintetico, agonista puro dei recettori µ e K dell’encefalo, del midollo spinale e degli organi periferici; è circa due volte più potente della morfina(23). Dopo la somministrazione orale raggiunge il picco di

concentrazione plasmatica dopo circa 3 ore; ha una durata d’azione di circa 12 h. Viene metabolizzato a livello epatico dal citocromo P450 e i prodotti del metabolismo epatico vengono eliminati per via renale. L’ossicodone, agendo sui recettori µ dell’intestino, provoca quasi sempre stipsi, e nei casi più gravi ileo paralitico, creando forti disagi ai pazienti; per questo motivo è stata creata l’associazione ossicodone/naloxone (targin)(26).

Il naloxone è un antagonista puro dei recettori µ, per cui a livello intestinale contrasta la stipsi generata dall’ossicodone; somministrato per os subisce un metabolismo di primo passaggio a livello del fegato e questo limita i suoi effetti sistemici, privilegiando quelli intestinali.

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ROPIVACAINA

Il meccanismo d’azione, della ropivacaina, come per tutti gli altri anestetici locali, è ascrivibile ad una riduzione reversibile della permeabilità della membrana delle fibre nervose agli ioni sodio. Ne conseguono la diminuzione della velocità di depolarizzazione e l’aumento della soglia di eccitabilità che si traducono nel blocco degli impulsi nervosi a livello locale(26).

La ropivacaina è un anestetico locale a lunga durata d’azione, appartenente al gruppo degli aminoamidi, insieme a lidocaina, mepivacaina, prilocaina,

bupivacaina. Gli anestetici amidici, rispetto agli aminoesteri, vengono degradati meno rapidamente e catabolizzati pressoché unicamente a livello dei microsomi epatici e ciò conferisce a queste molecole una stabilità e una durata d'azione maggiore(25). L’inizio dell’attività della ropivacaina e la durata

dell’efficacia anestetica di questa a livello locale, dipendono dal sito di somministrazione e dal dosaggio.

Come struttura chimica è simile alla bupivacaina, ma a differenza di questa, che è una miscela racemica, la ropivacaina è un isomero-S; l’uso di s-isomeri piuttosto che di miscele racemiche in genere riduce la tossicità sistemica di una molecola.

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36

Paragonata alla bupivacaina, la ropivacaina, possiede (alla stessa concentrazione sierica):

 minore blocco motorio quando utilizzata a basse concentrazioni  minore tossicità cardiaca

 minore liposolubilità  simile blocco sensitivo  onset lievemente inferiore

La ropivacaina, quindi, sarebbe dotata di un blocco differenziale (blocco sensitivo > blocco motorio) maggiore della bupivacaina.

Inoltre la ropivacaina sembrerebbe, in vitro, dotata di minori effetti negativi sull'elettrofisiologia cardiaca e sul SNC, rispetto alla bupivacaina.

La ropivacaina in commercio esiste in numerose concentrazioni; le fiale, da 10 ml, possono avere una concentrazione di:

 10 mg/ml (ropivacaina all’1%)  7,5 mg/ml (ropivacaina allo 0,75%)  5 mg/ml (ropivacaina allo 0,5%)  2 mg/ml (ropivacaina allo 0,2%)

Sulle dosi tossiche non c’è molta chiarezza in letteratura, sembra che 3-4 mg/kg sia la dose massima da utilizzare per il blocchi nervosi periferici.

Complicazioni neurologiche

Indipendentemente dall’anestetico locale utilizzato, sono state associate all’anestesia regionale neuropatie e alterazioni del midollo spinale (per es. sindrome dell’arteria spinale anteriore, aracnoidite, sindrome della cauda equina), che in rari casi possono causare sequele permanenti.

Blocco spinale totale

Il blocco spinale totale si può manifestare quando viene somministrata un’eccessiva dose intratecale.

Tossicità sistemica acuta

Le reazioni sistemiche tossiche coinvolgono primariamente il sistema nervoso centrale (SNC) e il sistema cardiovascolare (SCV). Queste reazioni sono causate da un’alta concentrazione ematica di anestetico locale, che può essere provocata da un’iniezione intravascolare (accidentale), dal sovradosaggio o da un assorbimento eccezionalmente rapido da aree molto vascolarizzate. Le reazioni del SNC sono simili per tutti gli anestetici locali di tipo ammidico,

(39)

37

mentre le reazioni cardiache sono maggiormente dipendenti dal farmaco, sia in termini quantitativi, sia qualitativi.

Tossicità del sistema nervoso centrale

La tossicità del sistema nervoso centrale si manifesta gradualmente con sintomi e segni di severità crescente. Inizialmente si rilevano sintomi quali: disturbi visivi o uditivi, ipoestesia periorale, capogiro, confusione mentale, vellichio e parestesia. Disartria, rigidità muscolare e spasmo muscolare sono effetti più seri e possono precedere l’instaurarsi di convulsioni generalizzate. Questi sintomi non devono essere confusi con comportamento nevrotico. Possono seguire incoscienza e crisi convulsive di grande male che possono durare da pochi secondi a diversi minuti. Durante le convulsioni, a causa dell’aumentata attività muscolare e della interferenza con la respirazione, insorgono rapidamente ipossia e ipercapnia. In casi gravi si può manifestare anche apnea. L’acidosi respiratoria e metabolica aumenta e prolunga gli effetti tossici degli anestetici locali. Il ritorno del paziente alle condizioni cliniche iniziali, è conseguente alla ridistribuzione del principio attivo dal sistema nervoso centrale e al successivo metabolismo ed escrezione. Il recupero può essere rapido se non sono state somministrate grandi quantità di medicinale.

Tossicità del sistema cardiovascolare

La tossicità cardiovascolare è indice di una situazione più grave. Come risultato di elevate concentrazioni sistemiche di anestetici locali si possono generare ipotensione, bradicardia, aritmia ed anche arresto cardiaco. Nei volontari l’infusione endovenosa di ropivacaina ha indotto una diminuzione della conduttività e della contrattilità. Gli effetti tossici cardiovascolari sono generalmente preceduti da segni di tossicità del sistema nervoso centrale, a meno che il paziente non stia ricevendo un anestetico generale o sia pesantemente sedato con medicinali come benzodiazepine o barbiturici(25).

(40)

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PROTOCOLLO DI STUDIO

I pazienti inclusi nello studio sono stati seguiti dalla mattina dell’intervento chirurgico, giorno zero, fino alla sera del secondo giorno post-operatorio.

In questi tre giorni i pazienti sono stati interrogati sulle loro condizioni circa tre volte/die :

 alle 8, necessario per valutare l’entità del dolore della notte appena trascorsa

 alle 15, interessante soprattutto nel primo giorno post-operatorio perché valuta il dolore dopo la prima seduta di fisioterapia, avvenuta per l’appunto durante la mattina

 alle 20

Ovviamente il giorno dell’intervento, giorno zero, il paziente è stato intervistato solo alle 15 e alle 20, trovandosi alle 8 già in sala operatoria.

Interrogando il paziente, agli orari prestabiliti, si è valutato la presenza di: 1) dolore post-operatorio ed eventuale somministrazione della dose rescue 2) PONV (POstoperative Nausea and Vomiting)

3) effetti collaterali

4) Valutazione del sensorio

1) DOLORE POST-OPERATORIO E DOSE RESCUE

Per lo studio è stata utilizzata la scala NRS.

NRS: Numerical Rating Scale (NRS) (Downie 1978) prevede l’utilizzo di un

apposito regolo composto da una serie crescente di numeri compresi tra 0 e 10 in cui il paziente indica il numero che più rappresenta l’entità del suo dolore al momento della valutazione. 0 indica l’assenza di dolore, 10 il massimo del dolore possibile. Più semplice da effettuare ma altrettanto efficace è la valutazione verbale: si domanda al paziente di valutare il suo dolore in una scala da 0 a 10, dove i due estremi sono gli stessi del regolo.

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39

Al paziente, quindi, è stato chiesto ogni giorno per circa tre volte/die di indicare l’entità del suo dolore in una scala da 0 a 10. Insieme alla scala NRS, nei casi in cui il paziente abbia manifestato un dolore importante, ≥4, è stata valutata anche la somministrazione della dose rescue (ketorolac), chiedendogli se avesse fatto richiesta di ulteriori farmaci analgesici e controllando comunque nella cartella infermieristica la terapia effettuata fino a quel momento, indipendentemente dalla sua risposta.

2)PONV (POstoperative Nausea and Vomiting)

Durante la valutazione del dolore è stata indagata anche la presenza di eventuale PONV, chiedendo al paziente se avesse avuto episodi di nausea o vomito nel tempo trascorso fino a quel momento.

3) EFFETTI COLLATERALI

Insieme all’entità del dolore post-operatorio, alla PONV si valuta anche la presenza di qualunque effetto collaterale e quindi la presenza di qualsiasi segno o sintomo il paziente percepisca come fastidioso o che comunque crei un disagio.

Effetti collaterali possono essere: reazioni allergiche (prurito, presenza di eritemi…..), sia ai farmaci usati intraoperatoriamente sia a quelli usati nel post-operatorio per la gestione del dolore; ipotensione, spesso correlata più alla cospicua perdita ematica che si può verificare durante l’intervento di chirurgia maggiore che all’utilizzo di farmaci, disturbi gastrointestinali, come stipsi,

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40

4)VALUTAZIONE DEL SENSORIO

Il paziente può presentarsi :

 Vigile: orientato nel tempo e nello spazio

 Obnubilato: rallentato, con risposte poco orientate e confuse

 Soporoso: assenza completa di tutte le funzioni di relazione sociale; tale stato può essere ulteriormente distinto in:

1) Non responsivo

2) Responsivo allo stimolo doloroso 3) Responsivo allo stimolo verbale

La valutazione del sensorio nel post-operatorio aiuta a valutare gli effetti collaterali dei farmaci oppiacei, nel caso di questo studio, quindi, dell’ossicodone/naloxone. Questo infatti, in rarissimi casi può provocare euforia, allucinazioni, incubi, stato di sedazione, parestesie e quindi alterazioni dello stato di coscienza e dell’umore.

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RISULTATI

A causa dell’esiguo numero di pazienti, presi in esame, lo studio si è limitato alla lettura e all’interpretazione dei dati rilevati.

DOLORE POST-OPERATORIO

Per quanto riguarda il dolore post-operatorio vengono messi a confronto i valori riferiti dai pazienti all’interno della scala NRS per i due gruppi per i primi tre giorni post-operatori (giorno 0, cioè il giorno dell’intervento chirurgico, giorno 1, primo giorno operatorio e giorno 2, secondo giorno post-operatorio). I pazienti di entrambi i gruppi sono stati studiati all’interno di tre fasce della scala NRS:

 dolore <4  dolore ≥4 e ≤6  dolore ≥7 16 15 14 17 4 5 6 3 0 2 4 6 8 10 12 14 16 18

LIA NRS BI-BLOCK LIA BI-BLOCK

h 15 h 20

NRS GIORNO 0

minore di 4 tra 4 e 6

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Nei tre giorni successivi all’intervento di artroprotesi totale di ginocchio non si rilevano sostanziali differenze nella percezione del dolore fra le due tecniche di analgesia utilizzate. Nessun paziente riferisce un valore ≥7 alla scala NRS nei controlli effettuati. 17 18 13 14 17 16 3 2 7 6 3 4 0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20

LIA BI-BLOCK LIA BI-BLOCK LIA BI-BLOCK

h 8 h 15 h 20

NRS GIORNO 1

minore di 4 tra 4 e 6 0 5 10 15 20 25

LIA BI-BLOCK LIA BI-BLOCK LIA BI-BLOCK h 8 h 15 h 20

NRS GIORNO 2

minore di 4 tra 4 e 6

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DOLORE POST-OPERATORIO E DOSE RESCUE: CONFRONTO

TRA I DUE GRUPPI

GIORNO 0 (GIORNO DELL’INTERVENTO CHIRURGICO)

1° GRUPPO: pazienti trattati con la LIA

Per quanto riguarda il giorno dell’intervento, l’80% dei pazienti alle ore 15 e il 70% dei pazienti alle ore 20, hanno avuto un dolore <4; i restanti pazienti hanno avuto un dolore compreso fra 4 e 6. La dose rescue è stata somministrata ad un solo paziente: sia nell’intervallo di tempo fra la fine dell’intervento e le 15 , sia nell’intervallo di tempo fra le 15 e le 20; ovviamente il paziente faceva parte del gruppo con un dolore fra 4 e 6 alla scala NRS.

minore di 4 tra 4 e 6 0 2 4 6 8 10 12 14 16 NRS h15 ketorolac h15 NRS h20 ketorolac h20 16 0 14 0 4 1 6 1 Giorno 0 minore di 4 tra 4 e 6

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44 2°GRUPPO: pazienti trattati con BI-BLOCK

Nel secondo gruppo è stato registrato un dolore <4 per il 75% dei pazienti alle ore 15 e per l’85% dei pazienti alle ore 20; i restanti pazienti hanno avuto un dolore compreso fra 4 e 6. In questo gruppo si evidenzia, però, una maggiore somministrazione della dose rescue: 4 pazienti, nell’intervallo di tempo fra la fine dell’intevento e le 15, e 3 pazienti, nell’intervallo di tempo fra le 15 e le 20, appartenenti tutti alla fascia di dolore più alto riscontrato, hanno ricevuto il ketorolac nel periodo precedente la nostra valutazione.

minore di 4 tra 4 e 6 0 5 10 15 20 NRS h15 ketorolac h15 NRS h20 ketorolac h20 15 0 17 0 5 4 3 3 Giorno 0 minore di 4 tra 4 e 6

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45

GIORNO 1 (PRIMO GIORNO POST-OPERATORIO)

1° GRUPPO: pazienti trattati con la LIA

Dal grafico del primo giorno post-operatorio per il primo gruppo, si nota che i pazienti per tutti e tre i controlli giornalieri continuano ad appartenere alle stesse due fasce di dolore. Inoltre si può facilmente notare un incremento del dolore al controllo delle ore 15, accompagnato da un incremento della somministrazione della dose rescue. Nella fascia di ore fra le 15 e le 20 si assiste ad una diminuzione del dolore: aumentano i pazienti della fascia <4, che tornano ad essere l’85%, come al primo controllo della giornata. A nessuno del 15% dei pazienti restanti, sia alle 8 che alle 20, è stata somministrata la dose rescue. minore di 4 tra 4 e 6 0 5 10 15 20

NRS h8 ketorolac h8 NRS h15 ketorolac h15 NRS h20 ketorolac h20

17 0 13 0 17 0 3 0 7 4 3 0 Giorno 1 minore di 4 tra 4 e 6

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46 2°GRUPPO: pazienti trattati con BI-BLOCK

Il grafico del secondo gruppo per il giorno 1, ha un andamento simile a quello del primo gruppo; anche in questo caso si assiste ad un incremento del dolore e della somministrazione della dose rescue nell’intervallo di tempo fra le 8 e le 15, che poi tornano a ridursi al controllo delle 20.

GIORNO 2 (SECONDO GIORNO POST-OPERATORIO)

Nel secondo giorno postoperatorio si assiste per entrambi gruppi ad una ulteriore diminuzione del dolore:

1) primo gruppo: il 100% dei pazienti ha un dolore <4 ad ognuno dei tre controlli giornalieri effettuati, e nessuno ha ricevuto la dose rescue

2) secondo gruppo: alle 8 l’85% dei pazienti ha un dolore <4 e il restante 15% ≥4 e ≤6, nessuno ha ricevuto la dose rescue. Ai controlli successivi si ha un 100% di pazienti con dolore <4

minore di 4 tra 4 e 6 0 4 8 12 16 20

NRS h8 ketorolac h8 NRS h15 ketorolac h15 NRS h20 ketorolac h20 18 0 14 0 16 0 2 0 6 4 4 2 Giorno 1 minore di 4 tra 4 e 6

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47

PONV (POstoperative Nausea and Vomiting) ED EFFETTI

COLLATERALI

Per quanto riguarda la PONV, non si può fare una vero e proprio studio, data la scarsa presenza di questi eventi nei due gruppi di studio. Nel primo gruppo soltanto tre pazienti hanno avuto un episodio di nausea, tutti durante il giorno 0 ed in tutti e tre i casi è stato correlato ad una diminuzione della pressione arteriosa. Nel secondo gruppo un solo paziente ha avuto nausea, sempre senza vomito, ed anche in questo caso l’episodio è avvenuto in associazione ad una diminuzione della pressione arteriosa, durante il giorno 0.

L’unico effetto collaterale presentato dai pazienti studiati è stato l’ipotensione, associato, come appena descritto, alla nausea. Nessun paziente ha presentato reazioni allergiche agli antidolorifici somministrati, ritenzione urinaria, stipsi e nemmeno depressione respiratoria.

VALUTAZIONE DEL SENSORIO

Tutti i 40 pazienti studiati, ad ogni controllo effettuato, si sono sempre presentati vigili, coscienti, orientati e molto collaboranti. Non si sono mai, quindi, rilevate alterazioni del sensorio per nessun paziente, di nessun tipo.

(50)

48

CONCLUSIONI

Da questo studio si può concludere che effettuare la LIA o il BI-BLOCK nelle protesi totali di ginocchio in anestesia spinale, coadiuvati entrambi, nel postoperatorio, dall’ ossicodone/naloxone e dai FANS (paracetamolo ad orario e ketorolac rescue), non crea sostanziali differenze nella gestione del dolore nei giorni successivi all’intervento chirurgico.

I 40 pazienti hanno avuto tutti un dolore, valutato con la scala NRS, per la maggior parte <4, e solo alcuni compreso fra 4 e 6 per tutti e tre i giorni studiati. Nessun paziente ha avuto un dolore ≥7.

Dallo studio, seppur limitato, si può quindi facilmente evincere che le due tecniche sono sostanzialmente equivalenti o comunque prive di sostanziali differenze.

L’unico incremento del dolore rilevato, ancora una volta in entrambi i gruppi è presente al controllo delle 15, nel primo giorno post-operatorio, molto probabilmente correlato alla prima seduta di fisioterapia con mobilizzazione del paziente, effettuata esattamente fra le 8 e le 12 di questo stesso giorno. L’effetto della LIA e del BI-BLOCK, dopo 24 ore dalla loro esecuzione, dovrebbe infatti essersi esaurito e la mobilizzazione del ginocchio ed il passaggio del paziente dal clinostatismo all’ortostatismo può provocare un incremento del dolore, comunque gestibile nella maggior parte dei casi con l’ossicodone/naloxone ed il paracetamolo prescritti ad orario e nei casi più dolorosi con una dose di ketorolac rescue in più.

Possiamo anche aggiungere che, non esistendo una tecnica che risulti più efficace per la gestione del dolore post-operatorio, la LIA potrebbe essere la scelta migliore per questo tipo di intervento. Rispetto al BI-BLOCK, la LIA risulta essere:

 più semplice da eseguire: ogni chirurgo ortopedico è in grado di eseguirla, dopo una semplice spiegazione sulla sua modalità di esecuzione

 più veloce: ci vogliono circa 3 minuti per effettuare un’adeguata e corretta infiltrazione intra e periarticolare e sottocutanea a livello della ferita chirurgica; il tempo per effettuare un bi-block ecoguidato, anche per gli operatori più esperti, è di almeno 15-20 minuti

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49

 meno invasiva: non richiede di andare ad effettuare blocchi anestesiologici locoregionali sui principali nervi dell’arto inferiore, con tutte le possibili complicanze a questi correlate

 non operatore dipendente: maggiore è l’esperienza dell’anestesista nell’esecuzione del bi-block antalgico ecoguidato e maggiore è la probabilità di riuscita dello stesso

In conclusione la LIA necessita esclusivamente della collaborazione del chirurgo ortopedico per essere effettuata correttamente; collaborazione che nell’Azienda Toscana Nord-Ovest (ATNO), Presidio di Livorno, non è mai mancata.

Dai controlli effettuati nell’arco dei tre giorni esaminati risulta, inoltre, che le compresse di ossicodone/naloxone (targin) somministrate insieme al paracetamolo (perfalgan) possano essere un degno aiuto, alla LIA, o al BI-BLOCK, nella gestione del dolore post-operatorio. Gli unici effetti collaterali presentati dai pazienti sono stati la nausea e l’ipotensione, ma entrambi sono stati rilevati nel giorno dell’intervento, a poche ore di distanza da questo, e soprattutto sempre correlati ad un importante sanguinamento intraoperatorio (perdita ematica di almeno 900ml), probabile causa di questi stessi.

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