1 INDICE
INTRODUZIONE p. 3
CAPITOLO 1
L’INDIGENISMO COME STRUMENTO PER LA COSTRUZIONE
DELL’IDENTITÀ p. 5 1.1 LA TRAIETTORIA POETICA DI MANUEL SCORZA p. 14
1.2 LA GUERRA SILENCIOSA p. 21
CAPITOLO 2
REDOBLE POR RANCAS p. 26 2.1 LO SCONTRO CHACÓN/MONTENEGRO p. 36 2.2 LO SCONTRO FORTUNATO/CERRO DE PASCO CORPORATION p. 45 2.3 LO REAL-MARAVILLOSO E LA VISIONE MITICA IN REDOBLE POR RANCAS p. 55 2.4 IL RUOLO DELL’UMORISMO E DELL’IRONIA p. 60
CAPITOLO 3
HISTORIA DE GARABOMBO, EL INVISIBLE p. 65 3.1 L’INVISIBILITÀ DI GARABOMBO p. 68 3.2 L’INVISIBILITÀ DEL NIÑO REMIGIO p. 80 3.3 LA FUNZIONE DEL MITO IN HISTORIA DE GARABOMBO, EL INVISIBLE p. 86 3.4 L’UMORISMO NEL ROMANZO p. 90
CAPITOLO 4
EL JINETE INSOMNE p. 92 4.1 L’INSONNIA DI RAYMUNDO HERRERA p. 96 4.2 LA STORIA SECONDARIA DE EL INGENIERO p. 103 4.3 LA NUOVA DIMENSIONE MITICA NE EL JINETE INSOMNE p. 108
2
CAPITOLO 5
CANTAR DE AGAPITO ROBES p. 111 5.1 LA LOTTA ARMATA DI AGAPITO ROBLES p. 115 5.2 L’EMBLEMATICO RUOLO DELLA SEDUTTRICE MACA p. 121 5.3 IL RAPPORTO CON IL MITO E LA TRADIZIONE IN CANTAR DE AGAPITO ROBLES p. 126
CAPITOLO 6
LA TUMBA DEL RELÁMPAGO p. 130 6.1 GENARO LEDESMA: L’EROE COMUNE p. 135 6.2 LA TUMBA DEL RELÁMPAGO: LA FINE DEL MITO? p. 140
CONCLUSIONI p. 144
BIBLIOGRAFIA p. 146
3 INTRODUZIONE
Il seguente elaborato propone l’analisi di un periodo importante della letteratura ispanoamericana che, a metà del XX secolo, ha visto la pubblicazione di una grande quantità di opere che hanno ottenuto, in poco tempo, esito di pubblico e riconoscimenti internazionali.
Di fronte a un così forte sviluppo letterario e artistico dei Paesi ispanoamericani, sempre più aperti al resto del mondo, molti scrittori, in questi anni, sentono il bisogno di parlare, nelle loro opere, delle questioni sociali e politiche della loro terra. Una di queste, senza dubbio, riguarda la difficile condizione di vita delle popolazioni indigene, da sempre vittime di violenze, massacri e abusi, a opera dei padroni spagnoli prima, e dei grandi proprietari terrieri o delle compagnie minerarie dopo.
Uno di questi scrittori, rappresentate della corrente letteraria del neoindigenismo, è il peruviano Manuel Scorza che, dopo aver visto in prima persona le ingiustizie commesse nei confronti delle comunità indigene del suo Paese, si è battuto fortemente per la rivendicazione dei loro diritti, sia dal punto di vista politico, sia dal punto di vista letterario, pubblicando un ciclo di romanzi che, in armonia con le tecniche tipiche di metà Novecento, racconta la problematica realtà peruviana.
Scorza ha voluto dar voce a tutte quelle popolazioni dimenticate per secoli e dare notizia delle guerre che hanno dovuto affrontare per cercare di porre fine a tutte le ingiustizie subìte; guerre, queste, troppo spesso ignorate dall’opinione pubblica, dalle autorità e dai libri di storia. E Il titolo scelto da Scorza per la raccolta, La Guerra Silenciosa, si riferisce proprio alla condizione di invisibilità e di marginalità degli indigeni della zona andina.
Dopo aver fornito, nel capitolo 1, una panoramica sulla letteratura indigenista, evidenziando le caratteristiche più importanti delle fasi che ne hanno determinato lo sviluppo, e citando, al tempo stesso, le opere più rappresentative nonché gli scrittori più interessanti, gli altri capitoli della tesi sono dedicati all’analisi dettagliata dei cinque romanzi che compongono il ciclo scorziano, Redoble por
4 Rancas, Historia de Garabombo, el invisible, El jinete insomne, Cantar de Agapito Robles e La tumba del relámpago. Attraverso la lettura di questi capitoli è possibile comprendere il grande lavoro di Scorza che, dopo aver raccolto documenti, foto e interviste e aver osservato da vicino la realtà delle popolazioni indigene del Perù, ha dato vita a un enorme progetto narrativo, un vero e proprio ciclo epico capace di raccontare le imprese dei diversi protagonisti, uomini semplici e comuni divenuti eroi nel momento in cui hanno lottato, e sacrificato la loro vita, per difendere la terra, le tradizioni e l’identità di un intero popolo.
5 CAPITOLO 1
L’INDIGENISMO COME STRUMENTO PER LA COSTRUZIONE DELL’IDENTITÀ
A partire dai primi decenni del XX secolo la letteratura latinoamericana registra un forte sviluppo con la pubblicazione di un numero sempre più grande di opere, grazie alle quali il continente americano comincia ad assumere una propria identità, a essere visibile a se stesso e contemporaneamente all’Europa, che fino a quel momento aveva imposto i principali modelli letterari. Per la prima volta si può parlare di letteratura nazionale, di testi che diventano il luogo privilegiato nel quale rappresentare gli usi e i costumi di intere popolazioni, nonché il veicolo d’espressione della bellezza della natura americana, con i suoi laghi, i suoi fiumi impetuosi e le sue imponenti montagne alle quali si oppongono immense distese pianeggianti.
Gli scrittori ispanoamericani rivolgono l’attenzione alla loro terra, alle infinite meraviglie che essa produce ma, nel fare questo, non possono ignorare l’altra faccia della medaglia, il lato più negativo della loro realtà, dominata troppo spesso da ingiustizie, oppressioni, violenze e abusi a opera dei più ricchi e potenti; la letteratura diviene, quindi, lo strumento di denuncia che questi autori utilizzano per dar voce a delicate questioni sociali e per rivendicare i diritti della parte più povera della popolazione.
Tratterò, in questa mia tesi, le opere di uno scrittore che ha trascorso la sua vita privata e professionale occupandosi del mondo degli indios delle Ande, ovvero Manuel Scorza; egli si può infatti considerare uno dei più importanti rappresentanti dell’indigenismo, il movimento letterario che sorge intorno agli anni venti del Novecento come reazione a queste problematiche politiche e sociali. In Perù, la difficile situazione in cui vivono gli indios delle comunità, privati delle terre o sfruttati nelle piantagioni di caucciù e nelle miniere, porta inevitabilmente a insurrezioni di diversa entità per cercare di recuperare i latifondi
6 perduti e migliorare le condizioni di vita; insurrezioni che regolarmente terminano con il loro massacro a opera dell’esercito chiamato dai proprietari terrieri.
Queste guerre, molte delle quali rimaste fuori dai libri di storia, anche adesso attirano l’attenzione dell’opinione pubblica e di molti scrittori che sentono il bisogno di approfondire la delicata tematica delle stragi indigene affinché non rimangano nell’oblio; nei saggi e nei romanzi trovano spazio le polemiche e si affrontano le varie questioni sempre a salvaguardia dei più deboli. Anche le riviste iniziano ad avere un ruolo importante nella diffusione della problematica indigena; una delle prime a occuparsene è Amauta, pubblicata nel 1926 da José Carlos Mariátegui, giornalista, sociologo e politico peruviano considerato uno tra i primi e più importanti pensatori marxisti dell’America Latina:
Mariátegui recoge en Amauta desde su primer número, de septiembre de 1926, ensayos, historias, cuentos, poemas, dibujos y pinturas que muestran la preocupación por el presente y futuro de la mayoría india [...] A partir de este número, Amauta publicará mensualmente un boletín de protesta indígena, destinado a denunciar los crímenes y abusos del gamonalismo y de sus agentes [...] con el doble propósito de iluminar la conciencia pública y de aportar una nueva serie de testimonios al juicio, al proceso del gamonalismo.1
Grazie a questa nuova sensibilizzazione vengono create anche associazioni in difesa dell’indio: una delle più famose che ha svolto attività degne di nota è la Pro-Indígena, fondata nel 1909 con l’intento di arrivare a una democrazia sociale attraverso leggi che potessero difendere gli interessi degli indigeni e fornire loro un appoggio nelle questioni giuridiche; l’associazione, basata su dei veri e propri statuti, era costituita da una comitato centrale al quale prendevano parte gli uomini più illustri dell’elite intellettuale dell’epoca. Nelle riunioni settimanali si informavano i membri delle proteste e denunce che giungevano alla segreteria e si leggevano le notizie della provincia; i dirigenti, oltre a coordinare il lavoro e le varie attività, viaggiavano spesso all’interno del Paese per verificare in prima persona i fatti più gravi e le situazioni più pericolose, visitando con attenzione le haciendas e le carceri dei dipartimenti.2
1E. Chang-Rodríguez, El indígenismo peruano y Mariátegui, in “Revista Iberoamericana”, vol. 50, n° 127, pp. 377-378.
2Cfr.: J. Katalin, Indigenismo político temprano en el Perú y la asociación pro-indígena, Escuela de Doctorado de Historia de la Universidad de Szeged, 2009, pp. 98-131.
7 Anche la stampa informava il popolo dell’operato dell’associazione, che, tuttavia, nel 1912 fonderà un proprio organo, El Deber Pro-Indígena, i cui obiettivi saranno molto precisi:
[…] hemos resuelto darnos lugar especial en el campo del periodismo doctrinario, creando al efecto esta publicación, que entregamos a la protección de los hombres del bien, que lleva el nombre de “El Deber Pro-Indígena” y que nace con el propósito de estudiar en sus fuentes el deber que todo hombre honrado tiene de servir la justicia y la verdad, y el deber que todo peruano tiene de amparar bajo esa bandera a la raza indígena, víctima desde hace cuatro siglos casi, de la más cruel tiranía, de la más negra explotación que registra la historia del mundo; explotación y tiranía a las que es indispensable poner término para tener el derecho de que el Perú ocupe su lugar entre los pueblos civilizados del siglo XX.3
I membri dell’associazione rivolgono un’attenzione speciale anche ai fatti del dipartimento di Cerro de Pasco, in particolar modo alle violenze e alle condizioni di lavoro degli indios nelle miniere, che diventeranno poi il principale nucleo tematico dell’opera di Scorza. Nel 1913, Dora Mayer, cofondatrice dell’associazione, scrive The Conduct of the Cerro de Pasco Mining Company che viene tradotto in spagnolo l’anno successivo accompagnato da un grande successo, anche all’estero; si tratta di un documento che spiega l’esatto funzionamento della compagnia, soffermandosi sull’eccessivo carico di lavoro:
En las minas del Perú se trabaja de noche y de día; regularmente el operaio saca hasta nueve jornadas a la semana; puede con pequeños intervalos de descanso, que dedica a mascar coca, conservar sus fuerzas y trabajar 36 horas continuas, reposa 12 para volver a trabajar otras 36, y así sucesivamente, durante los dos o tres meses en los que aparece comprometido a trabajar.4
L’autrice si dedica anche ad altri delicati temi, come ad esempio gli incidenti sul lavoro, una delle questioni più discusse quando si fa riferimento alla Cerro de Pasco Corporation. Secondo la legge del 1911 la compagnia era responsabile della sicurezza dei suoi operai, doveva coprire i costi del funerale, in caso di morte, o occuparsi di curare i feriti; la Mayer, invece, riesce a raccogliere informazioni che dimostrano esattamente il contrario.
L’attenzione per l’indio nella letteratura latinoamericana non è comunque un fenomeno improvviso, ma ha radici più antiche. Tomás Escajadillo, critico e
3 J. Capelo, El Deber Pro-Indígena, in “El Deber Pro-Indígena”, n° 1, 1912, p. 2.
4 D. Mayer, La Conducta de la Compañía Minera del Cerro de Pasco, H. Consejo Provincial del Callao, 1914, p. 3.
8 studioso peruviano che ha dedicato la sua tesi di dottorato alla narrativa indigenista del suo Paese, afferma, nel suo saggio più famoso5, che già durante l’epoca romantica molti scrittori avevano rivolto la loro attenzione verso questi personaggi, descritti come creature selvagge e idealizzate, come accade in Cumandá, o un drama entre salvajes (1879) dello scrittore ecuadoriano Juan León Mera; il romanzo, influenzato dalle pagine romantiche di Atala di Chateaubriand, racconta la difficile convivenza tra indigeni e “bianchi” colonizzatori, che fa da sfondo a una storia d’amore altrettanto complicata e tragica, quella tra l’amazzone Cumandá e il “bianco” Carlos. Con il passaggio al Modernismo, diversi autori continuano ad affrontare la problematica indigena, trattata da una prospettiva ancora esotica in base alla quale i protagonisti sono presentati nello stesso modo in cui vengono descritti i personaggi del lontano oriente; questo emerge nei passi de La venganza del cóndor (1919) del peruviano Ventura García Calderón, nel quale si racconta la sottomissione di un indio nei confronti di un capitano ostile ed egoista. Nell’ottica modernista, l’indio è però presentato da alcuni scrittori come un personaggio emancipato, declassato e abitante di una realtà ancora non civilizzata; si potrebbe citare in questo caso come esempio il romanzo del 1919 del boliviano Alcides Argüedas, Raza de bronce, nel quale il pessimismo e la disperazione sono il motore delle azioni degli indigeni, che distruggono, incendiano e uccidono senza pensare alle conseguenze che ne derivano.
Queste opere, dunque, influenzano inevitabilmente le prime forme dell’indigenismo, con la differenza che in questo caso si scorge la presenza di un sentimento di inquietudine e di denuncia; nella denuncia, tuttavia, inizialmente si intravede una certa debolezza della corrente indigenista, là dove si descrive una realtà alquanto semplicistica, popolata da personaggi unidimensionali che si affrontano con violenza, senza la possibilità di arrivare a un punto d’incontro: da una parte il “bianco” cattivo, dall’altra l’indio buono trasformato in essere degradato dopo secoli di violenze, abusi e oppressioni. Né è un esempio eloquente Hausipungo (1934), il romanzo dello scrittore ecuadoriano Jorge Icaza, in cui gli indios vengono ridotti in schiavitù per costruire una strada, non prima di aver visto radere al suolo la loro comunità dai “bianchi”; fatto, questo, che li costringe
9 a vivere in condizioni disperate e a veder cancellare tutti i resti di un passato probabilmente felice, riducendo ogni loro gesto, sentimento ed espressione a una totale animalità.
Questa visione semplicistica e fortemente schematizzata viene superata con la pubblicazione nel 1941 di El mundo es ancho y ajeno di Ciro Alegría; è proprio in Perù che il tema dell’espropriazione delle terre indigene da parte di latifondisti avidi e senza scrupoli si carica di nuovi contenuti. In questo romanzo il possesso della terra acquisisce un significato importante: l’uomo deriva dalla terra e, di conseguenza, la sua sottrazione indica una perdita d’identità; rivendicarne il dominio equivale a riprendere e difendere il proprio essere, la propria tradizione e la propria cultura.
Il rapporto simbiotico tra l’indio e le sue terre era già stato messo in evidenza nel 1928 da Mariátegui:
La República ha significado para los indios la ascensión de una nueva clase dominante que se ha apropriado sistemáticamente de sus tierras. En una raza de costumbres y de alma agrarias, como la raza indígena, este despojo ha constituido una causa de disolución material y moral. La tierra ha sido siempre toda la alegría del indio. “El indio ha desposado la tierra. Siente que la vida viene de la tierra” y vuelve a la tierra. Por ende, el indio puede ser indiferente a todo, menos a la posesión de la tierra que sus manos y su aliento labran y fecundan religiosamente.6
Nell’ottica di Alegría, dunque, alla denuncia dello sfruttamento si unisce la volontà di una rivendicazione sociale e culturale. È vero che, anche in questo caso, il romanzo si conclude con la sconfitta dei comuneros, ma la loro voce che reclama giustizia e dignità e l’organizzazione piuttosto moderna della ribellione (il loro capo, Benito Castro, ha studiato, conosce il mondo oltre le montagne e ha avuto esperienze di vita molto forti come quella in prigione) rappresentano una speranza per le generazioni future.
L’indigenismo peruviano si è delineato attraverso una traiettoria particolare e significativa; nel suo saggio, Escajadillo propone una periodizzazione del movimento indigenista, differenziandolo in tre rami principali: indianismo, indigenismo ortodoxo e neoindigenismo.
Per indianismo egli intende quei romanzi che si riferiscono all’indio descrivendolo, però, secondo un sentimento esotico; è un personaggio che viene
10 preso in considerazione solo nell’ambito di romanzi sentimentali, realisti o storici. Come afferma lo stesso Escajadillo:
Buena parte de las novelas relativas al indio americano quedan comprendidas en los rubros “novela sentimental”, “novela realista” y “novela histórica”: son las que lo consideran como personaje decorativo, no agonista; como cuerpo de indio y alma de blanco, no como alma y cuerpo de indio.7
Si tratta di una rappresentazione pittoresca, simpatica dell’indio, concepito ancora come una creatura esotica, lontana e sconosciuta.
L’indigenismo aggiunge, invece, un forte sentimento di rivendicazione sociale, che, tuttavia, non è sufficiente per segnare il passaggio dall’indianismo; altre caratteristiche dovranno ancora essere introdotte, come il superamento di alcuni elementi del passato (ad esempio l’immagine idealizzata del mondo indio, tipica del romanticismo) e una certa prossimità con il mondo raccontato (in questo caso con il contesto andino). L’insieme di questi tre fattori porta alla creazione di un’opera autenticamente indigenista; secondo Escajadillo il primo esempio di testo in cui confluiscono queste caratteristiche e che quindi segna l’inizio dell’indigenismo ortodoxo, è Cuentos andinos (1920) di Enrique López Albújar. Con questa grande opera si rompe chiaramente con la tradizione secondo la quale si presentavano creature lontane, eccessivamente idealizzate o stilizzate e si parla per la prima volta di “indios de carne y hueso”, persone reali con un’anima da mostrare e perfettamente riconducibili a una realtà concreta.
Anche Mariátegui, nel 1928, riconosce l’importante di quest’opera:
[…] El libro de Enrique López Albújar, Cuentos andinos, es el primero que en nuestros tiempos explora estos caminos. Los Cuentos andinos, aprehenden, en sus secos y duros dibujos, emociones sustantivas de la vida de la sierra, y nos presentan algunos escorzos del alma del indio.8
Almeno altri due autori degni di nota si possono includere all’interno dell’indigenismo ortodoxo, per la loro capacità creativa e per rappresentare un’evoluzione sempre più profonda nel mondo andino: si tratta del già citato
7 T.G. Escajadillo, La narrativa indigenista peruana, Lima, Amaru Editores, 1994, p. 39.
8 J.C. Mariátegui, El proceso de la literatura, in “Siete ensayos de interpretación de la realidad peruana”, Terza edizione, Lima, Empresa Editora Amauta, Biblioteca Amauta, 1952, p. 360.
11 Alegría e di José María Arguedas9. Sono autori appartenenti alla stessa scuola di pensiero, ma rappresentano in modo diverso lo scavare nell’intimità dell’indio, nei suoi sogni, nel dramma della sua vita e nelle sue aspirazioni future.
Arguedas, ad esempio, è stato il primo a ricreare l’universo andino dal profondo, fondendo l’io del narratore con quello degli indios:
Pero hay una faz del mundo de la sierra, de la gente del Ande, en que ha penetrado José María Arguedas, y nadie como él, ni antes ni después. La pureza simple de las valoraciones elementales que funde el subjetivismo del personaje con la realidad objetiva, sin deformarla ni suprimir su sello profundamente humano, es su mejor y más original aporte a nuestra narración.10
Lo scrittore è particolarmente importante anche per essere stato l’unico a portare a termine il passaggio dall’indigenismo ortodoxo al neoindigenismo: opere come Agua, Yawar fiesta e Diamantes y pedernales appartengono alla prima tappa di indigenismo, mentre Los ríos profundos e Todas las sangres possono essere inscluse nella modalità neoindigenista. Attraverso questi “due Arguedas” è possibile evidenziare gli elementi che hanno consentito questa evoluzione e, quindi, le differenze tra una tappa e l’altra.
Queste trasformazioni, che definiscono il neoindigenismo, possono essere schematizzate, sempre secondo l’idea di Escajadillo, nel seguente modo:
a) L’utilizzo delle tecniche narrative offerte dal realismo magico o da lo real maravilloso che permettono di svelare la dimensione mitica del mondo indigeno, senza però distanziarlo troppo dalla realtà, creando così immagini e situazioni inedite che sorprendono il lettore. L’indigenismo ortodoxo era caratterizzato da una precisa distinzione tra realtà e immaginazione e quindi, quando venivano offerte prospettive “magiche” dell’universo dell’indio, esse si presentavano come qualcosa di diverso dalla realtà. Nella modalità neoindigenista, al contrario, si accetta come fenomeno naturale qualsiasi tipo di espressione magica, meravigliosa della realtà, perché per l’abitante andino il suo mondo è costituito anche da avvenimenti spesso incomprensibili per un occidentale: fiumi che parlano, alberi che portano messaggi, animali trasformati in divinità.
9
Tra le importanti opere indigeniste di Arguedas vale la pena ricordare Los ríos profundos, Todas las sangres e El zorro de arriba y el zorro de abajo.
10 A. Escobar, Estudio (preliminar), in “La narración en el Perú”, Lima, Editorial Letras Peruanas, 1956, p. 23.
12 b) L’aumento del lirismo nella narrativa neoindigenista, tanto che si può parlare di una vera e propria “prosa poematizzata”, che è associata molto spesso a una narrazione in prima persona, di fronte al carattere più documentale delle narrazioni precedenti. Questo non significa che i romanzi che fanno parte dell’indigenismo ortodoxo non presentassero forme liriche all’interno della storia; ne è un esempio la produzione di Alegría, i cui romanzi rappresentano una notevole espressione lirica all’interno dell’indigenismo ortodoxo, data da perfette identificazioni tra uomo e paesaggio e un linguaggio psicologico e pittorico che eleva considerevolmente la narrazione:
[…] la primera novela de Ciro Alegría, La serpiente de oro, sorprendió por su placidez lírica, su recatado sentimentalismo y su deliberada sobriedad [...] consigue una perfecta identificación del ser humano con el paisaje, un equilibrio de valores pictóricos y psicológicos que alza la narración a un plano de clásica belleza. En su lenguaje se acentúa la tendencia lírica. […] Ciro Alegría es, fondamentalmente, un poeta que escribe en prosa. De ahí los momentos de extraordinario lírismo que se advierten en su estilo.11
Semplicemente, con il passaggio al neoindigenismo si assiste a una intensificazione del lirismo.
c) L’ampliamento e l’articolazione della problematica indigena, dato che questo tema non si limita più, come accadeva precedentemente, a considerare un solo punto di vista (che era quasi sempre quello dell’indio) o una ristretta area geografica, bensì diventa parte integrante della problematica di tutta una nazione. Di conseguenza, si ha anche una crescita dello spazio della rappresentazione narrativa in concomitanza con le trasformazioni reali della questione indigena. Questa terza trasformazione si può verificare concretamente nell’opera di Arguedas, Todas las sangres, del quale lo stesso autore ha dichiarato:
En Todas las sangres está todo el Perú envuelto en esta lucha, y no solamente está el Perú sino un poco los grandes poderes que manejan al Perú y a todos los países pequeños en todas partes del mundo.12
d) La trasformazione e il perfezionamento dell’insieme degli artefici. Molti scrittori neoindigenisti, infatti, sentono il bisogno di rinnovare il modello della
11
F. Alegría, Historia de la novela hispanoamericana, México, Ediciones De Andrea, 1965, pp. 269-271.
12 C. Alegría, Casa de la Cultura de Arequipa e A. Cornejo Polar, Primer Encuentro de narradores
13 scuola precedente, e questo cambiamento appare evidente in Arguedas, che ha raggiunto i livelli più alti di neoindigenismo con Los ríos profundos (1958) e La agonía de Rasu Ñiti (1962).
Questi, dunque, i punti essenziali del neoindigenismo, che a partire dalla metà del secolo scorso hanno portato a compimento una trasformazione organica della tradizione anteriore, pur incorporando solo un piccolo gruppo di opere, tra cui i sopra citati racconti di Arguedas, tutti i racconti di Eduardo Vargas Vicuña, alcuni di Carlos Eduardo Zavaleta e il grande ciclo di romanzi di Manuel Scorza, autori, quest’ultimi, appartenenti alla “Generación del ‘50”.
Quando parliamo di “Generación del ‘50” è importante distinguere gli scrittori che si sono dedicati a esprimere, attraverso la poesia, un mondo al di fuori della realtà e quelli che invece hanno cercato di raccontare i conflitti sociali e il dramma dell’espropriazione che ha vissuto l’America Latina; tuttavia, è comune a tutti gli scrittori di questa generazione una forte sensibilità sociale e la ricerca di una forma lirica raffinata, il carattere urbano e cosmopolita che permette loro un’apertura verso modelli europei e americani, e una profonda insoddisfazione dovuta al disordine che regna nel mondo e che spesso li porta a ribellarsi alla realtà circostante; da qui il predominio di metafore e simboli densi di significato, senza però dimenticare le forme classiche della tradizione, come il verso castigliano, da cui trarre la carica espressiva. I neoindigenisti e i narratori del ‘50 hanno partecipato in eguale misura all’importante progetto di rinnovamento della letteratura peruviana, cercando in particolar modo di rendere lo scrittore una figura professionale a tutti gli effetti, in grado di mantenersi grazie alle proprie pubblicazioni. Tuttavia, con il passare degli anni, pochi autori hanno avuto una produzione costante che permettesse loro di rendere la passione per la scrittura un vero e proprio lavoro, mentre gli altri hanno dovuto accettare l’idea di essere “escritores a tiempo incompleto”13
.
13 Questa frase di Zavaleta è citata nell’inchiesta che precede l’antologia di Abelardo Oquendo, La narrativa peruana: 1950-1970, Madrid, Alianza Editorial, 1973, p. 15.
14 1.1 LA TRAIETTORIA POETICA DI MANUEL SCORZA
Esponente di grande valore della “generación del ‘50” e difensore dei diritti dell’indio, Manuel Scorza si fa conoscere al grande pubblico soprattutto come poeta, giornalista e impresario, prima di diventare famoso anche per il suo ciclo di romanzi intitolato La Guerra Silenciosa.
Conoscere la sua vita è importante per capire come i fatti personali abbiano inciso sulla produzione letteraria, anche se i dati biografici dell’autore sono spesso erronei e contraddittori; è lo stesso Scorza peraltro ad alimentare le discussioni sulle sue origini, come ha ribadito in più di un’occasione:
Yo he dado miles de reportajes en el mundo y he sostenido muchas veces posiciones contradictorias, según me cambie el humor, según la tarde, según la mujer con que estaba, según mi situación emotiva, según el otoño. De manera que yo seguiré contradiciéndome.14
Lo scrittore amava accrescere i dubbi sulla sua vita, poiché concepiva l’autobiografia come una forma di creazione nella quale si intrecciavano e si relazionavano realtà e finzione, come accade nella maggior parte delle sue opere. Ne sono un semplice esempio i continui riferimenti alle sue origini familiari: Scorza ha sempre enfatizzato la sua provenienza contadina e indigena, affermando di essere nato nelle Ande Centrali (come sua madre, che era originaria di una regione della sierra chiamata Acobamba), quando in realtà sappiamo con certezza che era nato a Lima, il 9 settembre 1928.
Nel corso della sua infanzia e adolescenza Scorza vive tra la città e la sierra, dove è costretto a trasferirsi a causa della sua asma bronchiale per respirare un clima più sano; durante questi spostamenti inizia anche la sua formazione scolastica e negli ultimi anni del “Colegio Militar Leoncio Prado” di Lima sorge in lui la volontà di occuparsi di politica, che lo porta a far parte di una cellula clandestina dell’APRA15. Questo suo interesse resta vivo anche durante gli anni universitari, quando comincia a studiare filosofia e lettere presso la “Universidad Nacional de San Marcos”, a Lima, dove partecipa attivamente all’azione politica
14 C. Hildebrandt, Mandobles por Scorza, in “Caretas”, n° 594, 1980, p. 30.
15 L’APRA (Alianza Popular Revolucionaria Americana) è un partito nazionalista di centro-sinistra fondato in Messico nel 1924 dal leader peruviano Víctor Raúl Haya de la Torre.
15 dell’APRA; proprio in quegli anni alcuni sezioni del partito, con le quali simpatizzava Scorza, volevano arrivare a una rivoluzione che impedisse un possibile colpo di stato per mano della destra. Tuttavia, il temuto colpo di stato giunge nel 1948, con a capo il generale Manuel A. Odría, il quale afferma il proprio potere autoritario e instaura una dittatura che durerà fino al 1956 (periodo conosciuto come “el Ochenio”).
Così il giovane Scorza è costretto a lasciare il Perù senza nemmeno aver terminato gli studi. I primi anni dell’esilio, tra il 1949 e il 1952, trascorrono tra Cile, Argentina e Brasile dove si guadagna da vivere grazie a lavori occasionali; successivamente, tra il 1952 e il 1956, si stabilisce in Messico e continua i suoi studi presso la “Universidad Nacional Autónoma de México”. È questo il periodo delle prime pubblicazioni e della rottura con l’APRA.
Nel 1956, i cambiamenti politici del Perù favoriscono il suo ritorno in patria, dopo che le elezioni generali decretano la vittoria del candidato liberale Manuel Prado, che aveva già governato il paese tra il 1939 e il 1945. La politica democratica e solidale del nuovo governo permette il rientro di Scorza con il “Premio Nacional de Poesía”, per Las imprecaciones, pubblicato l’anno precedente in Messico.
A partire dall’anno del suo ritorno in Perù lo scrittore dà avvio a una intensa attività editoriale che accresce notevolmente la sua reputazione in patria: l’iniziativa più importante è sicuramente quella de “los festivales del libro”, nata dall’idea di un gruppo di scrittori che proprio come Scorza avevano vissuto l’esperienza dell’esilio. Il progetto risulta molto efficace perché riesce ad avvicinare una gran parte di pubblico alla letteratura, e il libro, fino a quel momento un oggetto riservato a pochi, diventa accessibile a un maggior numero di persone visto che viene venduto nelle piazze delle città a costi più modesti, grazie all’eliminazione degli intermediari, all’utilizzo di un materiale di bassa qualità e all’appoggio economico delle imprese patrocinate.
Le prime due edizione del festival hanno come obiettivo quello di raccogliere e divulgare le opere maestre della letteratura nazionale, dall’inca Garcilaso a César Vallejo; le ultime due edizioni, invece, aprono le porte anche alla letteratura del resto del continente americano, senza dimenticare però scrittori peruviani come
16 Ciro Alegría o José María Arguedas.
Visto il successo ottenuto dalle edizione peruviane, Scorza decide di estendere l’iniziativa agli altri paesi latinoamericani, in particolare al Venezuela, Colombia e Cuba (dove il progetto viene affidato alla direzione di Alejo Carpentier, grande amico e maestro dello scrittore peruviano).
A questi progetti ne seguono altri, fino ad arrivare alla sua ultima impresa editoriale nel 1963 denominata “Populibros Peruanos”, il cui nome indica già il suo principale obiettivo, quello cioè di rendere pubblico il libro in Perù. Le strategie ricalcano quelle che avevano reso famosi i festival con la differenza che, in questo caso, si dà spazio e rilevanza non solo alle opere ispanoamericane ma anche a quelle universali di grandi scrittori come Flaubert o Dostoevskij. Il progetto ha inizialmente un grande successo ma viene poi frenato dalla proibizione della vendita di alcuni libri ritenuti scandalosi dalle autorità, come L’amante di Lady Chatterley di David Herbert Lawrence.
Nonostante tutti questi progetti abbiano avuto vita breve, sono stati importanti per far conoscere a Scorza l’esistenza di un potenziale pubblico di massa a cui dover parlare attraverso la letteratura, e anche apprendere le varie strategie del mercato editoriale, come il ruolo della pubblicità e del marketing, che gli saranno utili successivamente nel suo percorso come scrittore.
Il panorama storico di quegli anni, intanto, registra importanti cambiamenti dovuti a una forte crescita economica, che però non fanno che accentuare i conflitti sociali tra i proprietari terrieri e le imprese capitaliste; conflitti che spesso si traducono in vere e proprie sollevazioni da parte dei contadini desiderosi di rivendicare il possesso delle terre.
Proprio queste lotte offrono a Scorza lo spunto per gran parte della sua produzione letteraria, avendo vissuto in prima persona quest’esperienza come esponente del “Movimiento Comunal del Perù”, una piccola organizzazione nata nel 1961 per difendere e incoraggiare la lotta contadina, soprattutto nella comunità di Pasco, che come analizzeremo in seguito, sarà la fonte principale per la stesura del ciclo de La Guerra Silenciosa.
La partecipazione attiva di Scorza nella difesa dei diritti dei contadini viene sottolineata anche da Genaro Ledesma, l’avvocato a capo della rivolta che appare
17 anche nei romanzi dello scrittore:
[…] La agitación es muy grande, hay mucho campesinado y a la vez mucha policía. En estos momentos llega Scorza y su presencia es valiosa porque como era un escritor conocido por sus poemas, entonces el Prefecto de Cerro y el Ministro tuvieron la precaución de no molestarlo, de no detenerlo, de tratarlo con respeto, y él, a su vez, nos sirvió de amparo a los dirigentes sindicales, a los dirigentes de las comunidades, y a quien habla [...] Scorza está un buen tiempo en Cerro de Pasco; él participa en las marchas de los campesinos, en la marcha de los mineros por la ciudad; va interesándose enormemente por los sucesos [...] Luego Scorza empieza a caminar por las comunidades, bien adentro en el departamento [...] Él ha vivido buen tiempo con los comuneros, estando en sus chozas, en sus viviendas rústicas.16
Il materiale raccolto come testimone diretto delle lotte contadine (foto, interviste, documenti, registrazioni) sarà analizzato dallo scrittore soltanto dopo il suo trasferimento a Parigi, avvenuto nel 1968 dopo che il fallimento della sua attività editoriale gli aveva provocato considerevoli danni economici.
In Francia, lontano dal clima politico particolarmente infuocato del Perù, sente di poter scrivere con tranquillità qualcosa di importante sul suo Paese che valga la pena di essere letto; sembra che proprio nella capitale francese sia nata l’idea di trasformare in un ciclo romanzesco l’insieme del materiale raccolto negli anni precedenti, visto che sappiamo con certezza che il progetto iniziale di Scorza non era scrivere un romanzo, bensì un saggio:
En París escribí un informe de Rancas. Lo releí y se lo leí a amigos y todo. Vi que le faltaba el corazón; no veía lo que yo había visto. Y entonces un día lo que hice fue arrojar todo esto y soñar la realidad, como si yo estuviera adentro. Y escribí Redoble por Rancas.17
L’analisi delle cinque opere che formano parte de La Guerra Silenciosa sarà affrontata successivamente; ciò che vale la pena sottolineare è che queste pubblicazioni hanno incrementato la fama di Scorza come scrittore, più in Europa che in Perù, anche grazie alla traduzione in molte lingue; nel 1979 rasenta la vittoria del Premio Nobel della letteratura, che invece viene concesso a un poeta greco, Odysseas Elytis.
Gli ultimi anni della sua vita trascorrono tra Parigi e Lima, dove si dedica intensamente ad altri progetti letterari che lo portano a tralasciare la questione
16 M. Suárez, Cerro de Pasco: Historia de un masacre. Testimonio de Genaro Ledesma, Lima, CEDEP, 1991, pp. 165 -166.
18 indigena e approfondire nuovi temi, concentrandosi, ad esempio, sull’amore e sull’ambiente parigino come è evidente nel romanzo del 1983, La danza inmóvil. È lui stesso a dichiarare questo cambio tematico:
[…] yo no insisteré más en el tema. Escribiré otras novelas [...] Incluso no creo que voy a ceder a la tentación de seguir hoy a mis personajes en la realidad. He cambiado; hay pintores que tienen una sola etapa y otros que tienen varias. Yo soy de los de varias etapas.18
La nuova tappa della sua vita da scrittore è legata alla volontà di conquistare l’Europa: “yo soy un hombre liberado y, por lo tanto, he dejado de odiar a Europa”19 afferma in un’intervista pochi mesi prima della sua morte.
Di fatto, però, questo improvviso cambiamento di direzione si rivela essere solo una parentesi, poiché i progetti a cui Scorza si dedica dopo La danza inmóvil ritornano ad affrontare la problematica situazione delle campagne peruviane, soprattutto in un periodo in cui la sierra viene nuovamente messa in pericolo dalle azioni terroriste del “Sendero Luminoso”, un’organizzazione guerrigliera di ispirazione maoista che voleva arrivare all’instaurazione del socialismo attraverso la lotta armata e che domina la vita politica del Paese dalla sua apparizione nel 1980. Con l’idea della rivoluzione, centinaia di giovani comuneros senza un orientamento politico preciso e speranzosi di ottenere una vita migliore, vengono convinti ad “arruolarsi” in queste ronde e combattere una guerra contro la società, le forze dell’ordine e tutto ciò che rappresentava lo Stato; l’esercito e la polizia, a loro volta, ricevono l’ordine di far tacere ogni forma di terrorismo e finiscono per massacrare e uccidere persone che di fatto non avevano niente a che fare con gli ideali del Sendero. Scorza non rimane estraneo a questa delicata situazione e pensa di farne il nucleo tematico di un nuovo romanzo, che però non vedrà mai la luce, intitolato Retablo ayacuchano, per il quale aveva pensato di intervistare il leader dei terroristi, Abimael Guzmán, conosciuto ai più con il nome di “Camarada Gonzalo”.20
La morte, però, impedisce la realizzazione di questi nuovi progetti: il 27 novembre 1983, mentre stava viaggiando verso Bogotá per partecipare a un
18
H. Tizón, Conversación con Manuel Scorza, Madrid, Nueva Estafeta, n° 19, 1980, p. 64. 19 R. Forgues, Entre la esperanza y el desencanto: entrevista a Manuel Scorza, in “L’Homme et son oeuvre”, 1980, p. 14.
19 congresso di letteratura ispanoamericana, Scorza perde la vita in seguito allo schianto dell’aereo sul quale stava volando, nei pressi dell’aeroporto Barajas di Madrid.
La notizia della sua morte si diffonde velocemente in tutta l’America Latina e l’Europa, dove periodici e riviste letterarie rendono omaggio alla memoria di uno scrittore che quasi senza rendersene conto era diventato il portavoce della parte più povera e bisognosa del suo Perù.21
Come già affermato Scorza viene acclamato inizialmente per la poesia, il suo primo campo di indagine e sperimentazione che lo accompagnerà nel corso della sua evoluzione come scrittore; nonostante interrompa la pubblicazione di poesie dopo il suo passaggio alla narrativa, si considererà sempre un poeta. Vi è infatti una continuità che tiene unito il suo progetto letterario grazie alla quale le sue opere si influenzano a vicenda: in un certo senso è possibile affermare che la sua poesia si avvicina alla narrazione nello stesso modo in cui i suoi romanzi tendono in modo deciso verso il lirismo, attraverso un linguaggio fortemente metaforico, soprattutto per attenuare la durezza e la forza degli eventi raccontati.
Interessante nella sua produzione poetica è Canto a los mineros de Bolivia (1952), nel quale è evidente un primo approccio di Scorza alle problematiche del popolo; in questo caso si unisce alle ansie, alle preoccupazioni e alle proteste dei minatori boliviani, anticipando il tema centrale dei romanzi che faranno parte de La Guerra Silenciosa:
Hay que vivir ausente de uno mismo, hay que envejecer en plena infancia, hay que llorar de rodillas delante de un cadáver
para comprender qué noche poblaba el corazón de los mineros. Yo fui a Bolivia en el otoño del tiempo.
Pregunté por la Felicidad. No respondió nadie. Pregunté por la Alegría.
No respondió nadie. Pregunté por el Amor.
Un ave
cayó sobre mi pecho con las alas incendiadas. Ardía todo en el silencio.
21 Dati biografici di Scorza: Cfr.: M. Scorza, Redoble por Rancas, edizione di Dunia Gras, Madrid, Cátedra, 2002, pp. 19-44.
20
En las punas hasta el silencio es de nieve. Comprendí que el estaño
era una larga lágrima petrificada
sobre el rostro espantado de Bolivia. ¡Nada valía el hombre!
¡A nadie le importaba si bajo su camisa existía un cuerpo, un túnel o la muerte!22
Il canto è un omaggio al lavoratore latinoamericano, all’uomo povero e semplice per il quale Scorza nutre grande affetto e ammirazione; si tratta di una poesia di urgenza e di impegno sociale e politico che evidenzia la volontà del peruviano di “dar voz a los que no la tenían” (un proposito, questo, che recupera da Neruda, uno dei suoi principali modelli poetici e politici).23
La stessa preoccupazione e l’interesse, in questo caso, per il popolo indigeno emerge nel Cantar de Túpac Amaru (1969), un poema incompleto e pubblicato in modo frammentario che manifesta lo spirito rivoluzionario dello stesso Scorza. Il testo, che affronta il tema della ribellione contadina, appare ispirato alla figura di José Gabriel Condorcanqui, Túpac Amaru, un nobile di origine inca a capo della rivolta contro la corona spagnola nel 1781.
Entrambe le poesie, dunque, possono considerarsi antecedenti importanti per la stesura del ciclo narrativo della decada successiva, che sarà la vera opera maestra dello scrittore.24
22
http://grandespoemasuniversales.blogspot.it/2013/05/canto-los-mineros-de-bolivia.html ultima consultazione 25.02.2016
23 Cfr.: M. Scorza, Redoble por Rancas, edizione di Dunia Gras, Madrid, Cátedra, 2002, p. 51. 24 Traiettoria poetica di Scorza: Cfr.: Id., pp. 45-48.
21 1.2 LA GUERRA SILENCIOSA
Il ciclo epico sulla rivolta contadina del Perù è formato da cinque romanzi:
Redoble por Rancas (1970), Historia de Garabombo, el invisible (1972), El jinete insomne (1976), Cantar de Agapito Robles (1976) e La tumba del relámpago
(1979).
Il nome scelto da Scorza per la pentalogia è indicativo: si riferisce al silenzio che regnava intorno a queste guerre, dimenticate da tutti, anche dai libri di storia peruviana. L’obiettivo dello scrittore è quindi riscattare dall’oblio questi avvenimenti così tragici per il suo Paese, richiamando l’attenzione di un maggior numero possibile di persone.
In un’intervista realizzata da Rosalba Campra nel 1975 Scorza spiega la scelta di questo titolo:
Dico guerre invisibili perché le guerre invisibili, in America Latina e nel mondo, sono assai più importanti di quelle visibili. Le guerre visibili, che figurano nei libri di storia, sono molto poche; per esempio nel caso del Perù, se tu prendi i libri di storia, troverai otto o nove piccole guerre, con un totale di 50.000 morti. Ma ci sono state repressioni contro gli indigeni che hanno causato 100.000, 200.000 morti. È una montagna immensa, una cordigliera di cadaveri grande come le Ande, e che non figura nella storia. Ed è invisibile perché non è ufficiale […]25
E sempre durante la stessa intervista ribadisce il suo principale obiettivo come narratore:
[…] È venuto il momento di trasformare le guerre invisibili in guerre visibili, ed è quanto ho voluto fare con i miei libri; a quella guerra ho assistito come testimone e ad essa sono sopravvissuto come unico superstite che sapesse leggere e scrivere, e per questo ho potuto scriverne. C’erano altri uomini, migliori di me, che avrebbero potuto scrivere Rulli di tamburo per Rancas: ma quegli uomini sono morti, o non sapevano scrivere. […]26
Da questa idea nasce la volontà di Scorza di proiettare le sue opere all’interno di una nuova epica ispanoamericana, (sottotitola i primi due romanzi Baladas mentre gli altri Cantares a richiamare i cantares de gesta, il genere letterario di tipo epico), capace di raccontare le imprese di semplici uomini che diventano eroi, ricordati dalle generazioni successive, nel momento in cui si battono per difendere
25 R. Campra, America Latina: l’identità e la maschera, Roma, Editori Riuniti, 1982, p. 162. 26 Id., p. 163.
22 la propria terra e i propri diritti, sacrificando di fatto loro stessi. L’autore ha dato voce a uomini invisibili della storia, a protagonisti anonimi di una guerra silenziosa che oggi hanno una memoria grazie a lui e ai suoi cinque romanzi, divenuti la testimonianza del loro passato che nessuno potrà mai più cancellare; il tutto raccontato in una narrazione dai forti accenti lirici, che mescola la fantasia e la cronaca.
Avendo osservato la realtà dei comuneros andini, lo scrittore si impegna nell’ambizioso progetto di difendere i diritti dell’indio e arrivare, di conseguenza, a una proposta di affermazione della loro identità.
Lo schema attraverso il quale si sviluppa la trama dei romanzi è molto simile, se non identico e questo perché riflette la ciclica monotonia della storia peruviana; è lo stesso autore a sostenerlo durante un’intervista:
El terrible tema de la repetición de las masacres. Eso es fundamental en mis libros, pero no se trata de un problema de imaginación del escritor, sino de un problema de repetición de la historia.27
Si ripetono, dunque, le oppressioni e le ingiustizie, la voglia di organizzarsi per recuperare le terre, resistere, morire e ogni volta ricominciare dall’inizio; la sconfitta finale rappresenta sempre il punto di partenza per una nuova ribellione, l’evento principale della storia che unisce azioni e parole di un’intera comunità. Ogni rivolta si organizza intorno a un personaggio centrale, un mediatore, che cerca di risvegliare la coscienza della comunità, incoraggiandola, in modo differente ma sempre con lo stesso obiettivo, all’azione contro gli oppressori: Héctor Chacón, Garabombo, Raymundo Herrera, Agapito Robles e Genaro Ledesma sono i protagonisti dei cinque romanzi ai quali si contrappone una figura negativa, l’antieroe incarnato dal giudice Montenegro (e in minor misura anche dalle compagnie imperialiste nordamericane), nel quale convergono tutti i valori di ingiustizia, forza e prepotenza. Il giudice è un piccolo dittatore locale che può essere visto come la versione ridotta dei protagonisti di altri importanti romanzi latinoamericani come El señor presidente di Asturias, El recurso del método di Carpentier, Yo, el supremo di Roa Bastos e El otoño del patriarca di García
27 R. Forgues, Entre la esperanza y el desencanto: entrevista a Manuel Scorza, in “L’Homme et son oeuvre”, 1980, p. 7.
23 Márquez; mentre in queste opere l’azione è narrata quasi sempre dal punto di vista del dittatore, nel caso di Scorza il giudice Montenegro viene presentato attraverso gli occhi degli indigeni, ovvero di coloro che subiscono le oppressioni.28
Nonostante la presenza di un eroe, tuttavia, la caratteristica più evidente del ciclo è la coralità, che va ampliandosi notevolmente nel susseguirsi dei romanzi: se in Redoble por Rancas la ribellione è sostanzialmente individuale, arrivando nel migliore dei casi ai confini di una comunità, il coinvolgimento collettivo si estende nelle altre trame fino a culminare ne La tumba del relámpago, nel quale si tenta una sollevazione coordinata da diverse comunità che, interessando anche la capitale, ha una vera e propria ripercussione nazionale. È lo stesso Scorza a confessare questo accrescimento della dimensione collettiva dei suoi romanzi, in un’intervista realizzata nel 1979 da Escajadillo:
Redoble por Rancas es la revuelta individual; Garabombo, el invisible, la revuelta
colectiva; El jinete insomne, la reconstrucción del coraje, un retroceso táctico en la lucha [...] Cantar de Agapito Robles plantea nuevamente la empresa colectiva y refleja un triunfo provisorio. La tumba del relámpago es el libro de la lucidez, la adquisición de una conciencia colectiva.29
Il risultato della lotta è sempre tragico, poiché ogni romanzo (fatta eccezione per il quarto, Cantar de Agapito Robles) si conclude non solo con la sconfitta dei
comuneros ma con il loro massacro da parte dei potenti; l’unico aspetto positivo è
che per la prima volta il popolo prende coscienza della penosa condizione in cui vive e sente la necessità di passare all’azione, anche armata, per tentare di cambiare il corso degli eventi.
Gli avvenimenti narrati ne La Guerra Silenciosa sono ambientati nel dipartimento peruviano di Cerro de Pasco, in particolare in piccole comunità abitate da indigeni tra cui Rancas, Chinche, San Pedro, Yanacocha e Yanahuanca. La storicità dei fatti è veicolata non solo attraverso un’ambientazione geografica reale ma anche usando personaggi basati su persone realmente esistite che appaiono nei romanzi con i loro veri nomi oppure con nomi di finzione.
28
Cfr.: A. M. Aldaz, The Past of the future, The novelist Cycle of Manuel Scorza, New York, Lang, 1990, p. 40.
29 T. G. Escajadillo, La historia, el mito y los sueños: Una entrevista inédita con Manuel Scorza, in “Quehacer”, n° 69, 1991.
24 La maggior parte dei fatti presentati trovano conferma in un importante studio storico dello scrittore peruviano Wilfredo Kapsoli, Los movimientos campesinos
en Cerro de Pasco: 1800-1963 (1975), che Scorza con tutta probabilità conosceva
molto bene. Si tratta di una vera e propria ricerca realizzata sull’organizzazione sociale, politica, amministrativa e geografica dell’area in questione, approfondendo anche i diversi movimenti dei contadini nelle haciendas, la loro preparazione, lo scontro e infine la repressione. Nel saggio l’autore parla di una data importante: il 1902 è l’anno in cui si insedia nella comunità la compagnia americana Cerro de Pasco Corporation, che introduce considerevoli cambiamenti che sconvolgono l’equilibrio della regione. La compagnia, infatti, ottiene le concessione minerarie e allo stesso tempo porta avanti una politica di acquisizione delle haciendas e di annessione delle varie terre comunali, intensificata attraverso il cerco30. Proprio in Redoble por Rancas, Scorza fa riferimento all’avanzata del
cerco mostrando chiaramente le conseguenze per l’economia e la politica delle
popolazioni rurali di Cerro de Pasco, che tentano una lotta patetica per contrastarla. È dopo l’arrivo della Cerro de Pasco Corporation, e in particolar modo a partire dalla decada del 1930, che i contadini del dipartimento iniziano una lotta concreta per difendere i loro diritti e riscattare la loro situazione di alienazione. Questi movimenti, organizzati attraverso scioperi e atti di violenza, in generale sono di due tipi:
a) Reformistas. Cuando luchaban por el aumento de tierras, salarios, rebaja de tarifa de los pastos, libertad de comercio, instalación de escuelas, postas médicas, etc. b) Revolucionarios. Cuando buscaban la expulsión de los administradores de las autoridades protectoras de los gamonales, la expropiación y parcelación de las haciendas.31
Kapsoli aggiunge che le ribellioni contadine di Cerro de Pasco passano per due fasi evolutive, una pre-politica e una politica. La prima (1880-1930) vede i contadini mantenere una relativa calma, anche perché se la compagnia americana adotta quasi da subito un atteggiamento aggressivo verso i comuneros, quest’ultimi rispondono con l’attesa e la speranza che le autorità predisposte
30
Sistema di coltivazione introdotto in Inghilterra nel XVII secolo e utilizzato poi in Perù dalle compagnie straniere che prevedeva lo sfruttamento misto delle terre.
31 W. Kapsoli, Los movimientos campesinos en Cerro de Pasco: 1800-1963, Huancayo-Perù, Instituto de Estudios Andinos, 1975, p. 31.
25 prendano le dovute precauzioni. Nascono comunque in questo periodo diverse istituzioni nazionali per sostenere le comunità nella presa di coscienza e nella successiva sollevazione. La seconda fase (1930-1963), invece, porta a reclami legali e azioni violente che culminano con agitazioni e occupazioni delle terre in tutta la regione. Diversi fattori influiscono sulla maggior consapevolezza dei contadini: vicende politiche nazionali, come la crisi dell’egemonia dell’APRA, e anche extranazionali, prima su tutte la rivoluzione cubana. Tutta la popolazione comunale prende parte attivamente ai movimenti, spinta da una stessa motivazione comune: i comuneros ricchi per ottenere una maggior quantità di pastura e, quelli poveri, per cercare un luogo nel quale sopravvivere. Alle sollevazioni seguono però, come già accennato, le repressioni, che in alcuni casi vedono un’estromissione pacifica dei ribelli ma generalmente sono violente, ovvero quando le forze politiche attaccano i comuneros, uccidendoli, ferendoli o incarcerandoli.
26 CAPITOLO 2
REDOBLE POR RANCAS
Il primo romanzo di Scorza, Redoble por Rancas, pubblicato nel 1970, ottiene subito un grande successo che assicura allo scrittore una fama editoriale e un numero considerevole di lettori, soprattutto in Europa. In patria, infatti, l’opera viene accolta con un certo disinteresse, in particolar modo da gran parte della critica che formula osservazioni negative su Scorza senza poi aprire un dibattito o cercare un confronto con lui, optando piuttosto per il silenzio.
A dimostrazione di questo, basti pensare che fino ai giorni nostri solo due critici si sono occupati seriamente di Scorza, ovvero Escajadillo e Cornejo Polar, e che nell’università peruviana di San Marcos esiste solo una tesi dedicata alla sua opera; lo stesso, invece, non si può affermare per gli Stati Uniti e l’Europa, dove i lavori di ricerca in ambito universitario sull’autore sono numerosi e di ottima qualità.
Escajadillo, il primo critico peruviano che ha trattato accademicamente l’opera di Scorza, ha denunciato la mancanza di attenzione verso la sua attività e ha sottolineato la necessità di studiarlo a fondo:
Scorza irrumpe en el panorama literario nacional bajo el signo de la incomprensión [...] A pesar de la publicación de la saga de Scorza en grandes editoriales transnacionales, la recepción de su obra en el Perú es ilustrativa: crítica mordaz a su primera “balada” o “cantar”, silenciamento al resto de la pentalogía conforme ella fue creciendo en difusión y prestigio internacionales. Ahora, sencillamente, no es posible eludir “el problema Scorza” en tanto novelista: La Guerra Silenciosa será para siempre un hito en el que hay que detenerse, una piedra fundadora de la narrativa peruana del siglo XX.32
Redoble por Rancas, quindi, esce nell’indifferenza della critica nazionale, nella cosiddetta “conspiración del silencio” (per usare le parole di Escajadillo), mentre trova fin da subito un forte consenso internazionale.33
32
T. G. Escajadillo, La proyección literaria de Manuel Scorza, in “La casa de Cartón, Revista de Cultura”, II epoca, n° 17, 1999, p. 6.
33 Cfr.: M. Mamani Macedo, Las fronteras de la literatura: Redoble por Rancas, Lima, Andes Book, 2008, pp. 51-52.
27 Nel corso degli anni, tuttavia, Scorza è stato rivalutato e apprezzato anche a livello nazionale, e con lui la sua grande opera: attualmente la bibliografia critica si è estesa così come sono aumentate le traduzioni.
Redoble por Rancas si inserisce dentro tre grandi ambiti letterari: il fenomeno del boom, le cui opere e le innovative tecniche di espressione influenzano evidentemente lo stile di Scorza, la testimonianza, per il suo atteggiamento di denuncia sociale e il neoindigenismo, per lo spazio che descrive e nel quale è inserito.34
Il boom rappresenta l’epoca d’oro della letteratura latinoamericana, un periodo storico nel quale l’unione di fattori sociali, artistici, politici e commerciali offrono al mondo una produzione letteraria di eccelsa qualità e di forte impatto editoriale e popolare. Il termine inglese, un’onomatopea di origine commerciale, è un’idea della critica e dei mezzi di comunicazione per indicare lo straordinario successo delle opere pubblicate in Ispanoamerica nella decada dei Sessanta.
In relazione a tale fenomeno, la rivoluzione cubana ha un ruolo importante nello sviluppo della vita artistica del continente: molti intellettuali, mossi da un forte sentimento di rivendicazione sociale, si interessano alla causa e sentono il bisogno di riportare nei testi la preoccupazione scatenata da un avvenimento politico così importante. Questa convergenza trova un punto d’incontro nella “Casa de las Américas”, il centro culturale più importante del Paese dove si sviluppano molteplici attività e che dà il nome anche a una rivista; nei numeri pubblicati, oltre a discutere dei temi politici, vengono mostrate anche le nuove forme di espressione della letteratura. Altre riviste, in altri stati, vengono pubblicate negli anni successivi con la stessa intenzione: ricordiamo “Siempre” in Messico, “Primera plana” in Argentina e “Marcha” in Uruguay.
In questi anni, e in particolar modo nella secondo metà della decada, si assiste alla pubblicazione di capolavori che impongono un nuovo gusto letterario, non solo in America Latina ma anche in Europa. L’anno più significativo sembra essere il 1967, sia per le opere pubblicate sia per i riconoscimenti che gli scrittori ottengono in patria e all’estero: Gabriel García Márquez pubblica Cien años de soledad, destinato a diventare una delle opere più significative della letteratura del
28 Novecento, il peruviano Mario Vargas Llosa vince il premio Rómulo Gallegos dopo aver ricevuto, cinque anni prima, un altro importante premio, il Biblioteca Breve, e lo scrittore argentino Julio Cortázar vede moltiplicarsi le edizione della sua celebre Rayuela, pubblicato nel 1963 e tradotto in francese e in inglese proprio nel 1967.35
Anche se il boom della letteratura latinoamericana coincide con un periodo di forte sviluppo economico al quale segue un miglioramento delle condizioni di vita, gli scrittori sembrano non vedere di buon’occhio la possibilità di modernizzazione della società, e nelle loro opere preferiscono concentrarsi sui problemi politici diffusi in tutto il continente e sulle ingiustizie che le diverse popolazioni dovevano sopportare nei loro Paesi.
Dal punto di vista formale, numerose sono le innovazioni introdotte che rompono con la narrativa tradizionale. Secondo Marina Gálvez Acero36, docente dell’Università Complutense di Madrid, gli elementi distintivi dei romanzi appartenenti al periodo del boom sono: la complessità della struttura narrativa che si traduce in trame frammentate in cui si abbandona il principio causa-effetto a favore di prospettive multiple, esigendo così un lettore attivo e partecipe alla ricostruzione dell’intreccio; la sperimentazione linguistica legata a una maggiore capacità creativa dell’autore e connessa al processo di sviluppo dell’identità culturale; l’universalizzazione della questione ispanoamericana e l’enfatizzazione di temi mitici, esistenziali e allegorici in romanzi in cui coesistono il mondo naturale/reale e il mondo soprannaturale.
Le tecniche proprie dei romanzi appartenenti al boom sono apprese anche da Scorza, che le assorbe per farne poi una personale rappresentazione, come affermato da Escajadillo:
Scorza aprendió la lección técnica de la narrativa del boom. Y adiciona la visión mágica-mítica del habitante andino, una fantasía pura; un aire a Macondo – pero no un Macondo calco y copia, sino un territorio indio y mestizo muy personal y original – circula por la Guerra Silenciosa.37
35 Cfr.: M. Reyes Sánchez, La creación literaria en el siglo xx, Banco Central de la República Dominicana, Santo Domingo, 2000, pp. 180-182.
36 M. Gálvez Acero, La novela hispanoamericana contemporánea, Madrid, Taurus, 1987.
37 T. G. Escajadillo, Scorza antes del último combate, in “Hispamérica, Revista de Literatura”, vol. 19, n° 55, 1990, p. 54.
29 Le caratteristiche tipiche dei romanzi di questo periodo sono ben evidenti in Redoble por Rancas; fra tutte la prima è la complessità della struttura narrativa che presenta continue interpolazioni all’interno delle due sequenze basiche sulle quali si sviluppa la storia. La forma del romanzo può essere vista da diverse prospettive e può avere, quindi, molte interpretazioni; numerosi critici hanno dato letture interessanti circa la struttura del romanzo, e una di queste è avanzata dallo stesso Scorza:
Yo te conté que me quedé asombrado cuando un profesor de la Universidad de Turín, me demostró en un estudio que se llama “Scorza y la novela épica”, que en la estructura de Redoble por Rancas los capítulos impares son los capítulos del mal. La moneda del mal da comienzo a la novela: y luego todos los capítulos del mal son impares.38
Per illustrare la struttura del romanzo ci baseremo sulla teoria del critico italiano Cesare Acutis, così come suggerito dalla scrittrice Anna-Marie Aldaz nel suo saggio39, il quale propone una suddivisione binaria della trama che si sviluppa sul tema della spoliazione delle terre: una parte del romanzo racconta la lotta di Héctor Chacón e i suoi compaesani contro il sistema feudale dei latifondisti, rappresentato dalla figura del giudice Francisco Montenegro (“storia Y”, per Yanacocha, la comunità di Chacón, corrispondente ai capitoli dispari); l’altra, invece, vede opporsi Fortunato a Egoavil, simbolo della Cerro de Pasco Corporation, la società nordamericana che attraverso il cerco stava “inghiottendo” le terre dei comuneros (“storia R”, per Rancas, luogo in cui vive Fortunato, che si sviluppa nei capitoli pari).
In questa perfetta simmetria, Acutis inserisce una terza storia, la “storia E”, che si svolge nella hacienda “El Estribo” e che può essere vista come una versione ridotta dello scontro Chacón/Montenegro: nel capitolo 15 è narrata la storia del proprietario della hacienda, Don Migdonio de la Torre, la cui forte personalità, che ricorda quella del giudice, viene sfidata da uno dei suoi contadini, Espíritu Félix, il quale viene a conoscenza, durante il servizio militare, dei propri diritti, così come Chacón fa in prigione. Tornato alla hacienda, Félix decide di dar vita a un sindacato insieme a quattordici dei suoi compagni; Migdonio finge di essere
38 Id., p. 56.
39 A. M. Aldaz, The Past of the future, The novelist Cycle of Manuel Scorza, New York, Lang, 1990.
30 d’accordo con quest’idea e simula un accordo con i peones, offrendo loro una bevanda celebrativa; quando ormai è troppo tardi, i contadini si rendono conto di essere stati avvelenati. Cinque giorni dopo la strage, Migdonio informa Montenegro dell’accaduto attraverso un telegramma: “Doctor Montenegro, Juez Primera Instancia, Yanahuanca: Atentamente comunícole muerte quince peones hacienda El Estribo debido infarto colectivo. Migdonio de la Torre”40.
Le due trame principali, che non hanno relazione di dipendenza tra loro ma che hanno in comune l’area geografica nella quale si sviluppano, si alternano nella storia senza un ordine preciso; il racconto degli eventi è disordinato e frammentato e sarà quindi dovere del lettore riordinarlo e ricostruirlo in modo adeguato.
L’unica eccezione a questa frammentarietà è rappresentata dal capitolo 1, che è importante perché stabilisce l’atmosfera che si ritroverà poi in tutto il romanzo, ma anche e soprattutto perché può essere interpretato come un capitolo indipendente, nel quale trova spazio un aneddoto narrativo completo, da molti considerato un vero e proprio racconto: presenta un principio e un finale autonomi, l’argomento è presentato in modo lineare, senza interruzioni o salti temporali e il lettore capisce che, quando giunge alla fine delle poche pagine, la narrazione in esse contenuta si è conclusa; condizione, questa, che non si ritroverà in nessun altro capitolo del romanzo.
L’episodio descritto vede come protagonista il giudice Montenegro e mostra con quale soggezione, timore e rispetto il popolo si sottometteva al suo potere, anche quando non lo stava deliberatamente esercitando: come tutti i giorni negli ultimi trent’anni, il giudice (spesso chiamato con l’espressione “traje negro”, a sottolineare la sua connotazione negativa) sta passeggiando nella piazza del paese, lasciata libera dagli abitanti per non disturbarlo, quando inavvertitamente perde una moneta. Il tempo narrativo si sviluppa nell’arco di un anno, periodo durante il quale la moneta rimane nella piazza poiché nessun abitante ha il coraggio di toccarla o prenderla:
El invierno, las pesadas lluvias, la primavera, el desgarrado otoño y de nuevo la estación de las heladas circunvalaron la moneda. Y se dio el caso de que una provincia