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I fondi comunitari a sostegno dello sviluppo. Il progetto RACCORDO-Rail Access from coast to corridor.

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UNIVERSITA' DI PISA

Corso di laurea magistrale in

Strategia, management e controllo

I fondi comunitari a sostegno dello sviluppo.Il progetto

RACCORDO-Rail Access from coast to corridor

Candidato: Giorgio Lunardi

Relatore: prof.ssa Elena Bruno

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INDICE

INTRODUZIONE...2 CAPITOLO 1 La Strategia Europa 2020...5

1.1 Le nuove modalità di finanziamento: gestione diretta e gestione indiretta...5 1.2 Evoluzione storica del ruolo della Comunità Europea

nell'ambito dei finanziamenti...13 CAPITOLO 2 I finanziamenti comunitari per un sistema dei trasporti integrato...20

2.1 I progetti italiani selezionati dalla Comunità

Europea...20 2.2 I fondi comunitari a sostegno dello sviluppo

portuale...23 CAPITOLO 3 Progetto RACCORDO (Rail Access from Coast to Corridor)...30

3.1 Presentazione del Progetto RACCORDO...30 3.2 Descrizione delle attività e relativi costi...46 3.3 Cronoprogramma e gestione finanziaria del

progetto...57 CAPITOLO 4 Osservazioni conclusive...60 RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI...63

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Introduzione

Il 2 dicembre 2013 il Consiglio europeo ha approvato il regolamento che disciplina il quadro finanziario pluriennale dell'Unione europea che definisce la priorità di bilancio dell'UE per gli anni dal 2014 al 2020. Questa decisione ha posto fine ai negoziati che sono durati circa due anni e ha dato il via ai nuovi programmi di finanziamento a partire dal 1 gennaio 2014.

Sebbene i fondi stanzi per i pagamenti dei sette anni di

programmazione (pari a 908,40 miliardi di euro) siano lievemente inferiori a quelli stanziati nel precedente periodo di

programmazione 2007-2013, al fine di promuovere la crescita e l'occupazione sono stati aumentati i fondi destinati alla crescita e alla creazione di posti di lavoro, in linea con quelle che sono le priorità politiche dell'UE.

Per raggiungere gli obiettivi strategici, l'Unione europea si avvale di due diverse tipologie di strumenti finanziari:

• Fondi diretti, noti anche come programmi comunitari o

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• Fondi indiretti, tra i quali abbiamo i fondi strutturali e il fondo di coesione.

I vari programmi tematici, noti anche come “finanziamenti diretti” non devono essere considerati “residuali”, ovvero avanzi dei

Fondi strutturali, ma vanno invece considerati vere e proprie potenzialità create a sostegno delle varie politiche comunitarie. Queste linee finanziarie dirette, note anche come “fondi tematici dell'UE”, prevedono tutte la costituzione di partenariati sia a

livello nazionale, sia e soprattutto a livello transnazionale tra enti, imprese e associazioni, sia pubblici che privati, per l'attuazione di progetti di elevato interesse innovativo. Inoltre hanno il grande vantaggio di incentivare la collaborazione tra i Paesi dell'Unione europea e i Paesi del Mediterraneo e Paesi terzi.

Il tema principale della nuova programmazione è rappresentato dalla crescita intelligente, sostenibile e inclusiva; in base a questo principio le risorse vengono allocate sia a settori prioritari quali le infrastrutture, la ricerca e l'innovazione, e i rapporti con l'area mediterranea, sia a priorità strategiche trasversali, quali la

protezione dell'ambiente e la lotta conto il cambiamento climatico. In generale, la Commissione europea, nell'attuale periodo di

programmazione mira a spendere le proprie risorse in modo diverso rispetto al passato, concentrandosi maggiormente sui risultati e sull'efficacia.

Recentemente la Commissione ha presentato un elenco di 195 progetti nel settore dei trasporti, cui sarà assegnato un

finanziamento di 6,7 miliardi di euro con l'obiettivo di collegare l'Europa. Secondo le previsioni questo investimento consentirà di sbloccare ulteriori cofinanziamenti pubblici e privati per un

importo complessivo di 9,6 miliardi di euro.

I progetti selezionati sono situati per la maggior parte sulle reti transeuropee centrali dei trasporti (TEN-T). L'asse portante della TEN-T è costituto da 9 corridoi, dei quali ben 4 attraversano l'Italia da nord a sud e da ovest a est: il corridoio

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Baltico-Adriatico, il corridoio Reno-Alpi, il corridoio Mediterraneo e il corridoio Scandinavo-Mediterraneo. Proprio in relazione a

quest'ultimo corridoio si inserisce il progetto “Livorno Gateway Project”, il quale, attraverso la realizzazione di alcune attività, si propone di migliorare il trasporto intermodale e la connessione del Porto di Livorno con il proprio entroterra.

La posizione favorevole del porto, situato lungo la costa toscana, e il vicino Interporto Toscano Vespucci rappresentano un nodo

logistico di grande importanza per il mercato con le altre regioni marittime europee e non solo; proprio per questo motivo l'Unione Europea ha deciso di investire tempo e risorse per rendere il porto livornese maggiormente connesso e integrato ai principali corridoi che collegano il continente. Il miglioramento delle infrastrutture, del trasporto modale e l'incremento della competitività sono tutti aspetti ben correlati tra loro che si muovono di pari passo, e

rappresentano i pilastri sui quali è costituita la rete dei trasporti europea.

CAPITOLO 1

Strategia Europa 2020

1.1 Nuove modalità di finanziamento: gestione diretta e gestione indiretta

Dal 2007 al 2013, con i programmi quadro per la ricerca, l'Italia ha perso circa 400 milioni l'anno, cioè il saldo tra soldi dati e soldi ricevuti ha un passivo di ben 2,8 miliardi; ma non solo, purtroppo le politiche comunitarie della precedente programmazione hanno fallito anche in Grecia, Spagna, Portogallo, Belgio, Francia e Irlanda.

Il nuovo ciclo di programmazione è stato dunque avviato con l'intenzione di fare in modo che non si ripetano più situazioni di questo tipo, ovvero con un sistema che si focalizza sulla maggiore

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responsabilizzazione degli Stati membri attraverso fonti di finanziamento innovative basate sulla condivisione del rischio. I fondi europei costituiscono ormai delle risorse fondamentali per il nostro paese, infatti a partire dal 2015 costituiscono circa un terzo dell'intera spesa in conto capitale. Diventa quindi essenziale evitare gli errori del passato, coinvolgendo, oltre alle istituzioni interessate, anche le collettività locali e l'intera società civile. I motivi di tali fallimenti relativi al nostro paese sono da

ricondurre prima di tutto ad un problema amministrativo, con Ministeri, Regioni ed Enti locali che impiegano tempi assurdi per redigere bandi, decidere sui progetti e iniziare i lavori; inoltre in Italia c'è la tendenza a frammentare i finanziamenti in numerosi progetti di importo minimo, inutili per lo sviluppo locale e difficili da controllare. Ad incidere molto è anche la difficoltà delle

imprese italiane a trovare liquidità a per accompagnare la quota europea, dato che trattandosi sempre di co-finanziamento è necessaria anche la presenza di una fonte di spesa locale.

Sulla base dell'accordo politico raggiunto dal Parlamento Europeo e dal Consiglio Europeo nel giugno 2013, è stato approvato un pacchetto legislativo sulla politica di coesione per il periodo 2014-2020. Le risorse destinate all'obiettivo “Investimenti in favore della crescita e dell'occupazione” ammontano complessivamente a 313,19 miliardi di euro, così ripartiti:

• 164,7 miliardi alle regioni meno sviluppate, ovvero le regioni il cui PIL pro capite è inferiore al 75% della media del PIL dell'UE a 27;

• 31,67 miliardi alle regioni in transizione; • 49,49 miliardi alle regioni più sviluppate;

• 66,36 miliardi agli Stati membri che beneficiano del Fondo di coesione, vale a dire i paesi il cui reddito nazionale lordo pro capite è inferiore al 90% del RNL medio pro capite dell'UE a 27.

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Le risorse residue sono destinate alla cooperazione transnazionale, interregionale e transfrontaliera, alle regioni ultraperiferiche e allo sviluppo urbano sostenibile.

Questo pacchetto è teso a rilanciare la crescita e l'occupazione in Europa, costituendo un vero e proprio motore per il cambiamento. Le azioni della Commissione comprendono un regolamento

generale per il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), il Fondo sociale europeo (FSE), il Fondo di coesione, il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca. Altri due regolamenti interessano l'obiettivo cooperazione territoriale europea e il

gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT), infine due regolamenti sono sul Fondo europeo di adeguamento alla

globalizzazione (FEG) e sul Programma per il cambiamento sociale e l'innovazione; la Commissione ha anche approvato una comunicazione sul Fondo di solidarietà dell'Unione europea (FSUE).

L'Italia dovrebbe ricevere 32,1 miliardi di euro (rispetto ai 29,4 stanziati per il 2007-2013) così ripartiti:

• 22,3 miliardi alle regioni meno sviluppate (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia)

• 1,1 miliardi alle regioni in transizione (Abruzzo, Molise, Sardegna)

• 7,6 miliardi alle regioni più sviluppate (regioni del nord e centro-nord)

• 1,1 miliardi alla cooperazione territoriale

Alle risorse europee si aggiungerebbe il cofinanziamento

nazionale a carico del Fondo di rotazione, per il quale il disegno di legge di stabilità per il 2014 ha stanziato 24 miliardi di euro, e la quota di cofinanziamento regionale, pari a circa il 30% del

cofinanziamento complessivo del programma.1

1 Bonifazi, Giannetti; Finanziare l'impresa con i fondi europei. Strumenti e opportunità 2014-2020; IPSOA; 2014. “La programmazione europea 2014-2020: un'occasione da non perdere per le PMI” capitolo 2.

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La “Strategia Europa 2020” è il documento che racchiude la politica europea di coesione per il settennato 2014-2020, ed è di fondamentale importanza, dal momento che, in esso, i Paesi

membri hanno definito gli obiettivi e condiviso le principali scelte relative a tale periodo di programmazione.

Le finalità che gli Stati membri hanno condiviso nella strategia sono quelle di rendere l'Unione più competitiva e migliorare notevolmente l'efficienza delle sue risorse.

In sostanza, “Europa 2020”, prende le mosse dalla considerazione che l'attuale crisi economica ha vanificato decenni di progressi economici e sociali, oltre ad aver aggravato ed evidenziato le carenze strutturali dell'economia europea; di conseguenza, tale strategia, indica tre priorità per uscire dalla crisi e trasformare

l'Europa, ovvero: crescita intelligente, crescita sostenibile, crescita inclusiva.

Per raggiungere i propri obiettivi dunque, l'Unione europea ha a disposizione due principali tipologie di strumenti finanziari: i fondi diretti e i fondi indiretti.

I fondi diretti si riferiscono ai contributi erogati e gestiti

direttamente dalla Commissione Europea attraverso le su diverse Direzioni Generali (DG) o da Agenzie esecutive da essa delegate, e rappresentano sovvenzioni/versamenti di natura non

commerciale, che devono essere integrate da risorse proprie dei beneficiari. Si parla di fondi diretti proprio per il fatto che la

Commissione trasferisce gli importi direttamente ai beneficiari del progetto.

Per l'attuazione dei fondi diretti vengono utilizzate dalle diverse DG due tipi di procedure:

• Sovvenzioni, che vengono assegnate al beneficiario

attraverso il co-finanziamento di progetti specifici e ad alle quali si può accedere tramite inviti a presentare proposte (Call for proposal). Tutto ciò consiste nel versamento di

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contributi a fondo perduto che coprono una percentuale variabile di costi ammissibili riferiti a ciascun progetto (di solito si aggira intorno al 50%, come nel caso RACCORDO), integrati da risorse proprie del beneficiario.

Le sovvenzioni che vengono utilizzate per l'attuazione dei programmi tematici sono dei contributi finanziari diretti, e

finanziano programmi comunitari, fondati su atti normativi di base (Regolamento o Decisione) di durata pluriennale, o azioni,

destinate e promuovere la realizzazione di un obiettivo che si iscrive nel quadro di una politica dell'UE.

• Contratti pubblici, assegnati invece attraverso gare d'appalto per l'erogazione di servizi, beni oppure per l'esecuzione di lavori per garantire lo svolgimento delle operazioni delle istituzioni e dei programmi europei.

Generalmente solo le persone giuridiche possono presentare domanda; inoltre il progetto deve essere presentato, per la valutazione ed eventuale selezione, su formulari standard

predisposti per i differenti programmi. I programmi selezionati devono avere contenuto innovativo ed un valore aggiunto europeo, nel senso che le soluzioni prospettate per raggiungere gli obiettivi dell'Unione europea devono essere valide anche per gli altri Stati membri. In caso di approvazione poi, la Commissione stipula, con il beneficiario o il coordinatore del progetto, una Convenzione che lo obbliga a realizzare le attività previste secondo quanto descritto nella proposta di progetto presentata. Il finanziamento, erogato in una o più tranche, è assegnato solitamente attraverso un anticipo ed un successivo saldo, previa dimostrazione delle spese

effettuate.

I fondi indiretti invece vengono erogati dala Commissione ma gestiti dalle Autorità Nazionali o Regionali, le quali distribuiscono i finanziamenti attraverso i bandi. Si tratta di strumenti finanziari gestiti dalla Commissione Europea per rafforzare la coesione economica, sociale e territoriale, e ridurre il divario fra le regioni più avanzate e quelle in ritardo di sviluppo; rappresentano la gran

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parte dei finanziamenti comunitari e la maggior parte della spesa totale dell'UE.

Le risorse finanziarie vengono trasferite dalla Commissione agli stati membri ed in particolare alle regioni, le quali, sulla base di una programmazione approvata dalla Commissione stessa, ne

dispongono l'utilizzazione. Il budget dei fondi indiretti viene speso attraverso un sistema di “responsabilità condivisa” tra la

Commissione europea e gli Stati membri. Per questo motivo, il rapporto con il beneficiario non è diretto ma mediato da autorità nazionali, regionali o locali che hanno il compito di programmare gli interventi, emanare i bandi e gestire le risorse europee.

Fanno parte di questa categoria i fondi strutturali, come ad esempio il:

• Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR)

• Fondo Sociale Europeo (FSE)

• Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (FEASR)

• Fondo Europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP)

I primi due, istituiti rispettivamente nel 1975 e nel 1958, risultano essere i più importanti, in quanto il primo finanzia la realizzazione di infrastrutture e investimenti produttivi generatori di

occupazione a favore in particolare delle imprese, mentre il secondo favorisce l'inserimento professionale dei disoccupati e delle categorie sociali meno favorite finanziando azioni di

formazione.

Per accelerare i tempi della convergenza economica, sociale e territoriale, nel 1994 l'Unione europea ha istituito il Fondo di coesione, destinato ai paesi con un PIL medio pro capite inferiore al 90% della media. Il Fondo di coesione si propone di concedere finanziamenti a favore di progetti infrastrutturali nei settori

dell'ambiente e dei trasporti. Gli aiuti in questo ambito però sono soggetti ad alcune condizioni: nel caso in cui lo Stato membro beneficiario presenti un deficit pubblico superiore al 3% del PIL,

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non verrà approvato alcun progetto nuovo fino a quando il deficit non sia di nuovo sotto controllo.

I Fondi strutturali e il Fondo di coesione costituiscono gli

strumenti finanziari della politica regionale dell'Unione europea, il cui scopo consiste appunto nell'equiparare i diversi livelli di

sviluppo tra le regioni e tra gli Stati membri, nonché alla coesione economica, sociale e territoriale.

Il Regolamento CE n. 1083/2006 del Consiglio del 2006 prevedeva, relativamente ai fondi strutturali, che ogni Stato membro elaborasse un QSN (Quadro Strategico Nazionale) da presentare alla Commissione europea per l'approvazione. I QSN individuavano a loro volta dei Programmi Operativi con priorità e azioni da svolgere, distinguendosi in Nazionale, Regionale e

Interregionale.

L'erogazione dei fondi indiretti strutturali avviene dunque a livello nazionale e regionale attraverso lo sviluppo di Programmi

Operativi che, in base alle tematiche affrontate ed ai soggetti istituzionali competenti, possono qualificarsi in:

• programmi operativi nazionali (PON), in settori con particolari esigenze di integrazione a livello nazionale

• programmi operativi regionali (POR), multisettoriali, riferiti alle singole regioni e gestiti dalle Amministrazioni Regionali; per ciascuna regione c'è un POR FESR e un POR FSE

• programmi operativi interregionali (POIN), su tematiche

quali energia, attrazioni culturali, naturali e turismo in cui risulta efficace un'azione coordinata fra regioni in grado di realizzare economie di scala e di scopo, con la partecipazione di centri di competenza nazionale.

Una distinzione importante rispetto ai fondi diretti, consiste nel fatto che i fondi strutturali possono finanziare infrastrutture; inoltre un'altra differenza fondamentale è che, se nell'ambito dei fondi strutturali le proposte di progetto vanno presentate a livello locale e regionale alle Autorità regionali e nazionali, per quanto

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concerne i fondi diretti le proposte di progetto vanno presentate direttamente alle Direzioni Generali della Commissione europea, le quali gestiscono le singole linee finanziarie, o alle Agenzie esecutive da essa delegate.

Nel caso di finanziamenti a gestione diretta è la Commissione europea che eroga i fondi e che stabilisce autonomamente i criteri e i principi di funzionamento dei vari programmi (bandi

comunitari). Queste risorse finanziarie sono dunque regolate da un rapporto diretto tra la Commissione europea e gli utilizzatori

finali, ma chi sono i possibili beneficiari dei fondi diretti? L'UE concede sovvenzioni in modo diretto a organizzazioni pubbliche o private, Università, aziende, organizzazioni non governative e, in alcuni casi, persone fisiche, che presentano proposte di progetti atti a promuovere le politiche europee nelle varie aree. Esistono innumerevoli tipi di finanziamento

disponibili, e ognuno ha la sua logica e la sua base giuridica.

Si ha perciò un rapporto diretto tra la Commissione e i fruitori dei fondi; questo significa che il trasferimento avviene direttamente dalla Commissione ai beneficiari, ma anche che tutte le procedure di selezione, assegnazione, controllo e audit (valutazione tecnica e finanziaria ex post) sono gestite centralmente dalla Commissione europea.

É bene evidenziare poi, come nei finanziamenti europei a gestione diretta sia in corso un fenomeno di decentralizzazione: sempre più spesso la gestione diretta da parte della Commissione viene

delegata dalla Direzione Generale, competente in materia, ad un'Agenzia esecutiva ad essa legata, o ancora ad un consorzio creato dalla Commissione nei Paesi destinatari. In questi casi la gestione resta diretta, ma è decentrata.

Ogni programma predisposto dalla Commissione ha generalmente durata pluriennale ed è gestito dalla Direzione generale

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l'erogazione dei finanziamenti; ogni singolo bando indica poi tutte le informazioni operative relative al bando stesso.

Le procedure per l'aggiudicazione delle risorse gestite

direttamente dalla Commissione europea sono due: la prima è costituita dagli inviti a presentare proposte (Call for proposals), i quali costituiscono le sovvenzioni e si suddividono in bandi

periodici e bandi aperti; la seconda è costituita dalle gare d'appalto (Call for tenders), ovvero richieste di servizi specifici, forniture o lavori messi a gara e aggiudicati secondo regole di mercato, alle quali si può accedere partecipando ad una prima fase di selezione. Nelle Call for proposals, la Commissione europea finanzia un progetto in modo parziale, a copertura di determinate voci di spesa, in proporzione diversa a seconda del programma e mai sottoforma di copertura totale dei costi progettuali. Il

cofinanziamento comunitario generalmente varia da un minimo del 35% ad un massimo dell'85% dei costi totali; di solito i

beneficiari sono chiamati a fornire un cofinanziamento in contanti e non in natura, inoltre solitamente è possibile considerare tra i costi eligibili, valevoli cioè per il calcolo della quota di

co-finanziamento, i costi di personale dipendente o a progetto: sarà necessario fornire, al termine del progetto, la documentazione che attesti il pagamento dei salari a coloro che hanno lavorato sul

progetto. Questo ci fa comprendere come i beneficiari debbano disporre di una buona dose di liquidità per essere in grado di sostenere i costi necessari per l'avanzamento del progetto stesso, anticipando il contributo finanziario comunitario.

Il co-finanziamento può essere erogato in più tranche oppure con un saldo finale alla fine del lavoro: questa seconda modalità

appartiene proprio al progetto RACCORDO qua in esame, il

quale, trattandosi di un progetto di durata limitata (circa un anno e mezzo) ha visto l'utilizzo di risorse proprie da parte dei beneficiari e poi un saldo finale da parte della Commissione per la

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soggetto alla presentazione di rapporti sull'avanzamento delle attività e di report finanziari intermedi e finali.

Una volta presentata la proposta progettuale, un primo controllo formale da parte della Commissione verifica la presenza di tutti i documenti necessari e l'elegibilità di tutti i partner candidati a ricevere il finanziamento. I successivi criteri di selezione sono principalmente legati alla qualità delle proposte presentate a fronte degli obiettivi e delle priorità fissati; vengono inoltre valutati la rispondenza del budget rispetto alle azioni delineate nella

proposta, la composizione del raggruppamento (capacità tecnica, finanziaria e gestionale) e la sostenibilità intesa come possibilità di proseguire autonomamente l'azione una volta terminato il

finanziamento.

I principi generali in base ai quali le proposte vengono valutate sono la fattibilità, cioè quali obiettivi è possibile raggiungere attraverso le attività previste, e la pertinenza, ovvero quanto tali obiettivi sono coerenti con le priorità stabilite.

1.2 Evoluzione storica del ruolo della Comunità Europa nell'ambito dei finanziamenti

Il contributo da parte della Commissione agli investimenti nel settore dei trasporti è senz'altro notevole, il che porterà, proprio in linea con gli impegni previsti dalla Strategia Europa 2020, alla creazione di nuovi posti di lavoro. Ma quale è stato in passato il ruolo della Comunità Europea e quali sono state le sue scelte e posizioni per quanto riguarda il trasporto all’interno dell’UE? Purtroppo la prima cosa che va detta è che questa questione è entrata solo di recente tra le priorità dell’Unione.

Il Trattato di Roma, firmato il 25 marzo del 1957, istituisce la Comunità Economica Europea (all’epoca ne facevano parte solo Italia, Francia, Germania Ovest, Belgio, Paesi Bassi e

Lussemburgo) che prevedeva tra i suoi obiettivi la creazione di un Fondo Sociale Europeo, l’abbattimento dei dazi doganali, lo

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sviluppo della cooperazione tra gli stati membri e l’introduzione delle politiche comuni dell’agricoltura e dei trasporti.

Già nei trattati di Roma, dunque, gli Stati membri avevano sottolineato l’importanza di un politica comune dei trasporti, dedicando all’argomento un intero titolo. Quella dei trasporti è stata quindi una delle prime politiche comunitarie. Il principale obiettivo iniziale era l’istituzione di un mercato comune dei trasporti, ovvero il conseguimento della libera prestazione dei servizi e dell’apertura dei mercati. Fino al 1985 però la Comunità Europea pone principi senza agire concretamente, complice anche l’opposizione degli Stati Membri ancora caratterizzati da una forte impronta monopolistica-statale dei trasporti e della produzione di servizi in generale. I trasporti rimangono quindi poco tutelati e lasciati alle loro forme di monopolio naturale: il monopolio, come si sa, è fonte anche di inefficienza produttiva.

Solo dopo graduali liberalizzazioni e privatizzazioni dei servizi e dei trasporti all’interno degli Stati Membri dell’Unione (si parla di quasi 30 anni), si è arrivati al riconoscimento ufficiale delle

carenze e della scarsità dei risultati ottenuti dalla Conferenza Europea dei Ministri dei Trasporti, la quale si occupava di

coordinare la politica europea dei trasporti. La Corte Di Giustizia invitò il Consiglio a intervenire nel settore della politica dei

trasporti, e in seguito fu stipulato il Libro Bianco del 1985 che enfatizzò l’importanza degli aspetti di mercato relativi ai trasporti e identificò nella restrizione alla libera offerta di servizi di

trasporto una delle principali barriere al libero scambio (Foschi, La Politica Comune Dei Trasporti).

Il libro bianco sul completamento del mercato interno del 1985 contiene raccomandazioni destinate ad assicurare la libertà di prestazione dei servizi e fa riferimento alle esigenze della politica comune dei trasporti. Nel novembre 1985, il Consiglio ha quindi approvato tre orientamenti essenziali: la creazione di un mercato libero (senza restrizioni quantitative) entro il 1992, l’incremento dei contingenti bilaterali e delle quote comunitarie nonché

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l’abolizione delle distorsioni alla concorrenza. Il Consiglio ha inoltre adottato un programma di lavoro che fissava obiettivi da raggiungere entro il 31 dicembre 1992 per l’insieme dei trasporti (terrestri, marittimi e aerei): la sistemazione delle infrastrutture d’interesse comunitario, lo snellimento dei controlli e delle

formalità alle frontiere nonché il miglioramento della sicurezza2.

Si può considerare da questo momento il vero cambiamento del settore dei trasporti. Infatti, a questo Libro Bianco, fece seguito nel 1991-1992 il Trattato di Maastricht e il Libro Bianco del 1992 che rafforzarono le basi politiche e istituzionali introducendo il concetto di reti trans europee e di mercato unico europeo: il tema dei trasporti passò così da essere praticamente trascurato, a

diventare di vitale importanza.

Il Libro Bianco del 1992 aveva appunto come obiettivo primario quello di un’apertura del mercato dei trasporti e identificò 7

pilastri su cui edificare un’efficace politica dei trasporti per uno sviluppo futuro: • Un efficiente mercato interno per la libera mobilità di merci e

passeggeri

• Tecnologie a supporto di un sistema di trasporti integrato

• Una rete Transeuropea (TEN-T) di interconnessione con le reti nazionali

• sostenibilità ambientale

• promozione di standard di sicurezza

• politiche sociali nell’interesse dei lavoratori del settore e degli utenti

• sviluppo relazioni con paesi terzi

(Foschi, La Politica Comune Dei Trasporti)

Questo perché la circolazione di merci e persone era ed è in

continuo aumento; e dunque, se da un lato il settore dei trasporti si è dimostrato sempre più in crescita e dinamico, dall’altro ha

comportato costi sociali ed ambientali sempre crescenti. È per

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questa ragione che l’idea di una «mobilità sostenibile» ha acquisito sempre maggiore importanza.

Dal 1992 al 2001, anno del successivo Libro Bianco; vengono gradualmente aperti e integrati i mercati. Vengono regolati diversi settori, con un colpevole ritardo su quello ferroviario il quale era ancora monopolizzato in alcuni Stati Membri, e ci si rende

realmente conto della crescita squilibrata dei diversi modi di

trasporto, ripartiti così nel 2001: strada(44%), navigazione a corto raggio(41%), ferrovia(8%), vie navigabili(4%) (Marini, Politica Europea dei Trasporti Fino al 2010).

Nel frattempo il Consiglio Europeo di Essen del 1994 affronta il problema della congestione stradale intervenendo sulle vie

terrestri, a questo il problema delle vie congestionate diventa

ancora più evidente e vengono allora individuati 14 grandi progetti in risposta al problema. Nel 2001 soltanto 3 dei 14 progetti si sono potuti dire davvero realizzati.

Ecco allora che si arriva all’importante realizzazione del Libro Bianco del 2001, in cui queste problematiche vengono riprese e analizzate: lo squilibrio modale è ormai il principale nodo da sciogliere, dato che comporta anche conseguenze gravi

sull’ambiente e sulla salute delle persone; questo un grafico che ci aiuta a comprendere:

La Commissione propone dunque un pacchetto di 60 iniziative volte a eliminare le disparità tra i vari modi di trasporto, e quindi rilanciare in particolare il trasporto ferroviario e quello marittimo, ma anche eliminare le strozzature decongestionando i grandi assi. Un altro tema affrontato dal Libro Bianco 2001 riguarda i diritti e i doveri degli utenti dei sistemi di trasporto. Tra le iniziative

annunciate figurano un programma d’azione per il miglioramento della sicurezza sulle strade, il conferimento di maggiori diritti ai passeggeri nonché l’introduzione di costi reali per tutti i modi di trasporto attraverso il ravvicinamento dei principi di tariffazione per l’infrastruttura.

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A seguito della pubblicazione del Libro Bianco sulla politica comune dei trasporti del settembre 2001, è stato istituito il

Programma Marco Polo I, il quale rappresenta uno degli strumenti finanziari comunitari utilizzabili per progetti con impatto diretto o indiretto sul trasporto marittimo a corto raggio e l’integrazione modale.

Questo programma ha messo a disposizione una dotazione di 102 milioni di euro per sostenere azioni volte a trasferire l'aumento previsto di 48 miliardi di tonnellate/km di merci dal trasporto su strada al trasporto marittimo a corto raggio, al trasporto ferroviario e al trasporto per via navigabile o a una combinazione di modi di trasporto in cui i percorsi stradali siano i più brevi possibili. Nello sviluppare invece il secondo programma Marco Polo (2007-2013), le previsioni di crescita del trasporto merci sono state ricalcolate e si è concluso che, in assenza di misure, il trasporto merci

internazionale su strada sarebbe aumentato fino a 20,5 miliardi di tonnellate/km l'anno tra il 2007 e il 2013. Il programma Marco Polo II intende trasferire una parte sostanziale di tale aumento grazie a una dotazione finanziaria pari a 450 milioni di euro. Dunque, prevede un contributo finanziario indicativo con

riferimento alle tonnellate per chilometro di merci trasportate su strada, perché fa riferimento alle economie di costi per la società generata dal trasferimento verso il trasporto marittimo a corto raggio, il trasporto ferroviario e per vie d'acqua interne anziché il solo trasporto su strada.

I Programmi Marco Polo dunque hanno già generato dei benefici ambientali. Nonostante tali traguardi, gli ambiziosi obiettivi di trasferimento modale stabiliti dal legislatore non sono ancora stati pienamente raggiunti; questo anche perché i programmi sono

ritenuti piuttosto complessi e, in alcuni casi, di non facile utilizzo da parte delle imprese europee.3

Il nuovo Libro Bianco arriva dieci anni dopo l’analogo del 2001 intitolato “La politica europea dei trasporti fino al 2010: il

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momento delle scelte” mentre quello adottato di recente già dal titolo indica una strategia assai più realistica, se pur con un

orizzonte temporale al 2050 ed include tappe intermedie al 2020 ed al 2030. “Tabella di marcia verso uno spazio unico europeo dei trasporti – per una politica dei trasporti competitiva e sostenibile”, così è stato titolato il Libro Bianco, nel tentativo davvero

complesso di coniugare l’incremento della mobilità e la riduzione delle emissioni (Sbilanciamoci.info, Libro Bianco 2011). Il

volume è suddiviso in tre parti: analisi della situazione

insostenibile, gli obiettivi e le sfide fondamentali da affrontare, la strategia e le regole per attuarle; ed un allegato che contiene un elenco di 40 iniziative da mettere in campo nei prossimi anni. Intanto si parte dal presupposto che gli obiettivi del 2001 sono stati solo parzialmente raggiunti; e da qui l’analisi della situazione parte dalla considerazione che il settore dei trasporti in Europa impiega direttamente dieci milioni di persone e rappresenta il 5% circa del Pil, che per le imprese il costo del trasporto si aggira sul 10-15% del prodotto finito ed in media le famiglie spendono il 13,2% del proprio bilancio in beni e servizi di trasporto. I trasporti dipendono per 96% dal petrolio, il cui prezzo, è stimato, che nei prossimi decenni sia destinato a raddoppiare, la congestione costa all’Europa circa l’1% di PIL ogni anno, e le emissioni secondo i piani della UE dovranno ridursi dell’80-95% entro il 2050 rispetto ai dati del 1990.Anche i trasporti dovranno fare la loro parte ed il documento individua tre obiettivi per abbattere le emissioni che si dovranno ridurre del 60%: migliorare l’efficienza dei veicoli

mediante l’uso di carburanti e sistemi di alimentazione sostenibili, ottimizzare le prestazioni della catena logistica multimodale e puntare sull’uso efficiente delle infrastrutture grazie ai sistemi di gestione informatizzata del traffico.4

Gli obiettivi fondamentali indicati nel Libro Bianco sono 10, e alcuni riprendono gli obiettivi non raggiunti del precedente Libro Bianco 2001: conseguire, nelle principali città, sistemi di logistica

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urbana a zero emissioni di C02 entro il 2030; nel trasporto

marittimo ridurre del 40-50% le emissioni di C02 derivate dagli oli combustibili entro il 2050 ; il 30% del trasporto delle merci superiore a 300 km deve passare entro il 2030 verso ferrovia e trasporto via mare; entro il 2050 la maggior parte del trasporto di medie distanze dei passeggeri deve avvenire mediante ferrovia, di cui va completata la rete ad Alta Velocità a livello europeo;

completare entro il 2030 la retri infrastrutturali TEN-T; collegare tra di loro le reti ferroviarie, aeroportuali, marittime e fluviali; completare il sistema unico di gestione del traffico aereo; definire entro il 2020 un quadro per un sistema europeo di informazione, gestione e pagamento nel settore dei trasporti multimodali;

aumentare la sicurezza in tutti i modi di trasporto nella UE;

arrivare alla piena applicazione dei principi “chi usa paga” e “chi inquina paga” facendo in modo di eliminare le distorsioni ed i sussidi dannosi.

Il nuovo documento mostra quindi anche gli insuccessi dei

precedenti provvedimenti e le difficoltà economiche e procedurali peri realizzare il piano delle reti TEN-T, le quali anche in questo documento costituiscono un pezzo essenziale della strategia. Non mancano nemmeno debolezze e criticità nel Libro bianco. A

partire dalla scarsa considerazione per i problemi del trasporto urbano ( oltre due terzi della mobilità) dove viene confermata la necessità del potenziamento del trasporto collettivo, della

bicicletta e delle aree pedonali, ma si affida un ruolo chiave

all’auto pulita, tralasciando i problemi di congestione, di uso dello spazio urbano e di pianificazione territoriale.

A differenza del Libro Bianco del 2001 c'è da notare come questa volta non si punti a un riequilibrio modale riducendo la mobilità. Come infatti ha dichiarato il vicepresidente responsabile dei

trasporti Kallas: “Possiamo interrompere la dipendenza del sistema dei trasporti dal petrolio senza sacrificare l’efficienza e compromettere la mobilità. Possiamo guadagnare su tutti i fronti.” Quindi con questo recente provvedimento si punta a un’efficienza

(21)

complessiva del sistema senza intaccare la domanda di mobilità, destinata a crescere sia per le merci (in misura maggiore) sia per i passeggeri.

CAPITOLO 2

I finanziamenti comunitari per un sistema dei trasporti

integrato

2.1 I progetti italiani selezionati dalla Comunità Europea Nel corso del 2016, la Commissione europea è stata generosa con l’industria dei trasporti decidendo di stanziare finanziamenti

comunitari per 13,1 miliardi di euro da destinare a 276 progetti di trasporto, selezionati nell’ambito della tornata 2014 del

programma Connecting Europe Facility. Questo investimento, spiegano da Bruxelles, consentirà di sbloccare ulteriori

cofinanziamenti pubblici e privati per un importo complessivo di 9,6 miliardi di euro. Insieme al futuro Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS), questo meccanismo di stimolo all’implementazione del sistema infrastrutturale e trasportistico europeo svolgerà un ruolo importante per colmare la carenza di investimenti in Europa, un obiettivo che rappresenta la priorità assoluta della Commissione. Il contributo finanziario dell'UE è costituito da sovvenzioni intese a coprire dal 20% all'85% dei finanziamenti, a seconda del tipo di progetto.5

Per quanto riguarda il nostro Paese i progetti sotto coordinamento italiano giudicati meritevoli di finanziamento comunitario sono stati 13 per un controvalore complessivo del co-finanziamento comunitario pari a oltre 1,5 miliardi di euro (precisamente

1.509.289.571 euro). L’Italia aveva chiesto co-finanziamenti per un totale di 6,8 miliardi riferiti a 71 diversi progetti infrastrutturali.

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Scorrendo la “lista dei promossi” il primo ad apparire è il MXP –

AT Railink, progetto volto al potenziamento dell’accesso

ferroviario da nord dell’aeroporto di Malpensa, che consentirà a FerrovieNord Spa di incasserà il 50% dell’investimento

complessivo previsto da 4,132 milioni di euro.

Per il tunnel di base del Brennero (progetto promosso dal

Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti) l’Italia si metterà in tasca 302,8 milioni di euro come co-finanziamento (al 50%) degli studi preliminari, a cui si sommano altri 878,6 milioni, equivalenti al 40% dell’investimento complessivamente previsto per i lavori di realizzazione che valgono poco meno di 2,2 miliardi. Grandi polemiche a Genova per l’esclusione da questa lista dei lavori per il completamento del Terzo Valico dei Giovi (linea ferroviaria Milano – Genova).

Il dicastero guidato da Graziano Delrio si metterà in tasca altri 40,9 milioni per il parziale (30%) finanziamento del progetto per il potenziamento tecnologico e infrastrutturale del collegamento

ferroviario Chiasso – Milano (il collegamento verso sud del tunnel del Gottardo), così come altri 13,1 milioni (28% del totale)

saranno assegnati al Ministero dei Trasporti per il progetto Gainn4Core volto a introdurre l’utilizzo del GNL in Italia e nel Mediterraneo. Alla voce ITS –Intelligent Transport Services for

road, il Ministero dei trasporti figura ancora come destinatario di

poco meno di 7,4 milioni di euro utili al finanziare al 50% il progetto EU ITS Platform.

L’Autorità portuale di Genova conquista 4,6 milioni (pari al 30,1% dell’investimento complessivo) per il progetto INES –

Implementing New Environmental Solutions in the Port of Genoa

per la riqualificazione ambientale dello scalo. Anche il trasporto fluviale nella Val Padana è stato giudicato meritevole di supporto finanziario tanto che l’Agenzia interregionale per il fiume PO sui intascherà 9,2 milioni di euro (il 20% dei 46,4 previsti in totale) per potenziare il trasporto di merci su fiume. Sempre a proposito di trasporto fluviale, al paragrafo R.I.S. (River Information

(23)

Services), compare un’altra società italiana, Sistemi Territoriali Spa, che riceverà un co-finanziamento (al 505) di 1,2 milioni di euro.

Nell’elenco dei promossi dalla Commissione Europea figura anche Rina Services con il progetto ERTMS HIPOPS (ERTMS Harmonised & International Procedures for Placing into Operation of Products & Subsystems) per il quale sarà co-finanziato il 50% dei complessivi 1,44 milioni di euro previsti. Sul fronte

intermodale, poi, l’Interporto di Padova riceverà poco meno di 3,4 milioni di euro (sui complessivi 16,2 necessari) per implementare il terminal container dell’interporto veneto.

Per quanto concerne infine il trasporto aereo anche ENAV

conquista un po’ di fondi comunitari: quasi 150 milioni di euro sono infatti stati assegnati ai progetti Joint Application for PDP Implementation – (Cluster 1 e 3) a copertura parziale (50%) dei costi complessivi.

Violeta Bulc, Commissaria UE responsabile per i Trasporti, si è detta “particolarmente lieta di proporre il piano d’investimento più cospicuo mai realizzato dall’UE nel settore dei trasporti. I progetti selezionati sono destinati a servire cittadini e imprese, migliorando le infrastrutture ed eliminando le strozzature esistenti. L’attuazione della rete transeuropea dei trasporti potrebbe creare fino a 10

milioni di posti di lavoro e aumentare il PIL europeo dell’1,8% entro il 2030”. Queste proposte di decisione di finanziamento devono essere ora adottate formalmente dal comitato per il meccanismo per collegare l'Europa, che si riunirà il 10 luglio 2015.

Sulla lista di progetti promossi nell’ambito del Connecting Europe Facility è arrivato anche il commento del Ministro delle

Infrastrutture e dei Trasporti, Graziano Delrio, che ha detto: “Sono stati scelti 15 progetti, ma in particolare, la galleria di base del Brennero, l’alta velocità Torino Lione (progetto francese, ndr) e il potenziamento tecnologico e infrastrutturale della Chiasso-Milano sono i più rilevanti: tre progetti europei a cui la Commissione

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parteciperebbe con oltre 2 miliardi di euro”. Delrio ha poi

aggiunto: “Il sistema logistico italiano, che verrà ulteriormente rafforzato dal piano strategico della logistica e dei porti, sarà

potenziato da queste opere che consentiranno alle imprese italiane collegamenti più efficaci e un trasporto più sostenibile. La scelta dei grandi corridoi ferroviari è una strategia vincente che,

unitamente a massicci investimenti sull’alta velocità nel sud e un sistema più efficiente per il trasporto pubblico locale, possono e devono cambiare sostanzialmente il viaggio in Italia delle persone, delle merci e delle idee”.6

2.2 I fondi comunitari a sostegno dello sviluppo portuale L'Unione europea (UE) ha circa 1 200 porti marittimi in 22 Stati membri [Commissione europea, 2006], e tali porti marittimi

forniscono tutti i tipi di struttura per il carico e lo scarico di merci. Queste strutture si dividono in tre categorie: (1) Infrastrutture

portuali di base, (2) infrastrutture strumentali all’esercizio dei servizi terminalistici e (3) sovrastrutture portuali. Gli investimenti vengono effettuati in tutti questi tre tipi di struttura in differenti porti europei. Questi investimenti possono essere effettuati da enti pubblici e/o privati, ma gli aiuti di Stato per qualsiasi tipo di

infrastruttura o sovrastruttura portuale possono falsare (o minacciare a falsare) la concorrenza tra porti europei.

La definizione di aiuto di Stato deriva dall'articolo 87, par. 1, del trattato CE, che è stato sostituito dall'articolo 107 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) [UE, 2008].

L'articolo 107 è formato da tre paragrafi. Il primo stabilisce la definizione di aiuto di Stato "incompatibile"; il secondo prevede casi di deroghe de jure al principio di incompatibilità; il terzo prevede casi di deroghe discrezionali al principio di

incompatibilità. L'articolo dispone quanto segue: (1) Salvo

6 http://www.ship2shore.it/it/logistica/finanziamenti-ue-ai-trasporti-per-l-italia-15-miliardi-e-13-progetti-approvati_58292.htm

(25)

deroghe contemplate dai trattati, sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza. (2) Sono compatibili con il mercato interno: (a) gli aiuti a carattere sociale concessi ai singoli consumatori, a condizione che siano accordati senza

discriminazioni determinate dall'origine dei prodotti; (b) gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali; (c) gli aiuti concessi all'economia di determinate regioni della Repubblica federale di Germania che risentono della divisione della Germania, nella misura in cui sono necessari a compensare gli svantaggi economici provocati da tale divisione. Cinque anni dopo l'entrata in vigore del trattato di

Lisbona, il Consiglio, su proposta della Commissione, può

adottare una decisione che abroga la presente lettera. (3) Possono considerarsi compatibili con il mercato interno: (a) gli aiuti

destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione, nonché quello delle regioni di cui all'articolo 349, tenuto conto della loro situazione strutturale, economica e sociale; (b) gli aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo oppure a porre rimedio a un grave turbamento

dell'economia di uno Stato membro; (c) gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni

economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse; (d) gli aiuti destinati a

promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio, quando non alterino le condizioni degli scambi e della concorrenza

nell'Unione in misura contraria all'interesse comune; (e) le altre categorie di aiuti, determinate con decisione del Consiglio, su proposta della Commissione.

(26)

Dal momento che nella sottosezione 1 viene fatto riferimento all’”impresa”, definita come “qualsiasi entità che eserciti un'attività economica, che offra beni e servizi sul mercato, a prescindere dal suo stato giuridico e dalle sue modalità di

finanziamento". In effetti, l'articolo 107 definisce cinque criteri che, cumulativamente, rendono incompatibile l'aiuto di Stato: (1) l'aiuto è garantito da uno Stato membro o attraverso risorse statali (compresi, ad esempio, lotterie e fondi europei);

(2) conferisce un vantaggio al beneficiario;

(3) favorisce determinate imprese commerciali o la produzione di determinate merci (ovvero ha carattere selettivo);

(4) falsa o può, potenzialmente, falsare la concorrenza;

(5) se l'attività è commerciabile tra gli Stati membri e l'aiuto ha un’incidenza potenziale sugli scambi commerciali.

L'articolo 107 precisa che gli aiuti concessi da uno Stato membro che falsino o minaccino di falsare la concorrenza, favorendo

talune imprese, sono incompatibili con il mercato interno. Tuttavia, l'aiuto di Stato può essere accettabile se viene

considerato compatibile con le sottosezioni 2 e 3 dell'articolo 107. L'esame della Commissione su diversi casi di aiuti di Stato mostra che è possibile un'interpretazione flessibile applicando le

sottosezioni 2 e 3. Questo potrebbe creare una distorsione della concorrenza e un contesto disomogeneo tra i porti e/o tra gli operatori di un porto. Orientamenti comuni permetterebbero almeno un quadro di finanziamento pubblico più trasparente in tutta l'UE.

A partire dagli anni duemila, la Commissione Europea ha tentato di mettere in atto alcune norme riguardanti il settore portuale (Pacchetto porti I nel 2001 e II nel 2004), che miravano a ridurre al minimo la distorsione della concorrenza tra i porti marittimi dell’UE e a creare trasparenza negli investimenti, ma i risultati furono scarsi.

Negli ultimi quindici anni, gli scambi commerciali in cui sono impiegati i container in particolare hanno avuto la funzione di

(27)

motore per la capacità di espansione del porto e dei terminali.

Sono stati effettuati molti investimenti nelle infrastrutture portuali, anche in un contesto di evoluzione della concorrenza tra porti, che sta dempre più acquisendo una dimensione regionale. Il trasporto dei container, in particolare, ha visto lo sviluppo di diverse reti di porti in Europa in competizione l'una con l'altra. Queste reti

possono contenere diversi porti. Inoltre, in altri settori relativi ai carichi, la competizione tra porti e regioni portuali in Europa sta diventando più intensa. La distinzione tra porti europei

settentrionali e meridionali risulta in parte obsoleta, poiché

talvolta essi appartengono alla stessa rete di porti. Tuttavia, esiste ancora una differenza nella generazione di carichi, più alta nei porti europei del nord-ovest.

Di conseguenza anche il ruolo delle Autorità Portuali è cambiato, concentrato sempre più sullo sviluppo e il mantenimento delle interconnessioni tra le aree portuali e l’entroterra, tramite vari sistemi di trasporto intermodale. In altre parole dunque, le AP si occupano in maniera sempre crescente dell’ottimizzazione dei processi e delle infrastrutture portuali.

La tendenza generale nelle politiche portuali e nei finanziamenti per i porti marittimi dell'UE sta (lentamente) procedendo verso un maggiore coinvolgimento del settore privato. Questo significa che alle autorità portuali viene sempre più richiesto di finanziare parti dell'investimento relativo all'infrastruttura portuale desiderata, mentre lo Stato membro non prende più tale iniziativa a causa delle limitate disponibilità di budget per l'investimento.

Il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) è uno dei fondi strutturali dell’Unione Europea; i compiti assegnati al fondo sono:

• Promuovere la coesione economia e sociale attraverso la correzione dei principali squilibri regionali

• Partecipare allo sviluppo e alla riconversione delle regioni

• Promuovere uno sviluppo sostenibile e creare posti di lavoro durevoli

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Il FESR concentra gli investimenti su diverse aree prioritarie chiave; tale approccio assume il nome di “concentrazione tematica”:

 Innovazione e ricerca  Agenda digitale

 Sostegno alle piccole e medie imprese (PMI)

 Economia a basse emissioni di carbonio (in questo le risorse vengono così destinate: 20% alle regioni più sviluppate, 15% alle regioni in transizione, 12% alle regioni in ritardo di

sviluppo.)

Tra i Progetti FESR che interessano l’Autorità Portuale di Livorno (e quelle italiane in generale) si hanno due principali programmi:

• Il programma MED riguardante i paesi che si affacciano sul

Mar Mediterraneo. In particolare il territorio MED

comprende 57 regioni di 10 diversi paesi dell’UE e 3 paesi candidati (Albania, Bosnia-Erzegovina, Montenegro)

• Il programma Italia-Francia marittimo

La quota di cofinanziamento comunitario ammonta all’85% con un cofinanziamento da parte del partner pari al 15%; anche se, per i soli partner pubblici italiani, tale percentuale viene garantita dal Fondo di Rotazione Nazionale. Tutto ciò viene reso possibile tramite il Fondo di rotazione, il quale assicura, in particolare, la centralizzazione presso la tesoreria dello Stato dei flussi finanziari provenienti dall’Unione europea e la gestione univoca dei relativi trasferimenti in favore delle Amministrazioni e degli Enti titolari, consentendo anche di monitorare l’impatto di tali flussi sugli aggregati di finanza pubblica, in funzione anche del rispetto dei vincoli del patto di stabilità.

La gestione del Fondo di rotazione si concretizza, quindi in:

• operazioni di acquisizione delle risorse che l’Unione europea

destina all’Italia e conseguente trasferimento delle stesse in favore di Amministrazioni pubbliche ed organismi privati aventi diritto;

(29)

• assegnazione, con appositi decreti direttoriali, della quota di

finanziamento di parte nazionale degli interventi UE e

relative operazioni di erogazione delle risorse in favore delle Amministrazioni e degli altri organismi interessati;

• chiusure finanziarie degli interventi comunitari, con

riconoscimento ed erogazione del contributo finale di parte nazionale.

Il circuito finanziario è così organizzato: il capofila può richiedere un anticipo sul cofinanziamento pari al 25% dell’85%, il quale viene dato all’autorità di gestione che gestisce il programma e il circuito finanziario. Su base semestrale, i beneficiari sostengono dei costi, i quali devono essere pertinenti al progetto, rispondenti a particolari requisiti ed essere ammissibili. Tali costi saranno poi caricati su una piattaforma telematica. Un revisore esterno si occuperà poi di verificare la fattura, il mandato di pagamento e che la spesa sia stata effettivamente realizzata. Esiste inoltre il divieto di duplice attribuzione dello stesso costo, perciò egli si occuperà anche di attestare che una fattura sia attribuita ad un unico progetto.

Il Regolamento 481/2014 espone quali siano le spese ritenute ammissibili, e cioè:

 le spese per il personale

 le spese per il materiale d’ufficio  le spese per servizi esterni

 le spese per trasferte

in ogni caso, devono trattarsi sempre di importi esigui.

Un progetto però può incorrere anche in alcuni problemi, ad esempio può avvenire il riprofilamento delle spese se l’ente non dovesse spendere quanto previsto dal progetto (il controllo

generalmente è semestrale), in quanto la previsione di spesa deve essere sempre rispettata.

La spesa deve essere sostenuta prima del termine del progetto, mentre la liquidazione può avvenire anche in una fase successiva;

(30)

quindi l’effettivo sostenimento della spesa e la liquidazione di essa possono rappresentare due questioni ben diverse e distinte.

Indicativamente gli importi finanziari di questi progetti si aggirano intorno ai 4 milioni di euro; ad esempio il MED e il Programma Italia-Francia marittimo prevedono finanziamenti a progetti semplici, i quali non superano i 2 milioni di euro (divisi per il

numero dei beneficiari) e a progetti strategici, per i quali l’importo non può superare i 6 milioni di euro.7

CAPITOLO 3

Progetto RACCORDO (Rail Access from Coast to

Corridor)

3.1 Presentazione del Progetto RACCORDO

Il Progetto RACCORDO è un progetto coordinato dalla Autorità Portuale di Livorno, la cui progettazione è stata finanziata dalla Commissione Europea. Tre sono le opere ferroviarie previste dal progetto:

• la connessione ferroviaria tra il porto di Livorno e

l’Interporto Amerigo Vespucci (il cosiddetto “scavalco” della linea tirrenica), che ha un costo di 17 milioni di euro

• il collegamento tra l’Interporto e la linea Vada-Collesalvetti-Pisa, che ha un costo di 94 milioni di euro

• il bypass della stazione di Pisa, con un costo di 91 milioni di euro

Come affermato dal segretario generale dell’Autorità Portuale di Livorno, Massimo Provinciali, l’espansione a mare, infatti, non ha

7R.G. Di Meglio, G. Mainardi, S. Ferrini & I.Toni, “Motorways of the sea: An outlook of technological, operational and economics tools”, in Transport Infrastructure and Systems: Proceedings of the AIIT International Congress on Transport Infrastructure and Systems (Rome, Italy, 10-12 april 2017); Dall'Acqua, Wegman, CRC Press; 2017.

(31)

senso se non ha come contraltare una eguale espansione delle connessioni ferroviarie sul lato terra.8

La Commissione Europea, visto il regolamento (CE) n. 680/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2007, che stabilisce i principi generali per la concessione di un contributo finanziario della Comunità nel settore delle reti transeuropee dei trasporti e dell’energia, ha deciso dunque di concedere un

contributo finanziario ai seguenti beneficiari:  Autorità Portuale di Livorno

 Regione Toscana

 Interporto Toscano A. Vespucci S.P.A. Livorno-Guasticce Ai beneficiari, i quali si impegnano a effettuare tutto il necessario per realizzare sotto la propria responsabilità l’azione, è concesso un contributo finanziario massimo di 678.701 euro, ovvero una percentuale di cofinanziamento pari al 50%.

Il coordinatore della presente azione è l’Autorità Portuale di Livorno, il quale vigila affinchè l’azione sia attuata nel rispetto della decisione che concede il contributo finanziario, e fa anche da intermediario per tutte le comunicazioni tra i cobeneficiari e la Commissione.

L’azione “Accesso ferroviario dalla costa al corridoio”

(RACCORDO) intende completare gli studi (progetto preliminare e definitivo) relativi al miglioramento dell’accessibilità del

trasporto ferroviario di merci al nodo logistico di Livorno e al suo entroterra e al corridoio Scandinavia-Mediterraneo. L’azione fa parte del progetto globale “Livorno Gateway Project” per il pieno sfruttamento del porto di Livorno quale importante collegamento per il trasporto merci dal Mediterraneo e dall’America del Nord e del Sud verso l’Europa centrale e orientale. Lo sviluppo di

collegamenti ferroviari agevoli ed efficienti è considerato della massima importanza. Il nodo logistico di Livorno è il risultato dell’attuale integrazione tra il porto di Livorno e l’interporto di Guasticce, inseriti entrambi tra i nodi della rete centrale TEN-T. 8www.gonews.it ; “La città come raccordo verso l'Europa”; 18/12/2015

(32)

La piena integrazione del nodo logistico di Livorno all’interno della rete TEN-T necessita della realizzazione di alcuni

collegamenti ferroviari. Questi interventi su scala ridotta sono

fondamentali per superare le strozzature causate dalla mancanza di collegamenti e per istituire servizi di trasporto ferroviario

multimodali efficienti e affidabili tra il porto di Livorno e il suo entroterra nel Nord dell’Italia e l’Europa centrale e orientale. In particolare, i collegamenti mancanti sono:

• un collegamento ferroviario diretto tra il porto di Livorno e l’interporto di Guasticce (4 km) per potenziare servizi di

smistamento rapidi e concorrenziali tra le due principali strutture del nodo logistico di Livorno;

• un collegamento ferroviario tra l’interporto di Guasticce e la linea ferroviaria Pisa- Collesalvetti-Vada (circa 6 km);

• una deviazione rispetto alla stazione ferroviaria di Pisa (circa 10 km) per collegare direttamente il porto di Livorno alla linea Pisa-Firenze verso il corridoio Scandinavia-Mediterraneo.

L’azione RACCORDO può essere suddivisa in tre pacchetti di lavoro distinti ma interconnessi:

 Pacchetto di lavoro 1: progetto preliminare e definitivo del cavalcavia ferroviario sulla linea ferroviaria Genova-Roma.  Pacchetto di lavoro 2: progetti preliminari dei collegamenti

ferroviari su scala ridotta dall’entroterra verso la rete centrale. In particolare: Pacchetto di lavoro 2.1: progetto preliminare del collegamento ferroviario dall’Interporto di Guasticce verso la linea Pisa-Collesalvetti-Vada; Pacchetto di lavoro 2.2: Progetto preliminare della deviazione dalla

stazione ferroviaria di Pisa.

 Pacchetto di lavoro 3: piano di ingegneria finanziaria, con la valutazione dei requisiti finanziari e delle soluzioni necessari per finanziare il completamento dei IT 10 IT lavori previsti, per quanto concerne sia i collegamenti ferroviari sia le

(33)

Bilancio di previsione:

Il costo totale ammissibile previsto per l'azione è pari a 1 357 402 euro. Va subito precisato che si intendono “costi ammissibili per l'azione” quei costi effettivamente sostenuti dal beneficiario,

ovvero quei costi sostenuti nel corso dell'azione come specificato nella decisione che concede il contributo finanziario, fatti salvi i costi relativi alla richiesta di pagamento del saldo, ai pertinenti documenti giustificativi e ai certificati riguardanti i rendiconti finanziari. Inoltre devono essere in relazione con l'oggetto dell'azione e previsti nel bilancio di previsione dell'azione, e devono poter essere identificabili e verificabili, cioè registrati

nella contabilità del beneficiario e determinati conformemente alle norme contabili applicabili del paese in cui risiede il beneficiario e secondo le normali prassi del beneficiario in materia di contabilità. Tali costi devono infine essere anche ragionevoli, giustificati e conformi al principio della sana gestione finanziaria, in particolare sotto il profilo dell'economia e dell'efficienza.

I costi ammissibili si distinguono in costi ammissibili diretti e costi ammissibili indiretti: quelli diretti sono quelli direttamente collegati all'esecuzione della stessa e possono pertanto essere attribuiti direttamente all'azione, tra questi abbiamo i costi del personale o comunque i costi inerenti a persone fisiche impegnate in forza di un contratto con il beneficiario diverso da un contratto di lavoro subordinato, i costi di viaggio e le relative indennità di soggiorno del personale che partecipa all'azione, i costi di

ammortamento e di noleggio delle attrezzature o di altri beni

purchè corrispondenti alla durata dell'azione e al tasso di effettivo utilizzo ai fini dell'azione, i costi dei materiali di consumo e delle forniture destinati direttamente all'azione, i costi conseguenti a subappalti, i costi derivanti direttamente da esigenze imposte dalla decisione che concede il contributo finanziario (valutazioni,

revisioni, riproduzioni) compresi i costi delle garanzie finanziarie richieste, e i costi di locazione e leasing di terreni e immobili

(34)

purchè siano locati o presi in leasing per l'esecuzione dell'azione e per la realizzazione dei lavori.

I costi ammissibili indiretti invece sono quei costi che non sono costi specifici connessi direttamente all'esecuzione dell'azione e quindi non direttamente riconducibili ad essa. Per essere

ammissibili, i costi indiretti, devono rappresentare una giusta quota delle spese generali del beneficiario e soddisfare le condizioni di ammissibilità. Inoltre tali costi devono essere dichiarati in base a un tasso forfettario non superiore al 7% del totale dei costi diretti ammissibili.

I seguenti costi invece non sono considerati ammissibili:

• rendimento del capitale

• debiti e oneri relativi

• gli accantonamenti per perdite o debiti • interessi passivi

• crediti dubbi

• perdite dovute a operazioni di cambio

• l'IVA, tranne nel caso in cui il beneficiario dimostri di non poterla recuperare

• costi dichiarati dal beneficiario nel quadro di un'altra azione o programma di lavoro che beneficia di un altro contributo

finanziario dell'Unione

• spese eccessive o sconsiderate • contributi in natura

• costi delle acquisizioni di terreni e immobili

Nel caso in cui la sovvenzione assuma la forma di rimborso dei costi reali , il beneficiario deve dichiarare come costi ammissibili i costi effettivamente sostenuti per l'azione; perciò, se gli viene

richiesto nell'ambito dei controlli o delle revisioni contabili, il beneficiario deve essere in grado di fornire i documenti

giustificativi idonei a comprovare i costi dichiarati effettivamente sostenuti (fatture, contratti e registri contabili). In ogni caso la

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sovvenzione non può generare profitti per il beneficiario, cioè un'eccedenza di entrate rispetto ai costi ammissibili dell'azione. Le entrate di cui tener conto sono le entrate consolidate, preparate, generate o confermate alla data in cui il beneficiario redige la

domanda di pagamento del saldo e rientranti nel reddito generato dall'azione nel periodo di esecuzione, oppure nei contributi

finanziari specificatamente assegnati dai donatori al finanziamento dei costi ammissibili reali dell'azione durante il periodo di

esecuzione.

I costi ammissibili di cui tener conto sono i costi ammissibili consolidati approvati dalla Commissione per le categorie di costi rimborsati. Se l'importo definitivo della sovvenzione comportasse un lucro per i beneficiari, il lucro è detratto in misura

proporzionale al tasso finale di rimborso dei costi ammissibili reali dell'azione approvati dalla Commissione. Infine in caso di

mancata esecuzione o di esecuzione carente, parziale o tardiva dell'azione, la Commissione può ridurre la sovvenzione

inizialmente prevista tenendo conto dell'effettiva attuazione degli obiettivi previsti dall'azione.

Queste le fonti previste per il cofinanziamento dell'azione: • Bilancio nazionale 336 379 euro

• Bilancio reg/locale 310 059 euro • Promotore dell'azione 32 263 euro

• Finanziamento TEN-T 678 701 euro

• Costi tot ammissibili 1 357 402 euro

I costi ammissibili sono stati poi a loro volta ripartiti per attività:

• COSTI DIRETTI

2014 2015 TOTALE

Attività 1 96 325 euro 385 307 euro 481 632 euro

Attività 2 98 096 euro 392 384 euro 490 480 euro

Attività 3 40 000 euro 139 848 euro 179 848 euro

Attività 4 3 925 euro 35 330 euro 39 255 euro

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• COSTI INDIRETTI

Finanziamento forfettario: Si Percentuale: 7%

18 851,07 euro 69 950,93 euro 88 802 euro

COSTI TOTALI AMMISSIBILI

288 152,07 euro 1 069 249,03 euro 1 357 402 euro

L'importo indicativo del contributo finanziario per beneficiario è:

Autorità Portuale di Livorno 336 379 euro

Regione Toscana 310 058 euro

Interporto Toscano A.Vespucci SPA Livorno-Guasticce

32 264 euro

Come è possibile notare, il contributo finanziario dell'Unione non può coprire la totalità dei costi dell'azione; mentre le fonti di

finanziamento diverse da quelle dell'Unione e i relativi importi sono indicati nel bilancio di previsione.

Entro 30 giorni di calendario dalla data di ricevimento della decisione notificata, viene versato al beneficiario un

prefinanziamento pari al 50% dell'importo; tale azione potrebbe risultare rischiosa per la Commissione, la quale, sulla base di una valutazione del rischio, può esigere dal beneficiario una garanzia preliminare prima che essa proceda al primo versamento di

prefinanziamento. Il prefinanziamento è versato al beneficiario entro 30 giorni di calendario dal ricevimento di una garanzia

finanziaria d'importo pari a quello del prefinanziamento concesso; questa garanzia può altrimenti essere sostituita da una fideiussione in solido prestata dallo Stato membro interessato oppure da una garanzia in solido irrevocabile e senza riserve da parte dei

beneficiari dell'azione, previa accettazione della Commissione. Il prefinanziamento è destinato a fornire un fondo di tesoreria al beneficiario.

Quando il pagamento è suddiviso in diverse rate, ulteriori

pagamenti di prefinanziamento possono essere effettuati per ogni rata successiva in relazione della disponibilità del finanziamento

(37)

dell'Unione, dei costi effettivi totali ammissibili sostenuti per l'esecuzione dell'azione nei periodi precedenti, di una valutazione della relazione sullo stato di avanzamento dell'azione, di una

garanzia finanziaria. In nessun caso però possono essere

autorizzate ulteriori rate di prefinanziamento se rimangono ancora da liquidare più di due versamenti di prefinanziamento precedenti. Qualora dal rendiconto sull'utilizzo del precedente versamento di prefinanziamento risulti che è stato utilizzato meno del 70% del versamento di prefinanziamento precedente per coprire i costi dell'azione, l'importo del nuovo versamento di prefinanziamento è ridotto nella misura corrispondente alla differenza tra la soglia del 70% e l'importo utilizzato.

I pagamenti intermedi sono destinati a rimborsare o coprire o costi ammissibili sostenuti per l'esecuzione dell'azione nel corso dei corrispondenti periodi di riferimento delle relazioni. Le richieste di pagamento intermedio però devono essere corredate dei

seguenti documenti:

• una relazione sullo stato di avanzamento dell'azione che deve contenere le informazioni necessarie a giustificare i costi ammissibili dichiarati;

• un rendiconto finanziario intermedio che deve includere un rendiconto consolidato e una ripartizione degli importi

oggetto della domanda di ciascun beneficiario e delle entità affiliate

L'importo di tale pagamento è determinato previa approvazione della domanda di pagamento intermedio e dei documenti di accompagnamento. L'approvazione della domanda e dei

documenti però non comporta il riconoscimento né della loro rispondenza alle regole né della loro autenticità, completezza, e correttezza delle dichiarazioni e delle informazioni in essi

contenute.

Ove il pagamento intermedio liquidi, integralmente o

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del prefinanziamento da liquidare deve essere detratto dall'importo dovuto a titolo di pagamento intermedio.

Il beneficiario può presentare una richiesta di pagamento

intermedio entro tre mesi dalla notifica dell'approvazione della relazione sullo stato di avanzamento dell'azione da parte della Commissione, al termine di ciascun periodo di riferimento per cui un pagamento intermedio è dovuto.

Il pagamento del saldo, che non può mai essere ripetuto, è destinato a rimborsare o coprire, dopo la scadenza del periodo stabilito, la quota rimanente dei costi ammissibili sostenuti dai beneficiari per l'esecuzione dell'azione. Nel caso in cui

l'ammontare complessivo dei pagamenti precedenti superi

l'importo definitivo della sovvenzione, il pagamento del saldo può assumere la forma di recupero. Quando si verifica quest'ultimo caso, cioè quello del recupero, il beneficiario rimborsa alla Commissione l'importo in questione, anche se non è stato lui il destinatario finale dell'importo dovuto; perciò ciascun beneficiario è responsabile del rimborso di ogni importo indebitamente versato dalla Commissione a titolo di contributo ai costi sostenuti dalle proprie entità affiliate.

Prima di procedere al recupero però, la Commissione comunica ufficialmente al beneficiario la sua intenzione di recuperare l'importo versato indebitamente, specificando l'importo di cui trattasi e i motivi del recupero, nonché invitandolo a presentare eventuali osservazioni entro 30 giorni.

Se alla data indicata nella nota di addebito il rimborso non è stato ancora effettuato, la Commissione recupera l'importo dovuto in due modi: mediante compensazione con eventuali importi dovuti dall'Unione al beneficiario interessato, oppure mediante

escussione della garanzia finanziaria. In casi eccezionali la Commissione può anche procedere al recupero mediante

compensazione prima della data prevista per il pagamento senza ottenere il previo consenso del beneficiario, il quale però può

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