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Video! Io vedo. L’arte elettronica come “scrittura” dello sguardo: esempi e ipotesi teoriche

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Academic year: 2021

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INDICE

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1. Introduzione

3

1.1. Note introduttive

3

1.2. Estratti dal paragrafo I.2. “Lo studio analitico delle opere video: proposte per un glossario”

10

2. Materiali sul capitolo II. Hic fuit, lo sguardo racconta se stesso. These are not my images di Irit Batsry

11

2.1. Project desunto esteso di These are not my images di Irit Batsry (sequenze I-IV)

39

2.2. Project desunto sintetico di These are not my images di Irit Batsry

56

2.3. Schema della suddivisione in sequenze di These are not my images di Irit Batsry

58

2.4. Grafici della distribuzione delle diverse forme di alterazione dell’immagine in These are not my images di Irit Batsry

59

2.4.1. Grafico generale delle alterazioni dell’immagine

66

2.4.2. Grafico immagini in controluce

73

2.4.3. Grafico carrellata laterale da un mezzo in corsa

80

2.4.4. Grafico sfocatura

87

2.4.5. Grafico striatura ottenuta con tempi lunghi di otturazione

94

2.4.6. Grafico immagini in bianco e nero

101

2.4.7. Grafico alterazioni velocità dell’immagine

108

2.4.8. Grafico immagini complesse I (immagini lavorate)

(2)

122

3. Materiali sul capitolo III. Verso l’essenza: l’arte di Robert Cahen tra 7 visions fugitives e Plus loin que la nuit

123

3.1. Project desunto di Plus loin que la nuit di Robert Cahen – I versione

130

3.2. Project desunto di Plus loin que la nuit di Robert Cahen – II versione

137

3.3. Project desunto di Sept visions fugitives di Robert Cahen

(3)

1. Introduzione

1.1. Note introduttive

In questo volume allegato vengono riportati i project desunti delle opere di Irit Batsry e di Robert Cahen che sono state analizzate. Vengono inoltre riportati gli

schemi e i grafici che per ragioni di opportunità, per non appesantire eccessivamente la lettura dell’elaborato, si è scelto di non inserire direttamente nel corpo

della tesi. Come spiego più estesamente all’interno del capitolo introduttivo del mio elaborato, proprio il lavoro di scomposizione delle opere, nel tentativo di

produrre strumenti analoghi ad una sceneggiatura desunta di un film, mi ha fatto comprendere come nel caso del linguaggio video si riveli insufficiente il lavoro

di descrizione del “testo”,di ciò che esso ci mostra, frammento per frammento, ma divenga necessario, alla luce del prevalere dell’elemento formale, costruire

delle sintesi che riescano a visualizzare la struttura di un opera e la distribuzione di singole caratteristiche formali.

Sia project desunti che i grafici vengono tutti preceduti da una legenda in cui si chiarisce l’uso dei diversi colori e, ove necessario, anche da specifiche note

esplicative.

Di seguito vengono riportati alcuni estratti dal paragrafo I.2. della tesi, per offrire in una forma più sintetica un riferimento alle proposte terminologiche, che lì

vengono formulare, per l’analisi di opere video.

1.2. Estratti dal paragrafo I.2. “Lo studio analitico delle opere video: proposte per un glossario”

-Sceneggiatura desunta VS Project desunto

La prima questione terminologica si pone nel momento stesso in cui parliamo di “sceneggiatura desunta” a proposito di una ricostruzione analitica a posteriori

condotta su un’opera che, come molte volte accade in ambito video, non è stata costruita a partire da una sceneggiatura ma ha preso forma attraverso un lungo e

accurato lavoro, al montaggio, di selezione ed elaborazione delle immagini; se scelgo di continuare ad usare l’espressione sceneggiatura desunta, lasciando da

parte il ricorso a neologismi, è dunque per una questione di comprensibilità. Agli strumenti di cui un regista cinematografico si serve durante la lavorazione del

film, e che lo prefigurano – sceneggiatura, storyboard -, mi pare che si possa far corrispondere soltanto, se si guarda ai passaggi che oggi conducono alla

realizzazione di un “video di creazione”,

1

il “project”

2

(“progetto”, in italiano) realizzato con il software di montaggio;

3

e dovremmo parlare allora di project

1

Uso questa definizione - scegliendo di non parlare genericamente di “video” - per ricordare come qui ci si riferisca ad un ambito di produzione in video sperimentale e non narrativa (o, se si vuole, non essenzialmente narrativa) riconducibile al più ampio alveo di quella forma espressiva che – con un termine che, a detta di alcuni studiosi, è divenuto negli anni ormai logoro, se non desueto, ma che è ancora ampiamente usato e condiviso – è chiamata “videoarte”. Molti film oggi vengono girati in digitale (anche se poi riversati in pellicola); e d’altra parte, in termini ancor più generali, si dovrà tenere presente che l’immagine elettronica può essere usata anche per realizzare prodotti audiovisivi in tutto e per tutto aderenti ai modelli e alle possibilità espressive del cinema, così come un computer può essere usato alla stregua di una macchina da scrivere. Il termine “video” risulterebbe dunque troppo generico, e soggetto a fraintendimenti.

(4)

desunto. Occorre però, da un lato, rimarcare la specificità del “project” del video, che a differenza della sceneggiatura di un film prende forma solo con il

prendere forma dell’opera stessa, ne è la sua traccia visibile, e scomponibile in unità, sullo schermo di un computer; dall’altro, si dovrà considerare che

l’espressione dovrebbe essere utilizzata, in senso proprio, soltanto per le opere video realizzate in digitale: Irit Batsry, ad esempio, è un’artista che, durante

l’image processing,

4

fa ancora spesso ricorso alla tecnologia analogica, attribuendo ad essa una maggiore libertà creativa e riconoscendovi una possibilità di

lavorare con le immagini in diretta, come se fosse una performance o una jam session, che almeno per adesso è negata al computer. Di passaggio possiamo

dunque soffermarci a prefigurare degli scenari futuri (di un futuro, però, che è quasi presente) in cui gli studiosi del video potrebbero farsi cercatori, presso

fondazioni o negli studi degli artisti, non solo di materiali cartacei ma di tesori racchiusi dentro archivi di dati costituiti da hard-disk, CD o DVD; nei casi più

fortunati, il reperimento di copie del progetto precedenti la versione finale potrebbe offrire possibilità di ricerca quasi del tutto inedite, legate allo studio delle

varianti.

- Sequenza (o Blocco)

Il lavoro di segmentazione dell’opera, propedeutico al momento analitico, poneva subito delle questioni, concettuali e terminologiche, fondamentali. Nella

prassi della critica cinematografica il primo passo è quello della individuazione di grandi blocchi: si è scelto di mantenere nella presente analisi i termini

sequenza e sottosequenza essenzialmente per ragioni di immediata comprensibilità, sia pure nella consapevolezza che al fine dell’individuazione di queste unità

possono risultare utili osservazioni di ordine formale ben più che la riconoscibilità di segmenti narrativi distinti come accadrebbe nel caso di un qualsiasi film di

finzione. L’emergere, proprio attraverso il lavoro di scomposizione dei video, di strutture regolari, di impianti compositivi accuratamente costruiti, spingerebbe

semmai verso termini come “strofa” o “movimento”, più adeguati a includere l’idea di una relazione tra la singola parte e l’insieme dell’opera in termini tanto

di ritmo quanto di struttura. Nell’analisi viene inoltre usata anche una definizione più generica, quella di blocco: saranno in questo caso le spiegazioni che

vengono date di volta in volta a stabilire se il termine riguardi una sequenza, una sottosequenza o ancora una porzione più piccola dell’opera.

- Inquadrature VS Iimmagini – Categorizzazione delle immagini video

Al livello ulteriore di frammentazione dell’opera divengono invece necessari, rispetto al modello del linguaggio cinematografico, degli interventi. Lì le

sequenze o sottosequenze vengono divise in “inquadrature”. Confrontiamoci allora, preliminarmente, con una definizione di inquadratura cinematografica: “In

2

Non si fa qui riferimento al significato comune del termine “progetto”, non si tratta dell’idea che l’artista ha – nella sua mente soltanto o fissata, registrata su un qualche supporto – dell’opera che intende realizzare. “Project” è il termine inglese con cui nei principali programmi di montaggio video è indicato lo spazio di lavoro, il “luogo” in cui immagini e suoni vengono assemblati, manipolati, stratificati.

3

È sì vero che di frequente gli artisti video si servono, nella realizzazione delle loro opere, di molti materiali preparatori - può trattarsi di testi (dettagliati quaderni di appunti o più sintetiche dichiarazioni d’intenti) come anche di disegni o di schemi (soprattutto nel caso delle videoinstallazione, più che per video monocanale) – ma rimane il fatto che se, all’interno di quel variegato panorama e dai confini mal definibile che è la videoarte, fissiamo la nostra attenzione su quel fare video che pone come fondante, ed elegge quale essenziale forma espressiva, l’elaborazione dell’immagine, in tutti questi casi vedremo come, sia pure anche in presenza di una cospicua produzione di materiali preparatori di varia natura, il momento del montaggio e della post-produzione rappresenti quello della vera genesi dell’opera, è qui che essa prende forma.

4

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senso stretto l’inquadratura è un’unità tecnica, vale a dire un segmento di pellicola girato in continuità; a livello di ripresa esso è delimitato da due arresti di

motore della macchina da presa, e a livello di montaggio da due tagli di forbice.”

5

A partire da questa potremo sviluppare alcune osservazioni.

Innanzitutto vale la pena ricordare come in molti prodotti della ricerca video vada perduto uno dei fattori distintivi dell’inquadratura cinematografica, il suo

lasciarsi riconoscere come frammento di ripresa marcato, scandito, da due arresti di motore: gli autori video, in genere, considerano la realizzazione delle

riprese come una fase preliminare in cui vengono immagazzinati i materiali audiovisivi tra cui successivamente, nel vero momento della realizzazione, quello

del montaggio e della elaborazione delle immagini, potranno scegliere: non si ha più dunque alcuna corrispondenza, nel momento delle riprese, fra i singoli

frammenti di girato e le effettive necessità del montaggio - nessun ciak, nessuna sceneggiatura - e dunque lo scarto tra la parte di riprese poi effettivamente

usate e quella che rimane inutilizzata è, in genere, molto maggiore. Può darsi invece, con frequenza, la situazione opposta, ben più rara al cinema, del riutilizzo

delle stesse immagini, magari con il ricorso a elaborazioni diverse per ciascuna occorrenza.

Ma converrà a questo punto tornare alla riflessione condotta da Dubois, per scendere nel dettaglio delle differenti logiche caratterizzanti, secondo la sua ipotesi,

il “linguaggio videografico”: “Una prima figura che appare con forza quando si osservano alcuni video d’artista è quella della mescolanza delle immagini. Tre

grandi procedimenti regnano e dominano in questo ambito: la sovrimpressione (multistrato), i giochi di finestre (sotto innumerevoli forme) e soprattutto

l’incrostazione (o chroma-key).”

6

Ed ecco che, alla luce della frequenza con cui nelle opere video le immagini si caratterizzano per una compresenza di più

elementi, spesso provenienti da fonti diverse, può arrivare a concludere:

[…] le nozioni di totale, piano americano, primo piano, campo lungo, etc., che organizzavano le forme dell’inquadratura al cinema (all’inizio, è noto, su un modello

eminentemente antropomorfico: la scala di misura che è il corpo umano), queste nozioni di grandezza dei piani dunque - nella misura in cui presuppongono l’unità e

l’omogeneità dello spazio dell’immagine a partire da un punto di vista unico - non sono più applicabili nel caso dell’incrostazione e del mescolamento delle immagini in

generale. […] L’omogeneità spaziale organizzata intorno alla presenza unica di un corpo, inscritta nel suo spazio “naturale”, è qui completamente esplosa […]: in video si ha

più spesso a che fare con più spazi e più corpi o più immagini dello stesso corpo imbrigliati gli uni negli altri (e spesso in simultaneità visiva, cosa che aggiunge l’impressione

di un caleidoscopio). Al realismo percettivo della scala dei piani in funzione dello spettatore cinematografico, il video oppone così un irrealismo della

scomposizione/ricomposizione dell’immagine.

7

Proprio la necessità di riflettere su queste differenze rende opportuna, in questa sede, l’analisi di opere come 7 visions fugitives di Cahen e come These are not

my images di Batsry, nel loro accostare e far collidere immagini di diversa natura (la scelta è addirittura programmatica e struttura l’opera nel caso di

quest’ultima): la scelta di inserire immagini (all’apparenza, almeno) non toccate, mera registrazione del reale, diversamente da quanto accade in genere nell’arte

video (una scelta che risulta, del resto, prevalente anche nella produzione dei due artisti di cui si tratta qui), rende, per contrasto, più evidente la particolare

qualità delle altre, che si lasciano riconoscere come immagini video per via delle elaborazioni, i giochi di “assemblaggio” di varie immagini (magari girate in

luoghi e momenti diversi), e ancora, spesso, per l’una e l’altra cosa insieme: sono immagini “di sintesi” (non nell’accezione tecnologica del termine ma in un

senso del tutto letterale), dunque, attestazioni di una realtà interiore. Ecco che, ancora muovendoci tra termini che non possono continuare ad essere quelli del

cinema, arriviamo a toccare una questione centrale, sul piano concettuale e terminologico, nella riflessione dello studioso francese: “Alla nozione di

5

Francesco Casetti, Federico Di Chio, Analisi del film, op. cit., p. 30.

6

Philippe Dubois, op. cit., p. 21.

7

(6)

inquadratura, spazio unitario ed omogeneo, il video preferisce quella di immagine, spazio multiplo e eterogeneo. Allo sguardo unico e strutturatore, il principio

di concatenamento significante e simultaneo delle riprese. È ciò che chiamerò l’immagine come composizione.”

8

A proposito della specifica natura dell’immagine video come composizione di più immagini andrà notato come nella monografia di Lischi su Cahen, si possa

incontrare già identificata e codificata la categoria del mélange d’images a proposito dei video degli anni Ottanta dell’artista francese (con particolare

riferimento ad opere come Le deuxième jour, del 1988, e Hong Kong Song, del 1989).

In accordo con le tesi di Dubois ho scelto di sostituire nella mia analisi il termine inquadratura con immagine, sia pure al prezzo di qualche difficoltà

esplicativa e di possibili ridondanze nel testo (fatta questa scelta, ci si trova infatti di frequente a dover chiarire se ci si riferisce all’immagine nel suo insieme o

soltanto a uno degli elementi che la compongono). Alla luce, poi, della particolare natura di queste opere di Cahen e Batsry, che si innervano intorno

all’accostamento dialettico di immagini marcatamente videografiche con altre che del cinema, pur non essendo più fissate su una pellicola, conservano ancora

l’aspetto, ho scelto di servirmi di un ulteriore e più specifico concetto, quello di immagine complessa: con esso faccio riferimento a quelle porzioni dell’opera

che per ragioni formali o di coerenza interna, o ancora per il modo con cui sono legate a ciò che segue e precede, si lasciano individuare come frammenti

autonomi pur essendo il frutto di un assemblaggio di elementi eterogenei.

9

Naturalmente, questa definizione ne presuppone, almeno in linea teorica, un’altra,

quella di immagine semplice (o non articolata) di cui poi, nella prassi della scrittura, non si è sentita una effettiva necessità, venendo queste unità audiovisive

semplici a coincidere col termine “immagine”, senza altra specificazione.

Ovvio che si possa incorrere in difficoltà, in vere e proprie trappole linguistiche, perché usando il termine “immagine” si può avere bisogno di isolare, come una

istantanea fotografica, il contenuto di una o più singole unità (le immagini appunto) che formano il video, il suo nucleo: potrò, per esempio, a proposito di These

are not my images, soffermarmi su “l’immagine della donna intenta a spazzare la polvere del cortile…”, quando so che quella parte della sottosequenza III.2. è

formata da sette “immagini” distinte e in successione; o invece ci si vorrà riferire, in un passaggio, solo ad una delle immagini, ad uno degli strati o livelli

d’immagine che formano un’immagine complessa (in questo senso si potrà parlare anche di immagine complessiva): per indicare una sola delle diverse

immagini che vengono a comporre l’immagine complessa propongo la definizione di immagine interna. In ogni caso, questi ostacoli terminologici

costituiscono un rischio che deve essere corso: per marcare uno scarto, stabilire una differenza.

Un’ulteriore proposta terminologica che vorrei formulare, alla luce del lavoro di scomposizione sui video è la distinzione tra due diverse categorie di immagini

complesse, quelle in cui l’ispessimento dell’immagine si manifesta essenzialmente nella durata del frammento audiovisivo e quelle invece che più si avvicinano

al fenomeno descritto da Dubois della compresenza di elementi diversi, dell’addensarsi di molte immagini dentro una sola (in These are not my images delle tre

strategie individuate dallo studioso francese è quella della stratificazione di più immagini a svolgere un ruolo essenziale): propongo di individuare queste due

categorie con i termini immagine-sequenza e sovrimmagine. Se ho scelto di dare conto di una effettiva distinzione tra queste due diverse forme di immagine

complessa solo, a titolo di esempio, nella seconda (e parziale) delle sceneggiature desunte di These are not my images è perché si tratta essenzialmente di

strumenti utili a “smontare” e comprendere i “meccanismi di funzionamento” delle opere, il cui riconoscimento diventa però difficile nella prassi dell’analisi,

perché le due forme si manifestano spesso fuse l’una nell’altra: più che come categorie ben distinte mi appaiono dunque come due poli; nello spazio che si

estende tra l’uno e l’altro, si situano i diversi gradi, le forme miste, e la tensione verso l’uno o verso l’altro di questi punti limite. Di queste definizioni si tiene

8

Ibidem, p. 25.

9

Il caso delle immagini che risultano dal trattamento, dall’applicazione di filtri su un’unica immagine di partenza può essere, a mio parere, considerato come il grado più basso della composizione; rientra comunque in pieno in quella stessa logica dell’antinaturalismo e della complessità, dell’assemblaggio individuata da Dubois con la categoria della “immagine come composizione”.

(7)

comunque conto nell’analisi delle opere (paragrafo III.3.). Una forma ulteriore di immagine complessa è quello delle immagini che risultino dall’elaborazione

per mezzo di filtri di un’unica immagine di partenza; in questo caso potremo parlare di immagine lavorata.

Montaggio VS Mixage di immagini

Ma, visto che dalle questioni inerenti l’inquadratura siamo andati impercettibilmente scivolando verso l’altro nodo teorico, quello del montaggio - ovvero, cosa

ne è del montaggio cinematografico nelle opere video -, ecco che possiamo soffermarci ancora sugli sviluppi ulteriori del discorso di Dubois:

Si monta, volendo, ma uno sull’altro (sovrimpressione), l’uno a fianco dell’altro (finestra), uno nell’altro (incrostazione), o i tre procedimenti insieme, ma sempre all’interno

dell’immagine-quadro. […] Ecco perché, all’idea troppo cinematografica del montaggio delle inquadrature, mi sembra che si possa opporre il concetto più videografico di

mixage di immagini […].

D’altra parte questo tipo di concatenamento per mixage di immagini permette anche di far emergere delle logiche di raccordo che non sono i sempiterni raccordi

cinematografici tipo: raccordo sulla congiungente degli sguardi, raccordo di movimento, di posizione, di dialogo, etc., tutti modi di concatenamento retti da una

verosimiglianza dell’umanismo percettivo o per causalità delle continuità. I concatenamenti video esplorano dei modi di associazione più variati e più liberi, sovente

polivalenti, sempre retti dal “lavoro delle immagini stesse”.

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Rispetto a queste conclusioni a cui giunge Dubois, che additano e lasciano aperti nuovi ambiti di ricerca, quello che di certo urge qui è una ulteriore

precisazione di carattere terminologico: ho infatti evitato, per ragioni di più immediata comprensibilità, di sostituire il termine montaggio con, ad esempio,

quello di mixage di immagini usato da Dubois stesso, dando però per acquisito il fatto che si tratta, nel caso di These are not my images, di un montaggio video,

che può certo, in alcuni passaggi, ridursi alla forma di quello cinematografico – al suo aspetto esteriore, potremmo dire, pur non ricercandone più le regole e la

grammatica – ma che poi, e per contrasto, arriva a mostrarsi nella qualità che gli è propria, con immagini prese le une nelle altre, nel cui flusso diviene difficile

riconoscere delle unità distinte.

- In, off VS Over-in, over-off, ácusma

Veniamo ora alla componente sonora. Iniziamo con alcune osservazione generali sul suono nelle opere video. Al contrario di quanto accade nel cinema (vi

sono, ovviamente, delle eccezioni) e in televisione, la parola non ha più alcuna centralità nel linguaggio videografico: non di rado è completamente assente e

quando viene usata diviene parola scritta o ancora una pura voce senza corpo (come accade in These are not my images di Batsry o in alcune opere di Cahen

come Corps flottants, del 1997); di certo, in queste opere viene meno lo strapotere dei dialoghi. Trovano ampio spazio, di contro, i suoni, i rumori e la stessa

musica non si manifesta più come un commento esterno ma ridotta in frammenti, fatta essa stessa materiale sonoro al pari dei rumori e della voce umana,

diviene parta di un universo sonoro concluso in sé stesso, sempre mutevole, denso – al pari delle immagini – di echi e suggestioni piuttosto che di segni che

possano essere riconosciuti in maniera univoca.

10

(8)

Se allora guardiamo alla schematizzazione generalmente usata in ambito cinematografico,

11

è pressoché impossibile parlare, a proposito di questi video, di

suono in propriamente detto (o suono diegetico esteriore, con provenienza certa da una sorgente in campo), e lo statuto di questi suoni appare ambiguo, perché

anche se ascoltiamo il trillo di un campanello nel momento in cui vediamo passare qualcuno in bicicletta è possibile, se non probabile, che immagine e suono

non abbiano la stessa provenienza e che siano quindi tenuti insieme da una semplice analogia, o verosimiglianza: il complesso lavoro di alterazione della

velocità delle immagini caratteristico delle opere video, del resto, è già causa fondante - o effetto, o l’una e l’altra cosa insieme, inestricabilmente - di una

emancipazione libera e vivificante dalla relazione diretta e univoca tra immagine e suono a cui il cinema ci ha abituati. Questa sostanziale autonomia degli

elementi sonori, ed apertura verso un rapporto dialettico e complesso con le immagini, giustifica, preliminarmente l’adozione di una definizione introdotta da

Michel Chion,

12

quella di concezione sonora, a sostituire il più generico concetto di colonna sonora.

Il lavoro di selezione ed elaborazione dei suoni, condotto in consonanza con quello sulle immagini e a partire da esso - da Stuart Jones per These are not my

images di Batsry e da Michel Chion e Francisco Ruiz de Infante, rispettivamente, per 7 visions fugitives e Plus loin que la nuit -, tende, col ritornare in vari

momenti degli stessi rumori o dei frammenti di musica, alla costruzione di un universo sonoro coerente e concluso; l’esito più che voler essere realistico ha il

respiro della composizione musicale e quel certo grado di irrealtà che ben corrisponde alla particolare forma di racconto, sospesa e come sfilacciata, consunta,

che si manifesta in queste opere.

A questi suoni che non provengono dalle immagini ma le lambiscono, le sfiorano, si aggiungono inoltre suoni che non hanno nessun rapporto fisico con

l’universo mostrato, suoni che sono privi di una origine riconoscibile, astratti; e in questo caso la difficoltà è proprio quella di offrire una descrizione esaustiva:

la strada da percorrere in futuro potrebbe forse essere quella di una nuova forma di sceneggiatura desunta, non più basata solo su una descrizione scritta ma di

tipo multimediale, capace di mostrare le caratteristiche di un suono o di un gruppo di suoni o di far riascoltare e mettere in rapporto, a seconda della necessità,

singoli frammenti sonori. Ma questi suoni non paiono neppure paragonabili, d’altra parte, a una musica di accompagnamento (over) perché la loro consistenza è

algida e siderale ma anche, al tempo stesso, misteriosamente concreta e tattile: hanno la stessa elettrica immaterialità del pensiero.

Il particolare rapporto tra le immagini e i suoni, la forza evocativa di questi e la loro aerea e fluttuante presenza sopra e intorno a quelle, senza mai appartenere

loro pienamente, è tra gli elementi per cui la particolare forma espressiva del video si lascia accostare alla dimensione della memoria o del pensiero, al di fuori

di ogni contingenza ed effetto di realtà: quella che vediamo instaurarsi in questi video di Batsry e Cahen nell’accostamento dei suoni alle immagini, ben più, e

meglio, che in termini spaziali, pare lasciarsi interpretare come una relazione emotiva e/o di riflessione sulle immagini stesse. Riusando del tutto liberamente, e

adattando, la concezione tripartita del suono nel cinema (suono in, off e over), possiamo innanzitutto affermare che, in un certo senso, i suoni sono qui sempre

over, suoni interiori, di una interiorità che non è di personaggio ma attiene all’enunciazione (la questione è resa ancor più sottile dal fatto che tanto Batsry che

Cahen non curano in prima persona la concezione sonora dell’opera) così come - lo vedremo più avanti in dettaglio - le soggettive sono d’autore e non di

personaggio. Il passo ulteriore potrà essere una distinzione, e questo vale tanto per i rumori che per i frammenti musicali (volendo conservare una distinzione di

cui, a dire il vero, diviene spesso difficile continuare a distinguere il limite, all’interno di queste opere), tra suoni over-in (suoni concordanti col contenuto

dell’immagine, affini, e non provenienti con certezza da esso) e over-off (dove l’uso del termine off si motiva per corrispondenza e simmetria con la prima

11

Qui e di seguito si fa riferimento, sul piano terminologico, a: Francesco Casetti, Federico Di Chio, Analisi del film, Milano, Bompiani, 1990. Da qui in poi si cita la IV edizione, 1992.

12

Michel Chion, musicologo e compositore, ma anche studioso di cinema particolarmente attento ai rapporti tra suono e immagine è inoltre autore video ed ha per molto tempo collaborato con Robert Cahen, uno dei due autori di cui si tratta in questa ricerca, curando la realizzazione del sonoro di molte sue opere, sin dagli anni giovanili: i due, infatti, avevano studiato insieme, sotto la guida di Pierre Schaeffer, creatore della musica concreta, al Conservatoire National Supérieur de Musique di Parigi.

(9)

definizione; con l’idea di riferirsi ad una contiguità con l’immagine che è non spazio fisico ma in uno “spazio mentale”: una contiguità emotiva, dunque, e

simbolica, suggestiva; di un ordine che è quello della metafora piuttosto che della metonimia).

Rimane infine, a proposito del solo These are not my images, la questione delle voci dei tre personaggi: nel linguaggio cinematografico di fatto non si dà la

possibilità che la voce di un personaggio rimanga senza un corpo. Può darsi il caso in cui un personaggio parla, ad esempio, da un ambiente che si intuisce

attiguo a quello mostrato in quel momento (oppure attraverso un telefono) ed allora la voce del personaggio in questione sarà off; l’altra eventualità possibile è

che un personaggio assuma in via provvisoria il ruolo di narratore (di solito, all’inizio o alla fine del film) e qui la sua voce si fa over. Mi pare che siano semmai

più vicine a quest’ultima forma le tre voci che abitano il video di Batsry, vista l’impossibilità di dar loro una collocazione fisica, spaziale rispetto a quanto le

immagini ci mostrano; e quindi potremmo, per comodità, definirle over. Ma esse non sono esattamente neanche questo: una voce over, al cinema, è di norma

associata - prima o poi, nell’arco del film – ad un corpo ed è solo in maniera temporanea che può liberarsi da esso e assolutizzarsi. Qui, invece, non solo non si

ha mai la sincronia tra immagine e voce, ma addirittura è la possibilità stessa di riconoscere un corpo da associare al personaggio a restare labile, fino

all’inconsistenza: inoltre, lo ricordo, abbiamo negato la possibilità stessa, in queste opere, di riconoscere l’esistenze di un “fuori campo”.

Se vogliamo provare a trovare anche in questo caso una definizione, possiamo riconoscere nelle voci che abitano le opere video, usando un concetto proposto

da Michel Chion, un ácusma.

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Questa la particolarità di tali voci: esse rappresentano una estraneità alle immagini che è come di secondo grado, assoluta

(potremmo anche parlare, volendo, di voce over-over) e pure, allo stesso tempo, vi sono fortemente implicate, perché dalla voce le immagini vengono connotate

di soggettività, divengono una loro emanazione. L’ácusma o, meglio, la voce acusmatica nelle opere video mi sembra definirsi proprio per questo potere di farsi

mostratore, di istituire la soggettività dello sguardo. Se le opere di Gianni Toti hanno rappresentato la ricerca più feconda nella direzione di un fare poesia

audiovisiva fondato sulla stessa voce autoriale, spesso nelle opere video si percepisce questo pervenire della voce da un luogo indistinto che è quello stesso, in

fondo, dell’enunciazione; anche quando la voce che ci parla non è, o non è solo, quella dell’autore reale. Nel già citato Corps Flottants di Cahen una voce

“recita” alcuni brani di un romanzo giapponese: sono i pensieri di un pittore che, nel corso di in viaggio, si sofferma a riflettere sulla propria arte, su questioni

come la rappresentazione del paesaggio, lo sguardo, la poesia, la pittura: ora, sono queste delle tematiche che per chi conosce Cahen appaiono certo non casuali.

Di fatto, dunque, abbiamo a che fare con una voce che si fa vicaria della voce interiore dell’autore del video. La dimensione autoriflessiva è dunque, per quanto

mediata, molto forte; e passa attraverso, appunto, una capacità della voce di orientare le immagini come “soggettive d’autore” (su questo concetto dovremo

ritornare), sguardo in atto. Il caso di These are not my images è particolare, perché vi sono tre voci, una delle quali appartiene effettivamente all’artista

israeliana: l’analisi del video mostrerà però come tutti e tre questi “personaggi” che abitano il video siano, in certa misura, delle ipostasi dell’autrice stessa. Ma,

al di là di questo, il dato teorico rilevante mi sembra essere rappresentato, sia o meno la voce che sentiamo quella dell’autore, dalla particolare natura che

sembra avere la voce nelle opere video, di catalizzatore, di campo magnetico capace di fare delle immagini nel loro insieme un racconto in soggettiva (una

soggettiva, lo ricordo, che pertiene all’istanza enunciativa stessa).

13

(10)
(11)

2.1. Project desunto esteso di These are not my images di Irit Batsry (sequenze I-IV)

In Out Colonna audio Colonna immagine Effetti Testo

00:35 00:53 Titoli di testa:

Irit Batsry / in association with / Stuart Jones / La Sept/Arte / The Academy of media Arts, Cologne

presents

00:53 00:56 Nero.

I 00:56 04:57 Prologo

I.1. 00:56 01:52 Presentazione del cineasta del posto

I.1.1 00:56 01:47

Suono di uno strumento a fiato. Rumore di legno che si incurva. Cinguettare di uccelli.

01:18

Cinguettare di uccelli.

Immagine-sequenza:

I.1.1A Assolvenza.

Ripresa camera a mano, plongée. Un terreno battuto, le gambe di un uomo e ombre di mani sul terreno. La camera si

muove ondeggiando e si solleva

leggermente: entrano in campo le gambe di un altro uomo (nella parte in alto a

sinistra dell’immagine, che sta

camminando verso la camera). 01:18

I.1.1B Il palmo di una mano (quella dell’artista) scorre davanti all’obbiettivo, nascondendo quasi del tutto l’immagine. I.1.1.C Rapida dissolvenza incrociata:

plongée , si intuiscono delle canne di

giunco e il corpo di un bambino (non se ne vede la testa).

I.1.1D Rapida dissolvenza incrociata: viene ripetuta l’immagine in cui la mano scorre davanti all’obiettivo.

Rallentamento.

01:18

(12)

01:23

Cinguettare di uccelli.

Rumore di legno che si incurva. Un suono, simile a un colpo di

tamburo attenuato, precede

immediatamente l’ingresso

della voce off.

01:23

I.1.1.E Prosegue l’immagine di I.1.1A: l’uomo sulla sinistra continua ad avanzare fino a raggiungere l’altro in primo piano; la camera si muove verso destra facendolo uscire dall’inquadratura. Si intravedono delle capanne sullo sfondo. Rimane in primo piano il busto dell’uomo fermo in piedi, dietro di lui si affacciano dei bambini che guardano la camera. Sullo sfondo del terreno illuminato dal sole questi uomini e bambini, che si trovano in una zona d’ombra, appaiono quasi come delle silhouette.

La camera torna a ruotare verso sinistra: si vede il corpo dell’uomo sopraggiunto che dopo un istante si protende con le braccia tese, come per prendere qualcosa, verso la camera.

Contemporaneamente una mano passa di nuovo davanti all’obiettivo.

Dissolvenza incrociata.

01:23

Rallentamento.

01:23

Il cineasta del luogo:

Ogni storia ha un inizio. La mia è iniziata con l’arrivo di una guida seguita da un cineasta straniero.

I.1.2 01:47 01:52 Gracchiare di uccelli. Rumore

di fondo indistinto e continuo.

Dissolvenza incrociata.

Un uomo fermo in piedi di fronte alla camera (P.A.), palme sullo sfondo: volta leggermente la testa come per difendersi dallo sguardo della camera e si porta le mani sul viso.

Dissolvenza incrociata.

I.2. 01:52 03:10 Presentazione della guida

I.2.1 01:52 01:58 Suono di uno strumento a fiato

indiano. Gracchiare di uccelli.

Dissolvenza incrociata. Plongée.

L’ombra di una donna che sta

camminando, proiettata sul terreno (è l’autrice stessa che, col sole alle spalle, riprende la propria ombra).

Dissolvenza incrociata.

Immagine sfuocata e rallentata. Colori molto saturi.

I.2.2 01:58 02:12 Suono di uno strumento a fiato

indiano. Gracchiare di uccelli.

Dissolvenza incrociata. Plongée.

Come sopra, l’ombra di una donna in atto di avanzare: l’ombra all’inizio si proietta

Immagine sfuocata e rallentata. Colori molto saturi.

(13)

sulla schiena di un uomo che la precede; poi l’uomo si volta ed esce dal quadro e l’ombra si allunga sul terreno. Nello stesso momento in cui l’uomo esce dal quadro entra sulla destra un’altra ombra, di una persona che sta camminando insieme alla donna mentre da sinistra entra nel quadro una bambina che dopo aver superato le due persone, continua a camminare davanti a loro; poi si volta indietro e si ferma, guardando verso la camera (che continua ad avanzare), ed esce dal quadro: ora si vedono le ombre proiettate della donna con la camera e della bambina. Dissolvenza incrociata.

I.2.3 02:12 02:38 Suono di uno strumento a fiato

indiano. Gracchiare di uccelli. Sulla corsa in avanti della bambina entra un suono basso e continuo.

Dissolvenza incrociata. Plongée.

Ancora l’ombra sul terreno della donna che avanza, camera a mano. Si vedono le ambre di altre tre persone che camminano al suo fianco. Poi dalla destra compare l’ombra della bambina e attraversa l’immagine verso sinistra; quindi da sinistra entra nel quadro la bambina che, correndo, si allontana. La camera, già sulla dissolvenza, si solleva del terreno per seguirla.

Dissolvenza incrociata.

Immagine sfuocata e rallentata. Colori molto saturi.

I.2.4 02:38 02:42 Gracchiare di uccelli. Suono

basso e continuo.

Dissolvenza incrociata.

Immagine quasi astratta: potrebbe trattarsi dell’ombra di fronde di un albero che si proietta su una tenda.

Dissolvenza incrociata.

Guida:

Ogni vita segue il proprio corso.

I.2.5 02:42 02:46 Gracchiare di uccelli. Suono

basso e continuo.

Dissolvenza incrociata.

Camera a mano: movimento della camera verso destra e verso il basso a inquadrare una strada di terra battuta, tra gli alberi. Dissolvenza incrociata.

Controluce, effetti di

alterazione dell’immagine

ottenuti in ripresa: riflessi

colorati, puntinatura

dell’immagine.

La mia ha raggiunto il crepuscolo.

I.2.6 02:46 03:10 Gracchiare di uccelli. Suono

basso e continuo.

Dissolvenza incrociata.

Una strada in terra battuta: la bambina e una donna con un bambino in braccio si

Immagine rallentata.

Controluce, effetti di

(14)

avvicinano verso la camera. Prima è la donna a fermarsi, più indietro, quindi anche la bambina si ferma, sopra ad un grande tombino.

Dissolvenza incrociata.

ottenuti in ripresa: riflessi colorati.

Alla fine il rallentamento

sembra accentuarsi.

I.3. 03:10 04:57 Presentazione della cineasta in viaggio

I.3.1 03:10 03:50 Intenso cinguettare di uccelli.

Rumori di traffico, motori di automobili.

Albero della pioggia. Gracchiare di corvi.

Dissolvenza incrociata.

Immagine quasi astratta di fronde di alberi e steccati di legno visti in velocissima carrellata laterale (camera car).

Dissolvenza incrociata.

I.3.2 03:50 04:34 Rumore del mare: frastuono

continuo, onde che si frangono. Questi suoni sembrano effettati.

In corrispondenza della

dissolvenza incrociata entra una sorta di fischio che sembra essere quello dei freni di un treno in arrivo alla stazione (questa interpretazione sembra

plausibile in relazione al

contenuto della sequenza

successiva).

Dissolvenza incrociata.

Immagini analoghe alle precedenti per la modalità di ripresa ed il carattere quasi astratto: in questo caso però si distinguono porzioni di spiaggia e di mare, una barca, alcuni uomini.

Dissolvenza incrociata.

I.3.3 04:34 04:57 Silenzio iniziale, poi rumore

lontano di onde.

Dissolvenza incrociata.

Dett. di mani che tagliano un lembo di pellicola e poi la fanno scorrere su una moviola. Alla fine, di nuovo, le forbici tagliano la pellicola.

Dissolvenza al nero.

B/N La cineasta straniera:

Ogni film ha una fine, il mio finisce con l’inizio di un nuovo film.

II 04:57 14:55 Viaggio in treno

II.1. 04:57 09:28 L’inizio del viaggio e l’immagine che interroga: i due bambini

04:57 05:09 Rumore d’ambiente: voci,

fischiare di uccelli

Nero. Titoli di testa:

These are not my images / (neither there nor here).

Nero.

II.1.1 05:09 05:15 Rumore d’ambiente: clacson

d’auto, uno strumento che produce un suono ritmico (forse un telaio)

Assolvenza dal nero.

Dett. di mani che estraggono un rullo di pellicola da un contenitore.

Dissolvenza al nero.

(15)

05:15 05:30 These are not my images / with soundtrack by / Stuart Jones

These are not my images / by Irit Batsry Nero.

II.1.2 05:30 05:46 Rumore di fondo indistinto. Assolvenza dal nero.

Una stazione: una pensilina e un binario che si perde in lontananza nella campagna, rare figure sullo sfondo. L’inquadratura è ferma, anche se girata camera a mano: un uomo entra nel quadro da sinistra, guarda brevemente verso la camera e poi si allontana di spalle, camminando lungo il binario: occupa il centro (in senso orizzontale) dell’immagine.

Dissolvenza incrociata.

Immagine fuori fuoco e

rallentata.

II.1.3 05:46 05:54 Rumore di fondo indistinto.

Nel momento in cui l’uomo salta giù e attraversa il binario si sente un suono che sembra essere quello dell’alzarsi in volo di un uccello.

Dissolvenza incrociata.

Stessa scena. Un uomo nella stessa

posizione occupata dall’uomo

nell’immagine precedente ma più in lontananza. L’uomo, con un salto, attraversa i binari e, correndo, esce dal quadro, sulla destra.

Dissolvenza al nero.

Immagine sfuocata e rallentata.

05:54 05:57 Nero.

II.1.4 05:57 07:27 Rumore continuo di sottofondo.

Poi, sovrapponendosi a quello, entra il rumore ritmico di un treno in viaggio (anche il rumore, come l’immagine, è rallentato). A tratti, frammenti

di musica che sembrano

provenire da una radio si

alternano ad un vociare

confuso.

Sul finire di questa immagine va in crescendo un rumore continuo.

Assolvenza dal nero.

Due capannoni che sembrano appartenere alla stessa stazione vista nelle immagini precedenti: sono visti dal finestrino di un treno che si allontana dalla stazione. Dopo aver indugiato a lungo sui capannoni che appaiono sempre più piccoli, in lontananza, quando questi stanno per scomparire dalla cornice del finestrino, la camera si allontana dal finestrino stesso e ruota verso destra per andarli ad inquadrare ancora attraverso il finestrino a fianco.

Dissolvenza incrociata.

Immagine sfuocata e rallentata.

II.1.5 07:27 08:25 Rumori regolari di treni in

corsa. Grida. Clacson e

campanelli (quelli degli

Dissolvenza incrociata.

Immagine complessa (o sovrimmagine):

(16)

annunci nelle stazioni).

Da notare che sia alcune parole che anche i campanelli e i clacson sono ripetuti più volte,

riproducendo la stessa

impressione resa da molte delle

immagini, che sembrano

moltiplicarsi uguali a sé stesse. In particolare il suono del campanello ritorna tre volte in rapida e regolare successione alla fine del frammento, in

corrispondenza delle tre

apparizioni dell’ultima delle

nove immagini fisse dei

passeggeri.

binari e poi di vagoni di treni (bulloni,

maniglie, scritte): queste immagini

formano, grazie a continue dissolvenze incrociate e a sovrimpressioni (a cui sembrano aggiungersi delle zoomate realizzate in post-produzione: l’effetto visivo che si ha è che questi oggetti ci si facciano incontro, vengano verso di noi), un flusso quasi indistinto. Dopo alcuni secondi compaiono una dopo l’altra

alcune immagini fisse (nove) che

mostrano uomini e donne affacciati dai portelloni dei vagoni e fanno da fondale per il flusso di immagini. A questa successione di nove immagini fisse fa seguito una parte finale in cui, come nella parte iniziale di questo frammento II.1.5, rimane solo il flusso di immagini, di dettagli di treni.

L’ultima delle nove immagini però ricompare tre volte, intervallata a momenti di solo flusso di immagini, venendo così a formare una sorta di sovra-dissolvenza

incrociata (da 08:14), di zona di

transizione percettiva tra il frammento II.1.5 e il II.1.6.

II.1.6 08:25 08:37 Ai rumori di clacson si

sostituiscono progressivamente rumori della natura (cantare di uccelli), rispetto ai quali rimane

in sottofondo un rumore

continuo e indistinto che va in

dissolvenza alla fine del

frammento.

Entra in dissolvenza incrociata l’immagine di due bambini chini in avanti, come in cerca di qualcosa (forse stanno pescando). Su questa immagine però continuano ad apparire in sovrimpressione dett. di vagoni e di paesaggi; in questo modo l’immagine è più o meno visibile a seconda delle immagini con cui interagisce. Addirittura per un istante l’immagine dei due bambini scompare del tutto. Alla fine del frammento l’immagine dei bambini si blocca.

II.1.7 08:37 08:53 Silenzio (sulla prima frase,

corrispondente al titolo del video). Poi entrano rumori

Immagine fissa dei due bambini. In sovrimpressione a quella dei

bambini c’è un’altra immagine: è impossibile riconoscerne il

Queste non sono le mie immagini.

(17)

d’ambiente (canto di uccelli) e le voci di due bambini che cantano e scherzano.

contenuto ma essa forma una sorta di texture e rende pittorica l’immagine nel suo insieme.

punta la camera su questi ragazzi,

cercando di animarli,

convincendo me stessa che ancora rimane un po’ di vita in loro.

II.1.8 08:53 09:05 Voci dei bambini, rumore

d’ambiente.

Immagine dei due bambini che giocano, di nuovo in movimento.

Rimane di sfondo l’immagine di II.1.7, composta da quella bloccata dei bambini e da quella indistinta: la stessa ripresa dei bambini viene usata in sovrimpressione, mandata più volte indietro e avanti in maniera da farla andare a

coincidere esattamente con

quella bloccata: l’ultima volta, col sovrapporsi dei due strati

d’immagine, l’immagine

complessiva rimane di nuovo

bloccata.

II.1.9 09:05 09:26 Entrano un suono basso e

continuo e rumori di clacson.

Nella parte finale del

frammento, in corrispondenza del progressivo evolvere del flusso di immagini (dal metallo alla natura) si diradano e vanno a svanire i suoni di clacson ; rimane solo il rumore di fondo e sulla dissolvenza al nero entra un canto di uccelli.

Sovrimmagine:

l’immagine dei bambini viene di nuovo mandata all’indietro ma oltrepassando la parte di ripresa che fino a questo punto era stata mostrata: si intuiscono alcuni gesti compiuti con le braccia dal bambino di spalle. L’immagine diviene sempre meno leggibile perché anche qui viene costruita una zona di transizione grazie al ricorso, di nuovo, al flusso di immagini stratificate di dett. di treni, con sovrimpressioni e dissolvenze incrociate (sovra-dissolvenza

incrociata). È riconoscibile in questo

flusso di immagini un progressivo passaggio da dett. di lamiere di vagoni, bulloni e scritte a squarci di paesaggio visti da un treno in corsa.

Dissolvenza al nero.

09:26 09:28 Canto di uccelli. Nero.

II.2. 09:28 14:55

(18)

pellicola in un proiettore. Un altro rumore ritmico. Alla fine: vociare di una folla.

Lavoro su una pellicola: un giovane sta scorrendo la pellicola per osservare con una lente di ingrandimento singoli fotogrammi.

Dissolvenza incrociata.

II.2.2 09:41 10:17 Vociare di una folla: va a

svanire.

Entra un rumore ritmico come di cicale. Una voce infantile. Subito prima della dissolvenza incrociata entra il rumore di una pellicola proiettata.

La stazione ferroviaria: immagine quasi identica a II.1.2: qui la ripresa è in contre-plongée, la camera è all’altezza della pavimentazione. Si vedono tre figure sullo sfondo: una è ferma, le altre due,

inizialmente in lontananza,

sopraggiungono l’una dopo l’altra in direzione del punto di ripresa, fino a scomparire sul lato sinistro del quadro. Dissolvenza incrociata.

Immagine fuori fuoco e

rallentata. Le persone appaiono

come sagome nere:

presumibilmente sarà stato

accentuato il contrasto.

II.2.3 10:17 10:33 Rumore di una pellicola

proiettata.

Subito prima della dissolvenza incrociata entrano il rumore ritmico di un treno e voci.

Dissolvenza incrociata.

Lavoro su una pellicola: immagine analoga a II.2.1

Dissolvenza incrociata.

B/N Il cineasta del luogo:

Quando lavoravamo insieme eravamo complici e rivali, eri il mio avversario e il mio specchio.

II.2.4 10:33 10:57 Voci e rumore del treno. Poi le

voci vanno in dissolvenza. Sulla dissolvenza incrociata

con l’immagine successiva

entra il suono della sirena di un treno che segnala il suo arrivo.

Dissolvenza incrociata.

La stazione ferroviaria: ripresa effettuata nella direzione opposta rispetto alle precedenti (II.1.2 e II.2.2), la pensilina occupa ora la parte destra dell’immagine. Un treno merci sopraggiunge e, senza fermarsi, attraversa la stazione; alcune persone sono ferme, in piedi, davanti al binario.

Dissolvenza incrociata.

Immagine leggermente sfocata.

II.2.5 10:57 11:09 Sirena del treno. Poi

sferragliare metallico e rumore cadenzato dello scorrere di

vagoni. Il pianto di un

bambino.

Sulla dissolvenza video con l’immagine successiva anche il rumore regolare del treno va in dissolvenza.

Dissolvenza incrociata.

Lo scorrere dei finestrini, protetti da sbarre, di un treno in corsa.

Lenta dissolvenza incrociata.

L’immagine è caratterizzata da

striature (potrebbero essere

frutto della scelta, in fase di ripresa, di un tempo lungo per

la velocità dell’otturatore

oppure frutto di un intervento in fase di montaggio), tanto da risultare quasi astratta.

Nella parte iniziale

dell’immagine si riconosce un movimento in panoramica da

(19)

sinistra a destra, a seguire, ad accompagnare lo scivolare via dei vagoni; invece la seconda parte dell’immagine potrebbe

in realtà essere composta

montando in dissolvenza

incrociata frammenti di varie riprese simili tra loro.

II.2.6 11:09 12:03 Entra il rumore dello scorrere

di una pellicola in un proiettore. In sottofondo si distingue anche

un rumore continuo ma

irregolare (sembra essere il

rumore del mare, dello

spegnersi di onde sulla spiaggia ma alterato).

Lenta dissolvenza incrociata.

Un uomo, visto frontalmente: è seduto, intento a far scorrere una pellicola e osservarne alcuni fotogrammi con una lente di ingrandimento.

Lenta dissolvenza incrociata.

B/N. Immagine sfuocata. La cineasta straniera:

Come tutti gli stranieri sei stato espulso dal mio paese.

Ho pensato che non ci saremmo più incontrati: avevano chiuso tutte le frontiere,

nessuno poteva entrare, noi non potevamo uscire. Nel giro di pochi anni ho visto la scomparsa del film.

II.2.7 12:03 12:58 Rumore di sonagli. Voci di

bambini in sottofondo.

Dopo 12:35 il rumore dei sonagli diviene più scandito e

comincia ad avere una

sincronia con lo scorrere delle strutture metalliche del ponte.

Lenta dissolvenza incrociata.

Ripresa in carrellata laterale, da destra verso sinistra, che sembra essere effettuata da un treno: si vede un paesaggio spoglio, una vasta pianura quasi desertica; c’è soltanto una striscia scura di vegetazione, in lontananza, a delimitare la linea dell’orizzonte. In primo piano scorrono, quasi indistinguibili, frammenti delle strutture di un ponte in ferro.

Se nella prima parte le ombre delle strutture in ferro di un

ponte sembrerebbero poter

essere state girate insieme al

paesaggio sullo sfondo, a

partire da 12:35 (dalla frase: “Non si sapeva da dove le

immagini venissero...”) i

dettagli divengono più

ravvicinati e leggibili (si

distinguono i bulloni. A partire da 12:35 inoltre il paesaggio sullo sfondo subisce una serie di cambiamenti di luminosità e contrasto.

Le attrezzature erano messe sotto chiave.

Fare scorta di pellicola era proibito.

Le nostre videocamere digitali erano direttamente collegate alla banca centrale delle immagini.

A volte il tuo codice non ti permetteva l’accesso alle immagini che avevi appena registrato, oppure ti lasciava scaricare solo una versione alterata.

Non si sapeva da dove le immagini venissero, come fossero state costruite, elaborate o alterate.

Questioni del genere erano considerate sovversive

e quindi respinte perché irrilevanti.

(20)

II.2.8 12:58 13:50 Ancora il rumore di sonagli in sincrono con lo scorrere delle strutture metalliche. Poi si

aggiunge il rumore di

scorrimento di pellicola. Sull’apparire del volto della

bambina e lo scomparire

dell’immagine del paesaggio: silenzio.

Sulla lenta dissolvenza

incrociata con l’immagine

successiva entra di nuovo il rumore di sonagli insieme al rumore di onde del mare.

Sovrimmagine:

Ancora lo sfilare del paesaggio desertico visto dal treno.

Entra in assolvenza e rimane in

sovrimpressione sull’altra immagine il P.P. di un bambino di profilo con gli occhi chiusi; l’immagine del bambino è fissa; 13:32 L’immagine si muove: il bambino si volta e guarda verso la camera.

13:35 L’immagine del volto del bambino va in dissolvenza incrociata con un’altra immagine, quella di una bambina che, occupando la stessa porzione di quadro, guarda anch’essa verso la camera.

13:36 L’immagine a colori di sfondo, il

paesaggio visto dal treno, va in

dissolvenza e rimane solo il volto in P.P. della bambina. L’immagine della bambina è all’inizio bloccata; poi ha una serie di brevi momenti in cui si anima, alternati ad altri momenti di stasi: in questo modo viene ricostruito il movimento con cui lo sguardo della bambina si volge verso la camera.

13:50 L’immagine della bambina va lentamente in dissolvenza, mentre viene ricomparendo in assolvenza l’immagine del paesaggio visto dal treno.

L’immagine del bambino è in

B/N. Da 12:58 a 13:32

l’immagine del bambino è bloccata ma ha dei leggeri e progressivi spostamenti verso

destra e verso l’alto.

L’immagine è caratterizzata anche da un forte contrasto e dal ricorso da un effetto di immagine a rilievo. Si notano delle rigature orizzontali, solo leggermente in obliquo, e parallele tra loro (forse ottenute riprendendo l’immagine da un monitor). Poco prima che vada in dissolvenza l’immagine del

bambino subisce alcune

alterazioni.

Anche l’immagine della

bambina è in B/N e come l’altra caratterizzata da un effetto di rilievo e dalle rigature parallele: questa immagine è percorsa da

continui “cambiamenti di

stato”, grazie a interventi sulla luminosità e sul contrasto e a variazioni dell’intensità degli effetti usati.

II.2.9 13:50 14:55 Rumore di sonagli e rumore di

onde del mare. Alla fine vanno, in lenta dissolvenza, al silenzio.

Paesaggio desertico visto da un treno, in carrellata laterale. Ancora i dettagli delle strutture metalliche che scorrono in primo piano.

La costa di quello che si rivela il letto di un fiume o un lago asciutto, che prima coincideva con l’orizzonte, ora disegna una curva e si avvicina, fino a trovarsi a perpendicolo con l’asse di ripresa; quindi,

Come nella parte conclusiva di II.2.7 i frammenti di metallo che scorrono in primo piano appaiono chiaramente come

giustapposti, stratificati

all’immagine del paesaggio.

Per me il fare film non ha senso di esistere senza intimità. L’anima delle immagini, la loro essenza, nasce dalla loro storia, dalla possibilità di vederle ancora e ancora, lasciando ogni volta segni diversi sulla superficie della percezione.

(21)

oltrepassato questo limite, la piana

sabbiosa scompare sostituita dalla

vegetazione mentre l’immagine comincia ad andare lentamente al nero.

Dissolvenza al nero.

Non ero capace di riconoscere la mia voce, in un sistema che privava le immagini dei loro echi.

Pensai che non avrei mai più fatto un film.

III 14:55 21:23 Il racconto della guida III.1 14:55 17:06

14:55 14:57 Nero.

III.1.1 14:57 15:12 Gracchiare di corvi.

Un muggito. Suoni di clacson.

Assolvenza.

Un luogo di campagna: sullo sfondo una piccola costruzione e alberi; in primo piano uno spiazzo di terra gialla: al centro un gallo che all’inizio è immobile (tanto che l’immagine sembra bloccata), poi gira la testa e sbatte le ali.

Dissolvenza.

Colori saturi. Sullo sbattere delle ali del gallo si nota un effetto di striatura dei contorni.

15:12 15:15 Silenzio. Nero.

III.1.2. 15:15 15:27 Cinguettare di uccelli. Rumore

di passi su un graticcio di

canne, in sincrono con

l’immagine. Vociare indistinto, clacson di automobili.

Assolvenza.

L’interno di una capanna, rami di palme sullo sfondo. Un uomo avanza dal fondo della capanna in direzione della camera (posta in leggero contre-plongée) fino quasi a riempire l’immagine con il corpo: sulle vesti dell’uomo si proietta la luce che filtra attraverso le fibre intrecciate del tetto della capanna. All’inizio, quando l’uomo è ancora distante dal punto di ripresa si nota, nella parte superiore dell’immagine, il palmo della mano dell’autrice che scorre sopra all’obiettivo, come una tendina. Dissolvenza.

Immagine contrastata, colori saturi.

Si nota un effetto di striatura radiale, dal centro verso i bordi; l’impressione di circolarità è accentuata da una evidente vignettatura.

15:27 15:30 Colpi di scalpello sulla pietra. Nero. La guida:

Stavo cominciando a perdere

III.1.3. 15:30 16:52

Colpi di scalpello. La voce di un bambino che canta. Albero

della pioggia. Altre voci

confuse. Voci di bambini.

Immagine sequenza.

Assolvenza.

Immagine quasi astratta: le sagome nere di fronde di palme su una superficie illuminata: si tratta di una ripresa in dettaglio delle ombre che si proiettano sul

Immagini delle ombre sul muro: non del tutto a fuoco, colori saturi. Probabilmente rallentate.

Le immagini della persona vista

la vista.

All’inizio cercai di continuare a lavorare, compensando con ciò che sentivo, che odoravo e che conoscevo,

(22)

15:50

Rumore di passi. Canto di cicale. Colpi prodotti da un utensile. Voci e risa.

16:02

Albero della pioggia. Voci e risa.

16:06

Fruscio. Albero della pioggia. Canto di cicale.

16:14

Albero della pioggia. Voci indistinte.

muro della casa che si vede sullo sfondo in III.1.1.; movimento della camera (a mano) verso sinistra a inquadrare un margine nero.

15:50 Entra in dissolvenza incrociata con l’immagine precedente di fronde un’altra

immagine analoga, in questo caso

bloccata, del fusto di un albero in primo piano e delle ombre di tre fusti d’albero sullo sfondo; si tratta ancora di un dettaglio delle ombre sul muro della casa visibile in III.1.1. Nello stesso momento entrano in lenta assolvenza anche altre due immagini: si distinguono un movimento basso-alto e un lento ondeggiare in senso orizzontale ma è impossibile stabilire il contenuto di queste due immagini. Tutte queste immagini vanno ora in dissolvenza incrociata.

16:02 Entra in dissolvenza incrociata di nuovo l’immagine iniziale di questo frammento III.1.3. (15:30 – 15:50), il dett. delle ombre sul muro: è la continuazione della stessa ripresa; ora il movimento è inverso, da sinistra verso destra.

16:06 Rimane di sfondo l’immagine del dett. delle ombre sul muro mentre entra in

assolvenza (occupando il centro

dell’immagine complessiva) l’immagine di una grata di canne: attraverso le fessure si intravede una persona vestita di bianco che si china in avanti. Questa immagine va in dissolvenza.

16:14 Rimane l’immagine del dett. delle ombre sul muro. Dissolvenza incrociata.

attraverso il canniccio e della donna vestita di rosso sono rallentate.

15:50

quello che non riuscivo a vedere.

(23)

16:18

Fruscio. Canto di cicale. Suono di un clacson. Gracchiare di corvi. Cinguettare di uccellini.

16:36

Rumore forse di un motore.

16:41

Canto di cicale. Cinguettare di uccellini. Versi di un animale.

16:48

Albero della pioggia. Fruscio.

16:18 Entra in dissolvenza incrociata di nuovo l’immagine della persona vista attraverso la grata di canne; è un diverso

frammento della stessa ripresa,

probabilmente segue immediatamente

quello usato in precedenza: la persona si solleva, si volta verso sinistra e si china di nuovo.

16:36 Entra in assolvenza l’immagine di una donna vista di profilo, a M.F.; la ripresa, camera a mano, la segue con un movimento da sinistra verso destra. Dissolvenza incrociata.

16:41 Entra in dissolvenza incrociata un’altra immagine vista attraverso la grata di canne; anche qui si ha un frammento successivo ai due precedenti: la persona vestita di bianco è ancora china sul lato sinistro dell’immagine, sullo sfondo si

vedono passare altre due figure.

Dissolvenza incrociata.

16:48 Entra in dissolvenza incrociata un altro frammento della ripresa in dett. delle ombre sul muro, caratterizzato, come l’ultimo che l’aveva preceduto, da un movimento da sinistra a destra (è dunque ipotizzabile anche qui una contiguità

temporale dei due frammenti).

Dissolvenza incrociata.

III.1.4. 16:52 17:04 Canto di cicale. Dissolvenza incrociata.

Entra un’immagine analoga a III.1.1. ma più stretta: si vedono il tronco dell’albero e una parte del muro della casa, illuminato dal sole, su cui si proiettano le ombre degli alberi. L’immagine è bloccata e, dopo alcuni secondi, comincia ad andare molto lentamente al nero.

Colori saturi. Poi dovetti abbandonare,

nessuno avrebbe assunto una guida quasi cieca.

(24)

III.2. 17:06 17:58

III.2.1 17:06 17:33 Sull’assolvenza un rumore

analogo ai successivi, dei colpi di saggina, ma più forte e riverberato.

Rumore (in sincrono con

l’immagine) della saggina

strusciata sul terreno.

Poi entra anche in sottofondo un suono prolungato simile al palo de agua.

Assolvenza.

Una donna ripresa dall’alto (plongée), spazza il terreno.

Dissolvenza incrociata.

L’immagine è fuori fuoco; si

tratta di un fuori fuoco

presumibilmente realizzato in fase di ripresa perché si distinguono dei puntini che,

muovendosi la camera,

rimangono fissi nel quadro e sono causato da grani di

polvere sull’obiettivo (che

possono divenire visibili

quando si effettua una sfocatura dell’immagine).

Immagine rallentata.

Dopo tanti anni passati in viaggio mi trovavo confinato in questo cortile, assalito da momenti oscillanti tra il nitido e lo sfuocato, in cerca di qualche occupazione capace di dissipare il mio sentimento di inutilità.

III.2.2. 17:33 17:39 Un rumore molto riverberato (e

rallentato così come rallentata è l’immagine) accompagna, in sincrono, i passaggi del fascio di rami sul terreno.

Dissolvenza incrociata.

Plongée: ripresa più ravvicinata dello stesso soggetto, in dett. sulla mano che fa scorrere il fascio di rami secchi sul terreno.

Dissolvenza incrociata.

Immagine rallentata, colori

saturi. Si distingue chiaramente un effetto di striatura sul movimento (la gonna, il fascio di rami).

Ci sono prima alcune leggere

alterazioni della velocità

dell’immagine: nel momento in

cui il braccio arriva a

completare il suo movimento si

ha una accentuazione del

rallentamento, quasi un

momento di stasi; sul secondo movimento del braccio verso destra il ritornare indietro del braccio sembra ottenuto però

non lasciando proseguire

l’immagine ma rimandandola all’indietro.

III.2.3. 17:39 17:42 Rumore riverberato in sincrono

con i gesti della donna.

Dissolvenza incrociata.

Altro momento della stessa ripresa usata per le immagini precedenti.

Dissolvenza incrociata.

Immagine rallentata, colori

saturi. Effetto di striatura sul movimento.

III.2.4. 17:42 17:43 Rumore riverberato in sincrono

con i gesti della donna.

Dissolvenza incrociata.

Altro momento della stessa ripresa usata per le immagini precedenti.

Dissolvenza incrociata.

Immagine rallentata, colori

saturi. Effetto di striatura sul movimento.

Figura

figure di un uomo prima e poi di una donna.

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