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SINTESI DI NUOVI DERIVATI BENZENSOLFONAMMIDICI CARATTERIZZATI DA UN NUCLEO TETRAIDROINDAZOLICO, QUALI POTENZIALI INIBITORI DELL'ANIDRASI CARBONICA

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Academic year: 2021

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Università di Pisa

DIPARTIMENTO DI FARMACIA

Corso di Laurea Specialistica in Farmacia

SINTESI DI NUOVI DERIVATI BENZENSOLFONAMMIDICI

CARATTERIZZATI DA UN NUCLEO TETRAIDROINDAZOLICO

QUALI POTENZIALI INIBITORI DELL’ANIDRASI CARBONICA

Candidata:

Francesca Fioravanti

Relatori:

Prof.ssa Sabrina Taliani

Dott.ssa Silvia Salerno

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Sommario

PARTE GENERALE ... 4

1. INTRODUZIONE... 5

2. LE Α-CA: PROCESSI IDROLITICI E STRUTTURA ... 9

2.1 Meccanismo catalitico di CA... 12

2.2 Importanza della His 64 ... 14

3. MECCANISMI DI INIBIZIONE DELLE ANIDRASI CARBONICHE ... 15

3.1 Zinc-binders ... 17

3.2 Inibitori dell’Anidrasi Carbonica che si ancorano alla molecola di acqua/ione idrossido coordinata allo zinco ... 20

3.3 Inibitori dell’Anidrasi Carbonica che occludono l’entrata al sito attivo. ... 24

3.4 Inibitori dell’Anidrasi Carbonica che si legano al di fuori del sito attivo ... 26

3.5 Inibitori dell’Anidrasi Carbonica che agiscono con un meccanismo non noto ... 29

4. UTILIZZO CLINICO GENERALE DEGLI INIBITORI DELL’ANIDRASI CARBONICA ... 30

4.1 Inibitori dell’Anidrasi Carbonica utilizzati per il trattamento del glaucoma. ... 34

4.2 Inibitori dell’anidrasi carbonica utilizzati come diuretici ... 42

4.3 Inibitori dell’anidrasi carbonica utilizzati nel trattamento dell’osteoporosi ... 46

4.4 Inibitori dell’Anidrasi Carbonica utilizzati nel trattamento dell’obesità ... 48

4.5 Attivatori dell’Anidrasi Carbonica come potenziali farmaci nelle condizioni di deficit della memoria. ... 53

5 FISIOPATOLOGIA DELLE ANIDRASI CARBONICHE NELLE CELLULE TUMORALI ... 56

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3

5.2 Inibitori dell’Anidrasi Carbonica utilizzati come markers tumorali nella diagnosi del

cancro ... 68

INTRODUZIONE ALLA PARTE SPERIMENTALE ... 69

PARTE SPERIMENTALE ... 89

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4

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5

1. Introduzione

Le anidrasi carboniche (Carbonyc Anhydrases, CA) sono metalloenzimi, nello specifico zinco-enzimi, coinvolti nella regolazione dell’omeostasi cellulare e nel pH intracellulare, in quanto catalizzano la conversione reversibile dell’anidride carbonica in ione bicarbonato secondo la seguente reazione:

CO2 + H2O ↔ HCO3

-

+ H

+

Questo enzima venne individuato per la prima volta nel 1933 negli eritrociti dei bovini; successivamente venne ritrovato in una grande varietà di tessuti e cellule dei mammiferi, è comunque abbondante anche nelle piante e nelle alghe verdi unicellulari, essenziali per la fissazione fotosintetica della CO2. Le anidrasi

carboniche (CA) sono enzimi multifunzionali che giocano un ruolo indispensabile nei diversi processi fisiologici e biochimici come scambi respiratori, bilancio acido-base, secrezioni acido-acido-base, urogenesi, sintesi di acidi grassi, trasporto ionico, contrazione muscolare, riassorbimento osseo e calcificazione. Inoltre, recenti studi hanno evidenziato il coinvolgimento nella proliferazione cellulare con implicazioni nell’oncogenesi e nel cancro[1].

Le CA sono codificate da sei distinte famiglie genetiche di diversa evoluzione : • α-CA: presenti nell’uomo e in tutti i vertebrati, nei batteri, nelle alghe e nel

citoplasma delle piante verdi; contengono nel sito attivo un atomo di Zn(II) coordinato con tre residui di His.

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6

• β-CA: presenti principalmente nei batteri, nelle alghe, nei cloroplasti sia delle mono che delle di-cotiledoni e nei funghi; contengono nel sito attivo un atomo di Zn(II) coordinato con un residuo di His e due di Cys.

• γ-CA: si trovano negli archeobatteri, ciano batteri e altri tipi di batteri presenti, contengono nel sito attivo un atomo di Fe(II) coordinato con tre residui di His.

• δ-CAs: presenti solo nelle diatomee marine; contengono nel sito attivo un atomo di Zn (II) coordinato con tre His.

• ζ-CA: presenti nelle diatomee marine; contengono un atomo di Cd(II) e uno di Zn(II)coordinano con un residuo di His e due residui di Cys.[2]

• ƞ-CAs: di recente scoperta nel plasmodio della malaria, sono presenti solo nei protozoi; contengono un residuo di Zn(II) coordinato con tre residui di His[3].

Finora, nei vertebrati più sviluppati, sono state ritrovate 15 diverse isoforme di α-CA, di cui 14 presenti nell’uomo (con due diversi isoenzimi -V,-VA e -VB) e una di recente scoperta (α-CA XV) presente in numerose specie animali eccetto l’uomo e alcuni primati. Gli isoenzimi CA si distinguono in base alla diversa localizzazione tissutale e subcellulare o in base alla diversa modulazione dell’attività catalitica (idratazione della CO2), dovute alle differenze strutturali presenti nel loro sito attivo

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7

Tabella 1. Isoenzimi (α-CA) presenti nei vertebrati superiori, loro distribuzione,

localizzazione, attività catalitica, affinità per le solfonammidi[4].

Sulla base della loro localizzazione subcellulare le anidrasi carboniche si dividono in:

1. citosoliche (isoenzimi I,II,III,VII,XIII) ; 2. mitocondriali (isoenzimi VA e VB ) ;

3. legate alla membrana (isoenzimi IV,IX,XII,XIV e XV) ; 4. secrete nel latte e nella saliva (isoenzima VI) .

Nel citosol sono state individuate altre forme acetaliche denominate CA related

proteins (CARPs), ovvero proteine legate all’anidrasi carbonica: CARP VIII,

Organo/tessuto di localizzazione Localizzazione subcellulare Attività catalitica (idratazione di CO2) Affinità per le solfonammidi

CA-I Eritrociti, tratto GI Citosol Ridotta Media

CA-II Eritrociti, occhi, tratto GI, osteoclasti

ossei, rene, polmone, testicoli, cervello Citosol Elevata Molto elevata

CA-III Muscolatura scheletrica, adipociti Citosol Molto ridotta Molto ridotta

CA-IV Rene, polmone, pancreas, cervello,

capillare, colon, muscolo cardiaco

Legato alla

membrana Media Elevata

CA-VA Fegato Mitocondrio Ridotta Elevata

CA-VB

Muscolatura scheletrica e cardiaca, pancreas, midollo spinale, rene, tratto GI

Mitocondrio Elevata Elevata

CA-VI Ghiandole mammarie e salivari Secreto nella

saliva/latte Ridotta Molto Elevata

CA-VII CNS Citosol Elevata Molto Elevata

CA-VIII CNS Citosol Acatalitica Non

determinata

CA-IX Tumori, mucosa GI Transmembrana Elevata Elevata

CA-X CNS Citosol Acatalitica Non

determinata

CA-XI CNS Citosol Acatalitica Non

determinata

CA-XII Rene, intestino, epiteli riproduttivi,

occhi, tumori Transmembrana Ridotta Molto Elevata

CA-XIII Rene, cervello, polmoni, tratto

riproduttivo Citosol Ridotta Elevata

CA-XIV Rene, cervello, fegato Transmembrana Ridotta Elevata

CA-XV Rene Legato alla

membrana

Non determinata

Non determinata

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8

CARP X e CARP XI. Questi enzimi non essendo forniti di residui di istidina, non sono in grado di legare lo ione zinco che è essenziale per l’attività di idratazione della CO2[5]. Oltre all’equilibrio acido-base dell’organismo, le CA partecipano

anche ad altri processi fisiologici connessi con la respirazione quali il trasporto di CO2 e HCO3- attraverso i tessuti di metabolizzazione e i polmoni.

Le CA presenti negli organismi svolgono importanti funzioni fisiologiche e la loro presenza in così tanti tessuti rappresenta uno stimolo alla progettazione di inibitori con applicazioni biomediche, rappresentando così obiettivi terapeutici validi per il trattamento di una vasta gamma di malattie. Molti studi, come quello condotto da Supuran nel 2008 [6] hanno dimostrato l’importanza del ruolo delle CA in questi processi fisiologici, mostrando che alterati livelli di tali isoenzimi o della loro attività sono spesso associati a varie patologie (tabella 2)[6].

Tabella 2. Patologie associate a specifiche isoforme di CA.

Isoforma Patologie in cui è coinvolta CA I Edema retinale e cerebrale

CA II Glaucome,edema,epilessia, mal di montagna

CA III Stress ossidativo

CA IV Glaucoma

CA VA-VB Obesità

CA VI Cariogenesi

CA VII Epilessia

CA VIII Neurodegenerazione, cancro

CA IX Cancro

CA XII Cancro, glaucoma

CA XIII Sterilità

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9

Oltre al ruolo consolidato degli inibitori della CA (Carbonic Anhydrase Inibitors,

CAI) come diuretici e antiglaucoma, è emerso di recente che le CAI potrebbero avere un potenziale come nuovi farmaci antiobesità, anticancro e antinfettivi. Inoltre, studi recenti suggeriscono che gli attivatori della CA (Carbonic Anhydrase Activators, CAA) potrebbero fornire una nuova terapia per il morbo di Alzheimer.

2. Le α-CA: processi idrolitici e struttura

Le anidrasi carboniche sono enzimi ubiquitari, le β-CA e le γ-CA sono catalizzatori efficienti per l’idratazione reversibile del biossido di carbonio a bicarbonato così come le α-CA, che possiedono un’alta versatilità, in grado di catalizzare processi idrolitici differenti:

• l’idratazione del cianato dell’acido carbammico o della cianammide nell’urea (reazione 1.2 e 1.3) ;

• idratazione aldeidica a gem-dioli (reazione1. 4) ;

• idrolisi degli esteri di acidi carbossilici solfonici (reazioni 1.5 e 1.6) ; • altri processi idrolitici meno studiati, tra cui quelli descritti nelle equazioni

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Figura 2. Reazioni catalizzate da isoenzimi α-CA[5]

La cavità di legame α-CA è uno spazio complesso che circonda lo ione Zn2+, studi

cristallografici a raggi X mostrano che il sito attivo dell’enzima è localizzato all’interno di una fessura conica larga 12 Å e profonda 13 Å che si estende dalla superficie al centro della molecola.

Lo ione metallico Zn2+ che si trova all’apice del cono in prossimità del centro della proteina, è coordinato con tre istidine (His94, His96 e His119) e una molecola di acqua che ne aumenta la nucleofilicità, a formare un complesso tetraedrico distorto. Inoltre, è presente un ulteriore gruppo di istidine coinvolto nel processo di trasporto del protone tra il sito attivo e l’ambiente circostante e comprende i residui His64, His4, His3, His17, His15 e His10. I residui amminoacidici 92 e 131 sono coinvolti nel legame con le solfonammidi/sulfammati.

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11

Figura 3. Sito attivo della CA, osservato mediante cristallografia a raggi X

La molecola di acqua/ione idrossido legata allo Zn2+ è anche impegnata nella formazione di un legame a idrogeno con l’ossidrile di Thr199, che a sua volta è collegata alla porzione carbossilato di Glu106, queste interazioni migliorano non solo la nucleofilicità della molecola di acqua legata allo zinco ma orientano il substrato in una posizione maggiormente favorevole per l’attacco nucleofilo, (Figura 4).

Figura 4. Coordinazione dello ione Zn (II) nel sito attivo di CA-II, con i tre residui

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12

2.1 Meccanismo catalitico di CA

La forma attiva dell’enzima CA è quella basica (ZnOH) con l’idrossido legato allo Zn2+ (Figura 5A), questo rappresenta il gruppo catalitico che controlla

l’interconversione tra CO2 e HCO3. Il nucleofilo attacca la molecola di CO2 che si

trova legata in una tasca idrofobica in prossimità del sito attivo, il sito di legame del substrato comprende residui di Val121, Val143 e di Leu198 nel caso dell’isoenzima umano CA II (Figura 5B) portando alla formazione dello ione HCO3 (Figura 5C).

Lo ione bicarbonato viene poi spiazzato da una molecola di acqua e liberato in soluzione portando alla formazione della forma acida dell’enzima (ZnH2O) con la

molecola di acqua coordinata allo Zn2+ che rappresenta la forma cataliticamente inattiva (Figura 5D). Infine, si ottiene la rigenerazione della base attraverso una reazione di trasferimento di un protone dal sito attivo all’ambiente, che può essere sostenuta sia da residui del sito attivo (come l’His64 il protone navetta degli isoenzimi I, II, IV, VII, IX, XII-XIV tra gli altri), che da tamponi presenti nel mezzo.

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13

Figura 5. Rappresentazione schematica del meccanismo catalitico per l'idratazione

di CO2 mediata dallo zinco.

Risultati di cinetica, dimostrano che l’interconversione CO2 in HCO3- e il

trasferimento del protone avvengono con due reazioni separate che possono essere schematizzate come segue[7]:

EZn²⁺— OH⁻ + CO₂ ↔ EZn²⁺ — HCO₃⁻ ↔ EZn²⁺ — OH₂ + HCO₃⁻ (1) EZn²⁺ — OH₂ ↔ EZn²⁺— OH⁻ + H⁺ (2)

Le ricerche effettuate nel laboratorio di Sven Lindskog [7] sull’ HCA II, hanno dimostrato che la velocità massima di catalisi era limitata dal trasferimento intramolecolare di protoni che si verifica nel secondo stadio (reazione 2),in cui si

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rigenera la specie Zn-idrossido dell’enzima. Negli isoenzimi cataliticamente molto attivi come CA II, CA IV, CA VII, CA IX, il processo avviene ad opera di un residuo di istidina localizzato all’ingresso del sito attivo (His 64) e da un gruppo di istidine che sporge fuori dal sito attivo sulla superficie dell’enzima, assicurando così un processo di trasferimento di protoni efficace per l’isoenzima CA II[8].

2.2 Importanza della His 64

La catalisi dell’anidrasi carbonica è un eccellente modello per comprendere le proprietà biofisiche del trasferimento protonico che può essere applicato a proteine molto più complesse, come il citocromo C ossidasi, la batteriorhodopsina, l’ATP sintasi e la reazione fotosintetica batterica. Recenti studi di cristallografia a raggi X ad alta risoluzione combinati con studi di cinetica hanno dimostrato che l’anello imidazolico di His64 è la navetta protonica interna della hCA II grazie alla sua conformazione che si estende nella cavità del sito attivo. La catena laterale si trova a una distanza di circa 7,5Å dallo zinco, risulta troppo distante dalla molecola di acqua legata allo zinco e quindi non è in grado di rimuovere il protone. Il trasferimento protonico avviene grazie ad una rete di legame ad idrogeno, attraverso l’intervento di due molecole di acqua che collegano la molecola di acqua legata allo Zn con il gruppo imidazolico della catena laterale del residuo di His64 .Ulteriori studi, hanno dimostrato che la sostituzione di His64 in hCA II con l’alanina (H64A) che non può trasferire protoni, ha causato una diminuzione di circa 20 volte nella catalisi e nella velocità di trasferimento protonico.[8] Questo, spiega anche perché

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15

CAII sia uno degli enzimi più attivi (con una Kcat/Km = 1.5 x 108 M-1 s-1) e fornisce anche importanti basi per la progettazione di suoi inibitori con applicazioni cliniche[8,9] (Figura 6).

Figura 6. Rappresentazione a sfere e bastoncini dei residui del sito attivo

dell’enzima hCA II; l'atomo di zinco e le molecole d'acqua sono mostrate rispettivamente come sfere nere e rosse. I legami idrogeno dedotti sono indicati come linee rosse tratteggiate.

3. Meccanismi di inibizione delle Anidrasi Carboniche

L’inibizione di CA ha applicazioni farmacologiche nel campo degli antiglaucoma, anticonvulsivanti, antitumorali e agenti anti-infettivi. Nell’ultimo decennio, sono state descritte nuove classi di inibitori di CA (CAI) con meccanismi di inibizione enzimatica che differiscono considerevolmente dagli inibitori classici di tipo solfonammidico o anionico. Gli anioni complessanti il metallo agiscono da inibitori di metallo-enzimi così come gli α-CA (CA I e CA II) con anioni come cianuro,

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16

cianato, azide e idrogeno solforato. Le solfonammidi e i loro isosteri (sulfammati/solfammidi), si legano in forma deprotonata con l’atomo di azoto della frazione solfonammidica coordinata allo ione metallico Zn(II) (Figura 7A). Gli anioni si possono legare sia con una geometria tetraedrica sia come addotti trigonali-bipiramidali, come ad esempio l’addotto tiocianato (Figura 7B).

Figura 7. Interazione di CAI con lo ione Zn(II)[10,11]

Ad oggi sono conosciuti cinque differenti meccanismi di inibizione della CA: • Zinc-binders i quali si coordinano allo ione Zn(II) catalitico nel sito attivo

dell’enzima, formando con il metallo delle strutture con geometria tetraedrica o trigonale bipiramidale.

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17

• Inibitori che si ancorano alla molecola di zinco coordinata alla molecola di acqua/ione idrossido, ovvero i fenoli, i carbossilasi, le poliammide, le 2-tiossocumarine, le solfocumarine.

• Inibitori che occludono l’ingresso nella cavità del sito attivo, questo sito di legame coincide con quello in cui si legano gli attivatori di CA. Appartengono a questa categoria le cumarine e i loro isosteri.

• Composti che si legano fuori dalla cavità del sito attivo.

• Composti di cui non è noto il loro meccanismo di inibizione, tra cui le solfonammidi secondarie e terziarie tra cui imatinib e nilotinib.[12]

3.1 Zinc-binders

Le solfonammidi rappresentano la classe più importante di CAI e appartengno a questa categoria, con almeno 25 composti che sono stati usati nel corso degli anni come agenti diuretici, antiglaucoma e antiepilettici (Figura 8).

(19)

18 Figura 8. Solfonammidi e sulfammati CAI.[13]

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19

Lo svantaggio principale di questa classe di composti è la scarsa selettività verso le varie isoforme di CA, di conseguenza agiscono su tutte le isoforme e non solo sul target dando diversi effetti collaterali come l’acidosi metabolica e i calcoli renali. A tal proposito, gli inibitori di ultima generazione, come il composto 20, sono stati progettati in modo tale da agire come inibitori selettivi per le isoforme di transmembrana, tra cui le isoforme CA-IX e CA-XII, espresse nelle cellule tumorali.

Tuttavia, progettare molecole isoforma-selettive non è semplice, infatti, le 12 isoforme cataliticamente attive hanno una struttura molto simile tra loro a livello del sito attivo. In ogni caso, ci sono anche importanti differenze tra i residui amminoacidici delle varie isoforme, principalmente al centro e verso l'uscita della cavità del sito attivo. Sfruttare queste differenze è apparso di notevole interesse per elaborare approcci alternativi al fine di ottenere CAI isoforma-selettivi. Uno degli approcci più riusciti è detto “The Tail Approach[14] che consiste nell’aggiungere “code” di varia natura chimica agli scaffold delle solfonammidi eterocicliche/aromatiche in modo da allungare la molecola e far sì che la coda stessa possa interagire con residui amminoacidici presenti nella parte centrale e più esterna del sito attivo. A seconda della natura chimica della coda è inoltre possibile modulare le proprietà chimico-fisiche della molecola, cruciali per l’attività biologica. Le solfonammidi si legano in forma deprotonata come anioni allo ione Zn(II) nel sito attivo dell’enzima in una geometria tetraedrica. Il legame di questa classe di inibitori avviene mediante lo “zinc binding group” (ZBG), corrispondente al gruppo –SO2NH, il quale interagisce direttamente con lo ione metallico. Inoltre,

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keeper” ovvero Thr199, che forma un legame idrogeno tra il suo gruppo OH e lo ZBG negli addotti enzima-inibitore e Glu106, che forma un legame a idrogeno con Thr199 attraverso il suo gruppo carbossilico -COO-, (Figura 9).

Figura 9. Meccanismo generale di inibizione degli zinc binders. Lo ZBG è

coordinato allo ione metallico e partecipa a forti interazioni con i residui di Thr199 e Glu106. Lo scaffold può occupare sia la metà idrofila o idrofobica (o entrambe) del sito attivo, mentre le code generalmente sono orientate verso l'uscita della cavità in cui si trovano i residui amminoacidici più variabili tra le diverse isoforme dei mammiferi [14]

3.2 Inibitori dell’Anidrasi Carbonica che si ancorano alla

molecola di acqua/ione idrossido coordinata allo zinco

Come si può osservare nella figura sotto riportata, (Figura 10), i CAI appartenenti a questa classe vanno ad interagire con il sito attivo in più punti. Sono dotati di un gruppo di ancoraggio (AG) che interagisce direttamente con la molecola di acqua

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21

coordinata con lo ione zinco, formando un legame a idrogeno. Tra gli AG ritroviamo una varietà di funzionalità chimiche che includono unità fenoliche OH, ammine primarie, COOH, COOMe e SO3H. Gli scaffold di questi composti sono di

tipo aromatico, alifatico, eterociclico e zuccherino e molti di essi mostrano un efficace attività inibitoria nei confronti delle CA di tipo α e β.

Figura 10. Come i composti che si legano alla molecola di acqua/ione idrossido

coordinato con lo ione Zn2+interagiscono col sito attivo enzimatico. L’AG (anchoring group) può essere un –OH fenolico, un gruppo amminico (poliamine), un gruppo estereo (-COOR), un gruppo solfonico (solfocumarine), o un semplice atomo di S (tio-oxo-cumarine).[14]

I primi composti che agiscono con questo meccanismo sono i fenoli e le spermine (poliamine).

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Il fenolo 26 si lega mediante il gruppo OH alla molecola di acqua/ione idrossido coordinata con lo Zn(II) e formando con essa un legame a idrogeno mediante un meccanismo di tipo competitivo nei confronti della molecola di CO2. L’anello

aromatico del fenolo 26 va a posizionarsi nella porzione idrofobica della tasca del sito attivo, che corrisponde alla zona in cui si suppone vada a complessarsi la molecola di CO2 prima dell’idratazione catalizzata dall’enzima, spiegando così il

comportamento unico di questo inibitore competitivo di CO2.

Figura 12. Interazione del fenolo 26 con il sito catalitico dell’enzima CA.

L’immagine mostra la distanza dei legami a idrogeno rappresentata da linee tratteggiate che si instaurano in questa interazione.[15]

La spermina 27 si ancora al ligando non proteico dello Zn(II) , uno ione idrossido a pH 7,4, attraverso una rete di legami a idrogeno che coinvolge Thr199. Inoltre, i suoi gruppi amminici formano legami a idrogeno e legami idrofobici di Van der Waals con i residui amminoacidici Thr200 e Pro201, che stabilizzano ulteriormente

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l'addotto, sebbene sia stato anche evidenziato che le porzioni idrofobiche della Spermina in sede C5 e C7 si scontrino con una molecola d'acqua e Gln 92[16]

Figura 13. Modalità di interazione della Spermina 27 con il sito catalitico

dell’enzima CA. Le linee tratteggiate sono i legami a idrogeno e le linee marcate sono i punti di scontro tra C5 e C7 con la molecola di acqua e Gln 92.

Più recentemente, è stato osservato che un derivato della 2-tiossicumarina, si lega alla molecola di acqua coordinata con lo Zn (II). In questo composto, l’atomo esociclico di zolfo dell’inibitore è legato all’idrogeno legato alla molecola di acqua coordinata con lo zinco/idrossido, mentre lo scaffold organico rende favorevoli i legami con la molecola di acqua e i residui di amminoacidi del sito attivo.[12]

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3.3 Inibitori dell’Anidrasi Carbonica che occludono

l’entrata al sito attivo.

Questi inibitori si legano ancora più lontano dallo ione metallico rispetto agli

zinc-binders e ai CAI che si ancorano alla molecola di acqua coordinata allo zinco. In

particolare, si vanno a legare all’ingresso della cavità del sito attivo che è la regione dell’enzima più variabile tra le varie isoforme. I composti, che agiscono con questo meccanismo sono dotati di un gruppo detto “sticky group” (SG) attaccato ad uno scaffold che può essere alifatico, aromatico o eterociclico. Inoltre, possono incorporare una “coda” che può estendersi al di fuori del sito attivo, poiché questi composti si legano in una regione piuttosto esterna della cavità.

Figura 14. Modalità di interazione dei CAI che occludono l’ingresso del sito attivo

dell’enzima con le CA[12].

Questo meccanismo di inibizione è stato evidenziato per la prima volta nelle cumarine e in seguito in altri composti come il farmaco antiepilettico lacosamide,

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25

le cumarine sostituite, i lattoni a 5 e 6 termini e i tiolattoni o il chinolinone, hanno dimostrato una significativa proprietà inibitoria della CA e probabilmente condividono un meccanismo d'azione comune. Tali composti si legano in una regione abbastanza esterna della cavità enzimatica, occludendo con il loro ingombro sterico l’ingresso al sito attivo facendo sì che il substrato non possa entrare, inibendo di conseguenza la funzionalità enzimatica. L’aspetto interessante di questo meccanismo è che gli inibitori, si legano all’ingresso della cavità, regione del sito attivo che è la più variabile tra le varie isoforme. Questo ha conseguenze importanti per la progettazione di CAI perché i composti che si legano in questa regione dovrebbero legarsi in modo diverso con le CA e quindi mostrare un’inibizione di tipo isoforma-selettiva. Rappresentano un valido esempio, alcuni derivati cumarinci/tiocumarinici, che hanno mostrato un alto livello di isoforma-selettività su isoforme quali CA-IX, -XII, -XIV.

Figura 15. Derivati cumarinici che mostrano un profilo di inibizione altamente

isoforma-selettivo nei confronti di varie CA umane.[14]

29-34 35 36-39

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26

Sulla base della struttura cumarinica, sono stati sintetizzate le sulfocumarine , in cui la frazione CO del lattone è stata sostituita da un gruppo SO2. Le cumarine,si legano

in forma idrolizzata all’entrata della cavità, mentre le sulfocumarine, si legano anche in forma idrolizzata ma ancorandosi all’acqua coordinata allo ione zinco, molte sulfocumarine hanno mostrato un grado si selettività abbastanza elevato verso le isoforme trans-membrana associate al tumore, CA-IX e –XII, rispetto a quelle citosoliche CA-I e II.[14]

3.4 Inibitori dell’Anidrasi Carbonica che si legano al di

fuori del sito attivo

Il meccanismo d’azione (Figura16) degli inibitori che si legano al di fuori del sito attivo enzimatico, è stato scoperto di recente.

Figura 16. A) Meccanismo di inibizione della CA fuori dal sito attivo. B) CA II

(28)

27

Nello studio condotto da D’ambrosio et al (2015) [17] , l‘acido 2-(benzilsolfonil)-benzoico (composto 42, figura 17) è stato co-cristallizzato con CA-II e ne è stata studiata l’interazione mediante cristallografia a raggi X. La densità elettronica dell’inibitore, non è stata osservata all’interno del sito attivo ma in una tasca di legame adiacente al sito attivo, dove altri inibitori non sono mai stati osservati prima.

42

Figura 17. C) Interazioni tra il composto 42 e i residui amminoacidici presenti nella

tasca di legame. D) Struttura chimica del composto 42

Dall’analisi della mappa della densità elettronica del sito catalitico dell’enzima non è emerso alcun legame della molecola con lo ione zinco o con i residui amminoacidici nelle sue immediate vicinanze. Al contrario, una molecola di inibitore è stata osservata in una cavità situata sulla superficie della proteina a circa 14 Å dall’atomo di Zn (II), e delimitata dai residui Gly6, Tyr7, Gly8, Asn11, His64, Phe231, Asn232 e Glu239 (come mostrato in figura 17C). L'inibitore è stabilizzato

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28

in questa cavità sia da alcune interazioni polari, che da diverse altre interazioni che stabilizzano lo scaffold all'interno della cavità. In particolare, entrambi gli atomi di ossigeno del gruppo carbossilato sono coinvolti in due forti legami a idrogeno con molecole d'acqua, che a loro volta sono legate all'ossigeno di Trp5 e all'atomo ND1 di His64. È da notare che quest'ultimo legame a idrogeno mediato dall'acqua blocca il residuo His64 nella sua conformazione esterna. Considerando il meccanismo catalitico delle CA precedentemente descritto, per il quale è necessario che His64 sia flessibile al fine di ripristinare la forma attiva dell'enzima, è ragionevole ipotizzare che l’inibizione mediata da questo inibitore sia dovuta all'incapacità di His64 di cambiare la sua conformazione e quindi di partecipare allo shuttle del protone che rigenera le specie nucleofila dell' enzima [17].

Il residuo amminoacidico His64, può avere due conformazioni essendo altamente flessibile: una conformazione “in” (vicino allo ione metallico) e una “out” (rivolta verso l’esterno del sito attivo) .Il composto 42 blocca il residuo His64, andando ad interferire con uno step determinante nell’intero ciclo catalitico, ovvero il trasferimento di un protone dalla molecola di acqua coordinata con lo ione zinco all’ambiente e con la successiva generazione della specie OH- legata allo ione zinco.

Accettando un protone dalla molecola di acqua coordinata con lo ione zinco, il gruppo imidazolico del residuo di istidina diventa protonato (conformazione in) mentre quando è nella sua conformazione out lo stesso protone può essere trasferito all’ambiente. Interferendo con tale trasferimento il composto 42 va così a bloccare l’attività enzimatica[14].

(30)

29

3.5 Inibitori dell’Anidrasi Carbonica che agiscono con un

meccanismo non noto

I meccanismi di inibizione visti finora, sono stati accuratamente documentati mediante studi cinetici e cristallografici a raggi X. Nell’ultimo periodo, ulteriori studi hanno dimostrato l’esistenza di nuovi composti che mostrano vari gradi di di inibizione di CA, anche se non è ancora noto il meccanismo d’azione. Infatti, a causa di problemi di solubilità per alcuni di questi derivati, non si è potuto ottenere dei cristallizzati negli addotti con l’enzima, inoltre, molte classi di CAI sono state investigate solo di recente.

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30

La porzione solfonammidica secondaria è presente in una grande varietà di farmaci utilizzati in clinica tra i quali i più noti esempi sono i derivati 43-60 (figura 18), tra cui la sulfadiazina 59 e sulfapiridina 60, molti dei quali mostrano un’affinità sub-micromolare per le isoforme fisiologicamente dominanti CA-I e –II. I derivati studiati presentano un gruppo solfonammidico secondario (43-52, 59, e 60) o terziario (53-58) , e i sostituenti piuttosto ingombranti sul gruppo solfonamidico. Il meccanismo inibitorio di questi composti è ancora sconosciuto, ma è probabile che i sostituenti ingombranti della porzione NHSO2X (X = NH o O) della molecola

compromettano il loro legame con lo ione zinco all’interno del sito attivo.[12]

4. Utilizzo clinico generale degli inibitori dell’anidrasi

carbonica

Le solfonammidi primarie rappresentano gli inibitori dell’anidrasi carbonica per eccellenza utilizzati negli ultimi 50 anni come agenti antiglaucoma, diuretici, antiobesità e antiepilettici; più recentemente, è stata studiata l’inibizione delle isoforme CA IX e CA XII associate al tumore. I CAI sono anche utilizzati per il trattamento dell’ipertensione intracranica idiopatica e rappresentano dei validi agenti antineuropatici nella gestione del dolore, ma anche nell’ischemia cerebrale e nell’artrite, condizioni per le quali sono attualmente disponibili poche opzioni efficaci di trattamento. Recentemente, è stato dimostrato che il targeting di CA appartenente a varie famiglie di geni e di organismi patogeni (batteri, funghi, protozoi, nematodi) può produrre importanti effetti antiinfettivi. Si tratta di un

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31

campo ancora in via di sviluppo, ma rilevante per le future applicazioni di CAI. Sono circa 30 i farmaci usati in clinica (o farmaci in via di sviluppo) appartenenti alla classe delle solfonammidi o dei sulfammati (Figura 8, composti 1-25). Il problema nella progettazione di nuovi CAI, riguarda l’elevato numero di CA, la loro diffusa localizzazione in tessuti e organi (Tabella 1) e la scarsa selettività degli inibitori nei confronti di specifici isoenzimi (Tabella 3) , si può osservare che molti di essi inibiscono fortemente la maggior parte degli isoenzimi CA e presentano un’affinità nel range del basso nano-molare.

Tra i derivati 1-25 (Figura 8) non ci sono composti che inibiscono selettivamente una specifica isoforma di CA con valori terapeutici (Tabella 3). Tuttavia il loro profilo di inibizione è molto variabile e possono essere utilizzati per la progettazione di farmaci di nuova generazione, di inibitori isoforma-selettivi. I punti critici per la progettazione di nuovi inibitori di CA come agenti terapeutici, riguardano:

- l’elevato numero di isoforme negli umani; - la loro diffusa localizzazione in organi e tessuti;

- la mancanza di selettività dell’isoenzima nei confronti degli inibitori solfonamidici/sulfamati attualmente disponibili;

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32

Tabella 3. Dati di inibizione di composti utilizzati in clinica verso gli isoenzimi

umani cataliticamente attivi.

Isoenzima Ki (nM) Composto CA I CA II CA III CA IV CA VA CA VB CA VI CA VII CA IX CA XII CA XIII CA XIV Acetazolamide 1 250 12 3.10 74 63 54 11 2.5 25 5.7 17 41 Metazolamide 2 50 14 1.10 6200 65 62 10 2.1 27 3.4 19 43 Etossizolamide 3 25 8 5000 93 25 19 43 0.8 34 22 NT 25 Diclorofenamie 5 1200 38 NT 15000 630 21 79 26 50 50 23 345 Dorzolamide 6 50000 9 8000 8500 42 33 10 3.5 52 3.5 18 27 Brinzolamide 7 45000 3 NT NT 50 30 0.9 2.8 37 3.0 NT 24 Topiramato 9 250 10 NT 4900 63 30 45 0.9 58 3.8 47 1460

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33

Tabella 4. Effetti di alcuni farmaci utilizzati clinicamente verso le isoforme

presenti nei mammiferi CAI-CAXIV di origine umana e di topo.

Ki(nm) Isozyme(h = human, m = mouse)

hCA I hCA II hCA III hCA IV hCA VA hCA VB hCA VI hCA VII hCA IX hCA XII mCA XIII hCA XIV 1 250 12 2x105 74 63 54 11 2,5 25 5,7 17 41 2 50 14 7x105 6.200 65 62 10 2,1 27 3,4 19 43 3 25 8 1x10 6 93 25 19 43 0,8 34 22 50 2,5 4 374 9 6,3x103 95 81 91 134 6 43 56 1.540 1.540 5 1.200 38 6,8x103 15.000 630 21 79 26 50 50 23 345 6 50.000 9 7,7x105 8.500 42 33 10 3,5 52 3,5 18 27 7 45.000 3 1,1x103 3.950 50 30 0,9 2,8 37 3,0 10 24 8 31 15 10.400 65 79 23 47 122 24 3,4 11 106 9 250 10 7,8x105 4.900 63 30 45 0,9 58 3,8 47 1.460 10 56 35 2,2x103 8.590 20 6.033 89 117 5,1 11.000 430 5.250 11 12.000 40 10.600 6,5x105 174 18 0,8 3.630 46 3,9 295 110 12 3.450 21 7,0x102 24 765 720 653 23 34 12 1.050 755 13 37 10 6,5x103 NT NT NT NT NT 30 7,5 NT NT 14 50.000 21 7,4x104 880 794 93 94 2.170 16 18 98 689 15 54.000 43 7,8x104 1.340 912 88 572 3.900 27 13 425 107 16 18.540 5.950 1,0x103 7.920 10.060 7.210 935 10 103 633 12.100 773 17 1.300 45 1,3x105 650 134 76 145 18 24 5 76 33 18 4.000 21 3,1x105 60 88 70 65 15 14 7 21 13 19a 328 290 7,9x105 427 4.225 603 3.655 5.010 367 355 3.885 4.105 20 35.000 1.260 NT NT NT NT NT NT NT NT NT NT 21 54.000 2.000 6,1x105 216 750 312 1.714 21 320 5,4 15 5.432 22 348 138 1,1x104 196 917 9 1.347 28 23 4,5 15 4.130 23 51.900 2.520 2,3x103 213 890 274 1.606 0,23 36 10 13 4.950 24 62 65 3,2x103 564 499 322 245 513 420 261 550 52 25 4.930 6.980 3,4x103 303 700 NT NT NT 25,8 212 2.570 250

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34

4.1 Inibitori dell’Anidrasi Carbonica utilizzati per il

trattamento del glaucoma.

Il glaucoma è una neuropatia ottica da cui deriva un modello caratteristico di deterioramento del nervo ottico e del campo visivo e rappresenta la seconda causa di cecità in tutto il mondo. L’evoluzione della malattia è caratterizzata da una accelerazione della morte delle cellule ganglionari, con successiva perdita assonale e danno al nervo ottico, che conduce alla perdita progressiva del campo visivo. Nell’adulto il glaucoma si divide in:

• glaucoma ad angolo aperto (primario e secondario); • glaucoma ad angolo stretto (primario e secondario).

Queste due forme differiscono per presentazione e patogenesi, ma entrambe portano ad una progressiva perdita dell’acuità visiva. Il più importante fattore di rischio è una pressione intraoculare (IOP) elevata. Sono state formulate due differenti ipotesi circa il meccanismo che porta all’atrofia ottica glaucomatosa:

• secondo una teoria meccanica il danno della pressione intraoculare si eserciterebbe soprattutto a livello della lamina cribrosa con compressione delle fibre e deformazione della lamina;

• secondo una teoria vascolare avrebbero un ruolo determinante alcune modificazioni micro circolatorie di tipo ischemico, primitive e/o secondarie all’ipertono oculare. Sempre maggior attenzione viene data in tal senso all’esistenza di fenomeni di autoregolazione della circolazione nella testa del nervo ottico e a sue eventuali anomalie.

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35

Il glaucoma non da sintomi precoci, ad esclusione della forma acuta. Nel momento in cui il paziente, si rende conto dei difetti del campo visivo, la malattia è già in stato avanzato. La visione centrale in genere viene colpita per ultima, mentre la visione periferica è persa per prima ed è asintomatica (Figura 19).

Figura 19 L’immagine mostra un eccessivo aumento di pressione intraoculare e

conseguente danneggiamento del nervo ottico (figura 19).

Per abbassare la pressione intraoculare possono essere utilizzate terapie farmacologiche, laser e chirurgiche incisionali. Le strategie farmacologiche per prevenire il glaucoma utilizzano farmaci ipotensivi ad azione topica o sistemica[18]. Sono attualmente disponibili in clinica diverse classi di farmaci:

-stimolanti simpaticomimetici come adrenalina; -agenti parasimpaticomimetici,come la pilocarpina;

-antagonisti del recettore della prostaglandina F (PGF) (FP), ad esempio il latanoprost e travoprost che sono usati da soli o in combinazione;

-beta-bloccanti come il timololo;

(37)

36

I farmaci delle prime tre classi agiscono aumentando il deflusso dell’umor acqueo, mentre quelli delle ultime due ne riducono la produzione.

Tutti questi farmaci hanno vari effetti collaterali indesiderati che possono portare alla cessione della terapia[19].

La CA ha un ruolo molto importante nell’occhio: è presente nelle lenti, nel corpo vitreo, nella cornea e nella retina. A seguito degli studi di Friedenwald del 1949, Kinsey del 1953 e Kinsey e Barany del 1949 sulla chimica e la dinamica dell'umor acqueo, è stato dimostrato che il costituente principale di questa secrezione è NaHCO3[20-22]. In uno studio condotto da Wistrand nel 1951 fu identificata la CA

nell’uvea anteriore dell’occhio e dimostrò che questo enzima è responsabile della secrezione di HCO3-, come conseguenza della reazione di idratazione di CO2[23].

Becker in uno studio condotto nel 1955 ha dimostrato che l’acetazolamide 1, solfonammide in grado di inibire l’enzima CA, produce una diminuzione di IOP sugli animali da esperimento e nell’uomo[24], mentre Kinsey e Raddy nel 1959,

hanno dimostrato che questo fenomeno è dovuta ad una ridotta secrezione di HCO3

-, come conseguenza dell’inibizione di CA a livello dei corpi ciliari[25]. Le isoformeassociate alla membrana come la CA-IV,-IX e la XII, sono considerati possibili bersagli delle solfonammidi antiglaucoma. L’isoenzima bovino CA-IV si è dimostrato sensibile all’inibizione da parte di molte solfonammidi e sulfammati con un Ki nel range del nanomolare. L’isoforma umana CA-IV mostra invece un diverso funzionamento nei confronti di qualche farmaco: l’acetazolamide 1, l’etossizolamide 3 e il sultiame 4 agiscono come potenti inibitori, mentre altri agenti antiglaucoma come la metazolamide 2, la diclorofenamide 5, la dorzolamide 6 e la brinzolamide 7, agiscono come deboli inibitori (Tabella 3); questo risultato

(38)

37

suggerisce che è improbabile che la CA-IV sia coinvolta nella secrezione dell’umor acqueo, dato che viene inibita debolmente dalla maggior parte delle solfonammidi antiglaucoma. La CA–XII, ha recentemente mostrato di essere altamente espressa nei pazienti affetti da glaucoma e probabilmente gioca un ruolo importante nell’aumento della IOP caratteristica del disturbo. È stato successivamente dimostrato che la CA-XII viene altamente inibita da tutte le solfonammidi usate in clinica (Tabella 4), di conseguenza si può supporre che questa sia l’isoforma di membrana coinvolta nel glaucoma. I farmaci comunemente utilizzati contro il glaucoma sono l’acetazolamide e diclofenamide ad azione sistemica e dorzolamide e brinzolamide ad azione topica (Figura 20). Il loro meccanismo d’azione si basa sull’inibizione degli isoenzimi di CA presenti nel processo ciliare dell’occhio. Il farmaco maggiormente utilizzato è il Diamox® , somministrato per lunghi periodi, riduce notevolmente la pressione intraoculare, possiede inoltre minima tossicità e proprietà farmacocinetiche ideali.

Figura 20 CAI di prima generazione: Acetazolamide, Metazolamide,

(39)

38

Poiché le CA-II, -IV e -XII sono presenti in molti organi e tessuti, la somministrazione sistemica di solfonammidi porta ad un’inibizione della CA in organi diversi dal tessuto target e di conseguenza ad effetti collaterali, tra i quali: intorpidimento e formicolio alle estremità, gusto metallico, depressione, fatica, malessere, perdita di peso, diminuzione della libido, irritazione gastrointestinale, acidosi metabolica, calcoli renali e miopia transitoria. Per superare questo limite, Becher propose la somministrazione topica dell’inibitore solfonammidico direttamente nell’occhio, successivi studi hanno però dato solo risultati negativi, portando alla conclusione che tali CAI solfonammidici come agenti antiglaucoma sono efficaci solo per via sistemica. Nel 1983 Maren et al. postulò che una CAI ad azione topica doveva avere delle specifiche proprietà:

• liposolubiltà bilanciata (non troppo bassa), per poter attraversare la membrana cellulare all’interno dei tessuti oculari e arrivare alle CA dei processo ciliare;

• forte azione inibitoria nel range del nano-molare contro le isoforme di CA coinvolte nella secrezione di umor acqueo, come CA-II,-IV,-XII;

• solubilità in acqua nell’intervallo di 1-2% per consentire la formulazione sottoforma di collirio.

Negli anni ‘90, furono sviluppati i primi CAIs con struttura solfonammidica solubili in acqua e nel 1995 la Merck lanciò il primo agente farmacologico di questo tipo sotto forma di collirio al 2% : la Dorzolamide 6 (figura 21) con il nome commerciale di Trusopt®. Un secondo composto strutturalmente correlato, la Brinzolamide 7 (figura 21), scoperta presso Alcon Laboratories e commercializzato con il nome Azopt®, è stato a sua volta approvato per il trattamento topico del glaucoma nel 1999 in associazione con β-bloccanti come il timololo (Timoptol®) e in associazione ad analoghi della PGF2α [26], al latanoprost (Xalatan®) e al travoprost

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39

(Travatan®). Questi due composti sono ancora ad oggi gli unici CAIs ad azione topica in uso clinico per il trattamento del glaucoma[19]. Questi due farmaci possono

essere somministrati direttamente nell’occhio come sali (pH 5.5) o come basi libere, sono efficaci nel ridurre la IOP e producono pochi effetti collaterali,tra i più comuni, rossore e bruciore dell’occhio, visione offuscata, prurito e sapore amaro.

Figura 22 CAI di seconda generazione : dorzolamide e brinzolamide.[19]

Un altro approccio che è stato utilizzato per lo sviluppo di CAI di tipo sulfamidico solubili in acqua ed efficaci è noto come “tail approach”. Un esempio consiste nella derivatizzazione delle solfonammidi con residui contenenti gruppi donatori di ossido nitrico (composti 60-64, figura 24). Questo approccio è stato recentemente applicato per studiare i derivati della dorzolamide che incorporano frazioni donatrici di NO. L’ossido nitrico è un gas radicale prodotto dall’enzima ossido nitrico sintasi (NOS), è anche coinvolto nella vasodilatazione, nel deflusso dell’umor acqueo nell’occhio, nella modulazione del flusso sanguigno oculare e nella morte della cellula del ganglio retinico mediante apoptosi. Si è pensato quindi di combinare questi due farmacofori: CAI solfonammidico e una porzione capace di donare NO, in una sola molecola a costituire un farmaco ibrido. Negli ultimi anni sono stati sviluppate molte solfonammidi con proprietà donatrici di NO.

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40 60-64

Figura 23 Dorzolamide e suoi derivati donatori NO. [19]

Di recente, sono stati utilizzati diversi scheletri solfonammidici sui quali sono stati inseriti gruppi donatori di NO sottoforma di esteri nitrici (fig.23), per preparare nuovi CAI. È stata studiata, la 4-carbossibenzensolfonammide, in cui la porzione carbossilica è stata derivatizzata per poter introdurre gruppi NO.

Alcuni di questi composti hanno mostrato un’elevata potenza ed efficacia NO-mediata, come provato dal loro effetto rilasciante vascolare sull’anello aortico dei conigli pre-contatto da metoxamina; inoltre hanno dimostrato di poter abbassare fortemente la pressione intraoculare in vivo nei conigli normotesi[19].

65

Figura 24 I frammenti a-f possono legarsi come esteri alla porzione COO di 65

(42)

41

Il composto 65a in particolare, è risultato due volte più efficace della dorzolamide nel ridurre la IOP. È stato effettuato uno studio farmacologico dettagliato di tale composto: una sua somministrazione cronica come collirio al 2% a conigli albini glaucomatosi ha determinato un'importante riduzione della IOP (del 45% -50%) già dopo la prima settimana di trattamento, con una diminuzione regolare durante il trattamento. Questa riduzione è risultata molto più alta di quella osservata quando la dorzolamide al 2% veniva somministrata nello stesso modello animale e con un programma di somministrazione identico. Quindi, i farmaci ibridi che incorporano solfonammidi e frazioni donatrici di NO hanno mostrato una buona inibizione in vitro degli enzimi target ed una promettente efficacia in vivo in modelli animali di glaucoma.[19]

Gli inibitori dell’anidrasi carbonica possono essere utilizzati anche per il trattamento dell’edema maculare, patologia multifattoriale che colpisce la zona centrale della retina, detta macula. È una patologia ad andamento progressivo che può portare alla perdita completa e irreversibile della visione centrale. I farmaci utilizzati in questa patologia, Acetazolamide, Brinzolamide e Dorzolamide agiscono come vasodilatatori locali, migliorando il flusso di sangue a livello dell’occhio eliminando di conseguenza i prodotti di scarto metabolico. La retinopatia diabetica e l’edema maculare diabetico rappresentano una delle principali cause della perdita della vista nei paesi industrializzati e attualmente non sono presenti trattamenti terapeutici risolutivi. Di recente, è stato dimostrato che l’isoenzima citosolico CA-I media la permeabilità vascolare retinica emorragica e la permeabilità vascolare cerebrale attraverso l’attivazione dei precallicreina e la generazione di una serina proteasi altamente attiva, il fattore XIIa[27]. Questi

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42

fenomeni contribuiscono alla patogenesi della retinopatia diabetica proliferativa e dell’edema maculare diabetico, pertanto, l’inibizione di CA-I potrebbe essere un bersaglio terapeutico per il trattamento di queste condizioni. Alcune delle isoforme legate alla membrana, come CA-IV, -IX, XII sono state prese in considerazione come possibili bersagli delle solfonammidi per spiegare l’effetto antiglaucoma. In particolare, è stato recentemente osservato che l’isoforma XII è iperespressa negli occhi dei pazienti affetti da glaucoma e probabilmente riveste un ruolo importante nell’aumento di IOP tipica della malattia[28]. Successivamente è stato dimostrato

che la CA-XII viene fortemente inibita da tutte le solfonammidi antiglaucoma usate clinicamente e dunque, questa è probabilmente l’isoforma di membrana implicata nel glaucoma che questi farmaci hanno come bersaglio[29].

4.2 Inibitori dell’anidrasi carbonica utilizzati come

diuretici

Le CA sono abbondanti nei reni, degli isoenzimi cataliticamente attivi,almeno quattro (CA-II, IV, -XII, XIV) sono presenti nelle cellule epiteliali dei tubuli renali. La CA-II citosolica è ampiamente espressa nel rene dove svolge un ruolo chiave nelle funzioni renali. Sono stati riportati alti livelli di questo isoenzima nelle cellule del tubulo distale tardivo, del tubulo collettore e del condotto di raccolta (Figura 25). Le CA svolgono una funzione di fondamentale importanza in almeno tre processi fisiologici:

• bilancio omeostatico acido-base attraverso la secrezione e l’escrezione di protoni derivanti dall’idratazione di CO2;

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• sistema tampone del sangue grazie al processo di riassorbimento dello ione HCO3-;

• escrezione renale di NH4+.

Figura 25 Cellula epiteliale del tubulo prossimale renale e isoforme di CA presenti

in questo distretto[30]

L’inibizione delle CA a livello renale porta ad un aumento del volume delle urine, che assumono un pH più alcalino (circa 8.2) rispetto alle normali condizioni fisiologiche. Inoltre, viene escreta una maggior quantità di HCO3- (120 volte

maggiore della quantità eliminata normalmente) insieme a Na+ e K+ come cationi di accompagnamento, mentre il Cl- viene eliminato. Questi eventi, portano all’inibizione di diversi isoenzimi di CA presenti nel tubulo prossimale e ciò porta anche all’inibizione della secrezione di H+. La ridotta presenza di protoni nelle

cellule del tubulo prossimale, riduce l’azione dello scambiatore di tipo antiporto Na+/H+ e si ha quindi una riduzione del riassorbimento di Na+. L'effetto netto di

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44

questi processi è l’aumento di concentrazione di NaHCO3 nel lume tubulare con

conseguente ipertonicità delle urine, seguito dall’escrezione dell'acqua spinta per differenza di gradiente, da cui ne consegue l’aumento della diuresi.

Figura 26. Acetazolamide

L’acetazolamide rappresenta il primo farmaco diuretico non-mercuriale ad essere stato utilizzato nel 1956, è stato il composto che ha dato il via alla sintesi della maggior parte di agenti diuretici attualmente in uso. Negli anni 60-70 sono stati sviluppati un gran numero di altri diuretici solfonammidici (Figura 27)

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45

Figura 27 CAI usati clinicamente come diuretici, Benzotiazidi (19a-e),

Quinetazone (20), Metolazone (21), Clortalidone (22), Indapamide (23), Furosemide (24), Bumetanide (25)[6].

I farmaci 19-25 clinicamente utilizzati possiedono la frazione SO2NH2 primaria

nella loro molecola, attraverso la quale legano lo ione Zn II presente all’interno del sito attivo (meccanismo di tipo zinc-binders). Tali composti sono inibitori molto più deboli sulla CA-II rientrando nell'intervallo micromolare. Infatti, solo la furosemide (24) è un buon inibitore di CA-II tra questi diuretici, con un Ki di 65 nM. Tuttavia, molti dei farmaci 19-25 inibiscono sensibilmente le CA scoperte dopo la loro introduzione nell'uso clinico (tabella 5); esempi di tali situazioni sono: metolazone (21) contro CAVII, XII e XIII, clortalidone (22) contro CAVB, -VII, -IX, -XII e -XIII, indapamide (23) contro CA--VII, -IX, -XII e -XIII, furosemide (24) contro CA -I, -II e -XIV e bumetanide (25) contro CA-IX e -XII. La bumetanide è un CAI specifico per il trattamento del tumore; mostra potenza paragonabile ad acetazolamide, ma differisce da quest’ultima in quanto acetazolamide è un CAI potente contro la maggior parte degli isoenzimi di mammifero[32].

Tabella 5 Dati di inibizione di alcune solfonammidi clinicamente utilzzate

(Acetazolamide 1 e 19a-25) contro gli isoenzimi CAII citosolico e CA- IV,XI,XII e XIV di membrana, presenti a livello renale. Nt=non testato, dati non disponibili[31] Ki (nM) Isoenzima 1 19a 20 21 22 23 24 25 CAII 12 290 1260 2000 138 2520 65 6980 CAIV 74 4225 Nt 750 917 890 499 700 CAIX 25 367 Nt 320 23 36 420 25.8 CAXII 5.7 355 Nt 5.4 4.5 10 261 21.1 CAXIV 41 4105 Nt 5432 4130 4950 52 250

(47)

46

4.3 Inibitori dell’anidrasi carbonica utilizzati nel trattamento

dell’osteoporosi

L’isoforma CA-II è molto attiva e particolarmente espressa nelle ossa, a livello degli osteoclasti a concentrazione dello stesso ordine di grandezza di quello presente a livello dei reni. Il ruolo di questo enzima è quello di fornire ioni idrogeno, provenienti dall’idratazione della CO2 ad una pompa protonica ATP-dipendente,

utilizzati da quest’ultima nella mobilitazione del calcio dalle ossa. Queste attività sono richieste per la dissoluzione della matrice organica, che precede la rimozione enzimatica della matrice organica delle ossa.

Figura 28 Osteoclasto, reazione catalizzata da CA nel processo di

degradazione della matrice ossea mediante HCl.

Si è pensato di utilizzare CAI solfonammidiche nel trattamento dell’osteoporosi, condizione caratterizzata da un’eccessiva perdita di calcio nelle ossa. Per valutare il ruolo fisiologico delle CA di membrana negli

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47

osteoclasti, sono stati usati inibitori strutturalmente correlabili con il composto 66 non in grado di attraversare la barriera cellulare. L'aumento del numero di osteoclasti e dell'attività di riassorbimento osseo è stato osservato in colture di osteoclasti di ratto esposte a una bassa concentrazione di PCS, mentre concentrazioni più elevate hanno influito sulla sopravvivenza cellulare[33].

66

Figura 29 PCS, molecola per la quale la membrana cellulare è impermeabile

utilizzata per gli studi sulle CAs di membrana presenti negli osteoclasti[33].

Il trattamento della PCS ha inoltre disturbato l'acidificazione intracellulare negli osteoclasti, come determinato dalla microscopia cellulare viva. In conclusione, i nostri dati mostrano che gli isoenzimi dell'anidrasi carbonica legata alla membrana CA IV e CA XIV sono espressi sia a livello di mRNA che di proteine negli osteoclasti in vivo e in vitro. Inoltre, gli esperimenti sugli inibitori forniscono nuove prove a sostegno dell'ipotesi che la regolazione del pH intracellulare negli osteoclasti possa effettivamente coinvolgere i metaboliti di trasporto[33]

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4.4 Inibitori dell’Anidrasi Carbonica utilizzati nel

trattamento dell’obesità

L'obesità è una comune malattia metabolica, dovuta a fattori genetici, influenze ambientali e fattori sociali, è una vera e propria patologia caratterizzata da un eccesso di tessuto adiposo nelle cellule che può causare un elevato rischio di avere malattie di varia natura: malattie cardiovascolari, diabete, ipertensione, problemi respiratori, osteoartrite e alcuni tipi di cancro.Inoltre, l'obesità ha anche importanti conseguenze psicologiche, come il basso livello di autostima e depressione clinica. In Italia, in Europa e nel mondo se si valutano le statistiche si capisce quanto diffusa sia ormai questa patologia che colpisce tutta la popolazione, circa 1 miliardo di persone nel mondo sono sovrappeso, di cui 300 milioni clinicamente obese (come dimostra il grafico, figura 30).

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La maggior parte dei farmaci utilizzati per contrastare l’obesità ha gravi effetti collaterali, soprattutto a livello cardiovascolare e sul sistema nervoso centrale e ciò è causa di un utilizzo limitato. Diversi studi hanno dimostrato che i CAI hanno un potenziale come farmaci antiobesità, in particolare le isoforme CA-VA e VB, sono espresse a livello mitocondriale e sono coinvolti in diversi processi di biosintesi come l’ureagenesi, gluconeogenesi e litogenesi sia nei vertebrati, ad esempio i roditori che invertebrati, come le locuste[34]. Questi isoenzimi rivestono un ruolo

importante nell’approvvigionamento di HCO3-, che prende parte, come substrato ai

processi biosintetici che coinvolgono la piruvato carbossilasi (PC), l’acetil-Co-A carbossilasi (ACC) e la carbomoilfosfato sintetasi I-II, l’HCO3- viene assicurato

principalmente dalla reazione catalitica che coinvolge gli isoenzimi di CA. Il piruvato viene carbossilato ad ossalacetato in presenza di HCO3- e PC. Il

bicarbonato necessario per questo processo è generato dagli isoenzimi mitocondriali CA-VA e/o CA-VB. L’acetil-CoA nel mitocondrio reagisce come l’ossalacetato portando al citrato, il quale viene poi traslocato nel citoplasma mediante l’azione del trasportatore tricarbossilato. Nel citosol, viene scisso rigenerando ossalacetato e acetil-CoA. Quest’ultimo è utilizzato per la litogenesi de novo. Il bicarbonato necessario in questa fase è fornito dalla conversione della CA-II di CO2 in bicarbonato all’interno del citosol[34].

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Figura 31 Trasferimento di gruppi acetilici dai mitocondri al citosol (come citrato)

per la fornitura di substrato per la lipogenesi.[34]

Il Topiramato (TPM) (Figura 32), farmaco antiepilettico, possiede potenti effetti anticonvulsivanti a causa di un meccanismo d’azione multifattoriale: blocco dei canali al Na+ e dei recettori AMPA/ kainato (acido α-ammino-3-idrossi-5-metil-4-isossazolo-propionico), ritenzione di CO2 secondaria all’inibizione dei globuli rossi

e degli isoenzimi CA del cervello; aumento di trasmissione del sistema GABAA–

ergico. Gli effetti collaterali di questo farmaco includono cambiamenti d’umore, perdita della memoria, parestesia e calcoli renali.

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Figura 32. Topiramato (TPM)

L’osservazione clinica dei pazienti obesi trattati con il farmaco TPM ha evidenziato una marcata riduzione del peso corporeo, ha costituito il punto di partenza per lo studio delle CA come bersagli per il trattamento dell’obesità, anche se non è stata fornita ancora alcuna spiegazione farmacologica. E’ stato così dimostrato che il TPM è un potente inibitore di diversi isoenzimi CA come CA II,VA,VB,VI,VII, e XIII. In particolare è un inibitore efficace per CA-II, VA e VB con valori di Ki

rispettivamente di 10,63 e 30nM. Studi cristallografici del complesso TPM (Figura 33) con CA-II hanno chiarito le interazioni molecolari che spiegano l’elevata affinità di questo composto per il sito attivo della CA. Successivamente, sono stati condotti studi di dinamica molecolare sull’addotto TPM CA-II che hanno dimostrato una modalità di legame simile anche con l’isoenzima CA-V.

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Figura 33 L’immagine riporta la regione del sito attivo del complesso C-II/TPM,

si osserva l’atomo di azoto della frazione solfonammidica deprotonata di TPM coordinato allo ione zinco dell’enzima.

La zonisamide (ZNS) (Figura 34) è un altro farmaco antiepilettico usato come terapia aggiuntiva nei parziali attacchi refrattari. ZNS mostra un ampio spettro di attività anticonvulsivanti ed è risultato efficace in diversi tipi di convulsioni. Studi clinici recenti, hanno mostrato un potenziale uso terapeutico di ZNS nel dolore neuropatico, nei disturbi bipolari, nell’emicrania, nell’obesità, nelle malattie legate al cibo e nel morbo di Parkinson.

Figura 34. Zonisamide (ZNS)

La zonisamide è una solfonammide alifatica che inibisce fortemente anche le CAs citosoliche e mitocondriali coinvolte nella litogenesi. Inoltre, in combinazione con una dieta a basso contenuto calorico (deficit di 500 Kcal al giorno), la zonisamide

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produce un’ulteriore perdita di peso medio di 5 Kg rispetto alla sola dieta in pazienti obese di sesso femminile[35]. Attualmente le terapie farmacologiche

approvate sono associate a una perdita di peso minore del 5% e sono spesso scarsamente tollerate, lasciando la chirurgia bariatrica l'unica efficace, ma invasiva, terapia per l'obesità. Questi risultati hanno incentivato le indagini sulle farmacoterapie di combinazione, come Qnexa, per colmare questa lacuna terapeutica e garantire una perdita di peso sufficiente e duratura maggiore del 10%. Qnexa (VI-0521) è una combinazione a dose fissa di Fentermina e Topiramato sintetizzata dalla Vivus Inc. come potenziale farmaco per il trattamento dell’obesità. L'efficacia di Qnexa è stata valutata attraverso due studi clinici randomizzati (OB-302 e OB-303), in doppio cieco, controllati con placebo a 56 settimane in trials clinici di fase III: ne è risultata un’efficace perdita di peso e il mantenimento della perdita di peso se associato con dieta ed esercizio fisico. Gli effetti avversi riscontrati però, sono stati la ragione principale per il mancato completamento dello studio; in particolare, sono stati registrati effetti avversi cardiovascolari e un potenziale effetto teratogeno [35].

4.5 Attivatori dell’Anidrasi Carbonica come potenziali

farmaci nelle condizioni di deficit della memoria.

Il meccanismo di attivazione delle CA è stato studiato mediante spettroscopia elettronica ed è risultato che una volta legati a vari isoenzimi come CAI, II, IV, -VA, -VII, -XIII e -XIV, i CAA partecipano alla fase determinante della velocità del

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ciclo catalitico, ad opera di un residuo di istidina posto al centro della cavità del sito attivo, che funge da shuttle per il protone. Studi recenti come quelli condotti da Sun et al. (2002), indicano che l’attivazione di CA, fornisce un meccanismo rapido ed efficace per aumentare le concentrazioni di HCO3- in strutture neuronali legati alla

memoria. L’aumento di efflusso di HCO3- attraverso il canale dei recettori sinaptici

GABAA, altera le risposte neuronali postsinaptiche al GABA e quindi le risposte

neuronali a diversi input di segnale (figura 35). In questo modo, la CA funziona come un efficace check-point per il controllo della trasmissione del segnale attraverso la rete neurale [36].

Figura 35 Alterazione del segnale GABAergico ad opera dei CAA , all’interno dei

neuroni piramidali dell’ippocampo coinvolti nel consolidamento della memoria spaziale.

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Molte ammine e amminoacidi (ad esempio, adrenalina, noradrenalina, dopamina, istamina, istidina, imidazolo, fenilalanina e 5-HT) sono attivatori delle CA. Essi, facilitano il passaggio tra gli eccitatori e inibitori della stimolazione del recettore GABAA. Questo studio ha dimostrato che la somministrazione a livello centrale di

CAA (ad esempio imidazolo e fenilalanina) aumenta significativamente la capacità di apprendimento dei ratti nel memorizzare il percorso di un labirinto acquatico e di richiamarlo anche in seguito. Questi effetti di apprendimento sono sensibili all’Acetazolamide 1, quindi l’uso di CAA per aumentare l’efficacia della trasformazione sinaptica negli interneuroni che rilasciano GABA, può portare a un miglioramento della memoria e dell’apprendimento. L’attivazione delle CA rappresenta un approccio promettente e inesplorato per aumentare l’attività cerebrale, con potenziali benefici significativi in soggetti anziani o in pazienti affetti da morbo di Alzheimer e altre forme di demenza[36]. A tale scopo si è dimostrato di particolare interesse una molecola studiata dal gruppo di ricerca di Draghici nel 2014, si tratta di un derivato bis-imidazolico in cui due molecole di imidazolo sono legate attraverso i carboni in posizione 4 dell’anello tramite un ponte etilenico.

Figura 36 Struttura generale dei bis-imidazoli studiati come CAA[37].

Una volta testati in vitro su 8 isoforme di CA predominanti nell’omeostati cerebrale, è stata notata una particolare suscettibilità per le isoforme CA-VA e –VII, le quali

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rispondono all’attivazione da parte del CAA nell’ordine del nanomolare. La loro potenza e selettività nei confronti degli isoenzimi CA presenti a livello del cervello, insieme con la loro ottimale lipofilia, li raccomandano come nuove potenziali molecole per la delucidazione del ruolo di attivatori di CA-VA e CA-VII nella fisiologia cerebrale e come potenziali modulatori di apprendimento, memoria e funzioni cognitive [37].

5 Fisiopatologia delle Anidrasi Carboniche nelle cellule

tumorali

La neoplasia è una massa abnorme di tessuto, la cui crescita supera in modo scoordinato quella dei tessuti normali e progredisce nello stesso modo eccessivo anche dopo la cessazione degli stimoli che ne hanno causato l’insorgenza. Le cellule danneggiate, vengono eliminate attraverso un meccanismo di morte programmata, detto “apoptosi”; le cellule cancerogene, invece, evitano tale meccanismo e vanno incontro a proliferazione incontrollata.

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