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La mutazione di PIK3CA nel carcinoma colorettale metastatico: le caratteristiche clinico-patologiche associate e la correlazione con l'outcome.

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Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia

Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia

Tesi di laurea

La mutazione di PIK3CA nel carcinoma colorettale

metastatico:

le caratteristiche clinico-patologiche associate e la

correlazione con l'outcome.

Candidata: Giulia Frigeri

Relatore: Prof. Gianluca Masi

(2)
(3)

3

Sommario

Riassunto...

6

Capitolo 1. Il tumore del colon-retto (CRC)...

9

1.1 Epidemiologia... 9

1.2 Eziologia e fattori di rischio... 11

1.2.1 Fattori di rischio non modificabili... 11

1.2.2 Fattori di rischio modificabili... 15

1.2.3 Fattori protettivi... 17

1.3 Screening... 18

1.4 Cenni di anatomia patologica... 20

1.5 Patogenesi... 23

1.6 Caratteristiche cliniche e diffusione... 25

1.7 Diagnosi... 27

1.8 Stadiazione e Prognosi... 30

Capitolo 2. Trattamento del tumore del colon-retto...

34

2.1 Trattamento della malattia localizzata nei tumori del colon e del retto...

34

2.1.1 Terapia chirurgica dei tumori del colon e del retto intraperitoneale... 34

2.1.2 Terapia chirurgica dei tumori del retto extraperitoneale... 37

2.1.3 Chemioterapia adiuvante dei tumori del colon e del retto intraperitoneale... 38

2.1.4 Chemioterapia adiuvante e neoadiuvante dei tumori del retto extraperitoneale... 44

2.2 Trattamento della malattia metastatica ... 45

2.2.1 Caratteristiche generali e resecabilità della malattia metastatica... 45

(4)

4

2.2.1.2 Sede del tumore primitivo... 52

2.2.2 Trattamento farmacologico della malattia avanzata non resecabile e metastatica ... 55

2.2.2.1 I farmaci citotossici ... 55

Terapia con doppiette... 56

Terapia con tripletta... 61

Monoterapia... 62

Chemioterapia nel trattamento della malattia refrattaria... 64

2.2.2.2. I farmaci a bersaglio molecolare... 65

Farmaci anti-angiogenici... 65

Bevacizumab ... 67

Aflibercept e ramucirumab... 75

Regorafenib... 76

Farmaci anti-EGFR... 77

2.4 Algoritmo per la scelta della terapia... 90

Capitolo 3. La mutazione di PIK3CA nel carcinoma colorettale

metastatico:le caratteristiche clinico-patologiche associate e la

correlazione

con

l'outcome...

95

3.1 Background e razionale... 95

3.1.1 La via di segnalazione di PI3K... 95

3.1.2 Il ruolo della via di segnalazione di PI3K nella cancerogenesi... 103

3.1.3 Il ruolo di PI3K nel carcinoma colorettale... 108

3.1.4 Il ruolo prognostico di PIK3CA... 109

3.1.5 Il ruolo predittivo di PIK3CA... 110

3.1.6 L'uso della aspirina nel CRC con PIK3CA mutato... 111 3.1.7 Le prospettive terapeutiche nel paziente con carcinoma colorettale PIK3CA

(5)

5 mutato... 111

3.2 Materiali e metodi... 113

3.3 Risultati... 115

3.3.1 Associazione tra la mutazione di PIK3CA e le caratteristiche clinico-patologiche...

115

3.3.2 La mutazione di PIK3CA come fattore prognostico e predittivo nel CRC metastatico...

123

3.4 Discussione... 136

3.5 Conclusioni... 141

(6)

6

Riassunto

La prognosi dei pazienti con carcinoma del colon-retto (CRC) è nettamente migliorata negli ultimi anni grazie agli avanzamenti nell'ambito dello screening, della diagnosi e della terapia, oggi sempre più personalizzata.

Nel trattamento del tumore del colon-retto, le opzioni di cura oggi disponibili sono molteplici e comprendono trattamenti locoregionali (chirurgia, radioterapia, ablazione) integrati con terapie sistemiche. Il trattamento chirurgico rappresenta la principale opzione terapeutica con intento curativo negli stadi iniziali, in assenza di metastasi a distanza. La chemioterapia adiuvante, in casi selezionati sulla base del rischio, ha dimostrato offrire una riduzione del tasso di mortalità CRC-correlata e della recidiva della malattia rispetto alla sola chirurgia. La valutazione multidisciplinare del singolo paziente è fondamentale per la scelta della strategia ottimale, individualizzata in base a caratteristiche cliniche e tumorali. Allo stesso tempo, lo studio del profilo molecolare del CRC, al fine di individuare fattori prognostici e predittivi, permette un'ulteriore personalizzazione del trattamento.

Al di là dei più noti RAS e BRAF, i dati suggeriscono che le mutazioni di PI3K potrebbero ricoprire un importante ruolo in questo ambito. La PI3K (fosfatidilinositolo-3-chinasi) è una chinasi lipidica ubiquitaria, ampiamente espressa nell'organismo, che agisce sia come trasduttore del segnale in differenti vie cellulari a seguito della stimolazione dei recettori presenti sulla superficie cellulare, sia nei processi di smistamento delle proteine. La via di segnalazione di PI3K ha un ruolo importante nelle funzioni cellulari, essendo infatti implicata nel controllo metabolico, nell'immunità, nell'angiogenesi, nell'omeostasi, ma anche nella sopravvivenza, nella proliferazione e nella crescita delle cellule tumorali. L'amplificazione di uno dei geni che codifica per PI3K, PIK3CA, la perdita della fosfatasi PTEN e le mutazioni di AKT, frequentemente associate, promuovono la tumorigenesi attraverso l'up-regolazione della via di segnalazione corrispondente.

Le mutazioni del gene PIK3CA, localizzato sul cromosoma 3, coinvolgono prevalentemente negli esoni 9 e 20 e il 15-20% dei tumori del colon-retto. Sulla base di alcune analisi

(7)

7

retrospettive, le mutazioni di PIK3CA nel CRC metastatico sembrano essere più frequenti nei tumori del colon prossimale e a carico dell'esone 9.

Tali mutazioni, inoltre, sembrerebbero associate ad una minore sopravvivenza libera da recidiva nei pazienti in stadio II/III operati e a una più breve sopravvivenza globale rispetto ai pazienti wild-type, aspetto che conferirebbe a PIK3CA un ruolo prognostico negativo. Le mutazioni del gene PIK3CA sembrano avere anche un ruolo predittivo negativo di risposta ai trattamenti con farmaci anti-EGFR, in particolare quelle localizzate a livello dell'esone 20. L'assunzione regolare dell'aspirina in pazienti con tumore PIK3CA mutato sembra però migliorare la loro prognosi.

Attualmente, sono in corso studi con nuovi farmaci che interferiscono con la via di segnalazione di PI3K/AKT/mTOR, come gli inibitori di PI3K, i doppi inibitori di PI3K/mTOR e gli inibitori di AKT, sia in monoterapia, sia in combinazione con farmaci citotossici e a bersaglio molecolare.

Complessivamente le informazioni disponibili riguardo le caratteristiche clinico-patologiche associate e il ruolo prognostico e predittivo dei tumori PIK3CA mutati derivano soltanto da studi retrospettivi che hanno riportato risultati contrastanti. Lo scopo di questo studio è cercare, quindi, di fare chiarezza sul ruolo di PI3K nel tumore del colon-retto, dal momento che una conoscenza approfondita della mutazione di PIK3CA permetterebbe di personalizzare ulteriormente l'iter terapeutico.

Nella nostra valutazione sono stati inclusi 585 pazienti consecutivi afferiti all'Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana dall'1 gennaio 2005 al 31 dicembre 2017 con diagnosi accertata istologicamente di adenocarcinoma colorettale metastatico, il cui materiale istologico era stato analizzato con MALDI-TOF MassArray come da pratica clinica e di cui erano disponibili informazioni cliniche complete. Di questi, 98 (16.75%) presentavano mutazione di PIK3CA, di cui circa il 60% localizzate sull'esone 9, il 20% sull'esone 20 e il restante 20% su altri esoni (1, 4, 6). Rispetto ai tumori wild-type, i PIK3CA mutati erano più spesso RAS mutati, MSI high e localizzati nel colon di destra. Tra i 53 pazienti dei quali era disponibile lo stato di PI3K sia sul tumore primitivo che sulle metastasi, la concordanza era del 92.4%, in linea con i dati disponibili. Per quanto riguarda il ruolo

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8

prognostico della mutazione, non sono state riscontrate differenze significative in termini di overall survival (OS) tra i pazienti PIK3CA mutati e PIK3CA wild-type. In contrasto con altri dati presenti in letteratura, l'uso di aspirina nei pazienti PIK3CA mutati non ha migliorato in modo statisticamente significativo l'OS. Nel sottogruppo di pazienti

RAS/BRAF wild-type e RAS mutati, non sono state trovate differenze in termini di OS tra i PIK3CA mutati e i PIK3CA wild-type, nonostante i PIK3CA mutati avessero una OS minore.

Anche nel sottogruppo dei pazienti BRAF mutati, la sopravvivenza non variava in modo significativo in base allo stato di PIK3CA. Il ruolo predittivo della mutazione di PIK3CA è stato valutato in relazione all'utilizzo degli anti EGFR, sia in qualsiasi linea e con qualsiasi schedula, sia in prima linea e con qualsiasi schedula, sia in prima linea associati a chemioterapia, sia in monoterapia +/- irinotecano nei pazienti irinotecano-refrattari. In nessun caso sono state dimostrate differenze significative in attività ed efficacia sulla base della mutazione di PIK3CA, ma ciò può essere in parte dovuto alla piccola dimensione del campione.

Tale mutazione, perciò, sembra definire un sottoinsieme rilevante di tumori con peculiari caratteristiche cliniche, molecolari e prognostiche. Una analisi più approfondita e su una popolazione più numerosa potrebbe essere utile al fine di rendere più chiari alcuni aspetti di PIK3CA che potrebbero anche determinare un cambiamento per la pratica clinica.

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Capitolo 1. Il tumore del colon-retto (CRC)

1.1 Epidemiologia

L'incidenza dei tumori nel mondo sta aumentando a causa dell'invecchiamento della popolazione e della crescente prevalenza di fattori di rischio consolidati come fumo, sovrappeso, inattività fisica e di cambiamenti dei modelli riproduttivi associati all'urbanizzazione e allo sviluppo economico1. Si prevede che il cancro sarà la principale

causa di morte e il più importante ostacolo all'aumento dell'aspettativa di vita in tutti i paesi del mondo nel XXI secolo. Secondo le stime GLOBOCAN l'onere globale dei tumori è salito, nel 20182, a 18,1 milioni di nuovi casi e a 9,6 milioni di decessi.

Ci sono alcuni tipi di tumore che prevalgono a livello globale: il tumore del polmone, della mammella e del colon-retto (CRC), da soli, costituiscono un terzo dell'incidenza mondiale dei tumori.

Le variazioni regionali dei comuni tipi di cancro indicano come i cambiamenti sociali, economici e di stile di vita influenzino in maniera diversa il profilo di questo gruppo di malattie2. Studi recenti effettuati in paesi ad alto reddito hanno evidenziato che da un

terzo a due quinti dei nuovi casi di cancro potrebbero essere evitati eliminando o riducendo l'esposizione a fattori di rischio ambientale e cambiando lo stile di vita3,4,5. Le

ultime valutazioni globali dei tumori attribuibili a infezioni, obesità e radiazioni ultraviolette evidenziano la variabilità della loro incidenza nelle diverse parti del mondo e la necessità di adeguare le azioni di controllo in conformità con le condizioni socio-economiche e i fattori di rischio del cancro2.

Per quanto riguarda il cancro del colon-retto, secondo le stime GLOBOCAN, nel 2018 ci sono stati 1,8 milioni di nuovi casi e più di 880.000 morti correlate. Il CRC è inoltre il terzo tumore per incidenza nei maschi (1.026.215 casi) e il secondo nelle femmine (823.303 casi); il quarto per mortalità nei maschi e il terzo nelle femmine6. La differenza di

incidenza tra i due sessi varia anche in base all'età, le ragioni di questo non sono completamente comprese, ma, probabilmente, riflettono differenze nell'esposizione a fattori di rischio e a ormoni sessuali7.

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10

Considerate le proiezioni demografiche, ci si aspetta che il peso mondiale del CRC aumenti fino a determinare 2,2 milioni di nuovi casi e 1,1 milioni di morti nel 20308.

I più alti tassi di incidenza del cancro del colon-retto si sono riscontrati nell'Europa Centrale e Orientale (Ungheria, Slovenia, Slovacchia), nei Paesi Bassi, in Norvegia, in Australia e Nuova Zelanda, in Nord America e nell'Asia orientale2.

Un rapido aumento sia nell'incidenza che nella mortalità è stato riscontrato soprattutto in Europa orientale, Asia e Sud America. Al contrario tassi di incidenza e mortalità del CRC si sono stabilizzati, o sono in calo, negli Stati Uniti, in Australia, in Nuova Zelanda e in diversi paesi europei occidentali9. Le ragioni del recente calo della mortalità in questi paesi ad

elevato reddito sono mal definite, ma possono, parzialmente, riflettere un aumento delle diagnosi precoci, un aumento della prevenzione attraverso la polipectomia (almeno negli Stati Uniti), i miglioramenti nelle cure perioperatorie, nonché della chemioterapia e della radioterapia8.

I tassi di incidenza e mortalità del CRC variano anche in base all'etnia: i tassi sono più alti tra i neri non ispanici, probabilmente a causa del basso stato socioeconomico e quindi della maggiore prevalenza di fattori di rischio, e più bassi tra gli asiatico-americani7.

In Italia, sono state stimate oltre 51.000 nuove diagnosi di tumore del colon-retto nel 2018. Secondo i dati AIRTUM il CRC è il secondo tumore per incidenza sia tra i maschi (15% di tutti i nuovi tumori), sia tra le femmine (13%), preceduto rispettivamente dal tumore della prostata e della mammella10.

Il CRC determina complessivamente una sopravvivenza a 5 anni in Italia pari al 66% per il colon e al 62% per il retto, senza alcuna differenza di genere; più elevata tra i pazienti giovani (69% tra 15 e 44 anni, 54% tra gli anziani over 75 anni). Le Regioni meridionali presentano indici di sopravvivenza inferiori di circa il 6-8% rispetto al Centro-Nord nei maschi e del 5-6% nelle femmine. La sopravvivenza dopo 10 anni dalla diagnosi risulta leggermente inferiore rispetto a quella a 5 anni, con valori pari al 64% per il colon e al 58% per il retto, ed è omogenea tra maschi e femmine10.

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Le caratteristiche cliniche e biologiche, la risposta farmacologica e la prognosi differiscono in base alla posizione del tumore all'interno del colon-retto, suggerendo meccanismi eziologici distinti. Complessivamente le sedi più comuni sono il colon prossimale (41%), soprattutto nelle donne, e il retto (28%). In base alla localizzazione del tumore all'interno del colon varia anche la sopravvivenza: a 5 anni più alta per i pazienti con tumore distale (69%) rispetto a quelli con tumore prossimale (65%). Il CRC in stadio localizzato viene diagnosticato nel 39% dei pazienti, per essi il tasso di sopravvivenza a 5 anni è del 90% e scende al 14% per i pazienti con diagnosi di malattia metastatica7.

Dalla metà degli anni '70 al periodo 2006-2012, il tasso di sopravvivenza a 5 anni è aumentato dal 51% al 66% per il cancro del colon e dal 48% al 68% per il cancro del retto11. I progressi nella sopravvivenza riflettono il maggiore uso di tecniche di imaging

avanzate e gli importanti miglioramenti nel trattamento, tra cui la terapia adiuvante per il carcinoma del colon in stadio III resecabile e la chemio-radioterapia preoperatoria per il carcinoma rettale localmente avanzato. Progressi nel trattamento delle metastasi epatiche, nuove terapie e l'uso dell'imaging per migliorare il rilevamento di lesioni metastatiche hanno influenzato in modo particolare la sopravvivenza dei pazienti con malattia in stadio metastatico7.

1.2 Eziologia e fattori di rischio

Numerosi fattori di rischio sono associati all'incidenza del cancro del colon-retto: non modificabili, come l'età e i fattori ereditari12, e non modificabili, come lo stile di vita

sedentario, la dieta ipercalorica e ricca di grassi saturi e il fumo, comportamenti più frequenti nei Paesi ad alto reddito.

1.2.1 Fattori di rischio non modificabili

Per quanto riguarda l'età, la probabilità di diagnosi di carcinoma del colon-retto aumenta bruscamente dopo i 50 anni: oltre il 90% dei casi di carcinoma del colon-retto si verificano in persone di età pari o superiore a 50 anni. Il tasso di incidenza è cinquanta volte superiore nelle persone di età compresa tra 60 e 79 anni rispetto a quelle di età inferiore ai 40 anni. Tuttavia, il cancro del colon-retto sembra in aumento tra i giovani12. La

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percentuale di casi diagnosticati in soggetti di età inferiore ai 50 anni è aumentata dal 6% nel 1990 all'11% nel 201313.

Fino al 30% dei pazienti con CRC ha una storia familiare della malattia, di cui circa il 5% è dovuto ad un'anomalia genetica ereditaria14. Persone con un parente di primo grado a cui

è stata diagnosticato il CRC hanno un rischio di sviluppare la malattia da due a quattro volte maggiore rispetto alle persone senza questa storia familiare. Il rischio è anche aumentato tra le persone con un parente di primo o secondo grado con diagnosi di adenomi15, tubulari e villosi, precursori del carcinoma del colon-retto16 dai quali si

sviluppa circa il 95% dei tumori del colon-retto sporadici17.

Le sindromi ereditarie rappresentano circa il 5% di tutti i CRC e sono associate a specifiche mutazioni genetiche14. La più comune è la sindrome di Lynch (LS o HNPCC, Hereditary

Non Polyposis Colorectal Cancer), che rappresenta circa dal 2% al 4% di tutti i casi15. Si

tratta di una sindrome autosomica dominante causata da mutazioni dei geni del mismatch repair (MMR genes: MLH1, MSH2, MSH6 o PMS2), capaci di riparare errori di appaiamento di basi formatisi durante la replicazione del DNA: la completa inattivazione del gene MMR provoca un fenotipo di instabilità dei microsatelliti (deficientMMR/MSI high)18. Lo status di MSI high è caratterizzato da un'anomala espansione e ripetizione dei

microsatelliti, corte sequenze genomiche che si trovano normalmente nel DNA. L'instabilità dei microsatelliti si riscontra anche nel 12% dei pazienti con CRC sporadico19e

può essere identificata mediante biologia molecolare, che indaga direttamente il deficit genico, o immunoistochimica, per identificare la perdita di espressione delle proteine espresse dai geni del mismatch repair. Le mutazioni della linea germinale MLH1 e MSH2, le mutazioni MSH6 e le mutazioni PMS2 rappresentano rispettivamente circa il 90%, 7%,10% e meno del 5% delle mutazioni18. Per quanto riguarda la sindrome di Lynch,

questi pazienti hanno anche un rischio aumentato di sviluppare un'ampia varietà di altri tumori tra cui quello dell'endometrio, dell'ovaio, dell'intestino tenue e dello stomaco15. Il

rischio più elevato si ha per il carcinoma dell'endometrio (EC) che si verifica fino al 54% delle donne con mutazioni MLH1 e MSH2, con un rischio più basso in quelle con mutazioni PMS2 (15% ) e con un rischio molto più alto nelle persone con mutazioni MSH6

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(71% ). La sindrome di Lynch causata dalla mutazione MSH6 è anche caratterizzata da insorgenze più tardive di tumori del colon-retto e dell'endometrio rispetto ad altre alterazioni del gene MMR19. Si distinguono due forme di Sindrome di Lynch: nella prima

(tipo I) l’aumentato rischio di neoplasie si ripercuote soltanto a livello colorettale, con prevalente localizzazione a livello prossimale e frequente riscontro di numerosi tumori primitivi concomitanti a livello colico, mentre nella forma di tipo II si sviluppano più frequentemente neoplasie extracoliche, tra cui il carcinoma dell'endometrio, tumori del tratto urinario e del sistema biliare20.

Tra le persone con sindrome di Lynch, circa il 18% dei maschi e il 19% delle femmine svilupperanno CRC entro i 50 anni e rispettivamente il 45% e il 54% entro i 70 anni21. L'età

media alla diagnosi di CRC è compresa tra 45 e 50 anni22. L'identificazione di soggetti a

maggior rischio di carcinoma ereditario consente la possibilità di una sorveglianza specializzata e di una diagnosi precoce del cancro, con conseguente potenziale riduzione della mortalità specifica per malattia18. Secondo le linee guida, lo screening per CRC

mediante colonscopia è raccomandato nelle persone a rischio (parenti di primo grado delle persone colpite) o affette da LS ogni 1 o 2 anni, a partire dai 20 - 25 anni. Nei portatori di mutazioni di MSH6 e PMS2, il rischio di CRC è inferiore e l'età alla diagnosi è più avanzata rispetto ai pazienti con mutazioni MLH1 e MSH219.

La poliposi adenomatosa familiare (FAP) è la seconda sindrome genetica predisponente più comune e rappresenta meno dell'1% di tutti i CRC. È caratterizzata dallo sviluppo di centinaia di polipi colorettali a partire dai 10-12 anni23. Senza intervento, il rischio di CRC

nel corso della vita è quasi del 100% entro i 40 anni24. La mutazione genetica che causa la

FAP è solitamente ereditata, ma non sempre le persone affette da FAP hanno una storia familiare della malattia, infatti la mutazione può anche verificarsi spontaneamente15. Le mutazioni germinali sono a carico del gene oncosoppressore APC, un gene importante per lo sviluppo, l'omeostasi e per l'adesione e la migrazione cellulare25. La FAP attenuata è

una forma meno grave con età di esordio tardiva e in cui si sviluppano meno polipi (meno di 100), sebbene il rischio di sviluppare CRC durante la vita rimanga elevato. La chirurgia è il metodo standard di prevenzione del cancro per le persone con FAP15. Vi è un crescente

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interesse nel miglioramento dei metodi per identificare gli individui e le famiglie ad alto rischio a causa del grande potenziale di prevenzione e di diagnosi precoce CRC25.

I pazienti con poliposi associata a MUTYH (MAP) sviluppano poliposi adenomatosa del colon-retto e hanno un rischio dell'80% di sviluppare CRC. Il fenotipo di questa sindrome è simile a quello della FAP attenuata ed è caratterizzato da una propensione allo sviluppo di neoplasie del colon prossimale26.

La poliposi giovanile e la sindrome di Peutz-Jeghers sono condizioni amartomatose associate ad un aumentato rischio di tumore del colon-retto e di altre neoplasie. Nei pazienti con Peutz-Jeghers, la caratteristica extra-colica più consistente è una pigmentazione muco-cutanea che si verifica in genere durante l'infanzia e si riscontra sulle labbra, sulla mucosa orale e nell'area periorbitale. Le lesioni gastrointestinali tipiche sono polipi amartomatosi istologicamente caratteristici (96% dei casi) che si presentano nell'intestino tenue. I polipi gastrici e del colon si sviluppano,rispettivamente, in circa il 25 e il 30% di questi pazienti. Il rischio di cancro gastrointestinale è del 40%27.

Le persone con una storia personale di CRC hanno maggiori probabilità di sviluppare un successivo cancro nel colon o nel retto, specialmente quando la diagnosi iniziale è stata fatta in giovane età28.

Le persone che hanno una malattia infiammatoria cronica intestinale hanno quasi il doppio di rischio di sviluppare CRC rispetto alla popolazione generale. Le forme più comuni di malattia infiammatoria intestinale sono la colite ulcerosa e la malattia di Crohn15. Il rischio di cancro al colon aumenta non solo con la durata della malattia e

l'estensione anatomica della colite, ma anche con la presenza di altri disturbi infiammatori (come la colangite sclerosante primaria), mentre diminuisce nei pazienti che assumono agenti antinfiammatori (come gli steroidi). Le cellule infiammatorie producono composti reattivi dell'ossigeno e dell'azoto, che possono alterare l'espressione di geni che codificano per i fattori correlati alla carcinogenesi (p53, proteine MMR del DNA e proteine di riparazione dell'escissione della base del DNA), fattori di trascrizione (fattore nucleare-κB) o proteine di segnalazione (COX-2)29.

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1.2.2 Fattori di rischio modificabili

L'attività fisica è fortemente associata a un ridotto rischio di cancro al colon, ma non del cancro del retto. Gli studi dimostrano che le persone più fisicamente attive hanno un rischio inferiore del 25% di sviluppare tumori sia prossimali che distali rispetto alle persone meno attive. Inoltre, le persone che erano più attive fisicamente prima di una diagnosi di CRC hanno meno probabilità di morire di questa malattia rispetto a coloro che erano meno attivi15.

L'eccesso di peso corporeo aumenta il rischio di CRC, con un'associazione più forte negli uomini rispetto alle donne. In particolare, rispetto alle persone che hanno un peso normale, gli uomini obesi hanno circa il 50% in più di rischio di cancro del colon e un 20% in più di cancro del retto, mentre le donne obese hanno circa il 20% di rischio in più di cancro del colon e un aumento del 10% del rischio di cancro del retto30. L'aumento di

peso sembra avere una maggiore influenza sul rischio di CRC quando si verifica nella prima età adulta rispetto alla vita successiva31,32.

Le differenze nell'incidenza della CRC a livello globale suggeriscono che la dieta influenzi fortemente il verificarsi di questo tumore33. Il ruolo diretto di specifici prodotti alimentari

nella comparsa del cancro è, comunque, estremamente difficile da studiare per molte ragioni. Tra esse la difficoltà di definirne e misurarne l'assunzione, la varietà delle fonti di apporto di un nutriente all'interno della dieta (ad esempio:cereali, frutta e verdura contribuiscono tutti all'assunzione di fibre) e il forte legame tra modelli dietetici e altri comportamenti. Le diete ricche di grassi, in particolare di grassi animali, sono un importante fattore di rischio per il cancro del colon-retto12: aumentano l'escrezione

intestinale di acidi biliari, che possono essere metabolizzati dai batteri intestinali in agenti cancerogeni. Una dieta ricca di grassi può anche indurre cambiamenti marcati nella composizione e nella funzione della comunità microbica con concomitanti o successivi cambiamenti negli effettori infiammatori e dell'immunità umorale dell'intestino implicati nella tumorigenesi intestinale34.

Nel 2015, l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro ha classificato la carne processata come "cancerogena per l'uomo" e la carne rossa come "probabilmente

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cancerogena per l'uomo"35. Diversi meccanismi possono essere alla base del rapporto tra

carne rossa e CRC. La carne è una fonte abbondante di aminoacidi contenenti zolfo, grassi saturi e, nel caso della carne processata, zolfo inorganico usato come conservante. Il ferro eme nella carne rossa può indurre stress ossidativo e formazione endogena di composti N-nitroso (NOC), che sono potenti agenti cancerogeni nel tratto gastrointestinale. I NOC vengono inoltre introdotti in modo esogeno nelle carni processate da nitrati e nitriti aggiunti nel processo di conservazione. La carne cotta ad alta temperatura è anche fonte di altri mutageni, tra cui le ammine eterocicliche (HCA) e gli idrocarburi policiclici aromatici (PAH). L'alto consumo di ferro eme, NOC, HCA e PAH sono stati tutti associati ad un aumentato rischio di tumori del colon-retto34.

Alcuni studi suggeriscono che le persone che seguono una dieta povera di frutta e verdura potrebbero avere un rischio più elevato di cancro del colon-retto15. La frutta e la verdura possono proteggere dal CRC a causa degli alti livelli di potenziali composti anticarcinogeni, tra cui: fibre, acido folico, altre vitamine del gruppo B, minerali e antiossidanti. Di tutte le verdure, le verdure crocifere sono di particolare interesse dato il loro alto contenuto di glucosinolato che può essere metabolizzato da batteri del colon che esprimono la mirosinasi in isotiocianati (ITC) e indolo-3-carbinolo (I3C), entrambi con molteplici attività antineoplastiche34.

Nel novembre 2009, l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro ha riferito che esistono prove sufficienti per concludere che il fumo di tabacco provoca CRC36.

L'associazione sembra essere più forte per il cancro rettale che per il cancro del colon e per particolari sottotipi molecolari di CRC37,38.

Il consumo moderato e severo di alcol è associato a un aumentato rischio di CRC39,40, ma

questo non vale per il consumo leggero (<12,5 grammi al giorno, cioè circa una bevanda)41. Rispetto ai non bevitori e ai bevitori occasionali, le persone che assumono in

media da 2 a 3 bevande alcoliche al giorno hanno circa il 20% in più di rischio di CRC e quelle che ne consumano più di 3 al giorno hanno un rischio aumentato di circa il 40%42.

L'associazione è più forte negli uomini che nelle donne, forse a causa delle differenze ormone-correlate nel metabolismo dell'alcol15.

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1.2.3 Fattori protettivi.

La maggior parte degli studi rileva che il consumo di calcio da latticini e / o integratori è associato a un ridotto rischio di sviluppo di adenomi e CRC15. I meccanismi attraverso i

quali il calcio potrebbe influenzare il rischio di CRC comprendono: inibizione della proliferazione cellulare, promozione del differenziamento cellulare e dell'apoptosi e soppressione del danno ossidativo al DNA. Questi effetti sono probabilmente mediati dalla segnalazione extracellulare del recettore sensibile al calcio (CaR) che contribuisce all'integrità della funzione di barriera intestinale e all'omeostasi tra i microbi intestinali e la risposta immunitaria. Inoltre, è indicato un aumento del rischio di CRC tra gli individui con assunzione di calcio inferiore a 700-1000 mg/die34.

Sebbene sia altamente plausibile che le fibre alimentari riducano il rischio di CRC per molte ragioni, inclusa una minore esposizione agli agenti cancerogeni a causa del volume delle feci più elevato e del tempo di transito più veloce, i risultati degli studi rimangono inconcludenti. Tuttavia, a causa dei benefici per la salute, l'American Cancer Society e il World Cancer Research Fund sostengono una dieta ricca di cereali integrali, frutta e verdura per la prevenzione del cancro15.

L'assunzione di folati, attraverso la dieta o integratori, sembra avere una relazione complessa con il rischio di CRC, promuovendo potenzialmente la crescita di tumori preesistenti, inibendo la formazione di nuovi tumori nei tessuti sani34.

Gli studi epidemiologici sull'uomo suggeriscono che la vitamina D svolga un ruolo nello sviluppo della malattia infiammatoria intestinale e del cancro del colon. La maggior parte delle prove dimostra legami protettivi tra vitamina D, colite e carcinoma del colon associato alla colite43.

Inoltre, è stato dimostrato che l'aspirina assunta per diversi anni a dosi di almeno 75 mg al giorno riduca l'incidenza e la mortalità a lungo termine a causa del cancro del colon-retto.

Studi recenti suggeriscono anche che i bifosfonati orali, usati per trattare e prevenire l'osteoporosi, possano ridurre il rischio di CRC44.

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1.3 Screening

L'obiettivo dello screening e della diagnosi precoce del cancro è rilevare lesioni neoplastiche o loro precursori in una fase iniziale ancora asintomatica. L'introduzione di programmi di screening di alta qualità ha contribuito alla riduzione del 25% della mortalità globale per cancro negli Stati Uniti nel periodo 1995-2015, ancora maggiore de per quanto riguarda la mortalità da carcinoma del colon-retto (47% tra gli uomini e 44% tra le donne)45. Lo screening ideale dovrebbe essere efficiente con alta sensibilità e

specificità, sicuro, disponibile, conveniente ed economico46. Per quanto riguarda il tumore

del colon-retto, il programma di screening mira all'identificazione di polipi precancerosi e neoplasie in fase iniziale47 la cui asportazione porta a una riduzione delle forme invasive

più avanzate e quindi della mortalità per CRC. Lo screening è raccomandato a partire dai 50 anni per le persone a rischio intermedio di CRC, ma si ritiene che dovrebbe essere iniziato più precocemente nelle persone a rischio aumentato a causa della storia familiare o di determinate condizioni mediche15.

Gli attuali metodi di screening per CRC sono suddivisi in test invasivi e non invasivi. I test non invasivi consistono nella ricerca del sangue occulto nelle feci (RSO) e in esami radiologici. I test RSO attualmente disponibili sono il test a base di guaiaco (gFOBT: gFOBTs: guaiacFecalOccult Blood Test), il test immunochimico fecale (FIT) e il più recente test del DNA fecale (DNA delle feci multitarget, MT-sDNA, Cologuard®)46. Questi test si

basano sul fatto che i tumori e alcuni grandi polipi possono sanguinare in modo microscopico e quindi questo sanguinamento potrebbe essere rilevato attraverso la ricerca del sangue occulto nelle feci15. Il test gFOBT rileva la presenza di sangue nelle feci

attraverso una reazione chimica dipendente dall'attività della perossidasi dell'eme. È un test economico, semplice e ampiamente disponibile46. Il sanguinamento da CRC può

essere intermittente o non rilevabile, quindi per ottenere risultati accurati del test sono necessari tre campioni consecutivi15. Il metodo si basa sulla semplice ossidazione e,

quindi, qualsiasi perossidasi alimentare, come l'eme della mioglobina nella carne rossa, la perossidasi nelle piante o qualsiasi antiossidante, come la vitamina C, ha la possibilità di determinare risultati confondenti e falsamente positivi46. I pazienti devono per tale

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motivo evitare l'assunzione di farmaci antinfiammatori non steroidei, succhi di agrumi contenenti vitamina C e carne rossa per 3 giorni prima del test15. Studi clinici hanno

dimostrato come il gFOBT abbia ridotto il rischio di morte per CRC del 32% dopo 30 anni di follow-up48 e l'incidenza di CRC del 20%49. Il test FIT utilizza anticorpi contro

l'emoglobina di origine umana per rilevare il sangue occulto nelle feci, non necessita di restrizioni dietetiche15 e richiede meno campioni fecali rispetto a gFOBT46. Il test FIT è

inoltre specifico per il sanguinamento colorettale riducendo ulteriormente i falsi positivi nelle popolazioni con un'alta prevalenza di infezione da Helicobacter pylori (ad esempio indiani d'America e nativi dell'Alaska), che può causare sanguinamento gastrico50. Il

FIT-DNA (Cologuard®) viene definito "multi-target" perché rileva non solo il sangue nelle feci, ma anche alcune mutazioni genetiche nel DNA delle cellule che vengono rilasciate nelle feci da grandi adenomi e CRC. Cologuard® ha sensibilità maggiore rispetto al test FIT, ma specificità minore, determinando così un maggior tasso di falsi positivi e quindi colonscopie non necessarie51. I pazienti con un test positivo devono essere ulteriormente

valutati con esami endoscopici15.

Gli esami radiologici comprendono RX con bario a doppio contrasto, endoscopia con capsula e colonscopia tomografica computerizzata (CTC). L'uso della prima procedura è poco frequente, a causa della sua ridotta sensibilità e della maggiore disponibilità della colonscopia. La CTC, chiamata anche colonscopia virtuale, si esegue inserendo aria o anidride carbonica nel colon del paziente e eseguendo poi una TC. Pazienti con reperti dubbi o polipi individuati mediante esami radiologici, devono comunque essere sottoposti a colonscopia15.

I test invasivi comprendono la sigmoidoscopia flessibile (FS) e la colonscopia, essi offrono visualizzazione diretta di un polipo o di una neoplasia avanzata con il vantaggio di ottenere un campione istologico della patologia e, in alcuni casi, di asportare direttamente la lesione. Data la sua elevata sensibilità e specificità, la colonscopia è considerata il gold standard ed è stata introdotta come strumento di screening primario, in alcuni Paesi tra cui Stati Uniti, Germania, Polonia e Austria. È relativamente sicuro con dati recenti che suggeriscono un tasso di perforazione inferiore a 1/100046. Studi

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osservazionali suggeriscono che l'esame di screening con colonscopia possa contribuire a ridurre l'incidenza del CRC di circa il 40% e la mortalità di circa il 50%52,53. La

sigmoidoscopia consente, diversamente dalla colonscopia, la visualizzazione solo del retto e del terzo distale del colon (colon sigmoideo)54. Se è presente una lesione, il paziente

viene comunque sottoposto a una colonscopia di completamento15.

Secondo le linee guida AIOM 2018, in Italia la maggior parte della popolazione è coperta da programmi di screening prevalentemente con la RSOF eseguita ogni due anni tra i 50 e i 69 anni, oppure con la RSS (rettosigmoidoscopia) eseguita una sola volta nella vita tra i 55 e i 64 anni. Studi randomizzati hanno dimostrato che la ricerca del sangue occulto riduca la mortalità per CCR di circa il 14% e la rettosigmoidoscopia del 28% rispetto a chi non esegua il test55.

Come detto precedentemente, esistono condizioni specifiche che comportano un aumento del rischio genetico per CRC come la FAP, la sindrome di Lynch, la poliposi giovanile e la sindrome di Peutz-Jeghers per cui i pazienti affetti da queste sindromi richiedono ulteriori adeguamenti ai programmi di screening:

- Lo screening per la FAP dovrebbe iniziare a 10-12 anni con colonscopia o sigmoidoscopia una volta all'anno.

- I pazienti con sindrome di Lynch dovrebbero iniziare lo screening con colonscopia (ogni 1-2 anni) a 20-25 anni.

- I pazienti con sindrome di Peutz-Jeghers dovrebbero iniziare lo screening a 8 anni con colonscopia.

- Lo screening per poliposi giovanile dovrebbe iniziare a 12 anni con colonscopia ripetuta ogni 1-3 anni56.

1.4 Cenni di anatomia patologica

I carcinomi colon-rettali originano a partire da lesioni polipoidi precancerose per poi infiltrare progressivamente la parete intestinale.

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Macroscopicamente si distinguono quattro quadri principali:

-Carcinoma polipoide: si tratta di una neoformazione vegetante ben circoscritta che protrude nel lume intestinale.

- Carcinoma ulcerato: ulcerazione maligna con margini rilevati.

- Carcinoma ulcerato a margini rilevati ed estesi: si tratta di una forma ulcero infiltrante.

- Carcinoma diffuso, infiltrante e stenosante: forma anulare stenosante.

I tumori del colon prossimale tendono ad accrescersi come masse polipoidi esofitiche che si estendono lungo la parete del cieco e del colon ascendente; data il maggior diametro del lume dell'organo in questa sede, solo raramente causano occlusione del lume. I tumori del colon distale, invece, determinano lesioni a crescita circonferenziale anulare, stenosi e restringimento luminale determinando un'intensa reazione desmoplastica stromale57.

La WHO (World Health Organization) distingue dal punto di vista microscopico58:

- adenocarcinoma, costituito dalla proliferazione di epitelio ghiandolare che forma strutture villose e/o tubulari;

- adenocarcinoma mucinoso caratterizzato dalla presenza di muco extracellulare, che costituisce oltre il 50% del volume tumorale. I tumori con una componente mucinosa >10% ma <50% sono generalmente definiti adenocarcinoma con caratteristiche mucose o a differenziazione mucosa;

- carcinoma a cellule ad anello con castone, costituito per più del 50% da cellule contenenti mucina intracitoplasmatica che disloca il nucleo in periferia. Per definizione, il carcinoma a cellule ad anello con castone è scarsamente differenziato (grado elevato) e ha un esito peggiore rispetto all'adenocarcinoma convenzionale59;

-carcinoma squamoso, costituito da cellule squamose con ponti intercellulari e cheratina;

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-carcinoma a piccole cellule, con caratteristiche morfologiche simili a quelle del carcinoma a piccole cellule del polmone;

- carcinoma midollare, prevalentemente costituito da lamine e trabecole solide di cellule, solitamente regolari e con modeste atipie nucleari, e caratterizzato dalla presenza di numerosi linfociti intraepiteliali;

- carcinoma indifferenziato.

Gli adenocarcinomi rappresentano oltre l'85% di tutte le neoplasie colorettali. La quota restante è costituita dagli adenocarcinomi mucinosi (10%) e dagli altri istotipi (nel complesso meno del 5%). I carcinomi squamosi e adenosquamosi sono molto rari.

La differenziazione cellulare può essere definita in base a determinati parametri: la conservazione della polarità del nucleo, la presenza e la configurazione delle strutture ghiandolari, il pattern di crescita, l'infiltrazione infiammatoria e la reazione desmoplastica. Si identificano quattro gradi di differenziazione cellulare (grading):

-grado 1 (G1): neoplasie ben differenziate, caratterizzate da cellule cilindriche simili alla loro controparte adenomatosa, che invadono la sottomucosa e la tonaca muscolare propria;

-grado 2 (G2): neoplasie moderatamente differenziate;

-grado 3 (G3): neoplasie scarsamente differenziate;

-grado 4 (G4): neoplasie anaplastiche del tutto prive di strutture ghiandolari57.

Il referto anatomopatologico deve obbligatoriamente indicare, oltre all'istotipo e al grado di differenziazione, l'entità d'infiltrazione della parete intestinale, della sierosa e del grasso periviscerale (stadiazione patologica), la distanza della lesione dai margini di resezione prossimale e distale, il numero di linfonodi asportati e dei linfonodi positivi al coinvolgimento metastatico60.

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1.5 Patogenesi

Uno degli aspetti centrali della genesi del carcinoma del colon-retto è l'accumulo di cambiamenti genetici ed epigenetici acquisiti che trasformano le normali cellule epiteliali ghiandolari in adenocarcinomi invasivi. Sono state descritte almeno due vie genetiche della cancerogenesi: la via APC/β-catenina, attivata nella classica sequenza adenoma-carcinoma e la via dell'instabilità dei microsatelliti, associata ad anomalie nel sistema di riparazione dei mismatch del DNA. Queste vie implicano un graduale accumulo di mutazioni, ma differiscono per quanto riguarda i geni coinvolti e i meccanismi di accumulo.

La classica sequenza adenoma-carcinoma rappresenta fino all'80% dei tumori del colon sporadici ed è caratterizzata dalla precoce mutazione del gene APC.

I geni della poliposi adenomatosa del colon (APC) rappresentano una classe di oncosoppressori la cui principale funzione è inibire le vie di segnalazione che favoriscono la crescita. Le mutazioni germinali dei loci di APC (5q21) sono associate, appunto, alla poliposi adenomatosa familiare. Affinché si sviluppino gli adenomi, è necessario che entrambe le copie del gene APC siano disattivate dal punto di vista funzionale, tramite una mutazione o eventi epigenetici. Queste mutazioni non si trovano solo nelle forme ereditarie, ma anche il 70-80% di carcinomi colorettali non familiari e alcuni adenomi sporadici presentano una perdita omozigote dei geni APC, a riprova dell'importanza della perdita di questo gene nella patogenesi dei tumori del colon. Un'importante funzione della proteina APC consiste nel controllare l'attività della β-catenina, infatti, in assenza di segnalazione WNT, APC determina la degradazione della β-catenina, evitandone l'accumulo nel citoplasma, grazie a un complesso di "distruzione". Quando questo complesso è bloccato dai segnali provenienti da WNT, la β-catenina passa nel nucleo e stimola la proliferazione cellulare aumentando la trascrizione di MYC e di ciclina D1. Le cellule che perdono APC si comportano come se fossero costantemente stimolate da WNT.

Successivamente si accumulano ulteriori mutazioni, comprese le mutazioni attivanti in KRAS che promuovono la crescita e prevengono l'apoptosi. Le proteine RAS fanno parte di

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una famiglia di piccole proteine G associate alla membrana che legano i nucleotidi di guanosina (guanosina trifosfato, GTP e guanosina difosfato, GDP). Le mutazioni delle proteine RAS ne riducono l'attività GTPasica, determinando una costante produzione di segnali di crescita.

Altri geni oncosoppressori sono associati alla progressione neoplastica, come quelli che codificano per SMAD2 e SMAD4, attuatori della segnalazione di TGFβ che normalmente inibisce il ciclo cellulare, per cui la perdita di questi geni può consentire la crescita incontrollata. Il gene oncosoppressore TP53 è mutato nel 70-80% dei tumori del colon, ma è raramente coinvolto negli adenomi, e ciò suggerisce che le mutazioni di TP53 si possano verificare anche in fase più avanzata della progressione tumorale. Il gene TP53 regola il ciclo cellulare, la riparazione del DNA e l'apoptosi. Con la perdita di p53, il danno del DNA non viene riparato, le mutazioni driver si accumulano in oncogeni e altri geni cancerogeni portando alla trasformazione in tumore maligno.

Nei pazienti che hanno un deficit nella riparazione dei mismatch del DNA si accumulano ripetizioni dei microsatelliti, condizione chiamata instabilità dei microsatelliti (MSI). Alcune sequenze di microsatelliti si trovano nelle regioni codificanti o promotrici dei geni che si occupano della regolazione della crescita cellulare, per esempio quelli che codificano per il recettore TGFβ di tipo II e per la proteina proapoptotica BAX, la cui perdita, in particolare,può aumentare la sopravvivenza dei cloni geneticamente anomali. Un sottoinsieme di tumori con instabilità dei microsatelliti del colon senza mutazioni degli enzimi di riparazione dei mismatch del DNA presenta il fenotipo di ipermetilazione dell'isola CpG (CIMP). In questi tumori la regione promotrice MLH1 è in genere ipermetilata, fatto che riduce, di conseguenza, l'espressione e la funzione di riparazione di MLH1. In questi tumori sono comuni anche le mutazioni attivanti nell'oncogene BRAF e queste insieme all'instabilità dei microsatelliti e alla metilazione di bersagli specifici, come MLH1, costituiscono la firma di questa via di cancerogenesi. Le mutazioni di TP53 sono comuni nei tumori del colon che non mostrano un fenotipo metilatore dell'isola CpG.

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I carcinomi invasivi con instabilità dei microsatelliti mostrano spesso una marcata differenziazione mucinosa, uno spiccato infiltrato linfocitario peritumorale e si trovano più frequentemente nel colon destro. I tumori con instabilità dei microsatelliti sono riconoscibili dall'assenza di colorazione immunoistochimica per le proteine di riparazione dei mismatch o dall'analisi genetica molecolare delle sequenze di microsatelliti61.

Un altro gene che si trova mutato in circa il 20% dei CRC è il PIK3CA, il quale codifica per una chinasi lipidica che regola, insieme a KRAS, le vie di segnalazione a valle di EGFR62.

1.6 Caratteristiche cliniche e diffusione

Il tumore colorettale ha uno sviluppo insidioso e può rimanere asintomatico a lungo, prima di essere diagnosticato accidentalmente o mediante programmi di screening, oppure può presentarsi con una sintomatologia aspecifica e vaga. La clinica varia a seconda della sede, della diffusione e di eventuali complicanze associate. I tumori del colon destro sintomatici si manifestano con perdita di peso, astenia e debolezza dovute ad anemia sideropenica. Si tratta spesso di lesioni vegetanti e di grandi dimensioni, a volte ulcerate e sanguinanti, che provocano uno stillicidio ematico cronico, rilevabile con la ricerca del sangue occulto nelle feci. Si sviluppano in un tratto di intestino dal lume ampio e con contenuto essenzialmente liquido, per cui raramente provocano una ostruzione al transito intestinale. Talvolta può manifestarsi anche con dispepsia e con un dolore gravativo e subcontinuo localizzato a livello dei quadranti addominali di destra o all'epigastrio.

I tumori del colon di sinistra (discendente), al contrario, si manifestano più precocemente, sia per il lume intestinale di calibro inferiore, sia per la loro tendenza allo sviluppo infiltrante e anulare-stenosante, sia per il contenuto maggiormente solido. Si manifestano più frequentemente con fenomeni ostruttivi e con alterazioni dell'alvo, con una caratteristica alternanza tra diarrea e stipsi. Talvolta possono essere presenti dolori addominali intermittenti di intensità variabile a livello dei quadranti sinistri o diffusi ed emissione di sangue con le feci, a volte associato a muco.

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I tumori del retto sono solitamente ulcerati, vegetanti e facilmente sanguinanti. Le lesioni che si localizzano in sede sopra-ampollare determinano un quadro clinico simile a quello dei tumori del colon sinistro. In quelle ampollari prevale il tenesmo, ovvero una sensazione di corpo estraneo e di peso, associato, a volte, a dolore gravativo e rettorragia con mucorrea; mentre quelle sotto-ampollari si manifestano, oltre che con tenesmo e dolore perineale e perianale, con evacuazione di feci nastriformi miste a muco e sangue.

L'occlusione e la perforazione possono rappresentare in alcuni casi il primo segno clinico del CRC e possono complicarsi con una peritonite diffusa, con un processo flogistico peritoneale circoscritto o con tratti fistolosi nell'ambito degli organi vicini (fistole colo-enteriche, colo-vescicali, colo-uterine). Quando l'esordio del tumore avviene con queste manifestazioni, il paziente ha una riduzione della sopravvivenza a 5 anni e una maggiore mortalità intraoperatoria, tale impatto prognostico è spesso verosimilmente legato alla fase tardiva cui si giunge alla diagnosi.

Nel 10-15% dei casi alla diagnosi, il tumore ha già dato manifestazioni a distanza, solitamente si tratta di metastasi epatiche che sono spesso asintomatiche, ma possono anche determinare dolore o sensazione gravativa a livello dell'ipocondrio destro e raramente ittero e ascite per compressione del fegato stesso.

Il CRC può diffondere attraverso varie vie: per continuità, per contiguità, per propagazione endocavitaria, per via linfatica ed ematica. La diffusione per continuità avviene per infiltrazione neoplastica lungo la parete intestinale e nel contesto del suo spessore, all'aumentare della profondità di invasione corrisponde un peggioramento della prognosi in relazione all'aumento del rischio di invasione linfatica e/o ematica. La diffusione per contiguità comporta l'infiltrazione progressiva degli organi circostanti (duodeno o rene destro per quelli del colon destro; stomaco o omento per quelli del colon trasverso; milza, coda del pancreas, rene sinistro e diaframma per quelli della flessura splenica; cupola vescicale o utero per quelli del sigma o del cieco). La propagazione endocavitaria si verifica quando le cellule neoplastiche superano la sierosa ed esfoliano nella cavità peritoneale causando carcinosi peritoneale. La diffusione per via linfatica avviene attraverso le stazioni che seguono il decorso dei vasi sanguigni e, per

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quanto riguarda il colon, le prime ad essere coinvolte sono quelle epiploiche, seguite da quelle intermedie, lungo i vasi colici e sigmoidei, e da quelle principali, lungo le arterie mesenteriche. Il drenaggio linfatico del retto, invece, segue tre vie. Una via superiore che lungo il decorso dell'arteria emorroidaria superiore raggiunge nel mesosigma i linfonodi principali; una via intermedia, che segue i vasi emorroidari medi fino ai linfonodi ipogastrici; una via inferiore che, lungo i vasi emorroidari inferiori, giunge ai linfonodi inguino-crurali. La diffusione per via ematica avviene, nei tumori del colon e della parte superiore del retto, attraverso il drenaggio da parte delle vene tributarie del sistema portale determinando quindi metastatizzazione epatica. Per quanto riguarda i tumori del retto medio e inferiore, la più frequente sede di metastasi è il polmone, raggiunto attraverso la vena cava a partire dalle vene emorroidarie medie e inferiori. Sono presenti inoltre molte anastomosi porto-cavali che rendono ragione della facilità con cui le cellule neoplastiche possano, comunque, raggiungere, dai distretti drenati dalla vena porta, il polmone. Allo stesso modo le anastomosi con il plesso venoso vertebrale spiegano la frequenza delle metastasi in questa sede, soprattutto per lesioni primitive del retto medio e inferiore60,63,64 .

1.7 Diagnosi

La tendenza da parte del CRC ad essere asintomatico o paucisintomatico può comportare un ritardo nella diagnosi. Il sospetto di tale tumore si pone di fronte ad un paziente sintomatico o con test del sangue occulto nelle feci positivo. Un sanguinamento rettale di recente insorgenza in pazienti di età ≥ 50 anni non dovrebbe mai essere attribuito a patologia benigna senza avere prima escluso la presenza di carcinomi o polipi del colon-retto. È necessario che per questi pazienti sia effettuata un'accurata anamnesi, anche familiare, per la valutazione di eventuali fattori di rischio e che gli stessi siano sottoposti ad esame obiettivo comprensivo di esplorazione rettale. I successivi accertamenti diagnostici strumentali devono preferibilmente essere realizzati entro 4 settimane. I pazienti di età < 50 anni che si presentano con sintomi ascrivibili alla patologia colorettale, in assenza di obiettività, di evoluzione clinica e di rischio familiare possono

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eventualmente essere sorvegliati per alcune settimane, prima di essere avviati ad accertamenti strumentali, se i sintomi persistono.

La pancoloscopia è considerata l'esame più importante per la diagnosi di tumore del colon-retto, può essere condotta ambulatorialmente, con o senza sedazione e ha una sensibilità del 96-97% e una specificità del 98%. Essa consenta la visualizzazione endoscopica di tutto l'intestino crasso, fino alla valvola ileo-cecale. Nel sospetto di neoplasia del colon-retto i pazienti devono sottoporsi a colonscopia completa e, qualora una stenosi neoplastica rendesse questo impossibile, la colonscopia di completamento deve essere comunque prevista entro 6-12 mesi dall'intervento resettivo del primitivo colorettale. In alternativa alla pancolonscopia si può impiegare la rettosigmoidoscopia associata alla colonscopia virtuale o al clisma con doppio contrasto. La rettosigmoidoscopia ha, limitatamente ai primi 60 cm, sensibilità e specificità simili a quelli della colonscopia55, mentre l'RX con clisma opaco ha una sensibilità del 55-95%.

La TC-colonscopia, più recentemente introdotta, unisce il clisma con doppio contrasto alla TC tridimensionale. Essa può consentire l'identificazione di lesioni coliche e di polipi che potrebbero non essere stati individuati alla colonscopia, consente la localizzazione esatta della neoplasia e può essere utile nell'approccio chirurgico. Non permettendo queste procedure di eseguire prelievi bioptici per accertare l'istologia di eventuali lesioni sospette né di asportare lesioni polipoidi il 30% dei pazienti deve poi comunque essere sottoposto a colonscopia.

La TC total body con mezzo di contrasto è necessaria per la valutazione dell'estensione locale della malattia, dell'interessamento linfonodale e per la ricerca di metastasi a distanza. Per la ricerca delle metastasi epatiche può anche essere utilizzata l'ecografia addomino-pelvica o, in alternativa, la Risonanza Magnetica (RM) epatica con mezzo di contrasto epatospecifico, la quale ha una maggiore sensibilità rispetto alla TC63,65,66.

Per la valutazione dell'estensione locale del carcinoma del retto vengono utilizzate la RM pelvi con mezzo di contrasto e l'ecografia transrettale per studiare in modo accurato la diffusione del tumore nel mesoretto, l'infiltrazione della parete colica, del plesso venoso e del grasso periviscerale e la presenza di linfoadenopatie periviscerali67. L'ecografia, pur

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presentando una buona affidabilità nella stima dell'invasione nello spessore parietale del retto, ha un utilizzo limitato a causa della presenza di lesioni ostruttive e dell'impossibilità di valutare accuratamente l'impegno linfonodale.

La PET (Positron Emission Tomography) con 18Fluoro-2-desossi-D-glucosio non è strettamente indicata tra gli esami radiologici di stadiazione. Può essere però utile per identificare eventuali sedi extraepatiche di malattia in pazienti con metastasi potenzialmente resecabili e viene dunque riservata a casi selezionati68.

Le prestazioni dei differenti metodi strumentali diagnostici sono invece spesso inadeguate per l'individuazione della carcinosi peritoneale69.

Gli esami di laboratorio rappresentano un altro strumento utile per la diagnosi. I marcatori proteici per lo screening e la diagnosi precoce del CRC possono essere suddivisi in TAA (tumor associated antigens) tumorali, anticorpi contro TAA e altre proteine rilevanti per CRC. L'antigene carcino-embrionario (CEA) rimane ancora l'unico marker tumorale di riconosciuta efficacia nel monitoraggio della terapia dei pazienti con CRC. Dopo l'intervento chirurgico di resezione R0, i livelli di CEA dovrebbero tornare alla normalità entro 4-6 settimane. Livelli elevati di CEA sostenuti possono essere indicativi di residuo locale di malattia o metastasi. Un lento aumento delle concentrazioni di CEA dopo l'intervento chirurgico è un tipico segno di recidiva locale, mentre livelli dinamicamente crescenti possono più probabilmente indicare la presenza di metastasi70. Il CEA è però un

marker aspecifico e non utile nello screening a causa della sua bassa sensibilità (dal 43% al 69%)71, inoltre spesso non è in grado di identificare neoplasie nella fase iniziale, né di

differenziare polipi benigni da maligni. L'antigene carboidratico 19-9 (CA 19-9) è una glicoproteina la cui rilevanza nella diagnosi di CRC rimane ancora da chiarire. La maggior parte dei ricercatori è giunta alla conclusione che la sensibilità della CA 19-9 sia molto inferiore a quella della CEA e che livelli elevati di CA 19-9 siano un fattore prognostico sfavorevole. Nessun marcatore tumorale tra quelli studiati è comunque risultato in grado di consentire una diagnosi precoce in modo sufficientemente specifico. Nella pratica clinica, tuttavia, si ricorre abitualmente al dosaggio di CEA e CA 19.9. In alcuni casi di carcinoma mucinoso, può risultare utile il dosaggio di CA 12563.

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1.8 Stadiazione e prognosi

L'entità di diffusione del cancro al momento della diagnosi è descritta come il suo stadio. La stadiazione è essenziale per determinare l'entità di diffusione della neoplasia colorettale e la sua prognosi, indirizzando così anche le scelte terapeutiche. Possiamo identificare:

- Tumori in situ che non hanno ancora iniziato a invadere la parete del colon o del retto;

- Tumori che sono cresciuti nella parete del colon o del retto, ma non si sono estesi attraverso la parete per invadere i tessuti vicini;

- Tumori che si sono diffusi attraverso la parete del colon o del retto e hanno invaso i tessuti vicini o che si sono diffusi ai linfonodi vicini;

- Tumori che si sono diffusi a distanza in altri organi per via ematica15.

Nel corso degli anni si sono susseguiti diversi sistemi di stadiazione per il CRC. Nel 1926, Lockhart-Mummery propose un sistema di stadiazione per il cancro del retto. In questo sistema, la profondità dell'invasione e la positività dei linfonodi rilevate nei campioni rimossi durante l'intervento chirurgico sono stati identificati come importanti fattori prognostici. Nel 1932 Dukes propose una classificazione del CRC, successivamente modificata da Astler-Coller (MAC)72. (Tabella 1)

Tabella 1. Stadiazione di Dukes modificata.

Stadio A Tumore limitato alla mucosa

Stadio B1 Tumore che si estende attraverso la muscolaris

mucosae, ma non attraverso la muscolaris propria

Stadio B2 Tumore che si estende oltre la muscolaris propria

Stadio C1 Stadio B1 ma con metastasi linfonodali

Stadio C2 Stadio B2 ma con metastasi linfonodali

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La classificazione secondo Dukes, modificata secondo Astler-Coller, è ormai desueta. Il sistema più utilizzato oggi è il TNM-UICC 201855 (Tabella 2).

Usando il sistema TNM, la "T" più una lettera o un numero (da 0 a 4) viene usata per descrivere quanto in profondità nella parete intestinale il tumore primario sia cresciuto.

La "N" valuta l'interessamento linfonodale perilesionale. I linfonodi vicino al colon e al retto sono chiamati linfonodi regionali.

La "M" nel sistema TNM descrive la diffusione del tumore a distanza in altri organi73.

La classificazione può essere clinico - strumentale (cTNM) o patologica (pTNM). Il prefisso "y" è utilizzato per i tumori colorettali classificato dopo il trattamento neoadiuvante, mentre il prefisso "r" per i tumori colorettali recidivati dopo un intervallo libero di malattia55.

Tabella 2. Classificazione TNM-UICC 2018.

T Tumore primitivo

Tx Tumore primitivo non definibile

T0 Tumore primitivo non evidenziabile

Tis Carcinoma in situ

T1 Tumore che invade la sottomucosa

T2 Tumore che invade la muscolare propria

T3 Tumore che infiltra a tutto spessore la tonaca muscolare invasione nella sottosierosa o dei tessuti pericolici e perirettali non ricoperti da peritoneo

T4 Tumore che invade direttamente altri organi o strutture e/o perfora il peritoneo viscerale

T4a Tumore che perfora il peritoneo viscerale

T4b Tumore che invade direttamente organi o strutture

N Linfonodi locoregionali

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N0 Assenza di metastasi nei linfonodi regionale

N1 Metastasi in 1-3 linfonodi regionali

N1a Metastasi in 1 linfonodo

N1b Metastasi in 2-3 linfonodi

N1c Depositi tumorali satelliti nella sottosierosa o nei tessuti non peritonealizzati pericolici perirettali senza evidenza di metastasi linfonodali regionali

N2 Metastasi in 4 o più linfonodi regionali

N2a Metastasi in 4-6 linfonodi

N2b Metastasi in 7 o più linfonodi

M Metastasi a distanza

Mx Metastasi a distanza non accertabili

M0 Assenza di metastasi a distanza

M1 Metastasi a distanza

M1a Metastasi confinate a un organo (fegato, polmone, ovaio, linfonodi extraregionali)

M1b Metastasi in più di un organo

M1c Metastasi peritoneali associate o meno a metastasi in altri organi o siti

A ciascuno stadio TNM corrisponde un determinato stadio clinico di malattia definito dalla stadiazione AJCC, il quale è correlato alla prognosi e indirizza la scelta terapeutica. (Tabella 3).

Tabella 3. Stadiazione clinica.

Stadio T N M Dukes Astler-

Coller

0 Tis N0 M0 - -

(33)

33 T2 N0 M0 A A IIA IIB IIC T3 T4a T4b N0 N0 N0 M0 M0 M0 B B B B2 B2 B3 IIIA IIIB IIIC T1-2 T1 T3-4a T2-3 T1-2 T4a T3-T4a T4b N1/N1c N2a N1 N2a N2b N2a N2b N1-2 M0 M0 M0 M0 M0 M0 M0 M0 C C C C C C C C C1 C1 C1 C1/C2 C1 C2 C2 C3 IVA IVB IVC Ogni T Ogni T Ogni T Ogni N Ogni N Ogni N M1a M1b M1c - - - - - -

Ad ogni stadio AJCC corrisponde un tasso di sopravvivenza relativa stimata a 5 anni. Secondo il SEER database del National Cancer Institute il tasso di sopravvivenza a 5 anni per i pazienti con tumore del colon allo stadio I è circa del 92%, è dell'87% e del 63% per i pazienti con tumore rispettivamente allo stadio IIA e IIB. Il tasso di sopravvivenza relativa stimata è di circa l'89% nello stadio IIIA e del 53% nello stadio IIIC. Nello stadio IV, la sopravvivenza relativa a 5 anni scende all'11%. Per i tumori del retto le percentuali di sopravvivenza sono molto simili a quelle del colon73.

(34)

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Capitolo 2. Trattamento del tumore del colon-retto

2.1. Trattamento della malattia localizzata nei tumori del colon e del retto 2.1.1. Terapia chirurgica dei tumori del colon e del retto intraperitoneale

La scelta del trattamento del tumore del colon-retto si basa su caratteristiche del tumore, quali la classificazione TNM e lo stadio clinico, oltre che quelle riguardanti condizioni generali, l'età ed eventuali comorbidità del singolo paziente73. Il trattamento per il CRC è si è evoluto rapidamente negli ultimi decenni, grazie ai miglioramenti nell'imaging, nelle tecniche chirurgiche e nella chemioterapia.

Il trattamento chirurgico rappresenta la principale opzione terapeutica con intento curativo negli stadi I, II e III nella neoplasia del colon-retto, ossia negli stadi con assenza di metastasi a distanza, e dovrebbe essere effettuato in tempi brevi dal momento della diagnosi. Una chirurgia ottimale dovrebbe determinare l'exeresi del tratto di intestino sede della neoplasia, con adeguati margini liberi da malattia e la completa asportazione delle stazioni linfonodali locoregionali e del peduncolo vascolare all'origine. Se risultano infiltrati organi vicini, questi devono essere asportati in blocco insieme alla lesione primitiva. L'interessamento degli organi adiacenti si presenta in circa il 3-5% dei casi e la mortalità a 5 anni e il tasso di recidiva risultano più alti nei casi in cui la resezione non venga fatta in blocco74. Lo scopo dell'intervento è quello di ottenere una condizione di

radicalità chirurgica che deve essere confermata sia dal giudizio intraoperatorio (assenza di residui macroscopici), sia dall'esame istologico microscopico. Il ripristino della continuità del tratto gastroenterico in seguito alla resezione, in modo che le estremità dell'intestino si raggiungano senza tensione e abbiano un'adeguata vascolarizzazione, è altrettanto fondamentale75.

Un'adeguata linfoadenectomia permette ed indirizza la stadiazione, la scelta della terapia adiuvante e la sopravvivenza del paziente. Precedenti studi hanno dimostrato che il numero di linfonodi rimossi è positivamente associato a un aumento della sopravvivenza. Oggi il numero minimo di linfonodi da resecare per una lindoadenectomia adeguata è considerato pari a 1276.

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