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Progettazione e realizzazione di un sistema di ricircolo di gas combusti per caldaia a biomassa

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

Scuola di Ingegneria

Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Energetica

Progettazione e realizzazione di un

sistema di ricircolo di gas combusti per

caldaia a biomassa

Relatori

Prof. Marco Antonelli

Ing. Gianluca Caposciutti

Candidato

Riccardo Grillo

(2)

Sommario

L’utilizzo della biomassa ligneo-cellulosica per la produzione di energia termica ricopre tutt’oggi un ruolo chiave tra le risorse rinnovabili. È quindi necessario studiare nuove strategie per il controllo delle emissioni e incrementare l’efficienza dei dispositivi che utilizzano combustibili ligneo-cellulosici, soprattutto di piccola e media taglia. Nel presente elaborato è stato studiato l’effetto della distribuzione dell’aria comburente sul campo termico e sulle emissioni di una caldaia di piccola taglia a cippato di biomassa.

Successivamente è stata descritta la realizzazione di un sistema di ricircolo dei gas combusti, che sono reinseriti insieme al flusso di aria primaria tramite un apposito sistema di controllo. Questa tecnica permette di ridurre la quantità di ossigeno immessa nella zona di combustione primaria, e quindi limitare la produzione di NOx e controllare la temperatura del letto fisso.

L’adozione della tecnica di air staging ha permesso di ridurre le emissioni entro i limiti imposti dalle normative vigenti tramite retrofit del sistema. Il sistema di ricircolo, che sarà ulteriormente analizzato con test successivi, contribuisce ad incrementare la turbolenza del flusso contenendo l’apporto di ossigeno nel letto, di fatto controllando l’evoluzione termochimica della biomassa.

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i INDICE

INDICE DELLE FIGURE ...III INDICE DELLE TABELLE ... V

1. INTRODUZIONE ... 1

1.1. La biomassa ... 3

1.2. Definizione: biomassa ... 5

1.2.1. Umidità ... 9

1.2.2. Potere calorifico ... 9

1.2.3. Contenuto di carbonio fisso e volatile ... 10

1.2.4. Contenuto di ceneri e residui ... 10

1.2.5. Contenuto di alcali ... 11

1.2.6. Rapporto tra cellulosa e lignina ... 11

1.2.7. Densità ... 11

1.3. Metodi per la conversione energetica delle biomasse ... 13

1.4. Combustione ... 15

1.4.1. Effetto degli inquinanti sulla salute... 18

1.4.2. Ossidi di azoto - NOx ... 20

1.5. Stato dell’arte per i combustori a biomassa ... 22

1.6. Caldaie a letto fisso ... 24

1.6.1. Forni a Griglia... 24

1.6.2. Travelling Grate ... 25

1.6.3. Sistema a girglia fissa... 26

1.6.4. Sistema a griglia mobile inclinata ... 26

1.6.5. Sistema a griglia vibrante ... 27

1.6.6. Sistema cigar burner ... 28

1.6.7. Combustore a griglie rotanti ... 29

1.6.8. Combustore a cono Rotante... 29

1.6.9. Underfeed stokers ... 30

1.7. Caldaie a letto fluido ... 32

1.7.1. Letto fluido bollente ... 33

1.7.2. Letto fluido ricircolante ... 33

1.8. Combustori a polvere di biomassa ... 34

2. DESCRIZIONE DEL SISTEMA SPERIMENTALE ... 35

(4)

ii

2.2. Evaporatore ... 38

2.3. Sistema di distribuzione aria ... 38

2.4. Acquisizione delle misure ... 40

2.5. Propagazione degli errori ... 45

2.6. Elaborazione dati ... 47

2.7. Primo gruppo di prove sperimentali ... 50

2.7.1. Caratterizzazione della biomassa ... 50

2.7.1.1. Analisi della pezzatura ... 51

2.7.1.2. Analisi immediata ... 51

2.7.1.3. Analisi elementare ... 52

2.7.1.4. Potere calorifico ... 52

2.7.2. Prove sperimentali ... 53

2.7.3. Analisi dei risultati ... 54

2.7.4. Commento sugli inquinanti emessi ... 59

2.8. Secondo gruppo di prove sperimentali ... 62

2.8.1. Modifica all’impianto ... 62

3. CONCLUSIONI E SVILUPPI FUTURI ... 68

(5)

iii INDICE DELLE FIGURE

Figura 1.1:Schema delle trasformazioni energetiche per la biomassa [33]... 1

Figura 1.2:Panorma energetico globale [26] ... 3

Figura 1.3:Proiezione del panorama energetico globale [27] ... 3

Figura 1.4:Poiezione della produzione globale di petrolio [29]... 4

Figura 1.5:Alcuni esempi di biomassa [33] ... 8

Figura 1.6:Andamento del potere calorifico in funzione dei rapporti O/C e H/C per diversi materiali [33] ... 10

Figura 1.7:Meccanismi per la conversione delle biomasse [33] ... 14

Figura 1.8:Schema per lo sfruttamento delle biomasse [33]... 15

Figura 1.9:Efficienza dei processi di combustione in funzione dell’umidità della biomassa [33] ... 15

Figura 1.10:Relazione tra potenza energia e sistema da installare [33] ... 23

Figura 1.11:Possibili direzioni dell'aria all'intero della camera di combustione [33] ... 25

Figura 1.12:Sistema con griglia trascinata da meccanismo a rulli, simile a quello delle scale mobili [33]... 25

Figura 1.13:Rappresentazione schematica di un combustore a griglia mobile inclinata [33] 27 Figura 1.14:Rappresentazione schematica di un combustore a griglia vibrante [33] ... 28

Figura 1.15:Rappresentazione schematica di un cigar burner [33] ... 28

Figura 1.16:Rappresentazione schematica di forno a griglie rotanti [33] ... 29

Figura 1.17:Rappresentazione schematica di un forno a cono rotante [33] ... 30

Figura 1.18:Rappresentazione schematica di un underfeed stokers [33] ... 31

Figura 1.19:Combustore a letto fluido bollente [33] ... 33

Figura 1.20:Combustore a letto fluido ricircolante [33]... 33

Figura 1.21:Combustore a polverino di biomassa [33]... 34

Figura 2.1:Silo esterno (a), Silo interno (b), Braccia rotanti (c) ... 35

Figura 2.2:Caldaia (a), Schema della caldaia (b) ... 36

Figura 2.3:Letto fisso (a), Deposito cenere (b) ... 37

Figura 2.4:Ventilatore primario (a), Sensori a filo caldo (b) , Valvole a sfera (c) ... 38

Figura 2.5:Ventilatore secondario ... 39

Figura 2.6: Sonda per il campionamento degli inquinanti(a), Sistema di campionamento delle emissioni gassose della Environmental S.A(b) ... 40

Figura 2.7:Disposizione delle termocoppie all’interno del letto della caldaia ... 41

Figura 2.8:Schema dell’impianto prima della modifica ... 42

Figura 2.9:Diagramma a blocchi del programma LabVIEW... 43

Figura 2.10:Rappresentazione del valor medio e della deviazione standard sulla curva gaussiana ... 46

(6)

iv

Figura 2.12:Distribuzione percentuale delle taglie della biomassa ... 51

Figura 2.13:Curva di Proximate Analysis ... 52

Figura 2.14:Andamento del rendimento in funzione del rapporto α/αth ... 54

Figura 2.15:Andamento del calore disperso in funzione del rapporto α/αth (a), Andamento della temperatura dei fumi all'uscita dello scambiatore in funzione del rapporto α/αth (b) ... 55

Figura 2.16: Andamento della temperatura dei fumi all'ingresso dello scambiatore in funzione del rapporto α/αth ... 55

Figura 2.17:Andamento della concentrazione di CO in funzione del rapporto α/αth (a), Andamento della concentrazione di CO in funzione del rapporto αp/αth (b) ... 56

Figura 2.18:Andamento della concentrazione di NOx letto in funzione del rapporto α/αth (a), Andamento della temperatura superiore del letto in funzione del rapporto α/αth (b) ... 57

Figura 2.19:Andamento della concentrazione di NOx in funzione del rapporto αp/αth (a), Andamento della temperatura superiore del letto in funzione del rapporto αp/αth (b) ... 57

Figura 2.20:Bilancio CO2 e O2... 58

Figura 2.21:Confronto tra le emissioni di NOX ed i limiti di legge ... 60

Figura 2.22:Confronto tra le emissioni di CO ed i limiti di legge ... 61

Figura 2.23:schema dei tubi per il ricircolo dei fumi ... 62

Figura 2.24:Collegamento al ventilatore secondario (a), Fissaggio sulla parete (b) ... 63

Figura 2.25:Ventola di raffreddamento (a), Albero calettato (b), Flange di supporto (c) ... 63

Figura 2.26:Schema del ventilatore (a), Ventilatore (b) ... 64

Figura 2.27:Schema dell’impianto (a), Impianto realizzato (b) ... 64

Figura 2.28:Disegno schematico delle termocoppie e delle potenze in gioco ... 66

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v INDICE DELLE TABELLE

Tabella 1.1:Confronto PCI biomasse e fonti fossili ... 6

Tabella 1.2:Densità di alcune biomasse [1] ... 12

Tabella 1.3:Elementi e problematiche ad essi connesse ... 18

Tabella 1.4:Effetto degli inquinanti sulla salute ... 19

Tabella 2.1:Strumenti di misura utilizzati e rispettivi errori strumentali ... 44

Tabella 2.2:Analisi della biomassa ... 50

Tabella 2.3:Caratteristiche granulometriche della biomassa ... 50

Tabella 2.4:Riepilogo delle prove eseguite ... 53

Tabella 2.5:Dati relativi ai casi presenti sul mercato energetico [3] ... 59

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1 1. INTRODUZIONE

Il panorama energetico internazionale è dominato principalmente dai combustibili fossili. Questi sono connessi principalmente a problemi di inquinamento come: piogge acide, smog fotochimico, tossicità per l’uomo, cambiamenti climatici e surriscaldamento globale.

Per far fronte a questi gravi problemi ambientali e per poter rispettare i vincoli posti dal protocollo di Kyoto [23], si è rivolta attenzione, sempre crescente, alle fonti energetiche rinnovabili (FER).

In particolar modo la biomassa rappresenta una sofisticata forma di accumulo dell’energia solare infatti, l’energia radiante, grazie alla fotosintesi clorofilliana, viene trasformata in energia chimica ad alto contenuto energetico.

Per questo motivo la biomassa viene considerata una risorsa rinnovabile ed inesauribile, se opportunamente utilizzata, ovvero se il ritmo di impiego della stessa non supera la capacità di rigenerazione delle formazioni vegetali.

Il carbonio è un elemento di fondamentale importanza per ogni forma di vita ed insieme ad idrogeno e ossigeno è il componente dei tessuti viventi animali e vegetali. Il carbonio accumulato all’interno dei tessuti è legato alle dimensioni dell’organismo e quando esso morirà il suo corpo si decomporrà, rilasciando il carbonio in esso accumulato.

Il meccanismo più importante per la fissazione del carbonio nei tessuti viventi è la fotosintesi. Con la fotosintesi l’anidride carbonica atmosferica viene assorbita dalle piante e assieme ad acqua ed energia solare va a formare zuccheri ad alto contenuto energetico, necessari sia ad alimentare i tessuti vegetali, che per essere trasformati in altre sostanze, come la cellulosa. A loro volta queste sostanze vanno a formare il legno. Come sottoprodotto della fotosintesi si forma ossigeno che viene rilasciato nell’atmosfera. Si può perciò affermare che le biomasse dal punto di vista dell’emissione di gas serra hanno un bilancio nullo in quanto, durante il processo di crescita, la pianta, assorbirà una quantità di anidride carbonica che successivamente sarà proprio pari a quella rilasciata durante il processo di combustione.

Figura 1.1:Schema delle

trasformazioni energetiche per la biomassa

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2

Inoltre, la formazione di ossidi di zolfo (SOx) e di ossidi di azoto (NOx) è nettamente inferiore a quella rilasciata dai combustibili fossili [24].

Per ridurre l’impatto ambientale è necessario un continuo sviluppo delle tecnologie applicate ai processi di conversione termochimica delle biomasse al fine di garantire un uso efficiente delle stesse, aumentando l’energia ricavabile. Molta attenzione è posta sui sistemi di conversione di piccole dimensioni, che consentono l’utilizzo di biomasse locali. Questi sistemi permettono la raccolta e la produzione di energia localizzata ottenendo il massimo vantaggio, cosa che non avverrebbe per impianti più grandi dove occorre una raccolta su larga scala. Nel caso della grande scala, infatti, ci saranno costi maggiori dovuti alla maggior manodopera impiegata ed ai costi di trasporto e stoccaggio [25].

Lo scopo del presente elaborato è quello di analizzare il funzionamento di una caldaia a letto fisso a cippato di biomassa da 140 kW. Il combustibile è alimentato da una coclea tramite la zona sottostante il letto. In particolare, è stato adottato un sistema di air staging al fine di ridurre le emissioni inquinanti di CO ed NOx. A tale scopo, è stata studiata la distribuzione del campo di temperatura nel letto e la variazione delle concentrazioni degli inquinanti prodotti al variare delle condizioni operative di alimentazione dell’aria comburente.

Successivamente è stato aggiunto un sistema di ricircolo dei gas combusti, che permette il controllo della temperatura e della quantità di ossigeno inserito in fase di combustione primaria. Il sistema è stato progettato e realizzato ex-novo durante il periodo di tesi, e sarà successivamente testato in modo sistematico per stabilirne l’effettiva efficacia nel controllo emissioni ed efficienza di caldaia.

(10)

3

1.1. LA BIOMASSA

Il contributo dei combustibili fossili per quanto riguarda il panorama energetico globale è pari circa all'80% del fabbisogno totale come riportato in Figura 1.2.

Figura 1.2:Panorma energetico globale [26]

Le previsioni per quanto riguarda il loro utilizzo prospettano un incremento abbastanza sostenuto come visibile in Figura 1.3.

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4

Queste fonti sono altamente inquinanti e destinate ad esaurirsi nei prossimi decenni, come evidenziato anche dal rapporto della IEA International Energy Outlook 2018 Executive Summary [28].

La produzione di petrolio a livello globale è destinata ad avere un massimo per poi diminuire come si vede in Figura 1.4.

Figura 1.4:Poiezione della produzione globale di petrolio [29]

Una recente e sempre maggiore sensibilizzazione per quanto riguarda le problematiche ambientali ha rivolto l’attenzione verso le fonti energetiche rinnovabili (solare, eolica, biomassa, marina, idroelettrica, geotermica) in modo da poter rispettare i vincoli posti dal protocollo di Kyoto. Gli ultimi anni infatti sono stati caratterizzati da una crescita record per quanto riguarda le fonti rinnovabili.

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5

1.2. DEFINIZIONE: BIOMASSA

Esistono varie definizioni per quanto riguarda il termine biomassa:

➢ La normativa europea (direttiva 2009/28/CE), recepita a livello nazionale con il D.Lgs.28/2011, definisce la biomassa come:

‘‘la frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine biologica provenienti dall’agricoltura, dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, comprese la pesca e l’acquacoltura, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti urbani ed industriali’’ [1].

➢ D.Lgs.152/2006, in cui la biomassa è intesa come combustibile, tra i combustibili annoverati in tale decreto ci sono:

• Biodiesel • Legna da ardere • Carbone di legna • Biomasse combustibili • Biogas • Gas di sintesi

➢ Per quanto concerne la percezione comune con il termine biomassa si intende l’insieme dei materiali di natura eterogenea di origine organica la cui caratteristica principale è la rinnovabilità.

Appartengono a questa categoria i residui forestali, i residui agricoli, i residui industriali, i raccolti dedicati e i rifiuti solidi urbani (RSU).

Le varie tipologie di biomassa hanno caratteristiche differenti tra loro ma,

generalmente sono tutte contraddistinte da un basso potere calorifico che risulta più basso di circa 4 ÷ 8 volte rispetto ad un combustibile fossile tradizionale (come noto osservando i dati dalla Tabella 1.1[34]).

La biomassa legnosa riveste un ruolo di grande importanza perché può essere utilizzata tal quale in combustori adatti, per produrre calore e all’occorrenza in energia elettrica.

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Combustibile Umidità% PCI[MJ/kg]

Legno 20 18,6 Paglia 16 17,3 Segatura 34,4 10 Gusci di arachidi 10 16,75 Lignite 34 26,8 Carbone Bituminoso 11 34 Gasolio 44,4 GPL 46,1 Metano 50

Tabella 1.1:Confronto PCI biomasse e fonti fossili

Si possono effettuare diverse classificazioni per quanto riguarda la biomassa lignocellulosica:

➢ Una prima classificazione è volta a differenziare i prodotti propriamente rigenerabili e quelli di scarto:

• Biomassa da colture dedicate.

• Residui agricoli da trattamento esclusivamente meccanico. • Residui da arboricoltura e selvicoltura.

• Scarti da lavorazione meccanica di legno vergine. • Scarti da lavorazione meccanica di prodotti agricoli. • Rifiuti vegetali agricoli e forestali.

• Rifiuti vegetali dell’industria alimentare.

• Rifiuti vegetali dalla produzione della pasta di legno e dalla produzione della carta.

• Rifiuti di sughero. • Rifiuti di legno.

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La distinzione tra residui e rifiuti, si effettua per evidenziare che questi ultimi offrono possibilità diverse da quelle dei rifiuti veri e propri. Vengono perciò assimilati a biomasse.

➢ Un’altra classificazione può essere fatta in base alla pezzatura: • Ciocchi: interessano solo le stufe e i piccoli impianti domestici

• Cippato: la cippatura, effettuata con apposite macchine, consente di recuperare anche materiali piccoli o difettosi altrimenti persi, riducendone anche l’ingombro in volume. In condizioni di alta umidità, soprattutto se l’ambiente di conservazione non è sufficientemente adeguato, l’elevata superficie della biomassa cippata la rende particolarmente aggredibile da batteri xylofagi quali, funghi e batteri. L’attacco microbiologico comporta perdita di sostanza secca divorata dai microorganismi (per stoccaggi prolungati si può arrivare anche al 20%) e aumento di temperatura causato dalla respirazione microbica; l’aumento di temperatura comporta pericolo di autocombustione nei depositi di grosse dimensioni (migliaia di tonnellate) qualora lo stoccaggio si prolunghi oltre 6-10 mesi.

• Pellets: Il primo trattamento è quello di essicazione con aria o fumi caldi, seguono triturazione e parziale gelatinizzazione (non sono richiesti leganti). La successiva pressatura comporta aumento della temperatura, tale da fluidificare la lignina che, polimerizzando, compatta i granuli aumentando la coesione del materiale densificato. Per ultimo, i pellets devono essere raffreddati e ventilati per rimuovere umidità. I vantaggi legati a questo tipo di pezzatura sono l’elevata densità (ciò ne ottimizza trasporto e stoccaggio), elevata densità energetica, basso contenuto di acqua (< 12%), omogeneità del materiale sia dal punto di vista delle caratteristiche fisiche che qualitative, facilità di movimentazione (simile a quella dei liquidi) che rende i pellets adatti a caldaie automatizzate.

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Figura 1.5:Alcuni esempi di biomassa

➢ Un’ultima differenziazione può essere fatta in base alle caratteristiche energetiche: • Umidità (estrinseca e intrinseca).

• Potere calorifico.

• Contenuto di carbonio fisso e volatile. • Contenuto di ceneri/residui.

• Contenuto di alcali.

• Rapporto tra cellulosa e lignina. • Densità.

Le principali caratteristiche della biomassa vengono evidenziate dall’analisi immediata e dall’analisi elementare, la prima permette di trovare tra i parametri carbonio fisso, sostanze volatili e ceneri, la seconda invece permette di evidenziare i vari elementi presenti nel campione di biomassa come carbonio, azoto, idrogeno, ossigeno, zolfo.

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9 1.2.1. UMIDITÀ

Si possono distinguere due tipi di umidità:

Intrinseca: quella propria della biomassa senza considerare l’influenza del clima. Estrinseca: quella dovuta alle condizioni climatiche del luogo o del momento della

raccolta, è quella che ha il maggior interesse pratico, infatti influenza il tempo necessario per la disidratazione.

L’umidità contenuta nella biomassa incide fortemente sul potere calorifico inferiore (PCI) per due motivi:

➢ Diminuzione della quantità di sostanza secca effettivamente presente nell’unità di peso

➢ Evaporazione dell’acqua contenuta nella biomassa a spese dell’energia liberata nel processo di combustione.

1.2.2. POTERE CALORIFICO

Il potere calorifico è un indicatore del contenuto energetico della biomassa che viene rilasciato durante il processo di combustione.

Si possono distinguere il potere calorifico superiore (PCS), che contiene al suo interno il calore latente di vaporizzazione dell’acqua ed il potere calorifico inferiore (PCI), che ha maggiore interesse pratico.

Il potere calorifico è fortemente correlato al contenuto di carbonio e di idrogeno nel combustibile.

Le biomasse sono caratterizzate da alti valori dei rapporti O/C e H/C rispetto al carbone, questo spiega il motivo del loro basso potere calorifico se paragonate ai combustibili fossili tradizionali.

Nel diagramma di Van Krevelen si può osservare il legame qualitativo tra i rapporti O/C e H/C e il potere calorifico.

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10 Figura 1.6:Andamento del potere calorifico in funzione dei rapporti O/C e H/C per diversi materiali

1.2.3. CONTENUTO DI CARBONIO FISSO E VOLATILE

La materia volatile corrisponde alla percentuale in massa persa in seguito ad un riscaldamento a 950 °C per 7 minuti.

La parte rimanente, escluse le ceneri e l’umidità, corrisponde invece al carbonio fisso. Il rapport tra materia volatile e carbonio fisso per la biomassa è compreso tra 4÷5, mentre per il carbone è minore di uno.

1.2.4. CONTENUTO DI CENERI E RESIDUI

I residui solidi prodotti dai processi di conversione termica o biochimica sono noti come ceneri, nel caso particolare della combustione. Quelle prodotte dai processi biochimici sono maggiori di quelle termiche perché contengono una parte di carbonio che può ancora essere utilizzato.

Le ceneri prodotte con i processi termici influenzano negativamente i processi, queste possono causare corrosione sui vari componenti del sistema, possono fondere e causare il fenomeno dello scaling, fenomeno a rapida evoluzione che porta alla formazione di depositi sulle superfici della camera di combustione direttamente esposte a irraggiamento, mentre una loro eccessiva quantità può causare fouling,

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fenomeno ad evoluzione lenta innescato dalla condensazione di specie volatili con formazione di depositi compatti.

1.2.5. CONTENUTO DI ALCALI

Gli alcali contenuti nelle biomasse sono in genere Na, K, Mg, P e Ca e, alle temperature di combustione, tendono a reagire con la silice presente nelle ceneri, producendo una fase liquida che può intasare i percorsi dell’aria nei boiler, incrementando i costi operativi.

1.2.6. RAPPORTO TRA CELLULOSA E LIGNINA

La lignina è il legante delle fibre cellulosiche che conferisce loro la durezza, perciò è presente in maggior quantità nelle piante legnose rispetto a quelle erbacee.

Il rapporto tra cellulosa e lignina è importante solo nelle conversioni biochimiche. Essendo la cellulosa molto più biodegradabile della lignina è necessario che le biomasse destinate alla trasformazione biochimica abbiano alti valori di tale rapporto.

1.2.7. DENSITÀ

Parlare di densità delle biomasse è piuttosto difficile dato che, a parità di prodotto, essa può variare in misura considerevole in funzione del grado di agglomerazione e del tasso di umidità.

La densità è un parametro fondamentale che influenza la richiesta di stoccaggio, le dimensioni del sistema di trasporto e movimentazione ed il comportamento nei processi biochimici o termici.

Tutto ciò fa aumentare i costi associati alle biomasse.

Si può osservare che la densità aumenta a seguito di precisi processi di pretrattamento, quali:

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➢ Essiccazione o riduzione di umidità. ➢ Macinatura.

➢ Pressatura o riduzione di volume. ➢ Pellettizzazione.

➢ Cippatura.

Tabella 1.2:Densità di alcune biomasse [1]

Si deve tenere presente che la scarsa densità energetica e dunque la grande quantità richiesta non le rende utilizzabili per grandi impieghi a meno di combinarle con altri combustili.

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1.3. METODI PER LA CONVERSIONE ENERGETICA DELLE BIOMASSE

La conversione energetica delle biomasse ha avuto un notevole interesse, accompagnato però da scetticismo a causa dei notevoli costi legati al loro sfruttamento ed ai problemi introdotti al loro uso.

Quanto detto porta a sfruttare RSU organico, rifiuti delle industrie agroalimentari e i residui agricoli rispetto allo sfruttamento di raccolti dedicati e residui forestali che hanno un costo maggiore a causa della manodopera richiesta.

Prima di poter sfruttare effettivamente la biomassa saranno necessarie alcune operazioni preliminari:

➢ Ricevimento e stoccaggio.

➢ Controllo dell’alimentazione in grado di eliminare sassi, metalli o particelle di dimensioni non appropriate alla tecnologia scelta.

➢ Essiccazione fino ad un livello di umidità appropriato al mezzo di conversione; ulteriore stoccaggio, immediatamente prima dell’alimentazione al reattore. Tutti questi pretrattamenti causano un ulteriore aumento del costo delle biomasse, rendendole più convenienti rispetto a combustibili tradizionali, solo nel caso risultino disponibili a prezzi molto bassi.

Risulta infatti indispensabile poter reperibile le biomasse entro una ragionevole distanza dall'impianto di trattamento.

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Figura 1.7:Meccanismi per la conversione delle biomasse

Per quanto riguarda i processi di conversione, si possono distinguere i tre principali: ➢ Termochimica: combustione, pirolisi, gassificazione, liquefazione. Il fondamento di

questi processi è l’azione del calore, che permette lo sviluppo delle reazioni chimiche necessarie a trasformare la materia in energia.

Biochimica: digestione anaerobica, fermentazione alcolica. Questi processi permettono di ricavare energia attraverso reazioni chimiche dovute alla presenza di enzimi, funghi e altri microorganismi.

Estrazione meccanica: esterificazione. Consiste nella spremitura di olio da semi di colture oleaginose (colza, girasole, arachidi, mais ecc.) che, dopo una prima fase di purificazione, viene successivamente sottoposto a un processo chimico (transesterificazione) per ottenere un biocombustibile (biodiesel) meno viscoso, da impiegare direttamente in motori a combustione interna e caldaie.

Non tutti i tipi di biomassa possono essere indirizzati indifferentemente verso ciascuna delle filiere, esistono infatti requisiti per ciascun processo di conversione riguardanti soprattutto l'umidità puntuale ed il rapporto carbonio azoto.

La scelta dell’uso di una conversione biochimica o termochimica è guidata dal rapporto carbonio/azoto e dal tenore di umidità della biomassa. In particolare, per la conversione termochimica, risultano più adatte le biomasse con un ridotto contenuto di umidità (30-50 %), un elevato rapporto C/N (>30) e un adeguato potere calorifico.

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Invece, per la conversione biochimica, risultano più adatte le biomasse che hanno un ridotto contenuto di carbonio ed una frazione umida preponderante rispetto a quella secca.

Figura 1.8:Schema per lo sfruttamento delle biomasse

1.4. COMBUSTIONE

Il processo termochimico di combustione può essere attuato a tutti i tipi di biomassa, che, prima dell’ingresso nel reattore, deve essere essiccata,dovrà essere trovato un compromesso tra costo per l’essiccazione ed abbassamento del rendimento del processo. Per rendere economicamente attuabile il loro sfruttamento, queste devono avere costi contenuti, a causa del loro basso contenuto energetico, inoltre, a causa delle caratteristiche chimico fisiche, comportano spesso un aggravio per l'impianto.

Dalla Figura 1.10 si può osservare come l’efficienza della combustione sia inversamente proporzionale al contenuto di umidità.

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La combustione delle biomasse può essere finalizzata alla produzione di energia termica o elettrica ed è un processo costituito da una successione di reazioni chimiche che portano, come risultato, all’ossidazione della parte idrocarburica ed alla produzione di CO2 e H2O. Quanto detto si verifica nel caso ideale mentre, nel caso reale, si ha, anche, la produzione di NOX e SO2.

Le principali fasi della combustione di particelle solide di biomassa sono: ➢ Disidratazione.

➢ Devolatilizzazione.

➢ Pirolisi con rilascio di composti volatili. ➢ Combustione primaria in fase gas. ➢ Ossidazione del char.

La durata di ogni fase dipenderà dalle dimensioni del combustibile, dalle sue proprietà, dalla temperatura operativa e dalle condizioni nelle quali avviene la combustione. Quando siamo in condizione di regime cioè quando la reazione si autosostienesenza bisogno di un apporto termico esterno, la fase di disidratazione si verifica ogni volta

che la biomassa è introdotta in caldaia, il calore necessario viene fornito dalla radiazione diretta della fiamma e dal calore accumulato nelle pareti della caldaia. Man mano che la temperatura aumenta, tra 200℃ ÷ 350℃ ,la biomassa subisce una degradazione termica ed avviene la liberazione di gas di pirolisi, la combustione di tale gas è la principale fonte di energia in quanto questo costituisce circa il 75 % del legno. La pirolisi è un processo di decomposizione termochimica di materiali organici, ottenuto mediante l'applicazione di calore e in completa assenza di un agente ossidante. I prodotti della pirolisi sono principalmente 𝐶𝑂 ,𝐶𝑂2, 𝐻2, 𝐶𝐻4, etano, etilene, altri idrocarburi del tipo CxHy e tar,composti ad elevato peso molecolare che se raffreddati condensano. Successivamente alla fase di pirolisi i prodotti gassosi liberati bruciano sprigionando calore, perciò la fase di pirolisi riesce ad autosostenersi, infatti il calore liberato serve per essiccare la biomassa in ingrasso alla camera di combustione e continuare il rilascio di gas volatili.

L’ultima fase del processo di combustione è costituita dall’ossidazione del char, ossia la parte carboniosa che rimane dopo che i volatili hanno lasciato la particella di biomassa; in presenza di ossigeno il char e i gas di pirolisi bruciano con la produzione di 𝐶𝑂2 e calore, raggiungendo anche temperature di circa 1200℃. Questi processi, proprio come avviene nel caso dei combustibili fossili, portano al rilascio di sostanze inquinanti, però in questo caso si hanno maggiori vantaggi dal punto di vista ambientale. Infatti, ad esempio rispetto al carbone, le biomasse hanno un minore contenuto di zolfo, aspetto che comporta minori emissioni di SO2, durante la combustione. Inoltre, risultano inferiori anche le emissioni di metalli pesanti e NOX. Per quanto riguarda la CO2 le

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biomasse hanno un bilancio circa nullo, in quanto durante il processo di crescita e fissaggio del carbonio, i vegetali assorbiranno una quantità di anidride carbonica circa pari a quella rilasciata durante il processo di combustione.

I processi di conversione termochimica elencati sono strettamente dipendenti dalla temperatura, dal tempo di residenza e dalla turbolenza nel reattore (es. nel letto fisso di combustione di una caldaia). Gli inquinanti atmosferici emessi dagli impianti termici alimentati a biomasse, pur dipendendo molto dal tipo di biomassa in ingresso, sono costituiti principalmente da: ossidi di azoto, ossidi di zolfo, particolato carbonioso (soot), monossido di carbonio e composti organici volatili. Durante la combustione vengono generate impurità e alcune di esse si ritrovano nei gas effluenti. La maggior parte di esse sono legate alla composizione della biomassa, in particolare abbiamo:

➢ Particolato dalle ceneri.

➢ NOx dall’azoto presente nell’aria e nel combustibile. ➢ SO2 dallo zolfo.

Si trovano anche impurità legate ad una cattiva o incompleta combustione, per esempio, monossido di carbonio e altri composti organici gassosi come le diossine particelle di fuliggine e altra materia incombusta.

La combustione incompleta si verifica a causa di:

➢ Inadeguato mescolamento aria combustibile in camera combustione, la scarsa miscelazione favorisce la formazione di fuliggine

➢ Carenza di ossigeno disponibile

➢ Temperature di combustione troppo basse ➢ Tempi di permanenza troppo brevi

Tutti questi parametri sono strettamente correlati tra loro ed è molto evidente come è difficilmente realizzabile una combustione completa.

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18 1.4.1. EFFETTO DEGLI INQUINANTI SULLA SALUTE

Si riportano nella seguente tabella i principali elementi presenti nelle biomasse lignocellulosiche ed i problemi ad essi collegati.

ELEMENTO PROBLEMATICA

Azoto Formazione di ossidi di azoto (NOX); è fonte di emissioni nocive in atmosfera (HCN e N2O); smog fotochimico,

piogge acide, tossicità per l’uomo

Potassio Formazione di cloruro di potassio (KCl); problemi di corrosione degli impianti termici; porta alla riduzione del

punto di fusione delle ceneri; causa fouling Cloro Formazione di cloruro di potassio (KCl); problemi di

corrosione; emissioni in atmosfera di acido cloridrico (HCl), diossine e furani

Zolfo Formazione di ossidi di zolfo (SOX); emissioni nocive in atmosfera (acidificazione dell’atmosfera); si può combinare con metalli alcalini dando origine a solfati

corrosivi

Sodio Problemi di corrosione degli impianti termici (soprattutto negli scambiatori di calore); riduzione del punto di

fusione delle ceneri (causa fouling)

Silicio Problemi di formazione di depositi nell’unità termica Metalli

pesanti

Emissione di inquinanti in atmosfera; problemi di smaltimento delle ceneri

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Si riporta di seguito un breve excursus sui principali inquinanti che si formano durante il processo di combustione allora aspetto sulla salute.

INQUINANTE EFFETTO

CO Alte concentrazioni riducono la capacità di trasporto dell'ossigeno nel sangue.

CO2 È la causa principale dell’effetto serra.

SOx Effetti a breve termine su occhi e sistema respiratorio.

Esposizioni prolungate causano: bronchiti, tracheiti, enfisemi. Sono la causa principale delle piogge acide.

NO Reagisce con l'emoglobina.

NO2 Causa problemi respiratori al cuore. Ha un ruolo fondamentale per

quanto riguarda le piogge acide. VOC(composti

organici volatili)

Causano irritazione di occhi, perdita di coordinazione, nausea e problemi al sistema nervoso centrale.

Alcuni sono cancerogeni.

PM Causa bronchiti croniche, problemi respiratori, morte prematura. O3 nella

troposfera suscettibilità alle infezioni respiratorie con effetti sulla salute. Irrita il sistema respiratorio, aggrava asma, accresce la

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20 1.4.2. OSSIDI DI AZOTO - NOX

Il seguente elaborato si concentra principalmente sullo studio degli ossidi di azoto, questi infatti sono tra i principali inquinanti prodotti dalla combustione, si distinguono in NO e NO2. Essi causano effetti negativi al sistema respiratorio dell’uomo la cui gravità dipende dalla loro concentrazione e dal tempo di esposizione. Inoltre, sono rivelatori della concentrazione di l'ozono nell’atmosfera, il biossido di azoto sotto l'azione catalitica dei raggi solari si scinde in monossido di azoto e ossigeno.

𝑁𝑂2+ 𝐸𝑛. 𝑆𝑜𝑙. → 𝑁𝑂 + 𝑂

L’atomo di ossigeno liberato è fortemente reattivo e unendosi ad ossigeno atmosferico genera ozono.

𝑂 + 𝑂2 → 𝑂3

L’ozono negli strati bassi dell’atmosfera è indesiderabile in quanto fortemente irritante per il sistema respiratorio umano e principale componente dello smog fotochimico. Gli NOx possono essere distinti in tre tipi, sulla base del loro processo di formazione:

Prompt NOx: si formano nelle primissime fasi della combustione; tuttavia sono

generalmente trascurabili rispetto ai fuel ed ai thermal.

Interessano solo nel caso in cui si cerchi il target esatto delle emissioni.

Fuel NOx: dovuti alla presenza di azoto nel combustibile, aggredito dall’ossigeno

presente nell’aria rappresentano la maggiore produzione di NOx.

Thermal NOx: si formano a causa delle alte temperature in camera di combustione,

secondo il meccanismo di Zeldovich, che coinvolge N2 e O2 molecolari. Il controllo di questi inquinanti può essere effettuato attraverso:

➢ Trattamenti a monte del processo, con lo scopo di eliminare o ridurre l’azoto nel

combustibile.

➢ Trattamenti nel processo per ridurre la formazione di NOx.

➢ Trattamenti “end of the pipe”, ovvero trattamenti a valle tramite sistemi di abbattimento e pulizia dei fumi.

Generalmente, nei grandi impianti, vengono eseguiti tutti e tre questi processi per poter emettere in atmosfera la minor quantità possibile di NOx. Un metodo per ridurre la formazione di NOx nel processo di combustione è quello di modificare i parametri operativi in camera di combustione.

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inquinanti, ma può portare ad una peggiore combustione.

Riduzione dell’eccesso d’aria: riducendo l’eccesso d’aria in camera di combustione, si riduce anche la quantità di ossigeno presente e quindi si ha meno ossigeno che può reagire con l’azoto per formare NO. Questo metodo viene usato soprattutto per impianti vecchi, in quanto gli impianti più moderni dispongono di sistemi di regolazione della portata d’aria in camera di combustione. Di contro, però, la riduzione di tale eccesso d’aria porta ad un calo dell’efficienza della caldaia, nonché alla presenza di CO e all’aumento di incombusti, aumento di corrosione e fouling.

Ridotto preriscaldamento d’aria: Riducendo il grado di preriscaldamento dell’aria in ingresso nella camera di combustione, si va ad abbassare la temperatura massima in camera; ciò permette un maggior controllo sulla formazione degli NOx termici. Tuttavia, anche con questo metodo, si va ad abbassare il rendimento del generatore. ➢ Ricircolo gas combusti: Si preleva una frazione di gas combusti tipicamente il 20÷30%

e si reimmette in caldaia, l'effetto ottenuto consiste nella riduzione della temperatura di picco, nella riduzione della concentrazione di ossigeno in camera di combustione e nell’aumento della quantità di moto dei gas, presenti in camera di combustione, che conduce ad un miglior mescolamento.

Tutto questo porta ad una riduzione degli NOx termici, a minori emissioni di CO, ma di contro ad un aumento degli incombusti.

Un eccessivo ricircolo dei gas combusti può avere alcuni inconvenienti: • Aumento delle emissioni di CO ed instabilità di fiamma

• La re-immissione richiede energia per il funzionamento dei ventilatori e può causare fenomeni corrosivi qualora nel combustibile sia presente zolfo Proprio per questo si cerca di limitare entro il 20% la percentuale dei prodotti di combustione ricircolati.

Combustione in più stadi: Questo metodo consiste nel dividere la combustione in due stadi: nella prima parte si ha una combustione con aria sub-stechiometrica (siamo quindi in una zona ricca); in questo modo, anche raggiungendo elevate temperature, si ha carenza di ossigeno e quindi si evita la formazione di NOx termici; la combustione viene completata nella seconda fase immettendo aria secondaria (10-20% del totale). In questo modo si completa la combustione del CO, della fuliggine e degli UHC, lasciando inalterata la concentrazione di NOx. Questo metodo può essere applicato in diversi modi, variando il sistema con cui viene inviata l’aria. Il processo può essere migliorato, in alcuni casi, tramite un frazionamento del combustibile: se ne immette una parte in un bruciatore secondario a valle, in modo da creare una zona riducente. Così facendo, gli ossidi di azoto prodotti nella zona primaria vengono ridotti ad azoto atmosferico dai radicali idrocarburici. L’efficienza di questo metodo, detto reburning, dipende da vari fattori quali la temperatura, il tempo di residenza e il tipo di combustibile; questa tecnica è adatta a impianti che dispongono di grandi volumi di combustione (tempi di residenza elevati) in modo da non avere carbonio incombusto nelle ceneri.

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Si presta quindi a impianti di nuova generazione, progettati appositamente per questo tipo di combustione.

1.5. STATO DELL’ARTE PER I COMBUSTORI A BIOMASSA

I generatori termici atti a sfruttare la biomassa lignocellulosica si distinguono in base alla potenza termica in uscita, al tipo di sistema di caricamento e in base alle caratteristiche del combustibile da utilizzare (pezzatura, umidità, contenuto di ceneri). I sistemi di combustione si possono distinguere in base alla loro taglia:

Piccola taglia: hanno una potenza termica inferiore a 300𝑘𝑊𝑡ℎ, vengono utilizzati per il riscaldamento residenziale possono utilizzare come combustibile pellet, cippato e tronchetti.

Media taglia: hanno una potenza termica che va da 300𝑘𝑊𝑡ℎ fino a 20𝑀𝑊𝑡ℎ, vengono utilizzati principalmente in impianti cogenerativi CHP, come combustibile utilizzano segatura, cippato, residui forestali, paglia e residui agricoli. Si possono distinguere in caldaie ad acqua bollente, caldaie a vapore e caldaie ad olio diatermico.

Le categorie principalmente utilizzate sono: • Sistemi a letto fisso Forni a griglia • Forni a polverino di biomassa

Grande taglia: hanno una potenza termica maggiore di 20𝑀𝑊𝑡ℎ , sono principalmente impianti CHP e centrali elettriche di potenza superiore a 100𝑀𝑊𝑒, utilizzano tutti i tipi di biomassa ed i residui agricoli.

Le categorie principalmente utilizzate sono: ➢ Forni a griglia

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Co-combustione della biomassa in centrali termiche a carbone: hanno una potenza 100𝑀𝑊𝑡ℎ,l’utilizzo delle biomasse in sinergia con il carbone porta alla riduzione delle emissioni di 𝐶𝑂2.

Le categorie principalmente utilizzate sono: ➢ Combustori a polverino di biomassa ➢ Caldaie a letto fluido

Figura 1.10:Relazione tra potenza energia e sistema da installare

Un'altra distinzione può essere fatta in base alla tecnologia che caratterizza tali dispositivi:

➢ Caldaie a letto fisso ➢ Caldaie a letto fluido ➢ Bruciatori a polverino

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1.6. CALDAIE A LETTO FISSO

Sono combustori semplici, economici ed affidabili, si possono alimentare con biomassa di diversa natura e diverso tenore di umidità e hanno rendimenti intorno al 70-80%. Il comburente è diviso in due frazioni:

Aria primaria insufflata attraverso il combustibile, favorisce le fasi di pirolisi e gassificazione.

Aria secondaria iniettata nella zona sovrastante il letto, permette la completa ossidazione dei gas formatisi precedentemente.

La combustione può anche essere realizzata a stadi in camere separate: nella prima, dove si riscontra una bassa turbolenza, avvengono i processi pirolitici e di gassificazione, nella seconda, dove invece la turbolenza risulta più elevata, si completa la conversione termochimica e si realizza il trasferimento dell’energia al fluido.

1.6.1. FORNI A GRIGLIA

La biomassa viene fatta avanzare all’interno della camera favorendone così l’essicazione e la completa combustione. A seconda della direzione assunta dalla fiamma, rispetto al percorso fatto dalla biomassa, si possono avere:

Sistemi con flusso in equicorrente, che vengono impiegati quando si è in presenza di combustibili secchi oppure in impianti che usano aria comburente preriscaldata. Questa tecnologia permette di aumentare il tempo di residenza dei gas combusti nel letto favorendo la riduzione delle emissioni di NOX, grazie al prolungato contatto dei gas con il combustibile carbonizzato.

Sistemi con flusso in controcorrente, tipicamente adoperati quando si hanno combustibili a basso potere calorifico come corteccia umida, chips di legno o segatura. In questo caso i gas caldi passano sulla biomassa fresca e umida con la quale si realizza uno scambio termico convettivo che, aggiungendosi a quello di

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natura radiante, favorisce sia il processo di essiccamento che l’allontanamento del vapore dal letto.

Sistemi con flusso incrociato, che rappresentano una via di mezzo tra le precedenti metodologie e sono tipicamente utilizzati in impianti con camera di combustione secondaria verticale.

Figura 1.11:Possibili direzioni dell'aria all'intero della camera di combustione

1.6.2. TRAVELLING GRATE

Una griglia trascinata da un meccanismo a rulli, la cui velocità può essere regolata in base al tipo di biomassa posta sopra di essa, trasporta la materia da trattar all’interno della camera di combustione. Il movimento a cingolo permette un facile smaltimento della cenere ed un efficace raffreddamento della griglia, che avviene quando questa non è rivolta verso la camera di combustione, utilizzando il flusso di aria primaria proveniente dal basso.

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26 1.6.3. SISTEMA A GIRGLIA FISSA

La caratteristica predominante dei sistemi a griglia fissa è quella di avere un unico piano costituito da una griglia inclinata che ha lo scopo sia di sostenere la biomassa, sia di permettere il passaggio dell’aria primaria attraverso il letto e la fuoriuscita delle ceneri più fini. Man mano che la biomassa si deteriora per effetto della combustione, perde compattezza e avanza fino a cadere nel bacino di raccolta delle ceneri situato nella parte più bassa.

1.6.4. SISTEMA A GRIGLIA MOBILE INCLINATA

Grazie alla loro versatilità di funzionamento i combustori a griglia mobile sono largamente utilizzati. La griglia ha un’inclinazione compresa tra il 15% e il 35% su di essa possono essere evidenziate le zone in ciascuna delle quali si localizza una fase specifica del processo di conversione termochimica, che prevede: essiccazione, pirolisi/gassificazione e infine combustione. Queste griglie sono costituite da file di barrotti mobili alternate con file di barrotti fissi; i primi si sovrappongono ai secondi con un movimento avanti-indietro alternato, la cui corsa ha frequenza e lunghezza regolabili. Regolando la velocità della griglia, la quantità di combustibile introdotto e l'aria fornita, è possibile bruciare una grande varietà di biomasse con caratteristiche estremamente diverse. Le griglie sono suddivise in tre o quattro sezioni lasciando tra loro un salto atto a favorire il mescolamento della biomassa. Esistono inoltre le griglie a spinta inversa nelle quali il movimento avviene dal basso verso l’alto opposto rispetto a quello della sostanza organica che, invece, tende a scendere per effetto della gravità. Questa tipologia di combustori ha spesso una volta ceramica che serve per riflettere verso la biomassa il calore sviluppato nel letto, favorendone così l'essiccamento e la conseguente accensione anche quando questa presenta un elevato tenore di umidità.

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A seconda delle modalità con cui si realizza il raffreddamento, i combustori a griglia mobile si distinguono in:

Air-cooled moving grate furnaces, nei quali si utilizza l'aria primaria per raffreddare la griglia (adatta per corteccia umida, segatura, chips di legno).

Water-cooled moving grate furnaces, in cui si fa uso di acqua (adatta per combustibili secchi, con bassa temperatura di fusione delle ceneri).

Figura 1.13:Rappresentazione schematica di un combustore a griglia mobile inclinata

1.6.5. SISTEMA A GRIGLIA VIBRANTE

Il sistema a griglia vibrante, utilizzato per bruciare soprattutto residui legnosi, è caratterizzato da una griglia composta da una parete inclinata di tubi che viene posizionata sopra delle molle. La griglia durante la fase di combustione è soggetta a delle vibrazioni intermittenti, che facilitano il processo di mescolamento. Queste oscillazioni a intervalli brevi evitano la formazione, in camera di combustione, di scorie di grosse dimensioni. D’altra parte, aumentano le emissioni di ceneri volatili e si misura un’alta concentrazione di monossido di carbonio nei gas combusti, indice quest'ultimo di una combustione non completa, che si spiega soprattutto a causa di disturbi periodici indotti dalle oscillazioni sul letto di materiale combustibile.

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Figura 1.14:Rappresentazione schematica di un combustore a griglia vibrante

1.6.6. SISTEMA CIGAR BURNER

I cigar burners consentono la combustione diretta di grosse balle di paglia e cereali che vengono introdotte in maniera continua per mezzo di un sistema a pistone idraulico. Già all'interno del tunnel di alimentazione comincia a realizzarsi il processo di gassificazione della biomassa che, una volta raggiunta la camera di combustione, si presenta di fatto quasi totalmente carbonizzata. A questo punto, in seguito all'introduzione dell'aria comburente, si ha la vera e propria fase di ossidazione del carbone prodotto da cui si liberano ceneri e incombusti che, depositandosi sulla griglia, vengono successivamente scaricati nella parte bassa del combustore.

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29 1.6.7. COMBUSTORE A GRIGLIE ROTANTI

I combustori a griglie rotanti sono caratterizzati dalla presenza di una griglia a forma di cono, nella quale l'alternanza di sezioni che ruotano in senso orario e antiorario determina il mescolamento della biomassa e il suo avanzamento verso la zona di raccolta delle ceneri. L'aria primaria viene insufflata dal basso nella camera di combustione primaria favorendo così lo sviluppo di gas combustibili che vengono quindi bruciati in una seconda camera, la quale può essere verticale oppure orizzontale. Questi sistemi accettano biomasse ad alto contenuto di umidità come cortecce, segatura o chips di legno appena tagliati e possono bruciare persino prodotti legnosi misti a fanghi di origine biologica.

Figura 1.16:Rappresentazione schematica di forno a griglie rotanti

1.6.8. COMBUSTORE A CONO ROTANTE

I combustori a cono rotante rappresentano una particolare tipologia nei quali una griglia, a forma di cono capovolto, accoglie la sostanza organica da bruciare e, attraverso una lenta rotazione attorno ad un asse inclinato rispetto all'orizzontale, ne facilita il mescolamento. La biomassa, che viene caricata con continuità dall'alto, si accumula dunque all'interno della griglia conica. L'aria necessaria per realizzare il

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processo di combustione viene suddivisa in due frazioni: quella primaria viene insufflata attraverso la griglia, solamente nella parte coperta dal combustibile, mentre quella secondaria è iniettata tangenzialmente e ad elevata velocità nella sezione cilindrica del forno. Gli aspetti positivi sono i seguenti: possibilità di operare con un eccesso d'aria intorno a circa il 20-30% , basso quantitativo di prodotti volatili presenti nei gas combusti e la possibilità di trattare biomassa con caratteristiche estremamente variabili. Come inconvenienti: necessità di disporre di un bruciatore ausiliario per realizzare l'avvio del forno, il quale deve periodicamente fermarsi affinché possa essere effettuata la rimozione dei grossi agglomerati di cenere che, man mano, vanno accumulandosi al centro della griglia.

Figura 1.17:Rappresentazione schematica di un forno a cono rotante

1.6.9. UNDERFEED STOKERS

Oltre ai forni a griglia, nella famiglia dei combustori a letto fisso si possono inserire anche i così detti underfed stokers. Questi rappresentano indubbiamente la tecnologia più economica e affidabile per le applicazioni di taglia medio-piccola, soprattutto quando si ha a che fare con sostanze organiche caratterizzate da un basso tenore di umidità. La peculiarità che li distingue è la modalità con cui la biomassa viene introdotta all'interno del sistema. Il dispositivo di alimentazione prevede infatti la presenza di una coclea che conduce il combustibile alla base di una cavità a forma piramidale dalla quale, per effetto della spinta indotta dalla vite, risale fino a fuoriuscire nella prima camera di combustione propagandosi nelle varie direzioni. In questa zona viene

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introdotta, come di consueto, solamente l'aria primaria la quale, passando attraverso il combustibile, ha il compito di attivare il processo di ossidazione che verrà poi completato nella parte alta della camera di combustione in seguito all'immissione della seconda frazione di comburente. Considerato il meccanismo di alimentazione, le biomasse utilizzabili (chips, pellet, segatura) è bene che abbiano un basso contenuto di cenere e una pezzatura generalmente inferiore ai 50 mm così da scongiurare pericoli di intasamenti e blocchi. Gli underfeed stokers, che sono generalmente integrati alla caldaia, possono, per alcune applicazioni, essere costruiti anche separatamente e adattati a diverse tipologie di impianti. Il vantaggio principale che si può riscontrare nell'utilizzo di questi sistemi risiede indubbiamente nella possibilità di lavorare in maniera ottimale ai carichi parziali, vista la facilità di gestione e controllo del dispositivo di alimentazione del combustibile. Un inconveniente non ancora risolto è invece quello che si manifesta per effetto della presenza di cenere sinterizzata: questa tende infatti a ricoprire la parte superiore del letto di sostanza organica e qualora tale strato venga lacerato dalla biomassa o dal passaggio dell'aria primaria, il processo di combustione tende a diventare rapidamente instabile.

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1.7. CALDAIE A LETTO FLUIDO

Questi combustori sono caratterizzati da una camera cilindrica verticale (riser) nella quale la biomassa brucia in un letto di materiale inerte (sabbia) tenuto in sospensione mediante un flusso di aria comburente introdotta dal basso. Al posto della sabbia si possono usare calcare o dolomite, che possono abbattere gli inquinanti acidi eventualmente presenti nella materia organica trattata, evitando la fusione delle ceneri nelle condizioni operative del combustore. Il sistema a letto fluido permette un migliore controllo del processo di combustione grazie alla più uniforme distribuzione del calore che consente, a parità di efficienza, di avere una temperatura di esercizio minore rispetto agli impianti a letto fisso. La temperatura deve mantenersi intorno a 800-900 C per evitare sinterizzazione delle ceneri. Il raffreddamento di questi sistemi è effettuato tramite scambiatori di calore interni, dispositivi per il ricircolo dei gas combusti o iniezioni di acqua. L’alto grado di miscelazione che si raggiunge tra combustibile e comburente, consente di ottenere un’efficace trasmissione del calore che si realizza prevalentemente per convezione e solo in minima parte per irraggiamento. Grazie alla turbolenza e alla miscelazione trasversale si riduce al minimo la formazione di zone fredde all’interno della caldaia cosicché, il riscaldamento del combustibile, avviene in maniera rapida e uniforme.

Grazie all’ottimo miscelamento possono essere utilizzati diversi combustibili. In generale serve un eccesso d’aria modesto (< 40%) e si hanno pochi NOX. Si rendono spesso necessari pretrattamenti per avere una biomassa a pezzatura omogenea. Una problematica legata all’uso dei combustori a letto fluido consiste nell’elevato contenuto di polveri nei gas che rende necessario l’utilizzo di precipitatori per limitare l’agglomerazione di ceneri basso-fondenti. Altri inconvenienti sono la perdita di materiale inerte che esce dal reattore insieme alle ceneri e ai fumi, malfunzionamento ai carichi parziali e lunghi tempi di avvio.

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33 1.7.1. LETTO FLUIDO BOLLENTE

I combustori a letto fluido bollente BFB (Bubbling Fluidized Bed) sono caratterizzati dal letto fluidizzato costituito da granelli di sabbia silicea di dimensioni 1 mm, che tende a mantenersi nella parte inferiore dell’impianto per effetto delle basse velocità di fluidizzazione (1-2.5 m/s).

1.7.2. LETTO FLUIDO RICIRCOLANTE

I combustori a letto fluido ricircolante CFB (Circuliting Fluidized Bed) sono caratterizzati da maggiore velocità di fluidizzazione (5-10 m/s), che consente di aumentare il mescolamento trasversale della sostanza organica nel reattore, producendo una migliore turbolenza, un più efficace scambio termico e una più uniforme distribuzione della temperatura nel letto. La conseguenza è quella di avere una combustione più rapida ed efficiente che viene condotta su una biomassa con dimensioni medie minori, rispetto a quelle usate nei sistemi BFB e con un volume minore di gas combusti. Gli svantaggi consistono in:

1. Maggiori costi di pretrattamento e difficoltà di alimentazione dovuti alla pezzatura piccola del combustibile.

2. Maggiori costi di installazione a causa delle dimensioni e della presenza dei cicloni.

3. Elevato carico di sabbia nei fumi, che sfugge in parte al separatore, e va reintegrato con maggiore frequenza rispetto al BFB.

Figura 1.19:Combustore a letto fluido bollente

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1.8. COMBUSTORI A POLVERE DI BIOMASSA

Questi sistemi vengono utilizzati per la combustione di biomasse polverulente e leggere come ad esempio lolla di riso, segatura, polvere di legno o paglia triturata nelle quali la dimensione delle singole particelle, non supera i 20 mm e il tenore di umidità si mantiene al di sotto del 20%. Tali combustibili, le cui qualità devono essere estremamente omogenee, vengono iniettati pneumaticamente all'interno del forno in miscela con la corrente di aria primaria che li trasporta e li mantiene in sospensione.

Il flusso, che viene immesso tangenzialmente produce all'interno della camera di combustione cilindrica, un moto vorticoso rotazionale che può, in alcune applicazioni, esser favorito anche dal ricircolo dei gas combusti provenienti dal camino. Per effetto di queste condizioni, ma soprattutto per le ridotte dimensioni delle particelle di combustibile, i processi di gassificazione e successiva combustione del materiale carbonizzato si verificano rapidamente e in maniera quasi contemporanea. Appare dunque chiara la necessità di utilizzare efficaci sistemi di controllo del caricamento che possano garantire una rapida sostituzione della sostanza organica impiegata. Considerando poi l'elevato grado di miscelamento raggiungibile, questi combustori richiedono spesso limitati eccessi di aria (tipicamente forniti con la frazione secondaria) e questo contribuisce ad avere alte efficienze di conversione, nonché basse emissioni di ossidi di azoto. La fornace, che è generalmente soggetta ad elevati livelli di temperatura dovuti all'alta densità energetica della biomassa, viene tipicamente raffreddata con sistemi ad acqua. Questo, però, spesso non basta ad evitare il rapido deterioramento del materiale isolante che comunque tende a danneggiarsi, sia a causa dell'elevato stress termico, che per effetto dell'azione corrosiva esercitata dalle particelle di biomassa in moto vorticoso. Un'altra particolarità è la presenza di un bruciatore ausiliario che realizza la fase di start-up dell'impianto: tramite questo dispositivo si provvede ad accendere la carica all'interno della camera di combustione, finché la temperatura di quest'ultima non raggiunge valori tali da consentire il funzionamento autonomo del forno.

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35 2. DESCRIZIONE DEL SISTEMA SPERIMENTALE

Questo studio è stato realizzato presso il CRIBE (Centro di Ricerca Interuniversitario sulle Biomasse da Energia), San Piero a grado, Pisa. Il Centro si occupa della valutazione delle aree a livello territoriale, in un'ottica di possibile sviluppo nel settore delle biomasse e della sostenibilità delle filiere agro energetiche, oltre a studiare la possibile utilizzazione integrale delle diverse biomasse in una logica di biofabbrica. Fra gli obiettivi del Centro rientrano la promozione ed elaborazione di studi e ricerche sulla produzione, trasformazione ed utilizzazione delle biomasse da energia.

2.1. DESCRIZIONE DELL’IMPIANTO

L’impianto a combustione di biomasse è composto da un silo di stoccaggio per la biomassa, da un sistema di alimentazione per la caldaia, dalla caldaia e da un sistema di generazione del vapore. Il serbatoio di accumulo si trova all’esterno dell’edificio in cui è situata la caldaia. Durante l’utilizzo la biomassa è trasportata da una coclea di estrazione situata sul fondo del serbatoio, che viene così trasportata ad un silo interno di capacità inferiore Figura 2.1. Sul fondo di quest’ultimo accumulo, una coclea 80x80x40 mm (i.e. Diametro esterno, passo, diametro interno, rispettivamente), ruotando porta il combustibile all’interno del letto della caldaia. La portata di alimentazione può essere regolata variando il numero di giri del motore di alimentazione della coclea. La separazione della biomassa in due silos di volumetria decrescente ha lo scopo di garantire sempre la presenza del minimo ammontare di combustibile nella zona caldaia.

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La caldaia, prodotta dalla StandardKessell Italiana S.R.L., ha una potenza nominale di 140kWth ed è un combustore a letto fisso alimentato per mezzo di una coclea e pensato per bruciare combustibili vegetali, di tipo underfeed stoker. La caldaia a biomassa a letto fisso ed il suo schema con le dimensioni sono riportati in Figura 2.2.

Figura 2.2:Caldaiaa biomassa a letto fisso da 140kW (a), Schema della caldaia a biomassa a letto fisso da 140 kW (b)

L’aria in ingresso al letto viene frazionata in due:

Primaria: immessa attraverso 68 fori rettangolari posto sotto la griglia Secondaria: immessa sopra al focolare attraverso 9 ugelli Figura 2.3

La cenere prodotta durante il normale funzionamento della caldaia viene raccolta in un apposito scomparto situato sotto la camera di combustione e deve essere periodicamente rimossa a mano Figura 2.3.

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Figura 2.3:Letto fisso (a), Deposito cenere (b)

Il vapore non viene prodotto direttamente per scambio di calore tra fumi e acqua, ma attraverso un fluido intermedio, olio diatermico Seriola 1510. In pratica i fumi caldi derivanti dal processo di combustione della biomassa forniscono calore all’olio diatermico che circola nei fasci scambiatori della caldaia. La generazione vera e propria del vapore avviene in uno scambiatore di tipo Kettle, dove l'olio diatermico cede calore all’acqua.

L’utilizzo dell’olio diatermico porta notevoli vantaggi:

➢ Utilizzo di un fluido resistente ad elevate temperature, fino circa a 350 °C, in fase

liquida e a pressione atmosferica.

➢ Non è richiesta la messa in pressione dell'impianto e perciò il tutto risulta più sicuro

➢ Per quanto concerne le leggi italiane per le caldaie ad olio diatermico non è richiesta la presenza di un conduttore patentato che comporterebbe un aggravio dei costi di impianto.

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2.2. EVAPORATORE

L’evaporatore rappresenta il componente principale del sistema di produzione del vapore. L’olio diatermico, riscaldato all'interno della caldaia, cede il suo calore all' acqua che viene riscaldata e vaporizzata. Il generatore di vapore può essere regolato mediante valvola a tre vie posta sul lato olio che ha il compito di modulare la portata di olio nell'evaporatore. Parte dell’olio viene cortocircuitato e inviato alla pompa di aspirazione, così facendo si regola la portata che fluisce all’interno del generatore e di conseguenza il calore ceduto. La tipologia costruttiva dell'evaporatore è quella di un Kettle con l'olio diatermico lato tubi ed il vapore lato mantello. Il vapore prodotto è usato per alimentare le varie utenze del centro. Nel circuito di ritorno all'evaporatore le condense vengono fatte passare nel degasatore che ha il compito di rimuovere dal circuito di sostanze gassose, soprattutto, l'ossigeno disciolto che potrebbe causare problemi di corrosione.

2.3. SISTEMA DI DISTRIBUZIONE ARIA

Il ventilatore premente dell’aria in ingresso alla caldaia a biomassa a letto fisso da 140kW viene regolato attraverso un inverter, regolando la velocità di rotazione si riesce di conseguenza a regolare la portata d’aria totale immessa in caldaia. Al collettore di uscita dalla soffiante è fissata una tubazione in PVC del diametro di 120 mm, questa successivamente si divide in due rami, entrambi del diametro di 80 mm, uno per l’aria primaria e l’altro per l’aria secondaria. Su entrambe le condutture che si diramano da quella principale sono montate delle valvole a sfera, una per conduttura, che permettono la regolazione della portata primaria e secondaria in ingresso (che le due differenti condutture trasportano direttamente al sistema di combustione), ed i sensori a filo caldo, che permettono la misura delle rispettive portate circolanti. Quanto elencato è visibile in Figura 2.4.

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Per quanto riguarda la linea fumi, invece, all’uscita dello scambiatore è situato un secondo ventilatore Figura 2.5, in questo caso aspirante, anche questo regolato per mezzo di un inverter attraverso il pannello di controllo. Lo scopo di questo ventilatore è quello di tenere la caldaia a biomassa a letto fisso da 140kW in depressione circa 20Pa, questo è fatto per un motivo di sicurezza, infatti qualora ci fosse una perdita dalla caldaia i fumi dei gas combusti non uscirebbero invadendo il locale, bensì si verificherebbe un ingresso di aria nella caldaia, senza quindi perdite pericolose per gli utenti.

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2.4. ACQUISIZIONE DELLE MISURE

Le misure degli inquinanti prodotti dalla combustione sono effettuate grazie al sistema di campionamento della Environmental S.A. L’acquisizione vera e propria avviene grazie ad una sonda, posizionata in prossimità dei fasci scambiatori Figura 2.6.

Figura 2.6: Sonda per il campionamento degli inquinanti(a), Sistema di campionamento delle emissioni gassose della Environmental S.A(b)

I fumi aspirati giungono all’analizzatore e per mezzo del software EnvSA, del banco fumi, vengono registrate le concentrazioni delle specie ivi presenti, in particolar modo si vanno ad analizzare quelle di:

➢ O2 ➢ CO2 ➢ CO ➢ NOx

I valori sono acquisiti con una frequenza di 1Hz, registrati in una serie temporale e esportati in un file .txt. Per quanto riguarda l’acquisizione delle misure di temperatura e portata, il sistema utilizzato è composto da una parte hardware e da una software, la parte hardware comprende il sistema all’interno del quale sono state alloggiate le schede NI-DAQ utilizzate per ricevere i segnali dai vari misuratori, per interfacciarsi

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alle schede NI-DAQ viene impiegato il software LabVIEW, che permette la registrazione delle misure. Le misure di temperatura vengono acquisite dalla scheda NI9214.

Di seguito si riportano le termocoppie presenti all’interni del sistema:

12 Termocoppie di tipo K: Misura delle temperature all’interno del letto della caldaia Figura 2.7

Termocoppia di tipo K: Misura della temperatura dell’olio all’ingresso dello scambiatore

Termocoppia di tipo K: Misura della temperatura dell’olio all’uscita dello scambiatore

Termocoppia di tipo K: Misura della temperatura dei fumi all’ingresso dello scambiatore

Termocoppia di tipo K: Misura della temperatura dei fumi all’uscita dello scambiatore

Termocoppia di tipo T: Misura della temperatura dell’aria in ingresso alla caldaia Si riporta in Figura 2.7 la disposizione delle termocoppie all’interno del letto della caldaia permette di avere un andamento della temperatura in ogni punto del letto.

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Due sensori a filo caldo sono stati utilizzati per determinare la portata di aria primaria e secondaria. Il sensore è costituito da una resistenza elettrica il cui valore varia in base alla propria temperatura. Si fa circolare all’interno della resistenza una corrente costante, il cui valore è noto e si misura di conseguenza, con un voltmetro, la tensione ai capi del circuito. Noto il grafico di calibratura dello strumento, che mette in relazione la velocità del flusso d’aria e la tensione, una volta trovata la tensione, si ricava la velocità del flusso e quindi la portata. Viene riportato in Figura 2.8 lo schema d’impianto appena descritto.

Figura 2.8:Schema dell’impianto prima della modifica

Le misure di tensione sono acquisite tramite la scheda NI9207.

Le misure effettuate, una volta elaborate dal software Labview, permettono di ottenere: ➢ Portata di aria primaria

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