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Studio geotecnico e progettazione delle opere di sostegno di una centrale geotermica pilota

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Ingegneria Civile ed Industriale

Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria delle Costruzioni Civili

STUDIO GEOTECNICO E PROGETTAZIONE

ESECUTIVA DELLE OPERE DI SOSTEGNO

DI UN IMPIANTO GEOTERMICO PILOTA

Tesi di laurea magistrale

Relatori:

Prof. Ing. Nunziante Squeglia

Dott. Ing. Lorenzo Villani

Candidato:

Alessandro Vecchi

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INDICE

INDICE II

PREFAZIONE IV

INTRODUZIONE V

RINGRAZIAMENTI VI

CAPITOLO 1 DESCRIZIONE GENERALE DELL’AREA 1

1.1 DESCRIZIONEDELPROGETTO 1

1.2 INQUADRAMENTOGEOLOGICOMORGOLOGICOEIDROGEOLOGICODELL’AREA 3

1.2.1 PREMESSA 3

1.2.2 INQUADRAMENTO STRUTTURALE 4

1.2.3 CARATTERISTICHE GEOLOGICHE E STRATIGRAFICHE 9

1.2.4 CARATTERISTICHE MORFOLOGICHE DELL’AREA 20

1.2.5 CARATTERISTICHE IDROGEOLOGICHE DELL’AREA E DI PERMEABILITÀ. 35

1.2.6 ASPETTI LITO-TECNICI 40

1.3 PERICOLOSOTA’GEOLOGICAMORFOLOGICAEIDROGEOLOGICA 42

CAPITOLO 2 CARATTERIZZAZIONE GEOTECNICA DEL SITO 44

2.1 CAMPAGNADIINDAGINEGEOTECNICA 44

2.1.1 GENERALITÀ 44

2.1.2 INDAGINI IN SITU 47

2.1.3 INDAGINI DI LABORATORIO 48

2.2 MODELLOGEOLOGICODELSITO 51

2.2.1 RISULTATI AREA 1–VIABILITÀ DI ACCESSO 51

2.2.2 RISULTATI AREA 2-INVASO 53

2.2.3 RISULTATI AREA 3-CENTRALE.PIAZZALI E VASCA 55

2.3 RISULTATIDELLEINDAGINI 62

2.3.1 CLASSIFICAZIONE GEOTECNICA 62

2.3.2 PROPRIETÀ INDICE 63

2.3.3 COMPOSIZIONE GRANULOMETRICA E CLASSIFICAZIONE TERRE 70

2.3.4 ELABORAZIONI PROVE SPT 74

2.3.5 RESISTENZA AL TAGLIO 77

2.3.6 DEFORMABILITÀ 88

2.3.7 RISPOSA SISMICA 92

2.3.8 TERRENO PER LE COSTRUZIONI DEI RILEVATI E PER LE OPERE DI RINTERRO 113

2.3.9 LETTURE PIEZOMETRICHE 117

2.3.10 MISURE INCLINOMETRICHE 120

2.4 MODELLOGEOTECNICO 123

2.4.1 RICOSTRUZIONE STRATIGRAFICA 123

2.4.2 PARAMETRI GEOTECNICI 127

2.4.3 CONCLUSIONI SUL MODELLO GEOTECNICO 128

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3.4 MATERIALI 151

3.4.1 CALCESTRUZZO 151

3.4.2 ACCIAIO 151

3.5 AZIONIDIPROGETTO 152

3.5.1 CLASSIFICAZIONE DELLE AZIONI SECONDO LA VARIAZIONE DELLA LORO INTENSITÀ NEL TEMPO 152

3.5.2 CARICHI PERMANENTI STRUTTURALI G1 152

3.5.3 CARICHI PERMANENTI NON STRUTTURALI G2 153

3.5.4 CARICHI VARIABILI Q 153

3.5.5 AZIONE SISMICA 154

3.6 COMBINAZIONIDELLEAZIONI 158

3.6.1 DEFINIZIONE E COEFFICIENTI PARZIALI 158

3.7 DESCRIZIONEGENERALEDELL’OPERA 161

3.8 MODELLODICALCOLO 163

3.8.1 METODOLOGIA DI CALCOLO, LEGAMI COSTITUTIVI E PARAMETRI 163

3.8.2 FASI DI PROGETTO E CARICHI CONSIDERATI 175

3.8.3 STABILITÀ GLOBALE 178

3.9 CALCOLODELLESOLLECITAZIONIDISPINTA 182

3.9.1 FASE 1-CONDIZIONE STATICA 182

3.9.2 FASE 2-CONDIZIONE STATICA 184

3.9.3 FASE 1-CONDIZIONE DINAMICA 185

3.9.4 FASE 2-CONDIZIONE DINAMICA 186

3.10 VERIFICHEGEOTECNICHEESTRUTTURALI 187

3.10.1 GENERALITÀ 187

3.10.2 CONDIZIONE STATICA 189

3.10.3 CONDIZIONE DINAMICA 200

3.10.4 ELEMENTI STRUTTURALI 202

3.10.5 VERIFICHE DI STABILITÀ 216

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PREFAZIONE

L’idea di questa tesi nasce dalla realizzazione del progetto denominato “Impianto Geotermico Pilota” situato in Castelnuovo Val di Cecina, commissionato da RGT – Rete Geotermica Toscana S.r.l allo studio Tecnalfa, presso il quale è stato svolto il seguente lavoro.

In particolare, la tesi tratta gli aspetti geotecnici relativi alla progettazione esecutiva delle opere civili inerenti al progetto. Sono stati analizzati i risultati ottenuti dalla campagna di indagine e successivamente è stato creato il modello geotecnico del sito, sulla base del quale sono state dimensionate, progettate e verificate le opere civili, come paratie di pali, muri di contenimento in c.a. gabbionate di massi, rilevati e scavi stradali e rilevati per la creazione di vasche di accumulo di acqua.

Per la realizzazione di questo lavoro, inoltre, sono state impiegate le informazioni ottenute dai progetto preliminare e definitivo eseguite da altri studi di progettazione.

Inizialmente sono state riportate le soluzioni proposte per le varie opere di sostegno da utilizzare all’interno del sito; a seguito dei risultati ottenuti dal suddetto lavoro sono state inserite, all’interno della progettazione definitiva, quelle opere in grado di soddisfare al meglio le esigenze tecniche-economiche del committente.

Nello specifico verranno trattati gli aspetti inerenti alla progettazione dell’opera di sostegno che ha mostrato maggior criticità, cercando di individuare problemi e relative soluzioni inerenti alla progettazione dell’ opera stessa.

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INTRODUZIONE

Il seguente elaborato risulta essere strutturato in quattro capitoli.

Nel primo capitolo si riportano le informazioni generali dell’area in oggetto, quali finalità dell’opera, caratteristiche morfologiche, geologiche ed idrogeologiche ed infine un inquadramento normativo.

Nel secondo capitolo viene illustrata la campagna di indagine, con il dettaglio delle prove eseguite sia in sito che in laboratorio, ed il modello geologico con le rispettive interpretazioni. Successivamente viene riportata la strutturazione del modello geotecnico di tale sito in base a tutte le informazioni reperite precedentemente.

Nel terzo capitolo si delinea un inquadramento generale delle opere di sostegno impiegate. Vengono poi riportati tutti gli aspetti riguardanti la progettazione e la verifica della struttura di sostegno che ha presentato maggiore criticità, tra cui ipotesi progettuali, modelli di calcolo e il relativo software impiegato.

Infine, nel quarto capitolo vengono riportate le conclusioni riguardanti gli aspetti positivi e negativi della campagna di indagine e dell’opera di sostegno che verrà realizzata nel progetto definitivo.

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RINGRAZIAMENTI

Desidero ringraziare i miei genitori per avermi permesso di raggiungere i miei sogni. E alla mia ragazza che mi ha accompagnato in questo percorso.

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STUDIO GEOTECNICO DI UN IMPIANTO

GEOTERMICO PILOTA A CASTELNUOVO VAL DI

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Descrizione generale dell’opera Capitolo I

CAPITOLO 1

DESCRIZIONE GENERALE DELL’AREA

1.1 DESCRIZIONE DEL PROGETTO

Nel presente paragrafo si riporta una breve descrizione del progetto e delle principali opere. Il terreno sul quale verrà realizzato il progetto è ubicato nel territorio comunale di Castelnuovo Val di Cecina in località Podere Casanova nei pressi della frazione di Montecastelli Pisano.

Figura 1.Vista satellitare area oggetto intervento

Il progetto in oggetto è riferito alla realizzazione di un impianto geotermico pilota proposto da RGT – Rete Geotermica Toscana S.r.l. nell’ambito di un permesso di ricerca della superficie complessiva di 7.5 kmq.

Il progetto prevede la realizzazione essenzialmente di due opere principali: • Campo pozzi, con due pozzi per la produzione dei fluidi geotermici (uno

subverticale e l’altro direzionale) sino a profondità di circa 3500 m e di un pozzo per la re-immissione dei fluidi estratti, inclusi i gas incondensabili, all’interno delle stesse formazioni geologiche di provenienza, profondo anch’esso circa 3500 m. I tre pozzi saranno perforati da un'unica postazione.

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pag. 2

geotermici, da una centrale a ciclo binario, con potenza netta di 5MWe (come stabilito dal D.lgs. 03/03/2011 n. 28 e s.m.i.) e da una cabina elettrica di trasformazione

Per la costruzione di tali opere sono necessarie diverse opere civili.

Nello specifico è necessaria la realizzazione di una nuova viabilità per accedere alle aree in cui sorgeranno gli impianti sopra descritti; sono inoltre necessarie opere di scavo e di rinterro per la realizzazione di piazzali, in cui sorgerà il campo pozzi e l’impianto geotermoelettrico, ma anche di piazzali per lo stoccaggio provvisorio delle terre e per il deposito dei mezzi e dei materiali. Infine, è prevista la realizzazione di due vasche, una per l’accumulo di acqua (a nord della centrale) e l’altra per l’acqua di perforazione (a sud della centrale).

Completano il quadro di opere civili in progetto, le numerose opere di fondazione, sia superficiali che profonde, le opere di sostegno, quali muri, gabbionate e paratie e infine quelle relative alla regimazione e lo smaltimento delle acque meteoriche.

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Descrizione generale dell’opera Capitolo I

1.2 INQUADRAMENTO GEOLOGICO MORGOLOGICO E

IDROGEOLOGICO DELL’AREA

1.2.1

Premessa

Nei paragrafi seguenti si riporta un inquadramento geologico morfologico e

idrogeologico, in particolare sugli aspetti di pericolosità e fattibilità delle opere in sito, ai sensi del D.M. 17/01/2018, “Norme Tecniche per le costruzioni” entrato in vigore dal 22 marzo scorso e del D.P.G.R. 36/R del 09/07/2009 “Disciplina sulle modalità di svolgimento delle attività di vigilanza e verifica delle opere e costruzioni in zone soggette a rischio sismico”, secondo il quale l’intervento, per complessità e volumetrie, ricade in classe d'indagine n. 4 (opere di volume lordo superiore a 6000 mc).

Figura 3. Inquadramento Topografico

Si fa riferimento alle cartografie, di seguito riportate, relative al Vincolo Idrogeologico, alle classificazioni di pericolosità geomorfologica ed idraulica del

Regolamento Urbanistico comunale, al Piano di Assetto

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pag. 4

Si possono distinguere, all’interno della zona di progetto, tre aree così denominate: • Area 1: Viabilità di accesso

• Area 2: Invaso di accumulo temporaneo • Area 3: Area centrale, piazzali e vasca

Figura 4.Mappa schematica con la numerazione delle aree

1.2.2

Inquadramento strutturale

Il territorio interessato rientra nel contesto orogenetico dell'Appennino Settentrionale, catena che si è corrugata nell'Oligocene; è situato nella fascia interna o peri-appenninica. Nella zona, in seguito alla collisione tra il margine continentale europeo e quello adriatico, si sviluppa una tettonica a thrust, caratterizzata da scorrimenti verso Est delle Unità Toscane prima, e di quelle Umbro-Marchigiane poi, ricoperte dalle Unità Liguri.

Si riporta uno schema generale che illustra i rapporti tra i complessi geologici presenti nella zona in figura successiva.

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Descrizione generale dell’opera Capitolo I

Figura 5. Rapporti tra serie geologiche nella Toscana centro-meridionale

Il sollevamento della catena appenninica, avvenuto progressivamente da Ovest verso Est, è stato seguito (dal Miocene superiore al Pleistocene) da movimenti tettonici che hanno portato, in un primo momento, alla formazione della cosiddetta “Serie ridotta” nella Toscana meridionale. Uno dei casi di serie ridotta è rappresentato in Val di Cecina dalla sovrapposizione delle liguridi direttamente sulle formazioni calcaree della Serie Toscana. In un secondo momento, a partire dal Tortoniano, il settore crostale corrispon-dente al margine tirrenico dell’Appennino, sottoposto ad una dinamica di progressivo assottigliamento in un regime tettonico di tipo distensivo, iniziò a fratturarsi e l’edificio a falde venne tagliato e smembrato verticalmente in una serie di blocchi rialzati (horst) e abbassati (graben) reciprocamente delimitati da faglie normali a geometria listrica. Si formarono in tal modo alcune fosse tettoniche subparallele orientate in direzione

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appen-pag. 6

ninica (NW-SE) che divennero inizialmente sede di bacini continentali (nei quali si svi-luppano ambienti deposizionali di tipo fluvio-lacustre) per poi evolvere in bacini marini, col proseguire della distensione e dello sprofondamento.

Figura 6. Rapporti tra le formazioni neogeniche (Bossio et alii; boll, soc. Geologica 1996)

La formazione delle fosse tettoniche non avvenne in modo sincrono in tutta la Toscana meridionale, ma migrò progressivamente da Ovest a Est accompagnata da fenomeni magmatici sia intrusivi che effusivi.

Nell'area d'interesse i bacini di sedimentazione sono compresi tra due horst: la Dorsale Medio Toscana (ad Est) e la Dorsale Peritirrenica (ad Ovest).

Secondo recenti ricostruzioni il sollevamento relativo della Dorsale Medio Toscana determinò la riesumazione di parte del substrato “toscano” e la conseguente esposizione in superficie delle formazioni evaporitiche del Trias superiore (Anidriti di Burano). In questo contesto si sono succeduti vari cicli sedimentari.

Il ciclo più antico si realizzò nel Tortoniano inferiore in ambiente marino; la subsidenza proseguì e nel Messiniano inferiore si instaurò un dominio prima lacustre, poi lagunare salmastro, dovuto all’aprirsi di nuove vie di comunicazione tra il Bacino di Volterra e il Mar Tirreno, che portò alla deposizione di varie litologie prima conglomeratiche, poi argilloso marnoso e subordinatamente gessose. In questa fase (7-6 Ma) ai depositi di tipo continentale si sovrapposero in discordanza sedimenti di tipo marino (calcari di scogliera, sabbie e argille), depositi caratteristici della prima ingressione marina, che si estendono fino all’odierno spartiacque con la Val d’Elsa, rappresentato dalla Dorsale Medio Toscana.

A partire dal Messiniano (6 Ma), in seguito ad un cambiamento del clima in senso arido e all’attenuazione delle connessioni tra l’Oceano Atlantico e il Mediterraneo, i bacini furono interessati da un notevole incremento della salinità a cui fece seguito la

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Descrizione generale dell’opera Capitolo I deposizione di cospicui spessori di rocce evoporitiche tra cui strati e banchi di gesso e, nelle zone più centrali dei bacini interessati dal fenomeno (ossia ove la concentrazione salina raggiungeva livelli più elevati), lenti di salgemma che attualmente formano strati intercalati ai sedimenti miocenici. La situazione di crisi idrologica del Mediterraneo terminò con l’inizio del Pliocene inferiore (Zancleano: 5,3 Ma) con la riapertura delle connessioni stabili con l’Oceano Atlantico che riportarono condizioni di mare aperto a salinità normale e la ripresa della sedimentazione marina a cui si accompagnò un approfondimento delle depressioni tettoniche che favorì la deposizione di depositi argillosi (Argille Azzurre).

L’espansione del dominio marino non avvenne in sincronia ovunque, così che i

sedimenti dell’inferiore si appoggiano o ai depositi miocenici o direttamente al substrato premiocenico. La trasgressione, come già detto, trovò le sue cause nel ripristino delle comunicazioni tra l’Atlantico e il Mediterraneo e nei fenomeni di subsidenza (Bossio et alii1996).

In seguito, l’evoluzione del bacino non è più univoca: nella parte a Nord del fiume Cecina la sedimentazione rimane continua fino al Pliocene medio; nella parte a Sud del Cecina è discontinua e si distinguono due cicli: uno del Pliocene inferiore ed uno del Pliocene medio. I due cicli sono separati da un periodo di emersione che interessò un po’ tutta l’area meridionale del graben, e che fornì abbondante materiale clastico che finì nelle aree più settentrionali dove lo ritroviamo sotto forma di potenti intervalli sabbiosi, risposta locale al sollevamento sopradetto.

Nell’intervallo di tempo corrispondente ai due cicli precedenti, pur essendo sempre attiva la tettonica distensiva, il sollevamento eustatico causato dall’assottigliamento crostale prende il sopravvento sui fenomeni di sprofondamento tettonico e così come era già avvenuto in parte nella zona a Sud del fiume Cecina, avviene l’emersione con la contemporanea deposizione di facies regressive: nell’area di Pomarance queste zone sono costituite da sabbie e calcari arenacei. Il mare rientra nel Pleistocene inferiore ma raggiunge solo la bassa valle dell’Arno, del Cecina e del Tevere.

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pag. 8

Figura 7. Stereogramma strutturale, schematico e non in scala mostrante i probabili rapporti delle linee trasversali

Secondo uno studio svolto congiuntamente dall’Università di Siena e da Magma Energy Italia, le strutture più recenti riconoscibili nell'area in esame sono tutte di tipo fragile (faglie) e si possono dividere in due famiglie, una con orientazione SW-NE (anti-appenninica) ed una con orientazione NW-SE ((anti-appenninica), con reciproci rapporti di ortogonalità.

Le faglie a direzione anti-appenninica mostrano indicatori cinematici che denunciano prevalenti movimenti trascorrenti sinistri, mentre le faglie a direzione appenninica sono caratterizzate da dominante cinematica normale. Ambedue le famiglie di faglie

dislocano i sedimenti del Villafranchiano inferiore e quindi la loro attività può essere attribuita ad un periodo di tempo compreso fra il Villafranchiano inferiore e l’Attuale. Non si può comunque escludere che tali strutture siano state attive anche prima del Villafranchiano, sebbene la piccola entità di rigetto, sia orizzontale che verticale, non sostiene apertamente quest’ultima interpretazione. Le relazioni geometriche fra le due famiglie di faglie indicano rapporti di reciproca dislocazione: vi sono infatti casi, come a sud dell’abitato di Montecastelli, in cui le faglie a direzione NW-SE dislocano od arrestano la prosecuzione delle faglie anti-appenniniche, oppure casi opposti, come ad esempio nei pressi di podere Casanova poco a sud di Montecastelli.

Si riscontra per tanto che i due sistemi fragili si sono sviluppati contemporaneamente e sotto l’azione dello stesso campo di sforzi. Come ben noto, fratture di taglio fra sé

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Descrizione generale dell’opera Capitolo I ortogonali (o prossime all’ortogonalità) possono svilupparsi in ambiente tettonico distensivo, come è il caso della Toscana meridionale, quando l’estensione non può omogeneamente distribuirsi nel settore di crosta interessato dalla deformazione. In questo caso, che è la norma data la eterogeneità reologica della crosta superiore, l’estensione viene trasferita da un settore all’altro attraverso strutture di taglio subverticali, a prevalente rigetto orizzontale, definite come transfer fault. Pertanto, le strutture anti-appenniniche sono interpretate come transfer fault, sviluppatesi

contemporaneamente alle faglie dirette per lo più appenniniche, responsabili della maggior parte dell’estensione crostale della Toscana meridionale.

1.2.3

Caratteristiche geologiche e stratigrafiche

1.2.3.1 Inquadramento generale

Per quanto riguarda i caratteri litologici e stratigrafici, oltre alla carta geologica della Regione Toscana, quale documento ufficialmente riconosciuto, e alla carta geologica del quadro conoscitivo del Piano Strutturale, è disponibile uno studio di dettaglio, al quale viene fatto riferimento, che riguarda il territorio compreso tra Montecastelli Pisano e la Fattoria di Tegoni; tale studio, che comprende anche una carta geologica con relative sezioni, è stato svolto congiuntamente dal Dipartimento di Scienze della Terra

dell'Università di Siena e da geologi di Magma Energy Italia S.r.l., nell'ambito di una convenzione scientifica. L'utilizzo di tale studio è stato autorizzato per la redazione della presente. Gli stralci di cartografie relative sono contenuti figure seguenti. Dette carte, di seguito riportate, rappresentano in modo molto diverso sia gli areali di affioramento delle unità geologiche che i reciproci rapporti tettonici. In particolare, lo stile tettonico che emerge a media scala dalle varie carte risulta assai diverso, in quanto ciascuna ricostruzione è influenzata dalla "scuola di pensiero" del rilevatore. Infatti sia la cartografia del 1976 che quella CARG riflettono la classica interpretazione della tettonica distensiva ad horst e graben per faglie dirette ad andamento appenninico, mentre nella cartografia UniSi i rilevatori hanno cercato di aggiungere informazioni riguardo alle strutture trascorrenti anti-appenniniche, ma al contempo laddove prima erano state viste lineazioni di faglia di tipo diretto hanno "letto" la presenza di bacini sedimentari dovuti a sistemi estensionali di tipo duttile, riducendo la portata dei sistemi horst-graben.

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Figura 8. Carta geologica - 1:10.000 (Fonte: Regione Toscana - Progetto CARG)

Figura 9. Carta geologica - 1:10.000 (Fonte: Universita' degli Studi di Siena, 2014)

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Descrizione generale dell’opera Capitolo I successione neogenica riferibili al Miocene e litotipi della successione ligure .

Viene riportata la descrizione delle varie litologie e formazioni esistenti a partire da quelle più recenti:

DEPOSITI DEL QUATERNARIO

Alluvioni

Sono presenti nei fondivalle di tutti i corsi d'acqua, sono costituite da sabbie, limi e ghiaie; quest'ultime sono più abbondanti nelle zone con dominanza di rocce

preneogeniche o totalmente assenti in quelle dove sono presenti esclusivamente litologie neogeniche. I clasti, se presenti, sono di dimensioni variabili in genere imbricati, a composizione e diametro variabili.

Coltri detritiche

Sono costituite da spessori talvolta consistenti di materiali eterogenei, clasti di dimensioni

variabili immersi e sostenuti da una matrice pelitica e/o sabbiosa.

SUCCESSIONE NEOGENICA Argille del Torrente Fosci (FOS)

Si tratta di argille massicce grigio piombo o grigio nocciola, spesso marnose con frequenti lenti e livelli di lignite e più raramente sottili livelli di arenarie, conglomerati minuti e marne. Gli spessori massimi si aggirano intorno ai 300 m. Poggia sopra o lateralmente e con passaggi eteropici alla Formazione del Torrente Sellate.

L'ambiente di sedimentazione è prevalentemente lacustre anche se nel tratto sommitale le associazioni micropaleontologiche testimoniano il passaggio all'ambiente lagunare-salmastro. L'età è riferita al Turoliano inferiore (Tortoniano sup. - Messiniano inf.)

Formazione del Torrente Sellate (SLEc)

La Formazione del Torrente Sellate è qui rappresentata dalla litofacies dei conglomerati, denominati “di M. Soldano”. Si tratta di conglomerati poligenici con clasti provenienti dalle Liguridi (soprattutto elementi di calcari a Palombini), con matrice arenacea polimodale, spesso osservabili in strati cementati in spessori sub-metrici, con clasti arrotondati di dimensione solitamente centimetriche, talora anche minuti. Vi possono essere delle intercalazioni arenacee. Il colore sul rossastro indica una precedente alterazione sub-aerea della matrice.

Questa unità si presenta interdigitata fittamente con le Argille del T. Fosci, anche in forma di lenti con rapporti di eteropia di facies. Le intercalazioni tra questi due termini

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indice di una sedimentazione di tipo prossimale. Questa formazione può raggiungere in alcune zone dei dintorni uno spessore di 60 m.

UNITÀ OFIOLITIFERA DELLE ARGILLE A PALOMBINI

Formazione delle Argille a palombini (APA)

Costituisce la parte più cospicua del complesso ofiolitifero, all'interno del quale mostra, con le altre unità litostratigrafiche quasi sempre contatti tettonici. Sono generalmente sormontate da terreni neoautoctoni con contatto stratigrafico discordante. Mostrano generalmente un assetto caotico e sono costituite da argilliti, siltiti e marne di colore grigio scuro o marrone, nella parte stratigraficamente più alta prevalenti siltiti e areniti quarzofeldaspatiche.

A questi litotipi si alternano livelli di tipici calcari silicei grigio piombo in strati

di potenza non superiore al metro, spesso decimetrici. Raggiunge spessori attorno ai 250 m. È interpretabile come deposito di piana abissale interessato da episodi torbiditici silicoclastici. L'età è riferibile al Cretaceo inferiore.

Basalti (beta)

I basalti si presentano in genere massicci, localmente brecciati, con tessitura afanitica e di colore da grigio scuro a verde scuro, talvolta presentano struttura a pillows. Spesso le patine di alterazione sono rossastre per la presenza di ossidi di ferro; le facies prevalenti sono quelle afiriche.

Gabbri (GAMMA)

Sono caratterizzati da una facies prevalente a grana da media a medio-grossa (gabbri “eufotidi”). Queste rocce mostrano paragenesi relative ad almeno tre processi

metamorfici accompagnati da deformazioni plastiche penetrative.

Serpentiniti (SIGMA)

Si tratta di rocce di colore variabile dal verde chiaro al verde scuro con riflessi bluastri e tessitura generalmente massiccia o debolmente foliata. In alcune zone si rinvengono porzioni a struttura cataclastica, con elementi cementati da un reticolo di vene di carbonato e/o di serpentino.

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Descrizione generale dell’opera Capitolo I 1.2.3.2 Rilievo geologico di dettaglio dell'area d'intervento

Durante il mese di ottobre 2018 da parte della Geologa Rita Nardi è stato condotto un rilevamento di dettaglio nell’area interessata dal progetto, finalizzato ad identificare gli affioramenti geologici e gli elementi geomorfologici rilevanti ai fini progettuali. È stata predisposta una carta geologica e alcune sezioni riportate nei capitoli seguenti del presente studio. Il rilevamento geologico nell'area si è rivelato di notevole difficoltà. Vi sono infatti vari fattori che rendono complicato dare un senso compiuto al rilevamento geologico, i quali sono così riassumibili:

• La gran parte delle aree di interesse è soggetta da decenni alla lavorazione agricola meccanizzata, pertanto le "singolarità" di tipo geologico e in parte geomorfologico, ossia quegli elementi che solitamente consentono il

rilevamento, sono state cancellate quasi integralmente. Prova ne sia il fatto che nelle aree non boscate è presente una coltre di terreno vegetale pressoché uniforme e che i vari elementi lapidei, ossia essenzialmente trovanti e massi di calcare "palombino" e di conglomerati cementati, sono stati movimentati ed accatastati nelle fasce di transizione dal campo al bosco o addirittura spinti nei boschi stessi;

• Le linee di scorrimento dei fossi, laddove solitamente si va a ricercare, nei punti maggiormente erosi, la natura della formazione geologica subaffiorante, sono rese inaccessibili da una fitta copertura di rovi ed altre specie infestanti,

distribuita a fascia lungo le linee di deflusso. È stato quindi possibile osservare solo pochissimi punti lungo i fossi;

• le aree boscate sono caratterizzate dalla presenza uniforme di vegetazione con copertura che va dalle specie erbacee agli arbusti agli alberi, tale da mascherare gli affioramenti anche grazie alla loro capacità di trattenere uno spessore

indeterminato di terreno vegetale. Inoltre, alcuni punti sono resi inaccessibili da recinzioni.

Il risultato di questi fattori è che i punti di affioramento osservabili in campagna, nonostante gli accurati sopralluoghi, sono limitati. Sono prova oggettiva di queste difficoltà di rilievo le sensibili differenze tra le varie cartografie geologiche dell'area pubblicate nel corso degli anni, a partire dalla classica carta geologica dell'Alta Val di Cecina (Lazzarotto e Mazzanti, 1976) fino alle più recenti cartografie CARG e al

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pag. 14

rilevamento da noi svolto, che non ricalca nessuna delle tre cartografie sopra citate. Più in dettaglio si può osservare come si sia tentato di identificare terreni di copertura di diversa natura. In campagna è infatti possibile osservare delle variazioni nell'aspetto dei suoli, con zone dove abbondano i frammenti di rocce verdi, altre dove prevalgono clastici di origine miocenica, altre ancora costituite da argilla e frammenti di calcare a palombini. Dette coperture riflettono la presenza a monte della formazione che le ha generate, ossia rispettivamente i Gabbri (G), le formazioni Mioceniche del T. Sellate (SLEc, conglomerati e sabbie) e del T. Fosci (FOS, argille con alcune intercalazioni), le Argille a Palombini (APA).

La natura dei terreni di copertura non è omogenea in tutta l'area, anzi in certi settori si può riconoscere la presenza di una frazione derivante da una ben precisa litologia (ad esempio ofioliti, unità mioceniche etc.). Si potuto pertanto ricostruire una distribuzione areale dei vari terreni di copertura (vedi in seguito) distinti in base al loro aspetto, descrivendo come "detrito misto" i terreni non chiaramente caratterizzabili.

L'unico elemento veramente innovativo riscontrato grazie ai sondaggi è una sequenza (Argille a Palombini – Ofioliti – Argille a Palombini) che deve essere a nostro giudizio interpretata come una sovrapposizione originatasi per accavallamento tettonico delle unità durante la fase compressiva dell'orogenesi appenninica. Questa interpretazione è supportata dall'osservazione, fatta anni fa dallo studio Gemina in un sito posto pochi chilometri ad ovest di questo, di una analoga sovrapposizione delle stesse unità di chiara origine tettonica, rimarcata anche dall'esistenza di brecce tettoniche di ofioliti mai segnalate nelle cartografie ufficiali.

In sondaggio si hanno riscontri più chiari sulla natura e la posizione delle unità sopra citate, come illustrato di seguito:

a) Un primo, importante elemento che è stato possibile osservare dalle carote eseguite durante la campagna di indagine ( si veda Capitolo 2) è relativo ai detriti costituiti prevalentemente da ofioliti, ossia terre con abbondante frazione di rocce verdi, solitamente in frazione di sabbia e breccia minuta. Dette terre solitamente giacciono sopra un termine ofiolitico non lapideo, alterato ma apparentemente non rimaneggiato e quindi non inquadrabile come falda

detritica. Trattasi di un termine originato da disgregazione meccanica e chimica del gabbro, di natura probabilmente eluviale, interpretato come "regolite" dei Gabbri ossia, in altri termini, come una sorta di spessore di alterazione in posto della roccia madre. Le caratteristiche meccaniche di questo termine sono

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Descrizione generale dell’opera Capitolo I analoghe a quelle di una sabbia densa. A tale proposito è importante osservare come la mera infiltrazione di acqua piovana nelle cassette catalogatrici

contenenti le carote sia riuscita a disgregare buona parte di questi campioni.( Figura 10)

Figura 10. Aspetto delle carote di terre ofiolitiche prima e dopo l’esposizione alla pioggia

In nessun sondaggio questo termine di alterazione è stato oltrepassato, per cui, anche se in termini geologici si può già cartografare come formazione dei Gabbri (G), va precisato che la parte lapidea della formazione, così come conosciuta in affioramento in varie zone dell'alta Val di Cecina, non è stata raggiunta. Per quanto riguarda i punti di affioramento dei Gabbri, questi sono veramente minimi e limitati ad elementi di scarsissima estensione: si segnalano un paio di affioramenti intorno al rudere Casanova e un paio nel settore WSW dell'area, uno a q. 325 circa sul limite del campo, l'altro a q. 320 circa nel bosco (Fig. 11). Gabbri alterati si osservano anche sulla scarpata di monte della SP 27. Secondo la nostra ricostruzione da parte della Geologa Rita Nardi, agevolata dalle osservazioni delle carote, in termini stratigrafici siamo in presenza di una fascia di gabbri intercalata tra le argille a palombini, formando una

giustapposizione che, come accennato, riteniamo dovuta all'accavallamento tettonico delle unità durante l'orogenesi appenninica. La sequenza ofiolitifera classica vede infatti le Argille a Palombini al tetto della serie, poggianti o

direttamente sulle rocce verdi o su altri termini qui non osservati (diaspri, calcari a calpionelle), a differenza del raddoppio riscontrato con i sondaggi. Si può

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pag. 16

riusciti ad osservare la presenza di ofioliti tra le Argille a Palombini,

rappresentandole però come corpi disarticolati mal cartografabili, forse intesi come olistostromi.

Figura 11. Affioramento di Gabbro a SW dell’area 3

b) Altre informazioni importanti provengono dall'osservazione degli elementi di età Miocenica. In superficie vi sono vari punti dove sono osservabili conglomerati e sabbie della formazione del Torrente Sellate (SLEc), mentre in sondaggio sono state rinvenute anche le Argille del T.Fosci (FOS). Gli affioramenti di SLEc sono concentrati tra le quote 330 e 300 circa lungo la fascia di bordo boscata che delimita, ad est, il campo sud (Area 3, centrale e piazzali); si rinvengono altresì alcuni elementi lungo la corrispondente fascia boscata che delimita il campo est (Area 2, invaso) tra q 310-320, nonché nel settore tra il campo est (Area 3) ed il ramo nord del Botro Bucignano (Fig. 12). In carotaggio sono stati rinvenuti

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Descrizione generale dell’opera Capitolo I terreni chiaramente detritici contenenti una frazione di sabbie e conglomerati, a loro volta sovrastanti terre a grana prevalentemente fina, localmente anche con sabbia, interpretate come unità Mioceniche in posto. Rarissimi sono i livelli cementati segnalati in carotaggio, di dimensioni centimetriche. Vari sondaggi hanno oltrepassato le unità Mioceniche, riscontrando che queste possono poggiare sia su termini di natura ofiolitica che su Argille a Palombini.

Figura 12. Affioramento di Conglomerati in un punto denudato dell’area 2

Come già esposto nell’inquadramento geologico della zona, le due unità mioceniche SLEc e FOS sono in rapporti di eteropia e di interdigitazione reciproca, qui come in altre zone dell'Alta Val di Cecina, anche con non-conformità angolari intraformazionali.

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pag. 18

Le unità mioceniche presenti nell’areale delimitato a nord dal Botro Bucignano e centrato nell’area 2 fin quasi al pod. Casanova e in parte dell’area 3, per lo più sotto estese coltri di detrito. Affioramenti di unità Mioceniche si hanno anche nei versanti ad est e a sud del Botro Bucignano. La cartografia CARG ha proposto una delimitazione per faglia del bordo del bacino di sedimentazione tra miocene e le unità liguri. In quanto caso risulta una concordanza di tale rilievo sulla natura strutturale di tale contatto, precisando che la natura e la posizione di tale lineazione sono frutto di una ricostruzione più che di chiare osservazioni di campagna.

c) Le Argille a Palombini (APA), meglio definibili come alternanze irregolari di argilliti e siltiti argillose grigie, in spessori solitamente superiori al metro, con calcari lievemente marnosi grigio chiari (detti "Calcari Palombini”) di spessore submetrico, in questa zona sono ampiamente rappresentate. In tutto il settore nord iniziano a comparire attorno a q. 340-345, riconoscibili per la diffusa presenza di massi calcarei immersi in argilla e per alcuni punti di affioramento dei calcari in formazione (es. Fig. 14); interessano inoltre la fascia dell'attuale strada di accesso al pod. Casanova e tutto il settore a Nord del Botro Bucignano, dopodiché non vi sono più affioramenti. Vi sono tuttavia ancora abbondanti tracce della loro presenza, sia per le vere e proprie discariche di massi in particolare sul bordo nord del campo tra Casanova e il futuro invaso, sia per la presenza di pietre e pietroni di calcare palombino lungo i fossi e di frammenti calcarei della stessa natura in quasi tutti i detriti misti.

Figura 14. Affioramento di calcari a Palombini fratturati, a nord del Botro Bucignano sul bordo dell’area 1

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Descrizione generale dell’opera Capitolo I In sondaggio sono state incontrate Argille a Palombini indisturbate, nelle tipiche alternanze irregolari di argille grigie e calcari, o sotto copertura detritica o sotto Gabbri alterati; quest'ultimo aspetto, è quello che permette di confermare il raddoppio di serie delle APA.

Nel complesso le Argille a Palombini sono una formazione piuttosto caotica, a causa di una elevata deformazione tettonica.

Tale formazione viene interpretata come substrato locale di tutte le varie unità osservate in superficie e in sondaggio, come esemplificato nelle sezioni geologiche.

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pag. 20

1.2.4

Caratteristiche morfologiche dell’area

1.2.4.1 Inquadramento geomorfologico del Piano strutturale

In questo paragrafo si fa riferimento alla cartografia del quadro conoscitivo del Piano Strutturale comunale risalente al 1996, riportata qui sotto. Nella cartografia sono innanzitutto distinte le zone interessate da vegetazione significativa da quelle denudate dove sono frequenti i fenomeni di erosione attiva. Sono prevalenti corsi d'acqua caratterizzati da alvei profondamente incisi e sono presenti anche lineamenti geomorfologici particolari quali le forme calanchive che si generano nei terreni neogenici sabbioso-argillosi.

Figura 15. Carta geomorfologica - 1:10.000 (Fonte: Piano Strutturale comunale)

Nelle aree comprendenti sia quella di studio che quelle limitrofe, il variare delle forme del paesaggio è connesso con l'eterogeneità di costituzione dei substrati.

Il paesaggio è tipicamente collinare nella zona dell’intervento e nei dintorni, sfumando verso un tipo collinare-montuoso nell’alto morfologico di Montecastelli e più a nord. Le aree morfologicamente più basse in genere corrispondono alle depressioni tettoniche neogeniche, dove affiorano i terreni più erodibili mentre quelle di alto morfologico corrispondono a strutture rilevate, in corrispondenza delle quali affiorano le unità liguri tra cui Gabbri e Serpentiniti rappresentano i termini più resistenti. Sinteticamente si

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Descrizione generale dell’opera Capitolo I osserva che le caratteristiche geomorfologiche sono state determinate principalmente dalle condizioni geologiche e strutturali dei luoghi.

Sia nei terreni neogenici che in quelli preneogenici eterogenei come le Argille a Palombini, i fenomeni di instabilità sono piuttosto frequenti.

Nei terreni neogenici, soprattutto ai margini delle depressioni tettoniche, a causa delle scarpate associate ai principali lineamenti strutturali, sono possibili frane di tipo complesso con nicchie di distacco singole o multiple coalescenti, con la parte di

distacco interessata da scivolamenti rotazionali che evolvono nella zona di accumulo in colamenti e scivolamenti traslativi. Frane di crollo di limitata entità possono interessare i litotipi più resistenti quali le successioni

conglomeratiche ed i calcari organogeni.

Nell'area oggetto dell'intervento il principale elemento geomorfologico sono gli alvei profondamente incisi del Botro Bucignano e dei suoi tributari. Sono presenti inoltre aree parzialmente o totalmente denudate, le quali in alcuni punti sono soggette a fenomeni di erosione attiva che nei dintorni hanno dato luogo anche a modeste forme calanchive. Questo tema cartografico è reperibile sul portale Geoscopio della Regione Toscana, Database geomorfologico della Regione Toscana.

Il criterio principale di classificazione è quello morfogenetico, cioè l'origine delle forme, che quindi sono classificate in funzione dei processi endogeni (legati a dinamiche interne della litosfera) ed

esogeni (es. acque correnti superficiali, gravità, ecc., legati a dinamiche esterne alla litosfera) con associata l'indicazione della sequenza cronologica e morfodinamica con particolare distinzione tra forme attive e non attive.

I criteri di classificazione proposti si basano sui principi contenuti nei Quaderni e Manuali ISPRA (1994; 2006; 2007; reperibili su

http://www.isprambiente.gov.it/it/servizi-per-lambiente/ pubblicazioni/periodici-tecnici/i-quaderni-serie-iii-del-sgi) e loro aggiornamenti relativi alle Linee

Guida per il rilevamento e la rappresentazione della Carta Geomorfologica d'Italia alla scala 1:50.000, criteri comunemente adottati nella letteratura scientifica e tecnica internazionale.

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pag. 22

Figura 16. Area d'intervento Carta geomorfologica - 1:10.000 (Fonte: Regione Toscana – DB Geomorfologico Geoscopio)

I criteri di classificazione delle forme, dei depositi e dei processi geomorfologici adottati nella presente legenda sono i seguenti:

Morfogenesi

▪ Forme strutturali e vulcaniche

▪ Forme, processi e depositi di versante dovuti alla gravità; ▪ Forme e depositi dovuti alle acque correnti superficiali; ▪ Forme e depositi di origine carsica;

▪ Forme e depositi di origine glaciale, periglaciale e crionivale; ▪ Forme e depositi di origine eolica;

▪ Forme e depositi di origine marina;

▪ Depositi lacustri, palustri, lagunari e di colmata; ▪ Forme e prodotti dell'alterazione meteorica in situ; ▪ Forme poligeniche di spianamento;

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Descrizione generale dell’opera Capitolo I Morfo-evoluzione

La classificazione morfo-evolutiva delle forme riguarda in senso più ampio il loro stato di attività. L'evoluzione delle morfologie è legata a numerosi fattori e la classificazione è stata effettuata in base ai seguenti criteri:

▪ Forme attive o in evoluzione per processi in atto, attivati recentemente o riattivabili nel breve periodo o non in equilibrio con il regime morfogenetico attuale.

▪ Forme quiescenti, il cui modellamento non è in atto ma di cui non si può escludere la riattivazione.

▪ Forme stabilizzate, artificialmente o naturalmente; forme relitte, cioè non più riattivabili nelle attuali condizioni morfogenetiche o morfo-climatiche a causa di variazioni morfologiche, ambientali o interventi antropici che ne hanno eliminato le cause predisponenti e/o scatenanti.

▪ Indeterminate. Forme per le quali non è possibile stabilire lo stato di attività. ▪ Non applicabile. Forme per le quali lo stato di attività non è applicabile a

causa di dinamiche geomorfologiche particolari.

Nell'area oggetto dell'intervento la suddetta cartografia evidenzia la presenza di un movimento franoso inattivo quiescente che ne interessa parzialmente la porzione SE; è evidenziato anche il corrispondente orlo di scarpata di frana.

Nella porzione settentrionale dell'area di intervento è invece evidenziata la presenza di depositi superficiali, costituiti da clasti angolosi e subangolosi eterometrici con

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pag. 24

1.2.4.2 Rilievo geomorfologico di dettaglio dell'area d'intervento

Tra ottobre e novembre 2018 è stato effettuato un rilevo geomorfologico, sempre da parte della Geologa Rita Nardi, di dettaglio sulla base del quale è stata predisposta la carta geomorfologica di seguito riportata.

Figura 17. Carta Geomorfologica di dettaglio

In base a tale rilievo devono essere messe in evidenza alcune importanti criticità di tipo geomorfologiche riscontrate, distinte per le tre aree evidenziate in precedenza.

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Descrizione generale dell’opera Capitolo I

1.2.4.2.1 Area 1 – Viabilità di accesso

In corrispondenza dell’imbocco sulla S.P. 27 si trova un attraversamento stradale che porta le acque incanalate a monte della provinciale (Fig. 18) lungo una fossetta artificiale posta lungo il lato di monte della pista che conduce al Pod. Casanova (Fig. 19), con recapito nel Botro Bucignano. La modifica di questo elemento deve essere considerata in sede di progetto in quanto la nuova viabilità si sovrappone alla fossetta attuale.

Il botro proveniente dal Pod. San Nicolò si presenta particolarmente inciso a monte del tracciato stradale di progetto, con richiamo di materiale dalle sponde. Questo elemento deve essere considerato e può essere mitigato con modesti interventi di regimazione idrogeologica.

Si segnala inoltre che regimazione dei deflussi lungo la pista tra la SP 27 e il Pod. Casanova è del tutto carente e comporta la formazione di solchi di deflusso lungo due tratti di carrarecce poste nell’area boscata circostante il botro (non cartografate), cui si può ovviare con semplici opere di manutenzione della pista (Fig. 20).

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pag. 26

Figura 19. Posizione della fossetta di scolo a monte della pista di accesso

Figura 20. Solchi di deflusso lungo le carrarecce da mancata regimazione delle acque

La principale criticità dell’area 1 è rappresentata dall’attraversamento del Botro

Bucignano, il quale rappresenta un elemento geomorfologico attivo capace di erosione e di trasporto solido, anche di pietre. Sempre lungo il botro si segnala un accumulo di detrito in sponda sinistra proveniente da nord, con una corrispondente fascia

parzialmente denudata a monte dello stesso. È ragionevole assumere che l’accumulo sia dovuto ad una frana inattiva. Tale accumulo sembra aver localmente deviato la linea di deflusso del fosso incurvandola (rispetto all’andamento lineare della cartografia 1:10.000) e causando lo scalzamento della sponda destra, lungo la quale sono esposti terreni detritici. Questi sono facilmente erodibili fino alla loro base, dove è stato osservato un livello di conglomerati cementati, in posto (Fig. 26).

A nord del botro, sui margini dell’area 1, si rilevano accumuli artificiali di massi di calcari a Palombini, cartografati come discariche (Fig. 27). Detti accumuli sono adiacenti anche all’affioramento di calcari di Fig. 19.

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Descrizione generale dell’opera Capitolo I

Figura 21. Testa di strato di conglomerati cementati, alla base di altri conglomerati e di detrito, lungo il Botro.

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pag. 28

1.2.4.2.2 Area 2 – Invaso di accumulo temporaneo

In tutta l’area campestre (Fig. 28), salvo una ristretta zona di affioramento di

conglomerati (Fig. 29), è presente una coltre di copertura costituita da detrito misto, di spessore imprecisato ma che non sembra di particolare entità, quantomeno se

confrontata con le zone circostanti.

Figura 23. Panoramica del campo (area 2) da monte

Figura 24. Panoramica del campo (area 2) dl basso. È visibile il sondaggio BH9 e il punto di affioramento di

Nel 2016 nell’area2 sono stati eseguiti (non a fini geognostici) n. 2 campionamenti di terre che, seppure non sufficienti per caratterizzare un’areale di circa 4 ha, forniscono qualche ragguaglio utile sullo spessore della coltre detritica: un saggio sulla fascia nord a q. 335 circa ha riscontrato circa 1.20 m di argille rimaneggiate di copertura sopra le Argille a Palombini (terreno vegetale praticamente assente), l’altro sulla fascia sud a q. 310 circa ha incontrato quasi 1 m di terreno vegetale e circa 50 cm di argille rimaneggiate su argille (FOS) apparentemente in posto.

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Descrizione generale dell’opera Capitolo I Quindi la natura della copertura detritica varia da monte a valle e il suo spessore è generalmente limitato; tuttavia in base a criteri morfologici nel settore di valle dell’area 2 si riconosce una forma di accumulo detritico il cui spessore sembra crescere via via che si scende di quota verso il botro, a partire dall’altezza del sondaggio BH9 (Fig. 30). Si ritiene che le normali dinamiche evolutive dei versanti, costituite da creeping

superficiali e da colamenti lenti, eventualmente accelerate dagli effetti della lavorazione meccanica dei terreni, abbiano comportato la movimentazione di buona parte della copertura detritica soprattutto dalla parte centrale del campo creando un accumulo consistente alla base del campo, di spessore che aumenta avvicinandosi al fosso. In questa situazione il Botro Bucignano è agente di erosione al piede, in quanto scorre a quota notevolmente inferiore (circa 8-10 m) rispetto alla linea di scarpata ed è quindi profondamente inciso rispetto a detti terreni. La scarpata al piede dell’area 2 è coperta da vegetazione impenetrabile ma se osservata dalla sponda opposta sembra avere una pendenza molto maggiore dei terreni circostanti (Fig. 30).

Figura 25. Panoramica del campo (area 2) dal versante opposto, con limite presunto dell’accumulo detritico al piede

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pag. 30

Alla testa di detta scarpata, alla base del campo, è stata rilevata una frana attiva caratterizzata da una nicchia di distacco larga circa 15 m, misurabile in lunghezza per circa 12 m dopo di che il dissesto viene nascosto dalla fitta vegetazione ma

ragionevolmente continua fino al Botro. Va tenuto presente che dissesti di questo tipo tendono naturalmente ad evolvere e retrocedere.

Figura 26. Testa della frana attiva ai piedi dell’area 2, ripresa da nord

(38)

Descrizione generale dell’opera Capitolo I 1.2.4.2.3 Area 3 – Centrale, piazzali e vasca

Anche in questo caso, in tutto il campo è presente una coltre detritica superficiale. La morfologia generale è caratterizzata da forme mammellonari ed è complicata dal fatto che il substrato geologico cambia, da terreni di facies ligure a monte e ad est a terreni miocenici a valle e ad ovest.

Figura 28. Panoramica del campo (area 3) da valle

La carta geomorfologica della regione Toscana (Geoscopio) riporta una frana quiescente nella porzione orientale dell’area, definita “in corso di verifica”. La consistenza di tale frana tuttavia è assai dubbia. In occasione delle osservazioni al progetto in fase di V.I.A. è stato eseguito un sopralluogo in zona da parte di due geologi incaricati da Magma Energy finalizzato ad eseguire riscontri sui caratteri geologici e geomorfologici di tale frana, che non hanno rilevato evidenze di forme particolari riferibili a movimenti in atto o incipienti. Questo aspetto è stato evidenziato nella documentazione di VIA da parte di RGT.

Il rilievo eseguito dalla Geologa Rita Nardi, per quanto riguarda l’areale occupato dal progetto, è in sostanziale accordo con quanto è già stato precedentemente osservato. Nell’area campestre non sono visibili frane in atto o incipienti, anche se la morfologia dell’estremo sud-est del campo è di dubbia interpretazione: mancando purtroppo dati geognostici in questo punto si ritiene di poter identificare su base geomorfologica un accumulo detritico di piede.

I terreni boscati tra il campo e il botro, pur essendo difficili da ispezionare, conducono ad osservazioni di altro tipo.

Vi sono infatti rotture di pendio e scarpate a 30-40 m dal botro (Fig. 34) che sono da mettere in relazione alla presenza del botro come fattore morfogenetico agente su conglomerati in parte cementati, che offrono una maggiore capacità di assumere forme ad alto angolo a seguito di fenomeni erosivi e franamenti.

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pag. 32

Figura 29. Scarpata in conglomerati e sabbie nel bosco, legata alla presenza del botro come agente morfogenetico

Il rilevo all’interno Botro della Quercia (tributario di destra del Botro Bucignano), posto lungo il bordo sud dell’area 3 (Fig. 35), ha consentito di osservarne le sponde, con alcuni punti in forte erosione. Qui è presente detrito misto di copertura (Fig. 36) pertanto si segnala che esso sta incidendo materiale che non è in posto.

Nel punto di confluenza del Botro della Quercia con il Botro Bucignano si rileva la presenza in alveo di grossi blocchi sia di conglomerato miocenico che di calcare a palombini e gabbri a testimonianza della grande energia di trasporto in occasione delle piene (Fig. 37).

(40)

Descrizione generale dell’opera Capitolo I

Figura 30. articolare del Botro della Quercia a sud dell’area 3, che incide profondamente una coltre di detrito misto

Figura 31. Detrito misto con abbondante materiale miocenico nella scarpata in erosione lungo il Botro della Quercia

(41)

pag. 34

Figura 32. Trasporto solido di pietrame e blocchi nel Botro Bucignano alla confluenza con il Botro della Quercia

Una situazione particolare si rileva nella porzione sud-ovest dell’area in questione. Qui è presente un fosso non cartografato (identificabile sulle mappe catastali ma senza toponimo) avente direzione NW-SE, delimitato da una scarpata ad alto angolo rispetto ai terreni sovrastanti. La scarpata raggiunge altezze di circa 7-8 m e non è indagabile a causa della fitta copertura di vegetazione infestante. Si tratta di un fosso secondario normalmente asciutto, tuttavia si possono riconosce alcuni elementi di interesse tra cui l’erosione legata ai deflussi, i quali si verificano evidentemente con eventi rapidi in occasione delle piogge, nonché punti di smottamento provenienti dalla scarpata che hanno spostato la linea di deflusso del fosso rendendola irregolare. La fascia interessata dalla scarpata deve essere considerata come un elemento soggetto ad evoluzione

geomorfologica, sia per la pendenza che per la presenza del fosso al piede.

Figura 33. Fosso (non cartografato nella CTR 1:10.000) sul limite SW dell’area 3. Si osserva la scarpata ad alto angolo coperta da vegetazione infestante e il soprastante ciglio al limite dell’area 3

(42)

Descrizione generale dell’opera Capitolo I

1.2.5

Caratteristiche idrogeologiche dell’area e di

permeabilità.

1.2.5.1 Quadro conoscitivo del Piano Strutturale

Si fa riferimento alla cartografia del quadro conoscitivo del Piano Strutturale comunale, riportata qui sotto. In tale cartografia le formazioni geologiche, in funzione di un giudizio qualitativo sul grado di permeabilità, sono state raggruppate in base alla loro permeabilità, sia per porosità (primaria) che per fratturazione (secondaria).

Figura 34. Carta della permeabilità - 1:10.000 (Fonte: Piano Strutturale comunale)

Nella tabella seguente è riportata la distinzione delle formazioni geologiche in base al tipo e al grado di permeabilità:

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pag. 36 Legenda tabella:

d: detrito; di: discariche e riporti; a: alluvioni; at: alluvioni terrazzate;

pc1: conglomerati a prevalente matrice limo sabbiosa; pa: argille azzurre; m3: argille lacustri; m5: gessi con sabbie ed argille; m6: argille marine ; ds: detrito da

paleoscivolamento; g1: calcari massicci; g3: calcari selciferi; ps: calcari detritici e sabbie fossilifere; m4: sabbie cementate; en: calcareniti; c1: calcari a calpionella; Γ: gabbri; Σ: serpentiniti; m1: conglomerati lacustri; pc: conglomerati; pe: formazione di Lanciaia; O: macigno serie toscana; g6: diaspri; c7: flysch calcareo marnoso; Δ: basalti; e: argille e calcari; c2: argilliti e calcari silicei (palombini); ce: argilliti varicolori; g4: marne a Posidonomya; T1a: anidriti; Tv: filadi e quarziti.

Il Piano Strutturale riporta anche una valutazione qualitativa della vulnerabilità degli acquiferi dalla quale emerge che relativamente all'area di interesse affiorano sia litotipi altamente permeabili (coltri detritiche) che praticamente impermeabili.

Le risorse idriche del territorio non sono pertanto significative. I limitati sistemi acquiferi sono impostati su queste tipologie di litotipo:

• Argille a Palombini, appartenenti alle unità liguri; • Corpi magmatici dell’unità ofiolitifera;

• Calcare detritico-organogeno o formazioni mioceniche sabbioso conglomeratiche;

• Alluvioni;

1.2.5.2 Database delle emergenze idriche

Viene presentata una planimetria con alcune emergenze ricavate dalla consultazione di database regionali, di Arpat (SIRA) e degli studi di supporto al P.S. comunale.

Le Argille a Palombini hanno una permeabilità d'insieme scarsa, possono presentare localmente una circolazione limitata agli strati calcareo-arenacei, solitamente assai superficiale. Le sorgenti, quando presenti, hanno portate limitate (< 0,5-0,1 l/sec) e regimi stagionali. Escludendo quindi le possibili sorgenti superficiali, le Argille a Palombini sono considerate nel loro complesso una formazione impermeabile. Su questo litotipo riconosciamo la presenza di un pozzo, indicato nella carta che segue con la lettera C

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Descrizione generale dell’opera Capitolo I presumibilmente utilizzato per l’irrigazione e che sfrutta una circolazione corticale trascurabile.

Figura 35. Carta geologica da CARG con indicazione di pozzi e sorgenti da database della Regione Toscana integrato

Il punto D identificato in carta rappresenta una piccola sorgente di sbarramento al contatto tra argille a palombini e argilliti e calcari di poggio Rocchino, che pur avendo un comportamento idrogeologico d’insieme simile, localmente mostrano un leggero contrasto di permeabilità. La sorgente ha portate di poco conto, difficlmente valutabili ed è usata per uso domestico-agricolo dal Pod. La Quercia. Il punto E identificato in carta rappresenta una sorgente di placca detritica a servizio del Pod. Santa Maria con caratteristiche di portata e di uso analoghe al punto D.

Le unità di origine magmatica appartenenti al complesso ofiolitifero presentano un grado di permeabilità variabile in funzione della fratturazione (permeabilità di tipo secondario).

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pag. 38

A nord est del borgo di Montecastelli sono presenti due sorgenti denominate Saracilieri 1 e 2, identificate rispettivamente con le lettere I e J, che facevano parte della vecchia rete acquedottistica.

Queste due sorgenti sono caratterizzate da una concentrazione di Mg superiore ai limiti di legge per le acque idropotabili: questo particolare chimismo è connesso alla

composizione delle rocce ofiolitiche in cui le acque circolano prima della venuta a giorno. Le sorgenti Saracilieri non sono presenti nel database regionale e sono state estratte da database di Arpat. Il calcare detritico organogeno presenta spesso un'intensa fratturazione ed è interessato da fenomeni di dissoluzione e carsismo. In questo contesto si individuano le due sorgenti Caldanelle e Carceraio a Ovest di Montecastelli Pisano in prossimità del Torrente Pavone, poco a sud del ponte per S.Dalmazio, che rappresentano le emergenze di un sistema di circolazione freatica all’interno di una placca di calcare detritico organogeno. Hanno buone portate (1.5-2.0 l/sec) ma fortemente influenzate dalla piovosità: in occasione di piogge improvvise ed abbondanti le portate aumentano considerevolmente e si manifesta un'elevata torbidità con trascinamento di foglie e terra. Le due sorgenti fanno parte della rete acquedottistica di Montecastelli e sono

identificate rispettivamente con le lettere B ed A.

Le formazioni mioceniche conglomeratico-sabbiose sono dotate di una permeabilità variabile in funzione del grado di cementazione e fratturazione. Nei pressi dell’area d’interesse sono inserite le due sorgenti identificate con F e G che non hanno portate di rilievo.

I depositi alluvionali, per le loro caratteristiche, presentano condizioni favorevoli all'instaurarsi di falde acquifere; nella zona d'interesse hanno però una ridotta

estensione, limitata al fondovalle del T.Pavone a Ovest delle zone di interesse. In carta sono segnalati con la lettera H alcuni punti di prelievo alimentati dalla circolazione di subalveo del Torrente.

Dalla scarsità e dal tipo di elementi esistenti si evince come non vi siano significativi sistemi acquiferi, con la parziale eccezione dei sistemi che alimentano le sorgenti della rete acquedottistica sopra citate. Gli altri punti identificati in base alla consultazione di data base regionali, degli studi di supporto al P.S. comunale e da inchiesta sul terreno, sono captazioni nelle alluvioni o captazioni di sorgenti di minima portata instauratesi su circolazioni subcorticali, che prescindono in genere dalla natura delle formazioni sottostanti.

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Descrizione generale dell’opera Capitolo I 1.2.5.3 Livelli piezometrici

Sono state eseguite varie misure di livello in quattro piezometri (cfr. paragrafo 9.6 – Misure piezometriche) che hanno riscontrato livelli piezometrici prossimi al piano di campagna.

In termini idrogeologici non si può parlare di falda idrica in senso stretto in quanto non vi sono né una formazione acquifera vera e propria né un sistema di ricarica.

Probabilmente in questi terreni vi sono delle modeste circolazioni idrauliche “sospese” a carattere stagionale, la cui posizione e consistenza non è ben definibile ed è variabile nel tempo. Dal punto di vista geotecnico è in ogni caso assolutamente necessario tenere in debita considerazione l’esistenza di pressioni neutre nel sottosuolo. Si deve assumere che le massime quote piezometriche misurate possano essere anche occasionalmente superate.

Le letture dei piezometri sono state svolte per un periodo di tre mesi dall’inizio della campagna geognostica. Per avere dati significativi sulla variabilità temporale dei livelli è necessario disporre di misure nell’arco di almeno un anno.

(47)

pag. 40

1.2.6

Aspetti lito-tecnici

La carta litotecnica (carta derivata) è stata ricavata attraverso una elaborazione della carta geologica in cui le formazioni geologiche sono state raggruppate in tre classi con caratteristiche lito-tecniche omogenee. All'interno delle tre classi principali individuate sono state poi definite delle sottoclassi in base al grado di fratturazione e stratificazione, ai rapporti quantitativi tra le argilliti ed i calcari, al grado di cementazione e alla composizione granulometrica.

Figura 36. Carta litotecnica - 1:10.000 (Fonte: Piano Strutturale comunale)

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Descrizione generale dell’opera Capitolo I Nella tabella seguente è sintetizza la classificazione adottata.

Legenda tabella:

d: detrito; di: discariche e riporti; a: alluvioni; at: alluvioni terrazzate;

pc1: conglomerati a prevalente matrice limo sabbiosa; pa: argille azzurre; m3: argille lacustri; m5: gessi con sabbie ed argille; m6: argille marine ; ds: detrito da

paleoscivolamento; g1: calcari massicci; g3: calcari selciferi; ps: calcari detritici e sabbie fossilifere; m4: sabbie cementate; en: calcareniti; c1: calcari a calpionella; Γ: gabbri; Σ: serpentiniti; m1: conglomerati lacustri; pc: conglomerati; pe: formazione di Lanciaia; O: macigno serie toscana; g6: diaspri; c7: flysch calcareo marnoso; Δ: basalti; e: argille e calcari; c2: argilliti e calcari silicei (palombini); ce: argilliti varicolori; g4: marne a Posidonomya; T1a: anidriti; Tv: filadi e quarziti.

Nell'area indagata sono presenti terreni di tipo 3b e 3c che corrispondono alle formazioni neogeniche, alle coperture detritiche a alluvionali quaternarie.

Sono presenti inoltre terreni tipo 1c corrispondenti ai gabbri e 2b corrispondenti alle argilliti e calcari silicei (palombini).

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1.3 PERICOLOSOTA’ GEOLOGICA MORFOLOGICA E

IDROGEOLOGICA

In ultimo ai sensi delle NTC 2018 è rilevante, ai fini della presente relazione, fornire una descrizione delle pericolosità geologiche dell’area, soprattutto in relazione ai possibili processi di instabilità.

Dette pericolosità sono sintetizzabili come segue.

L’areale esaminato è di tipo collinare con pendenze tipiche del 12-15% ma che possono anche superare il 20%, valori rientranti nella categoria topografica T1, il cui limite è circa il 27%. La morfologia viene variata localmente da alcuni elementi molto più ripidi come le scarpate rilevate lungo i fossi e in altri punti. In tali condizioni la lenta

evoluzione geomorfologica dei versanti per soliflusso e soil creep rappresenta la

normalità, in quanto le coperture detritiche sono solitamente al limite dell’equilibrio. Le lavorazioni agricole meccanizzate hanno accelerato questi processi evolutivi.

Nell’area esaminata non sono state rilevate frane attive o quiescenti, fatta eccezione per una frana di scoscendimento larga 15 m posta al piede del versante dell’area 2. Frane attive sono state osservate nel versante opposto all’area 2, in sinistra rispetto al Botro Bucignano.

I principali accumuli di detrito sono stati rilevati ed opportunamente evidenziati nella carta geomorfologica; tra questi hanno particolare interesse per estensione e spessore quelli ai piedi dei versanti. Detti accumuli rappresentano ragionevolmente il risultato della normale evoluzione geomorfologica dei versanti collinari sopra citata; rispetto ad essi devono essere attentamente valutati

gli effetti che possono avere le opere (scavi, sovraccarichi, variazioni del regime idrogeologico etc.).

I fossi, in particolare il Botro Bucignano, rappresentano agenti geomorfologici attivi che hanno modellato la fascia di fondovalle anche con creazione di scarpate ad alto angolo in formazioni competenti (vedi par. 1.3.3); della loro presenza si deve tenere conto in fase di progettazione, in quanto i fossi, in particolare il Bucignano, sono capaci di forti erosioni, trasporto solido e, nel tempo, scalzamento di scarpate al piede.

Tutte le scarpate rappresentano elementi “sensibili” dal punto di vista geomorfologico; tra queste le principali sono quella posta lungo il bordo sud-ovest dell’area 3 e quella al piede dell’area 2. In questi settori si devono valutare le possibili reciproche interferenze tra le opere e gli elementi geomorfologici ed adottare soluzioni progettuali adeguate; ad esempio, possono essere realizzate delle opere tali da arrestare l’evoluzione morfologica

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Descrizione generale dell’opera Capitolo I del fosso non cartografato al bordo sud-ovest dell’area 3, nel contempo adottando fondazioni tali da distribuire in profondità i sovraccarichi dovuti alle opere in modo da non sollecitare l’elemento.

Nella medesima logica, particolare attenzione deve essere posta nel definire le opere stradali in corrispondenza della fascia di attraversamento del Botro Bucignano, per la presenza di scarpate ma anche di settori con accumuli di detrito, che costituiscono elementi di debolezza per la stabilità.

Dal punto di vista idrogeologico sono state riscontrate gravi carenze nel reticolo di regimazione idraulica dei terreni. In pratica le acque sono libere di defluire lungo le linee di massima pendenza senza mai trovare fossette o canalizzazioni atte a

convogliarle verso i fossi. Questo assetto, sebbene sia ormai comune in tutti in terreni soggetti a lavorazioni meccanizzate, le quali hanno eliminato i preesistenti reticoli, non è idoneo a preservare la stabilità dei suoli e delle coltri detritiche. Le piste, in assenza di canalizzazioni, diventano esse stesse percorso preferenziale di deflusso lungo il quale si creano erosioni incanalate.

Per mitigare la pericolosità geomorfologica deve essere quindi ricreato totalmente un reticolo di regimazione e deflusso che includa le vecchie piste, la nuova viabilità e in generale la regimazione di tutti i terreni. Deve essere salvaguardata la funzionalità dell’unica fossetta oggi presente, che si trova a monte della pista nel tratto tra la SP 27 e il Botro Bucignano, la quale potrebbe andare ad interferire con la posizione della nuova viabilità.

La regimazione idraulica deve essere associata alla ricostituzione di una copertura vegetale con fitte specie erbacee nonché, possibilmente, anche arbustive ed arboree di tutte le aree scoperte. In questo modo si ottiene l’effetto di preservare dall’erosione il terreno vegetale ma anche di ridurre i fenomeni di saturazione del suolo in condizioni di piogge intense che, creando incrementi delle pressioni neutre, potrebbero portare a problemi di instabilità geotecnica.

In relazione ad eventuali processi di instabilità dei versanti dovuti alla presenza delle opere è necessario che siano valutate le condizioni di stabilità a breve e a lungo termine di tutti gli interventi, tenendo conto anche delle possibili oscillazioni del livello di acqua nel sottosuolo. Non avendo a che fare con unità lapidee, le quali entro certi limiti

sarebbero capaci di autosostenersi in caso di escavazioni, si raccomanda di valutare la realizzazione di adeguate opere di sostegno per tutte le opere in scavo.

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CAPITOLO 2

CARATTERIZZAZIONE GEOTECNICA DEL SITO

Il presente capitolo tratta la caratterizzazione dei parametri geotecnici relativi alla progettazione delle opere civili inerenti al “progetto geotermico pilota Castelnuovo”, proposto da RGT – Rete Geotermica Toscana S.r.l.

Per tanto saranno esposti i procedimenti, le interpretazioni ed i calcoli eseguiti al fine di giungere ad un modello geotecnico quanto più coerente con il comportamento reale del sito. Di seguito si riporta la campagna di indagine geotecnica, inserendo brevi

spiegazioni sulle modalità di esecuzione delle prove, allo scopo di consentire una migliore comprensione.

2.1 CAMPAGNA DI INDAGINE GEOTECNICA

2.1.1

Generalità

Durante il periodo dei primi giorni di settembre fino ai primi giorni di ottobre, presso l’area in oggetto, è stata eseguita una campagna di indagine geotecnica programmata dallo studio Tecnalfa,con il supporto di Smart Engineering. L'obiettivo dell’indagine geotecnica sul sito è quello di ridurre il rischio e l'incertezza del progetto fornendo informazioni sulle condizioni del terreno e delle acque sotterranee ai fini della progettazione, determinandone le caratteristiche fisico-meccaniche di un terreno,

esprimendole attraverso parametri sintetici atti a descrivere il comportamento in risposta alle sollecitazioni. Le informazioni raccolte devono essere sufficienti per fornire un livello adeguato di dati di progettazione geotecnica per le fasi di progetto pertinenti. L'indagine sul sito fornisce informazioni sulle proprietà dei terreni ed il comportamento sotto l'intera gamma di condizioni che possono essere previste nella condizione di progetto. Questi includono:

• Modifiche temporanee o permanenti a seguito del progetto di costruzione o fenomeni naturali quali: cambiamenti dello stato tensionale, cambiamenti nel

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Caratterizzazione geotecnica del sito Capitolo II contenuto d'acqua e cambiamenti di volume associati, cambiamenti nel livello di falda e nel percorso di deflusso, cambiamenti nelle proprietà del suolo come resistenza e comprimibilità;

• Effetti dei terremoti;

• Aggressività nei confronti dei materiali posti nel terreno, come cemento e acciaio.

Le indagini si sono sviluppate in accordo al piano di indagine geognostica riportato nella seguente figura e tabella.

Figura 37. Planimetri generale piano di indagine

Per ricavare indicazioni di carattere stratigrafico e geotecnico, di necessario ausilio alla progettazione, sono state programmate le seguenti prove.

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