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STARTER MICROBICI IN PRODOTTI DI SALUMERIA: IL SALAME TOSCANO E LA FINOCCHIONA

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1. Introduzione ... 3

2. I salami ... 4

3. Caratteristiche microbiologiche della carne fresca ... 6

4. Fermentazione spontanea nei salami ... 8

5. I batteri tipici degli insaccati ... 11

6. Impiego dei microrganismi starter nella produzione dei salami ... 13

i. Batteri lattici ... 14

ii. Famiglia Micrococcaceae ... 15

iii. Muffe ... 16

7. Trasformazioni biochimiche durante la maturazione ... 17

a. Attività proteolitica ... 17

b. Attività lipolitica ... 19

8. Presentazione dell’azienda Tutto Toscano Salumi ... 21

9. Prodotti presi in esame ... 25

10. Starter utilizzati e Considerazioni ... 26

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1. Introduzione

Il termine salume serve per definire prodotti alimentari a base di carne trattati e conservati per mezzo della salagione (Zambonelli et al., 1992). L’animale la cui carne viene maggiormente impiegata per la produzione dei salumi è il suino ma, da sole o miscelate con quelle suine sono largamente impiegate anche carni bovine, equine, ovine e di specie avicole (polli, oche, tacchini). La parte grassa, aggiunta nel caso dei prodotti ottenuti con impiego di carne tritata, è sempre di origine suina poichè più sapida e idonea sotto tutti i punti di vista, sia tecnologici che organolettici; infatti il grasso suino si presenta bianco, sodo, ed estremamente fragrante. Tutti i salumi, comunque preparati, hanno in comune l’operazione della salagione la cui funzione fondamentale è quella di assicurare la conservabilità di alimenti per loro natura molto deteriorabili a causa dell’elevato contenuto in acqua. I vari tipi di salume sono ottenuti generalmente da parti anatomiche ben precise della carcassa o da combinazioni di esse, nel caso degli insaccati (Zambonelli et al., 1992). Alcuni salumi sono prodotti con pezzi anatomici interi talvolta provvisti sia della base scheletrica -osso- che della parte cutanea -cotenna- (prosciutto, spalla) altre volte costituiti solamente dal tessuto muscolare e dal tessuto adiposo presente tra i fasci muscolari o adiacente ai fasci muscolari stessi (lonza, coppa, pancetta, speck, etc). Altri salumi invece sono costituiti da carne tritata ed insaccata in budelli (salami etc).

I salumi sono prodotti alimentari tradizionali, tipici di ogni parte del mondo ed ogni Paese ha i propri, con differenze che riguardano la specie animale che fornisce la carne, gli aromi aggiunti, il tipo di preparazione ed eventualmente l’involucro. In Italia essi sono particolarmente numerosi e sono spesso lo specchio delle abitudini alimentari regionali. Secondo Manetti e Tosonotti (1984) i salumi prodotti in Italia possono essere ricondotti a 5 tradizioni fondamentali, tali da consentire di avanzare una sorta di classificazione geografica:

 Germanica Mitteleuropea, che comprende Valle d’Aosta e Trentino-Alto Adige.

 Celtica, che comprende Liguria, Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna.

 Etrusco-Latina, comprendente Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo e Molise.

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 Punico-Fenicia, limitata alla sola Sardegna.

Tuttavia, attualmente, la concentrazione della produzione, l’apertura dei mercati e la standardizzazione delle norme e delle tecnologie comportano un appiattimento della qualità (augurabilmente a livello elevato) e in particolare delle caratteristiche organolettiche, ostacolando la diffusione dei salumi tipici regionali (Zambonelli et al., 1992).

2. I salami

I salami sono il prodotto della fermentazione lattica di impasti di carne e grasso tritati, salati, trattati con differenti spezie, insaccati in budelli naturali o ricostituiti, con eventuale aggiunta di zucchero (Lücke, 1997), il loro consumo avviene solo previa stagionatura (Zambonelli et al., 1992; Ordonez et al., 1999). Nel processo tecnologico di produzione e di trasformazione del salame, gli ingredienti aggiunti (vdTab 1) rivestono fondamentale importanza per un ottimo sviluppo dei microrganismi favorevoli a scapito di quelli patogeni o alteranti e per una corretta maturazione del prodotto stesso.

Tabella 1Componenti dell’impasto medio di salami

Carne suina e/o bovina 50-98%

Grasso suino tagliato a cubetti e miscelato alla carne magra 2-50%

NaCl 2.4-4%

Nitriti e/o Nitrati per Kg 150 mg

Zuccheri: glucosio o saccarosio,

lattosio come latte o siero di latte in polvere

0.2-1% 1-2% Spezie: pepe in grani e/o macinato, aglio, semi di finocchio, vino,

peperone etc..

A seconda della tipologia

La tecnica di produzione dei salami comprende le seguenti fasi (Zambonelli et al., 1992, Cenci-Goga et al., 2008):

1. Preparazione della materia prima: dopo la macellazione e la fase successiva di sezionatura, la carne subisce una refrigerazione a 0-2°C.

2. Tritatura e Miscelazione: i tagli magri, semi grassi e grassi vengono tritati con calibro variabile a seconda della grana che si vuole ottenere. La miscelazione o impasto è di fondamentale importanza per l’omogeneizzazione del sale, nitrati,

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nitriti (Siu e Henshall, 1998), spezie ed eventuale aggiunta degli starter batterici alla materia prima.

3. Insacco: l'impasto dopo miscelatura viene insaccato in budelli naturali o artificiali. I motivi per cui si scelgono l’uno o l’altro sono di natura tecnologica e microbiologica; gli artificiali si preferiscono per la regolarità del loro calibro, la quantità di grasso, l’assenza di odori sgradevoli e di flora microbica. Il budello svolge un compito necessario per i successivi periodi di stufatura, asciugatura e stagionatura, favorendo l’anaerobiosi, limitando le perdite di umidità e fungendo da barriera naturale contro eventuali patogeni.

4. Stagionatura: la stagionatura è il periodo di tempo nel quale avvengono una serie di trasformazioni fisiche, chimiche, biologiche e microbiologiche che conferiranno le caratteristiche organolettiche tipiche all’insaccato.

La fase di stagionatura si può suddividere in 3 sottofasi: stufatura, asciugatura e stagionatura in senso stretto.

STUFATURA: I salami sono posti a temperatura di 18-26°C per riscaldare uniformemente l’impasto; l’umidità relativa (UR) compresa tra 90-94 %. La durata varia in funzione della sezione e delle dimensioni del salame. Raggiunta la temperatura desiderata inizia lo sviluppo dei microrganismi utili.

ASCIUGATURA: fase nella quale si sottrae al prodotto l’umidità in eccesso e si stimola lo sviluppo della popolazione microbica virtuosa. La temperatura scende a 16-12°C e l’umidità al 75-90 %. Questa fase è molto critica perché il pH deve scendere a valori di 4,7 - 5,3, necessari per l’azione inibente nei confronti di sviluppi microbici indesiderati. Già al 3° giorno inizia lo sviluppo delle muffe di superficie, fenomeno conosciuto con il termine “impiumatura”, sviluppo gradito in alcune tipologie di salami, sgradito in altre, nel qual caso si procede con affumicatura o lavaggi.

STAGIONATURA IN SENSO STRETTO: in questo periodo avvengono le principali modificazioni biochimiche. Le condizioni di temperatura (11-12°C) e di UR pari al 70-75%, favoriscono una lenta, ma costante asciugatura. Durante tale periodo si ottengono i principali processi fermentativi sostenuti da batteri lattici, muffe e micrococchi. Questi ultimi garantiscono la parziale idrolisi di grassi e proteine contribuendo all' arricchimento delle caratteristiche sensoriali del prodotto.

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Maturazione dei salami: la maturazione non deve essere confusa con la stagionatura e quindi limitata ad un periodo determinato, ma può estendersi dalla stufatura fino al consumo (da 15 a 180 giorni). L’effetto dell’attività combinata dei processi chimici, fisici, biochimici e microbiologici serve a garantire la riuscita del prodotto. L’umidità del prodotto scende gradualmente da valori iniziali del 50-70% a quelli finali del 27-45%. La perdita di umidità e la relativa diminuzione della aW si traducono in una ulteriore concentrazione del cloruro di sodio che accentua la sua funzione selettiva ed inibente. In questo intervallo di tempo è importante non incorrere in brusche variazioni di umidità ambientale che possono provocare la formazione di croste superficiali con accumulo di umidità al centro del prodotto. Il pH, per effetto dei batteri lattici, scende dapprima ai livelli desiderati di 4,7-5,3 rispetto a quelli iniziali di 5,6-5,8 (Aymerich et al., 2003, Cenci-Goga et al., 2008) per poi risalire di qualche decimo nella seconda fase della maturazione in conseguenza allo sviluppo delle muffe. L'attività delle muffe non si limita tuttavia al metabolismo dell’acido lattico, ma favorisce anche l’idrolisi delle proteine e dei lipidi (Philipp e Pedersen, 1988, Ludemann et al., 2004).

Lo sviluppo microbico è influenzato notevolmente dalla quantità di zuccheri presenti nella carne, o eventualmente aggiunti, dal sale e, in maniera negativa dalle spezie (Conventry e Hockey, 1993).

3. Caratteristiche microbiologiche della carne fresca

Le masse muscolari dell’animale vivo e in perfette condizioni di salute sono sterili, sterilità che viene perduta al momento stesso della macellazione. Ingram (1949) ha proposto di suddividere la flora batterica presente nelle carni in due gruppi:

• Batteri intrinseci, presenti nei tessuti profondi di animali sani. Questi batteri trovano la loro origine nell’intestino degli animali e raggiungono i tessuti prima o dopo la loro morte lungo le vie interne, quando l’abbattimento dell’animale e le successive operazioni di dissanguamento e di eviscerazione non siano condotte correttamente (Gill e Jones, 1992, Boers et al., 1992).

• Batteri estrinseci, presenti soltanto sulle parti superficiali. Essi rappresentano la maggioranza dei batteri della carne e derivano dall’ambiente (Zambonelli et al., 1992, Prendergast et al., 2004, Pearce et al., 2006).

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Narnvar e Warriner, (2006) sostengono che sia proprio l'ambiente a rappresentare la principale fonte di inquinamento, soprattutto per quanto concerne i microrganismi appartenenti alla famiglia delle Enterobacteriaceae. Le vie di contaminazione sono in ogni caso molteplici ed è per questo che è assolutamente necessario seguire precise norme igieniche di prevenzione e di contenimento della carica microbica durante la macellazione e nelle successive fasi di sezionamento della carcassa e di preparazione degli insaccati (Davies e Board, 1998). In letteratura i valori numerici, riferiti alla contaminazione superficiale di carni al termine delle fasi di eviscerazione e sezionamento della carcassa, sono ≥ 3 log10 UFC/cm², ed in differenti realtà e tecnologie fino al 4,2-4,5 log10 UFC/cm2 (Bolton et al., 2002; Zweifel et al., 2008). La carica microbica tende a salire durante le fasi di triturazione delle carni per la preparazione degli insaccati crudi poiché si aumenta considerevolmente la superficie disponibile. L’aggiunta di spezie e la successiva manipolazione portano ad un ulteriore incremento del numero di microrganismi. Pertanto le operazioni legate alla macellazione degli animali e il successivo trattamento delle carni, se non condotte nel rispetto delle buone prassi di lavorazione delle carni, possono dar luogo a contaminazioni microbiche in grado di compromettere sia la conservabilità che la qualità della carne e, in ultima analisi, la salute stessa del consumatore.

I più importanti fattori che influenzano la moltiplicazione microbica delle carni sono:

1) tipo di substrato carneo; 2) aW;

3) temperatura; 4) pH;

5) disponibilità di fonti di energia e di carbonio; 6) presenza di sostanze inibenti;

7) presenza o assenza di ossigeno;

8) tipo, numero e inter-relazioni delle diverse popolazioni microbiche contaminanti.

Uno studio condotto da Parisi e Giaccone (1983) ha permesso agli Autori di isolare ed identificare nelle carni i microrganismi riportati in tabella 2.

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Tabella 2 Elenco dei microrganismi presenti sulla carne BATTERI

Pseudomonas Micrococcaceae Flavobacterium

Microbacterium Alcaligenes Streptococcus

Corynebacterium Pediococcus Kurthia

Acinetobacter Enterobacteriaceae Bacillus

Lactobacillus Sarcina Aeromonas

Xanthomonas Leuconostoc

LIEVITI

Saccharomyces Trichosporon Debaryomices

Rhodotorula Torulopsis Candida

Hansenula

MUFFE

Penicillium Geotrichum Rhyzopus

Monilia Mucor Sporotrichum

Cladosporium Alternaria Aspergillus

Thamnidium

Fonte (Sarra e Levoni,1996)

4. Fermentazione spontanea nei salami

Subito dopo la triturazione e l’insacco della carne, le cellule microbiche uniformemente distribuite nell’impasto hanno la possibilità di moltiplicarsi. Come già accennato, il sale costituisce un fattore di forte selezione ed inibisce tutte quelle specie microbiche che non ne tollerano la presenza. Fra i gruppi microbici più sensibili sono da ricordare i batteri putrefacenti quali le Pseudomonaceae e le Enterobacteriaceae, i batteri sporigeni aerobi del genere Bacillus, molti sporigeni anaerobi del genere Clostridium (ma non tutti) ed altri meno frequentemente presenti (Comi et al., 2005; Chevallier et al., 2006). Fra i batteri alotolleranti, i primi che cominciano a sviluppare rigogliosamente sono quelli riferibili alle famiglie Micrococcaceae e Staphylococcaceae, sempre molto numerosi perchè provenienti dalla pelle e dalle mucose degli animali. Le specie appartenenti alle

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Micrococcaceae sono aerobie obbligate, rappresentate con maggiore frequenza da Kocuria rosea e K. varians (Coppola et al., 1997; Coppola et al., 2000; Martin et al., 2007). Lo sviluppo di queste specie si arresta contemporaneamente all’esaurimento dell’ossigeno; si tratta di batteri in grado di metabolizzare sia lo zucchero che altri composti quali lattati, piruvati, succinati, ecc. Le specie appartenenti alla famiglia delle Staphylococcaceae (principalmente Staphylococcus xylosus e S. carnosus), aerobie o anaerobie facoltative, sono in grado di sviluppare anche all’interno del substrato ed in anaerobiosi producono acido lattico (Nychas e Arkoudelos, 1990; Coppola et al., 1997; Coppola et al., 2000; Di Maria et al., 2002; Papamanoli et al., 2002; Mauriello et al., 2004). Questi batteri sono considerati utili perché, essendo fortemente lipolitici, contribuiscono positivamente al processo di maturazione dei prodotti (Cantoni et al., 1967; Selgas et al., 1993; Casaburi et al., 2005). Quasi contemporaneamente alle Micrococcaceae e alle Staphylococcaceae, ma più lentamente perchè all’inizio meno numerosi, si sviluppano i batteri lattici omofermentanti ed eterofermentanti facoltativi, tutti mesofili (Coppola et al., 1998; Samelis, 1998; Papamanoli et al., 2003; Comi et al., 2005).

I batteri lattici esauriscono gli zuccheri e abbassano il valore del pH portandolo a livello di 5,3 o addirittura inferiore (in funzione delle quantità di zuccheri aggiunti); in questo modo proteggono il prodotto dalla possibilità di sviluppo di batteri sensibili all’acidità del mezzo. Le specie che si riscontrano possono essere numerose e riferibili a diversi generi; quelle più frequenti sono lattobacilli riferibili alle specie Lactobacillus sakei, L. plantarum (eterofermentanti facoltativi), L. brevis e L. buchneri (eterofermentanti obbligati) (Grazia et al., 1998; Coppola et al., 1998; Rebecchi et al., 1998; Aymerich et al., 2003; Papamanoli et al., 2003). Oltre ai micrococchi e ai batteri lattici ora ricordati, nella fase fermentativa possono moltiplicarsi anche altre specie la cui azione non è univoca; alcuni batteri lattici omofermentanti quali i pediococchi ed eterofermentanti quali Leuconostoc possono affiancarsi agli altri senza sconvolgere i risultati (Santos et al., 1998; Papamanoli et al., 2003). Poco graditi sono invece gli enterococchi (Enterococcus faecalis ed E. faecium) la cui azione non è dissimile a quella dei lattici omofermentanti, ma con la prerogativa di conferire un gusto sgradevole al prodotto (Hugas, 2003; Martin et al., 2005). Non è da escludere che, nelle primissime fasi, possano moltiplicarsi anche

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Staphylococcus aureus (Atanassova et al., 2001), il più frequente agente di tossinfezioni alimentari, il cui habitat primario è la mucosa nasale dell’uomo, e Listeria monocytogenes, molto diffuso in natura e in grado di contaminare numerose materie prime alimentari (Junttila et al., 1989; Borch et al., 1996; Salvat et al., 1998) nonché agente di zoonosi. Entrambi, sia S. aureus che L. monocytogenes, sono aerobi e trovano un limite alla loro attività nella mancanza di ossigeno che si viene presto a determinare all’interno dell’impasto, ma non nella parte superficiale o prossima alla superficie. Batteri fortemente alteranti, quale Brochothrix thermosphacta (Cocolin et al., 2001; Capita et al., 2006) o fortemente tossigeni, quale Clostridium botulinum, hanno la possibilità di moltiplicarsi anche in assenza di ossigeno e di zuccheri, ma sono fortemente ostacolati od inibiti da valori di pH inferiori a 5,2; lo sviluppo di C. botulinum è inoltre del tutto inibito dai nitriti la cui funzione più importante è proprio questa (Hauschild et al., 1982; Roberts e Gibson, 1986).

Oltre che nell’impasto, un intenso sviluppo di microrganismi si verifica anche sulla superficie esterna ed interna del budello; si tratta prevalentemente di lieviti, rappresentati maggiormente da Debaryomyces hansenii (Capriotti, 1954; Dalton, 1984) e di numerose muffe più spesso riferibili al genere Penicillium. D. hansenii è uno dei pochissimi lieviti capaci di tollerare il sale, è privo di attività fermentativa e la sua moltiplicazione può aver luogo soltanto sopra o immediatamente al di sotto del budello. Secondo alcuni Autori esso svolge importanti funzioni tra cui quella di facilitare il distacco della pelle dal prodotto una volta affettato (Capriotti, 1954; Lücke e Heckelmann, 1987). Più recenti studi hanno evidenziato l’attività lipolitica di Debaryomyces hansenii sul grasso suino (Saldanha-da-Gama et al., 1997), l’attività proteolitica sulle proteine sarcoplasmatiche (Santos et al., 2001; Martin et al., 2002) e sono state purificate e caratterizzate alcune sue esopeptidasi (Bolumar et al., 2003). Di maggiore interesse è invece lo sviluppo delle muffe che avviene sul budello. I conidi presenti nell’atmosfera si depositano sul budello dove immediatamente germinano dando origine a micelio aereo; questo comincia a diventare visibile dopo 4-6 giorni e rapidamente ne invade tutta la superficie. Più spesso si tratta di rappresentanti del genere Penicillium, con prevalenza di P. cyclopium e frequente presenza di P. verrucosum, P. chrysogenum, P. nalgiovense ed altri il cui micelio penetra nell’impasto (Dragoni e Cantoni, 1979; Grazia et al., 1986; Andersen et

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al., 1996). Le muffe svolgono importanti funzioni: regolatrici dell’umidità del prodotto impedendo la formazione di crosta (Grazia et al., 1986; Singh e Dincho, 1994); utilizzando per il loro sviluppo l’acido lattico prodotto dai batteri lattici svolgono azione disacidificante, idrolizzano le proteine liberando composti azotati semplici (Rodriguez et al., 1998; Martin et al., 2002) e conferiscono infine un particolare aspetto esteriore al prodotto che, nel caso di muffe a micelio bianco, è molto gradito. Quando il processo di maturazione è piuttosto avanzato, si creano le condizioni che favoriscono anche lo sviluppo di muffe del genere Aspergillus. Gli aspergilli, infatti, sono xerofili e trovano condizioni adatte alla loro moltiplicazione quando l’umidità del prodotto è diminuita; non sono graditi perché rientrano nel gruppo di muffe che possono essere in grado di produrre micotossine pericolose: principalmente aflatossine e ocratossine (Nunez et al., 1996; Andersen et al., 1996; Bailly et al., 2004).

5. I batteri tipici degli insaccati

Nella carne dei salami, dopo la tritatura, sono presenti diversi microrganismi appartenenti a differenti gruppi microbici. L'aggiunta di cloruro di sodio svolge una forte azione selettiva, favorendo la crescita dei soli batteri alotolleranti che possono essere suddivisi in tre categorie:

• Batteri alteranti e degradativi (tabella 3) : sono batteri che con il loro metabolismo principale o conseguentemente alle attività litiche producono sostanze maleodoranti ed indesiderate, che possono condizionare la commerciabilità del prodotto.

Tabella 3 Elenco dei batteri alteranti e degradativi isolati da salami

Specie Autore

Brochothrixthermosphacta Capita et al 2006 Citrobacterbraaki Garcia Fontan et al 2007 Citrobacterfreundii Garcia Fontan et al 2007 Citrobcteryoungae Garcia Fontan et al 2007 Enterobactercloacae Garcia Fontan et al 2007 Enterococcusfaecalis Martin et al 2005 Enterococcusfaecium Martin et al 2005

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Escherichia coli Garcia Fontan et al 2007

Hafnia alvei Garcia Fontan et al 2007

Klebsiellaoxytoca Garcia Fontan et al 2007 Klebsiella terrigena Garcia Fontan et al 2007

Kluyveraspp. Garcia Fontan et al 2007

Proteusmirabilis Garcia Fontan et al 2007 Proteusvulgaris Garcia Fontan et al 2007 Providencia alcalifaciens Garcia Fontan et al 2007 Providencia stuartii Garcia Fontan et al 2007

Pseudomonasspp. Gounadaki et al 2008

Rahnellaaquatilis Garcia Fontan et al 2007 Serratialiquefaciens Garcia Fontan et al 2007

Serratiaspp. Coloretti et al 2007b

Batteri patogeni (tabella 4): sono i batteri in grado di produrre tossine che colpiscono l’apparato gastrointestinale.

Tabella 4 Elenco dei batteri patogeni isolati da salami

Specie Autore

BacillusCereus Kanatt et al., 2008 Clostridiumbotulinum Cintas et al., 1998 Clostridiumperfringens Cintas et al., 1998 Listeria monocytogenes Cintas et al., 1998 Salmonella arizonae Garcia Fontan et al, 2007 Salmonella choleraesuis Marazza e Crespi, 1963 Salmonella spp Cengi-Coga et al., 2008 Salmonella enterica typhimurium Cengi-Coga et al., 2008 Staphylococcusaureus Atanassova et al., 2001

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Batteri utili: sono i Batteri lattici appartenenti ai generi, Lactobacillus, Pediococcus, Leuconostoc e per finire i generi Kokuria e Staphylococcus, rappresentati da alcune specie particolari (Papa et al., 1990; Papamanoli et al., 2003).

6. Impiego dei microrganismi starter nella produzione

dei salami

Attraverso l’impiego di adeguate colture starter gli inconvenienti legati alle fermentazioni naturali possono essere ridotti ed eliminati. In tal caso, però, una sola coltura non è sufficiente poichè il processo microbiologico è complesso. In realtà per la produzione dei salami, si alternano tre diverse colture starter (sulla falsariga di ciò che avviene in una fermentazione naturale): prima i batteri lattici per la fermentazione principale, poi micrococchi e/o stafilococchi per le prime fasi del processo e gli aromi in maturazione ed infine le muffe per un più sicuro ammuffimento del budello (Zambonelli et al., 2001). I ceppi starter sono aggiunti all’impasto in modo da realizzare una concentrazione microbica di almeno un milione di cellule per grammo e devono essere selezionati seguendo sia criteri di sicurezza (non patogeni e non tossinogeni) sia criteri di efficienza tecnologica ed economica. Infatti essi non solo devono essere in grado di svilupparsi nelle condizioni ecologiche del processo produttivo ma devono essere in possesso della più alta competitività nelle condizione nelle quali si trovano ad operare. Le colture starter hanno il principale compito di guidare in modo programmabile il processo fermentativo durante il quale producono quei composti che sono propri del gruppo o della specie d’appartenenza e dunque sono ben note le trasformazioni chimiche e biochimiche che provocano. Inoltre, l’attività degli starter prosegue con l’autolisi spontanea delle cellule microbiche, che avviene al termine del loro sviluppo e che si protrae per lungo tempo determinando conseguenze importanti sulla qualità del prodotto. L’autolisi è dovuta all’attività degli enzimi che regolano la struttura e la formazione della parete cellulare: al termine dello sviluppo cellulare, infatti, l’attività di tali enzimi continua e determina l’idrolizzazione della parete cellulare con rilascio nel mezzo del contenuto cellulare integro e biologicamente ancora attivo. Ciò che interessa maggiormente è il patrimonio enzimatico intracellulare che continua a svolgere la propria azione specifica sui componenti del mezzo: ciò significa che l’arresto della moltiplicazione determina

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la fine dell’attività diretta delle cellule ma non di quella indiretta e che la composizione del fermentato può ancora subire ulteriori modificazioni (Zambonelli et al., 2001). Lo sviluppo dell’aroma quindi è dovuto principalmente a questi fenomeni poichè gli enzimi rilasciati dai gruppi microbici presenti agiscono sullo stesso mezzo: gli enzimi che maggiormente interessano sono le proteasi dei batteri lattici e le lipasi delle micrococcacee. La maggior parte di queste colture sono basate sui batteri lattici (ceppi Lactobacillus o Pediococcus) per assicurare una rapida acidificazione e sulle Micrococcaceae (ceppi Kocuria o Staphylococcus) per avere un buon profilo sensoriale (Toldrà F., 2006).

i.

Batteri lattici

I batteri lattici sono organismi a larga diffusione ambientale e sono ampiamente presenti negli ambienti di macellazione e di lavorazione della carni. Per la loro ubiquitarietà e per le loro caratteristiche generali trovano buone condizioni di sviluppo in vari prodotti carnei. Tali batteri sviluppano molto velocemente negli impasti di salami per la loro resistenza al pH, alla presenza di sale, nitrati e nitriti, per le loro esigenze di O2 (crescono bene in assenza di O2) nonché per la loro elevata presenza iniziale. I batteri lattici sono i principali agenti della fermentazione dei salami poiché sono in grado di fermentare velocemente gli zuccheri presenti nell’impasto, di abbassare il pH del prodotto e di renderlo qualitativamente sicuro impedendo lo sviluppo di batteri tossigeni e alteranti ma anche di contribuire all’aroma e al gusto del prodotto: per questi motivi, quindi, possono essere aggiunti agli impasti come colture starter. Il principale fattore limitante per il loro sviluppo è rappresentato dai glucidi fermentescibili che vengono rapidamente utilizzati e trasformati in acido lattico per l’abbassamento del pH intorno a valori finali di 5,3: l’entità dell’abbassamento del pH è quindi correlata alla quantità di zucchero aggiunto. L’attività dei batteri lattici, però, non si limita soltanto a ciò: dopo un certo tempo dal termine dello sviluppo, le cellule batteriche vanno incontro ad autolisi rilasciando nella matrice il loro contenuto enzimatico (soprattutto proteasi) ancora attivo che comincia a manifestare i primi effetti dopo circa 20 giorni. Il principale requisito per la scelta delle specie idonee si basa sulla più alta competitività nelle condizioni in cui si trovano ad operare e, in particolar modo fra queste, il sale non costituisce un ostacolo poiché la maggior parte delle specie del gruppo presenta un sufficiente grado di alotolleranza. Importante è anche il comportamento verso la temperatura, poichè la stagionatura

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dei salami viene condotta a livelli inferiori a 20°C: la selezione va dunque eseguita con batteri lattici mesofili. I più idonei a questo fine sono gli omofermentanti appartenenti al 2° gruppo perché danno una fermentazione più pulita (con minima quantità di composti secondari) ed un più pronto abbassamento del pH (Zambonelli et al., 2001): questi appartengono al genere Lactobacillus come Lactobacillus plantarum, Lactobacillus curvatus e Lactobacillus sakèi. I batteri lattici eterofermentanti non sono voluti poiché accumulano prodotti sgraditi come la CO2 (gonfiori con conseguenti irrancidimenti e buchi nell’impasto), H2O2 (inverdimento del prodotto) e altri composti che potrebbero influenzare le caratteristiche organolettiche tipiche dei salami.

ii.

Famiglia Micrococcaceae

Anche la famiglia delle Micrococcaceae comprende batteri alta diffusione ambientale, anche se il loro habitat naturale è in particolare la pelle dei mammiferi. Vi sono sia specie virtuose impiegate come starter nella produzione dei salami sia specie che possono produrre potenti tossine o enterotossine termoresistenti come lo Staphylococcus aureus, la specie tossigena responsabile del più alto numero di tossinfezioni alimentari. Sono utilizzate come starter poiché sono in grado di ridurre i nitrati a nitriti favorendo la sicurezza del prodotto (prevenzione dello sviluppo dei clostridi e stabilizzazione del colore), hanno una buona attività lipolitica contribuendo alla migliore maturazione dei salami ed infine hanno una buona capacità autolitica, in modo che la coltura possa svolgere tutto il suo potenziale lipolitico non solo nel corso dello sviluppo, ma anche successivamente (Zambonelli et al., 2001). L’aggiunta di colture starter di micrococchi o di stafilococchi assicura il miglior andamento dello sviluppo microbico fin dal primo momento e conferisce aroma e sapore (attività proteolitica e lipolitica), colore (produzione di catalasi con rimozione di H2O2) e miglior qualità al prodotto. Per il genere Micrococcus la specie più frequente è Kocuria varians mentre per il genere Staphylococcus sono usate le specie Staphylococcus xylosus e Staphylococcus carnosus, entrambi coagulasi negativi. I micrococchi, essendo aerobi obbligati, hanno scarsa possibilità di sviluppo se non subito dopo l'insacco: il metabolismo aerobio comporta la respirazione di O2 con formazione principalmente di H2O e CO2, quindi un ambiente anaerobico che contribuisce all’inibizione dell’irrancidimento, sfavorevole per le specie dannose e favorevole

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per lo sviluppo di batteri lattici. Inizialmente i micrococchi sono prevalenti perché costituiscono un’importante componente della microflora spontanea degli impasti, ma, terminato O2, sono sostituiti dagli stafilococchi. Gli stafilococchi si differenziano dai micrococchi per essere anaerobi facoltativi e, in assenza di O2 consumato precedentemente dai micrococchi, conducono una fermentazione sostanzialmente lattica con produzione di piccole quantità di altri prodotti (acido acetico).

iii.

Muffe

Le muffe sono accomunate da un metabolismo strettamente aerobio e fanno parte di un grande gruppo di organismi eterotrofi, i funghi, che vivono come saprofiti o parassiti o in simbiosi con altri organismi. Con il termine «muffe», infatti, s’intendono funghi che sviluppano, con colonie ampiamente diffuse, su materiali di varia natura senza la formazione di grandi corpi fruttiferi. La loro principale caratteristica distintiva è la struttura vegetativa filamentosa nota col nome di micelio: esso consiste in un sistema di cellule riunite in lunghi filamenti chiamati ife. Le ife rappresentano un sistema molto efficiente per sfruttare le risorse del substrato poiché penetrano profondamente nel mezzo su cui sviluppano provvedendo alla nutrizione dell’intero fungo che riesce ad utilizzare la maggior parte dei composti organici naturali. Poiché si ha una grande eterogeneità, fra le diverse muffe sono riscontrabili forti differenze di comportamento che riguardano soprattutto la risposta verso l’aw e verso la temperatura (Zambonelli et al., 2001). La selezione delle muffe si svolge tenendo conto di tre caratteri fondamentali: non devono produrre micotossine (ciò è legato al ceppo e deve essere comunque testato ceppo per ceppo), devono avere preferibilmente micelio bianco e devono avere velocità di moltiplicazione sul budello colonizzandolo rapidamente e completamente (Zambonelli et al., 2001). Il principale aspetto negativo delle muffe, oltre al fatto che sono molto alteranti, è che gli aspergilli sono grandi produttori di micotossine, tossiche per l’uomo: per tale motivo nei salami si usano unicamente penicilli perché presentano alcuni ceppi del tutto privi di questa capacità. Le muffe che sono fatte oggetto di selezione e che vengono usate come colture starter appartengono al genere Penicillium, in particolare la legislazione consente l’uso del Penicillium nalgiovense: è la specie preferita poiché soddisfa sia il fatto di avere il micelio bianco (rende più gradevole l’aspetto esteriore dei prodotti) sia la capacità di non produrre micotossine; inoltre presenta potere

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proteolitico e lipolitico. (Zambonelli et al., 2001). Infine, come ultima caratteristica, le muffe non devono possedere attività cellulosolitica: ciò impedisce che i salami cadano dall’essere appesi durante la maturazione. I penicilli cominciano a moltiplicarsi superficialmente ma il loro micelio penetra all’interno dell’impasto dove trova come unica fonte di carbonio l’acido lattico prodotto dalla fermentazione lattica: determinano, cosi, una disacidificazione e un contemporaneo aumento del pH. La loro presenza è importante anche perchè mantengono l’umidità del prodotto ad un livello quasi costante in tutto il volume: le muffe, infatti, funzionano come regolatrici dell’umidità, sottraendo H2O in caso di eccessi ed impedendo il disseccamento in caso contrario. Inoltre, le muffe prevengono anche la formazione di croste sul budello, la presenza di queste non permetterebbe la disidratazione dei salami, e favoriscono la sbucciatura con un maggiore distacco dalle fette. A livello industriale l’inoculo delle muffe selezionate avviene tramite una soluzione di H2O e spore per spennellamento, immersione o nebulizzazione.

7. Trasformazioni biochimiche durante la maturazione

Molti cambiamenti biochimici sono stati osservati durante la lavorazione delle carni fermentate, essendo la maggior parte di loro come una conseguenza delle reazioni enzimatiche endogene e/o microbiche. La proteolisi e la lipolisi costituiscono due dei più importanti fenomeni enzimatici, responsabili della generazione di composti con diretta influenza su sapore e aroma (Toldrà F., 2006).

a. Attività proteolitica

La proteolisi è il più complesso evento che concorre alla stagionatura dei salumi e consiste nella progressiva degradazione e scomposizione delle proteine (Toldrà F., 2006). Durante la fermentazione e la maturazione del salame la proteolisi determina l’idrolisi delle proteine miofibrillari e sarcoplasmatiche della carne con conseguente indebolimento della rete miofibrillare e formazione di catene polipeptidiche di piccolemedie dimensioni ed aminoacidi liberi. Inizialmente l’idrolisi delle proteine è principalmente attribuita alle proteasi batteriche (Lücke F. K., 1985), in particolare a quelle prodotte dai LAB (Guo S. L. e Chen M. T., 1991; Dierick et al., 1974; Martin M., 1975). Le proteine presenti nel mezzo, però, non possono essere utilizzate direttamente dai batteri. Queste, in un primo

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momento, devono essere idrolizzate a peptidi e aminoacidi liberi che, essendo più piccoli, possono essere traspostati nella cellula e, una volta entrati nel citoplasma, per azione delle peptidasi intracellulari vengono ripartiti per formare aminoacidi liberi (Law B. A., 1980). Questo processo proteolitico contribuisce a dare consistenza al prodotto, mediante degradazione della struttura miofibrillare, e all’aroma (positivo e/o negativo), mediante l’accumulo di numerosi composti a basso peso molecolare, inclusi i peptidi, gli aminoacidi, le aldeidi, gli acidi organici e le ammine (substrato di successive reazioni che portano alla formazione di numerosi altri composti) attraverso il catabolismo (decarbossilazione e deaminazione) degli aminoacidi (Hierro et al., 1999). Generalmente nei salami i processi proteolitici sono guidati dall’azione di enzimi specifici: l’idrolisi, infatti, è data dalla combinazione dell’azione delle esopeptidasi e proteasi degli starter (per autolisi) e dagli enzimi endogeni del muscolo (catepsine). Anche se non è del tutto noto in che maniera i micorganismi partecipino ai cambiamenti proteolitici durante la maturazione, per quanto riguarda gli starter, la proteolisi è attribuita alle proteasi delle Micrococcaceae e dei batteri lattici che giocano un ruolo essenziale nella formazione dell’aroma. In salami spagnoli, infatti, l’esistenza intra ed extracellulare di tali proteasi è stata dimostrata in vitro da Selgas et al. (1993) notando che l’attività extracellulare risulta generalmente più alta. Per alcune specie del genere Staphylococcus è anche stata dimostrata la forte azione proteolitica (Montel et al., 1992; Hammes et al., 1995). In alcuni studi sui batteri lattici è stato osservato che diverse specie di Lactobacillus e Pediococcus, utilizzate come starter, non hanno un ruolo importante nell’idrolisi delle proteine, mentre le loro peptidasi intracellulari possono aumentare i livelli di aminoacidi liberi (Montel et al., 1992). Nonostante la probabile esistenza delle proteinasi legate alla parete cellulare dei lattobacilli, questi microrganismi e i LAB in generale sono considerati essere debolmente proteolitici se paragonati con altri gruppi di batteri (Bacillus, Proteus, Pseudomonas, coliformi) (Kröckel L., 1995). Infatti, diversi autori hanno dimostrato che differenti LAB usati come starter mancano di qualsiasi tipo d’attività proteolitica (Nordal e Slinde, 1980; Lücke e Hechelmann, 1988). Inoltre, secondo Law e Kolstad (1983), non ci sono prove dirette che tali microrganismi abbiano un ruolo fondamentale nella formazione di composti aromatici nei prodotti carnei fermentati poiché non è certo se i loro enzimi siano coinvolti nella proteolisi della carne. Anche le muffe possono

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contribuire al processo proteolitico poiché alcune specie come il Penicillium e l’Aspergillus presentano attività proteolitica: inoltre, in alcuni ceppi di Penicillium, sono state identificate diverse proteinasi. Tale processo proteolitico è anche influenzato dall’attività delle proteasi endogene presenti nelle cellule sarcoplasmatiche della carne, come le catepsine B, H, D e L che mostrano grande stabilità nei processi di essiccazione a lungo termine, buona attività a valori di pH acido e sono in grado d’agire contro le proteine miofibrillari (Toldrà F., 2006). Altre importanti endopeptidasi muscolari come le calpaine mostrano scarsa stabilità e il loro pH ottimale, vicino a 7, è lontano da quello dei salami (Toldrà F., 2006). Nei salami fermentati l’andamento della proteolisi ed il ruolo specifico del contributo degli enzimi endogeni e microbici sono influenzati da variabili quali la formazione del prodotto (incroci iniziali e età dei suini), le condizioni di trasformazione dei salami e la scelta delle colture starter che presentano differenti attività enzimatiche, esercitando un’azione combinata con gli enzimi endogeni muscolari. La percentuale del contributo di ogni gruppo di enzimi non è del tutto chiarita, ma secondo ricerche recenti (Molly et al., 1997), sembra che la degradazione delle proteine, in particolare di miosina e actina, sia avviata dalla catepsina D, una proteinasi acida del muscolo che è favorita dalla diminuzione del pH (valori di pH attorno a 4,5) e che è in grado di degradare entrambe le proteine (Toldrà et al., 2001). Poiché le aminopeptidasi muscolari svolgono un’attività ottimale a pH neutro o basico (Toldrà e Flores, 1998), le ultime fasi della proteolisi sarebbero dominate dalle peptidasi batteriche (Sanz e Toldrà, 1999; Flores et al., 1998). Infatti, numerosi studi negli ultimi dieci anni hanno concluso che le proteinasi indigene, in particolare la catepsina D, sono principalmente responsabili della proteolisi durante la fermentazione, mentre gli enzimi batterici (catepsina L) sono più importanti durante le ultime fasi di maturazione (Toldrà et al., 1992). Altri importanti fattori sono correlati col processo tecnologico. Per esempio, la temperatura e il tempo di maturazione determineranno una maggiore o minore azione degli enzimi e la quantità di sale aggiunto, che è un risaputo inibitore delle catepsine e di altre proteasi, regolerà anche l’azione enzimatica e di conseguenza la proteolisi ed il sapore (Toldrà F., 2006).

b. Attività lipolitica

La lipolisi, ossia la parziale degradazione della frazione lipidica, svolge un ruolo primario nella formazione dell'aroma dei salami. Essa consiste nella

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scomposizione dei trigliceridi e dei fosfolipidi ad opera di enzimi di natura endogena (lipasi dei tessuti muscolari e adiposi significativi nelle prime fasi della fermentazione) o esogena (lipasi microbiche). Le lipasi sono idrolasi che agiscono prevalentemente sui legami carbossilici dell’estere presenti negli acilgliceroli liberando acidi organici, mono e digliceridi, acidi grassi liberi e glicerolo. Nel caso dei fosfolipidi, che costituiscono una frazione minore dei grassi totali, le fosfolipasi del muscolo sono le uniche lipasi responsabili della loro idrolisi (Toldrà et al., 2001). Gli acidi grassi, attraverso ulteriori reazioni ossidative, agiscono da precursori di altri componenti dell'aroma come esteri, aldeidi, chetoni, lattoni e alcoli altrettanto importanti nel caratterizzare il profilo sensoriale del prodotto finale. Il grasso dei salami ha un elevato contenuto in acidi grassi che contribuiscono al conferimento del sapore: la specificità delle lipasi influenza lo sviluppo dell’aroma poiché gli acidi grassi a corta e media catena hanno il più alto impatto sull’aroma stesso. Esiste anche una correlazione positiva tra l’aroma, l’acidità del grasso e il contenuto di acidi grassi a corta catena: il grasso, quindi, è essenziale nello sviluppo di un aroma corretto durante la maturazione dei salami. La scomposizione iniziale dei trigliceridi sarebbe il risultato di lipasi endogene come la lipasi acida lisosomiale, molto attiva a pH attorno a 5.0, e la lipasi neutra, che è naturalmente presente nel tessuto grasso (Toldrà et al., 2001). Le lipasi microbiche, invece, derivano prevalentemente dal genere Staphylococcus e Micrococcus, anche se non mancano lipasi prodotte da specie del genere Lactobacillus e dalle muffe: nello specifico queste ultime svolgono un ruolo importante sia all’esterno dei prodotti su cui sviluppano sia all’interno grazie alle loro ife contribuendo ad un maggiore odore tramite la loro grande attività lipolitica. Dellarras C. (1982) trova che in prodotti carnei il genere Staphylococcus ha una maggiore attività lipolitica rispetto al genere Micrococcus. Nonostante ciò, per quanto 18 riguarda le Micrococcaceae, esiste una maggiore attività lipolitica extracellulare che intracellulare: ciò è molto importante poiché il carico di micrococchi diminuisce progressivamente dopo 15-20 giorni dalla maturazione (Selgas et al., 1988; Palumbo et al., 1976). Alcuni batteri lattici sono caratterizzati da attività lipolitica anche se Nordal e Slinde (1980) non osservano significativi comportamenti lipolitici quando i LAB sono usati come colture starter nella produzione di salami. Molti batteri lattici non possono idrolizzare i trigliceridi ma possono comunque agire sui mono e digliceridi, contribuendo così

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all’idrolisi dei grassi e alla formazione di acidi grassi liberi. La conseguenza di tali attività è che i mono e digliceridi sono in grado di legare la frazione proteica idrosolubile con quella grassa liposolubile favorendo la consistenza, la stabilità e la compattezza del prodotto. Oltre a ciò, gli acidi grassi liberi presenti, alterando le membrane di microrganismi alterativi e patogeni, possono svolgere un’azione antimicrobica. Partecipa anche alla formazione di particolari molecole responsabili del caratteristico aroma e odore degli insaccati, come ad esempio alcuni esteri etilici, metilchetoni, 2-alcanoni, 2-metilbutanale e 3-metilbutanale. Contemporaneamente, però, si può osservare anche un irrancidimento del prodotto poiché i fenomeni di lipolisi liberano vari acidi grassi che possono fungere da substrato per reazioni ossidative: l’irrancidimento ossidativo è, infatti, l’alterazione più grave e più frequente a carico dei grassi alimentari, quindi è presente anche nelle carni fermentate come i salami. Le reazioni ossidative sono di natura chimica con sviluppo di radicali che, per la loro reattività, innescano una propagazione a catena. Nella fase di terminazione di tali reazioni, i radicali si stabilizzano formando diversi composti organici come aldeidi e chetoni volatili, responsabili dell’odore di rancido. Vi sono diversi fattori che possono influenzare l’alterazione in modo negativo (temperatura alta, esposizione alla luce, presenza dell’enzima lipossidasi, presenza di perossidi, contatto con alcuni metalli e presenza di pro-ossidanti come l’emoglobina e la mioglobina) e in modo positivo (presenza di antiossidanti).

8.

Presentazione dell’azienda Tutto Toscano Salumi

L’azienda Tutto Toscano Salumi di Marco Piacenti, sita in San Miniato Basso (PI) è un'azienda di recente costituzione che ha iniziato con le prime prove di produzione a Marzo 2015, contando sull’esperienza del titolare, Marco Piacenti, maturata presso aziende di famiglia che si sono da sempre occupate della produzione di salumi. Il signor Piacenti, parte di una dinastia di norcini, conosce molto bene le tecniche tradizionali toscane di produzione dei salumi e può inoltre avvalersi di precedenti prolungate esperienze anche nella produzione di prodotti commerciali connotati da ricette industriali e standardizzate. La scelta di aprire un’azienda in proprio rappresenta per il signor Piacenti soprattutto un’occasione per riportare in tavola quei sapori, odori e colori di un tempo, fiori all'occhiello dell’antica tradizione toscana.

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All’interno dell’azienda si producono salsicce, spalle, rigatini, gote, salami toscani, finocchione, sbriciolone, prodotti a base di tartufo e di carne di cinghiale (salsiccie, salami etc), utilizzando materie prime di esclusiva provenienza regionale (carne di suini nati, allevati e macellati in Toscana, cinghiali provenienti da attività venatoria praticata sul territorio regionale, sale di Volterra); i budelli impiegati nelle produzioni sono naturali e legati a mano.

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Nelle foto si possono osservare in ordine cronologico: fasi della legatura della finocchiona, il locale stufatura/asciugatura ed il locale stagionatura.

Dal punto di vista strutturale l’azienda è stata riadattata a partire da una struttura che precedentemente era adibita a prosciuttificio, articolata su due piani, con al piano terra i tavoli per la lavorazione, la cella per la carne fresca in condivisione con lo spazio adibito ai budelli, la cella dei prodotti salati, la stanza degli ingredienti, un locale-cucina (precedentemente utilizzata per i prosciutti cotti) ed infine un cella di stoccaggio dei prodotti confezionati sottovuoto. Al piano superiore, oltre ai locali spogliatoio, gli uffici e la zona di spedizione, sono presenti la stanza della stagionatura, le celle di stufatura/asciugatura (una più grande ed una più piccola per poter separare i prodotti aromatizzati) e la macchina per effettuare il confezionamento sottovuoto.

Di seguito viene presentato in maniera schematica il diagramma produttivo delle tipologie di salume prodotti e presi in esame, che rientrano nello stesso schema produttivo della “tipologia salame”:

Diagramma di flusso della tipologia salame

Ricevimento selezione ingredienti

Stoccaggio cella carne

fresca Mondatura e cernita

Preparazione e peso

ingredienti Macinatura

Impasto-miscelazione ingredienti

Climatizzazione cella

budelli Lavaggio budelli Insacco

Legatura Stufatura/Asciugatura in cella apposita Stagionatura in sala dedicata Sezionamento (eventuale) Imballo in locali spedizione (sottovuoto e/o in cartoni) Spedizione/Trasporto mezzo vettore/Ritiro in azienda

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I prodotti sono molto apprezzati ed il fatturato è in forte crescita, segno evidente che la strategia di mercato,rivolta principalmente a piccoli esercizi alimentari, agli agriturismi, ai bar e ai ristoranti siti nei centri turistici limitrofi sta avendo successo.

9. Prodotti presi in esame

Prenderemo in considerazione, a titolo di esempio, due tra i più rappresentativi prodotti dell'azienda, sia dal punto di vista commerciale che in termini di tradizione, ovvero il Salame Toscano e la Finocchiona. E’ opportuno ricordare in questa sede come per la finocchiona IGP esista un disciplinare che ne tutela l'autenticità, dove sono descritti nei minimi dettagli sia gli ingredienti che il tipo di allevamento dei suini dai quali si ottiene la carne; vengono inoltre descritti minuziosamente nel disciplinare anche la documentazione che deve accompagnare la carne, i tempi di maturazione, tipi di budelli consentiti, quanto deve essere riportati in etichetta etc. Quando infatti si tratta di produrre finocchiona IGP è necessario comunicare ogni produzione al Consorzio di riferimento, attraverso gli enti indicati nel disciplinare.

Tuttavia è costume comune per molti norcini vendere la finocchiona non IGP (sebbene prodotta esattamente con la stessa procedura descritta nel disciplinare) indicandola come Sbriciolona sull'etichetta.

Il salame Toscano da 500 gr e quello da 3 Kg sono entrambi realizzati con l'impiego di carne magra (75%), parte grassa (20% circa), tritati e mescolati con aromi e spezie: sale di Volterra (2.7%), pepe nero (0.4%), vino rosso (0.4%) e starter (0.008%) (nome commerciale CAX28), aglio (0.01%), ascorbato (0.1%), conservanti E250, E252 ciascuno presente allo 0.01%.Dopo aver miscelato l’impasto si effettua l'operazione di insaccaggio in budelli naturali, infine si effettua la legatura a mano con spago alimentare.

Segue poi la fase di asciugatura e stufatura, previa irrorazione sulla superficie esterna del budello di muffe ricostituite. Questa è la fase durante la quale avverranno le prime importanti fermentazioni microbiche, dopodiché i salumi passeranno nella stanza di stagionatura.

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Le differenze principali tra il salame Toscano da 500 gr e quello da 3 kg sono: la quantità di impasto, il tipo di budello naturale utilizzato ed il tipo di starter impiegato all’interno dell’impasto.

La preparazione della finocchiona IGP è simile a quella del salame, con la differenza dovuta all'impiego di materie prime carnee diverse (vengono infatti utilizzati il pancettone e la spalla, rispettivamente in quantità pari al 38% e al 58 %) e con aromi in proporzioni uguali, con in più i semi di finocchietto (0.5%), impiegando zucchette bovine come per i salami da 3 Kg; la legatura è effettuata in modo diverso e si fa ricorso ad una miscela starter dedicata, la CXUP.

10.

Starter utilizzati e Considerazioni

Schematizzando, si elencano le varie ricette commerciali degli starter utilizzati per i salumi prodotti in azienda.

Tabella 5 starter utilizzati per le produzioni considerate Nome

commerciale

Composizione Salumi nei quali vengono impiegati

CXUP 25 % Staphylococcus carnosus 25 % Staphylococcus xylosus 50 % Lactobacillus sakei Finocchiona S55 50% Staphylococcus xylosus 25% Lactobacillus sakei 25% Lactobacillus plantarum Salame Toscano 3 Kg

GY2 10 % Staphylococcus carnosus 70 % Staphylococcus xylosus 20 % Lactobacillus sakei

Salame Toscano 3 Kg

CAX28 40 % Staphylococcus carnosus 40% Staphylococcus xylosus 20% Lactobacillus sakei

Salame Toscano 500 g

D306 Lactobacillus sakei, Staphylococcus xylosus, Geotrichum candidum

Salame Toscano 500 g

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Da notare che, fatta ovvia eccezione per il Penicillum,gli starter sono ordinati in tabella in ordine decrescente di velocità di fermentazione, dal più veloce (CXUP), al più lento (D306). Quest’ultimo è infatti caratterizzato dalla presenza nella miscela anche di una muffa (Geotrichum candidum) normalmente impiegata per formaggi morbidi come il Camembert e il Brie che, nel caso di impasti carnei, conferisce odori e sapori tipici ai salami (definiti “aromi fruttati” nella scheda tecnica dei prodotti).

Ricapitolando, le caratteristiche essenziali richieste ai ceppi batterici che costituiscono gli starter dei prodotti carnei fermentati, sono ben rappresentate dai ceppi presenti nelle suddette miscele; utilizzano gli zuccheri semplici, crescono anche in assenza di O2, diminuiscono i valori di pH (proporzionalmente alla quantità di zuccheri disponibili, tra i più usati ricordiamo il destrosio, il lattosio ed il saccarosio), grazie all'abbassamento del pH creano un ambiente sfavorevole alla proliferazione di batteri alteranti/degradanti (con la produzione di idrossido di ossigeno). Infine, nella fase di morte della curva di crescita dei lattobacilli, ed a seguito quindi della loro lisi cellulare, vengono rilasciati enzimi ad azione proteolitica responsabili in parte di aroma ed odori caratteristici del prodotto. Negli starter commerciali utilizzati da TuttoToscano Salumi tra i lattobacilli sono fortemente rappresentati ceppi della specie Lactobacillus sakei e un unico ceppo riconducibile alla specie Lactobacillus plantarum con documentata azione inibente la crescita di molti patogeni potenzialmente presenti nella carne, tra cui Lysteria monocytogenes ed alcuni ceppi di Escherichia coli.

I ceppi di lattobacilli impiegati sono caratterizzati inoltre da un'azione favorevole sulla crescita degli stafilococchi utilizzati.

I micrococchi sono aerobi obbligati, producono H2O e CO2 che contribuisce a combattere il fenomeno dell' irrancidimento, hanno attività lipolitica e proteolitica, quindi conferiscono aroma e sapore, inoltre influiscono sul colore (azione antiossidante delle catalasi su H2O2), influiscono positivamente sullo sviluppo microbico dei lattobacilli e negativamente su quello di altre specie potenzialmente dannose come quelle appartenenti al genere Clostridium.

I ceppi di S. carnosus e di S. xylosus impiegati hanno azione sul colore stabilizzandolo, riducendo i nitrati a nitriti, e, grazie all'azione delle catalasi prodotte, riducendo l'ossidazione.

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Penicillum ha invece un'azione dal budello verso lo strato più esterno dell'impasto, rendendo le fette più semplici da “sbucciare” e conferendo particolari aromi e aspetti caratteristici dall'esterno del prodotto finito, la cosiddetta “piumatura” bianca.

Sulla base all'esperienza del produttore-titolare di Tuttotoscano, che tra i vari lavori svolti è stato anche rappresentante di ditte che si occupavano di produrre e distribuire starter per salumi, l’utilizzo della flora microbica sui propri prodotti tipici segue quelle che sono le caratteristiche classiche che ritroviamo normalmente in bibliografia, ovvero vengono impiegati sia lattobacilli che micrococchi che muffe, seppur rappresentati in differente percentuale (specie per i primi due) nei vari starter adoperati nelle varie ricette. Si può notare infatti il rapporto di 50 a 50 per lattobacilli e micrococchi nel CxUP e S55, mentre raggiunge l’80% ed il 20% rispettivamente nella miscela GY2 e in quella denominata CAX 28. Il differente rapporto tra le due popolazioni batteriche nello starter è collegato alla presenza/assenza di zuccheri aggiunti e quindi alla conseguente velocità di raggiungimento di pH acidi in tempi più o meno brevi. Per gli starter rappresentati dal 20% di L. sakei, infatti, la fermentazione è più lenta, portando a maturazione il prodotto in tempi più lunghi. Da notare inoltre come, non a caso, si impieghino gli starter a più veloce fermentazione per prodotti a pezzatura grande (Finocchiona e Salame Toscano da 3 Kg), mentre per i salami Toscani da 500 g si prediliga uno starter che consenta una fermentazione più lenta.

Come “muffe” Tutto-Toscano Salumi impiega sempre Penicillum chrysigenum distribuito per irrorazione sulla superficie dei budelli di tutti gli insaccati prima della stufatura. E’da notare come il produttore prediliga per le muffe Penicillum chrysogenum a differenza di P. nalgiovense più spesso citato in bibliografia e solitamente più impiegato.

Ritornando agli starter impiegati, sulla base dell'esperienza dei produttori, vengono generalmente impiegate combinazioni di lattobacilli e micrococchi che in primo luogo effettuano una selezione dei microrganismi normalmente presenti nella carne cruda, incentivando la crescita di quelli utili a sfavore dei dannosi-nocivi. I batteri lattici maggiormente rappresentati nella carne fresca come materia

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prima per la preparazione degli insaccati, hanno di per sé un'influenza positiva sulla crescita dei micrococchi, e viceversa, guidando così un tipo di fermentazione “buona”, ricercata e che è in grado di determinare la formazione di aromi e profumi tipici. Entrambe le popolazioni batteriche poi da un punto di vista igienico-sanitario operano una selezione a sfavore sia dei microrganismi alteranti/degradativi che di quelli patogeni. Non bisogna poi dimenticare l’ulteriore effetto selettivo operato su questi ultimi dalla presenza di sale, spezie e additivi (in particolare i nitrati ed il pepe).

La scelta degli starter ricade quindi principalmente su aspetti relativi alla loro velocità di fermentazione e al tipo di aromi ricercati nel prodotto finito, e, di fatto, il produttore ha mostrato di prediligere, per i prodotti tipici, starter che lui stesso definisce a più lenta fermentazione.

Risulta quindi indispensabile l'utilizzo di starter nelle ricette degli insaccati che siano in grado di selezionare la flora microbica desiderata già presente nell’impasto. Ricordiamo inoltre gli effetti di molti ceppi di lattobacilli e dei micrococchi nell’inibire la crescita di patogeni quali Listeria, E coli.e clostridi (sia modificando il substrato che producendo diverse batteriocine, come nel caso dei lattobacilli); per questo motivo gli starter rappresentano uno degli elementi fondamentali per uno standard di qualità igienico sanitaria garantendo un’azione inibente sui patogeni comunemente riscontrabili nei salami.

E’ da sottolineare poi come si possano utilizzare diverse combinazioni di ceppi starter per ottenere anche lo stesso prodotto. Nel nostro caso la scelta ricade sulla velocità di fermentazione influenzata soprattutto dalla proporzione tra lattobacilli e micrococchi (oltre all’aggiunta di zuccheri nell’impasto per ottenere i decrementi di pH desiderati nei tempi utili).

Per concludere, è molto interessante notare come alcuni ceppi tra i lattobacilli comunemente impiegati come starter per la produzione di salumi siano sia produttori di batteriocine (Sakacine P nel caso di L. sakei) sia considerati probiotici.

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Secondo la definizione ufficiale di FAO e OMS, i probiotici sono “organismi vivi che, somministrati in quantità adeguata, apportano un beneficio alla salute dell'ospite”.

Il documento FAO/OMS che fornisce questa definizione si riferisce a microrganismi non patogeni presenti negli alimenti o aggiunti ad essi, ed “esclude riferimenti ad agenti bioterapeutici e a microrganismi benefici non utilizzati in ambito alimentare”. Questo distinguo, spesso non preso in considerazione, è di estrema importanza per quanto riguarda la sicurezza di impiego di batteri vitali. I batteri lattici, per la maggior parte rappresentati da lattobacilli e da bifidobatteri sono i più comuni tipi di microrganismi probiotici, ma anche alcuni lieviti e bacilli possono avere caratteristiche che li rendono tali. I fermenti lattici vengono comunemente consumati insieme agli alimenti fermentati che li contengono - alimenti come lo yogurt o yogurt di soia con aggiunta specifica di colture batteriche vive e attive - ma i due fermenti presenti all'interno di tali prodotti non svolgono alcun ruolo benefico per l'organismo umano, perché muoiono appena entrano in contatto con i succhi gastrici non sopportandone l'acidità. Secondo le linee guida della FAO/OMS, sono definiti probiotici solo quei microrganismi che si dimostrano in grado, una volta ingeriti in adeguate quantità, di sopravvivere in ambito intestinale in concentrazioni sufficienti ad esercitare funzioni benefiche per l'organismo.

Dal punto di vista etimologico, il termine “probiotico” deriva dall'unione della preposizione latina pro (“a favore di”) e dell'aggettivo greco βιωτικός (biotico), derivante a sua volta dal sostantivo βίος (bios, “vita”).

Nel corso degli ultimi anni diverse sperimentazioni sono state condotte sia in Italia che all'estero volte alla valutazione delle caratteristiche di salumi prodotti con l'ausilio di colture starter costituite da batteri lattici selezionati di origine lattiero-casearia, in condizioni specifiche di stagionatura, senza l'aggiunta di nitriti e nitrati a bassa acidità. (Cenci-Goga et al., 2014).

I risultati di tali sperimentazioni sembrerebbero incoraggianti in quanto l'utilizzo di una formulazione di batteri lattici selezionati assieme ad una miscela di probiotici commerciali in condizioni di stagionatura specifiche ha permesso la produzione di salami nitrite-free, consentendone al contempo la conservazione

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delle caratteristiche organolettiche, riducendo il tasso dei patogeni e migliorando l'accettabilità del prodotto.

Sembra pertanto che esista la possibilità di impiegare le colture probiotiche come valide alternative all'utilizzo di nitriti e nitrati nei salami e che questa strada possa essere perseguita con successo a breve anche da medio - piccoli produttori come l'azienda presa in considerazione in questo lavoro.

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