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Modifiche cardiovascolari indotte da protocollo di allenamento ipertrofico

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Medicina e Clinica Sperimentale Direttore: Prof. Corrado Blandizzi

Corso di Laurea in Scienze e Tecniche delle Attività Motorie Preventive e Adattate Prof. Fabio Galetta

Tesi di Laurea

"Modifiche Cardiovascolari indotte da Protocollo di Allenamento Ipertrofico"

Relatore: Candidato:

Prof.Ferdinando Franzoni Riccardo Fabbri

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INDICE

Introduzione

.

1 Storia della pesistica

.

2 Anatomia e fisiologia

.

3 Metabolismo

.

4 Ipertrofia

.

5 Adattamenti cardiovascolari

.

6 Scopo del lavoro

.

7 Materiali e metodi

.

8 Risultati

.

9 Discussione/conclusione

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Introduzione

Negli ultimi anni la pratica dell'esercizio fisico ha assunto un ruolo sempre più importante nella nostra società.

E' ormai noto come l'esercizio fisico, se effettuato in maniera continuativa e regolare, apporti grandi benefici al nostro corpo e alla nostra psiche.

In un contesto di grande sviluppo ed interesse verso tutti quei protocolli allenanti mirati al miglioramento della forma fisica delle persone, è volontà del presente lavoro cercare di fornire una panoramica sull'allemento con i pesi e sugli adattamenti che esso va a produrre a livello fisiologico.

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Capitolo 1

Storia della pesistica

Per andare a ricercare le origini della pesistica dobbiamo riavvolgere il nastro del tempo di molti secoli.

Tracce di allenamento e competizioni attraverso l'utilizzo di pesi e sovraccarichi infatti si possono ritrovare perfino nel periodo egizio e nell'antica Cina.

Impossibile poi non menzionare l'antica Grecia dove i pesi notoriamente venivano usati per migliorare e mantenere l'efficienza fisica dei guerrieri; dove le competizioni e le sfide con sovraccharichi erano parte integrante di questa civiltà .

L'inizio del moderno sollevamento pesi si può individuare a metà del 1800, quando in Europa nascevano diverse associazioni dedite alla pesistica e all'esercizio con i sovraccarichi in generale, in particolare Mittel-europei

Il primo campionato mondiale di sollevamento pesi ebbe luogo a Londra nel 1891 , da qui in poi questo sport iniziò ad espandersi anche oltreoceano.

Il sollevamento pesi fu presente sin dalla prima edizione delle Olimpiadi moderne nel 1896 di Atene come parte dell'atletica leggera, per entrare poi a far parte stabilmente del programma olimpico dall'edizione del 1920 di Anversa.

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La federazione internazionale di sollevamento pesi "International Weightlifting Federation" (IWF) venne istituita nel 1905, e fu riconosciuta dal Comitato Olimpico Internazionale (CIO) nel 1915 (1)

Le prime competizioni di sollevamento pesi si svolgevano su un braccio, altre su due braccia.

Dal 1928 in poi le gare si svolsero, invece, esclusivamente con esercizi a due braccia (distensione, strappo e slancio).

Il problema tecnico comune a tutti gli esercizi che doveva, e deve ancora oggi, affrontare l'atleta, è quello di sollevare il peso a braccia tese sopra la testa, senza soluzione di continuità, così come recita il regolamento (2)

Per poter aumentare i carichi, la tecnica del pesista si è evoluta negli anni per ridurre al minimo la traiettoria del bilanciere e fargli

percorrere uno spazio minore, in modo da ridurre il lavoro. Ovviamente la diminuzione degli spazi comporta la necessità di produrre accelerazioni maggiori, per questo motivo il pesista moderno è tra gli atleti che nel suo gesto atletico produce una delle potenze più elevate.

All'inizio infatti i pesisti erano dotati di enorme forza e di poca esplosività, a causa di una tecnica poco performante e di traiettorie molto più lunghe rispetto alle attuali che incidevano, inevitabilmente, sul tempo di applicazione della forza. Le alzate venivano quindi eseguite principalmente in posizione eretta o attraverso una piccolissima flessione delle ginocchia.

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Successivamente gli atleti iniziarono ad accorciare le traiettorie. Questo espediente veniva attuato negli esercizi di sollevamento ad un braccio, mentre negli esercizi a due braccia (girata, spinta dal petto e strappo) la necessità di accorciare la traiettoria veniva soddisfatta dalla tecnica della sforbiciata. Tramite questa tecnica, peraltro semplice da imparare, si ottiene un abbassamento del bacino che consente di rilievo. Oggi questa tecnica viene utilizzata esclusivamente nella spinta dello slancio.

Successivamente si diffuse sempre maggiormente la tecnica dello squat o accosciata.

Un discorso a parte deve essere fatto per quel che riguarda l'esercizio della distensione lenta.

L'esercizio di distensione venne praticato in gara per molti anni (dal 1928 al 1973). Prevedeva che si sollevasse il bilanciere a braccia tese sopra la testa, utilizzando la sola forza delle braccia e mantenendo le gambe estese (questo ovviamente dopo aver portato il bilanciere sulle spalle).

Alle origini la distensione veniva eseguita rigidamente, in piedi, nella posizione di attenti, con il peso appoggiato sulle spalle e distendendo lentamente entrambe le braccia, posizione nota come military press. Ben presto però ci si accorse che anche qui l'accorciamento della traiettoria avrebbe potuto produrre notevoli vantaggi. Alcuni atleti cominciarono quindi a proiettare le spalle indietro e il bacino in avanti durante l'estensione delle braccia. Questo movimento creava una traiettoria più vantaggiosa, inoltre permetteva di reclutare meglio il

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pettorale (3)

Tuttavia sovraccaricava fortemente le colonna vertebrale, che veniva posta in una condizione di estrema lordosi, con elevato rischio di infortunio. Questo esercizio ebbe poi un'ulteriore evoluzione tecnica. Il pesista partiva infatti con il bacino in retroversione e il torace cifotizzato. Al segnale del giudice di gara l'atleta eseguiva una repentina anteroversione del bacino ed un contemporaneo

sollevamento della parta alta del busto, mentre estendeva con forza le braccia.

Questo movimento creava una sorta di "onda d'urto", che si trasferiva dalla colonna vertebrale sino alle spalle e permetteva di imprimere un'accelerazione supplementare. Alcuni atleti raggiunsero una tale eccellenza in questa tecnica da arrivare a prestazioni molto vicine e, in alcuni casi, uguali a quella dell'esercizio dello slancio. Questo

esercizio, divenuto ormai la brutta copia dello slancio, venne eliminato a partire dall'edizione dei Giochi Olimpici del 1972 a Monaco.

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Capitolo 2

Cenni di Anatomia e Fisiologia Muscolare

Cap 2.1 Anatomia

Nei mammiferi si possono distinguere tre tipi di tessuto muscolare: il tessuto muscolare scheletrico o striato, il tessuto muscolare liscio e quello cardiaco.

Tessuto Muscolare Scheletrico o Striato

Il tessuto muscolare scheletrico o striato è costituito da elementi plurinucleati, detti fibrocellule muscolari striate o fibre muscolari, di forma cilindrica e di notevoli dimensioni, che, associandosi tra loro con tessuto connettivo, costituiscono i muscoli striati. (4)

Il muscolo nel suo insieme è avvolto da una lamina connettivale, denominata epimisio che si continua con il tendine.

Il connettivo interstiziale che avvolge i fasci muscolari si chiama perimisio, che si approfondisce in seguito a circondare le singole fibre muscolari costituendo l'endomisio. Vasi sanguigni e nervi seguono i setti connettivali ramificandosi all'interno del muscolo. (4)

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Il tessuto muscolare striato scheletrico si forma, durante, la vita embrionale, dalla fusione di numerosi mioblasti a formare un miotubo, le cellule cioè formano un sincizio cellulare di forma cilindrica allungata che prende il nome di fibra muscolare.

I mioblasti, i precursori delle fibre muscolari, si allineano e si fondono tra loro, ponendo in comune nuclei e organuli cellulari, formando cioè un'unica cellula detta miotubo. Tale disposizione si definisce sincizio cellulare.

Nella cellula muscolare i tipici componenti hanno differente nomenclatura, la membrana plasmatica viene definita sarcolemma, il citoplasma sarcoplasma, il reticolo endoplasmatico liscio reticolo sarcoplasmatico ed i mitocondri sarcosomi. (4)

La fibra muscolare striata è caratterizzata oltre che da numerosi nuclei posti alla periferia subito il sarcolemma, anche da una evidente striatura trasversale, dovuta all'alternanza regolare di bande più o meno rinfrangenti.

Oltre a tale striatura, è facilmente risolvibile all’interno della cellula, utilizzando un microscopio ottico, una striatura longitudinale dovuta alla presenza di miofibrille, composte a loro volta da miofilamenti che si possono notare invece solo con il microscopio elettronico .

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Fig 2. Tessuto Muscolare Scheletrico (sezione longitudinale)

Tessuto Muscolare Cardiaco

Il tessuto muscolare cardiaco costituisce lo strato della parete cardiaca detto miocardio ed è responsabile della contrazione del cuore.

Dal punto di vista anatomica risulta essere molto simile al muscolo scheletrico in quanto le cellule presentano striatura trasversale. Le cellule contengono un solo nucleo centrale come nel muscolo liscio, e sono tra loro connesse mediante i dischi intercalari.

Tra le fibre muscolari scheletriche e cardiache non esistono evidenti differenze nella configurazione ultrastrutturale fondamentaledell’apparato contrattile.

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L’esatta disposizione dei miofilamentigrossi e sottili determina una bandeggiaturatrasversale che corrisponde a quella del muscolo scheletrico, ma i fasci di filamenti non sono uniti a formare distinte unità miofibrillaricome nel muscolo scheletrico.

A differenza delle fibre muscolari scheletriche, le fibre muscolari cardiache si uniscono tra loro con diversi tipi di giunzioni, mantenendo, però, la loro individualità. (4)

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Tessuto Muscolare Liscio

Il tessuto muscolare liscio forma la muscolaris mucosae, la tonaca muscolare degli organi cavi (stomaco, intestino, trachea, utero, deferente, ecc) e dei vasi sanguiferi e linfatici.

E’ costituito da elementi distinti chiamati fibrocellule muscolari lisce che si mostrano allungate e provviste di miofibrille orientate secondo l’asse maggiore della cellula. La fibrocellula mostra la membrana plasmatica rivestita da uno spesso strato di glicoproteine ricco di fibre reticolari. (4)

Il citoplasma, o sarcoplasma, contiene il nucleo, in genere unico e situato normalmente nel punto di maggior spessore della cellula; contiene inoltre gli organelli citoplasmatici e le miofibrille costituite da proteine contrattili.

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Le fibre muscolari vengono divise in:

 fibre a contrazione lenta (o rosse), di tipo I

 fibre a contrazione veloce (o intermedie), di tipo IIa  fibre a contrazione veloce (o bianche), di tipo Iib (4)

Fibre a contrazione lenta – Tipo I

Le fibre a contrazione lenta hanno un’ottima resistenza alla fatica ma uno scarso potere di contrazione, risultano infatti adatte a sforzi di scarsa intensità e lunga durata. Sono fibre relativamente sottili (se confrontate alle fibre veloci) ma presentano generalmente una maggiore quantità di glicogeno, mitocondri ed enzimi favorevoli al sistema metabolico aerobico. Inoltre, queste fibre presentano un’alta quantità di capillari che le irrorano, tali capillari (o più precisamente la mioglobina che essi contengono) fanno assumere alla fibre la caratteristica colorazione rossa.

Fibre a contrazione veloce – Tipo IIb

Le fibre a contrazione veloce esprimono forti contrazioni ma per periodi molto brevi, sono quindi le più indicate per sforzi “di potenza”. Sono fibre molto più spesse delle lente e con una velocità di conduzione nervosa nettamente superiore, sono dette inoltre fibre bianche data la scarsezza di capillari che le irrorano. Fibre intermedie – Tipo IIa

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Le fibre intermedie sono fibre ibride con caratteristiche intermedie ma comuni alle altre due tipologie. Spesso sono fibre “nate” da un’alterazione delle fibre di Tipo IIb che assumono caratteristiche più vicine alle fibre di tipo I.

Nella seguente tabella (tab 1.1) sono rappresentate le caratteristiche morfologiche e funzionali più rappresentative erilevanti dei tre tipi di unità motorie.

Motoneurone 1° tipo (s) 2° tipo c/2°tipo a (fr) 2° tipo x (ff)

Diametro (mm) Circa 30 Circa 40-60 Fino a 70

Soglia d'accettezione bassa media elevata

Diametro delle fibre nervose (mm) Circa 9 Da 10 a 15 Circa 20 Velocità conduzione assonale (m/s) 30-40 40-90 70-120 Frequenza di scarica (imp/s) Fino a 30 piuttosto continua Fino a 90 Fino a 150

Sezione della fibra 2000-4000 2000-6000 2000-10000

Forza singola scossa (mg)

70 Da 80 a 90 100

Forza contraz. Tetanica (mg)

Circa 140 Circa 400 Circa 700

Affaticabilità scarsa scarsa elevata

Tempo singola scossa (ms)

Circa 100 Da 50 a 90 Circa 40

Tempo contraz. balistica Circa 150 Da 80 a 140 Circa 60

Rapporto di innervazione

assone/fibra muscolare

Da 1/10 a 1/500 Da 1/100 a 1/700 Fino a 1/1000

Forza dell'unità motoria (g)

Da 2 a 13 Da 5 a 50 Da 30 a 130

Velocità conduzione della fibra (ms)

2,5 Da 3 a 5 Circa 5.5

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2.2 Fisiologia

Affinche avvenga la contrazione del muscolo striato la cellula muscolare contiene al suo interno molte proteine ed enzimi che insieme formano un unico grande sistema.

Parliamo dell'unità morfofunzionale del sarcomero,

composta naturalmente da actina (proteina globulare che polimerizza in filamenti) e miosina (composta da una parte filamentosa e da due teste che interagiscono con l’actina) che sono le attrici principali della contrazione, tropomiosina (proteina filamentosa) e troponina (proteina con subunità globulari I,T e C); altre proteine come titina e nebulina non sono implicate direttamente nel meccanismo, ma costituiscono l’ancora tra i diversi sarcomeri.

Per capire come tutto avviene risulta utile rivedere la struttura del sarcomero: i filamenti sottili sono quelli di actina e i filamenti spessi sono quelli di miosina che vanno a formare una sequenza di bande scure (A) e bande chiare (I); all’interno della banda I abbiamo una linea più scura, la linea Z. Il sarcomero è tutto quello compreso tra una linea Z e l’altra.

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Fig 6. Organizzazione Strutturale del Sarcomero

Nella banda A abbiamo sia l’actina che le teste delle molecole di miosina, nella banda I soltanto l’actina. A livello molecolare, avendo offerto una visione generale delle proteine sarcomeriche, avviene uno scorrimento delle teste delle miosine sui filamenti di actina, il cui scopo principale è avvicinare le due linee Z opposte. Inizialmente lo stimolo alla contrazione, propagato attraverso le fibre nervose, giunge al bottone sinaptico dove determina il rilascio del neurotrasmettitore (solitamente acetilcolina) e porta all’apertura

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dei canali del Sodio e conseguentemente, alla depolarizzazione di quelli del calcio a livello del Sarcoplasma. (11)

Le teste delle miosine non sono attaccate perché l’interazione è impedita dalla Troponina C; quando a quest’ultima si lega il Calcio, si porta dietro la tropomiosina e vengono scoperti i siti dell’actina e così la miosina può legarvisi; a questo punto l’ATPasi miosinica scinde l’ATP dalla quale ricava l’energia per spingere l’actina verso il centro del sarcomero.

Dopo questo step, la miosina si stacca dall’actina e ripete il ciclo per tutto il tempo della contrazione. La forza che si sviluppa durante tutto il processo è direttamente correlato al numero di ponti acto-miosinici che si formano.

Due elementi su cui spendere qualche altra parola e senza i quali la contrazione non potrebbe avvenire sono lo ione Ca2+ e l’ATP. Il Calcio entra nella cellula muscolare grazie all’accoppiamento elettro-meccanico che garantisce l’apertura dei canali ionici; lo ione serve a spiazzare la tropomiosina (legata alla troponina C) dai siti di legame dell’actina e consentire alle teste miosiniche il loro lavoro; l’ATP viene continuamente costituita grazie all’ossidazione dei substrati energetici, glucosio e acidi grassi, nonché prontamente ricostituita nei primi secondi dell’esercizio dalla creatin-fosfato; viene idrolizzata dalla testa miosinica e dà l’energia necessaria per compiere la rotazione.

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Capitolo 3

Metabolismo Aerobico e Anaerobico

La contrazione muscolare, così come moltissime altre funzioni celllulari, avviene grazie all'energia liberata dalla rottura del legame fosfoanidridico che unisce il fosforo α al fosforo ß nella molecola di ATP:

ATP + H2O = ADP + H+ +P +Energia disponibile

La cellula muscolare ha a disposizione riserve limitate di ATP (2,5 g/Kg di muscolo, per un totale di circa 50g). Tali riserve sono sufficienti soltanto per lavori massimali della durata di circa un secondo. Il nostro organismo ha comunque a disposizione dei sistemi energetici che gli permettono di risintetizzare continuamente ATP.

I meccanismi per la risintesi di ATP sono 3 e per ognuno occorre considerare 4 fattori:

 POTENZA: massima quantità di energia prodotta nell'unità di tempo

 CAPACITA': quantità totale di energia prodotta dal sistema  LATENZA. tempo necessario per ottenere la massima potenza  RISTORO: tempo necessario per la ricostituzione del sistema

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Metabolismo Anaerobico Alattacido

Nel muscolo, come in altre cellule, esiste una riserva importante di gruppi fosforici attivi chiamata fosfocreatina o creatina fosfato (CP) o fosfageno. La creatina fosfato si forma nel muscolo a riposo associando ad una molecola di creatina una molecola di fosfato inorganico. Quando il corpo necessità immediatamente di grandi quantità di energia la fosfocreatina dona il suo gruppo fosfato alla ADP secondo la seguente reazione:

PC + ADP = C + ATP dove:

PC= CREATINA FOSFATO sintetizzata a riposo nel muscolo scheletrico associando ad una molecola di creatina una molecola di fosfato inorganico

ADP e ATP C=creatina

L'enzima che catalizza la reazione è la creatinchinasi:

Nel meccanismo anaerobico alattacido l'ossigeno non interviene e proprio a questa caratteristica si deve l'aggettivo "anaerobico". La produzione di acido lattico diventa trascurabil ed è per questo che il termine anaerobico viene affiancato dall'aggettivo "alattacido"

Il sistema anaerobico alattacido ha un periodo di latenza molto breve, una potenza elevata ed una capacità estremamente ridotta. Le riserve di fosfocreatina, infatti, si esauriscono rapidamente

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(circa 4-5 secondi). Tali riserve variano comunque da soggetto a soggetto ed aumentano con l'allenamento

Durante l'attività muscolare intensa e di breve durata, il decremento della forza sviluppata è direttamente collegato al depauperamento delle riserve muscolari di fosfocreatina. Lo sanno bene i centometristi che negli ultimi metri vedono inesorabilmente calare la propria velocità di punta .

L'ATP e la fosfocreatina stivate nei muscoli vengono usate contemporaneamente nel corso di sforzi brevi ed intensi. Nel complesso garantiscono una autonomia energetica di 4-8 secondi

Caratteristiche del sistema:

Potenza: Elevata (60-100 Kcal/min) Capacità: Molto bassa (5-10 Kcal)

Latenza: Minima (PC si degrada appena cala la concentrazione di ATP)

Ristoro: Rapido (al cessare dello sforzo o al diminuire dell'intensità gran parte della creatina viene rifosforilata a CP in circa 10"); questo sistema di risintesi è importante nelle attività che richiedono forza e velocità (salto, corsa breve e veloce, allenamenti di forza con serie brevi e carico elevato)

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Metabolismo Anaerobico Lattacido

Anche questo sistema energetico non utilizza ossigeno. Nel citoplasma delle cellule il glucosio muscolare viene trasformato in acido lattico attraverso una serie di 10 reazioni catalizzate da enzimi. Il risultato finale è la liberazione di energia che viene utilizzata per la risintesi di ATP

ADP + P + Glucosio = ATP + Lattato

Dal momento che il piruvato in presenza di O2 partecipa alla produzione di ATP la glicolisi è anche la prima fase della degradazione aerobica dei carboidrati. La disponibilità di O2 nella cellula determina l'entità dei processi metabolici aerobici ed anaerobici.

La glicolisi diviene anaerobica se: scarseggia nei mitocondri l'ossigeno per accettare gli idrogenioni prodotti dal ciclo di Krebs Se il flusso glicolitico è troppo rapido, ovvero se il flusso di idrogeno è maggiore della possibilità di trasporto dal citoplasma in sede intramitocondriale per la fosforilazione (eccessiva intensità di esercizio e dunque richiesta di ATP)

Se sono presenti nei muscoli isoforme di Lattato Deidrogenasi (LDH) che favoriscono la conversione di piruvato in lattato tipico delle fibre veloci.

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Caratteristiche del sistema:

Potenza: Inferiore alla precedente (50 Kcal/min)

Capacità: Molto maggiore della precedente (fino a 40 Kcal)

Latenza: 15-30 secondi (se l'esercizio è subito molto intenso interviene in coda al sistema alattacido)

Ristoro: Subordinato alla eliminazione dell'acido lattico con risintesi di glucosio, con energia fornita dai processi ossidativi (pagamento del debito di O2 lattico); questo sistema di risintesi è importante nelle attività intense di durata compresa tra i 15" e 2' (es. corsa da 200 a 800m, inseguimento su pista ecc.).

Metabolismo Aerobico

In condizioni di riposo od esercizio fisico moderato la risintesi di ATP è garantita dal metabolismo aerobico. Questo sistema energetico permette la completa ossidazione dei due principali combustibili: i carboidrati ed i lipidi in presenza di ossigeno che funge da comburente.

Il metabolismo aerobico avviene principalmente all'interno dei mitocondri eccetto alcune fasi "preparatorie".

Resa del sistema:

1 mol di palmitato (acido grasso) 129 ATP

1 mol di glucosio (zucchero) 39 ATP

Gli acidi grassi contengono infatti più atomi di idrogeno degli zuccheri e di conseguenza più energia per la risintesi di ATP; sono

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però più poveri di ossigeno e per questo hanno una resa energetica inferiore (a parità di ossigeno consumato).

La miscela di acidi grassi e glucosio cambia con l'intensità di esercizio:

a bassa intensità gli acidi grassi sono più coinvolti

aumentando lo sforzo aumenta invece la scissione del glucosio

Potenza: poco più bassa dei precedenti (20 Kcal/min) Variabile a seconda del consumo di O2 dei soggetti

Capacità: Alta (fino a 2000 Kcal) Dipende da riserva di glicogeno e di lipidi soprattutto l La durata di utilizzo dipende da intensità di esercizio e grado di allenamento l A intensità basse il tempo di utilizzo è praticamente illimitato, ad intensità alte è necessaria la presenza di glicogeno

Latenza: maggiore dei precedenti: 2-3' Ristoro: Molto lungo (36-48 ore) (12)

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Fig. 7. Ripartizione dell’utilizzo dei vari metabolismi energetici sulla base del tempo di una data attività.

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Interazione tra sistemi energetici

Nonostante una fonte energetica possa essere predominante in risposta ad una determinata attività muscolare (ad esempio il sistema alattacido per l'alzata massimale, o quello aerobico per la corsa o la maratona), in realtà tutte le tre fonti energetiche

provvedono a fornire l'ATP richiesta dal corpo in ogni momento. Perciò, il sistema dei fosfati interviene anche quando il corpo è in stato di riposo, mentre le fonti aerobiche intervengono anche durante l'alzata massimale. Anche in stato di riposo viene prodotta da muscoli una piccola quantità di lattato, che viene poi rilasciata nel sangue (13) . Durante una maratona, anche se la maggior parte dell'energia viene apportata dalle fonti ossidative, una piccola parte dell'energia richiesta proviene dai sistemi anaerobici dei fosfati e del lattato. Sebbene tutti i tre sistemi forniscano energia per ricavare parte dell'ATP richiesto per qualsiasi attività, come cambiano la durata o l'intensità dell'esercizio, cambia anche la predominanza tra uno dei tre sistemi. Il sistema anaerobico alattacido dei fosfati fornisce gran parte dell'energia per attività brevissime e molto intense, come l'alzata massimale (powerlifting), il getto del peso, o lo sprint da 36 metri nell'atletica leggera. Il sistema anaerobico lattacido interviene in predominanza in attività mediamente brevi e mediamente intense, come nell'esercizio con sovraccarichi

(Resistance training) da 20-25 ripetizioni, o in quello da 3 serie e 10 ripetizioni con 1 minuto di recupero (tipiche del bodybuilding e del fitness), oppure nello sprint da 200 metri. Il sistema aerobico fornisce gran parte dell'ATP per serie con sovraccarichi

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estremamente lunghe, o per prestazioni fisiche continue e di durata (Aerobic endurance). Tuttavia, tutti questi meccanismi intervengono in contemporanea producendo ciascuno una quantità variabile di energia. Non c'è un punto esatto in cui una fonte energetica provvede a fornire la maggior parte dell'ATP per un'attività. Le variazioni nella percentuale dei contributi da parte dei tre sistemi viene condizionata dall'intensità a dalla durata dell'esercizio. Ad esempio, se un maratoneta durante un percorso incontra una salita, come risultato dell'aumento dell'intensità dello sforzo aumenta la componente anaerobica lattacida, il lattato si accumula nel corpo, e l'acido lattico contribuisce maggiormente a fornire energia

nell'attività. Il contributo dei tre sistemi energetici nell'attività fisica è dinamico e varia con il variare della durata e dell'intensità. (14)

Capitolo 4

Ipertrofia

L’ipertrofia muscolare ovvero l’aumento del volume delle cellule che compongono un tessuto è un adattamento del sistema biologico-fisiologico (nel nostro caso del sistema muscolare) e si verifica quando un muscolo raggiunge un diametro maggiore o una maggiore sezione trasversale[15].

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aumento di numero e di dimensioni delle proteine contrattili actina e miosina (ipertrofia miofibrillare) sia per un aumento del volume del sarcoplasma (ipertrofia sarcoplasmatica) cioè la componente non contrattile del muscolo[16].

Lo spostamento dei limiti di funzionalità del sistema stesso e quindi il miglioramento della prestazione grazie all’allenamento contro resistenze si manifesta gradualmente nel tempo; nel caso specifico del bodybuilding l’aumento della massa muscolare non si realizza come risposta istantanea allo stimolo meccanico (il carico), ma al contrario grazie all’accumularsi di sovraccarichi continui nel tempo che si tradurranno in un complesso di variazioni fisiologiche, biochimiche ed ormonali[17].

Tra i fattori che scatenano una risposta ipertrofica da parte dell’organismo ricordiamo in particolare:

 il lavoro meccanico dentro la serie;  il Time Under Tension (T.U.T)  le contrazioni eccentriche;

l’abbassamento delle riverse di fosfati e di ATP [18];  il danno muscolare (micro-lesioni tissutali);

 lo stress metabolico con il conseguente innalzamento dell’acido lattico. (19)

A questi fattori determinati dall’allenamento possiamo aggiungere il ruolo chiave dall’alimentazione attraverso un ottimale rifornimento di glucosio ed aminoacidi oltre ad una corretta

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idratazione.

Poiché questi adattamenti come specificato prima si realizzano in tempi lunghi l’organizzazione dell’allenamento sul lungo periodo risulta fondamentale per raggiungere determinati risultati; qui nasce la necessità di una periodizzazione e ciclizzazione degli stimoli allenanti perfettamente organizzata, che risulterà sicuramente più efficace di una combinazione casuale di tante metodologie differenti.

Nell’allenamento per l’ipertrofia per i soggetti con poca anzianità di allenamento alle spalle sono sconsigliati gli allenamenti ad altissima intensità cosiddetti di forza pura nell’ordine del 90-100% del massimale. Una serie portata a cedimento con tali carichi consentirebbe circa 1-4 ripetizioni e si interromperebbe per esaurirsi dell’impulso nervoso alle unità motorie (non essendo più in grado il SNC di mantenere frequenze elevatissime) mentre l’ATP disponibile viene solo parzialmente utilizzato.

Questa tipologia di stimolo stressando molto il sistema nervoso e poco il muscolo non è l’ideale per aumentare il volume muscolare soprattutto per chi ha una scarsa attivazione delle unità motorie. (19)

Un riscontro differente lo troviamo negli allenamenti con ripetizioni leggermente più alte. I carichi nel range del 5-8RM oltre ad aumentare significativamente la forza sub-massimale determinano un reclutamento completo delle unità motorie (legge di Henneman) attivando anche le fibre più profonde senza stancare eccessivamente il SNC; possiamo quindi ritenerlo un range molto

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proficuo in quanto è ottimale sia all’aumento della massa contrattile sia al miglioramento della performance. (19)

Nonostante come precisato prima con tali carichi (≥75%) si reclutino tutte le fibre spesso nel bodybuilding si ricerca l’esaurimento muscolare non per reclutare di più ma per stancare più fibre possibile e questi carichi non stancano abbastanza le fibre più resistenti allo sforzo quindi saranno necessari anche allenamenti con carichi più moderati ma protratti per tempi più lunghi.

Non è un caso che la pratica più comune nell’allenamento per la scheda per l’ipertrofia vede il range delle 8-12 ripetizioni il più produttivo; in effetti questa credenza si basa anche su riscontri scientifici: è stato dimostrato che il miglior compromesso tra intensità (percentuale di carico in base all’1RM) e time under tension si verifica proprio con le serie da 10 ripetizioni circa (10RM) (19) in quanto questa tipologia di stress provocherebbe un perfetto connubio tra innalzamento dell’acido lattico e danno muscolare traducendosi quindi in una maggior risposta ipertrofica. Va però ricordato che anche carichi relativi a basse intensità (60% 1RM – circa 20RM) sono sufficienti per attivare anche le fibre di tipo 2b e riuscirebbero quindi a generare un aumento della massa contrattile (mio-cellule) oltre ad aumentare l’ipertrofia del sarcoplasma che è determinata dall’esaurimento del glicogeno muscolare e dalla successiva super compensazione grazie al surplus di zuccheri.

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Altre evidenze dimostrano come anche carichi ancora più bassi (30% 1RM) se protratti per tempi lunghi (fino a 200 secondi di T.U.T.) e portati al cedimento muscolare completo riescono allo stesso modo a stimolare l’ipertrofia miofibrillare[6 oltre alla sintesi di mitocondri[5].

In sintesi possiamo affermare che non è corretto attribuire uno stimolo allenante più all’ipertrofia del sarcoplasma piuttosto che alla massa contrattile o viceversa; è vero che all’interno della cellula si realizzano due processi differenti e quindi nella teoria è giusto diversificarli ma nella pratica questi due adattamenti avverranno sempre contemporaneamente, magari ne stimoleremo più uno rispetto all’altro, ma sempre entrambi.

Se l’ipertrofia muscolare è come detto prima un adattamento ad uno stimolo, quest’ultimo va ciclicamente variato (periodizzazione) per far sì che il nostro sistema non si abitui al solito tipo di stress. Ovviamente la maggior mole di lavoro nel macro-ciclo verrà dedicata all’allenamento di quella tipologia di forza che è più produttiva per il nostro scopo ovvero la forza ipertrofica-resistente cioè quella forza che si sviluppa da un minimo di 5-6 ad un massimo di 12-15 ripetizioni con il massimo carico eseguibile; ma nulla vieta anzi sarebbe errato non farlo che la programmazione annuale preveda anche delle “sfumature” allenanti, dalle sedute di forza ad alta intensità con buffer fino al più estremo allenamento lattacido al limite della sopportazione, allenando così in modo specifico ogni componente del muscolo.

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Una volta appurato che il muscolo vada colpito con “pallottole ad ampio spettro” nasce la necessità di una programmazione ottimale del macro-ciclo facendo in modo che comprenda tutte le varie tipologie di lavoro (meccanico, metabolico e ormonale); generalmente questi diversi stimoli allenanti vengono applicati durante il macro-ciclo variando di programma in programma il tipo di stress che diamo al sistema (concentrandosi più volume, più sull’intensità ecc.), oppure in occasioni particolari i diversi stimoli possono essere forniti anche all’interno dello stesso meso-ciclo (metodo olistico di Hatfeld) (10).

Parametri che influenzano l’aumento della massa muscolare; Area: meccanica, metabolica, ormonale ed alimentare.

Ci sono quattro aree principali attorno a cui ruota l’ipertrofia muscolare. Ognuna va curata e sviluppata per ottenere il massimo del risultato. A queste va aggiunto il riposo.

Lavoro Meccanico

Il primo passo per compiere un buon lavoro meccanico è utilizzare un carico che attivi quasi tutte le unità motorie( circa ≥75% 1RM). Grazie a questi carichi, con un lavoro protratto tra le 6-12 ripetizioni ed una buona enfasi delle contrazioni eccentriche, si

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verificherà il danno muscolare (rottura dei sarcomeri, micro-lesioni tissutali, ecc.), processo indispensabile per attivare la crescita muscolare.

Lavoro Metabolico

Il carico utilizzato non deve essere né troppo intenso né troppo leggero, e deve permettere l’aumento della concentrazione di acido lattico (per somma delle serie con recuperi incompleti) che indica un severo abbassamento del CP (creatin-fosfato) locale del muscolo allenato.

Parallelamente a questo si verifica un aumento della glicolisi che comporterà una diminuzione della potenza erogabile nell’esercizio nonché la completa congestione del muscolo impegnato nel lavoro fino al punto di bloccare ed impedire completamente la contrazione (cedimento concentrico).

Questo stress determinerà uno svuotamento locale del glicogeno (fino ad un 30~50% del muscolo utilizzato) e grazie alla dieta avverrà la super-compensazione del glicogeno contenuto nella fibra e dell’acqua che lo accompagna nella proporzione di 1g/2,7g tra glicogeno ed acqua.

Area ormonale

Sappiamo che all’allenamento con i pesi è associato un aumento della secrezioni di alcuni ormoni (tra i principali Testosterone, GH, IGF-1, Miostatina, Costisolo ed Insulina); questi ormoni giocano

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un ruolo importante nella risposta ipertrofica, aumentando la probabilità di interazioni recettoriali facilitando quindi il metabolismo proteico e la conseguente crescita muscolare.

Nonostante questi ormoni dovrebbero influenzare direttamente la risposta anabolica in seguito all’allenamento coi pesi, molti ricercatori hanno confermato che le variazioni ormonali date dall’esercizio si verificano solo per un breve periodo nel post-workout e non sono quindi sufficienti per permettere guadagni rilevanti di massa magra. Questi ormoni sono anabolici solo nell’infanzia e nella pubertà oppure possono esserlo in dosi sovra-fiosiologiche (doping)

Alimetazione

Infine è bene precisare che anche la sola alimentazione può stimolare la sintesi proteica, anche se per un breve lasso di tempo, grazie a pasti comprendenti una buona dose d’energia e di aminoacidi essenziali, fenilalanina, isoleucina, istidina, leucina,lisina, metionina,treonina, triptofano, valina.

Si intuisce che anche l’alimentazione sarà un tassello fondamentale se l’obbiettivo è la crescita muscolare.

(36)

Ipertrofia muscolare: carico esterno o carico interno?

In letteratura per intensità nell’esercizio con i pesi si intende la percentuale di carico adottata in base all’ 1RM (one repetition

maximum).

Se volessimo aumentare l’intensità dei nostri allenamenti cosa potremmo fare? La prima cosa che viene in mente è sempre quella di aumentare il carico sugli attrezzi, ma va sempre bene? Funzionerà all’infinito? Ovviamente, no.

Nell’allenamento con sovraccarichi ci sono tantissimi parametri su cui potremmo andare ad agire per migliorare ed aumentare l’intensità allenante, perché fossilizzarsi solo su uno di essi? Sì, sicuramente il carico è molto importante come parametro ma va sottolineato che – al fine di ottimizzare i risultati – è fondamentale “mixare” e ciclizzare sul lungo periodo tutti i vari parametri:

 il volume allenante;  il recupero tra le serie;  il TUT (time under tension);

 la velocità di contrazione (speed of movement),  la frequenza degli allenamenti;

 la variazione dell’angolazione di lavoro;  il carico.

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per diventare realmente più forte – deve sì aumentare il peso sugli attrezzi, ma contemporaneamente deve lasciare invariati gli altri parametri descritti in precedenza e soprattutto deve mantenere la corretta tecnica d’esecuzione senza eventuali scompensi tecnici. Se ad esempio aumentando il carico esterno di 10Kg eseguiamo un T.U.T. di 10″ più breve rispetto a prima (a parità di ripetizioni) ed inoltre tecnicamente ci scomponiamo andando a “rubare” gli ultimi preziosi centimetri del range of motion (R.O.M.) , il carico interno non è realmente migliorato, anzi probabilmente è sceso mentre il carico esterno risulta comunque più alto.

Va precisato inoltre che la forza è il primo parametro che va incontro al cosiddetto stallo; vien da se capire che è meglio concentrarsi anche sugli altri parametri al fine di ottimizzare i risultati nel tempo.

Quali esercizi scegliere per l’ipertrofia muscolare?

In palestra c’è una varietà d’esercizi a disposizione, macchinari, cavi, bilancieri e manubri offrono una vasta scelta. Su quali concentrarsi e perché?

Esercizi multi-articolari

Gli esercizi su cui andrebbe speso più tempo in particolare per gli atleti non avanzati per ottenere un miglior guadagno di massa

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magra sono gli esercizi ad ampio coinvolgimento muscolare cioè i multi-articolari; questi esercizi si sono dimostrati più produttivi delle altre tipologie di esercizi (mono-articolari, unilaterali o a catena cinetica aperta) andando ad aumentare la forza, attivando in maniera globale e non locale la muscolatura e promuovendo così una maggior produzione degli ormoni anabolici

.

Questi esercizi sono detti anche “base” perché rispondono a numerose esigenze:

 possibilità di utilizzare carichi importanti nel tempo;

 possibilità di impostare il corpo in posizioni e posture controllabili di sicurezza;

 lavorare su ampie catene cinetiche.

Possiamo confermare che questi esercizi sono i più indicati per chi si è affacciato da poco all’allenamento con i pesi e quindi per chi sta ricercando più una costruzione “generale” della corporatura piuttosto che il lavoro nel dettaglio del muscolo. (19)

Gli esercizi multi-articolari liberi con bilancieri o manubri si addicono di più ai range di ripetizioni bassi e medio-bassi in cui è preferibile non lavorare sempre a cedimento (in particolare chi non ha uno schema motorio ancora consolidato); questo perché tali esercizi richiedono un grosso impegno del SNC oltre ad una buona coordinazione intra ed inter-muscolare e andare “oltre” con il numero di ripetizioni comporterebbe il rischio di sporcare eccessivamente il gesto tecnico sovraccaricando le articolazioni.

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Se eseguiti bene prevedono traiettorie fisiologicamente più naturali ma con lo svantaggio di limitare la tensione muscolare soltanto ad una parte del R.O.M.

Il discorso cambia se parliamo di macchine ed esercizi guidati. Pur scegliendo macchinari di ultima generazione la traiettoria del movimento non sarà mai quella che faremmo in un movimento “libero”, c’è quindi un potenziale rischio di stressare eccessivamente le articolazioni interessate ma con il vantaggio di avere una tensione costante in tutto l’arco di movimento; in questi casi è preferibile non utilizzare carichi elevati ma piuttosto ricercare l’intensità in altri parametri come tensione continua, contrazione di picco, ecc. lavorando su range medi e medio-alti di ripetizioni e anche a cedimento muscolare.

Ci teniamo tuttavia a precisare che nonostante vada dato ampio spazio – come detto prima – agli esercizi pluri-articolari per la costruzione di nuovo tessuto muscolare, questi esercizi non devono essere per forza i cosiddetti “3 fondamentali” ma anzi dovranno essere cuciti sulle individualità della persona.

Non sta scritto da nessuno parte che dobbiate fare la panca piana piuttosto delle spinte con manubri! Anzi…

Per concludere, per la ricerca dell'ipertrofia non esistono esercizi ne fondamentali ne insostituibili, esistono esercizi che – su un determinato soggetto – funzionano più di altri ma vanno sempre scelti in base alle determinate caratteristiche della persona.

(40)

Esercizi mono-articolari

Gli esercizi mono-articolari detti anche “di isolamento” hanno lo scopo di colpire il muscolo nel dettaglio.

Il termine isolamento è un argomento molto delicato in questo settore perché fa scontrare diverse scuole di pensiero, chi sostiene che non è possibile isolare completamente un muscolo (e sulla carta quest’affermazione è vera e dimostrata) e chi ritiene di poter isolare anche la sezione clavicolare del gran pettorale durante una panca inclinata. (19)

Cerchiamo di capire se si può realmente isolare e come si potrebbe fare nell’atto pratico.

Gli esercizi di isolamento permettono – grazie ad esecuzioni ricercate, a contrazioni di qualità e ad un focus particolare sull’agonista che ne migliorerà l’attivazione[19] di mettere fuori gioco in maniera totale o in maniera dinamica molti di quei muscoli che negli esercizi multi-articolari interverrebbero come sinergici o come stabilizzatori.

In altre parole isolamento nel bodybuilding significa che la maggior parte del carico interno sarà indirizzato al muscolo target e non spostato erroneamente sui sinergisti e stabilizzatori.

Un altro fattore che determina la qualità dell’attivazione di un muscolo durante un esercizio di isolamento è il pre-stiramento dello stesso, ovvero partire in una posizione con il muscolo già allungato.

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gruppo muscolare rispetto agli altri muscoli ausiliari in quanto un muscolo pre-stirato è in grado di generare una maggiore forza (ricordiamo che il muscolo è un grande elastico); il pre-stiramento porrà maggior enfasi sul capo pre-allungato ed è praticabile solo su i gruppi muscolari dotati di capi bi-articolari (esempio il capolungo del bicipite e del tricipite, gli ischio- crurali, il gastrocnemio ecc.). Gli esercizi mono-articolari si addicono di più ai range di ripetizioni alti e medio-alti con recuperi brevi tra i set, per lavorare il muscolo nel dettaglio e per ricercare il massimo congestionamento locale; l’uso degli esercizi di isolamento dovrebbe essere modesto come detto prima nelle fasi di costruzione e massa generale per poi aumentare durante le fasi di definizione per esaltare al massimo le qualità del muscolo.

Ottimi inoltre per eseguire la tecnica del pre-affaticamento ovvero precedere l’esercizio multiarticolare con un esercizio di isolamento (in genere con medio-alte ripetizioni) per far sì che il muscolo pre-affaticato sia il primo a congestionarsi nell’esercizio pluri-articolare e non i sinergisti. (19)

In sintesi cosa è importante impostare per una scheda per l’ipertrofia muscolare

La stesura di un programma di allenamento dovrebbe prevedere:  una buona mole di lavoro derivante dagli esercizi “base”;  una parte di esercizi a catena cinetica aperta che permettano di localizzare più facilmente il lavoro facendolo in tutta l’ampiezza dell’angolo articolare;

(42)

 eventuali esercizi che correggano problemi posturali;  esercizi che lavorino direttamente sui muscoli carenti.

Inoltre possiamo aggiungere che il numero di esercizi presenti nel programma dipenderà dall’obbiettivo di quest’ultimo, riducendo gli esercizi all’essenziale nei meso-cicli più finalizzati alla forza ed aggiungendone nei programmi con scopo l’ipertrofia muscolare. Gli esercizi in palestra non sono tutti uguali, alcuni riguardano pochi muscoli e solo un’ articolazione.

La loro Traiettoria è di solito è curvilinea e vengono definiti monoarticolari

Ci sono poi altre alzate, che richiamano intere catene muscolari, più articolazioni e di solito il bilanciere si sposta lungo traiettorie rettilinee. Questi vengono definiti esercizi multiarticolari Richiedono un impegno neurale maggiore ed hanno una complessità motoria più elevata.

La differenza principale tra i due è che i primi cercano d’isolare i muscoli , i secondi invece fanno lavorare in sinergia agonisti ed antagonisti in quella che in fisiologia viene chiamata co-contrazione

L’effetto dei multiarticolari è triplice: .

1 Insegnano al corpo a coordinarsi sotto carico, non permettono solamente di spostare un sovraccarico ma permettono di governare correttamente il vostro corpo contro delle resistenze esterne. Questi esercizi sviluppano sia la massa muscolare sia la coordinazione.

.

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reclutare così molte fibre muscolari. Più è elevato il carico più fibre lavorano e più diventerete forti

.

3 Hanno risposte ormonali sistemiche maggiori. L’allenamento produce sempre degli adattamenti locali, tuttavia più tutto il corpo lavora e più tutto il sistema riesce a beneficiare degli effetti ormonali.

I monoarticolari possono essere visti come esercizi di rifinitura. Ai fini ipertrofici anche l’allenamento settoriale è importante perchè le risposta cellulare (recettori di membrana) è sempre specifica. Fare curl coi manubri aumenta l’anabolismo del bicipite brachiale, cosa che per esempio le trazioni alla sbarra fanno molto più superficialmente. ( possibili differenza in base alla genetica soggettiva).

Chi ricerca un’ipertrofia funzionale dovrà dedicare almeno il 75% del tempo all’allenamento dei grandi multiarticolari, preoccupandosi meno degli esercizi settoriali. Questo vi permetterà di concentrare le energie per gli esercizi più importanti, i quali apportano più transfer e benefici.

Piuttosto che fare: 2 serie di squat, 2 di pressa,2 di affondi , 2 di leg extention e 2 di leg curl , preoccupatevi di farne 10 di full squat. La risposta ipertrofica sarà allo stesso modo importante, e il vostro livello atletico sarà 10 volte più sviluppato. (19)

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Multifrequenza o Monofrequenza

La frequenza è un altro dei tasselli insieme a volume, intensità attorno a cui dovrebbe ruotare una buona programmazione del macro-ciclo.

Le tipologie di allenamento si suddividono principalmente in due: la multifrequenza che prevede la distribuzione degli stimoli allenanti in più episodi settimanali e la monofrequenza che ricerca il massimo esaurimento localizzato durante il singolo workout. (25)

Multifrequenza

Nonostante molte caratteristiche degli allenamenti ad alta intensità e poco frequenti si rivelano essenziali in un percorso di bodybuilding per innescare particolari meccanismi di crescita, questi protocolli non risultano fisiologici se adottati per lunghi periodi e qui nasce la necessità di distribuire il volume allenante in più episodi settimanali.

La pratica di suddividere gli stimoli allenanti durante la settimana chiamata appunto multifrequenza prevede generalmente tabelle full body oppure split A-B-A1-B1 in cui lo stesso muscolo viene allenato 2-3 volte durante la settimana (ad esempio, al posto di completare 15 serie per lo stesso gruppo una volta alla settimana potremmo farne solo 5 ma per 3 volte nell’arco di 7 giorni).

Questa tipologia di allenamento predilige il buffer, la ripetitività del gesto tecnico e generalmente un aumento lineare dei carichi di lavoro durante il programma; grazie a queste caratteristiche la multifrequenza è l’ideale per atleti principianti ed intermedi (ma si

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può benissimo adattare anche per avanzati) perché riusciranno più facilmente a migliorare le prestazioni nel lungo termine in quanto ripetere lo stesso schema motorio più volte a settimana migliorerà la forza nei range più produttivi.

Bisogna inoltre tener presente che lo stimolo indotto dall’allenamento aumenta la sintesi proteica per un tempo limitato cioè non più di 36-48 ore post esercizio per poi calare e ritornare alla normalità, nasce un ulteriore vantaggio nell’allenare più volte a settimana lo stesso apparato muscolare: così facendo riusciremo ad alterare la sintesi proteica aumentandola durante tutta la settimana. L’assenza o quasi del cedimento concentrico tipico delle split routine oltre a mantenere più fresco ed efficiente il SNC contribuisce ad affinare ulteriormente la tecnica d’esecuzione degli esercizi, togliendo le ripetizioni che sarebbero sporcate da un livello eccessivo di stanchezza.

La multifrequenza a differenza della mono non ricercherà il danno muscolare e l’esaurimento delle riserve del muscolo all’interno del workout ma funzionerà per “accumulo”, cioè grazie all’accumularsi di una grande mole di volume e tonnellaggio che tramite una buona programmazione vi faranno superare il vostro limite precedente. (19)

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Monofrequenza

Generalmente la split-routine viene attribuita all’allenamento per eccellenza nel bodybuilding anche perché il cedimento ed esaurimento del muscolo target per il soggetto poco esperto sono sicuramente sinonimo di buon allenamento.

Anche la monofrequenza se inserita intelligentemente in una programmazione annuale può essere produttiva; non sempre e soprattutto non per tutti, questo è vero e non possiamo non ammetterlo, ma per alcuni può funzionare.

Spesso negli ultimi decenni nelle palestre è stata praticata sempre e solo la monofrequenza; successivamente il fitness ha spinto alla suddivisione dei distretti muscolari e di conseguenza ad adottare intensità elevate portando generalmente al limite ogni serie ricercando un esaurimento localizzato dell’apparato muscolare allenato.

D'altro canto questa tipologia oggi tanto criticata è stata il cardine degli allenamenti per parecchi anni ( tutt’oggi utilizzata da molti atleti nel pre-gara) perché evidentemente era in grado ed è tutt'ora di produrre dei risultati concreti e che su alcune tipologie di soggetti con determinate caratteristiche può funzionare.

La monofrequenza per essere efficace richiede di saper mantenere delle intensità elevatissime e tensioni interne altrettanto elevate per tutta la durata del workout, e la chiave per farlo non è solo una questione di fegato, e lo spingersi al limite a tutti i costi , ma avere

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già come base un’ottima attivazione neurale e un relativo reclutamento delle unità motorie fuori dalla media (e di conseguenza un buon livello di forza) per dare “tutto e subito”. Se ad un soggetto con una scarsissima attivazione gli proponiamo di allenarsi in monofrequenza: nonostante lui dia il suo 101% durante la seduta ed esca esausto dalla sala pesi, questo non vuol dire che abbia espresso davvero il suo vero massimo potenziale, anzi, al contrario non avrà fatto altro che stancare ulteriormente la sua già scarsa capacità di reclutamento nervoso creando tensioni muscolari interne poco rilevanti e non produttive, in altri termini si sta allenando sotto le proprie possibilità.

Possiamo ritenere la monofrequenza pura, un allenamento adatto per atleti avanzati o comunque per soggetti già dotati di un SNC molto efficiente con un ottimo reclutamento delle U.M. ed un buon livello di forza, quindi adatto per una piccolissima parte degli utenti delle sale pesi e non per chi si è appena affacciato al mondo della crescita muscolare.

Questa tipologia di allenamento ha il vantaggio di poter lavorare di più sui dettagli muscolari grazie all’utilizzo di vari esercizi di isolamento e si addice di più verso le ultime fasi del macro-ciclo nei periodi cosiddetti di “definizione” per esaltare al massimo i dettagli muscolari, ma va precisato che anche per questi periodi non è per tutti. (19)

In sintesi

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(totalizzandone di più rispetto alla mono) allenando lo stesso

distretto più volte durante la settimana,

la monofrequenza farà leva sull’intensità nel singolo allenamento con eventuali tecniche (rest pause, stripping, eccentriche ecc.) andando a ricercare la massima congestione locale del muscolo allenato. (19)

Queste caratteristiche confermano che la multi si addica di più ai non esperti mentre la mono agli atleti avanzati.

Concludendo, per ottenere l'ipertrofia nessun allenamento va scartato ma va sempre contestualizzato in base al soggetto da allenare e al periodo del macro-ciclo che si dovrà affrontare.

L'ipertrofia muscolare è un aumento delle dimensioni delle fibre muscolari e quindi della massa muscolare, osservato quando un muscolo raggiunge un diametro maggiore o una maggiore sezione trasversale (29) . Attraverso l'esercizio fisico, il lavoro muscolare con sovraccarichi porta ad un aumento della massa muscolare mediante questo adattamento biologico. A livello cellulare, nell'ipertrofia muscolare negli esseri umani le proteine contrattili actina e miosina aumentano di dimensioni e di numero (30)

L'ipertrofia muscolare è un processo multidimensionale, con numerosi fattori coinvolti. Si tratta di una complessa risposta di segnali cellulari tra le cellule satellite, il sistema immunitario, i fattori di crescita, e gli ormoni, con le singole fibre muscolari di ciascun muscolo.

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Tre particolari segnali (via calcio-dipendente, mitogen-activated protein-chinasi, e via mammalian target of rapamycin

( mTor) spostano la cella in una condizione di sintesi proteica, mentre inibiscono il catabolismo proteico (31) .

Proteine segnale chiamate citochine, provenienti dal sistema

immunitario, interagiscono con i recettori specializzati sui muscoli per promuovere la crescita del tessuto.

Alcuni ormoni anabolici (che promuovono la crescita muscolare), includono l'IGF-1, il testosterone, e ormone della crescita (GH), che giocano un ruolo primario nel promuovere l'ipertrofia (32).

Riassumendo, ci sono molteplici meccanismi che sono responsabili dello stimolo della crescita muscolare e, probabilmente, ognuno di questi meccanismi può essere stimolato mediante metodi di allenamento diversi. Questi meccanismi sono:

 un aumento della tensione muscolare o sollecitazioni meccaniche sul tessuto muscolare; (33)

 la deplezione di substrati energetici intramuscolari (fosfati, glicogeno) dovuta alle esigenze metaboliche; (34)

Questo porta in una cascata di eventi, che è stata definita come upstream

signalling (segnalazione a monte), la quale provoca effetti a valle (downstream) (35) . Questa cascata di eventi che comprende i seguenti:

 sollecitazioni meccaniche e metaboliche che portano a danni strutturali (micro-traumi)

(50)

 risposta ormonale (testosterone, GH, MGF, IGF-1, cortisolo), e risposta infiammatoria;

 sintesi proteica che porta alla ipertrofia muscolare;

Come descritto in precedenza, l'esercizio di resistenza provoca traumi al muscolo scheletrico. Il sistema immunitario risponde con una complessa sequenza di reazioni immunitarie che portano all'infiammazione (36). Lo scopo della risposta infiammatoria è quello di contenere i danni, riparare il danno, e ripulire l'area danneggiata dai prodotti di scarto. Il sistema

immunitario provoca una sequenza di eventi in risposta al danno del muscolo scheletrico. I macrofagi (una classe di globuli bianchi), che sono coinvolti nella fagocitosi (processo attraverso cui alcune cellule fagocitano e

distruggono i microrganismi e i metaboliti cellulari) delle cellule danneggiate, si dirigono verso la zona lesa e secernono citochine , fattori di crescita e altre sostanze. Le citochine sono proteine che servono per gestire il sistema immunitario. Esse sono responsabili della comunicazione tra le cellule. Le citochine stimolano l'avvento dei linfociti,monociti,neutrofili e altre cellule benefiche sul sito della lesione per riparare il tessuto danneggiato (37) Le tre importanti citochine in questo contesto sono l'interleuchina-1 (IL-1), l'interleuchina-6 (IL-6) e fattore di necrosi tumorale (TNF) Queste citochine producono la maggior parte della risposta

infiammatoria, e questo è il motivo per cui sono chiamate "citochine infiammatorie o proinfiammatorie" (38) . Queste sono responsabili della scomposizione delle proteine, la rimozione delle cellule

muscolari danneggiate, e l'aumento della produzione di prostaglandine (sostanze simili agli ormoni che aiutano a controllare

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Fattori di crescita

I fattori di crescita sono proteine altamente specializzate, tra cui ormoni, citochine e molecole simili agli ormoni, che sono molto coinvolte nell'ipertrofia muscolare (39) , stimolando le cellule satellite a produrre un aumento delle dimensioni delle fibre muscolare. I fattori di crescita stimolano la divisione e la differenziazione (acquisizione di una o più caratteristiche diverse dalla cellula originale) di un

particolare tipo di cellula, dimostrando di influenzare la crescita muscolare regolando l'attività delle cellule satellite. In relazione all'ipertrofia del muscolo scheletrico, fattori di crescita di particolare interesse sono i fattori di crescita insulino simili (IGF), i fattori di crescita dei fibrolblasti (FGF), e il fattore di crescita degli epatociti (HGF). Questi fattori di crescita cooperano tra loro per provocare l'ipertrofia del muscolo scheletrico.

Fattori di crescita insulino-simili (IGF)

L'IGF, o fattore di crescita insulino simile (Insulin-like Growth Factor), è un ormone secreto dal muscolo scheletrico. Esso regola il metabolismo dell'insiluna e stimola la sinstesi proteica. Ne esistono due forme, l'IGF-1, che causa la proliferazione e la differenziazione delle cellule satellite, e l'IGF-2, che è responsabile della proliferazione delle cellule satellite. Gli IGF svolgono un ruolo primario nel regolare la crescita della massa muscolare, promuovendo cambiamenti che si verificano nel DNA per la sintesi proteica, e per promuovere la riparazione delle cellule muscolari. In risposta ad un allenamento di resistenza con sovraccarichi, i livelli di IGF-1 si elevano

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significativamente, risultando nell'ipertrofia del muscolo scheletrico (40).

Il Mechano-Growth Factor (MGF) è stato riconosciuto come una forma di IGF-1 attiva all'interno delle cellule muscolari con una funzione autocrina e paracrina. Sembra essere prodotta dal muscolo sovraccaricato e dal successivo danno muscolare, ed è il principale regolatore della riparazione muscolare (41).

Fattori di crescita dei fibroblasti (FGF)

L'FGF, o fattore di crescita dei fibroblasti (Fibroblast Growth Factor), è depositato nel muscolo scheletrico. L'FGF esiste in nove forme, cinque delle quali causano la proliferazione e differenziazione delle cellule satellite, portando all'ipertrofia del muscolo scheletrico. L'FGF favorisce il processo di rivascolarizzazione durante la rigenerazione muscolare (formazione di nuovi capillari sanguigni) (42). La quantità di FGF prodotta dal muscolo scheletrico è proporzionale al grado del trauma muscolare (43).

Fattore di crescita degli epatociti (HGF)

L' HGF , o fattore di crescita degli epatociti (Hepatocyte Growth Factor), è una citochina con diverse funzioni cellulari, ed è un regolatore chiave di attività delle cellule satellite. Nel caso specifico dell'ipertrofia del muscolo scheletrico, l'HGF attiva le cellule satellite e può essere responsabile del loro spostamento verso le aree

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Ormoni dell'ipertrofia del muscolo scheletrico:

Gli ormoni sono sostanze chimiche secrete dagli organi per avviare o regolare l'attività di un organo o di un gruppo di cellule in un'altra parte del corpo. Va notato che la funzione ormonale è decisamente influenzata dallo stato nutrizionale, l'assunzione di prodotti alimentari e lo stile di vita quali stress, sonno e salute generale. I seguenti ormoni sono di particolare interesse per l'ipertrofia del muscolo scheletrico.

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La somatotropina, detto anche GH (Growth Hormon) o ormone della crescita, è un ormone peptidico altamente riconosciuto per il suo ruolo nella crescita muscolare. Esso stimola gli IGF nel muscolo scheletrico, promuovendo l'attivazione delle cellule satellite, la proliferazione e differenziazione. L'esercizio di resistenza stimola il rilascio di ormone della crescita dalla ghiandola pituitaria anteriore (adenoipofisi) , ed i suoi livelli di secrezione sono molto dipendenti dall'intensità dell'allenamento. L'ormone della crescita contribuisce a innescare il metabolismo dei grassi per l'impiego di energia nel processo di crescita muscolare. Inoltre, l'ormone della crescita stimola l'assorbimento e l'incorporazione di amminoacidi nella proteina del muscolo scheletrico. Tuttavia, gli effetti ipertrofici osservati dalla somministrazione aggiuntiva di GH, esaminati in gruppi di atleti di resistenza trattati con GH, possono essere meno accreditati per l'aumento delle proteine contrattili, ma più attribuibili alla ritenzione di liquidi e all'accumulo di tessuto connettivo (43)

Testosterone

Il testosterone appartiene alla classe degli ormoni steroidei (ormoni che hanno un nucleo steroide che può penetrare attraverso la membrana cellulare senza un recettore), ma anche alla classe degli androgeni , cioè gli ormoni sessuali maschili, di cui è il principale rappresentante. Il principale ruolo fisiologico degli androgeni è quello di promuovere la crescita e lo sviluppo degli organi e delle caratteristiche maschili. Il testosterone colpisce il sistema nervoso, il

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muscolo scheletrico, il midollo osseo, la pelle, i capelli, e gli organi sessuali. Con il muscolo scheletrico, il testosterone, che viene prodotto in quantità significativamente maggiore nei maschi, ha un'azione anabolica sul muscolo scheletrico (proteosintesi). Questo contribuisce a creare le differenze osservate nei due sessi, tra cui il peso corporeo e la composizione corporea. Il testosterone aumenta la sintesi proteica, che induce ipertrofia (29) . Questo ormone può stimolare le risposte del GH da parte della ghiandola pituitaria, migliorando l'assorbimento cellulare degli aminoacidi e la sintesi proteica nel muscolo scheletrico. Inoltre, testosterone può aumentare la presenza di neurotrasmettitori all'interno delle fibre, promuovendo la crescita del tessuto. Come ormone steroideo, il testosterone può interagire con i recettori nucleari sul DNA, con conseguente sintesi proteica. Il testosterone può anche avere qualche tipo di effetto regolatore sulle cellule satellite.

Cortisolo

Il cortisolo è anche esso un ormone ch viene prodotto dalla corteccia surrenale del rene (corticosteroidi), più precisamente appartiene alla classe degli ormoni glucocorticoidi. Si tratta di un ormone che stimola la gluconeogenesi che è la formazione di glucosio da fonti diverse dal glucosio, come gli amminoacidi (nello specifico la proteolisi), ma stimola anche la lipolisi, cioè il catabolismo dei trigliceridi depositati in acidi grassi liberi. Il cortisolo inibisce anche l'utilizzo di glucosio da gran parte delle cellule del corpo. Questo può

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avviare la proteolisi (catabolismo proteico), liberando così gli amminoacidi da utilizzare per produrre proteine diverse, che possono essere necessarie e critiche nei momenti di stress. In termini di ipertrofia, un aumento di cortisolo è legata ad un tasso di aumento del catabolismo proteico. Pertanto, il cortisolo degrada le proteine muscolari, inibendo l'ipertrofia del muscolo scheletrico (30)

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Insulina

L'insulina è un ormone peptidico prodotto dalle cellule B del pancreas. Anche l'insulina stimola la crescita muscolare, migliorando la sintesi proteica e facilitando l'ingresso del glucosio nelle cellule (31). Le cellule satellite utilizzano il glucosio come combustibile, permettendo così la loro attività nel favorire la crescita delle cellule. Il glucosio viene anche utilizzato per il fabbisogno energetico intramuscolare. La principale funzione dell'insulina è quella di regolare il metabolismo del glucosio e degli amminoacidi, ed è l'ormone che causa l'evento dell'accumulo di grasso (lipogenesi). È riconosciuto come l'ormone anabolico per eccellenza, perché la sua azione provoca solo eventi anabolici e anti-catabolici sulle riserve energetiche, contrariamente ad altri ormoni anabolici sul muscolo scheletrico, che in genere hanno un'azione lipolitica, e quindi parzialmente catabolica. La sua attività è collegata all'ingestione di cibo, ed interviene in risposta ai cibi

glucidici, proteici, e ai pasti misti, per depositare parte dei derivati della loro digestione nelle riserve energetiche, come i depositi di glicogeno (glicogenosintesi) e trigliceridi (lipogenesi), ma ha anche l'importante funzione di promuovere la sintesi delle proteine muscolari (proteosintesi). L'ormone quindi inibisce o blocca i processi catabolici, che possono essere l'utilizzo delle riserve di glicogeno, di lipidi, o di amminoacidi, a scopo energetico (32)

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I Benefici dell'ipertrofia

L'allenamento con i pesi non permette solo un accrescimento delle cellule muscolari (ipertrofia), o un loro aumento di numero

(iperplasia), ma anche un migliore rapporto tra percentuale di massa magra e grassa.

Se effettuato in maniera corretta e mirata permette di andare a migliorare eventuali punti carenti del nostro corpo, andando a

sviluppare gruppi muscolari carenti. Permette si compensare squilibri muscolari.

In generale i benefici indotti dall'allenamento con i pesi sono molti: miglioramento della prestazione sportiva

rafforzamento del tessuto connettivo (tendini, legamenti)

miglioramento apparato cardiovascolare (maggior volume della gittata sistolica, riduzione della F. C. a riposo, calo della pressione arterovenosa)

• miglioramento apparato scheletrico • incremento della forza

• aumento della resistenza muscolare • miglioramento dell'apparato respiratorio • miglioramento del sistema nervoso

• miglioramento mobilità articolare (stretching) • potenziamento del sistema circolatorio

• miglioramento delle capacità propriocettive e coordinative • miglioramento estetico

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Capitolo 5

Adattamenti Cardiovascolari allo sforzo di di tipo ipertrofico

Negli ultimi anni le pratiche del bodybuilding e dell'allenamento per la ricerca dell'ipertrofia hanno conosciuto una grandissima espansione. Se da un lato il bodybuilding ha continuato ad evolversi ed ad espandersi, portando da una parte all'estremo le proprie caratteristiche e dall'altra invece diventando anche molto più commerciale e inseribile in un contesto fitness, dall'altro lato l'allenamento per la ricerca dell'ipetrofia è andato pian piano a ricoprire un ruolo sempre più importante anche all''interno della preparazione di sport molto diversi tra loro le quali finalità non sono certamente il mero sviluppo di masse muscolari, ma la prestazione sportiva.

I benefici indotti dall'esercizio mirato all'ipertrofia possiamo dire che sono noti a tutti, lo stesso non possiamo dire però quando se ci riferiamo agli effettivi adattamenti e cambiamenti del nostro apparato cardiovascolare in seguito a questo tipo di esercizio.

Pochi sono infatti gli studi che vanno ad occuparsi di questo argomento.

Per quanto riguarda la letteratura scientifica infatti alcuni studi offrono risultati non molto scontati.

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