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Applicazione dei principi contabili internazionali IAS 36 e IAS 16 nelle società quotate italiane.

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DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

CONSULENZA PROFESSIONALE ALLE AZIENDE

Applicazione dei principi contabili internazio

IAS 16 nelle società quotate italiane.

Relatore

Prof. Marco Allegrini

ANNO ACCADEMICO 2015

1

UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

Corso di Laurea Magistrale in

CONSULENZA PROFESSIONALE ALLE AZIENDE

Tesi di Laurea

Applicazione dei principi contabili internazio

IAS 16 nelle società quotate italiane.

Prof. Marco Allegrini

De Micheli Giulia

ANNO ACCADEMICO 2015-2016

DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

CONSULENZA PROFESSIONALE ALLE AZIENDE

Applicazione dei principi contabili internazionali IAS 36 e

IAS 16 nelle società quotate italiane.

Candidata

De Micheli Giulia

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INDICE:

Capitolo 1

1.1  Introduzione ai principi contabili internazionali. ________________________ 7 1.2  Metodologia dell’analisi empirica____________________________________14

Capitolo 2

“Profili teorici e analisi empirica su applicazione dello IAS 36”

2.1  IAS 36 : Aspetto teorico___________________________________________ 19 2.2  IAS 36: Introduzione all’analisi empirica______________________________ 32 2.3  IAS 36: Perdita / ripristino di valore rilevate nell’utile (perdita) d’esercizio___ 32 2.4  IAS 36: Informativa di settore (IFRS 8) _______________________________38 2.5  IAS 36: Modalità di verifica della perdita - ripristino di valore _____________42 2.6  IAS 36: Fonti informative della perdita - ripristino di valore ______________ 49 2.7  IAS 36: Perdita (ripristino) di valore attinente ad una singola voce _________ 58 2.8  IAS 36: Indicazioni pertinenti le CGU________________________________62 2.9  IAS 36: Le CGU e le problematiche dell’impairment test_________________73 2.10  IAS 36: Il valore recuperabile______________________________________78 2.11  IAS 36: Il fair value _____________________________________________82 2.12  IAS 36: Il valore d’uso e i tassi di attualizzazione _____________________ 88

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2.13  IAS 36: Il valore dell’avviamento e delle attività immateriali per ogni CGU_92 2.14.1  IAS 36: I criteri di stima del valore d’uso per le CGU_________________95 2.14.2  IAS 36: Segue i criteri di stima del valore d’uso per le CGU ___________101 2.14.3  IAS 36: Segue i criteri di stima del valore d’uso per le CGU ___________103 2.15.1  IAS 36: La tecnica di valutazione del fair value per le CGU ___________ 110 2.15.2  IAS 36: Segue la tecnica di valutazione del fair value per le CGU ______ 113 2.16  IAS 36: Discounted cash flow_____________________________________114 2.17  IAS 36: Il valore contabile e il valore recuperabile a confronto per le CGU_115 2.18  IAS 36: Avviamenti e sinergie con diverse CGU _____________________ 116 2.19  IAS 36: Riorganizzazione delle CGU e allocazione dell’avviamento _____ 119 2.20  IAS 36: Logica Bottom-up o Top-down? ___________________________ 120 2.21  IAS 36: Specificazioni sull’avviamento ____________________________ 123 2.22  IAS 36: Conclusioni relative all’applicazione dello IAS 36 _____________129

Capitolo 3

“Profili teorici e analisi empirica su applicazione dello IAS 16”

3.1 IAS 16: Aspetto teorico __________________________________________136 3.2  IAS 16: Introduzione all’analisi empirica_____________________________145 3.3  IAS 16: Component analisys ______________________________________145 3.4  IAS 16: Gli effetti delle imposte sul reddito __________________________147 3.5.1  IAS 16: L’informativa per ciascuna classe di attività__________________150 3.5.2  IAS 16: Segue l’informativa per ciascuna classe di attività_____________ 153 3.6  IAS 16: Approfondimento sulle perdite per riduzione di valore ___________165 3.7  IAS 16: Informazioni aggiuntive sugli immobili, impianti e macchinari_____168

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3.8  IAS 16: I cespiti FV as deemed cost________________________________174 3.9  IAS 16: I cespiti con fondo rimozione/smantellamento _________________175 3.10  IAS 16: Impegni contrattuali per l’acquisto di cespiti__________________178 3.11  IAS 16: Il revaluation model_____________________________________179 3.12  IAS 16: Altre informazioni facoltative_____________________________184 3.13  IAS 16: Conclusioni relative all’applicazione dello IAS 16 ____________186

Conclusioni ________________________________________________________191

Riferimenti bibliografici e sitografia_____________________________________193 Indice delle figure ___________________________________________________195 Allegati ___________________________________________________________203

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Capitolo 1

1.1 Introduzione ai principi contabili internazionali

Gli IAS (International Accounting Standards) sono i principi contabili internazionali emanati dall’ International Accounting Standards Committee (IASC) già dal 1973, con il principale obbiettivo di armonizzare la legislazione contabile di tutti gli stati membri. Successivamente nel 2001, lo IASC si è trasformato in una fondazione privata, al cui interno, l’organo preposto alla redazione dei principi contabili internazionali è lo IASB (International Accounting Standards Board) con sede a Londra. I principi emanati da quest’ultimo, vengono denominati IFRS, cioè International Financial Reporting Standards ed attualmente coesistono con i precedenti IAS.

Negli anni ’90 i principi maggiormente utilizzati erano però gli US GAAP (Generally Accepted Accounting Principles) e poiché erano i più completi, alcune società europee si ispiravano ad essi per redigere i propri bilanci.

Probabilmente se non ci fosse stato l’intervento normativo del 2002 della Comunità Europea, gli US GAAP sarebbero potuti diventare gli standards globali, ma essi però non potevano essere politicamente recepiti dai diversi paesi europei, proprio perché derivano da un paese non appartenente all’Unione Europea. Per cui su tale spinta vennero maggiormente sviluppati gli IAS/IFRS e si avviò così un processo di convergenza con il modello statunitense, mediante un protocollo d’intesa tra il FASB (Financial Accounting Standards Board) e lo IASB, apportando modifiche ad entrambe le tipologie di principi contabili ispirati appunto al modello di convergenza. L’obbiettivo perseguito dal sistema comunitario e statunitense è proprio quello di consentire alle società europee che adottano gli IAS/IFRS di poter essere quotate anche sul mercato americano, senza dover presentare alcun prospetto di raccordo.

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Nel 2005 il Committee of European Securities Regulators (CESR) ha specificato che l’obbiettivo di convergenza tra gli IAS e gli US GAAP si ispira al concetto di equivalenza dei due sistemi, nel senso che gli investitori nel prendere le decisioni più opportune risultino indifferenti al fatto che il bilancio sia redatto secondo principi US GAAP o IAS/IFRS.

Tornando al processo evolutivo degli IAS/IFRS, una tappa fondamentale è rappresentata dal regolamento (CE) n°1606 del 19 luglio 20021 che fu decisivo, proprio perché introduce l’applicazione obbligatoria dei principi contabili internazionali IAS/IFRS, a sostituzione dei principi contabili nazionali, per i bilanci consolidati delle società quotate europee, a partire dal 1° gennaio 2005. L’armonizzazione delle regole contabili è stato un obbiettivo fondamentale, con lo scopo di poter aumentare la leggibilità e la comparabilità dei bilanci, di creare un mercato unico, che sia efficiente e competitivo, di aumentare la tutela della concorrenza ed infine cercando di salvaguardare gli interessi degli investitori, dei creditori e di tutti i soggetti interessati all’andamento patrimoniale, economico e finanziario delle società quotate.

Con tale regolamento, è stata inoltre lasciata la facoltà agli Stati membri di far adottare o meno, i principi contabili internazionali IAS/IFRS anche per il bilancio d’esercizio delle società quotate europee e per il bilancio, sia consolidato che d’esercizio, delle società non quotate sui mercati regolamentati2. Questa facoltà3 viene recepita dall’Italia

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Regolamento CE n° 1606/2002 Articolo 4: Conti consolidati delle società i cui titoli sono negoziati in un mercato pubblico Per ogni esercizio finanziario avente inizio il 1° gennaio 2005, o in data successiva, le società soggette al diritto di uno Stato membro redigono i loro conti consolidati conformemente ai principi contabili internazionali adottati secondo la procedura di cui all'articolo 6, paragrafo 2, qualora, alla data del bilancio, i loro titoli siano ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato di un qualsiasi Stato membro, ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 13, della direttiva 93/22/CEE del Consiglio, del 10 maggio 1993, relativa ai servizi di investimento nel settore dei valori mobiliari.

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Regolamento CE n°1606/2002 Articolo 5: Gli Stati membri possono consentire o prescrivere: a) alle società di cui all'articolo 4, di redigere i loro conti annuali; b) alle società diverse da quelle di cui all'articolo 4, di redigere i loro conti consolidati e/o i loro conti annuali; conformemente ai principi contabili internazionali adottati secondo la procedura di cui all'articolo 6, paragrafo 2.

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attraverso la legge comunitaria n° 306 del 31 ottobre 2003 (art 25) per l’adempimento degli obblighi comunitari, ed attuata, seppur con ritardo, mediante il decreto legislativo n° 38 del 28 febbraio 2005, che permette di estendere l’applicazione dei principi contabili internazionali IAS/IFRS anche a soggetti diversi da quelli stabiliti precedentemente dall’Unione Europea, come ad esempio:

- obbligo di applicazione per il bilancio sia d’esercizio che consolidato delle società aventi strumenti finanziari presso il pubblico;

- obbligo di applicazione per il bilancio sia consolidato che d’esercizio delle banche e degli intermediari finanziari sottoposti a vigilanza da parte della Banca d’Italia;

- obbligo di applicazione per il bilancio consolidato delle imprese di assicurazione; - obbligo di applicazione per il bilancio di esercizio delle imprese di assicurazione, nel caso in cui non redigono il bilancio consolidato e sono quotate.

Successivamente possiamo affermare che per il bilancio sia consolidato che d’esercizio delle società non quotate, lo Stato rimette ad esse la facoltà di applicare i principi contabili internazionali IAS/IFRS, mentre sono escluse da essi le imprese di assicurazione non quotate e quelle società che per redigere il bilancio d’esercizio possono optare per la forma abbreviata prevista dall’art 2435 bis4 del codice civile, poiché per due esercizi consecutivi non hanno superato due dei tre limiti riportati dall’articolo.

Di conseguenza, secondo quanto è stabilito dal D. Lgs. 38/20055, le società che non redigono il bilancio d’esercizio secondo i principi contabili internazionali, sono:

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Art 2435 bis comma 1: Le società, che non abbiano emesso titoli negoziati in mercati regolamentati, possono redigere il bilancio in forma abbreviata quando, nel primo esercizio o, successivamente, per due esercizi consecutivi, non abbiano superato due dei seguenti limiti:

1) totale dell'attivo dello stato patrimoniale: 4.400.000 euro; 2) ricavi delle vendite e delle prestazioni: 8.800.000 euro; 3) dipendenti occupati in media durante l'esercizio: 50 unità.

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i) Le società che redigono il bilancio in forma abbreviata;

ii) le società che non esercitano la facoltà di applicare gli IAS/IFRS concessa dallo stesso decreto legislativo n°38 del 2005;

iii) le società, la cui facoltà di adottare gli IAS/IFRS era subordinata all’emanazione di un decreto ministeriale che doveva indicare il primo esercizio di adozione.

In riferimento alle società rientranti nella classe ii), secondo quando stabilito dall’art 3 – 4 D. Lgs. n° 38/2005, la facoltà di adottare i principi contabili internazionali non è revocabile a meno che non vi siano casi eccezionali, che devono essere opportunamente riportati nella nota integrativa con i relativi effetti economici, patrimoniali e finanziari. Il decreto legge n° 91 del 2014 interviene in merito alle società relative alla classe iii), poiché viene modificato l’art 4, comma 6, del D. Lgs. n° 38/2005 e quindi viene eliminato il rimando al decreto ministeriale per l’applicazione dei principi contabili internazionali.

a) le società emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in mercati regolamentati di qualsiasi Stato

membro dell'Unione europea, diverse da quelle di cui alla lettera d);

b) le società aventi strumenti finanziari diffusi tra il pubblico di cui all'articolo 116 testo unico delle disposizioni in

materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, diverse da quelle di cui alla lettera d);

c) le banche italiane di cui all'articolo 1 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto

legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni; le società finanziarie capogruppo dei gruppi bancari iscritti nell'albo di cui all'articolo 64 del decreto legislativo n. 385 del 1993; le società di intermediazione mobiliare di cui all'articolo 1, comma 1, lettera e), del decreto legislativo n. 58 del 1998; le società di gestione del risparmio di cui all'articolo 1, lettera o), del decreto legislativo n. 58 del 1998; le società finanziarie iscritte nell'albo di cui all'articolo 107 del decreto legislativo n. 385 del 1993; gli istituti di moneta elettronica di cui al titolo V-bis del decreto legislativo n. 385 del 1993;

d) le società che esercitano le imprese incluse nell'ambito di applicazione del decreto legislativo 26 maggio 1997, n.

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e) le società incluse, secondo i metodi di consolidamento integrale, proporzionale e del patrimonio netto, nel

bilancio consolidato redatto dalle società indicate alle lettere da a) a d), diverse da quelle che possono redigere il bilancio in forma abbreviata, ai sensi dell'articolo 2435-bis del codice civile, e diverse da quelle indicate alle lettere da a) a d);

f) le società diverse da quelle indicate alle lettere da a) ad e) e diverse da quelle che possono redigere il bilancio in

forma abbreviata, ai sensi dell'articolo 2435-bis del codice civile, che redigono il bilancio consolidato;

g) le società diverse da quelle indicate alle lettere da a) ad f) e diverse da quelle che possono redigere il bilancio in

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In questo modo, è consentito a tutte le società, non piccole, di poter applicare i principi contabili internazionali IAS/IFRS, per la redazione dei proprio bilanci consolidati o d’esercizio, aumentando la comparabilità dell’informativa finanziaria rispetto ai competitor e la trasparenza. Si vuole infatti tendere ad una generale applicazione dei principi contabili IAS/IFRS, mostrando la piena apertura del nostro ordinamento al sistema di armonizzazione contabile comunitario.

Tabella relativa all’ambito di applicazione degli IAS/IFRS secondo quanto dettato dal D. Lgs 38/2005 :

BILANCIO D'ESERCIZIO ispirato agli IAS/IFRS

BILANCIO CONSOLIDATO ispirato

agli IAS/IFRS

Società quotate OBBLIGO OBBLIGO

Società aventi strumenti

finanziari OBBLIGO OBBLIGO

Banche e intermediari

finanziari OBBLIGO OBBLIGO

Imprese di assicurazione OBBLIGO * OBBLIGO

Società non quotate FACOLTA' FACOLTA'

Società con opzione per il

bilancio in forma abbreviata ESCLUSIONE -

Imprese di assicurazione non

quotate ESCLUSIONE -

* solo se quotate e non redigono il bilancio consolidato.

La scelta italiana, di adottare i principi contabili internazionali, non solo per il bilancio consolidato, ma anche per quello di esercizio (bilancio civilistico), ha portato anche dei problemi di coordinamento con le norme fiscali italiane.

Nel momento in cui le società italiane che, o per un obbligo imposto dall’ordinamento o per una loro facoltà, hanno dovuto adottare i principi contabili internazionali per la redazione del proprio bilancio, hanno riscontrato delle importanti differenze con il sistema contabile nazionale, adottato fino a quel momento. Questo perché il sistema contabile nazionale assume come regola generale riguardo alla valutazione e

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contabilizzazione delle poste di bilancio la metodologia del costo storico (costo di acquisto o di produzione). Così facendo, possiamo notare come il sistema nazionale si ispiri al principio di prudenza, con il conseguente scopo di non permettere, agli amministratori di contabilizzare utili non certi o addirittura fittizi. In questo modo però, si effettueranno delle valutazioni che non prendono in considerazione alcuni fattori interni o esterni all’impresa, che incidono comunque sul valore reale, contabilizzando quindi, in certi casi, il bene a valori ben lontani da quello effettivo.

Gli IAS/IFRS hanno introdotto un criterio di valutazione diverso, basato sul fair value (valore equo) che rappresenta meglio il valore di mercato del bene alla data di chiusura dell’esercizio, in quanto per la valutazione tiene conto anche dei flussi finanziari ed economici dell’impresa stessa. I principi contabili internazionali definiscono quindi il fair value come “il corrispettivo al quale un attività potrebbe essere scambiata o una passività estinta, tra parti consapevoli e disponibili, in un operazione tra terzi”.

Per esempio le immobilizzazioni materiali sono analizzate dallo IAS 16, il quale prevede un ammortamento sistematico, un eventuale svalutazione in caso di riduzione durevole di valore e una periodica rivalutazione al fair value. Invece secondo l’art 2426 del codice civile6 che disciplina i criteri di valutazione, relativi anche alle immobilizzazioni materiali, prevede la loro valutazione al costo di acquisto o di produzione, che il valore debba essere adeguatamente ammortizzato in ogni esercizio se la cui utilizzazione è limitata nel tempo, ed inoltre permette l’iscrizione dell’immobilizzazione ad un minor valore se esso risulta “durevolmente di valore inferiore” al termine dell’esercizio, ma anche che tale svalutazione deve essere

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Modificato recentemente con il Decreto legislativo del 18/08/2015 n. 139 Articolo 6, in vigore dal 1° gennaio 2016.

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rettificata, nel caso in cui siano venuti meno i motivi che avevano portato a tale riduzione di valore.

La logica sottostante ai due diversi approcci, internazionale e nazionale, possiamo riscontrarla nel diverso ambito di tutela, poiché il fair value ha l’obbiettivo di fornire una maggior tutela agli investitori, in quanto il bilancio viene utilizzato come strumento per la valutazione della performance aziendale e per mettere in evidenzia il reddito potenziale. Al contrario il criterio del costo, è direttamente ricollegabile al principio della prudenza, quindi si rivolge alla tutela dei creditori sociali e all’integrità del capitale sociale, poiché il bilancio ha lo scopo di evidenziare il reddito prodotto nel corso dell’esercizio, potendo così procedere alla distribuzione degli utili effettivamente realizzati.

E’ possibile quindi sostenere che il criterio del fair value ha una maggiore significatività (relevance) poiché fornisce agli investitori un informazione più dinamica e più incentrata sulle future prospettive reddituali e finanziarie dell’impresa stessa. In questo modo però, viene lasciato agli amministratori, redattori del bilancio, un ampio margine discrezionale nella valutazione, non tutelando gli stessi investitori da eventuali sopravvalutazioni o da plusvalenze emerse solo a causa di oscillazioni dei valori di mercato. Al contrario, sotto l’aspetto dell’attendibilità (reliability) il criterio del costo storico risulta migliore del fair value, poiché come già citato precedentemente, fornisce una maggiore garanzia per i creditori sociali e riguardo all’integrità del capitale sociale, non contabilizzando plusvalori latenti o non effettivamente realizzate.

Con il D. Lgs. 38/20057, in sede di recepimento dei principi contabilità internazionali, è stata inserita la previsione che consiste nel definire indisponibili, cioè non distribuibili

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D. Lgs. 38/2005 Art 6: (comma 1) Le società che redigono il bilancio di esercizio secondo i principi contabili internazionali non possono distribuire:

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le riserve che si sono formate con l’applicazione del criterio del fair value. Tale disposizione viene anche definita “sterilizzazione del fair value”, la cui funzione era quella di risolvere questa incompatibilità tra i principi contabili nazionali e quelli internazionali.

Un ulteriore aspetto fondamentale per i principi contabili internazionali IAS/IFRS è la prevalenza della sostanza sulla forma, con l’obbiettivo di valorizzare il contenuto economico degli atti di gestione, a scapito del contenuto giuridico formale. Si evince anche da questo principio, come la logica dei principi contabili internazionali tende ad una maggiore comparabilità dei bilanci e ad andare incontro all’informativa necessaria agli investitori nei mercati finanziari.

Appare quindi evidente come sia difficile far convivere il processo di armonizzazione contabile degli IAS/IFRS con le regole contabili interne, nel caso in cui si opti per l’adozione obbligatoria dei principi contabili internazionali anche per il bilancio d’esercizio. E’ necessario appunto sottolineare, come la maggior parte dei paesi europei abbia inserito la disciplina degli IAS/IFRS solo per il bilancio consolidato, a differenza del nostro paese.

1.2 Metodologia dell’analisi empirica

In questo lavoro di tesi abbiamo cercato di comprendere la modalità con cui le società che adottano gli IAS/IFRS tendono ad applicare concretamente il principio contabile IAS 36 e il principio contabile IAS 16, riguardanti rispettivamente la riduzione di valore (impairment test) e gli immobili impianti e macchinari, soffermandoci su quei casi in cui è la stessa disciplina che lascia alle singole società la facoltà di scelta nell’adottare

fiscale e diverse da quelle riferibili agli strumenti finanziari di negoziazione e all'operatività in cambi e di copertura, che discendono dall'applicazione del criterio del valore equo (fair value) o del patrimonio netto;

b) riserve del patrimonio netto costituite e movimentate in contropartita diretta della valutazione al valore equo

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un criterio o un metodo piuttosto che un altro. Per questo, è interessante vedere come tali scelte possano a volte essere condivise dalla maggior parte delle società, mentre in altri casi potrebbero anche risultare totalmente opposte con ciò che viene indicato teoricamente dai principi contabili internazionali.

L’obbiettivo che vogliamo raggiungere, consiste infatti nell’analizzare i comportamenti di un campione composto da 45 società quotate sul mercato (ad esclusione degli intermediari finanziari), che adottano i principi contabili internazionali nella redazione del loro bilancio consolidato, dimostrando le differenti modalità con cui esse forniscono l’informativa richiesta dalle disposizioni previste dagli stessi IAS 36 e 16.

Le 45 società utilizzate come campione, di cui abbiamo analizzato il bilancio consolidato sono le seguenti:

- ACOTEL GROUP - AEDES - ALERION - ANSALDO STS - ATLANTIA - AUTOGRILL - B&C SPEAKERS - BOERO BARTOLOMEO - BOLZONI - BUZZI UNICEM - CAMPARI - CARRARO - CLASS EDITORI - CNH INDUSTRIAL

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16 - DANIELI - DE LONGHI - EMAK - ENEL - ENI - FERRAGAMO

- FIAT CHRYSLER AUTOMOBILES - FIDIA - FIERA DI MILANO - FNM - GAS PLUS - GEOX - IL SOLE 24 ORE - ITALCEMENTI - ITWAY - LA DORIA - LEONARDO – FINMECCANICA - LUXOTTICA - MEDIASET - NICE - PIERREL - PIRELLI - ROSSS - SABAF - SNAM

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17 - STEFANEL - STMICROELECTRONICS - TAS - TENARIS - TESMEC - TXT.

Per fare questo tipo di analisi, come principale strumento è stata utilizzata una griglia fornita da Assonime, la quale contiene delle domande che richiedono la presenza di precise informazioni all’interno della nota integrativa e che solitamente viene utilizzata come strumento di verifica nel processo di revisione di un bilancio.

Nel nostro caso, ci soffermeremo sulle domande della griglia attinenti allo IAS 36 e successivamente anche allo IAS 16, ed utilizzeremo ciascuna domanda per verificare l’informativa fornita dal bilancio consolidato di ogni società analizzata e classificheremo quest’ultime nelle seguenti classi:

 nel SI  nel caso in cui le informazioni contenute nel bilancio soddisfano in

maniera appropriata le richieste della domanda (della griglia) in questione;  nel NO  nel caso in cui abbiamo una carenza informativa rispetto alle richieste

della domanda (della griglia) in questione o se non compaiono proprio le suddette informazioni;

 nel N/A (NON APPLICABILE)  in questa categoria vi rientrano quei casi in

cui non vi è la possibilità di rispondere alla domanda, poiché non la si può applicare alla società che stiamo analizzando. (Es  domanda: “se il valore recuperabile della CGU si basa sul fair value al netto dei costi di dismissione è indicata la tecnica di valutazione utilizzata per valutare il fair value al netto dei costi di dismissione? Risponderemo N/A nel caso in cui la società individua il

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valore recuperabile della CGU con il valore d’uso e non con il fair value, poiché è ovvio che non troveremo all’interno del bilancio, le informazioni necessarie per rispondere alla domanda.)

Una volta ottenute tali informazioni è stata creata una tabella dove per colonna abbiamo inserito tutte le società campione, mentre per riga abbiamo inserito ciascuna domanda della griglia attinente allo IAS 36 e allo IAS 16. Mediante tale tabella abbiamo potuto renderci conto di come alcune società tendano ad assumere un comportamento simile e come invece altre società si discostino dalla tendenza generale individuata nella maggior parte dei soggetti analizzati.

Nel corso della nostra analisi, potremmo riscontrare alcune difficoltà circa l’ipotesi in cui la domanda della griglia risultasse poco appropriata per il tipo di società che stiamo analizzando, in quanto dovremmo creare ed esporre una interpretazione della domanda più consona al nostro caso. Un ulteriore difficoltà che potremmo incontrare consiste invece nell’ipotesi in cui ci sia una totale divergenza tra le informazioni che secondo le domande contenute nella griglia di Assonime dovremmo ritrovare nei bilanci consolidati delle società analizzate e il fatto che non sono riscontrabili in nessuna di esse, poiché la tendenza pratica va verso la direzione opposta, cercando di trovarne una motivazione che giustifichi tale comportamento.

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Capitolo 2

Aspetto teorico e pratico dello IAS 36

“riduzione di valore delle attività (impairment of assets)”.

2.1. IAS 36: Aspetto teorico

Lo IAS 36 “riduzione di valore delle attività” è stato pubblicato per la prima volta sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea nel giugno del 1998 dall’International Accounting Standards Commitee e poi successivamente rivisto, apportando diverse modifiche nel 2004, 2008, 2009 e 2013.

Attualmente, la principale finalità dello IAS 36 è quella per cui “in un bilancio le attività siano iscritte a un valore non superiore a quello recuperabile” 8. Per “valore recuperabile” intendiamo quel corrispettivo che si può ottenere o dalla vendita dell’attività o dal suo utilizzo e se esso risulta inferiore al valore contabile presente in bilancio, lo stesso principio richiede che si rilevi una perdita per riduzione di valore. Più specificatamente, il principio definisce il valore recuperabile come il maggiore tra il fair value di una singola attività o di una CGU9 (Cash Generating Units o unità generatrice di flussi finanziari) al netto dei costi di vendita e il proprio valore d’uso. Nel caso in cui il primo valore risultasse già superiore al valore contabile espresso in bilancio, non occorre stimare anche il secondo valore, poiché è evidente che l’attività non ha subito alcuna riduzione di valore.

Interpretando lo IAS 36, possiamo definire il fair value come un prezzo di vendita pattuito in un accordo vincolante fra parti indipendenti in una libera transazione sul mercato attivo, al netto dei costi di dismissione del bene. Un mercato viene considerato

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Citazione testuale dallo IAS 36

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La CGU o anche “unità generatrice dei flussi finanziari” è il più piccolo insieme di attività, identificabili in un impresa, capace di generare flussi di cassa attraverso il suo continuo funzionamento e che sono sostanzialmente identificabili separatamente rispetto ai flussi di cassa generati da altre attività o gruppi di attività.

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attivo se sono rispettate le seguenti condizioni: a) gli elementi commercializzati sul mercato sono omogenei; b) i venditori e gli acquirenti possono essere liberamente trovati in qualsiasi momento; c) il prezzo è disponibile a tutti i soggetti che ne hanno interesse. Se per quel determinato bene non abbiamo alcun accordo vincolante, ma abbiamo comunque un mercato attivo, il valore è determinato in base al prezzo corrente di mercato alla data di riferimento dell’operazione, rettificandolo dell’importo dei costi di dismissione. Il prezzo da tenere in considerazione è quello corrente, ma se esso non dovesse essere disponibile, è necessario prendere in considerazione il valore più recente, purché non siano intervenuti cambiamenti significativi, in ambito economico, tra la data dell’operazione e quella della stima. Invece, nel caso in cui non abbiamo né l’accordo vincolante e né il mercato attivo, è necessario operare per analogia, riferendoci quindi a libere transazioni fra parti indipendenti relative a beni simili e dello stesso settore industriale. I costi di dismissione del bene o costi connessi alla vendita dello stesso bene, sono diversi da quelli già rilevati in bilancio dall’impresa. Esempi di tali costi possono essere: le spese legali e notarili, l’imposta di bollo e altre tasse e imposte connesse alla transazione di vendita, i costi di rimozione e i costi incrementativi necessari per rendere l’attività pronta alla vendita. Non vi rientrano invece i costi relativi ai benefici dovuti ai dipendenti per cessazione del rapporto di lavoro e i costi di riorganizzazione dell’attività aziendale successivi alla vendita del bene.

Il valore d’uso invece è il valore che il bene ha mantenendolo all’interno del complesso produttivo dell’impresa ed è identificabile nel valore attuale dei flussi di cassa attesi (in entrata e in uscita), che abbiano origine o dall’uso continuativo di una singola attività – CGU o dalla loro cessione al termine della vita utile. Quindi per determinare tale valore

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attuale dei flussi finanziari è fondamentale stimare i cash inflows10 derivanti dall’uso continuativo, i cash outflows11 attribuibili direttamente o indirettamente all’attività considerata e necessari per generare i cash inflows futuri. Inoltre occorre identificare anche i net cash flows12 derivanti dalla dismissione dell’attività al termine della sua vita utile. E’ opportuno verificare se i flussi finanziari generati sono identificabili ed attribuibili specificatamente alla singola attività considerata, poiché se così non fosse occorre procedere individuando la CGU (Cash Generating Unit), ovvero la più piccola aggregazione di beni capaci di generare flussi di cassa positivi in modo indipendente rispetto ad altre singole attività o gruppi di beni.

Durante il procedimento per determinare il valore d’uso, è opportuno tenere in considerazione:

 una stima dei flussi finanziari futuri attesi dall’impresa relativi all’attività;

 aspettative in merito a possibili variazioni dei flussi finanziari attesi, riguardo al valore e ai tempi;

 il prezzo relativo all’incertezza dell’attività;

 altri fattori, quali ad esempio la mancanza di liquidità dei soggetti che agiscono sul mercato.

Per quanto attiene ai criteri di stima dei flussi finanziari futuri occorre: basare le proiezioni su presupposti ragionevoli e dimostrabili, nonché sulla miglior stima del management relativa alle condizioni economiche attinenti la vita utile residua; basare le proiezioni su recenti budget e piani approvati dal management, i quali devono avere un orizzonte temporale massimo di 5 anni; basare le proiezioni su budget e piani con un orizzonte temporale superiore ai 5 anni, determinando anche il valore residuo.

10

Cash Inflows = flussi finanziari in entrata;

11

Cash Outflows = flussi finanziari in uscita;

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Relativamente alla determinazione del valore attuale dei flussi di cassa futuri, occorre porre l’attenzione sul tasso di attualizzazione, il quale deve essere un tasso corrente di mercato a lordo delle imposte, che rifletta il profilo temporale e il rischio specifico della singola attività o CGU. Lo stesso IAS 36, specifica che è possibile prendere in considerazione anche un tasso implicito applicato nelle transazioni similari attualmente presenti sul mercato o attraverso la media ponderata del costo del capitale di una società quotata che possiede una singola attività (o un portafoglio di attività) similare.

Quando non è possibile reperire direttamente dal mercato il tasso di un attività specifica, la società può utilizzare dei tassi così detti surrogati, tra i quali vi rientrano:

- il costo medio ponderato del capitale dell’impresa, determinato attraverso la tecnica valutativa del Capital Asset Pricing Model;

- il tasso marginale applicato sui finanziamenti ricevuti dall’impresa; - altri tassi di finanziamento reperibili sul mercato.

Su tali tassi occorre effettuare delle rettifiche poiché essi riflettano il modo in cui il mercato valuterebbe i rischi specifici connessi ai flussi finanziari stimati, per escludere i rischi che non sono inerenti ai flussi finanziari, tenendo anche in considerazione i rischi politici, il rischio di cambio, i rischi finanziari e di variabilità dei prezzi. Infine, il tasso di attualizzazione va opportunamente rettificato per poter escludere l’effetto della struttura finanziaria dell’impresa, in quanto i flussi finanziari futuri derivanti da un attività non dovrebbero dipendere dal modo in cui l’impresa ha finanziato l’acquisto della stessa attività.

Il principio contabile IAS 36, stabilisce l’ambito applicativo della contabilizzazione della perdita di valore, ovvero esso si applica:

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 alle attività rientranti nello IAS 38, cioè le attività immateriali comprendendovi

anche l’avviamento;

 agli investimenti immobiliari valutati al costo, rientranti nello IAS 40;

 alle partecipazioni in società controllate, collegate e joint venture, rientranti

rispettivamente negli IAS 27, 28 e 31. Di conseguenza, lo IAS 36 non è applicabile:  alle rimanenze, rientranti nello IAS 2;

 alle commesse a lungo termine, rientranti nello IAS 11;  alle attività fiscali differite, rientranti nello IAS 12;

 attività derivanti da benefici per i dipendenti, rientranti nello IAS 19;  attività finanziarie, rientranti nello IAS 32;

 investimenti immobiliari valutati al fair value, rientranti nello IAS 40;

 attività biologiche, connesse all’attività agricola, valutate al fair value e rientranti nello IAS 41.

Per le attività sopra citate, alle quali si applica lo IAS 36, specificatamente per le attività materiali e immateriali a vita utile definita, l’impresa deve valutare, ad ogni data di riferimento del bilancio d’esercizio, l’esistenza o meno di elementi che dimostrino l’avvenuta perdita di valore di un attività. Se esistono indicazioni in merito, l’impresa deve stimare il valore recuperabile e deve tenere in considerazione sia le fonti di informazione esterne13 (variazione del valore di mercato, fluttuazioni del tasso di

13 IAS 36 = “Fonti informative esterne:(a) durante l’esercizio, il valore di mercato di un’attività è diminuito

significativamente, più di quanto si prevedeva sarebbe accaduto con il passare del tempo o con l’uso normale dell’attività in oggetto; (b) si sono verificate durante l’esercizio o si verificheranno nel futuro prossimo per l’impresa variazioni significative con effetto negativo o nell’ambiente tecnologico, di mercato, economico o normativo nel quale l’impresa opera o nel mercato al quale un’attività è rivolta; (c) i tassi di interesse di mercato o altri tassi di remunerazione del capitale sugli investimenti sono aumentati nel corso dell’esercizio, ed è probabile che tali incrementi sia condizionino il tasso di attualizzazione utilizzato nel calcolo del valore d’uso di un’attività sia riducano in maniera rilevante il valore recuperabile dell’attività; (d) il valore contabile dell’attivo netto dell’impresa che redige il bilancio è superiore alla capitalizzazione del mercato;”

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attualizzazione ecc..) che quelle interne14 ( obsolescenza, cambiamento dell’utilizzo all’interno del processo produttivo ecc..). Per le attività immateriali a vita utile indefinita (tra le quali abbiamo l’avviamento) e per quelle non pronte per l’utilizzo15, l’impresa è obbligata a fare tale test ogni anno, definito “impairment test”, a prescindere dall’esistenza o meno della presenza dei sintomi indicativi della perdita di valore. Secondo quando dettato dal paragrafo 59 dello stesso IAS 36, nel caso in cui il valore recuperabile è minore rispetto al valore contabile è necessario riportare quest’ultimo valore pari a quello recuperabile. Tale differenza di valori dovrà essere riportata in bilancio come “perdita durevole di valore”. Se la svalutazione non eccede il costo, la perdita durevole di valore o sarà imputata come costo a CE o se precedentemente era stata effettuata una rivalutazione (prevista da un altro principio contabile internazionale ovvero dallo IAS 16 e IAS 38), la stessa perdita di valore sarà imputata a patrimonio netto nello SP come riduzione della riserva di rivalutazione. Successivamente alla rilevazione della perdita di valore, si dovrà andare a rettificare per gli esercizi futuri il valore dell’ammortamento della stessa attività, lungo la restante vita utile. Questa periodica verifica effettuata dall’impresa, circa il riallineamento del valore contabile con quello del fair value, potrebbe portare anche all’identificazione di una rivalutazione che dovrà essere rilevata in un apposita “riserva di rivalutazione” iscritta nel patrimonio netto, a meno che non ci sia stata già una precedente svalutazione, poiché in quel caso dovrà invece essere imputata come ricavo a CE.

14

IAS 36 = “Fonti informative interne: (e) risulta evidente l’obsolescenza o il deterioramento materiale di un’attività; (f) si sono verificati nel corso dell’esercizio significativi cambiamenti con effetto negativo sull’impresa, oppure si suppone che questi si verificheranno nel futuro prossimo, nella misura in cui o nel modo in cui un’attività viene utilizzata o si suppone sarà utilizzata. Tali cambiamenti includono programmi di cessazione o di ristrutturazione del settore operativo al quale un’attività appartiene oppure di dismissione di un’attività prima della data precedentemente prevista; (g) risulta evidente dall’informativa interna che l’andamento economico di un’attività è, o sarà, peggiore di quanto previsto.”

15

Attività immateriali non pronte per l’utilizzo: per esse non è possibile effettuare l’ammortamento, in quanto non vengono ancora utilizzate all’interno del processo produttivo, ma occorre però effettuare l’impairment test per monitorarne il valore.

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Come già detto sopra, nei casi in cui i singoli beni aziendali non producono flussi di cassa autonomi, è opportuno creare dei gruppi di beni che insieme possono generare dei flussi di cassa largamente indipendenti dai singoli beni o gruppi di beni. Queste piccole aggregazioni vengono definite CGU e devono essere individuate con criteri coerenti da un esercizio all’altro, a meno che i cambiamenti non vengano opportunamente evidenziati e giustificati mediante informazioni integrative.

Le CGU possono avere ampiezza variabile, fino a rappresentare un’intera divisione operativa, un ramo d’azienda o anche una singola azienda, purché corrispondano ad una business unit su cui il management può effettuare un continuo monitoraggio gestionale, soprattutto relativo ai flussi di cassa che la CGU stessa dovrebbe produrre.

Dal principio contabile internazionale IAS 36 è possibile rilevare degli esempi di CGU, che non sono però tassativi:

i) una catena di negozi ha la proprietà di alcuni singoli negozi, i quali ciascuno di essi ha una contabilità separata, una tipologia di clienti diversa, una gestione degli ordini separata da tutti gli altri ecc… In questo esempio abbiamo che ciascun negozio può essere identificato come una singola CGU, poiché è capace di generare flussi di cassa finanziari autonomi e separatamente identificabili; ii) una società di autobus stipula un contratto con un comune per fornire un servizio

minimo su ciascuno dei cinque percorsi distinti. Le risorse impiegate su ciascun percorso e quei flussi finanziari che ne derivano possono essere identificati separatamente. E’ però necessario tenere in considerazione che la società di autobus non può cessare il servizio su uno dei cinque percorsi, anche nel caso in cui uno di essi produca delle perdite, poiché bisogna prendere in considerazione il flusso finanziario generato totale dai cinque percorsi. In questo esempio infatti la CGU è identificabile come la società di autobus nel suo insieme;

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iii) un’impresa mineraria è proprietaria di una ferrovia che utilizza come supporto dell’attività estrattiva. Poiché non è possibile individuare il valore recuperabile della stessa ferrovia ed essa non genera flussi di cassa autonomi nonostante il suo uso continuo al’interno del processo produttivo, occorre stabilire che la CGU è rappresentata dalla miniera.

A ciascuna CGU occorre attribuirgli un valore contabile che è determinato: a) includendo al suo interno il valore contabile delle attività ad essa attribuite o allocate mediante un criterio ragionevole e coerente; b) non includendo il valore contabile delle passività rilevate contabilmente, a meno che non è possibile determinare il valore contabile della CGU senza di esse.

Il prezzo netto di vendita e il valore d’uso dell’unità generatrice di flussi finanziari, invece si determinano escludendo i flussi finanziari relativi alle attività che non sono ricomprese in quella specifica CGU e alle passività rilevate in bilancio. Successivamente è opportuno effettuare il confronto tra il valore d’uso e il valore contabile per verificare che quest’ultimo non sia superiore al valore d’uso, poiché in tale caso occorre rilevare una perdita di valore, che non potrà essere compensata con i risultati relativi ad un'altra CGU. Tale svalutazione derivante dall’impairment test, dovrà comunque essere allocata alle singole componenti dell’unità generatrice di flussi finanziari rispettando però un preciso ordine gerarchico. Infatti come prima cosa, tale svalutazione va allocata relativamente all’avviamento imputato alla stessa CGU, di seguito va allocata presso le altre attività che la compongono utilizzando un criterio proporzionale basato sui rispettivi valori contabili, senza prendere in considerazione se un attività della CGU ha perso più o meno valore rispetto ad un'altra attività della stessa unità generatrice di flussi finanziari. Occorre poi verificare che il valore contabile di tali attività non si sia ridotto al di sotto del valore più alto tra il prezzo netto di vendita, il

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valore d’uso e zero. Se ciò accade la parte di svalutazione che doveva essere imputata a quell’attività, dovrà essere ridistribuita proporzionalmente tra le rimanenti attività relative alla CGU.

Oltre alla perdita di valore, potremmo avere anche per le unità generatrici di flussi finanziari il ripristino di valore, che ovviamente dovrà essere appositamente ripartito prima di tutto tra le attività che compongono la stessa CGU, diverse dall’avviamento, utilizzando un criterio proporzionale basato sul valore contabile, rispettando però il limite che il valore contabile dell’attività non può essere maggiore rispetto al più basso tra il valore recuperabile e il valore contabile, al netto della svalutazione precedentemente effettuata e dell’ammortamento. Se si ricade in quest’ultima fattispecie, occorre che il ripristino di valore relativo a quell’attività dovrà essere imputato proporzionalmente alle altre attività della CGU. Successivamente la rivalutazione rimanente potrà essere attribuita all’avviamento della stessa CGU se si rispettano le condizioni previste dallo IAS 36, poiché di norma la svalutazione dell’avviamento è irreversibile. Le condizioni per ammettere il ripristino di valore dell’avviamento sono:

- la precedente perdita di valore è stata generata da un preciso fatto esterno16 di natura eccezionale, per cui si suppone che non si verificherà nuovamente;

- successivamente alla svalutazione si sono verificati degli eventi esterni che hanno portato al suo annullamento.

Soffermiamoci un attimo sull’avviamento, poiché esso può essere iscritto nell’attivo patrimoniale solo se la differenza tra il costo sostenuto e il valore corrente dei beni e degli elementi patrimoniali è dovuta ad un beneficio economico futuro, connesso a

16

“Un fatto specifico esterno è un fatto che è fuori del controllo dell’impresa. Esempi di fatti esterni di natura eccezionale includono nuove norme che in maniera significativa riducono l’attività operativa, o rendono inferiore la redditività dell’azienda cui l’avviamento si riferisce.”

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prospettive economiche reddituali favorevoli. Se invece tale differenza è connessa ad altre circostanze, come per esempio un cattivo affare, non vi sarà capitalizzazione, ma bensì un imputazione tra i costi del CE d’esercizio.

Una volta che l’avviamento è stato capitalizzato, se l’impresa redige il bilancio applicando i principi contabili internazionali, non deve ammortizzarlo, ma deve effettuare l’impairment test, nonché verificare annualmente che tale asset non abbia subito riduzioni di valore e che eventi o circostanze esterne ne diano indicazione. L’ammortamento dell’avviamento, spetta invece alle imprese che redigono il bilancio d’esercizio applicando i principi contabili nazionali ai sensi dell’art 2426 del codice civile.

L’impairment test però non può essere effettuato singolarmente sull’avviamento, poiché essendo una tipologia di asset che non genera autonomamente flussi di cassa futuri è opportuno allocarlo presso unità generatrice di flussi finanziari. Nel caso in cui non fosse possibile l’allocazione dell’avviamento presso una singola CGU, in quanto beneficiano delle sinergie diverse unità generatrici di flussi finanziari, occorre che tale asset sia allocato relativamente ad un insieme di CGU. In quest’ultimo caso per individuare il valore recuperabile è necessario tenere presente l’intero gruppo di unità a cui è assegnato l’avviamento e non la singola unità generatrice di flussi finanziari. Lo stesso IAS 36 ha stabilito però dei limiti alle dimensioni della CGU o del gruppo di CGU, poiché esse dovrebbero coincidere con il livello minimo monitorato dal management e non devono essere più ampie del segmento primario o secondario definito dallo IAS 1417.

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29

Con l’applicazione dello IAS 36 è possibile affermare che vi è un miglioramento nel valore delle informazioni contabili relative all’avviamento e che le CGU svolgono un ruolo fondamentale nel processo di impairment test per lo stesso avviamento.

Al di sopra delle unità generatrici di flussi finanziari abbiamo i corporate assets, ovvero quei cespiti che sono riconducibili all’azienda nel suo complesso, in quanto sono beni destinati ad attività ausiliarie o comuni. Essi hanno la caratteristica che non producono flussi di cassa in entrata indipendenti dalle altre attività o gruppi di attività e il loro valore contabile non è possibile imputarlo totalmente all’unità generatrice di flussi finanziari in oggetto. In base a quanto dettato dal principio contabile internazionale IAS 36, ai corporate assets si applica la seguente modalità di valutazione, secondo il quale:

 se il valore contabile è ripartibile, mediante l’utilizzo di criteri ragionevoli e

coerenti con l’unità generatrice di flussi finanziari in oggetto, l’impresa dovrà applicare il così detto “bottom up test” (verifica dal basso verso l’alto);

 se invece non è possibile ripartire il valore contabile del corporate assets

utilizzando criteri ragionevoli e coerenti con l’unità generatrice di flussi finanziari, l’imprese dovrà effettuare, oltre al “bottom up test”, anche il “top down test”(verifica dall’alto verso il basso). In quest’ultima verifica occorre individuare una CGU di livello superiore, dove confluirà il residuo valore del corporate assets e il valore di altre CGU, poiché il test avverrà sulle unità generatrici di flussi finanziari di livello superiore o può accadere anche al livello totale dell’azienda stessa.

La perdita per riduzione di valore dei corporate assets deve essere contabilizzata come per le CGU rispettando l’ordine gerarchico, in quanto prima deve essere attribuita all’avviamento e successivamente alle attività che compongono la CGU in base al loro valore contabile. Anche per quanto riguarda il ripristino di valore, dobbiamo attenerci

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alle stesse regole previste per la CGU, ovvero non è consentito il ripristino del valore dell’avviamento, ma occorre effettuare un allocazione proporzionale in base al valore contabile delle stesse attività.

L’applicazione dello IAS 36 richiede una maggior quantità di informazioni, soprattutto quando andiamo a sottoporre ad impairment test l’avviamento e altri intangible assets con vita utile indefinita. Comunque per ciascuna classe di attività il paragrafo 126, suggerisce di fornire in bilancio le seguenti informazioni:

o l’ammontare delle perdite durevoli di valore iscritte nel conto economico d’esercizio e la voce di bilancio utilizzata;

o l’ammontare dei ripristini di valore iscritti nel conto economico d’esercizio e la voce di bilancio utilizzata per rettificare l’eventuale perdita di valore precedentemente rilevata;

o l’ammontare delle perdite durevoli di valore rilevate nel patrimonio netto durante l’esercizio;

o l’ammontare dei ripristini di valore rilevati nel patrimonio netto durante l’esercizio.

Nella situazione in cui una perdita durevole di valore di una singola attività o di un’unità generatrice di flussi finanziari, viene rilevata o ripristinata ed incide in modo significativo sul bilancio d’esercizio nel suo complesso, occorre che l’impresa indichi in bilancio anche le seguenti informazioni:

o i fatti o le circostanze determinanti per la rilevazione o il ripristino della perdita durevole di valore;

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o se si tratta di una singola attività occorre fornire la natura dell’attività e se

l’impresa applica lo IAS 14 (IFRS 8) bisogna indicare anche il settore di appartenenza dell’attività in questione;

o se invece si tratta di una CGU, è necessaria una sua precisa descrizione (per esempio se riguarda una linea di prodotto, un impianto, un settore di attività ecc..), il preciso ammontare della perdita durevole di valore rilevata o ripristinata e nel caso in cui è stata modificata l’aggregazione di attività rispetto alla precedente stima del valore recuperabile, l’impresa deve fornire una descrizione sulla metodologia corrente e quella precedente, con le relative motivazioni inerenti il cambio di criteri utilizzati per l’individuazione dell’unità generatrice di flussi finanziari;

o se il valore recuperabile della singola attività o dell’unità generatrice di flussi finanziari, è rappresentato dal prezzo netto di vendita o dal valore d’uso;

o se il valore recuperabile si identifica con il prezzo netto di vendita, l’impresa deve fornire le informazioni riguardo al criterio utilizzato per determinare lo stesso prezzo netto di vendita;

o se invece il valore recuperabile si identifica con il valore d’uso, l’impresa deve fornire le informazioni riguardo ai tassi di attualizzazione utilizzati per stimare il valore d’uso corrente e quelli precedenti.

In conclusione possiamo affermare che le imprese che applicano i principi contabili internazionali, tra cui lo IAS 36, hanno un obbligo informativo maggiore e più puntuale, soprattutto per quegli assets delicati (avviamento e attività immateriali a vita utile indefinita), rispetto a quelle imprese che invece applicano i principi contabili nazionali, ai sensi dell’art 2426 del codice civile.

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2.2. IAS 36: Introduzione all’analisi empirica

L’obbiettivo che vogliamo raggiungere, consiste nell’analizzare i comportamenti di un campione di società che adottano i principi contabili internazionali nella redazione del loro bilancio consolidato, dimostrando le differenti modalità con cui esse forniscono l’informativa richiesta dalle disposizioni dello IAS 36 “riduzione di valore delle attività (impairment test)”.

Per fare ciò ci serviremo, come principale strumento per l’analisi, della griglia fornita da Assonime e come già spiegato nel paragrafo dedicato alla metodologia dell’analisi empirica, classificheremo le società nelle tre categorie:

 CATEGORIA SI nel caso in cui siano state fornite le informazioni richieste

dalla domanda della griglia;

 CATEGORIA NO nel caso opposto, ovvero la società non ha fornito ai lettori

del bilancio le opportune informazioni;

 CATEGORIA N/A se le informazioni richieste dalla domanda della griglia non

sono riscontrabili nella società analizzata, poiché tale domanda risulta non applicabile ad essa.

2.3. IAS 36: Perdita / ripristino di valore rilevato nell’utile (perdita) d’esercizio

La prima domanda18 che ci pone la griglia di Assonime, utilizzata per analizzare i bilanci delle società campione, consiste nel verificare se “ l’eventuale perdita durevole di valore o il ripristino di valore, rilevati nell’utile o nella perdita d’esercizio, vengono indicate in bilancio, per ciascuna classe di attività”. Sotto questo aspetto possiamo stabilire che non in tutti i bilanci delle società analizzate abbiamo riscontrato un comportamento univoco, ma bensì in alcune, sono riportate informazioni molto

18

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33

dettagliate, mentre in altre o sono riportate in maniera più generica o addirittura non compaiono affatto. Sinteticamente riportiamo i risultati nella tabella sottostante:

SI NO N/A

Sono state fornite le seguenti informazioni per ogni classe di

attività:

a) l’ammontare delle perdite per riduzione di valore rilevate nell’utile

(perdita) d’esercizio; b) l’ammontare dei ripristini di valore rilevati nell’utile (perdita)

d’esercizio.

18 su 45 15 su 45 12 su 45

Nella prima classe, vi rientrano i bilanci delle società che rispondono positivamente alla domanda predisposta dalla griglia di Assonime, fornendo le apposite informazioni per ciascuna classe di attività. Tra di esse, abbiamo la società ENEL, che spicca rispetto alle altre, proprio per la precisione con cui ha fornito le opportune informazioni, relativamente ai risultati dell’impairment test per ciascuna attività sottoposta ad esso. La società ENEL, come possiamo vedere dall’estratto delle note esplicative del CE del suo bilancio consolidato, mostra i risultati dell’impairment test in un apposita tabella, suddividendoli proprio in base alla tipologia di attività che ha analizzato. Di seguito ad essa poi spiega in maniera molto dettagliata le cause che hanno portato gli amministratori a dover rilevare tali perdite di valore e/o i ripristini.

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Successivamente nelle note esplicative dello stato patrimoniale, la società ENEL rileva in maniera ancora più approfondita e puntuale i valori emersi dall’impairment test, suddividendo ulteriormente le tipologie di attività. Mostriamo infatti come esempio, la nota relativa alle immobilizzazioni materiali, dove la voce “immobili, impianti e macchinari” presente nella tabella precedente, viene scomposta per far emergere i risultati relativi alle singole tipologie di beni che la compongono:

La stessa cosa ENEL l’ha fatta con le immobilizzazioni immateriali, come vediamo di seguito, ma anche per le altre attività, come ad esempio l’avviamento, investimenti immobiliari ecc:

Fig. 2

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Analizzando invece la classe N/A (non applicabile), nel quale vi rientrano tutte quelle società che esplicitamente mostrano che nel corso dell’esercizio, dopo aver opportunamente verificato che l’entità del valore recuperabile, identificato o come valore d’uso o come fair value, sia superiore al valore contabile riportato in bilancio. In questo caso infatti, non sono rilevabili perdite di valore o ripristini e quindi non è necessario riportare le informazioni richieste dalla domanda della griglia di Assonime. Un esempio di società che rientra in tale categoria è la LUXOTTICA, che per ciascuna tipologia attività sottoposta ad impairment test, riferisce l’esito negativo dello stesso. Di seguito riportiamo un piccolo estratto della nota integrativa della LUXOTTICA, inerente alle partecipazioni, per dimostrare quanto abbiamo appena detto:

Per quanto riguarda invece i singoli beni che compongono le attività materiali ed immateriali (sia quelle a vita utile definita che indefinita) e l’avviamento, la LUXOTTICA esplicita nelle sue note, che tali voci vengono allocate in specifiche CGU, opportunamente identificate.

Proprio su tali CGU viene effettuato l’impairment test che ovviamente fornisce un esito negativo per le perdite di valore e/o ripristini.

Come esempio per l’ultima categoria, ovvero quella del NO, dove le società o non forniscono alcuna informazione sulle perdite e ripristini di valore o se ne danno indicazione si riferiscono soltanto ad alcune tipologie di attività, prendiamo la società ANSALDO STS. Essa infatti, al contrario di quanto detto per la società ENEL, nelle

Fig. 4

Fig. 5

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note esplicative della situazione patrimoniale, per le attività materiali ed immateriali (ad eccezione dell’avviamento) identifica gli ammortamenti e le svalutazioni in un'unica colonna, senza dare nemmeno ulteriori spiegazioni successivamente. Soltanto per l’avviamento, tale società ha riportato le informazioni inerenti l’impairment test, come di seguito riportiamo:

Questa tendenza che consiste nel fornire le informazioni relative alla perdita di valore e al ripristino, soltanto per voci come avviamento e immobilizzazioni immateriali a vita utile indefinita, è spesso diffusa tra quelle società campione che abbiamo analizzato. Esse solitamente sono sottoposte ad impairment test al termine di ogni esercizio, in quanto risulta più frequente che a causa di indicatore o esterni o interni all’impresa, vi siano dei cambiamenti relativi al loro valore recuperabile (valore d’uso o fair value) che dovrà successivamente essere sempre confrontato con il valore contabile. E’ inoltre, opportuno sottolineare che le attività materiali e quelle immateriali a vita utile definita, vengono ogni anno sottoposte ad ammortamento, in relazione alla loro vita utile residua

Fig. 7

Fig. 8

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che viene periodicamente aggiornata, ma che spesso vengono sottoposte ad impairment test soltanto nei casi in cui emergono degli indicatori che fanno presagire ad una eventuale perdita o ripristino di valore. Di conseguenza, si potrebbe interpretare questa tendenza, non come una carenza informativa del bilancio, relativa alle immobilizzazioni materiali e immateriali a vita utile definita, bensì come un voler porre l’attenzione dei lettori su tali voci, soltanto nel caso in cui esse abbiano effettivamente subito una perdita o un ripristino di valore.

Infine, soffermandoci invece sui ripristini di valore, dall’analisi dei bilanci effettuata sulle società campione, possiamo vedere che in pochissime società abbiamo riscontrato la presenza di un ripristino di valore per ciascuna classe di attività, in quanto essi sono meno frequenti rispetto alle svalutazioni perché per alcune voci di attività viene esplicitamente dichiarato che per prudenza non possono essere effettuati dei ripristini di valore. Questo è quello che è avvenuto per la società ENI, poiché ha dichiarato in nota integrativa che le svalutazioni relative al goodwill non sono oggetto di ripristini di valore. Al contrario invece, un esempio di ripristino di valore, lo ritroviamo nel bilancio della SABAF che negli esercizi precedenti aveva apportato una svalutazione alla voce partecipazioni, in base all’esito dell’impairment test, ma successivamente nell’esercizio 2015, sono venute meno le cause che avevano portato alla contabilizzazione della svalutazione, per cui si è potuto procedere al ripristino di valore. Di seguito riportiamo una parte della nota integrativa del bilancio SABAF.

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2.4. IAS 36: Informativa di settore (IFRS 8)

La domanda successiva che troviamo nella griglia di Assonime, riguarda il paragrafo 129 dello IAS 36, che richiama l’informativa di settore, disciplinata dal principio contabile IFRS 8. Essa infatti recita: “Se l’entità presenta informativa di settore in accordo con l’IFRS 8 deve fornire per ciascun settore le seguenti informazioni:

a) l’ammontare delle perdite per riduzione di valore rilevato nell’utile (perdita) e nelle altre componenti di conto economico complessivo nel corso dell’esercizio;

b) l’ammontare del ripristino di valore su attività rivalutate rilevato nell’utile (perdita) e nelle altre componenti di conto economico complessivo nel corso dell’esercizio”. E’ possibile definire un settore operativo, ai sensi dell’IFRS 8, se sono rispettate tre condizioni. La prima consiste nell’individuare una parte dell’azienda in cui viene svolta una specifica attività, a cui è connesso il sostenimento di costi e il conseguimento di ricavi. Inoltre i risultati ottenuti con tale specifica attività devono essere rivisti periodicamente, ed infine occorre poter ottenere un’informativa di bilancio distinta dalle altre attività. Interpretando l’IFRS 8, per i segmenti d’impresa individuati, si può arrivare a determinare due forme, ovvero una coincidente con i settori di attività e l’altra con le aree geografiche in cui la società opera.

Proprio in riferimento al risultato del settore operativo, precedentemente individuato, occorre fornire con un maggiore dettaglio le informazioni relative ai seguenti elementi:

1) i ricavi da clienti esterni;

2) i ricavi con altri settori operativi della medesima azienda; 3) gli interessi attivi;

4) gli interessi passivi;

5) le svalutazioni e gli ammortamenti; 6) le voci significative di ricavo e di costo;

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7) gli oneri fiscali;

8) le voci monetarie rilevanti diverse da svalutazioni e ammortamenti.

Secondo quanto è emerso dall’analisi dei bilanci consolidati delle società campioni, possiamo stabilire che soltanto una decina di esse hanno fornito le informazioni richieste dalla domanda, ovvero l’entità delle perdite e/o ripristini di valore per settori operativi. Tra di esse abbiamo la società BUZZI UNICEM e la società ENEL, che hanno inserito un’informativa più approfondita, rispetto a quella che ritroviamo nei bilanci delle altre. La società BUZZI UNICEM, ha inserito nelle note esplicative del bilancio, un paragrafo appositamente dedicato all’informativa di settore, dove indica che il più alto livello decisionale, identificato come gli amministratori esecutivi, ha esaminato l’andamento economico dei settori operativi che coincidono con le aree geografiche di attività. Successivamente è stata inserita la seguente tabella per poter presentare in modo più sintetico le perdite e i ripristini di valore emersi e suddivisi per settori operativi.

Anche la società ENEL, identifica i settori operativi con le aree geografiche di attività, individuati dagli amministratori esecutivi e rappresenta i risultati dell’impairment test e dei ripristini nella seguente tabella, allocati ovviamente per settori operativi.

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Al contrario, la maggior parte delle altre società analizzate, non hanno riportato nelle note esplicative del bilancio informazioni precise sull’entità delle perdite per riduzione di valore e sui ripristini allocati per settori operativi. Di fatto una decina di queste società, riportano nell’informativa di settore, soltanto la voce “ammortamenti e svalutazioni” allocate per settori operativi, ma senza specificare l’entità precisa delle svalutazioni o degli ammortamenti e senza approfondire l’informativa in questione. Un esempio simile è possibile ritrovarlo nel bilancio consolidato della società SNAM, come di seguito riportato.

Fig. 12

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La società ENI, rappresenta invece una soluzione intermedia, tra la società SNAM che non fornisce le informazioni in modo preciso e le società BUZZI UNICEM ed ENEL, che invece specificano in modo esaustivo l’allocazione dei risultati dell’impairment test e dei ripristini per ciascun settore operativo. Essa infatti, nel paragrafo dedicato esclusivamente all’informativa di settore ai sensi dell’IFRS 8, inserisce nella tabella la voce “ammortamenti e svalutazioni”, senza evidenziare, come fa la società SNAM, il valore preciso delle svalutazioni. Precedentemente però, la ENI, nelle note esplicative della situazione patrimoniale, relative sia alle immobilizzazioni materiali, che immateriali, specifica l’entità delle perdite – ripristini realizzate per ciascun settore operativo, mostrando al lettore del bilancio le informazioni richieste dalla domanda della griglia di Assonime, come effettuato dalla società BUZZI UNICEM e dalla società ENEL.

Parte della nota esplicativa della voce "IMMOBILI, IMPIANTI E MACCHINARI" della società ENI, dove si specifica l'allocazione delle svalutazioni per settori operativi.

Tabella delle informazioni complete per settori operativi, della società ENI.

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