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Il volume del lobo epatico sinistro è un parametro predittivo di sindrome delle apnee-ipopnee ostruttive del sonno in donne con obesità grave

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Indice

Riassunto ... 4

Introduzione ... 7

Scenario epidemiologico ... 7

Obesità e comorbidità ... ………8

Obesità e sindrome delle apnee-ipopnee ostruttive del sonno (OSAHS) ... 10

Obesità e steatosi epatica non alcolica (NAFLD) ... 16

Scopo dello studio ... 18

Pazienti e metodi ... 19

Misurazioni antropometriche, cliniche e biochimiche ... 20

Misurazione del lobo epatico sinistro (VLES) ... 21

Studio del sonno ... 22

Analisi statistiche ... 24

Risultati ... 26

Relazione fra parametri antropometrici ed OSAHS ... 27

Modello di regressione logistica per la predizione di OSAHS(AHI≥5)………..28

Relazione fra OSAHS e metabolismo glucidico ... 29

Discussione ... 30

Conclusioni………39

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Indice delle figure

Figura 1: Correlazioni fra volume del lobo epatico sinistro (VLES) ed indice di apnea-ipopnea (AHI) e fra VLES e saturazione di ossigeno media (SpO2) nel campione di 97 donne obese………..49

Figura 2: Correlazioni fra circonferenza del collo (CC) ed AHI e fra CC e SpO2 nel campione di 97 donne obese………..49

Figura 3: Effetti cumulativi del VLES e della CC sull' AHI………...50 Figura 4: Valori di VLES e CC stratificati per gravità dell' OSAHS………….50 Figura 5: Analisi della curva ROC per la capacità diagnostica del VLES e della CC nell’ identificare la presenza di OSAHS nel campione di 97 donne obese ………,51 Figura 6: Correlazione positiva fra VLES ed indice HOMA ("Homeostasis Model Assessment") nel campione di 64 donne obese che non stavano assumendo farmaci ipoglicemizzanti………...51

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Indice delle tabelle

Tabella 1: Caratteristiche della popolazione in studio.

Tabella 1-A: Caratteristiche cliniche ed antropometriche………52 Tabella 1-B: Prevalenza della sindrome metabolica e dati derivanti dallo studio strumentale del sonno ………..52 Tabella 1-C: Parametri biochimici………53 Tabella 2: Risultati delle analisi di regressione semplice tra i valori di AHI e SpO2 e la presenza di sindrome metabolica secondo ATP ed IDF………..54 Tabella 3: Risultati del modello di regressione lineare multipla stepwise forward selection per la predizione dei valori di AHI e SpO2………..54 Tabella 4: Stratificazione delle pazienti sulla base del migliore valore soglia per la probabilità predetta di OSAHS (calcolata con regressione logistica) ottenuta tramite analisi della curva ROC………..55 Tabella 5: Risultati del modello di regressione lineare multipla stepwise forward selection per la predizione dei valori di HOMA ………..55

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Riassunto

L’obesità è una condizione cronica ad eziopatogenesi multifattoriale, definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come un eccesso di peso corporeo per accumulo di tessuto adiposo in misura tale da influire negativamente sullo stato di salute. In base alla distribuzione dell’adipe è possibile distinguere fra obesità ginoide o gluteo-femorale e androide o centrale. L’obesità centrale è quella che si associa più frequentemente a numerose complicanze (cardiovascolari, metaboliche, respiratorie, ostearticolari e neoplastiche) con conseguente aumento del rischio di mortalità globale per varie cause.

L’accumulo di tessuto adiposo in sede perifaringea e sottomentoniera predispone alla sindrome delle apnee-ipopnee ostruttive del sonno (Obstructive sleep apnea-hypopnea syndrome, OSAHS), una condizione caratterizzata da ricorrenti episodi di ostruzione delle vie aeree superiori comportanti una riduzione (ipopnea) o una cessazione completa (apnea) del flusso aereo durante il sonno. I fenomeni ostruttivi sono responsabili di ipossia cronica intermittente e di brevi risvegli con conseguente frammentazione del sonno; tali fattori possono contribuire a loro volta all’aumento ponderale ed al rischio cardiometabolico.

Sappiamo poco della prevalenza dell’OSAHS e del suo impatto sui fattori di rischio metabolico nei pazienti con obesità grave; tale condizione clinica, inoltre, seppure non sia rara rimane frequentemente sottostimata e misconosciuta soprattutto nella popolazione adulta di sesso femminile.

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Scopo dello studio riportato in questa tesi è stato quello di valutare in un gruppo di donne con obesità grave la prevalenza di OSAHS e la relazione fra la gravità di questa condizione ed alcuni parametri antropometrici e metabolici. Sono state esaminate 97 donne obese di età media 47 anni ed indice di massa corporeo medio (IMC) di 50 Kg/m2. La gravità dell’OSAHS

era espressa dall’indice di apnea-ipopnea (AHI) ricavato da un monitoraggio cardiorespiratorio notturno completo. Ogni paziente veniva sottoposta a: prelievo ematico a digiuno per il dosaggio di vari parametri ormonali e metabolici; determinazione delle principali misure antropometriche come la circonferenza collo (CC); studio ecografico addominale per la misurazione dello spessore addominale (SA), dell’adipe viscerale (SAV), sottocutaneo (SAS) e del volume del lobo epatico sinistro (VLES). In studi precedenti abbiamo dimostrato come il VLES, parametro direttamente correlato alla volumetria epatica globale e quindi alla steatosi epatica, sia un semplice, affidabile e poco costoso indicatore di obesità viscerale e di rischio cardiometabolico.

Dopo correzione per età e IMC, il VLES e la CC erano gli unici parametri antropometrici predittivi di AHI. Era possibile stimare un valore soglia per la diagnosi di OSAHS tramite analisi della curva ROC solo per il VLES ma non per la CC. Non era realizzabile, sia considerando il VLES da solo, sia insieme a fattori di rischio noti come l’età, l’IMC, la CC, realizzare un modello predittivo di OSAHS utile clinicamente per evitare studi strumentali del sonno inutili in quanto venivano osservati troppi falsi negativi.

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Nelle pazienti affette da OSAHS c’era una prevalenza maggiore sia di sindrome metabolica che di insulinoresistenza quantificata dall’indice HOMA; l’ AHI, tuttavia, non aveva un ruolo aggiuntivo rispetto al VLES nella determinazione dell’ HOMA.

In conclusione valori maggiori di VLES sono associati non solo al rischio cardiometabolico ma anche a quello di OSAHS; tale parametro, tuttavia, non permette di selezionare con sicurezza quali donne con obesità grave debbano effettuare una valutazione strumentale notturna.

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Introduzione

Scenario epidemiologico

L’obesità è una condizione cronica ad eziopatogenesi multifattoriale, definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) come un eccesso di peso corporeo per accumulo di tessuto adiposo in misura tale da influire negativamente sullo stato di salute. Si tratta di una condizione ad elevata incidenza e ad eziologia multifattoriale, accompagnata da un aumentato rischio di morbilità e mortalità e con una prevalenza in costante aumento nei paesi industrializzati (Nord America ed Europa) ma anche nei paesi in via di sviluppo (Cina, India, Sud America) ed in tutte le fasce d’età, tanto da giustificare il termine di “epidemia”; questo fenomeno è stato messo in relazione con vari fattori correlati al cambiamento delle abitudini di vita, con conseguente squilibrio in senso positivo del bilancio energetico e tendenza all’accumulo di tessuto adiposo. Si stima che nel mondo vivano circa 300 milioni di individui obesi e la gravità del problema è destinata a peggiorare con importanti conseguenze in termini di politica economica e sanitaria.

Negli Stati Uniti dal 1960 al 1980 la prevalenza cumulativa di sovrappeso e obesità, seppure elevata, si è mantenuta su livelli costanti (dal 44,9% al 47,2%). Dal 1980 al 2010 si è verificato un importante aumento fino ad una percentuale massima del 69,2%; gli ultimi dati riferiti al 2011-2012 registrano una prevalenza pressochè sovrapponibile nella popolazione globale con una riduzione nell’infanzia (fascia di età 2-5 anni) ma un

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aumento nel sesso femminile dopo i 60 anni1. In Europa i dati riferiti al

2008 (“Country profiles on nutrition, physical activity and obesity in the 53 WHO European Region Member States (2013)”) indicano una prevalenza del sovvrappeso e dell’obesità nelle diverse nazioni che varia dal 31 al 72% e dal 31 al 64% rispettivamente nel sesso maschile e femminile. In Italia il quadro epidemiologico può essere tracciato utilizzando i dati raccolti su un vasto campione rappresentativo della popolazione italiana dal Rapporto Nazionale Passi (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute) e riferiti agli anni 2010-2013; due adulti su cinque (42%) risultano in eccesso ponderale, in particolare il 31% è in sovrappeso e l’11% è obeso con un aumento della prevalenza di sovrappeso e obesità dal Nord al Sud Italia. Le previsioni del problema sono tutt’altro che incoraggianti e si stima che nel 2015 ci saranno 704 milioni di soggetti obesi e 2,3 miliardi in soprappeso nel mondo.

Obesità e comorbidità

Come sottolineato nella definizione dell’OMS, l’obesità non è un semplice problema estetico, bensì rappresenta uno dei maggiori fattori determinanti di molte malattie, come il diabete mellito di tipo 2, l’ipertensione arteriosa, le dislipidemie, malattie cardiovascolari, disordini muscolo-scheletrici e respiratori ed alcuni tipi di tumore (endometrio, mammella, prostata e colon). L’obesità comporta un aumento del rischio di morte prematura che è direttamente correlato all’Indice di Massa

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Corporea2,3. La distribuzione dell’adipe consente di raccogliere i diversi

tipi di obesità in due gruppi principali: ginoide o gluteo-femorale e androide o centrale.

Tale distinzione possiede una rilevanza clinica poiché la distribuzione dell’adipe e l’accumulo settoriale di lipidi in particolari compartimenti influenzano la comparsa di numerose condizioni patologiche4. Il tessuto

adiposo non è più considerato un semplice deposito per i trigliceridi ma è un vero e proprio organo endocrino, in grado di produrre e secernere una numerosa quantità di sostanze, dette “adipocitochine”, che hanno un ruolo cruciale nella patogenesi delle varie complicanze secondarie all’obesità. L’adipocita “sano”, localizzato prevalentemente a livello sottocutaneo, esplica il ruolo di cellula di deposito in grado di liberare trigliceridi nei momenti in cui l’organismo lo richiede. A fronte di un bilancio energetico cronicamente positivo gli adipociti vanno incontro ad un iper-accumulo che determina lo sviluppo di un tessuto ipertrofico ed esuberante. Questo tessuto adiposo è un tessuto “sofferente” e modifica la produzione di adipocitochine.

La stretta relazione tra obesità centrale, ipertensione arteriosa e alterazioni del metabolismo glico-lipidico ha condotto all’individuazione di un quadro sindromico noto come sindrome metabolica (sindrome X o sindrome da insulino-resistenza)5,6. Questa condizione comprende una

serie di fattori di rischio cardiovascolare derivanti dall’obesità viscerale e dalla condizione di insulino-resistenza a questa associata. Le basi fisiopatologiche che conducono allo sviluppo della sindrome metabolica

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non sono state del tutto chiarite e coinvolgono fattori ambientali, comportamentali e genetici. La sindrome metabolica si associa alla presenza di altre anomalie che, seppure non incluse nella definizione, concorrono all’aumento del rischio cardio-vascolare7. Accanto

all’infiammazione sistemica, alla disfunzione endoteliale, allo stress ossidativo, all’ipercoagulabilità sono frequentemente presenti disturbi della funzione respiratoria ed un’infiltrazione lipidica del fegato8 .

Obesità e sindrome delle apnee-ipopnee ostruttive del sonno

(OSAHS)

La sindrome da ipoventilazione dell’obeso e la sindrome delle apnee-ipopnee ostruttive del sonno (Obstructive sleep apnea-hypopnea syndrome, OSAHS) sono le disfunzioni respiratorie di più frequente riscontro nell’obesità, soprattutto centrale. La prima consiste in un disturbo di tipo restrittivo in cui il grasso viscerale agisce meccanicamente riducendo i volumi polmonari.

L’ OSAHS è il più frequente disturbo respiratorio del sonno ed è caratterizzata da ricorrenti episodi di parziale o completa ostruzione delle vie aeree superiori durante il sonno comportanti una riduzione (ipopnea) o una cessazione completa (apnea) del flusso aereo9. La fisiopatologia è

complessa e non compresa ancora del tutto; il fattore principale sembra essere un restringimento anatomico delle vie aeree per cui la generazione di una pressione intratoracica negativa durante l’inspirazione supera la

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capacità dei muscoli dilatatore ed abduttore delle vie aeree di mantenerle pervie10,11. Nello stato di veglia l’attività muscolare delle vie aeree

superiori è maggiore della norma e riesce a compensarne il restringimento; questo effetto protettivo è perso durante il sonno per una fisiologica riduzione del tono muscolare12. L’alternanza rapida di collasso e

riapertura delle vie aeree potrebbe essere responsabile sia di un danno a carico dei meccanocettori faringei con ulteriore riduzione della risposta muscolare dilatatoria alla pressione intratoracica negativa sia di una maggiore reattività dei chemocettori del centro del respiro alle oscillazioni della pressione parziale di CO2 con contributo ulteriore al ripetersi degli

episoidi apnoici 13.

La gravità di questa condizione è quantificata dall’indice di apnea/ipopnea (apnea/hypopnea index, AHI), il numero di episodi di apnea/ipopnea per ora di sonno.

L’ OSAHS colpisce una proporzione significativa della popolazione adulta soprattutto di sesso maschile e la sua prevalenza accresce con l’avanzare dell’ età e con l’aumentare dell’ IMC . L’impatto dell’eccesso ponderale è più evidente nel sesso femminile verosimilmente per la diversa distribuzione dell’ adipe nei due sessi (con obesità centrale prevalente nel sesso maschile); dal “Wisconsin Sleep Cohort Study” (studio prospettico condotto su più di 1500 soggetti di età compresa fra i 30 e 60 anni seguiti per 20 anni) emergeva che le donne avevano un IMC maggiore rispetto agli uomini per ciascun livello di AHI. La relazione fra età ed OSAHS è più significativa sempre nel sesso femminile verosimilmente per effetto

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protettivo degli ormoni sessuali prima della menopausa. Bixler E e colleghi hanno osservato una prevalenza di OSAHS nelle donne maggiore dopo la menopausa (3,9% prima e 0,6% dopo la menopausa)14. Tra i

fattori predispondenti la genesi dell’ OSAHS, oltre all’età, al sesso ed all’eccesso ponderale si annoverano: dismorfismi cranio-faringei di vario genere (ad esempio: ipertrofia adenotonsillare, dei turbinati nasali, macroglossia etc), l’abuso di alcol, fumo e farmaci determinanti ipotonia muscolare. E’ stato ipotizzato anche un contributo genetico.

Attualmente, negli USA, la prevalenza di questa condizione (definita come l’associazione fra un AHI ≥5 e la presenza di sintomi tipici come la sonnolenza diurna) nella fascia di età 30-70 anni è di circa il 14% nel sesso maschile e del 5% in quello femminile; i dati epidemiologici mostrano percentuali di prevalenza nettamente superiori (anche maggiori del 50%) nelle classi di pazienti con IMC più alto15.

Tra i meccanismi ipotizzati alla base del legame fra OSAHS ed obesità si annoverano: la deposizione di tessuto adiposo in sede perifaringea, sottomandibolare, a livello della lingua, del palato molle e dell’uvola con riduzione del calibro delle vie aeree; l’infarcimento adiposo dei muscoli dilatatori delle stesse con compromissione funzionale; la riduzione dei volumi polmonari (legata all’effetto massa determinato dall’aumento volumetrico addominale) con conseguente minore trazione sulla trachea ed aumentata tendenza della faringe al collasso durante l’inspirazione16.

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chemocettori del centro del respiro alle variazioni della pressione parziale di CO2.

E’stato osservato che topi geneticamente leptino-privi, oltre a essere obesi, erano cronicamente ipercapnici per severa riduzione della ventilazione alveolare (che compariva prima dell’obesità) ed avevano una ridotta risposta ventilatoria all’aumento della pressione parziale della CO2

sia nello stato di veglia che durante il sonno. In questi animali da esperimento la somministrazione di leptina conduceva a un significativo aumento sia della ventilazione alveolare che della risposta ventilatoria alla ipercapnia anche prima che fosse evidente qualsiasi modificazione ponderale17. Al contrario aumentati livelli di leptina nell’uomo non sono

stati osservati solo nell’ obesità ma anche nell’ OSAHS indipendentemente dall’ IMC a suggerire un ruolo della leptino-resistenza nella patogenesi di questa sindrome18,19.

I fenomeni ostruttivi tipici dell’ OSAHS sono responsabili di un’ ipossia cronica intermittente e di brevi risvegli comportanti una frammentazione del sonno. Il peggioramento quantitativo e qualitativo del sonno (diminuzione della durata del sonno REM e del sonno ad onde lente) può contribuire a sua volta all’ aumento ponderale secondo meccanismi non ancora del tutto compresi ma verosimilmente alla base del parallelismo temporale descritto da numerosi studi epidemiologici fra la riduzione della durata del sonno e l’aumentata prevalenza di obesità e alterazioni del metabolismo glucidico come l’ insulinoresistenza ed il diabete mellito di tipo 220,21,22. La frammentazione del sonno con la disregolazione del

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sistema nervoso autonomo (iperattivazione del sistema nervoso simpatico), le alterazioni del sistema endocrino ad essa associate insieme all’ipossia cronica intermittente (responsabile verosimilmente di stress ossidativo ed infiammazione cronica) sono i fattori che potrebbero spiegare anche la stretta associazione esistente ed indipendente dall’ eccesso di peso, dal sesso e dall’ età fra l’OSAHS ed altre condizioni patologiche come l’insulinoresistenza, la sindrome metabolica, l’ipertensione arteriosa e le malattie cardio e cerebrovascolari in generale23,24,25.

I due maggiori studi epidemiologici condotti negli USA, lo “Sleep Heart Health Study” (studio longitudinale condotto su più di 6000 soggetti con età media di 64 anni) e il “Wisconsin Sleep Cohort Study” hanno confermato l’ esistenza di un’ associazione fra OSAHS e mortalità cardio e cerebrovascolare indipendente da altri fattori confondenti.

E’ stato, inoltre, proposto di includere l’ OSAHS fra le manifestazioni della sindrome metabolica26. Già nel 1998 Wilcox I e colleghi avevano coniato il

termine “sindrome Z” per indicare la combinazione fra sindrome metabolica ed OSAHS.

L’ OSAHS è in conclusione un grave e sempre più diffuso problema di salute pubblica perché si associa ad un aumentato rischio di morbilità e mortalità sia legato a cause cardio-cerebrovascolari che alla maggiore probabilità di incidenti stradali dovuta all’ ipersonnia diurna.

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E’ prioritario pertanto fare una corretta diagnosi di OSAHS che attualmente si basa sull’integrazione di dati clinici e strumentali derivanti da metodiche più o meno complesse.

Il sintomo maggiormente preso in esame è la sonnolenza diurna che è normalmente valutata mediante la scala di Epworth; un punteggio ≥ 11 è un’ indicazione ad effettuare uno studio strumentale del sonno.

La metodica di riferimento è la polisonnografia notturna in laboratorio che consiste nella registrazione del rumore respiratorio, del flusso oro-nasale, dei movimenti-toraco addominali e degli arti, della frequenza cardiaca, dell’ossimetria, della posizione corporea, dell’ elettroencefalogramma, dell’elettro-oculogramma e dell’eletromiogramma sottomentoniero. Alcuni polisonnigrafi sono dotati, inoltre, di ulteriori canali per misurazioni accessorie.

In considerazione della difficoltà di usare nella pratica clinica una metodica così complessa, costosa e di esclusiva pertinenza ospedialiera sarebbe auspicabile stratificare i pazienti il base al rischio di OSAHS in modo da razionalizzare la diagnostica strumentale e contenerne i costi. Altre metodiche in uso sono (sempre da associare ad una clinica suggestiva di OSAHS): il monitoraggio cardiorespiratorio ridotto (approvato solo dalle linee guida Scozzesi per la diagnosi di OSAHS) si basa sulla registrazione di pochi parametri che non consentono ad esempio di porre diagnosi differenziale fra apnee centrali ed ostruttive; il monitoraggio cardiorespiratorio completo illustrato più avanti nel dettaglio in questa tesi ed altri tipi di strumenti portatili domiciliari.

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Obesità e steatosi epatica non alcolica (NAFLD)

L’ infarcimento lipidico del fegato è responsabile di una condizione molto comune nei pazienti con obesità viscerale, insulinoresistenza e sindrome metabolica, la steatosi epatica non alcolica (Nonalcoholic fatty liver disease, NAFLD) che è peraltro diventata, parallelamente alla progressione epidemica dell’ obesità, la più comune epatopatia nei paesi occidentali con prevalenza in costante aumento27,28,29. Negli USA la prevalenza di NAFLD è

stimata del 7,5% e del 6,7% rispettivamente negli uomini e nelle donne normopeso, del 57% e del 44% rispettivamente negli uomini e delle donne con IMC >35 Kg/m2(30).

Tale condizione, conseguenza dell’accumulo di adipe viscerale, è definita come un accumulo di lipidi interessante >5-10% degli epatociti in assenza di un consumo cronico di alcol o di altre cause responsabili di epatopatia (cause virali, autoimmuni, sovraccarico di ferro)31. La NAFLD rientra in

uno spettro di epatopatie che va dalla semplice steatosi alla steatoepatite con possibile evoluzione verso la fibrosi epatica, cirrosi ed epatocarcinoma. E’ stato ipotizzato che l’accumulo di diacilglicerolo nell’epatocita abbia un ruolo importante nella genesi dell’ insulino-resistenza interferendo con i meccanismi di fosforilazione dei substrati recettoriali dell’ insulina dai quali dipendono l’inibizione della gluconeogenesi e la stimolazione della glicogenosintesi29,32,33.

La NAFLD è attualmente considerata la manifestazione epatica di una malattia sistemica. Dal punto di vista clinico l’epatosteatosi decorre nella

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maggior parte dei casi in maniera asintomatica. Spesso l’unico segno obiettivabile è l’epatomegalia, non sempre facilmente valutabile in soggetti obesi28. I dosaggi sierici degli enzimi epatici hanno una bassa correlazione

con l’entità della steatosi, con scarsa capacità di quantificarne la gravità34.

Il coinvolgimento epatico può essere stimato con varie metodiche di “imaging” ma solamente con la biopsia epatica è possibile valutare con precisione il grado di epatosteatosi35. Tuttavia la biopsia epatica è una

metodica invasiva e di non facile esecuzione nei pazienti grandi obesi. Recentemente è stata introdotta una metodica ecografica che permette di stimare il volume del lobo epatico sinistro, direttamente correlato alla volumetria epatica globale. Tale indice rappresenta un valido indicatore di adiposità viscerale: è correlato con la maggior parte dei fattori di rischio della sindrome metabolica in maniera più significativa rispetto al peso corporeo, all’indice di massa corporea o al grasso viscerale stimato mediante misurazione della circonferenza della vita36,37 ed una sua

riduzione dopo intervento di bendaggio gastrico si associa, contrariamente a quella degli altri parametri antropometrici, ad un miglioramento dei fattori di rischio cardiometabolico37.

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Scopo dello studio

Sappiamo poco della prevalenza dell’OSAHS e del suo impatto sui fattori di rischio metabolico nei pazienti con obesità grave; tale condizione clinica, inoltre, seppure non sia rara rimane frequentemente sottostimata e misconosciuta soprattutto nella popolazione adulta di sesso femminile. Lo scopo principale di questo studio trasversale è stato pertanto quello di valutare in un gruppo di donne gravemente obese con un sospetto clinico di OSAHS la prevalenza di questa condizione e la relazione tra la sua gravità ed alcuni parametri antropometrici (con particolare interesse verso il VLES e la CC) allo scopo di stimarne un eventuale ruolo nella predizione del rischio.

In un sottogruppo di pazienti che non assumevano farmaci intereferenti con il metabolismo glucidico è stata inoltre valutata la relazione fra OSAHS ed alterazioni del metabolismo glucidico.

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Pazienti e Metodi

In questo studio retrospettivo sono state incluse 97 donne con obesità grave di razza caucasica, con età compresa tra i 24 ed i 67 anni (media ± DS 47 ± 11), giunte alla nostra osservazione per valutazione di obesità e delle sue comorbidità (in un periodo compreso tra gennaio 2007 e dicembre 2011) e sottoposte ad un monitoraggio cardiorespiratorio notturno completo per il sospetto clinico di OSAHS (russamento abituale, presenza di apnee notturne riferite dal compagno, risvegli notturni, sonnolenza diurna e alterazioni cranio-facciali).

L’ IMC medio risultava pari a 50 ± 8 Kg/m2 (intervallo 36,1-81,3 Kg/m2). 33 pazienti assumevano farmaci ipoglicemizzanti, 7 e 4 rispettivamente farmaci interferenti con il metabolismo lipidico e con i livelli sierici di acido urico.

Le seguenti condizioni rappresentavano motivo di esclusione:

- storia di malattie ipotalamiche-ipofisarie, di ipercortisolismo e di gozzo tiroideo;

- consumo di alcol riferito >20 g;

- consumo attuale o pregresso di droghe o farmaci epatotossici; - epatite virale;

- malattie epatiche autoimmuni;

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Ciascuna paziente veniva sottoposta a:

1) attenta valutazione di tipo endocrinologico al fine di: identificare disfunzioni non note che avrebbero potuto richiedere terapia specifica e/o che avrebbero potuto essere causa dell’obesità.

2) prelievo ematico al mattino dopo digiuno notturno per glucosio, trigliceridi (Tg), colesterolo totale, colesterolo HDL, colesterolo LDL, acido urico, aspartato aminotransferasi (AST), alanina aminotransferasi (ALT), gamma-glutamiltransferasi (gamma-GT), fosfatasi alcalina (ALP). L’insulinoresistenza era determinata mediante HOMA (“homeostasis model of insulin resistance”) sulla base dei valori sierici di glicemia e di insulinemia a digiuno [Matthews DR 1985]. Nelle 64 pazienti che non stavano assumendo farmaci ipoglicemizzanti era eseguita una curva da carico orale di glucosio (OGTT) con misurazione dei valori sierici di glicemia e di insulinemia a digiuno ogni 30’ per 3 ore dopo l’ingestione di un carico di glucosio (75 g).

3) determinazione delle principali misure antropometriche la mattina dopo digiuno notturno: peso (espresso in Kg), altezza (espressa in cm) dal cui rapporto veniva calcolato l’indice di massa corporea (IMC = peso espresso in Kg/altezza espressa in metri al quadrato); circonferenza vita (espressa in cm e

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tra il margine superiore della cresta iliaca ed il margine inferiore costale), circonferenza fianchi (espressa in cm e misurata con metro flessibile a livello della massima circonferenza sopra i glutei) e circonferenza collo (espressa in cm e misurata a livello della membrana cricotiroidea).

4) misurazione della pressione arteriosa (valore medio di due misurazioni effettuate in posizione supina, a riposo e con bracciale adeguato).

5) studio ecografico per la misurazione:

- del volume del lobo epatico sinistro (VLES), effettuato posizionando il paziente in decubito supino e utilizzando un apparecchio di ultima generazione (Technos, Esaote Biomedica) con sonda convex provvista di bande di frequenza variabile tra 2,5 e 5 MHz, calcolato mediante la formula dell’ellissoide di rotazione (diametro antero-posteriore x diametro laterale x diametro longitudinale x 0,52). L’altezza del lobo era ottenuta tramite scansione longitudinale epigastrica come distanza fra il diaframma ed il margine inferiore del lobo epatico sinistro; la lunghezza tramite scansione assiale come distanza fra il legamento rotondo ed il margine laterale del lobo epatico; lo spessore tramite scansioni assiali e longitudinali misurando la distanza tra la superficie anteriore e posteriore del fegato;

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- del tessuto adiposo superficiale (SCF), misurato 1 cm al di sopra della linea ombelicale trasversa, come distanza tra la superficie cutanea e la parete anteriore dei muscoli retti dell’addome;

- del tessuto adiposo viscerale intraddominale (IAF), misurato allo stesso livello del precedente, come distanza tra la parete posteriore dei muscoli retti dell’addome e la parente anteriore dell’aorta addominale;

- del tessuto adiposo intraddominale (AT), misurato allo stesso livello dei precedenti, come distanza tra la superficie cutanea e la parete anteriore dell’aorta addominale.

6) studio del sonno:

- monitoraggio notturno cardiorespiratorio completo eseguito in regime di ricovero ospedaliero sotto il controllo del personale infermieristico e per mezzo di un polisonnigrafo (Somno Check; Vivisol). Era richiesta una durata minima del sonno di 5 ore per considerare lo studio affidabile. Venivano misurati i seguenti parametri: flusso oronasale attraverso cannula nasale, movimenti toraco-addominali, pulsossimetria, russamento e posizione corporea. I risultati registrati dallo strumento venivano analizzati da un medico esperto in disturbi del sonno e tenuto all’ oscuro dell’ esito delle prove di funzionalità

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più di 10 secondi; l’ipopnea come una riduzione >50% del flusso aereo che durava più di 10 secondi e che comportava una desaturazione dell’ossiemoglobina ≥3%. L’indice di apnea-ipopnea (AHI) era definito come la somma degli episodi di apnea ed ipopnea per ora di sonno. In accordo con i criteri dell’ ”American Sleep Disorders Association Task Force”39, l’ OSAHS veniva classificata come lieve, moderata e

grave se AHI era compreso rispettivamente fra 5 e 15, 15-30 e >30. Veniva posta diagnosi di OSAHS quando l’ AHI era ≥5 in presenza di sintomi/segni compatibili. I pazienti con studio cardiorespiratorio negativo ma con sonnolenza diurna venivano sottoposti ad una polisonnografia completa per evitare falsi negativi in accordo con le indicazioni dell’ ”American Sleep Disorders Association”40.

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Analisi statistiche

Le statistiche di tipo descrittivo erano condotte sia nella totalità del campione che separatamente nei due gruppi di pazienti con e senza OSAHS.

Per paragonare i risultati tra quest’ultimi due gruppi (OSAHS e non OSAHS) venivano usate le seguenti analisi statistiche: t test di Student e ANOVA per la differenza tra le medie, i test di Mann-Whitney U e Kruskal-Wallis per la differenza tra le medie di variabili a distribuzione non gaussiana ed il test X2 di Pearson per le differenze della frequenza di

variabili nominali con più di 2 categorie. Il test di Kolmogorov-Smirnov era usato per verificare la distribuzione normale dei dati; le variabili con distribuzione non gaussiana venivano sottoposte a trasformazione logaritmica (Log) (ad esempio AHI, concentrazioni sieriche di insulina ed HOMA). Erano usati i coefficienti di correlazione di Pearson (R) e di Spearman (ρ) per le variabili con distribuzione normale ed asimmetrica, rispettivamente.

Per determinare quali fossero i parametri antropometrici predittivi di AHI dopo correzione per età ed IMC è stato usato il modello di regressione lineare multipla stepwise forward selection. Veniva condotta un’analisi della curva ROC (Receiver Operating Charcateristic) per identificare sia per il VLES che per la CC il valore soglia che nel modo migliore potesse discriminare in termini di sensibilità e specificità i pazienti affetti da OSAHS da quelli non affetti (indice di Youden più alto). Il gruppo positivo

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includeva i soggetti con OSAHS (AHI ≥5), il gruppo negativo quelli senza OSAHS (AHI<5). La sensibilità e la specificità venivano definite come le percentuali rispettivamente di soggetti affetti e non da OSAHS che venivano identificati come tali dal test.

Per stimare la probabilità di OSAHS (AHI ≥5) veniva costruito un modello di regressione logistica usando le variabili significative alla regressione lineare multipla stepwise forward selection (età, IMC, CC e VLES).

Tramite analisi della curva ROC veniva identificato il valore soglia per la probabilità predetta di OSAHS che con la sensibilità e specificità maggiori (indice di Youden più alto) potesse indicare la presenza di questa condizione clinica.

(26)

Risultati

Le caratteristiche demografiche, antropometriche, cliniche e di laboratorio della popolazione in studio sono riportate in tabella 1.

Le pazienti con OSAHS erano 70 (AHI mediana = 14, intervallo interquartile IQR: 8-25) delle quali il 53% con una forma lieve, il 26% con una forma moderata ed il 21% con una forma grave. La saturazione di ossigeno media notturna (SpO2) era più bassa nelle pazienti con OSAHS rispetto a quelle senza (p = 0,001). In media le pazienti con OSAHS erano più anziane (49 rispetto a 41 anni, p < 0,001) ed avevano SAV e VLES maggiori rispetto a quelle senza (p < 0,05) a dispetto di valori simili di peso corporeo, IMC e SAS. Erano osservati, inoltre, valori maggiori di gamma-GT e ALT nei pazienti con OSAHS (p = 0,03). C’era una correlazione significativa fra AHI e gamma-GT (ρ = 0,21; p = 0,04) ma non fra AHI, ALT (p = 0,21), AST (p = 0,22) o ALP (p = 0,49).

Delle 70 pazienti con OSAHS 48 (69%) e 50 (71%) erano affette da sindrome metabolica rispettivamente secondo i criteri ATP III ed IDF. AHI (ATP ρ = 0,28, p < 0,005; IDF ρ = 0,30, p < 0,003) e SpO2 (ATP ρ = - 0,28, p < 0,005; IDF ρ = - 0,24, p < 0,017) erano correlati alla presenza di sindrome metabolica in modo diretto ed inverso, rispettivamente (Tabella2).

(27)

Relazioni fra OSAHS e parametri antropometrici

AHI (ρ = 0,36, p < 0,001) e SpO2 (ρ = - 0,25, p = 0,01) erano correlati al VLES in modo diretto ed inverso, rispettivamente (Figura 1).

Erano ottenuti risultati simili, sia per AHI (ρ = 0,24, p = 0,02) che SpO2 (ρ = - 0,21, p = 0,04) prendendo in esame la CC (Figura 2).

In un modello di analisi multivariata includente l’ età e l’ IMC, sia il VLES (p = 0,003) che la CC (p = 0,01) risultavano indipendentemente associati ad AHI a differenza del SAV (p = 0,47), del SA (p = 0,48) e del SAS (p = 0,84). Dopo correzione per età ed IMC, sia il VLES (R2 parziale = 8,6%, p = 0,001) che la CC (R2 parziale = 6,6%, p = 0,004) erano parametri predittivi indipendenti di AHI tanto che ad un aumento del VLES di 100-cm3 e della

CC di 1 cm corrispondevano un incremento medio del grado di apnee del sonno del 15 e del 9% rispettivamente (Tabella 3, Figura 3). In maniera analoga, sia il VLES (R2 parziale = 3,2%, p = 0,04) che la CC (R2 parziale =

5,1%, p = 0,01) risultavano indipendentemente associati alla SpO2 dopo correzione per età ed IMC (Tabella 3).

Prendendo in esame la gravità di OSAHS, le pazienti affette avevano valori maggiori di VLES e CC rispetto a quelle non affette (p = 0,001, Figura 4). L’ analisi della curva ROC, condotta per ciascun valore di VLES nell’intero campione di studio, identificava con una sensibilità del 66% (95% CI: 53-77%) ed una specificità del 70% (95% CI: 50-86%) un valore soglia di VLES di 370 cm3 in grado di discriminare le pazienti affette da OSAHS da

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pannello sinistro). Al contrario, l’analisi della curva ROC non permetteva di identificare un valore soglia per la CC (AUC = 0,59, 95% , p = 0,19, Figura 4 pannello destro).

Modello di regressione logistica per la predizione di OSAHS

(AHI ≥ 5)

In base a questo modello, il VLES (p = 0,05, OR = 1,003, 95% CI: 1,001-1,006), ma non la CC (p = 0,09) era un parametro predittivo significativo di OSAHS dopo correzione per età (p = 0,004, OR = 1,024-1,134) ed IMC (p = 0,86).

La probabilità di OSAHS (P) era ottenuta dalla seguente formula: 1/(1+exp(-SCORE)) intendendo per SCORE, il ln(P/(1-P)) cioè la

combinazione lineare dei coefficienti derivanti dalla regressione logistica moltiplicati per i valori delle rispettive variabili (SCORE = -9,806 + 0,075*[età] + 0,007*[IMC] + 0,155*[CC] + 0,003*[VLES]).

Per fare un esempio, secondo tale modello, una donna di 47 anni, con IMC 50 Kg/m2, una CC di 38 cm e un VLES di 500 cm3 aveva uno SCORE pari a -9.806 + 47*0.075 + 50 *0.007 + 38*0.155 + 500 *0.003 = 1,371.

La probabilità predetta di OSAHS era quindi pari a 1/(1 + e(-1,371)) = 0,798

cioè l’ 80%.

Il miglior valore soglia per la probabilità predetta di OSAHS, ricavato tramite analisi della curva ROC (AUC 0,79, 95% CI 0,7-0,87, p < 0,001), era uguale a 0,71.

(29)

I pazienti con un valore soglia ≥ 0,7 erano classificati come aventi l’ OSAHS con una sensibilità del 76%, una specificità dell’ 89%, un valore predittivo negativo del 59%, un valore predittivo positivo del 95% ed un’ accuratezza del 79% (Tabella 4).

Relazioni fra OSAHS e metabolismo glucidico

Nel sottogruppo delle 64 pazienti che non stavano assumendo farmaci interferenti con il metabolismo glucidico veniva effettuata un’ analisi multivariata che considerava come variabili indipendenti VLES, CC, età ed IMC: il VLES (R2 parziale = 15,3%, p = 0,001) ma non la CC (p = 0,99) era

un fattore predittivo significativo di HOMA tale che ad un aumento del VLES di 100-cm3 corrispondeva un incremento medio del 16% del grado

di insulinoresistenza quantificata mediante indice HOMA (Figura 6). Includendo AHI fra le variabili indipendenti, il VLES rimaneva un parametro predittivo significativo di HOMA (p = 0,003). Per quanto riguarda il valore della glicemia a 2 h dopo curva da carico orale di glucosio, non venivano trovate associazioni significative nè con il VLES (p = 0,08) né con CC (p = 0,82) ed AHI (p = 0,18).

(30)

Discussione

La presenza di disturbi della funzione respiratoria e di un’infiltrazione lipidica del fegato è molto comune nei pazienti con obesità centrale e sindrome metabolica.

La sindrome delle apnee-ipopnee ostruttive del sonno è il disturbo respiratorio più frequente nell’ obesità che, nella popolazione giovane soprattutto di sesso femminile, è il fattore di rischio di maggiore impatto nella patogenesi di questa sindrome.

Nella maggior parte degli studi epidemiologici e clinici le donne affette da OSAHS avevano valori di IMC più alti degli uomini e mediamente un disturbo più lieve a pari livello di eccesso ponderale. L’eccesso di adipe nel sesso maschile si localizza preferenzialmente nella parte superiore del corpo a livello dell’addome e del collo, a giustificare una prevalenza superiore dell’ OSAHS negli uomini rispetto alle donne.

Il rischio di OSAHS aumenta con l’avanzare dell’età, soprattutto nel sesso femminile, verosimilmente per il venire meno dell’effetto prottettivo esercitato dagli ormoni sessuali femminili prima della menopausa. Nel “Wiskonsin Sleep Study” la prevalenza di OSAHS nei pazienti in sovrappeso era maggiore negli anziani in confronto ai giovani di 2 e 5 volte rispettivamente nel sesso maschile e femminile15. Gli studi hanno

evidenziato percentuali di prevalenza dell’ OSAHS nel sesso femminile nettamente inferiori rispetto a quelle ricavate dalle analisi epidemiologiche condotte in ampie popolazioni, verosimilmente a causa di

(31)

una minore probabilità delle donne di essere sottoposte ad una valutazione strumentale del sonno; a questo proposito è stato ipotizzato che le donne con OSAHS lamentino sintomi aspecifici come la cefalea, l’astenia e la distimia41.

Young T e colleghi, in uno studio condotto su una popolazione di 551 uomini e 388 donne, hanno osservato una maggiore tendenza a riferire astenia, cefalea al mattino e riduzione del tono dell’umore nel sesso femminile indipendentemente dalla gravità dell’ OSAHS, che potrebbe portare ad errori diagnostici da parte del personale medico42.

La presenza di sintomi/segni suggestivi (ricavati dall’ esame obiettivo e dall’ uso di questionari studiati per selezionare i pazienti con aumentato rischio clinico di OSAHS come il questionario di Epworth e quello di Berlino), il sesso maschile, l’obesità soprattutto a distribuzione centrale dell’ adipe e l’età avanzata sono i parametri maggiormente usati nella popolazione generale per definire il rischio di OSAHS.

Nello “Sleep Heart Health Study” il sesso maschile, l’ indice di massa corporea (IMC) e la circonferenza del collo erano parametri predittivi significativi di AHI ≥1543.

In studi condotti in popolazioni ristrette con predominanza del sesso maschile e con un grado di obesità lieve e moderato è quasi sempre stata osservata un’ associazione fra la presenza e la gravità dell’ OSAHS sia con l’ eccesso ponderale (espresso come IMC) sia con la distribuzione dell’ adipe stimata mediante parametri antropometrici di facile rilevazione come la circonferenza della vita e del collo16,44,45,46,47.

(32)

E’ stato di recente osservato in questa categoria di pazienti un ruolo della circonferenza del collo non solo nel predirre il rischio di OSAHS ma anche quello cardiometabolico44,46.

La prevalenza di OSAHS ed il possibile utilizzo di parametri clinici, di laboratorio ed antropometrici nel predirne il rischio e la gravità è stato poco studiato nei pazienti con obesità grave.

La maggior parte degli autori raccomanda l’uso sistematico della polisonnografia per la scarsa applicabilità in questa categoria di pazienti degli indici antropometrici comunemente usati per definire l’accumulo di adipe in sede addominale e perifaringea48,49. La circonferenza vita ad

esempio è una misurazione imprecisa nell’ obesità grave per la difficoltà di palpare la cresta iliaca e per l’effetto confondente delle pliche cutanee; non può, inoltre, distinguere fra adipe sottocutaneo ed intraaddominale.

I questionari attualmente usati per definire il sospetto clinico di OSAHS sembrano avere una modesta utilità in questa categoria di pazienti per l’effetto negativo dell’obesità stessa sulla percezione soggettiva del sonno indipendente dalla presenza o meno di un disturbo respiratorio50,51 e la

tendenza ad una minore durata del sonno che può essere chiaramente responsabile di sonnolenza diurna24.

In uno studio condotto in precedenza presso questo Centro in una popolazione mista, gravemente obesa e non preselezionata sulla base di un sospetto clinico di OSAHS abbiamo identificato quattro parametri che, se considerati nel loro insieme, potevano rivelarsi utili per evitare in una

(33)

(bassa percentuale di falsi negativi. I falsi negativi, peraltro, avevano un’ OSAHS di grado lieve); uno di questi parametri, tuttavia, era la saturazione notturna minima di O2 ricavata da un studio pulsossimetrico, gli altri

erano il sesso maschile, l’età e la sonnolenza diurna52.

Sarebbe importante razionalizzare l’uso della diagnostica strumentale soprattutto nel sesso femminile che, a parità di IMC e di età, presenta meno frequentemente OSAHS o OSAHS meno grave rispetto a quello maschile. Le donne, inoltre, si sottopongono più frequentemente ad interventi di chirurgia bariatrica che, in presenza di OSAHS, sono gravati da una maggiore probabilità di rischio anestesiologico e di complicanze post-operatorie di tipo cardiologico e respiratorio53.

Pochissimi sono gli studi condotti in donne con obesità grave seppure la prevalenza dell’OSAHS in questa categoria di pazienti sia molto alta; le percentuali riportate sono superiori al 50%52 ed in alcuni casi anche più

alte >70%50,51.

Una prevalenza simile di OSAHS è stata trovata anche nel nostro campione in studio che comprendeva solo donne aventi già un sospetto clinico di malattia. Il nostro obiettivo è stato quello di trovare ulteriori parametri che, oltre all’ età, alla clinica e alla misurazione dei comuni indici antropometrici, potessero aiutarci nel selezionare le pazienti da sottoporre ad uno studio strumentale del sonno e che non prevedessero l’utilizzo di metodiche costose di quantificazione dell’adipe addominale e/o cervicale.

(34)

Recentemente è stata proposta la misurazione ecografica del volume del lobo epatico sinistro come parametro affidabile, di semplice esecuzione, a basso costo, per fornire una stima dell’accumulo di grasso viscerale36.

Abbiamo dimostrato in studi precedenti come il VLES sia associato ai parametri della sindrome metabolica36,37 e come una sua riduzione dopo

chirurgia bariatrica correli con il miglioramento del rischio cardiometabolico37.

L’ ecografia veniva usata non solo per misurare il VLES ma anche per fornire una stima dell’ adipe sottocutaneo (SAS) e viscerale (SAV).

Nel nostro campione le donne con OSAHS erano più anziane ed avevano una quota maggiore di adipe viscerale (valori maggiori di SAV e VLES) rispetto a quelle senza OSAHS mentre avevano valori simili di peso corporeo, IMC, CC e SAS. Da un’ analisi multivariata emergeva il contributo indipendente (anche dall’ età e dall’ IMC) sia della CC che del VLES nel determinare la variabilità sia dell’ AHI che della saturazione media notturna di O2 mentre lo spessore dell’ adipe viscerale non aveva un ruolo

significativo nella predizione di questi parametri. Da un’ analisi condotta separatamente nelle pazienti con OSAHS risultava, inoltre, una correlazione fra la gravità di questa condizione ed i valori di VLES e CC. Il valore soglia del VLES, ottenuto tramite analisi della curva ROC, mostrava una certa utilità clinica nel ridurre il numero di studi strumentali del sonno inutili (valore predittivo positivo >85%) ma il suo uso isolato era gravato da un’ alta probabilità di mancata diagnosi di OSAHS (valore

(35)

la CC verosimilmente a causa di una maggiore imprecisione di questa misurazione nell’obesità grave.

Analizzando il contributo del VLES insieme a quello derivante da fattori di rischio noti come età ed IMC veniva realizzato un modello predittivo capace di calcolare la probabilità di OSAHS in una donna con obesità grave con una buona accuratezza (AUC 79%) e con percentuali di sensibilità e specificità rispettivamente del 76 e 89%. Il valore predittivo negativo però era troppo basso (59%) perché tale modello potesse avere una vera utilità clinica in quanto, per ridurre il numero di studi strumentali del sonno inutili, il rischio di non diagnosticare l’ OSAHS, seppure di grado per lo più lieve, risultava elevato. Tra i falsi negativi non c’ erano tuutavia pazienti con OSAHS grave (AHI >30). A questo proposito è importante sottolineare che, se da un lato è utile ridurre il numero di studi strumentali del sonno inutili, è prioritario evitare falsi negativi in considerazione dell’ elevata prevalenza dell’ OSAHS nell’ obesità grave e degli elevati rischi connessi ad un mancato trattamento di tale condizione.

In presenza di valori maggiori di VLES abbiamo osservato nelle pazienti affette da OSAHS livelli sierici più elevati di alaninotransaminasi e di gamma-GT. L’epatomegalia è presente in un’elevata percentuali di casi di steatosi epatica non alcolica (NAFLD) mentre l’alterazione degli indici di citolosi epatica si riscontra solo in un terzo circa dei pazienti con rapporto AST/ALT generalmente <1.

(36)

E’ noto che l’ostruzione ripetitiva parziale o completa delle vie aeree superiori tipica dell’OSAHS è causa di un’ipossia cronica intermittente (CIH) che indipendentemente dall’obesità grave può danneggiare il fegato. L’osservazione della storia naturale della NAFLD e delle sue caratteristiche istologiche e biochimiche ha portato a formulare un modello a “due colpi” del danno epatico proposta da Day e James nel 1998. Il primo evento, causato dall’ aumentato flusso di acidi grassi liberi verso il fegato attraverso il circolo portale, porta all’accumulo di trigliceridi all’interno dell’ epatocita con complesse alterazioni del metabolismo glucidico e lipidico responsabili di insulinoresistenza e di dislipidemia. Il secondo evento è caratterizzato dalla formazione di specie reattive dell’ossigeno (ROS) e prodotti della perossidazione lipidica, secondari ad alterazioni mitocondriali, che causano necrosi epatocitaria, attivazione delle cellule stellate epatiche, produzione di citochine e richiamo di cellule infiammatorie, che sono il prerequisito per lo sviluppo di steatoepatite non alcolica (NASH) e fibrosi54.

Modelli animali e studi sull’uomo hanno confermato come l’OSAHS possa essere un fattore di rischio aggiuntivo per l’aggravamento del danno epatico e sviluppo di NASH55,56,57.

Nella nostra popolazione i valori di AHI e di SpO2 non mostravano una

correlazione significativa con le transaminasi; tale risultato potrebbe essere spiegato anche dal mancato utilizzo di parametri che definiscono in modo più accurato la gravità della desaturazione ossiemoglobinica

(37)

Un obiettivo secondario del nostro studio è stato quello di verificare l’ impatto dell’ OSAHS sullo sviluppo di sindrome metabolica ed in particolare modo di insulinoresistenza.

Molti studi trasversali ed epidemiologici prospettici hanno riportato un’ associazione indipendente dal grado di obesità fra OSAHS, sindrome metabolica ed in particolare alterazioni del metabolismo glucidico25.

Vgontzas AN e colleghi hanno osservato livelli di glicemia e di insulinemia a digiuno significativamente più alti nei pazienti con disturbi respiratori del sonno rispetto a controlli di pari peso corporeo58. Punjabi NM e

colleghi hanno evidenziato come un valore di AHI ≥5 fosse associato ad un aumentato rischio di ridotta tolleranza glucidica dopo correzione per percentuale di massa grassa (stimata mediante idrodensitometria) ed IMC59. Un’ associazione fra OSAHS ed insulinoresistenza è stata osservata

anche in pazienti magri60. L’ipossia cronica intermittene e l’ alterazione

quantitava e qualitativa del sonno potrebbero essere responsabili di quest’ associazione secondo meccanismi non ancora del tutto compresi. Tra i fattori ipotizzati si annoverano: l’ induzione di uno stato pro-infiammatorio, la generazione di specie reattive dell’ossigeno (ROS), l’aumento del tono simpatico, alterazioni dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, l’ elevata sensibilità all’ ipossia da parte cellule β pancreatiche con conseguente passaggio al metabolismo glicolitico.

Recentemente è stata riportata un’associazione significativa fra la presenza di OSAHS ed un alterato metabolismo glucidico in una popolazione di 96 pazienti obesi che dormivano meno di 6,5 ore per notte:

(38)

il numero di episodi di apnea-ipopnea aveva un peso maggiore rispetto all’adipe viscerale stimato mediante TAC sui livelli di glicemia a digiuno 61.

In accordo con i dati della letteratura nel nostro studio la prevalenza della sindrome metabolica era maggiore nelle pazienti con OSAHS e correlata alla gravità di questa condizione clinica; nelle 64 pazienti che non stavano assumendo farmaci interferenti con il metabolismo glucidico, inoltre, i valori di HOMA erano significativamente maggiori nel gruppo affetto da OSAHS.

L’ AHI e la SpO2, dopo correzione per età ed IMC, non erano tuttavia

parametri predittivi di HOMA in analisi multivariata; in accordo a quanto già dimostrato in studi precedenti il VLES rimaneva l’unico parametro antropometrico predittivo di insulinoresistenza36,37.

(39)

Conclusioni

La sindrome delle apnee-ipopnee ostruttive del sonno è una condizione di frequente riscontro nell’ obesità grave soprattutto centrale, non solo nel sesso maschile ma anche femminile.

I risultati del nostro studio indicano che l’aumento volumetrico del fegato (indice di steatosi epatica) stimato mediante misurazione del volume del lobo epatico sinistro, è un parametro che fornisce un contributo aggiuntivo a fattori di rischio noti come l’età e l’ indice di massa corporea (IMC) nel predirre la presenza di OSAHS in donne con obesità grave.

Nel nostro campione tale parametro è addirittura superiore alla misurazione della circonferenza del collo (CC) nello stimare il rischio di OSAHS.

Non è stato tuttavia possibile, sulla base dei valori di età, IMC, CC e VLES, costruire un modello predittivo di OSAHS di reale utilità clinica nell’ identificare con sicurezza le pazienti da destinare ad uno studio strumentale del sonno.

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Figura 1 Relazioni fra VLES ed AHI (

saturazione di O2 media notturna (pannello destro). I valori di AHI sono sottoposti a trasformazione logaritmica.

Figura 2 Relazioni fra circonferenza del collo ed AHI (pannello sinistro) e fra circonferenza del collo

I valori di AHI sono sottoposti a trasformazione logaritmica.

Figure

Relazioni fra VLES ed AHI (pannello sinistro) e fra VLES e saturazione di O2 media notturna (pannello destro).

I valori di AHI sono sottoposti a trasformazione logaritmica.

Figura 2 Relazioni fra circonferenza del collo ed AHI (pannello sinistro) e fra circonferenza del collo e saturazione di O2 media

notturna (pannello destro).

I valori di AHI sono sottoposti a trasformazione logaritmica. pannello sinistro) e fra VLES e saturazione di O2 media notturna (pannello destro).

I valori di AHI sono sottoposti a trasformazione logaritmica.

Figura 2 Relazioni fra circonferenza del collo ed AHI (pannello e saturazione di O2 media

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Figura 3 Effetti cumulativi del VLES e della CC sull' AHI. I pazienti sono suddivisi in quattro gruppi in base ai valori mediani di VLES

(408 cm3) e di CC (38 cm) nell'intero gruppo di studio

Figura 4 Valori di VLES (pannello a sinistra) e circonferenza collo (pannello a destra) stratificati per gravità dell’OSAHS.

Le barre di errore rappresentano i valori medi con relativi

*: p < 0,05 rispetto ai pazienti senza OSAHS

Figura 3 Effetti cumulativi del VLES e della CC sull' AHI. I pazienti sono suddivisi in quattro gruppi in base ai valori mediani di VLES

408 cm3) e di CC (38 cm) nell'intero gruppo di studio

Valori di VLES (pannello a sinistra) e circonferenza collo (pannello a destra) stratificati per gravità dell’OSAHS.

e barre di errore rappresentano i valori medi con relativi intervalli di confidenza al 95%.

*: p < 0,05 rispetto ai pazienti senza OSAHS dopo correzione per età ed IMC

Figura 3 Effetti cumulativi del VLES e della CC sull' AHI. I pazienti sono suddivisi in quattro gruppi in base ai valori mediani di VLES

408 cm3) e di CC (38 cm) nell'intero gruppo di studio

Valori di VLES (pannello a sinistra) e circonferenza collo (pannello a destra) stratificati per gravità dell’OSAHS.

e barre di errore rappresentano i valori medi con relativi

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