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Dinamica vibrazionale in un glass former fragile mediante spettroscopia Brillouin

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FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE FISICHE E NATURALI Corso di Laurea Triennale in Fisica

Dinamica vibrazionale in un glass former

fragile mediante spettroscopia Brillouin

Relatore:

Prof. Tullio Scopigno

Candidata: Alessandra Virga

matricola 1384563

Anno Accademico 2012-2013 Dipartimento di Fisica

(2)

Introduzione

Generalmente, se un sistema allo stato liquido viene raffreddato al di sotto della temperatura di fusione o melting Tm, esso tende a cristallizzare; in alcuni casi, in

particolari condizioni di pressione e temperatura, il sistema invece non cristallizza, ma aumenta progressivamente la propria viscosità, pur non acquisendo quel caratteristico ordine strutturale a lungo raggio, tipico dei solidi cristallini, passando così ad uno stato, detto vetroso.

Durante gli ultimi decenni, lo stato vetroso ha riscontrato particolare interesse nel panorama scientifico, a causa di numerose peculiarità fisiche, come la presenza di anomalie nell’andamento delle proprietà termiche a bassa temperatura e di un disor-dine strutturale,ma anche applicative, come la criopreservazione e la preparazione di nuovi materiali in ambito farmaceutico.

I farmaci amorfi costituiscono “una possibilità e una necessità” nello sviluppo farmaceutico [1]. Lo stato vetroso infatti offre numerosi vantaggi come una maggiore solubilità, un rate di dissoluzione più elevato e, a volte, migliori proprietà di compres-sione rispetto allo stato cristallino; esistono inoltre casi di sostanze non disponibili in forma cristallina.

La dinamica dello stato amorfo costituisce una tra le questioni aperte ancora molto dibattute a causa del riscontrarsi di difficoltà nella sua formalizzazione generale; la presenza di disordine strutturale impedisce di ricorrere al formalismo dei fononi, utilizzato nel caso cristallino, mentre l’elevata viscosità non permette l’utilizzo dell’idrodinamica nella sua formulazione classica, applicabile al caso dei liquidi.

Una possibilità per descrivere la dinamica vibrazionale dei glass formers è estende-re il formalismo della Memory Function (Mori, 1964) anche al caso vetroso, tenendo conto non soltanto dei contributi vibrazionali, ma anche dei processi di rilassamento strutturale. In questo modo, dall’analisi dell’equazione di Langevin generalizzata, è possibile descrivere il fattore di struttura dinamico S(Q, ω), che costituisce la grandezza fisicamente accessibile [2] [3].

In questa dissertazione viene analizzata la dinamica vibrazionale di un glass-former organico, l’Indometacina IMC, nella forma di liquido sottoraffreddato e vetro, per mezzo di un esperimento di Scattering Brillouin (BLS).

Analizzando gli spettri BLS è stato ricavato l’andamento di proprietà vibrazionali, come la velocità del suono e il coefficiente di attenuazione del suono, in funzione della temperatura all’interno di un range termico compreso tra Tm, temperatura di

melting, e Tg, temperatura di transizione vetrosa.

Infine gli spettri BLS sono stati quindi confrontati con i risultati di un esperimento di Pico-Acustica, condotto nel Laboratorio “Femtoscopy”(Dipartimento di Fisica

(3)

ii dell’Università La Sapienza), utilizzando i metodi della DFT (Discrete Fourier Transform).

La tesi è organizzata in quattro capitoli, seguiti dalle conclusioni. Nel primo capitolo viene descritta la fenomenologia della transizione vetrosa dal punto di vista termodinamico, viene descritto come essa si inserisce nel panorama classico delle transizioni di fase e, attraverso la definizione della temperatura di transizione e l’introduzione di proprietà importanti come la fragilità, si chiarisce come essa si distingue dalle altre transizioni del II ordine. Nel secondo capitolo viene introdotto il formalismo teorico dell’idrodinamica generalizzata per i liquidi e viene discussa la sua estendibilità alla forma vetrosa, attraverso l’equazione di Langevin generalizzata ed il formalismo della Memory Function. Nel terzo capitolo viene discusso il dettaglio del setup sperimentale, utilizzato per la caratterizzazione della dinamica attraverso l’esperimento di Scattering Brillouin. Infine, nell’ultima parte, vengono discussi i risultati sperimentali ottenuti e confrontati con la letteratura e con misure equivalenti realizzate mediante tecniche di tipo pump & probe, applicate allo stesso sistema, che vengono citate per mettere in evidenza le similitudini tra l’approccio classico allo Scattering Brillouin nel dominio della frequenza, con quello risolto in tempo.

(4)

Indice

Introduzione i

1 La transizione vetrosa 1

2 Idrodinamica dei sistemi disordinati 6

2.1 Funzioni di correlazione e variabili dinamiche . . . 7 2.2 Idrodinamica lineare e modi longitudinali . . . 8 2.3 L’equazione di Langevin nel caso dei vetri . . . 12

3 La tecnica sperimentale e l’apparato sperimentale 15

3.1 Lo scattering della luce . . . 15 3.2 L’apparato strumentale . . . 17 3.3 Tecniche Spettroscopiche “Time domain”: Broadband Picosecond

Acustics (BPA) . . . 19 3.3.1 Confronto tra BLS e BPA . . . 20

4 Risultati Sperimentali 22

4.1 Gli spettri BLS . . . 22 4.2 Analisi dello spettro ottenuto dalla BPA . . . 23 4.3 La velocità del suono e il coefficiente di attenuazione del suono . . . 25

5 Conclusioni 30

(5)

1

Capitolo 1

La transizione vetrosa

La transizione da fase liquida a fase solida è normalmente ottenuta diminuendo gradualmente la temperatura del sistema finchè, una volta raggiunta la temperatura di melting Tm, si osserva una brusca diminuzione della densità del sistema,

corri-spondente ad una discontinuità nella derivata prima dell’energia libera di Gibbs, come il volume (figura 1.1).

Al contrario, in particolari condizioni, si osserva una diminuzione della pendenza della curva, tale da determinare una discontinuità nella derivata seconda dell’energia libera di Gibbs. Dal momento che la vetrificazione può essere definita come un processo di solidificazione senza cristallizzazione, uno dei fattori determinanti è il rate temporale con cui viene condotta la transizione. Se esso è sufficientemente veloce, il sistema non possiede il tempo necessario per organizzarsi all’intero di un reticolo cristallino ordinato, bensì permane in uno stato disordinato di liquido sottoraffreddato, in cui progressivamente aumenta la propria viscosità fino a formare il vetro. Si tratta di un processo continuo e graduale, che non determina disconti-nuità di primo ordine nell’andamento della densità in funzione della temperatura, contrariamente a quanto accade nel caso della cristallizzazione.

Lo schema di Ehrenfest prevede di classificare le transizioni di fase a seconda dell’ordine della più piccola derivata dell’energia libera di Gibbs, che subisce una discontinuità [4]. In base a questo avremo che la cristallizzazione è una transizione al primo ordine dal momento che V =∂G

∂P



T mostra una discontinuità alla temperatura

di melting Tm; analogamente la vetrificazione sembrerebbe essere una transizione

al secondo ordine, poichè a T = Tg il calore specifico a pressione costante Cp =

−T∂T2G2



P presenta una discontinuità. Si tratta però di una classificazione non

completamente calzante, in quanto non vengono rispettate le relazioni tra le grandezze termodinamiche proprie delle transizioni di II ordine; non esiste un’unica temperatura di transizione vetrosa Tg, bensì essa è legata alla velocità di raffreddamento del

sistema, il cooling rate, e alla tecnica di osservazione. E’ in tal senso che si identifica la transizione vetrosa come un processo cinetico e non termodinamico. Si osserva sperimentalmente che Tg diminuisce con la velocità di raffreddamento.

Nel 1949 Kauzmann analizzò la transizione in termini di entropia, osservando l’e-sistenza di un limite inferiore per Tg. Secondo la definizione calorimetrica, l’entropia

(6)

Figura 1.1. Andamento in temperatura del volume. La transizione cristallina è

caratterizza-ta in un salto nell’andamento del volume a Tm, mentre per un glass former la transizione vetrosa è contraddistinta da una graduale e continua variazione della pendenza della curva intorno a Tg. Le linee bordeaux e verde mostrano due differenti transizioni vetrose, con diverso cooling rate.

è data dall’equazione seguente: S =

Z T

Cp(T0)

dT0

T0 (1.1)

Pertanto l’area sottesa dalla curva di Cp in funzione del logaritmo di T costituisce

l’entropia S. Il calore specifico a pressione costante Cppresenta una discontinuità alla

temperatura di transizione vetrosa, mentre nel caso del cristallo risulta essere continuo al di sotto di Tm. Il limite inferiore sulla temperatura, temperatura calorimetrica

ideale di transizione vetrosa, con cui un liquido può essere mantenuto allo stato di sottoraffreddato, è dato dalla condizione di uguaglianza tra ∆Sl, entropia del

liquido sottoraffreddato, e ∆Sc, entropia del cristallo: diminuendo ulteriormente

la temperatura, ∆Sl diverrebbe minore di ∆Sc, violando la Terza Legge della

Termodinamica.

Sebbene per anni si sia affermata la convinzione che la fase vetrosa caratterizzasse soltanto pochi materiali, le considerazioni fatte fin qui mostrano come essa non dipenda dalla sostanza considerata, bensì dal tempo che il sistema possiede per diventare solido, formando una struttura cristallina ordinata.

Il tempo di rilassamento strutturale τrel è il tempo necessario affinchè il sistema

ritorni all’equilibrio, dopo essere stato perturbato da una sollecitazione esterna. E’ una funzione della temperatura e aumenta al diminuire della temperatura stessa. Quando il tempo necessario per il riarrangiamento raggiunge il valore convenzio-nalmente fissato a 100 secondi, il sistema può considerarsi da un punto di vista meccanico come solido e possiamo allora definire la temperatura di transizione vetrosa Tg nel modo seguente:

τrel(Tg) = 100 s (1.2)

La viscosità η è legata al tempo di rilassamento strutturale tramite la relazione di Maxwell:

(7)

3

dove G∞ è il modulo dello sforzo di taglio e dipende dal materiale considerato, con

valori compresi tra 108 e 1010Pa. Di conseguenza la viscosità alla transizione vetrosa

vale 1011< η <1013 Poise (10 poise = 1 P a · s).

Riconducendosi al concetto di viscoelasticità, il comportamento del sistema presenta una dipendenza dai tempi di misura ω = 1/τ dell’esperimento : se ωτrel <1

il sistema si presenta come un solido, in caso contrario appare come un liquido. A seconda della tecnica sperimentale usata, la transizione sarà ottenuta alla temperatura T = Tg(τ), alla quale vi è un netto cambiamento tra il comportamento di liquido e

quello di solido, ovvero τrel(Tg(τ)) = τ.

Accanto al rilassamento strutturale, detto anche rilassamento α, possono essere presenti rilassamenti secondari detti β. La differenza principale deriva dal numero di molecole coinvolte, essendo questi ultimi legati a microscopici riarrangiamenti locali.

In generale, durante il processo di sottoraffreddamento, la rapidità dell’incremento della viscosità al diminuire della temperatura non segue un andamento universale, bensì dipende dal sistema.

In base a tale andamento, C. A. Angell [5] ha introdotto una classificazione dei glass formers tra fragili e forti, per indicare la sensibilità del sistema ai cambiamenti di temperatura, realizzando così il “Diagramma di Angell”, riportato in figura 1.2.

I liquidi forti seguono l’andamento della legge di Arrhenius:

η= η0Aexp(TA/T) (1.4)

Mostrano una elevata resistenza di tipo strutturale e sono caratterizzati da legami forti. I sistemi possono essere descritti da una funzione energia potenziale φ, dipen-dente dalle coordinate configurazionali (posizione, orientazione e vibrazione) degli N costituenti [6]. Le proprietà di interesse di questa superficie multidimensionale sono il numero di buche, corrispondenti ai minimi dell’energia potenziale, la loro profondità e la natura dei punti di sella. I liquidi forti saranno caratterizzati da pochi minimi locali separati da buche profonde. Al contrario, i liquidi fragili presentano una struttura più semplice e sono schematizzabili nell’energy landscape da numerosi minimi con buche poco profonde.

La legge di Vogel-Fulcher: η = η0Aexp  T A T − T0  (1.5) dove TA e T0 sono dei parametri determinabili sperimentalmente, è una

generalizza-zione della legge di tipo Arrhenius, a cui è riconducibile nel caso in cui T0 = 0. Essa

permette di descrivere i sistemi che si discostano maggiormente dall’andamento di tipo Arrehenius, che risulta essere lineare, se si considera log(η) in funzione di T/Tg.

Generalmente tali sistemi sono descritti da valori di T0, che tendono a Tg.

La misura della velocità con cui aumenta la viscosità a Tg definisce la fragilità

cinetica: mkin= " ∂ log10η ∂(Tg/T) # T =Tg (1.6) La fragilità varia quindi tra mkin = 17 per sistemi forti fino a valori di 150

(8)

Figura 1.2. Diagramma di Angell relativo alla viscosità in funzione di Tg/T. Nell’inserto è mostrato il salto di Cp alla temperatura Tg, nel caso di liquidi forti o fragili [5].

esempi caratteristici di liquidi forti e fragili. Materiali che presentano legami di tipo idrogeno, come il glicerolo (mkin= 50), sono invece considerati sistemi intermedi tra

i due andamenti.

Un modo alternativo di definire la fragilità cinetica, in termini della viscosità ad una temperatura intermedia, diversa da Tg, è dato da:

F1/2= 2 T g T∗  −1 (1.7)

dove Tè la temperatura alla quale:

[log(η(Tg)) − log(η(T∞))]

2 = log(η(T

)) (1.8)

T∗ è quindi la temperatura a cui la viscosità è la metà, in scala logaritmica, tra η∞= 104 e η(Tg).

E’ stata inoltre riscontrata una forte analogia tra il diagramma di Angell e l’andamento di Sex(Tg)/Sex(T ) in funzione di Tg/T [7], avendo definito l’eccesso di

entropia Sex come la differenza tra l’entropia del liquido e quella del cristallo stabile.

Si può quindi definire una fragilità termodinamica : mtermo= " ∂ Sex(Tg)/Sex(T ) ∂(Tg/T) # T =Tg (1.9) oppure in modo alternativo, essa può essere espressa nella forma:

F3/4= 2 T g T•  −1 (1.10)

con Tdefinita come la temperatura alla quale S

ex(Tg)/Sex(T ) = 3/4.

La correlazione tra mkin e mtermo è un risultato sperimentale [7], ricavibile

(9)

5

un legame tra l’ampiezza del salto del calore specifico alla temperatura di transizione vetrosa divisa per l’eccesso di entropia e il valore di mA. Confrontando gli andamenti

della viscosità con quelli del calore specifico, si osserva infatti che i sistemi forti sono caratterizzati da un piccolo salto di Cp, ad eccezione di quelli caratterizzati dal

legame idrogeno, mentre nei sistemi fragili, descrivibili da un andamento del tipo Vogel-Fulcher (equazione 1.5), si osserva un discontinuità più netta.

Da un punto di vista energetico, in prossimità di Tg, le buche dell’energy landscape

si fanno più profonde e le barriere energetiche più elevate, con un conseguente arresto strutturale. Pertanto la transizione vetrosa segna il passaggio da un regime ergodico a uno stato di non-ergodicità. La perdita di ergodicità nei vetri è detta debole, in quanto al di sotto di Tg, il sistema non rimarrà in uno stato per un tempo infinito

bensì, in seguito ad una perturbazione, potrà evolvere nella sua posizione metastabile iniziale nello spazio delle fasi [8] [9].

(10)

Capitolo 2

Idrodinamica dei sistemi

disordinati

Come discusso nel primo capitolo, lo stato vetroso può essere ottenuto per soli-dificazione a partire da uno stato liquido, evitando la cristallizzazione. Per tale ragione, lo studio dei sistemi amorfi può essere condotto seguendo due diversi punti di vista: il primo consiste nello studio della dinamica vibrazionale, considerando il vetro come un sistema armonico ed analizzando quindi autovalori e autovettori della matrice dinamica che, al contrario del caso cristallino, non saranno indicizzabili da un vettore d’onda k (fononi); la seconda possibilità, trattata in questo lavoro, è partire dall’idrodinamica applicata ai liquidi semplici, ampliandone i risultati allo stato amorfo mediante l’equazione di Langevin generalizzata, grazie ad una opportuna scelta della Memory Function.

La struttura microscopica di un liquido semplice può essere analizzata sperimen-talmente attraverso misure di scattering con radiazioni di diverse lunghezze d’onda. I liquidi sono infatti mezzi, dove avvengono continuamente perturbazioni locali che, dopo una fase di rilassamento, riportano ogni grado di libertà alla propria condizione di equilibrio. Da un punto di vista statico, per grandi lunghezze d’onda un fluido si comporta sostanzialmente come un sistema continuo. Per poter considerare simulta-neamente scale di lunghezza e di tempo, si tende a comparare convenzionalmente la lunghezza d’onda della radiazione incidente con il libero cammino medio lce i tempi

caratteristici con il tempo medio tra due collisioni τc.

La regione in cui klc  1, ωτc  1 corrisponde al regime idrodinamico, in

cui il comportamento del fluido è descritto dalle equazioni fenomenologiche della meccanica macroscopica dei fluidi. Il range di frequenze e lunghezze d’onda intermedie costituiscono il regime cinetico, in cui è necessario considerare sia le equazioni del moto microscopico del fluido sia la sua struttura molecolare. Infine la regione per cui klc1, ωτc1 corrisponde al regime di particella libera, in cui le distanze e i

tempi coinvolti sono così brevi che le particelle si muovono quasi indipendentemente le une dalle altre.

(11)

2.1 Funzioni di correlazione e variabili dinamiche 7

2.1

Funzioni di correlazione e variabili dinamiche

Il punto di partenza per analizzare la dinamica vibrazionale dei glass formers è quello di definire i concetti di variabile dinamica e funzione di correlazione.

Dato un sistema di N particelle puntiformi, una variabile dinamica A(pN, rN)

è una generica funzione delle 6N coordinate dello spazio delle fasi Γ; può essere espressa come A(r, t) = N X i=1 ai(t)δ[r − ri(t)] (2.1)

dove ai è una qualche quantità fisica come la massa, la velocità o l’energia della

particella i-esima. La trasformata di Fourier spaziale di A(r, t) è: AQ(t) = Z A(r, t)e−i Q·rdr= N X i=1 ai(t)e−i Q·ri (2.2)

Date due variabili A e B si definisce la funzione di correlazione temporale: CAB(t) =< B(0)A(t) >=< B(0)eiLtA(0) > (2.3)

dove <. . . > indica la media statistica dell’ensemble, mentre L è l’operatore di Liouville, definito nell’equazione A.1.

Dal momento che L è un operatore hermitiano, è possibile ricavare la proprietà di stazionarietà delle funzioni di correlazione:

CAB(t) =< BeiLtA >=< A[eiLt]†B >

CAB(t) = CAB(−t)

< B(0)A(t) >=< B(τ)A(t + τ) >

(2.4) Supponiamo quindi di compiere una traslazione temporalen

rN, pNo→nrN, −pNo; in base alle proprietà di simmetria della funzione potremo avere:

CAB = ABCAB(−t) = AB< A(−t)B>= AB < AB(t) >= ABCAB(t)

(2.5) dove Ae Bsono le parità delle variabili A e B sotto inversione temporale. Ponendo

ora A = B abbiamo che:

CAA(t) = CAA(t) = CAA(−t) (2.6)

pertanto l’autocorrelazione di una variabile è sempre una funzione reale e pari del tempo.

Possiamo quindi esprimere la funzione di correlazione in termini delle fluttuazioni delle generiche variabili A(t) e B(t):

CAB(t) =< [A(t)− < A >][B(t)− < B >] >=< δA(t)δB(t)> (2.7)

In questo modo la funzione di autocorrelazione CAA(t) descrive il modo in cui in

media le fluttuazioni spontanee di una variabile A decadono nel tempo. Definiamo quindi la trasformata di Fourier o spettro della funzione di autocorrelazione CAA(t):

CAA(ω) = 1 Z ∞ −∞CAA(t) e −iωt dt (2.8)

(12)

e la sua trasformata di Laplace: e CAA(z) = Z ∞ 0 CAA(t) e−ztdt, z ∈ C (2.9)

Le variabili dinamiche alla base dell’idrodinamica sono la densità di numero, la densità di momento e la densità di energia, definite dalle seguenti espressioni:

ρ(r, t) = √1 N X i δ(r − ri(t)) J(r, t) = √1 N X i vi(t)δ(r − ri(t)) e(r, t) = √1 N X i 1 2mvi2(t)δ(r − ri(t)) (2.10)

Come vedremo nel prossimo paragrafo, esistono infatti relazioni di chiusura, che permettono la soluzione formale delle equazioni di evoluzione.

La funzione intermedia di scattering è la funzione di autocorrelazione della trasformata di Fourier della densità di numero ρ(r, t):

F(Q, t) =< ρ(Q, t)ρ(Q, 0) > (2.11) Lo spettro della funzione intermedia di scattering è il fattore di struttura dinamico:

S(Q, ω) = 1 Z ∞ −∞ F(Q, t)e−iωtdt= F (Q, 0) = 1 πReFe(z = iω) (2.12) Possiamo infine definire Cll’autocorrelazione della corrente longitudinale, definita

come la proiezione della densità di momento lungo la direzione di ˆQ:

Cl(Q, t) =< ˆQ · J(Q, 0) ˆQ · J(Q, t) > (2.13)

dove Jl(Q, t) = ˆQ · J(Q, t).

Compiendo la trasformata di Fourier spaziale dell’equazione di continuità, legata alla conservazione del numero di particelle, si può dimostrare che:

Cl(Q, t) = ω

2

Q2S(Q, ω) (2.14)

2.2

Idrodinamica lineare e modi longitudinali

Consideriamo il caso di un liquido semplice monoatomico: vogliamo studiare la risposta di un fluido semplice alla perturbazione introdotta da una sonda esterna nel limite di grandi lunghezze d’onda e piccole frequenze, ovvero all’interno del regime idrodinamico [6] [10] [11] [12]. Consideriamo quindi le tre grandezze fondamentali quali la densità di numero ρ(r, t), la densità di momento J(r, t) e la densità di energia e(r, t) (equazione 2.10). Nell’ipotesi di ’omogeneità e isotropia locale del fluido ed in condizioni di equilibrio termodinamico locale, tali variabili dinamiche possono considerarsi uniformi e stazionarie ed è quindi possibile esprimere le loro deviazioni

(13)

2.2 Idrodinamica lineare e modi longitudinali 9

dal valor medio in funzione di un set di variabili termodinamiche indipendenti, come temperatura e densità.

Il moto di un mezzo fluido è governato da tre leggi fondamentali: la conservazione della materia, dell’impulso e dell’energia.

La conservazione della materia implica che la variazione di massa m all’interno di un volume dV debba essere pari al flusso di materia attraverso la superficie di tale regione:

ρ(r, t) + ∇ · J(r, t) = 0 (2.15)

dove J = ρv = p

m.

La conservazione dell’impulso è esprimibile in termini del tensore degli sforzi ˆσ(r, t), che costituisce una misura delle forze di contatto, esercitate tra le parti interne del fluido:

˙J(r, t) + ∇ · ˆσ(r, t) = 0 (2.16)

Il tensore degli sforzi può quindi essere espresso come segue: σα,β(r, t) = δα,βP(r, t)−νS ∂vβ(r, t) ∂rβ + ∂vβ(r, t) ∂rα  +δα,β 2 3νS−νB  ∇·v(r, t) (2.17) Il primo termine è dato dagli elementi sulla diagonale del tensore, che contribuiscono a esercitare una forza che agisce normalmente all’elemento di superficie dS e che sono pertanto associabili alla pressione idrostatatica P(r, t). Gli elementi al di fuori dalla diagonale rappresentano delle componenti, che determinano una forza che opera parallelamente alla superficie e derivano da effetti di tipo viscoso. In questo caso sono presenti sia la viscosità di bulk νB, che tiene conto della dissipazione nella

risposta di un fluido a una compressione o a una espansione, sia la viscosità di shear νS, che indica invece la resistenza del mezzo a forze di taglio.

La conservazione dell’energia è esprimibile come:

˙e(r, t) + ∇ · Je(r, t) = 0 (2.18)

dove Je(r, t) è il flusso di energia. Fissato un volume V, si possono verificare variazioni

dell’energia del sistema per diffusione del calore, per convezione o a causa del lavoro compiuto dalla porzione di fluido esterno al volume V. La diffusione del calore è governata dalla legge di Fourier, secondo la quale il flusso termico specifico Θ(r, t) è proporzionale al gradiente della temperatura:

Θ(r, t) = −k∇T (r, t) (2.19)

in cui k è la diffusività termica .

La variazione di energia in V dovuta alla convezione è data dal flusso di energia attraverso elementi di superficie dS nell’unità di tempo: −e(r, t) v(r, t) · dS.

Il lavoro compito su V nell’unità di tempo dalla porzione di fluido esterno al volume è legato al tensore degli sforzi ed è dato dall’integrale di superficie dei singoli elementi di superficie dS, ciascuno dei quali contribuisce con un termine

v · dF = v · ˆσ · dS. Possiamo quindi scrivere il flusso di energia in termini della

densità di entalpia h del sistema:

(14)

dove h = e(r, t) + P (r, t).

Ricorrendo all’ipotesi di equilibrio termodinamico locale, è possibile scrivere una nuova equazione di continuità per la temperatura, avendo esplicitato le variabili termodinamiche coinvolte in funzione di ρ e di T:

˙T(r, t) − (γ −1)

ρα ˙ρ(r, t) − γDT

2T(r, t) = 0 (2.21)

dove γ = CP

CV è il rapporto dei calori specifici, mentre α è il coefficiente di espansione

termica e DT = ρCk

P è il coefficiente di diffusione termica.

A questo punto, mediante la doppia trasformata di Fourier-Laplace nel dominio del spazio e dello tempo rispettivamente, è possibile scrivere nel caso della densità di materia: ˜ρq(z) = Z ∞ 0 Z ∞ −∞ e−izteiQ·rδρ(r, t) dt dr (2.22) In modo analogo si ottengono ˜Jql(z) e ˜Tq(z).

Il sistema di equazioni differenziali così trovato può essere rapprensentato all’in-terno della matrice idrodinamica M, della quale, essendo una matrice diagonale a blocchi, si considerano solo le componenti della parte longitudinale, che risultano essere disaccoppiate da quelle trasversali:

   z iQ 0 γ−1CS2iQ [z + νQ2] αγ−1CS2iQ 0 α−1(γ − 1)iQ [z + γDTQ2]       ˜ρq(z) ˜ Jql(z) ˜ Tq(z)   =    ρq Jl q Tq    (2.23)

dove CS è la velocità adiabatica del suono, mentre il coefficiente ν indica la viscosità

longitudinale ed è una funzione della viscosità di bulk e di shear: ν = (3

4νS+ νB)/ρ.

Possiamo quindi ricavare le radici dell’equazione di dispersione di terzo grado, ottenibili annullando il determinante della matrice idrodinamica:

z[z + νQ2][z + γD

TQ2] + Q2γ−1CS2− zγ−1CS2Q2(γ − 1) = 0 (2.24)

Dal momento che in un tipico esperimento di scattering nel visibile Q ∼ 10−5nm−1 e

cS∼105cm s−1, allora nel calcolare le radici possiamo trascurare i termini maggiori

al secondo ordine in Q:

zo= −DTQ2 (2.25)

z± = ±icSQ − 12[ν + (γ − 1)DT]Q2 (2.26)

La soluzione reale corrisponde ai modi diffusivi termici, legati alla presenza di fluttuazioni di entropia a pressione costante. Le due radici complesse coniugate derivano dai modi acustici, che si propagano alla velocità del suono cS con un

tempo di decadimento di (ΓQ2)−1. La soluzione del sistema di equazioni lineari,

rappresentato dalla matrice idrodinamica, è esprimibile in termini di determinante delle matrici minori:

˜

Fi(Q, z) = [det M(Q, z)]−1

X

j

(15)

2.2 Idrodinamica lineare e modi longitudinali 11

Figura 2.1. Fattore di struttura dinamico S(Q, ω) nel limite idrodinamico.

indicando con Pij il determinante della matrice minore, ottenibile eliminando la

riga i-esima e la colonna j-esima, mentre il vettore F(Q, t) ha componenti F(Q, t) = (ρ(Q, t), Jl(Q, t), T (Q, t)).

Possiamo quindi considerare la matrice delle funzioni di correlazione, per ricavare una espressione analitica del fattore di struttura dinamico S(Q, z). I termini di correlazione che coinvolgono Jl

q e Tq non compaiono essendo ρ, T, Jl variabili

statisticamente indipendenti.

< ˜Fi(Q, z)Fl(Q) >= [det M(Q, z)]−1

X

j

Pij < Fj(Q, z)Fl(Q) > (2.28)

Pertanto abbiamo che: F(Q, z)

S(Q) =

z2+ [γDTQ2+ νQ2]z + γDTνQ4+ γ−1(γ − 1)CS2Q2

z3+ [γD

TQ2+ νQ2]z2+ [γDTνQ4+ cS2Q2]z + DTcS2Q4 (2.29)

Dal momento che S(Q, ω) = π−1Re ˜F(Q, z = iω), si ottiene la seguente espressione:

S(Q, ω) = N KBT 2πV kT γ 2(γ−1)DTQ2 ω2+D T2Q4 + ΓQ2 (ω+cSQ)2+Γ2Q4 + ΓQ2 (ω−cSQ)2+Γ2Q4+ +[Γ + DT(γ − 1)]cQS (ω+cω+cSQ)S2Q 2Q4 + ω+cSQ (ω−cSQ)2+Γ2Q4  (2.30) dove Γ =1

2[ν + (γ − 1)DT] e kT è la compressibilità isoterma. Il picco centrale (picco

di Rayleigh) è una lorentziana centrata nell’origine, associata alla diffusione termica del sistema; ad essa si sommano due termini lorentziani (picchi Brillouin) centrati in ω = ±cSQ e con FWHM pari a Γ, che è il coefficiente di attenuazione del suono

(figura 2.1). Le componenti Stokes e Anti-Stokes sono quindi una manifestazione dell’esistenza di fluttuazioni di pressione a entropia costante, propaganti con velocità cs, e corrispondono ai modi acustici. Gli ultimi due termini invece costituiscono

la componente asimmetrica, che è generalmente diversi ordini di grandezza minore rispetto agli altri addendi e viene spesso trascurata.

Lo spettro Brillouin può inoltre essere interpretato all’interno di un esperimento di scattering anelastico tra radiazione visibile e fluido in regime idrodinamico (si veda

(16)

il capitolo 3). Da questo punto di vista, il doppietto Stokes Anti-Stokes corrisponde alle collisioni anelastiche di un fotone con le molecole che costituiscono il fluido, in cui il fotone scambia energia con le fluttuazioni di densità del liquido ad un certo impulso k e ad una certa energia E, pari al momento e all’energia persa o guadagnata dal fotone, subendo uno shift in frequenza. La FWHM rappresenta quindi il tempo di vita media delle fluttuazioni di densità acustica. Infatti, come verrà evidenziato nel paragrafo 3.1, la radiazione viene diffusa conservando, nell’interazione fotone-fonone, sia l’energia che il momento scambiato.

2.3

L’equazione di Langevin nel caso dei vetri

L’equazione di Langevin generalizzata è in grado di descrivere l’evoluzione temporale di un sistema meccanico ad N gradi di libertà e si basa sul formalismo della Memory Function, introdotto da Mori nel 1964 [13]. Tale formalismo viene ricavato in modo rigoroso in appendice A: di seguito sarà invece riportato soltanto il risultato finale. L’equazione di Langevin generalizzata per la funzione di autocorrelazione della densità nel dominio del tempo F (Q, t) può essere scritta nella forma:

¨

F(Q, t) + ωo2(Q) F (Q, t) +

Z t

0

M(2)(Q, t − s) ˙F (Q, s) ds = 0 (2.31) dove M(2)(Q, t) è la funzione memoria, definita nell’equazione A.13 dell’appendice.

Da questa relazione segue che il fattore di struttura dinamico S(Q, ω), definito nell’equazione 2.12, può essere espresso in funzione della Memory Function M(2)(Q, t)

che, essendo una funzione complessa, presenta una parte reale M0(Q, ω) e una parte

immaginaria M00(Q, ω), da cui M(2)(Q, ω) = M0(Q, ω) + iM00(Q, ω): S(Q, ω) = S(Q) π ωo2M0(Q, ω) 2− ω o2(Q) − ωM0(Q, ω))2+ (ωM00(Q, ω))2 (2.32) dove ω2

o = M(1)(Q, 0), riconducibile al momento secondo in frequenza del fattore di

struttura dinamico S(Q, ω).

Dal momento che lo stato vetroso può essere raggiunto a partire da una fase liquida, diminuendo gradualmente la temperatura del sistema e attraversando lo stato di liquido sottoraffreddato (si veda la figura 1.1), risulta naturale la possibilità di estendere il formalismo della Memory Function anche al caso vetroso. Il decadi-mento esponenziale costituisce un esempio di forma funzionale semplice, in grado di contenere sia il limite di risposta viscosa per t >> τ che quello di risposta elastica per t << τ:

M(2)(Q, t) = ∆2(Q)e

−t

τ (Q) (2.33)

Se si considerano delle variabili dinamiche lente, ovvero caratterizzate da una dipendenza temporale molto più lenta dei tempi tipici τ della dinamica microscopica del nostro sistema, si ha una perdita istantanea della memoria e si deduce che le forze random evolvono più rapidamente di quanto non faccia la variabile stessa; segue quindi che anche M(2)(t) ha un tempo di decadimento molto rapido, approssimabile

come istantaneo. L’equazione di Langevin generalizzata assume la forma: ¨

(17)

2.3 L’equazione di Langevin nel caso dei vetri 13 -50 0 50 0 1000 2000 3000 4000 S ( Q , ) Frequency [GHz*rad] Rilassamento strutturale Contributo Vibrazionale

Figura 2.2. A sinistra è mostrato il tipico andamento nel dominio del tempo di φ(Q, t),

ovvero della funzione di autocorrelazione della densità F(Q, t) normalizzata al fattore di struttura statico S(Q). A destra invece si osserva l’andamento della funzione di autocorrelazione della densità nel dominio della frequenza S(Q, ω), ottenuta in caso di BLS.

Si ottiene pertanto l’equazione di un oscillatore armonico smorzato; il comporta-mento del sistema in condizioni di perdita istantanea di memoria viene detto viscoso, o anelastico, e la forma funzionale della S(Q, ω) è un DHO (‘Damped Harmonic Oscillator’), introdotta empiricamente nel 1991 da Fak Dorner:

S(Q, ω) = I(ω) Γ(Q)ω

2(Q)

2(Q) − ω2)2+ Γ2(Q)ω (2.35)

dove Γ(Q) rappresenta la FWHM del picco inelastico. Si osservi che se ω >> Γ il DHO tende alla somma di due Lorentziane. Per tempi piccoli t << τ invece il sistema conserva completamente memoria del suo comportamento a tempi precedenti, ovvero la Memory Function è una costante indipendente da t. In questo caso l’equazione di Langevin generalizzata può essere scritta come:

¨

F(Q, t) + ω2o(Q) + ∆2(Q)



F(Q, t) = ∆2(Q)F (Q, 0) (2.36) Si tratta dell’equazione di un oscillatore armonico, per il quale F(Q,t) perde il termine di smorzamento e il sistema non riesce più a riarrangiarsi in presenza di una perturbazione esterna e si presenta ad essa come congelato. E’ quindi assente ogni forma di fenomeno dissipativo e si parla di regime elastico [14].

Per le considerazioni fatte finora, è possibile scegliere una forma funzionale per la Memory Function ancora più semplice del decadimento esponenziale:

M(2)(Q, t) = Γ(Q)δ(t) + A (2.37)

in cui Γ, coefficiente di attenuazione del suono, può essere definito, in analogia con il formalismo finora scelto, come segue: Γ(Q) = ∆2(Q)τ. Questa scelta per M(2)(Q, t)

(18)

tiene conto della rapida decorrelazione vibrazionale, dovuta al disordine microscopico (termine Γ(Q)δ(t)) e della correlazione residua dovuta all’esistenza di posizioni di equilibrio praticamente bloccate (termine A). L’equazione di Langevin generalizzata assume quindi la forma:

¨

F(Q, t) + [ω2o(Q) + A]F (Q, t) + Γ ˙F (Q, t) = AF (Q, 0) (2.38)

La scelta di questa Memory Function permette di soddisfare l’equazione di Langevin generalizzata 2.38, nel caso di una F(Q,t), analoga a quella mostrata in figura 2.2. Si possono infatti osservare che per tempi dell’ordine di 1−103 ps sono visibili gli effetti

dei contributi vibrazionali, che generano un andamento descritto da un funzione del tipo:

F(Q, t) = e−πΓ tsin(2πωt) (2.39)

osservabile negli esperimenti di spettroscopia nel dominio del tempo, come la Broad-band Picosecond Acoustics (si rimanda al paragrafo 3.2). A istanti di tempo successivi (t > 100 s) e a temperature al di sotto di Tg, si possono inoltre apprezzare i prodotti

dei processi di rilassamento strutturale di tipo α. Nel dominio delle frequenze, questo implica la presenza di due contributi: i picchi anelastici, corrispondenti ai termini vibrazionali, e il picco elastico, derivante dal rilassamento strutturale.

(19)

15

Capitolo 3

La tecnica sperimentale e

l’apparato sperimentale

3.1

Lo scattering della luce

Quando la luce incide su un mezzo, gli atomi di una regione limitata rispetto al volume (∼ λ3), definito dalla lunghezza d’onda della radiazione incidente risentono

del medesimo campo elettrico. Il campo scatterato totale sarà quindi dato dalla sovrapposizione dei campi prodotti da ogni regione. Se le proprietà ottiche sono le medesime, possiamo supporre che i contributi siano uguali a meno di un fattore di fase; pertanto per ogni regione esiste un contributo uguale e opposto, che dà origine ad una cancellazione del campo scatterato.

Lo scattering della luce è pertanto il risultato delle fluttuazioni locali della costante dielettrica del mezzo. Per tale motivo risulta ragionevole rappresentare il tensore dielettrico del mezzo da un punto di vista locale, in termini delle fluttuazioni δ(r, t) che determinano il processo diffusivo:

(r, t) = oI+ δ(r, t) (3.1)

Nel caso dello scattering Brillouin si associa la variazione del tensore costante elettrica alle fluttuazioni di densità adiabatiche, ovvero ad onde acustiche [15].

Consideriamo quindi le equazioni di Maxwell in assenza di sorgenti del campo e sia E(r, t) il campo elettrico incidente su un materiale scatteratore [16]:

E(r, t) = ˆnEoei(k·r+ωt) (3.2)

Possiamo quindi ricavare l’equazione:

[∇2+ k2]D = −∇ × (∇ × P) (3.3)

dove k2= ω2/c2. Il campo D può essere scritto come la somma del campo incidente e

del campo scatterato D = Di+Ds; il termine Diè soluzione dell’equazione omogenea,

mentre Ds si ottiene a partire dal vettore di Hertz Π, tale che Ds= ∇ × ∇ × Π,

pertanto soddisfa l’equazione [∇2+ k2]Π = −P.

Il campo elettrico scatterato Es può quindi essere espresso nella forma:

Es(r, t) = 1 0 Ds(r, t) = 1 0 ∇ × ∇ × Z V d3r00e ik|r−r00| |r − r00|P(r 00 , t) (3.4)

(20)

Figura 3.1. Cinematica del processo di diffusione.

Supponendo che il bersaglio e la regione di integrazione di r00 sia molto più piccola

di r e sfruttando il fatto che P(r, t) = δ(r, t) · E(r, t), avremo che:

Es(r, t) = − k2 0 eikr r Z V d3r00e−ik0·r00(ˆk0× ˆk0× δ(r00, t) · Ei(r00, t) (3.5)

Introduciamo quindi il vettore scambiato q = k−k0; tenendo quindi in considerazione

la definizione di campo incidente 3.2 e quella di tensore di fluttuazione della costante dielettrica nello spazio di Fourier δ(q, t), l’equazione può essere scritta come segue:

Es(r, t) = −E0 k2 0 e−i(kr+ωt) r (ˆk 0× ˆ k0× δ(q, t) · ˆn (3.6) Osservando quindi la figura 3.1 potremo scrivere:

|q|= 4πn

λ sin(θ/2) (3.7)

E’ quindi necessario considerare la componente del campo Es nella direzione

del-l’analizzatore ˆn0; si sfruttino allora le proprietà del prodotto misto ottenendo

quindi:

[ˆn0·(ˆk0× ˆ

k(δ(q, t) · ˆn)) = −ˆn0(δ(q, t) · ˆn) = δif

L’equazione 3.6 può essere scritta nella forma:

Es(r, t) = −E0

k2 0

e−i(kr+ωt)

r δif(q, t) (3.8)

Definiamo quindi la sezione d’urto differenziale di diffusione come il rapporto fra il numero di particelle rivelate nell’unità di tempo nell’angolo solido ∆Ω e il flusso jo

delle particelle incidenti, diviso per ∆Ω: ∂σ Ω = j(ˆr0)R2 jo = k 4|δ if(q, t)|2 = k4 N X i=1 N X j=1 (ˆn0· α i· ˆn)(ˆn0· αj· ˆn)e−iq·Rieiq·Rj (3.9)

Dal momento che il tensore di polarizzabilità può essere scritto come un valore medio, sommato a delle deviazioni scorrelate rispetto alle posizioni degli N atomi, possiamo definire la sezione d’urto differenziale coerente come segue:

∂σ Ω  coer = N|k2(ˆn0· α · ˆ n)|2S(Q, ω) (3.10)

(21)

3.2 L’apparato strumentale 17

Figura 3.2. Schema di un doppio monocromatore con geometria Fastie-Ebert.

Questa equazione, in cui è stata impiegata la relazione tra il tensore costante dielettrica e il tensore di polarizzabilità data da δ(r, t) =PN

i=1αiδ(r − R), mostra

il legame tra la sezione d’urto e il fattore di struttura S(Q, ω), che risulta essere quindi la quantità sperimentalmente accessibile. Infatti si ha che l’intensità del campo scatterato nella posizione R del detector è pari a:

Is= |Es|2 = E2 o 2 o k4 R2|δif(q, t)| 2 = Eo2 2 o N R2|k 2(ˆn0· α · ˆ n)|2S(Q, ω) (3.11)

3.2

L’apparato strumentale

Le misure di Scattering Brillouin sono state realizzate in collaborazione con il Dr. Simone De Panfilis dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT). In figura 3.3 è riportato schematicamente l’assetto del banco ottico. La sorgente di luce è un laser ad Argon, operante mediante l’utlizzo di un ethalon in singolo modo a una lunghezza d’onda di 514.5 nm, con larghezza di riga trascurabile rispetto alla risoluzione dello spettrometro. Le lenti di focalizzazione e di raccolta (L) sono disposte in modo che i vettori d’onda incidente e rifratto formino un angolo di 90o.

Lo spettrometro utilizzato è il SOPRA DMDP 2000 [17]: si tratta di un doppio monocromatore, che opera in configurazione Fastie-Ebert (figura 3.2).

La possibilità di utilizzare due monocromatori in trasmissione permette di impie-gare il dispositivo al massimo della risoluzione. L’accoppiamento dei reticoli avviene mediante dei prismi tagliati a 45o; si può inoltre portare il primo monocromatore in

trasmissione sul secondo, ruotando con un accoppiamento esterno le due fenditure. Un primo allineamento viene condotto acquisendo una riga di larghezza minore della risoluzione, caratteristica di qualche sostanza nota, fino a massimizzare i conteggi e minimizzare la larghezza.

Per mantenere i due reticoli in trasmissione, durante le misure viene più volte compiuta un’operazione di tracking, consistente nel muovere un reticolo rispetto all’altro, per mezzo di un motore esterno, che produce lo spostamento di un carrello su una vite senza fine. Tale movimento viene quindi trasmesso ai reticoli mediante due sbarre INVAR lunghe 1.35 m, in questo modo viene eliminato l’offset angolare tra i due.

Ciascun monocromatore all’interno del SOPRA DMDP 2000 è formato da due fenditure rettangoli in ingresso e in uscita (F) di dimensioni regolabili, da uno specchio sferico (S) di focale 2 m e da un reticolo in riflessione Bausch e Lomb di dimensioni

(22)

Figura 3.3. Schema descrittivo della geometria dell’esperimento BLS sul banco ottico.

220×100 nm2con 316 righe/mm e angolo di blazed di 63o210, corrispondente in figura

3.2 all’angolo formato dalla normale al reticolo (R) e dalla normale allo specchio (S). L’equazione del reticolo di trasmissione per la lunghezza d’onda, relativa all’m-esimo ordine, è quindi:

λ= d m(sin α

m

λ + sin βλm) (3.12)

Di seguito sono riassunte le principali caratteristiche del SOPRA DMDP 2000: • Risoluzione e finesse: il potere risolutivo è di circa 7.5 × 105, con free spectral

range F SR= 2000 cm−1 e valore massimo della finesse di 7 × 104.

• Contrasto: il contrasto è il rapporto tra l’intensità al massimo in trasmissione e metà del free spectral range e risulta essere analogo a quello di un Fabry-Perot in triplo passo (∼ 1012).

Il campione di Indometacina è stato collocato all’interno di una cuvette, in cui è stato fatto il vuoto per evitarne l’ossidazione e limitarne la caratteristica igroscopicità, ovvero la tendenza ad assorbire acqua a temperatura ambiente. L’Indometacina, caratterizzata da Tg = 315 K e Tm= 438 K, è contraddistinta allo stato cristallino da

una bassa solubilità in acqua ed inoltre è un materiale fragile con elevato coefficiente di fragilità cinetica m.

La cuvette è stata inserita all’interno di una cella cilindrica, sulla quale sono collocate delle fenditure, che permettono alla radiazione di incidere sul campione e analizzarne il fascio diffratto. La cella è riscaldata da una resistenza; la presenza di una termocoppia ne misura la temperatura.

Tra le operazioni preliminari alle misure, accanto alla messa in trasmissione dei reticoli, bisogna considerare l’allineamento in altezza tra il sistema di lenti e la cella, nonchè l’inserimento di un sistema di filtri mobili (F), che possano essere utilizzati qualora il monocromatore si trovasse in trasmissione sul segnale elastico. In questa regione infatti si fanno molto intense le riflessioni spurie derivanti dalle diverse superfici ottiche (stray light); esse potrebbero infatti saturare, ed eventualmente danneggiare, il fototubo.

Il fascio laser viene quindi fatto incidere sul campione; dal momento che l’Indo-metacina ha una forte tendenza ad assorbire radiazione nella regione di lunghezze

(23)

3.3 Tecniche Spettroscopiche “Time domain”: Broadband Picosecond Acustics

(BPA) 19

d’onda del laser, sono state condotte delle prove, facendo prima incidere la radia-zione al centro della cuvette e poi lateralmente, in modo da ridurne il cammino ottico all’interno del campione e pertanto l’assorbimento. Analizzando i conteggi e valutando un giusto compromesso tra diffuso, stray light e potere assorbente, si è optato per la seconda configurazione.

La presenza del diaframma (D), tra il campione e la lente, permette di regolare l’incertezza sulla dispersione angolare del vettore d’onda kf, definendo la porzione

di campione osservata dallo spettromentro. Il polarizzatore (P) e il rotatore di immagine (RP), costituito essenzialmente da una coppia di prismi, consentono di selezionare la componente di polarizzazione longitudinale; infine la lente (F) ne proietta l’immagine sulla fenditura del SOPRA.

3.3

Tecniche Spettroscopiche “Time domain”:

Broad-band Picosecond Acustics (BPA)

Figura 3.4. Schema descrittivo della tecnica BPA.

La tecnica interferometrica della BPA [18] [19] è un metodo per studiare l’at-tenuazione e la velocità di fononi acustici longitudinali in materiali trasparenti nel range ultrasonico (frequenze maggiori di 1 GHz). A differenza del BLS, la BPA è una tecnica nel dominio del tempo, basata sulla produzione di una coppia di impulsi pump-probe, emessi con un ritardo temporale controllato e capaci di sondare cambiamenti nelle proprietà fisiche del campione, su scale temporali molto brevi, in questo caso dell’ordine del femtosecondo (10−15s).

Nel caso dell’esperimento condotto nel Laboratorio ‘Femtoscopy’ del Dipartimento di Fisica dell’Università La Sapienza, l’impulso di probe induce un cambiamento nella riflettività ottica normalizzata:

∆R

R =

Rpump−on− Rpump−of f

Rpump−of f (3.13)

Sul campione è depositato un sottile film di materiale trasduttore metallico (Ni) di spessore d e viene poi collocato su un substrato di materiale dielettrico trasparente (Si(001)) (figura 3.4).

L’impulso di pump λpump = 800 nm, la cui durata, di circa 80 fs, contribuisce

alla risoluzione temporale dell’esperimento, è assorbito dagli elettroni del rivesti-mento metallico. La luce di pump produce uno stress termico isotropico dato da −3 βB∆Θ(r), dove B è la compressibilità, β il cofficiente di espansione termica,

(24)

mentre ∆Θ(r) è la differenza di temperatura a distanza r dal centro del fascio di pump, che si assume avere un profilo di tipo gaussiano.

L’elevata diffusività termica degli elettroni permette all’energia di distribuirsi uniformemente sullo strato. L’espansione termica istantanea nel trasduttore produce quindi degli impulsi sulla superficie di separazione con il materiale amorfo. Questo corrisponde a un pacchetto d’onde acustiche longitudinali, con spettro a frequenze minori di 500 GHz a seconda dello spessore d. Il pacchetto d’onda si propaga in direzione progressiva e regressiva, venendo riflesso avanti e indietro dallo strato metallico.

Quando le onde acustiche raggiungono la superficie di separazione con il substrato, esse vengono parzialmente trasmesse e riflesse con indice di riflessione, che risulta essere una funzione dell’ impedenza acustica Z dei due mezzi.

Per studiare la propagazione e l’attenuazione del suono, dopo un certo intervallo di tempo t viene inviato un impulso di probe che, dopo essere stato riflesso secondo lo stesso meccanismo del BLS, viene analizzato secondo un metodo interferometrico [20].

L’impulso di probe scatterato dal pacchetto d’onde acustiche (kf − ki = q)

interferisce con la porzione del fascio di probe riflesso dal trasduttore metallico e dall’interfaccia campione-metallo: l’interferenza risulterà essere costruttiva o distruttiva, in base alla differenza di cammino csoundt. Questo determina delle

oscillazioni della riflettività in funzione del tempo, con un periodo, funzione di csound,

pari all’inverso della frequenza dei fononi acustici; il rate, con cui vengono attenuate le oscillazioni, permette invece di determinare il coefficiente di attenuazione del suono Γ. ω = 4πnvscosθ λprobe =⇒ T = ν = λprobe 2ncosθ (3.14)

3.3.1 Confronto tra BLS e BPA

Nel Laboratorio ‘Femtoscopy’ del Dipartimento di Fisica dell’Università La Sapienza, sono stati condotti degli esperimenti di BPA su film sottili di IMC vetrosa a T=263 K, ottenuta mediante post-annealing di un campione ottenuto per deposizione di vapore (chemical vapour deposition). Come affermato nel precedente paragrafo, la BPA è una tecnica interferometrica nel dominio del tempo, mentre il BLS permette di ottenere lo spettro del campione nel dominio della frequenza. Pertanto se si analizza la traccia della BPA, facendone la DFT (Discrete Fourier Transform), ci aspettiamo di osservare uno spettro del tutto analogo a quello esaminato nel BLS, ad eccezione della mancanza della componente di rilassamento strutturale, che come mostrato in figura 2.2, è presente ad istanti di tempo molto più lunghi rispetto al range temporale osservato con la BPA, compreso tra 0 e 700 ps.

Per poter confrontare i due esperimenti è necessario considerare il medesimo impulso q scambiato. Per tale ragione si deve valutare la geometria dell’esperimento di BLS: il grafico 3.1 mostra che il vettore q scambiato in funzione dell’angolo θ è dato dalla seguente espressione:

q= 4πnsen(θ/2)

(25)

3.3 Tecniche Spettroscopiche “Time domain”: Broadband Picosecond Acustics (BPA) 21 450 500 550 600 650 700 750 800 850 0.000 0.005 0.010 0.015 0.020 0.025 0.030 0.035 0.040 0.045 q [ n m -1 * r a d ] [nm] qBLS qBPA BLS q BLS

Figura 3.5. Andamento del vettore q scambiato in funzione della lunghezza d’onda λ, sia

nel caso di BLS che di BPA.

dove θ = 90o e k

i = 2πnλo indica il vettore d’onda incidente, che dipende dalla

lunghezza d’onda del laser λo= 514.5 nm e dall’indice di rifrazione dell’IMC.

L’indice di rifrazione disperde con la lunghezza d’onda λ; misure basate sulla elipsometriamostrano che la relazione di dispersione è data da n = n0+n1/(λ/1000)2,

dove n0 = 1.57968 e n1= 0.02155, mentre λ è espressa in nm. Allora in questo caso

si ha che il modulo del vettore scambiato è q ≈ 0.0287 nm−1.

Nel caso della BPA, l’assetto sperimentale è tale da non poter trascurare gli effetti legati alla rifrazione nel passaggio tra aria e vetro del substrato, descritti dalla legge di Snell; pertanto avremo che:

q =

p

n2− sen2(θ)

λ (3.16)

dove in questo caso θ = 39o. Mentre con il BLS la lunghezza d’onda λ è unica, con

la BPA si usa un continuo nella regione 370-360 nm; pertanto per poter determinare la corretta λBP A, si è ritenuto opportuno graficare l’andamento del q scambiato

relativo ai due esperimenti in funzione di λ, come mostrato in figura 3.5. In questo modo si è ricavato λBP A650 nm.

(26)

Capitolo 4

Risultati Sperimentali

4.1

Gli spettri BLS

In figura 3.3 è mostrato l’assetto del banco ottico durante le misure di BLS, già descritto nel paragrafo 3.1. Il segnale in uscita viene inviato ad un computer che, per mezzo di una interfaccia, permette di memorizzare i conteggi, controllare la posizione dei reticoli del SOPRA, registrare e plottare i dati di intensità. Successivamente i dati vengono trattati con un opportuno software, che consente di convertire i passi del motore in frequenza. Per ciascuna temperatura sono stati compiuti dieci campionamenti; in questo modo, attraverso un programma che permette di elaborare lo spettro mediano tra i dieci raccolti, è possibile trattare la presenza di eventuali perturbazioni esterne, come eventuali turbolenze nel campione.

Lo spettro misurato è quindi dato dalla convoluzione dello spettro del campione e della risoluzione del monocromatore:

Imis(Q, ω) =

Z +∞

−∞

I(Q, x)R(Q, x − ω) dx + Ibackground (4.1)

Quindi lo spettro I(ω) si ottiene dalla deconvoluzione dello spettro misurato e della risoluzione. Pertanto è stato necessario determinare la funzione R(ω). A questo scopo è stato misurato lo spettro di una sostanza, il quarzo, per il quale è noto che abbia una riga elastica, associabile ad una δ di Dirac; la larghezza del picco elastico potrà quindi essere identificata con la risoluzione del monocromatore. Facendo un fit gaussiano della risoluzione si ottiene FWHM ≈ 1.57 GHz, che costituisce un limite inferiore per le larghezze spettrali osservabili in queste condizioni sperimentali.

Gli spettri BLS così ottenuti sono stati fittati con una funzione, data dalla somma di una funzione di Lorentz, descrivente l’andamento del picco elastico, e del DHO, che invece permette di fittare i picchi Brillouin, analogamente a quanto predetto dall’idrodinamica semplice e dal formalismo della Memory Function, trattato nel capitolo 2. I(Q, ω) = Iel(Q, ω) + Iinel(Q, ω) = 1 π A(Q)g(Q) ω2+ g2(Q)+ I(Q) Γ(Q)ω2(Q) 2(Q) − ω2)2+ Γ2(Q)ω2 (4.2) dove Γ(Q) rappresenta la FWHM del DHO.

(27)

4.2 Analisi dello spettro ottenuto dalla BPA 23

Essendo il DHO una forma funzionale classica è necessario introdurre la correzione quantistica, in modo da tener conto del bilancio dettagliato, che si manifesta in una asimmetria nelle intensità dei picchi anelastici Stokes e Antistokes:

S(Q, −ω) = e−~ω/kBTS(Q, ω) (4.3)

Una possibilità per tenere conto di tale effetto è moltiplicare il modello dato dall’equa-zione 4.2 per il fattore

kBT(n(ω) + 1) dove n(ω) è il fattore di Bose alla temperatura

T:

n(ω) = e

−~ω/kBT

1 − e−~ω/kBT

Questa scelta è associabile alla relazione che intercorre tra il fattore di struttura dinamico quantistico Sq(Q, ω) e Kq(Q, ω), ovvero della funzione canonica di

rilassa-mento, introdotta da Kubo e Tomita nel 1964. E’ stato mostrato [21] che, nel limite in cui gli altri effetti quantistici sono trascurabili, è possibile identificare Kq(Q, ω)

con Scl(Q, ω), ovvero:

Sq(Q, ω) = 1 − eβ~ω−β~ωKq(Q, ω) ≈ 1 − eβ~ω−β~ωScl(Q, ω)

Gli spettri BLS in figura 4.2 sono stati analizzati nel modo fin qui descritto ad eccezione dello spettro a temperatura minore, T = 298 K; in questo caso si è infatti in condizioni fortemente limitate rispetto alla risoluzione, che domina la larghezza del picco elastico. Per tale ragione, nel fit si è deciso di sostituire la lorentziana con una delta di Dirac δ(ω).

In figura 4.3 sono stati riportati gli andamenti dei residui degli spettri in funzione della frequenza, calcolati come R = Yf it(Q,ω)−Y (Q,ω)

Y (Q,ω) . Sono stati considerati soltanto i

punti all’interno dell’intervallo di affidabilità −1.5 ≤ R ≤ 1.5, sebbene vi siano punti al di fuori di esso. Questo può essere associato in parte alle condizioni di lavoro del monocromatore, per il quale si è optato di operare con fenditure chiuse fino al limite di diffrazione di circa 20 µm, ottenendo una diminuzione della risoluzione. Un ulteriore effetto potrebbe essere associato ad un non perfetto allineamento in trasmissione dei reticoli del SOPRA.

Inoltre negli spettri si può osservare la presenza di punti, che si discostano molto dall’andamento globale dei dati; essi potrebbero essere associati all’esistenza di diffusione elastica da parte di impurità o bolle convettive.

4.2

Analisi dello spettro ottenuto dalla BPA

Il pannello in alto della figura 4.1 mostra le oscillazioni della riflettività ottica differenziale in funzione del tempo di un campione di IMC a T = 263 K. L’andamento può essere fittato con una funzione costituita dal prodotto di una funzione seno dampata, per una funzione rettangolo, che tiene conto del dominio temporale delle misure:

f(t) = e−πΓt[A sin(2πcsoundtζ+ φ)]θ(tmax− t) (4.4)

dove ζ =r1 − Γ2

c2

sound indica la correzione rispetto al caso privo di damping. Nei

primi 80 ps, oltre alle oscillazioni dell’amorfo, sono presenti oscillazioni di periodo diverso, riconducibili al trasduttore metallico.

(28)

-100 -50 0 50 100 0.00E+000 5.00E-010 1.00E-009 1.50E-009 2.00E-009 2.50E-009 3.00E-009 3.50E-009 4.00E-009 Indomethacin Fit I n t e n s i t y [ a r b . u n i t s ]

BPA: Frequency Domain

0 100 200 300 400 500 600 700

-0.0004 -0.0002 0.0000 0.0002

0.0004 BPA: Time Domain

Indomethacin [GHz*rad] R / R t [ps]

Figura 4.1. Nel pannello in alto è mostrato l’andamento della riflettività ottica normalizzata

in funzione del tempo, in un esperimento di BPA su un campione di IMC a T=263 K e λBP A650 nm. Alla traccia originale, mediata su diversi campionamenti, è stato sottratto il contributo termico, derivante dalla dinamica lenta del vetro. In basso è mostrato lo spettro ottenuto, facendo la trasformata di Fourier dei dati misurati. Si può osservare la presenza dei picchi Brillouin.

E’ quindi possibile ottenere il valore di vsounde Γ direttamente dalla traccia nel

dominio del tempo (pannello in alto della fig. 4.1), facendo un fit che tenga conto dell’andamento previsto dall’espressione 4.4, oppure considerarne lo spettro ottenuto dalla trasformata di Fourier rispetto al tempo (pannello in basso della fig. 4.1).

Qualora tmax fosse sufficientemente grande, la trasformata di Fourier della

equazione 4.4 si ridurrebbe ad un DHO, avente FWHM = Γ e massimo centra-to in ω0 = q csound. In realtà, compiendo la FFT, si osserva che nello spettro

così ottenuto non si può trascurare l’allargamento, derivante dalla θ(tmax − t).

Questo effetto diventa tanto più rilevante quanto meno il segnale è dampato ri-spetto alla sua lunghezza. Possiamo quindi scrivere l’equazione 4.4 nella forma f(t) = e−πΓtA sin(2πω

0t) θ(tmax− t). La trasformata di Fourier della precedente

espressione è data da: T[f(t)] =

Z

R

e−iωte−πΓtA sin(ω0t) θ(tmax− t) dt (4.5)

Dal momento che la trasformata di Fourier del prodotto è pari alla convoluzione delle trasformate, i due termini vengono calcolati separatamente; la trasfomata del seno dampato è: F(ω) = Z ∞ 0 e−iωte−πΓtA sin(2πω0t)dt = 2πω0 −ω2+ i 2πΓω + (2πω 0)2+ (πΓ)2 (4.6)

Il Power Spectrum della funzione precedente, definito comeR 2|F (ω)|2

, è il DHO. La trasformata di Fourier della funzione rettangolo è la sinc, la cui forma funzionale

(29)

4.3 La velocità del suono e il coefficiente di attenuazione del suono 25 è data da: sinc(x) = sin(πx) πx = 1 Z π −πe −iωt dt (4.7)

Dal momento che il range temporale della traccia della BPA è compreso tra 0 e tmax, la presenza di un dominio di integrazione asimmetrico introduce dei termini

correttivi, di cui la sinc(x) è la parte reale: G(ω) = 1 Z tmax 0 e−iωtdt= 1 

π tmaxsinc(ω tmax/π) + i

cos(ω tmax) − 1

ω



(4.8) Il Power Spectrum dell’equazione 4.5 coincide con il DHO soltanto nel limite in cui gli effetti della sinc(x) siano trascurabili, ovvero per tmax→ ∞.

L’analisi della traccia della trasformata di Fourier, svolta tenendo conto dell’al-largamento derivante dagli effetti del range temporale limitato, ha condotto alla seguente stima di Γ e cs, riportate in viola nei grafici 4.4a e 4.4b:

Γ = (0.30 ± 0.01) GHz (4.9)

cs = (2505 ± 2) m/s (4.10)

Questi valori possono essere confrontati con le stime, derivanti dal fit della traccia nel tempo:

Γ = (0.35 ± 0.09) GHz (4.11)

cs = (2483 ± 8) m/s (4.12)

Per quanto i valori di cs differiscano maggiormente, le stime ottenute mediante i due

diversi metodi di analisi risultano essere complessivamente compatibili.

4.3

La velocità del suono e il coefficiente di

attenuazio-ne del suono

I modi acustici nel regime BLS mostrano una dispersione lineare, pertanto la velocità del suono coincide con la velocità di gruppo ed è definita dal rapporto della posizione del massimo ω del DHO e del momento scambiato q:

csound=

ω

q (4.13)

Il coefficiente di attenuazione del suono Γ coincide con la FWHM del DHO.

Nei grafici 4.4a e 4.4b sono stati riportati in nero i dati ricavati dagli spettri BLS, mentre in viola è presente il punto ottenuto dalla Pico-Acustica. Queste misure possono essere confrontate con quelle presentate nell’articolo di Kearns et al. [22] (in rosso nei grafici); sono relative ad un esperimento BLS, condotto su un campione

di IMC, sfruttando l’elevata risoluzione di un interferometro di Fabry-Perot. Nell’andamento di csound(grafico 4.4a) si può osservare un caratteristico kink, in

corrispondenza dell’intorno della temperatura di transizione vetrosa Tg, in analogia

con quanto studiato in altri glass-formers, come il glicerolo e l’OTP [23].

Confrontando la velocità del suono a T = 298 K con i dati in rosso relativi all’articolo Kearns et al. [22], il valore misurato risulta essere minore rispetto a quelli

(30)

-100 -50 0 50 100 0.0 6.5 13.0 19.5 26.00.0 6.6 13.2 19.8 26.40.0 4.4 8.8 13.2 0.0 5.8 11.6 17.4 0.0 6.6 13.2 19.8 26.40.0 1.3 2.6 3.9 0.0 3.5 7.0 10.5 14.0 -100 -50 0 50 100 0.00E+000 1.10E-009 2.20E-009 3.30E-009 4.40E-009 Indometachin Fit DHO

Fit Elastic Peak FT - BPA: Frequency Domain

BLS: Frequency Domain I n t e n s i t y ( a r b . u n i t s ) [GHz*rad] 388K 408K 428K 263K 438K 298K 348K 368K

Figura 4.2. Spettri BLS dell’Indometacina a diverse temperature. Oltre ai dati, è mostrato

il fit (in rosso), dato dal DHO (in verde) e dal fit del picco elastico (in blu). Nel pannello in alto è riportato lo spettro, derivante dalla trasformata di Fourier della traccia temporale della BPA, con relativo fit.

(31)

4.3 La velocità del suono e il coefficiente di attenuazione del suono 27 -100 -50 0 50 100 -1.50 -0.75 0.00 0.75 1.50 -1.50 -0.75 0.00 0.75 1.50 -1.50 -0.75 0.00 0.75 1.50 -1.50 -0.75 0.00 0.75 1.50 -1.50 -0.75 0.00 0.75 1.50 -1.50 -0.75 0.00 0.75 1.50 -1.50 -0.75 0.00 0.75 1.50 -100 -50 0 50 100 -1.50 -0.75 0.00 0.75 1.50 BPA BLS R e s i d u a l Frequency [GHz*rad] 388K 408K 428K Residuo 263K 438K 298K 348K 368K

Figura 4.3. Andamento dei residui relativi agli spettri BLS, mostrati in figura 4.2. Nel

Figura

Figura 1.1. Andamento in temperatura del volume. La transizione cristallina è caratterizza-
Figura 1.2. Diagramma di Angell relativo alla viscosità in funzione di T g /T . Nell’inserto è mostrato il salto di C p alla temperatura T g , nel caso di liquidi forti o fragili [5].
Figura 2.1. Fattore di struttura dinamico S(Q, ω) nel limite idrodinamico.
Figura 2.2. A sinistra è mostrato il tipico andamento nel dominio del tempo di φ(Q, t),
+7

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