Riassunto
L’obesità è un fattore di rischio noto per lo Scompenso Cardiaco
(SC). Le emergenti evidenze sperimentali indicano che
l’insulino-resistenza possa essere il mediatore fra l’obesità e lo SC, ma i
meccanismi patogenetici che portano alle alterazioni miocardiche
rimangono ancora da chiarire. Lo scopo di questo studio è stato
valutare, mediante caratterizzazione tissutale ultrasonica ottenuta
con la tecnica del Backscatter Integrato (IBS), le alterazioni
subcliniche della struttura e funzione del ventricolo sinistro nei
soggetti obesi di grado severo e valutarne la correlazione con i
valori di insulino-resistenza. A tal fine sono stati reclutati sessanta
soggetti obesi di grado severo (gruppo O) di cui quindici maschi e
quarantacinque femmine, con età media 31,8±7 anni. Come gruppo
controllo (gruppo C) sono stati reclutati quarantotto soggetti sani non
obesi confrontabili per età e per sesso. Tutti i soggetti sono stati
sottoposti a: esame ecocardiografico convenzionale 2D-Color
Doppler, Doppler Tissutale ad Onda Pulsata (Pulsed Wave Tissue
Doppler Imaging PW-TDI) a livello del anulus mitralico e all’IBS.
Per valutare lo stato di insulino resistenza è stato utilizzato
l’HOMA-IR (Homeostasis Model Assessment Insulin Resistance Index). I
(4.9±1.4) rispetto al gruppo C (0.92±0.5) (p<0.0001). O ha
evidenziato una massa del ventricolo sinistro indicizzata per
l’altezza (LVMh) maggiore (58.5±14g/m²) rispetto a C (37±8 g/m²)
(p<0.0001) a causa della risposta compensatoria al sovraccarico di
volume derivato da una maggiore portata cardiaca (p<0.02). Da un
punto di vista emodinamico il precarico è aumentato in O e questo è
dimostrato da un significativo aumento delle dimensioni del
ventricolo sinistro (p<0.0001). Questo aumento volumetrico attiva il
meccanismo di Frank-Starling e determina un incremento della
frazione di eiezione del ventricolo sinistro, che risulta pertanto
essere significativamente maggiore in O rispetto a C (p<0.03). E’
stata evidenziata in O una modesta riduzione della funzione
diastolica del ventricolo sinistro, campionata mediante Doppler del
flusso transmitralico (rapporto E/A: gruppo O 1.1±0.7 vs C 1.5±0.5,
p<0.02). Il PW-TDI ha evidenziato inoltre una alterazione della
funzione diastolica longitudinale del ventricolo sinistro e ha
permesso di stimare l’aumento della pressione di riempimento
diastolico del ventricolo sinistro che si realizza in O. I valori IBS a
livello del setto, indicizzati per il pericardio, sono risultati
significativamente maggiori in O (57.8±8 % vs 42.3±9 %; p<0.0001).
significativamente inferiore sia a livello del setto (p<0.0001) che a
livello della parete posteriore (p<0.001) in O rispetto a C.
E’ stata evidenziata una significativa associazione fra l’HOMA-IR e
l’indice IBS di reflettività miocardica a livello del setto (espressione
di elevato contenuto di collagene) e la massa ventricolare sinistra.
In conclusione questo studio ha dimostrato che i pazienti obesi
mostrano alterazioni sia strutturali che funzionali del miocardio,
correlate all’insulino resistenza ed al sovraccarico di volume del
ventricolo sinistro, che possono essere considerate lo stadio inziale
INTRODUZIONE
Epidemiologia dell’obesità
L’obesità è un problema di ordine medico e sociologico in continuo
aumento a livello mondiale, con dimensioni che assumono le
proporzioni di una epidemia (1,2). Gli obesi severi (Body Mass
Index, BMI, > 40 kg/m²) sono stimati in 5-10 milioni nei soli USA. Per
questi soggetti vi è un elevato rischio di co-morbidità ed elevata
mortalità cardio-vascolare. Difatti la mortalità totale in questi soggetti
è raddoppiata rispetto ai non obesi e il rischio di un evento
cardio-vascolare maggiore inclusa la morte è aumentato di 5 volte.
L’andamento del BMI di una popolazione varia significativamente
secondo il livello socio-economico e di industrializzazione del paese
di appartenenza; in particolare si nota che all’aumentare del livello
socio-economico diminuisce la popolazione con un BMI basso e
aumenta simmetricamente la quota con BMI maggiore (3). In questo
fenomeno si possono individuare due fasi: in un primo tempo
aumenta la massa corporea della fascia più ricca della società
successivamente si assiste all’ aumento della prevalenza di BMI
elevati tra i più poveri. Inoltre i cambiamenti della popolazione adulta
si rispecchiano in un sorprendente (quanto preoccupante) aumento
di sovrappeso/obesità nell’infanzia (anche in età prescolare) e nella
adolescenza (4,5). Tutto questo, oltre tutto, può avvenire in tempi
brevi come è stato registrato negli USA dal 1984 al 1990 (6).
Bisogna considerare che la distribuzione del BMI varia
considerevolmente all’interno di diversi gruppi razziali ed etnici e ciò
è ben evidente negli USA dove più del 30% della popolazione è
costituito da etnie differenti, ma anche in Europa dove la condizione
demografica è molto eterogenea. In Australia la prevalenza
dell’obesità è aumentata in modo particolare soprattutto negli ultimi
vent’anni, nello specifico nel 1980 la percentuale era del 8.8% per le
donne e del 9.3% per gli uomini, contro il 21.8% e 19.1%
rispettivamente nel 2000. In America Latina le condizioni
economiche variano tra paesi diversi e all’interno di alcuni di questi
ci sono differenze tra regioni. La condizione di sovrappeso/obesità
raggiunge livelli del 30-50% in Bolivia, Brasile, Nicaragua, Colombia,
Repubblica Dominicana, Guatemala, Honduras, Messico e Perù (in
alcuni casi si raggiungono valori sovrapponibili quelli dell’America
sono differenti (soprappeso per BMI tra 24.0 e 27.9 e obesità per
BMI >28), ma comunque sia negli anni novanta il soprappeso ha
superato valori del 22% e l’obesità del 3%. Poi dal 1992 si sono
cominciate a evidenziare differenze tra le popolazioni rurali e urbane
con un aumento del BMI in quest’ultima; questi valori ci indicano
come anche in un paese come la Cina che si caratterizza per la
magrezza della sua popolazione, si cominciano a vedere i risultati
dello stile di vita occidentale che sta emergendo. In Africa anche se
molte popolazioni stanno ancora combattendo contro povertà,
malnutrizione e infezioni, nelle regioni più sviluppate sta emergendo
questo fenomeno. I dati disponibili mostrano un tasso triplo nelle
donne anche se l’andamento tra i due sessi è grosso modo uguale
(in pratica l’obesità emerge prima nel sesso femminile).
Comunque i paesi dove il fenomeno è maggiormente dilagante
sono gli Stati Uniti, dove più del 20% della popolazione adulta è
obesa, e l’Europa dove i valori sono di poco inferiori. Per avere
un’idea basta sottolineare i dati di Inghilterra e Irlanda dove
rispettivamente il 14% e il 31% dei soggetti tra i 15 e i 24 anni sono
obesi, e quelli di Italia, Malta e Germania dove più del 30% dei
dati recentissimi indicano che i bambini italiani sono i più grassi
d’Europa (7).
Nella pratica clinica per parlare di obesità non si fa riferimento solo
al peso corporeo. Si usano criteri che fanno riferimento al peso
ideale, per es. considerando obesi i soggetti con un eccesso di peso
rispetto a quello ideale del 30% o ricorrendo all’uso di tavole
antropometriche che valutano il peso in funzione di età, sesso,
altezza e costituzione scheletrica. Siccome il peso non da una stima
della proporzione tra massa magra e grassa, si possono usare dei
metodi sia diretti che indiretti come la misurazione delle pliche
cutanee (bicipite, tricipite, zona sovrascapolare e sovrailiaca), la
bioimpedenza, la misurazione della massa grassa con l’acqua
triziata, la misurazione della densità corporea, la valutazione del
up-take dei gas liposolubili e altri ancora. Considerando però che nella
maggior parte dei casi l’aumento del peso a parità di altezza è
attribuibile alla massa grassa, il BMI può essere considerato un
buon parametro di riferimento, vista anche la sua semplicità di
calcolo: BMI= peso(kg)/altezza²(metri). Si parla di sovrappeso per
Eziopatogenesi dell’obesità
L’obesità è un disordine eterogeneo determinato dall’’interazione di
fattori genetici, ambientali e psicosociali.
Fattori genetici:
Eccetto le rare forme di obesità associate a sindromi genetiche,
sembra che il genotipo sia responsabile semplicemente di uno stato
di maggiore o minore suscettibilità a fattori non genetici (8). I geni
coinvolti sono molti e ancora non tutti noti e hanno vari effetti sulla
composizione corporea di grassi e loro distribuzione, sulla
assunzione di cibo e sulla spesa energetica. Negli studi sperimentali
sui topolini Ob/Ob è emerso il ruolo del gene che codifica per le
leptina, una proteina di 16kD sintetizzata prevalentemente dagli
adipociti, che è in grado di controllare l’assunzione di cibo e la spesa
carenza di leptina o una inattivazione del suo recettore si associano
a iperfagia e a obesità di grado severo e, la sua somministrazione
determina una riduzione del peso corporeo nei topi (11,12).
Nonostante questa scoperta nell’uomo sono rari i casi attribuibili a
un deficit di questo ormone, anzi la maggior parte dei soggetti obesi
hanno valori elevati di leptina (12), inoltre i livelli circolanti di leptina
non sempre correlano con il grasso corporeo, per es. diminuiscono
drasticamente durante la deprivazione acuta di cibo. A livello
centrale agiscono altri mediatori come il Neuropeptide Y (NPY) la
cui espressione genica è inibita dalla leptina e il knock-out genetico
di NPY riduce l’iperfagia nei topi Ob/Ob, questo a indicare che la
risposta a un deficit di leptina necessita del segnale mediato da NPY
(14). Sembra inoltre che questa molecola agisca in maniera simile
nel determinare la risposta iperfagica negli stati di carenza
insulinica. Sono necessari comunque ulteriori studi sul ruolo di
questa molecola dato che nei topi la sola mancanza di NPY non
altera la risposta alimentare. Responsabili invece di un bilancio
energetico negativo ci sono ormoni quali: melanocortina, α-MSH,
CRH, TRH, CART (cocaina and amphetamine-regulated transcript)
a IL-1β, la cui sintesi neuronale aumenta in risposta ai segnali che il
carenza del recettore MC4 per la melanocortina determina iperfagia
e obesità nei modelli animali e, queste scoperte sono state estese
all’uomo con mutazioni a carico di questo recettore (16). Seguendo
questa scoperta è stato poi individuato il peptide ARGP, agonista
dei recettori per la melanocortina MC3 e MC4, che come NPY,
POMC (precursore della melanocortina e del α-MSH) viene prodotto
a livello del nucleo arcuato in risposta al digiuno e al deficit di leptina
(17,18). In questi circuiti centrali entra in gioco anche il sistema delle
monoamine: la noradrenalina a livello ipotalamico si co-localizza con
NPY e, come questo il suo rilascio viene inibito dalla leptina,
facendo avanzare l’ipotesi che questa amina contribuisca alla
genesi della iperfagia indotta dalla carenza di leptina (19). Più
controverso sembra il ruolo della Dopamina che sembra avere
funzioni diverse in aree cerebrali diverse (per es. a livello
mesolimbico determina il senso di gratificazione dato dai cibi
palatabili mentre a livello ipotalamico sembra inibire l’assunzione di
cibo). Per quanto riguarda la Serotonina, il suo turn-over è
aumentato dalla leptina ma, i modelli di obesità associati sono
ancora modesti per avanzare alcun tipo di ipotesi.
Nella maggior parte dei casi l’obesità è il risultato di uno squilibrio tra
spesa energetica e assunzione di calorie (20). La spesa energetica
rappresenta la conversione di ossigeno e alimenti in anidride
carbonica, acqua, calore e lavoro. Quando l’organismo è a riposo (e
quindi non si ha produzione di lavoro) la spesa energetica può
essere misurata come la produzione di calore (calorimetria diretta) e
da qui il termine termogenesi, oppure come consumo di ossigeno
(calorimetria indiretta). La termogenesi è di due tipi: obbligatoria e
adattattiva (21). La prima è legata alle funzioni cellulari, fisiologiche,
digestive, di assorbimento, conversione e immagazzinamento
energetico, che sono l’espressione del metabolismo basale. La
seconda invece dipende dalla introduzione di alimenti, dall’esercizio
fisico e dalla temperatura dell’ambiente esterno. C’è una
correlazione diretta tra la quantità di alimenti introdotti e il livello di
termogenesi (variazioni sia in acuto che in cronico) ma c’è anche
una relazione in base alla qualità degli alimenti, per es. i cibi grassi
diminuiscono la produzione di calore (22). La spesa energetica è
sotto il controllo del sistema nervoso simpatico (SNS) e
dell’ipotalamo (nei topi una distruzione di quest’ultimo determina
aumento di peso anche se la dieta viene mantenuta costante) (23).
effettuati su roditori) e sui muscoli scheletrici che rappresentano
circa il 40% del peso corporeo, probabilmente mediante l’attivazione
della via mitocondriale e del metabolismo del calcio (24). Il SNC
agisce inoltre attraverso l’asse ipotalamo-ipofisi, infatti gli ormoni
tiroidei hanno un effetto permissivo sulla termogenesi.
Lo scarso esercizio fisico, insieme alla alimentazione scorretta sono
sicuramente i due fattori che più incidono nella genesi del
sovrappeso/obesità nei paesi industrializzati, in quanto sono gli
aspetti che più si sono modificati (in peggio) con il progredire dello
sviluppo socio-economico, come dimostrano infatti i dati
epidemiologici (25,26). Il peso dei fattori ambientali deve essere
tutt’altro che sottovalutato dato che l’effetto comincia già nella vita
intrauterina (27).
E’ stato osservato che la malnutrizione fetale si associa ad un
rischio maggiore di sviluppare obesità, Diabete Mellito e
dipertensione. Si è ipotizzato che un alterato sviluppo degli organi
indotto da una scarsa alimentazione materna, soprattutto nei primi
due trimestri di gestazione, porti a una maggiore suscettibilità ai
fattori ambientali che andranno ad agire a distanza di anni. Questa è
l’ipotesi del “thrifty phenotype” secondo la quale il feto si
aumentando la capacità di accumulo di energia sottoforma di
grasso, capacità che però risulta essere deleteria quando il soggetto
si trova a essere sottoposto nella vita extrauterina a un eccesso di
calorie. Questa ipotesi può essere adattata, in senso più ampio, per
spiegare quello che è accaduto e sta accadendo nei paesi sviluppati
e in via di sviluppo dove il patrimonio genetico delle varie
popolazioni non è cambiato così velocemente come le nuove
circostanze ambientali, determinando uno squilibrio energetico che
è alla base dell’aumento di peso (28,29,30).
Comorbidità e fattori di rischio legati all’obesità
L’obesità è associata a vari disordini metabolici che portano a una
aumentata morbilità e mortalità per patologie cardiovascolari
(31,32,33). Diabete Mellito, ipertensione e iperlipidemia sono tra le
principali cause di patologie cardiache legate all’obesità.
Diabete Mellito
L’obesità si caratterizza per una elevata insulinemia a digiuno e per
una esagerata risposta insulinica dopo carico di glucosio, inoltre il
metabolismo del glucosio dipende sia dal grado di obesità che dalla
rispondono diversamente agli ormoni che che regolano la lipolisi
(36). La risposta lipolitica alla noradrenalina è più marcata a livello
del grasso viscerale e questo fatto è ulteriormente esaltato sia dal
cortisolo, che aumenta la lipolisi grazie all’inibizione dell’effetto
antilipolitico dell’insulina, che dallo stato di insulino resistenza (tipico
nei soggetti obesi). Tutto questo porta a un esagerato rilascio di
acidi grassi liberi (FFAs) dagli adipociti addominali, che vanno
riversarsi nel sistema portale (37). A livello epatico gli FFA hanno un
effetto deleterio sull’ up-take di insulina e contribuiscono ad
aumentare la gluconeogenesi ed il rilascio di glucosio. Il processo è
accelerato dallo stato di insulino resistenza del muscolo scheletrico.
L’elevazione degli FFA, soprattutto post-prandiale, comporta quindi
uno squilibrio della utilizzazione epatica di glucosio (impaired
glucose tolerance) e la ridotta clearance dell’insulina provoca la
down-regulation dei recettori insulinici periferici. All’inizio di questo
processo il pancreas risponde con una iperinsulinemia
compensatoria, che a sua volta correla significativamente con uno
quadro di dislipoproteinemia (aumento trigliceridi, col-LDL, ApoB e
diminuzione di col-LDL). Quando si arriva a uno scompenso del
pancreas insulare si passa a uno stato di iperglicemia prima e
L’ insulino resistenza è un fattore di rischio indipendente per
patologie cardiovascolari e Diabete Mellito di tipo 2 (38);
ipertensione, dislipidemia e obesità sono spesso stati trovati in
associazione all’ insulino resistenza. Recenti osservazioni hanno
evidenziato l’utilità dell’indice HOMA-IR, dimostrando la sua
associazione con l’aterosclerosi delle coronarie indipendentemente
dai tipici fattori di rischio per cardiopatia ischemica.
Disturbi della fisiologia respiratoria
L’eccesso di grasso addominale può interferire meccanicamente
con la dinamica respiratoria ostacolando le escursioni della gabbia
toracica e del diaframma; si realizza quindi un alterato pattern
respiratorio di alcune regioni polmonari e una diminuzione del
volume polmonare totale (39,40). Questi cambiamenti sono molto
accentuati quando il soggetto assume la posizione supina, quindi
durante il sonno è necessario uno sforzo maggiore dei muscoli
respiratori. Durante la fase REM del sonno c’è normalmente la
perdita del tono dei muscoli volontari con riduzione della saturazione
di ossigeno e aumento della anidride carbonica, respirazione
irregolare e occasionali episodi apnoici. In caso di obesità si può
arrivare a quadro di severa ipossiemia e aritmie cardiache. Si parla
Obesità-Ipoventilazione (OHS) o Sindrome di Pickwick. Le apnee notturne e
l’ipossiemia causano a loro volta sonnolenza diurna, ipertensione
polmonare e disfunzione ventricolare destra e, si associano a un
aumentato rischio di infarto miocardio e di ictus cerebrale (41,42).
Ipertensione arteriosa
Ci sono varie ipotesi riguardo il meccanismo in base al quale
l’obesità si associa a una maggiore incidenza di ipertensione
arteriosa, come il sovraccarico emodinamico, la sodio ritenzione
conseguente agli aumentati livelli di insulina, l’aumentata attività del
Sistema Nervoso Simpatico, l’alterazione di alcuni trasportatori ionici
e l’associazione con la sindrome metabolica (43,44). Anche se i dati
epidemiologici evidenziano questa associazione i precisi
meccanismi responsabili sono ancora da decifrare dato che un terzo
dei soggetti gravemente obesi sono comunque normotesi.
Sindrome metabolica
La sindrome metabolica raggruppa una serie di anormalità fisiche e
(45,46). Caratteristiche di questa sindrome sono: elevato girovita,
insulino resistenza e alterato metabolismo glucidico, dislipidemia e
ipertensione arteriosa. Questi pazienti presentano un rischio 1.5-3
volte maggiore di sviluppare coronaropatia e infarto miocardio (47).
Infiammazione
L’obesità si associa a un aumento di markers infiammatori circolanti
quali PCR, IL-6, IL-8 e P-selectina (48). Il tessuto adiposo produce
normalmente alcune citokine pro-infiammatorie e regolatori della
fibrinolisi come PAI-1, IL-6 e TNF-α (49). Questo stato infiammatorio
si associa a insulino resistenza ed è un importante predittore di
rischio aterosclerotico (50,51).
Disturbi del Sistema Nervoso Autonomico (SNA)
Sovrappeso e obesità si associano a neuropatia cardiaca
autonomica (52). Per es. un aumento del peso corporeo pari al 10%
determina un declino del tono parasimpatico con aumento della
frequenza cardiaca (53). Questa potrebbe essere una ulteriore
Fisiologia del tessuto adiposo e apparato cardiovascolare
Il grasso è un tessuto metabolicamente attivo anche se necessita di
solo 2-3ml/min/100gr di sangue (1/20 rispetto al cervello) e
rappresenta una importante riserva ematica, infatti c’è correlazione
tra metabolismo dell’adipocita e flusso sanguigno. In caso di
emorragia non solo diminuisce il flusso al tessuto adiposo ma,
l’adipocita riduce la sua captazione di ossigeno.
All’aumentare del tessuto adiposo aumenta parallelamente il flusso
ematico (che negli obesi gravi può raggiungere la metà della gittata
cardiaca a riposo) e il volume ematico si espande per compensare
la maggiore richiesta di ossigeno. Si realizza pertanto un incremento
della gittata cardiaca secondario all’incremento del volume
telediastolico e della frazione di eiezione, dato che la frequenza
cardiaca rimane pressoché invariata. Questo si traduce in un
maggiore precarico per il ventricolo sinistro e infatti nei soggetti
obesi le pressioni di riempimento sono normali/ai limiti alti in
posizione supina a riposo, ma aumentano sollevando passivamente
gli arti inferiori e ancora di più con l’esercizio fisico. Tuttavia i valori
di portata circolatoria riscontrati risultano nella norma quando
determina alcune modificazioni strutturali del cuore: il maggior
riempimento ventricolare porta a una dilatazione del ventricolo
sinistro che causa un elevato stress parietale. Siccome la
dilatazione del ventricolo sinistro si accompagna a una ipertrofia del
miocardio il rapporto cavità/diametro rimane quasi invariato; il
risultato è una ipertrofia di tipo eccentrico (56) (se coesiste anche
uno stato ipertensivo col tempo si passa a una ipertrofia
concentrica). Questo adattamento cardiocircolatorio può non
compensare nel tempo il sovraccarico emodinamico determinatosi
fino a causare la comparsa di una disfunzione diastolica e di una
dilatazione del ventricolo sinistro con conseguente progressiva
riduzione della contrattilità miocardia (57). L’ipertrofia ventricolare
sinistra che si determina riduce inoltre la compliance della camera
cardiaca ventricolare sinistra alterando la sua capacità di
riempimento diastolico, fino alla disfunzione diastolica vera e
propria. La combinazione della disfunzione diastolica e sistolica può
progredire poi verso l’insufficienza cardiaca congestizia (58).
Il rischio cardiovascolare è associato alla attivazione tissutale del
sistema Renina-Angiotensina (SRA) così come al peptide
Endotelina -1 che ha azione vasocostrittrice e un potente effetto
SRA ed Endotelina -1 sembrano avere insieme un ruolo nella genesi
dell’ipertensione arteriosa. Gli adipociti sembrano possedere
componenti del SRA e del sistema delle endoteline come per es.
recettori per le endoteline stesse. L’aumento della massa grassa
quindi comporta un aumento di attività di sistemi vasoattivi creando i
presupposti per uno stato di disfunzione endoteliale, che si associa
ad un maggior rischio aterosclerotico (60). Inoltre è stato osservato
che l’obesità porta ad una up-regulation del gene per il recettore del
tromboxano a livello vascolare, che è uno dei maggiori target dei
prostanoidi vasocostrittori. Tutti questi effetti sono indipendenti dalla
pressione arteriosa sistemica, suggerendo che sia l’obesità a
determinare la vasocostrizione promuovendo quindi l’insorgenza di
ipertensione, aterosclerosi e trombosi (61). Nei soggetti obesi è
possibile infatti riscontrare una elevata concentrazione basale di
TNF-α, IL-6, ICAM-1, VCAM-1 e una alterata risposta reologica alla
somministrazione del precursore dell’ossido nitrico L-arginina (la
riduzione della pressione arteriosa media, della aggregazione
piastrinica e della viscosità plasmatici sono minori rispetto ai
soggetti normopeso). La IL-6, prodotta per il 30% dal tessuto
adiposo, controlla la sintesi epatica di Proteina C Reattiva (PCR)
del rischio cardiovascolare nei soggetti sani (62). La PCR insieme al
TNF-α induce l’espressione di chemochine e molecole di adesione
(ICAM-1 e VCAM-1) che sono markers di aterosclerosi. Questo
stato infiammatorio è strettamente legato all’obesità dato che si
riscontra anche nei soggetti che non presentano le tipiche
comorbidità associate all’obesità (63,64).
Nella maggior parte degli obesi ci sono elevati livelli circolanti di
leptina, a causa di una resistenza del recettore, e i suoi effetti non si
esplicano solo a livello della regolazione del peso corporeo. Questo
ormone infatti mostra di avere effetti di tipo simpaticomimetico,
questi ultimi però non risentono della resistenza del recettore. Inoltre
la leptina potenzia direttamente l’effetto pressorio dell’insulina,
stimola direttamente l’infiammazione a livello vascolare, lo stress
ossidativo e l’ipertrofia del miocardio (molti dati provengono da studi
su modelli animali). L’iperleptinemia si associa quindi a obesità,
iperlipemia e ipertensione arteriosa e, sembra essere di per sé un
fattore di rischio cardiovascolare. La condizione di
sovrappeso/obesità è stata sempre indicata come un importante
fattore di rischio cardiovascolare ma sempre in relazione al suo
carico di comorbidità. Studi recenti hanno chiarito alcuni meccanismi
l’attivazione di alcuni geni specifici) che potrebbero essere alla base
della genesi della “cardiomiopatia degli obesi” (65). Studi eseguiti
con la PET (Positron Emission tomography) su giovani donne obese
hanno mostrato come obesità e insulino resistenza sono
strettamente legati ad anomalie del metabolismo degli acidi grassi
(up-take, utilizzazione e ossidazione), che a loro volta potrebbero
essere alla base della diminuzione della performance cardiaca
(66,67). Inoltre l’obesità di lunga durata può indurre anomalie della
struttura e funzione del ventricolo sinistro secondarie al sovraccarico
emodinamico e allo stato iperdinamico descritto precedentemente
(68).
Lo scopo di questa tesi è quello di valutare le precoci alterazioni
subcliniche della struttura e della funzione del ventricolo sinistro nei
soggetti obesi di grado severo e la loro correlazione con
l’insulino-resistenza.
Le tecnologie ultrasoniche che applicheremo nel nostro studio sono
il PW-TDI dell’anulus mitralico, che ha dimostrato di avere le
capacità di fornire una analisi della funzione diastolica longitudinale
del miocardio, indipendente dal pre-carico e dal post-carico (69,70),
contenuto miocardico di collagene (71). L’analisi degli aspetti
dinamici del segnale IBS forisce inoltre informazioni sulla contrattilità
intrinseca del miocardio, indipendentemente dal movimento delle
pareti. Le variazioni ciclo-dipendenti dei valori IBS riflettono pertanto
la funzione contrattile intramurale intrinseca (72).
Sulla base di queste tecniche Wong CY et al. (73) hanno
recentemente dimostrato che i soggetti in sovrappeso, senza
evidenti patologie cardiache, presentano delle alterazioni
subcliniche della struttura e funzione del ventricolo sinistro, anche
dopo la correzione per i valori della pressione arteriosa media, per
METODI
Popolazione in esame
Sono stati arruolati, tramite consenso informato, sessanta soggetti
obesi (15 maschi e 45 femmine) che si sono rivolti al Centro per
l’Obesità del Dipartimento di Endocrinologia e Metabolismo
dell’Università di Pisa per la diagnosi e la cura del loro problema di
peso corporeo (gruppo O). Tutte le indagini cliniche, ematologiche e
strumentali eseguite per ogni paziente sono state effettuate in
accordo con le linee guida Italiane per l’obesità, e ogni paziente è
stato trattato secondo appropriati protocolli specifici per la sua
condizione. Per ogni soggetto è stata redatta la storia di esordio
dell’eccesso di peso e la storia familiare di obesità. Sono stati
registrati i dati di eventuali comorbidità e terapie farmacologiche
eventualmente associate. Le misurazioni antropometriche (peso,
altezza, circonferenza di vita e fianchi) sono state rilevate dopo una
notte di digiuno. Il peso corporeo è stato approssimato al
kilogrammo più vicino e, altezza e circonferenze al centimetro più
I criteri di esclusione utilizzati sono: alterata funzione sistolica del
ventricolo sinistro con EF<50%, insufficienza cardiaca congestizia,
valvulopatie sigificative identificate all’analisi Doppler,
cardiomiopatie e Diabete Mellito. Tutti i soggetti erano normotesi,
con normali livelli di colesterolo (LDL e HDL) e trigliceridi e avevano
una storia negativa per infarto del miocardio e cardiopatia
ischemica, che è stata esclusa tramite un test provocativo di
ischemia (ECG da sforzo) risultato per tutti negativo. Tutti i pazienti
avevano una funzione tiroidea nella norma e non assumevano
farmaci che potessero interferire col metabolismo del glucosio, con i
lipidi sierici o con la pressione arteriosa. Una volta selezionati, tutti i
soggetti sono stati sottoposti a un esame ecocardiografico
preliminare, riservando l’accesso allo studio solo a quelli con una
buona finestra acustica.
Quarantotto soggetti sani non obesi confrontabili per età e sesso
Procedure sperimentali
Biochimica
Sono stati eseguiti prelievi di sangue per l’analisi biochimica della
funzione renale, degli elettroliti, dell’insulinemia e glicemia a digiuno,
del colesterolo totale, trigliceridi, colesterolo LDL e HDL. L’insulina è
stata misurata con dosaggio immunoradiometrico (DiaSorin,
Saluggi, Italia) e il colesterolo con test colorimetrici enzimatici
convenzionali.
Test da stress cardio-respiratorio
Nei soggetti obesi sono stati eseguiti test da stress
cardio-respiratorio con il ciclo-ergometro, utilizzando un protocollo ritagliato
sulle capacità di esercizio del singolo individuo. Il picco VO2 e la
soglia anaerobica sono stati ottenuti con l’analisi respiro-per-respiro
dei gas espirati (Ergocard; REMCO ITALIA s.p.a., Milano, Italia).
Valutazione dell’insulino resistenza
L’Homeostasis Model Assessment Insulin Resistance Index
(HOMA-IR) è un indice basato su un modello matematico che permette di
ottenere i valori di sensibilità insulinica e di funzione delle β-cellule
(espressi in percentuale rispetto al normale) essendo noti
digiuno. HOMA-IR viene calcolato come glicemia a digiuno (in
millimoli/litro) × insulinemia a digiuno (in milliUnità/millilitro)/22.5
(74). E’ stato provato che l’indice HOMA-IR è un metodo valido per
valutare lo stato di insulino resistenza, dato che il campionamento è
semplice e che i risultati sono disponibili senza calcoli complessi.
L’insulino resistenza stimata con l’HOMA-IR correla bene con il
clamp euglicemico e con il test di tolleranza al glucosio (75).
Analisi ecocardiografica
Gli studi ecocardiografici-Doppler convenzionali sono stati eseguiti
con l’ecocardiografo Philips Sonos 7500 (revisione D.0) con sonda
S3.
La massa ventricolare sinistra è stata calcolata in accordo con la
formula di Devereux (PENN covention) e la gittata cardiaca (GC) è
stata calcolata come la differenza fra il volume tele-diastolico e
quello tele-sistolico (VTD-VTS) e la portata cardiaca (CO) in accordo
alla formula: CO = GC x FC (frequenza cardiaca).
Sono state inoltre utilizzate due metodiche ultrasoniche
relativamente nuove per lo studio della funzione anulare mitralica e
a)Pulsed Wave Tissue Doppler Imaging (PW-TDI)
Nella proiezione apicale quattro camere , il volume campione per il
Doppler pulsato è stato posizionato in due differenti punti dell’anulus
della valvola mitrale: a livello settale e laterale. La proiezione apicale
quattro camere è stata scelta per ottenere simultaneamente sullo
stesso piano il riempimento Doppler del ventricolo sinistro e per
minimizzare l’angolo di incidenza tra il fascio Doppler e lo
spostamento longitudinale dell’anulus mitralico. Il PW-Tissue
Doppler a livello settale dell’anulus mitralico è stato utilizzato per
misurare il picco protodiastolico della velocità di spostamento
longitudinale dell’anulus (Es). Le pressioni di riempimento del
ventricolo sinistro sono state stimate in base alla relazione E/Es (E
derivato dalla velocità di flusso mitralico) (76).
b)Densitometria acustica
La tecnologia High-Frame Integrated Backscatter (IBS) è stata
applicata per migliorare la ricezione del segnale ultrasonico
(calibrato in decibels, dB), con una sostanziale ottimizzazione della
sequenza temporale del segnale in backscatter. La misurazione in
densitometria acustica è indipendente dalla compressione
non-lineare e dalle funzioni del post-processing tipiche delle immagini
utilizzando “harmonic imaging mode”. Altri importanti controlli della
catena dell’imaging come il pre-processing, posizione del focus,
high frame rate e post-processing sono stati mantenuti costanti per
tutti i pazienti, evitando accuratamente la saturazione del segnale
(es. valore backscatter campionato uguale al valore massimo del
range dinamico del sistema) a ogni livello (pericardio, valvole e
miocardio) per la possibilità di errori di stima. I parametri IBS
telediastolici (IBSed) sono stati indicizzati per i valori IBS del
pericardio, sia a livello del setto (IBSsi) sia a livello della parete
posteriore (IBSpwi). Le misure ottenute per ogni ciclo cardiaco sono:
intensità del segnale IBS in telediastole (IBSed), intensità del
segnale IBS in telesistole (IBSes), variazione IBS (IBS V = IBSed –
IBSes) e Cyclic Variation Index del setto (CVIs) e della parete
posteriore (CVIpw), che sono stati calcolati mediante la seguente
formula: CVI= [(IBSed – IBSes)/IBSed] × 100 (71).
Analisi statistica
Le variabili continue sono state espresse come media±DS
(Deviazione Standard). Il test-t di Student è stato applicato per le
esame. Il coefficiente di correlazione (ri) è stato calcolato con la
procedura di Bland e Altman (77), usando l’analisi one-way della
varianza per misure ripetute. Le curve di analisi R.O.C. (Receiver
Operating Characteristics) sono state costruite per stimare la
capacità discriminante dei parametri IBS del gruppo obesi rispetto ai
controlli. Le relazioni tra i parametri TDI, IBS, ecocardiografici 2D
convenzionali ed i valori di BMI sono state espresse in termini di
regressione lineare. L’analisi della regressione lineare multivariata
(tecnica stepwise) è stata eseguita per valutare la correlazione
multipla tra le variabili ecocardiografiche, BMI e insulino resistenza.
Un valore di p<0.05 è stato considerato significativo da un punto di
vista statistico.
RISULTATI
I dati antropometrici, clinici e metabolici dei soggetti obesi e dei
soggetti del gruppo controllo sono elencati nella tabella 1. La
superficie corporea ed il BMI sono risultati, come da attesa,
significativamente più elevati negli obesi rispetto ai controlli
sistolica e media più alti nei soggetti obesi rispetto ai controlli, pur
rimanendo sempre nel range della normalità. I pazienti obesi hanno
evidenziato una più elevata frequenza cardiaca (p<0.001). I livelli di
insulina e i valori dell’indice HOMA-IR nei pazienti obesi sono
risultati significativamente più elevati rispetto ai valori riscontrati nel
gruppo controllo.
I dati derivati dall’analisi ecocardiografica convenzionale sono
sintetizzati nella tabella 2. E’ stato possibile evidenziare nelle
persone obese, come espressione di un aumento del precarico, un
maggior volume diastolico del ventricolo sinistro a riposo, rispetto al
gruppo di controllo (p<0.05); questo fattore è stato in grado di
determinare negli obesi (tramite il meccanismo di Frank-Starling) un
significativo aumento della gittata sistolica (p<0.02) e della portata
cardiaca (p<0.01) (quest’ultima anche per un aumento della
frequenza cardiaca), così come un leggero aumento della frazione
di eiezione del ventricolo sinistro, sempre in confronto al gruppo
controllo. L’atrio sinistro, come diretta conseguenza dell’aumento del
precarico, presenta un diametro significativamente più alto negli
obesi rispetto ai controlli (p<0.0001). E’ necessario inoltre
indicizzati per l’altezza (LVMh), sono risultati significativamente più
alti nel gruppo O (p<0.001).
La funzione diastolica del ventricolo sinistro, valutata tramite il
pattern di flusso mitralico al Doppler, ha mostrato differenze
significative tra i due gruppi in studio, in particolare per il picco di
velocità di flusso A, che è risultato più alto nei soggetti obesi
(p<0.0001); di conseguenza il rapporto E/A si è rilevato
significativamente inferiore (p<0.02) rispetto al gruppo di controllo. Il
tempo di decelerazione mitralico (p<0.001) e il tempo di
rilasciamento isovolumetrico (p<0.0001) sono risultati
significativamente maggiori nei soggetti del gruppo obesi rispetto ai
controlli (tabella 2).
Seguono i risultati principali valutati tramite PW-TDI a livello
anulare mitralico (tabella 3):
1. La media del picco di velocità protodiastolica (PW-TDI ES e EL) è risultata inferiore nel gruppo O rispetto al gruppo c (p<0.0001).
2. Il picco di velocità telediastolico (PW-TDI AS e AL) è risultato
maggiore nel gruppo O rispetto al gruppo C (p<0.001).
3. Il rapporto tra le velocità E e A, espressione della funzione
significativamente inferiore nel gruppo O rispetto al gruppo C
(p<0.0001).
4. Il tempo di rilasciamento isovolumetrico campionato a livello
del setto anulare è risultato significativamente più elevato nel
gruppo O rispetto al gruppo C (p<0.001).
5. Il picco di velocità sistolica a livello della parete laterale è
apparso significativamente inferiore nei soggetti obesi
(p<0.001).
6. Il rapporto E/ES, sia a livello del setto che della parete laterale, è risultato significativamente maggiore negli obesi di grado
severo in confronto con il gruppo di controllo (p<0.001).
Seguono i risultati principali dei parametri backscatter (tabella 4):
1. CVI sia a livello del setto che della parete posteriore è risultato
significativamente minore nel gruppo O rispetto al gruppo C
(p<0.0001).
2. La variazione del segnale IBS sia a livello del setto che della
parete posteriore è stata significativamente minore nel gruppo
3. i valori IBS msi e IBS si (%) sono risultati significativamente
maggiori negli obesi se paragonati al gruppo controllo
(Figura1).
Relazione tra i parametri TDI e IBS, insulino resistenza,
BMI e VO2max
I valori HOMA-IR sono stati messi in relazione con i valori di LVMh
(r=0.24; p<0.05) e con lo spessore della parete posteriore (r=0.20;
p<0.05). E’ stata riscontrata una buona correlazione tra i livelli di
insulina a digiuno e i valori di BMI (r=0.58; p<0.01). I parametri di
funzionalità diastolica ottenuti tramite l’analisi Doppler del flusso
transmitralico quali il picco A e il rapporto E/A correlavano con i
valori BMI (rispettivamente r=0.48; p<0.01 e r=0.49, p<0.01). Il
rapporto E/A al PW-TDI a livello del setto anulare presentava un
coefficiente di correlazione con i valori BMI r=0.55 (p<0.001). Il
rapporto E/ES è stato messo in relazione con il BMI (r=0.35; p<0.05) e con i valori HOMA-IR (r=0.47; p<0.01). I parametri IBS, indicizzati
per l’interfaccia del pericardio, espressione della reflettività del
correlazione con i valori HOMA-IR (Figura 2a) e i valori di VO2max
(Figura 2b). L’analisi della regressione multipla (modello stepwise)
tra i valori IBSmsi (%) come variabile dipendente e le variabili
indipendenti è risultata molto significativa (Multiple R=0.82;
p<0.0001). Le variabili indipendenti che sono state selezionate
sono: insulino resistenza (p<0.001), BMI (p<0.05), valori della
pressione arteriosa sistolica (p<0.03), LVMh (p<0.06) e VO2max
(p<0.01).
Analisi delle curve R.O.C.
Per differenziare i pazienti obesi dai controlli è stata utilizzata
l’analisi delle curve R.O.C.
Il rapporto E/A, valutato con analisi PW-TDI a livello del setto,
corrisponde a un area sotto la curva di 0.82±0.4 (p<0.0001;
intervallo di confidenza del 95% CI: 0.73 e 0.91). Utilizzando un
valore più basso di -1.27 come valore cut off per il rapporto E/A,
valutato con l’analisi PW-TDI a livello del setto, i pazienti obesi
vengono discriminati dai soggetti del gruppo controllo con una
sensibilità del 82% e una specificità del 79%. Se invece utilizziamo il
rapporto E/A valutato con il flusso transmitralico i pazienti obesi
specificità del 64%. Il rapporto E/A ottenuto con la metodica PW-TDI
ha quindi dimostrato un potere discriminante maggiore rispetto al
rapporto E/A valutato con il flusso transmitralico (p<0.009) (Figura
3a).
I valori di IBSsi (%) corrispondono a una area sotto la curva di
0.87±0.03 (p<0.0001; intervallo di confidenza del 95% CI: 0.80 e
0.94). Utilizzando per l’IBSsi (%) un valore cut off maggiore di
50.3%, i pazienti obesi vengono discriminati dai controlli con una
sensibilità del 81% e una specifità del 81% (Figura 3b). I valori di
IBSmsi(%) hanno mostrato un maggior potere discriminante con una
area sotto la curva di 0.89±0.03 (p=0.0001; intervallo di confidenza
del 95% CI: 0.83 e 0.95); utilizzando per l’IBSmsi(%) un valore cut
off maggiore di 45.3%, i pazienti obesi vengono discriminati dai
controlli con una sensibilità del 83% e una specificità del 83%
(Figura 3b). I valori IBSmsi(%) hanno mostrato un potere
discriminante significativamente maggiore in confronto al rapporto
E/A ottenuto sia con il flusso transmitralico che con PW-TDI a livello
DISCUSSIONE
I principali risultati di questo studio possono essere riassunti come
segue:
a) Alterazioni miocardiche precoci possono essere
individuate sia col PW-TDI (principalmente riguardanti la
funzione diastolica del ventricolo sinistro) che col IBS
(riduzione della contrattilità intrinseca del miocardio e
aumento della reflettività miocardica). Queste alterazioni
possono essere considerate uno stadio precoce e
sub-clinico di “cardiomiopatia da obesità”.
b) I nuovi parametri ultrasonici ottenuti dall’analisi
intramiocardica dimostrano un elevato potere nel
discriminare fra i cuori altrimenti cardiologicamente sani
degli obesi ed i cuori di soggetti normali, se paragonati
alle tecniche convenzionali.
c) E’ stata osservata una relazione significativa ed
indipendente fra l’insulino-resistenza e la LVMh e la
reflettività del setto, suggerendo un ruolo patogenetico
dell’insulino-resistenza nella genesi dell’ipertrofia
ventricolare sinistra e nell’aumentato contenuto
Queste osservazioni depongono in favore della “cardiomiopatia da
obesità” come un’entità distinta.
I risultati di questo studio, a conferma dei risultati del gruppo di
ricerca di Wong Chiew Y (73), espandono e chiariscono i potenziali
meccanismi esistenti tra insulino-resistenza, metabolismo del
miocardio e alterazioni della struttura e funzione del ventricolo
sinistro nei soggetti obesi di grado severo, altrimenti
cardiologicamente sani.
L’obesità induce una serie di alterazioni nella struttura e nella
funzione cardiaca, che sono associate al sovraccarico emodinamico
e che rappresentano di per sé un fattore di rischio cardiovascolare
(78). Il rimodellamento dell’atrio sinistro e del ventricolo sinistro è un
fenomeno comune nei pazienti obesi ed è noto che questi eventi
fisiopatologici sono collegati con la disfunzione sia dell’atrio che del
ventricolo sinistro. L’aumento delle dimensioni atriali, nei soggetti
obesi, è collegata sia all’espansione del volume ematico che alle
alterate capacità di riempimento delle sezioni sinistre del cuore. In
particolare, nei pazienti obesi normotesi, l’ipertrofia eccentrica del
ventricolo sinistro rappresenta un adattamento all’espansione del
volume ematico. In aggiunta all’aumento del precarico, nei soggetti
essenzialmente a due fattori: maggiori resistenze vascolari causate
dall’eccesso di tessuto adiposo e dell’aumento della rigidità delle
arterie (79).
I valori di BMI correlano positivamente con l’alterazione degli indici
di funzionalità diastolica: l’obesità infatti può alterare questi
parametri a causa del sovraccarico emodinamico, inoltre l’aumento
della massa cardiaca e l’ipertrofia del ventricolo sinistro
contribuiscono nel determinare questo squilibrio della funzione
diastolica sinistra, soprattutto nella fase finale del riempimento
passivo perché aumenta la rigidità (“stiffness”) del miocardio.
Utilizzando il rapporto E/A come parametro globale della funzione
diastolica del ventricolo sinistro, si nota che la sua alterazione nei
pazienti obesi è dovuta essenzialmente a un aumento del picco A;
questa anormalità è da considerarsi un evento precoce all’ interno
del coinvolgimento cardiaco dei soggetti obesi, a cui si aggiunge in
tempi successivi la riduzione della funzione sistolica. Il nostro studio
mostra che i parametri della funzionalità sistolica convenzionali (EF
e FS) sono normali o al di sopra della norma nei soggetti obesi se
paragonati ai controlli
Inoltre, utilizzando i parametri ottenuti con il PW-TDI a livello
ventricolo sinistro), è possibile mettere in evidenza che nei soggetti
obesi tutte le fasi della diastole secondo l’asse longitudinale del
ventricolo sinistro sono alterate. Il rapporto tra le velocità E ed A a
livello settale dell’anulus mitralico (PW-TDI E/AS) ha un buon potere
discriminante (82%; p<0.0001) tra il cuore degli obesi e quello dei
soggetti del gruppo controllo. A ulteriore dimostrazione della
presenza di una complessa disfunzione diastolica nei pazienti del
gruppo O è possibile sottolineare una velocità diastolica dell’anulus
mitralico (ES e EL) più bassa e di conseguenza un rapporto E/ES e E/EL significativamente maggiori. Dal momento che tale rapporto è l’espressione della pressione telediastolica ventricolare sinistra, va
sottolineato come nei soggetti obesi, a causa sia del sovraccarico
emodinamico che delle alterazioni strutturali sopra descritte, si
realizza un lieve incremento della pressione telediastolica
ventricolare sinistra che, è responsabile in tempi lunghi di potenziali
Obesità: da un fattore di rischio per lo scompenso
cardiaco ad una specifica cardiomiopatia?
Tutte le complesse alterazioni strutturali e funzionali che sono state
evidenziate nei soggetti severamente obesi (aumento della LVM,
aumento del collagene interstiziale (IBS), dilatazione dell’atrio e del
ventricolo sinistro, alterazioni della funzione sistolica e diastolica
intramiocardica (IBS), confermano precedenti studi a possono
permetterci di ipotizzare la presenza di una distinta, tipica, forma di
“cardiomiopatia da obesità” che può essere correlata
all’insulino-resistenza.
Recenti studi dimostrano che la relazione fra l’obesità (un noto
fattore di rischio per lo scompenso cardiaco) e lo scompenso
cardiaco possa essere mediata dall’insulino-resistenza. Ci sono
anche spiegazioni alternative per queste evidenze: a) l’insulina può
agire come un fattore di crescita sul miocardio (l’iperinsulinemia
provoca aumento della LVM nei ratti); b) l’iperinsulinemia può dare
ritenzione di sodio che potrebbe causare una disfunzione
miocardica subclinica dovuta all’espansione del volume circolante;
c) l’iperinsulinemia può dare attivazione del sistema nervoso
risposta pressoria all’angiotensina II, che stimola l’ipertrofia del
ventricolo sinistro e la fibrosi interstiziale.
Influenza della insulino resistenza e di altri fattori sulla
struttura e funzione del miocardio nell’obesità di grado
severo
Il principale ed originale risultato di questo studio è rappresentato
dalla dimostrazione della correlazione tra insulino resistenza
(HOMA-IR) e le anomalie del miocardio del ventricolo sinistro
osservate nei soggetti obesi, altrimenti cardiologicamente sani. In
particolare i principali risultati osservati con la tecnica IBS nei gruppi
in esame sono:
1. La maggiore eco-reflettività miocardica soprattutto a livello
settale nei soggetti obesi in confronto al gruppo di controllo, come
espressione delle alterazioni strutturali del miocardio ovvero
dell’aumento della fibrosi miocardia (una fibrosi di grado da
moderato a severo è di frequente riscontro nelle autopsie di
soggetti obesi) (80).
2. Il minore livello di CVI, sia livello del setto che della parete
di una alterata contrattilità intrinseca del miocardio, anche quando la
frazione di eiezione del ventricolo sinistro, campionata in maniera
convenzionale, è superiore alla norma.
La relazione lineare tra IBSmsi (%), espressione del contenuto in
collagene del miocardio, e i valori HOMA-IR, indice di insulino
resistenza, documenta un potenziale legame che in parte spiega le
anomalie strutturali precliniche del miocardio che si realizzano nel
cuore dei soggetti obesi di grado severo. La riduzione della VO2max
e della soglia anaerobica degli obesi, conferma indirettamente lo
squilibrio del metabolismo ossidativo. Un recente studio condotto su
giovani donne obese supporta l’ipotesi che lo stato di insulino
resistenza e le anomalie del metabolismo del miocardio potrebbero
contribuire ad indurre una disfunzione contrattile a carico del
ventricolo sinistro. L’insulino resistenza insieme ai fattori
emodinamici precedentemente descritti potrebbe determinare
l’aumento della massa del ventricolo sinistro nei soggetti obesi: il
tessuto adiposo potrebbe contribuire incrementando i livelli circolanti
di Angiotensina 2, che a sua volta promuoverebbe l’ipertrofia
ventricolare sinistra e stimolerebbe la fibrosi interstiziale miocardica
CONCLUSIONI
Questo studio, a conferma di risultati di studi recenti, evidenzia che
alcune alterazioni subcliniche della struttura miocardica (aumento
della fibrosi interstiziale e/o statosi o lipoapoptosi cardiaca, valutata
con il metodo IBS) e della sua funzione (valutata tramite il PW-TDI)
sono rilevabili nei soggetti obesi di grado severo, e inoltre per la
prima volta dimostra che queste anomalie sono direttamente
correlate con il loro stato di insulino resistenza. Sulla base di questi
risultati, in linea con le precedenti evidenze, è quindi possibile
spiegare perché la “cardiomiopatia da obesità” debba essere
considerata un’entità indipendente, costituendo un substrato
patofisiologico che rappresenta il collegamento fra l’obesità e lo
scompenso cardiaco, mediato dall’insulino-resistenza. La eventuale
reversibilità (totale o parziale) di queste anomalie del miocardio
dopo chirurgia bariatrica e/o diminuzione del peso corporeo verso
valori normali è attualmente oggetto di studio. Sono necessari
ulteriori studi per determinare il reale significato diagnostico e
prognostico di queste anomalie subcliniche della struttura e funzione
obesi. Sarebbe inoltre interessante studiare l’IBS negli obesi senza
Definizioni delle abbreviazioni
BMI: Body Mass IndexBSA: body Surface Area
SAP: Sistolic Arterial Pressure (mmHg) DAP: Diastolic Arterial Pressure (mmHg) MAP: Mean Arterial Pressure (mmHg) HR: Heart Rate (batt/min)
EDD: End-Diastolic Diameter
LVMbs (g/m²): Left Ventricular Mass index (by body surface) LVMh (g/m²): left Ventricular Mass Index (by height)
DSth: Diastolic Interventricular septum thickness DPWth: Diastolic Posterior Wall thickness
FS: Fractional shortening (%) EF: Ejection Fraction (%) VTI: Velocity Time Integral
Tabella 1.
Caratteristiche demografiche, Metaboliche e Cliniche Controlli (n=48) Obesi (n= 60)
Parametri Media SD Media SD P<
Età (anni) 32.8 6.9 31.8 7.2 ns Altezza (cm) 176.56 7.37 163.2 8.4 0.0001 Peso (kg) 73.18 9.83 123.4 23.5 0.0001 BSA (m2) 1.89 0.16 2.3 0.2 0.0001 BMI (kg/ m2 ) 23.33 2.54 47.50 6.1 0.0001 SAP (mmHg) 120.63 6.93 125.3 7.7 0.05 DAP (mmHg) 76.20 4.65 77.6 9.83 ns MAP (mmHg) 87.04 7.33 92.4 9.1 0.05 HR (b/min) 69.69 12.82 75.1 12.5 0.001 SV (ml) 68.42 8.45 79.7 5.2 0.01 CO (l/min) 5.04 1.31 5.8 1.30 0.02 Colesterolo Tot (mg/dl) 175 19 185 25 n.s. Colesterolo-LDL (mg/dl) 95 25 112 28 n.s. Colesterolo-HDL (mg/dl) 58 22 48 21 n.s. Trigliceridi (mg/dl) 93 32 97 39 n.s. Glucosio (µmol/ml) 4.9 0.7 4.6 0.3 n.s. Insulina µU/ml 4.3 2.5 15.2 7.8 0.001 HOMA-IR 0.92 0.5 4.9 1.4 0.001 V02max (ml/min/Kg) 22.7 3.3 15.3 3.6 0.03 Soglia Anaerobica (ml/min/Kg) 32.8 6.9 11.7 2.8 0.02
Tabella 2.
Analisi Eco-doppler convenzionale
Controlli (n=48) Obesi (n= 60)
Parametri Media SD Media SD P<
Radice Ao (mm) 31.9 2. 31.3 3.9 ns LAD (mm) 33.07 3.7 41.4 4.7 0.001 EDD (cm) 45.46 3.8 52.2 4.7 0.05 FS (%) 38.88 7.3 40.4 8.2 ns EF (%) 66.23 8.6 72.1 9.3 0.03 DSth (mm) 8.95 1.3 11.8 1.8 0.0001 DPWth (mm) 8.65 2.1 9.85 1.6 0.001 LVM h (g/m 2.7) 37.11 * 7.9 58.5 14.7 0.0001 LVM bs (g/m2) 91.21 * 18.7 97.3 21.9 ns EDV(cm3) 78.82 5.8 88.4 6.6 0.01 ESV (cm3) 30.05 5.6 31.5 5.1 ns Picco E (cm/sec) 80.17 14.6 80.4 19.1 ns Picco A (cm/sec) 53.47 15.6 76.50 14.7 0.001 Rapporto E/A 1.52 0.5 1.1 0.7 0.002
Tempo Acc Mitral.
(msec) 80.93 18.1 75.8 17.7 ns
Tempo Dec Mitral.
(msec) 155.65 31.9 189.8 42.5 0.001 IVRT (msec) 77.98 16.5 98.20 17.9 0.001 VTI E (cm) 12.56 2.95 12.1 3.3 ns VTI A (cm) 5.12 1.5 7.30 1.60 0.001 VTI E/A 2.4 0.8 1.7 0.6 0.02
Tabella 3
Risultati valutati tramite PW-TDI
Parametri Controlli (n=48) Obesi (n=60) P<
Media SD Media SD PW TDI Ss 8.6 1.6 8.5 1.6 ns PW TDI Es 12.0 2.3 8.5 2.9 0.0001 PW TDI As 8.2 1.9 10.9 2.2 0.0001 PW TDI E/As 1.5 0.6 0.8 0.7 0.001 PW TDI IVRTs 75.9 14.3 88.4 14.7 0.001 PW TDI SL 13.02 2.1 8.4 1.7 0.001 PW TDI EL 16.5 4.1 11.5 3.4 0.0001 PW TDI AL 8.43 2.7 10.3 2.8 0.011 PW TDI E/AL 2.1 0.5 1.5 0.4 0.002 PW TDI IVRTL 76.4 17.3 77.6 19.8 ns E/Es 6.6 1.6 10.5 1.9 0.0001 E/El 5.6 1.0 13.5 1.8 0.0001
Tabella 4
Parametri Backscatter Integrato
Parametri Controlli (n=48) Obesi (n=60) P<
Media SD Media SD IBS p (dB) 48.2 4.6 47.1 5.6 ns CVIS (%) 36.1 9.3 15.5 5.9 0.0001 CVI PW (%) 42.5 8.3 27.3 6.5 0.0001 IBSVPW 8.3 2.2 4.2 2.2 0.0001 IBSVS 8.6 2.3 4.3 1.8 0.0001 IBSMSI (%) 43.2 8.9 52.8 7.5 0.0001 IBSSI (%) 42.3 9.2 57.8 8.3 0.004 IBSMPWI (%) 33.5 7.1 42.6 5.9 0.01 IBSPWI (%) 42.2 9.1 44.9 8.7 ns
Fig. 1 – Parametri del PW-TDI dell’anulus mitralico PCT CT RT Sm DTm Em Am S ScchheemmaaddeellPPWWDDoopppplleerrTTiissssuuttaallee
O
O
n
n
d
d
e
e
S
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