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Caratterizzazione di rivelatori a gas in campi misti e di alta energia in adroterapia

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Academic year: 2021

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(1)

POLITECNICO DI MILANO

FACOLTÀ DI INGEGNERIA INDUSTRIALE E

DELL’INFORMAZIONE

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN INGEGNERIA NUCLEARE

Caratterizzazione di rivelatori a gas in campi misti e di

alta

energia in adroterapia

Relatore: Prof. Stefano Luigi Maria Giulini Castiglioni Agosteo

Correlatori: Dott. Ing. Michele Ferrarini

Tesi di Laurea di:

Francesca Ferrulli Matricola: 853689

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Indice

Elenco delle figure ... VI

Elenco delle tabelle ... X

1. Introduzione ... 5

1.1 La misura della radiazione in un rivelatore a gas... 5

1.1.1. L’interazione radiazione materia ... 5

1.1.1. I rivelatori a gas ... 8

1.2 Fluka ... 11

1.2.1. Trasporto di neutroni a bassa energia ... 12

1.2.2. Principali card e routine utilizzate nelle simulazioni ... 13

1.3 Il CNAO ... 15

1.3.1. Le principali tappe della storia del CNAO ... 15

1.3.2. La macchina acceleratrice e caratteristiche del fascio ... 16

1.3.3. Il Dose Delivery System (DDS) ... 16

2. Il campo di radiazione all’interno di una sala di trattamento del CNAO ... 20

2.1 Interazione tra particelle di alta energia e materia ... 20

2.2 Simulazione Monte Carlo del campo di secondari ... 23

2.2.1 Scoring ... 24

2.2.2 Risultati e confronto tra ioni carbonio 400MeV/u e protoni 250 MeV ... 25

3. Risposta di un LINUS a un campo misto e di alta energia ... 34

3.1 Geometria e funzionamento del rivelatore ... 34

3.2 L’elettronica: funzionamento e calibrazione ... 38

3.2.1 I principi di funzionamento di un rivelatore ad impulsi ... 38

3.2.2 L’effetto parete ... 40

3.2.3 Calibrazione MCA e individuazione del valore di soglia ... 42

3.3 Risposta ad una sorgente di Am-Be ... 44

3.4 Risposta in sala di trattamento con ioni carbonio 400 MeV/u... 46

3.4.1 Simulazione: geometria, scoring ed elaborazione dati ... 47

3.4.2 Confronto con i dati sperimentali ... 48

3.4.3 Risposta dello strumento simulato alla componente neutronica ... 53

(4)

4. Risposta di un LUPIN a un campo misto e di alta energia ... 64

4.1 Geometria ed elettronica del LUPIN... 65

4.2 Simulazione ... 69

4.2.1 Geometria e materiali ... 70

4.2.2 Calcolo dell’energia media depositata da un neutrone ... 70

4.3 Risposta ad una sorgente di Am-Be ... 71

4.4 Risposta in sala di trattamento con ioni carbonio 400 MeV/u... 73

4.4.1 Simulazione ... 75

4.4.2 Set-up sperimentale ... 76

4.4.3 Confronto tra i risultati simulati e i risultati sperimentali ... 76

4.2.1 Risposta dello strumento simulato alle diverse componenti del campo ... 78

4.5 Risposta simulata in sala di trattamento con protoni 250 MeV ... 82

5. Risposta di una camera a ionizzazione a un campo misto e di alta energia ... 86

5.1 Geometria e materiali della camera ... 86

5.2 Risposta ad una sorgente di 137Cs ... 87

5.3 Risposta ad una sorgente di Am-Be ... 89

5.3.1 Simulazione ... 89

5.3.2 Misura ... 90

5.4 Risposta in sala di trattamento con ioni carbonio 400 MeV/u... 90

5.4.1 Confronto simulazione e misura ... 91

5.4.2 Spettri acquisiti dalla simulazione ... 93

5.4.3 Risposta dello strumento simulato alle varie componenti del campo ... 94

5.5 Risposta simulata in sala di trattamento con protoni 250 MeV ... 101

5.6 Risposta dello strumento a 90° con target di piombo ... 104

6. Descrizione del campo di radiazione e della risposta dei rivelatori in termini di H*(10)... 106

6.1 Descrizione del campo di radiazione all’interno della sala di trattamento ... 106

6.2 Risposta dei rivelatori in termini di H*(10) ... 109

6.3 Conclusioni ... 111

Appendice A ... 113

Appendice B ... 122

(5)
(6)

Elenco delle figure

1.1. Diverse regioni di lavoro per rivelatori a gas ... 9

1.2. Andamento del campo elettrico in funzione del raggio in una geometria cilindrica e immagine della valanga ... 10

1.3. Dettaglio della segmentazione degli elettrodi per la rivelazione del fascio (BOX1 e BOX2). ... 17

1.4. Cabina contenente il DDS. ... 18

1.5. Istantanea dei dati visibili continuamente sul display del monitor del DDS ... 19

2.1. Schema dello sviluppo longitudinale di una cascata elettromagnetica ... 21

2.2. Spettro di neutroni (normalizzato per steradianti) da ioni carbonio 400 MeV/u su target di polietilene tra 0°-10° (sinistra) e 80°-90°,120°-130° (destra). ... 26

2.3. Spettro di neutroni (normalizzato per steradianti) da protoni 250 MeV/u su target di polietilene tra 0°-10° (sinistra) e 80°-90°,120°-130° (destra) ... 26

2.4. Spettro di protoni (normalizzato per steradianti) da ioni carbonio 400 MeV/u su target di polietilene tra 0°-10° (sinistra) e 80°-90°,120°-130° (destra) ... 27

2.5. Spettro di protoni (normalizzato per steradianti) da protoni 250 MeV su target di polietilene tra 0°-10° (sinistra) e 80°-90°,120°-130° (destra) ... 27

2.6. Spettro di fotoni (normalizzato per steradianti) da ioni carbonio 400 MeV/u (sinistra) e protoni da 250 MeV (destra) contro target di polietilene a tre diversi bin angolari 0°-10°, 80°-90°,120°-130°. ... 28

2.7. Spettro di ioni 2H (normalizzato per steradianti) da ioni carbonio 400 MeV/ su target di polietilene a quattro diversi bin angolari 0°-10°, 10°-20°,20°-30°, 30°-40°... 29

2.8. Spettro di ioni 3H (normalizzato per steradianti) da ioni carbonio 400 MeV/ su target di polietilene a quattro diversi bin angolari 0°-10°, 10°-20°,20°-30°, 30°-40°... 29

2.9. Spettro di ioni 3He (normalizzato per steradianti) da ioni carbonio 400 MeV/ su target di polietilene a quattro diversi bin angolari 0°-10°, 10°-20°,20°-30°, 30°-40°... 30

2.10. Spettro di ioni 4He (normalizzato per steradianti) da ioni carbonio 400 MeV/ su target di polietilene a quattro diversi bin angolari 0°-10°, 10°-20°,20°-30°, 30°-40°... 30

2.11. Spettro di ioni pesanti prodotti da ioni carbonio 400 MeV/ su target di polietilene tra 0°-10° ... 32

3.1. Risposta assoluta della fluenza di neutroni (conteggi per unità di fluenza) della versione cilindrica del LINUS [10] ... 35

3.2. Risposta assoluta della fluenza di neutroni (contegggi per unità di fluenza) di SNOOPY [10] ... 35

3.3. Risultato della risposta per unità di fluenza dello strumento simulato ... 37

3.4. NIM 590 A ORTEC ... 38

3.5. Schema di un rivelatore e dell’elettronica; tipici segnali in uscita da ogni fase del processo di elaborazione del segnale [1] ... 39

3.6. Spettro di un detector ideale [1] ... 40

(7)

3.8. Caso 1: la particella α viene assorbita dalle pareti [1] ... 41

3.9. Caso 2: Il Litio viene assorbito dalle pareti [1] ... 41

3.10. Spettro reale di un He3 [1] ... 41

3.6. Corrispondenza tra altezza d’impulso del segnale e canale dell’MCA ... 43

3.7. Acquisizione del fondo (Gamma Vision) ... 44

3.8. Spettro di Am-Be acquisito con il LINUS ed elettronica NIM dopo una misura di 52 min. ... 44

3.9. USRBIN dell’equivalente di dose ambientale H*(10) con una sorgente di Am-Be isotropa e puntiforme. ... 45

3.10. Spettro simulato con card DETECT (senza effetto parete) della risposta di un LINUS ad una sorgente di Am-Be a 1 metro di distanza ... 45

3.11. Immagine della geometria della simulazione (proiezione sul piano y-z) ... 47

3.12. Conteggi totali misurati con MCA (a sinistra) e conteggi totali misurati con card DETECT senza effetto parete (a destra) a 0°, 1024 canali... 50

3.13. Conteggi totali misurati con MCA (a sinistra) e conteggi totali misurati con card DETECT senza effetto parete (a destra) a 15°, 1024 canali... 50

3.14. Conteggi totali misurati con MCA (a sinistra) e conteggi totali misurati con card DETECT senza effetto parete (a destra) a 30°, 1024 canali... 50

3.15. Conteggi totali misurati con MCA (a sinistra) e conteggi totali misurati con card DETECT senza effetto parete (a destra) a 45°, 1024 canali... 51

3.16. Conteggi totali misurati con MCA (a sinistra) e conteggi totali misurati con card DETECT senza effetto parete (a destra) a 60°, 1024 canali... 51

3.17. Conteggi totali misurati con MCA (a sinistra) e conteggi totali misurati con card DETECT senza effetto parete (a destra) a 90°, 1024 canali... 51

3.18. USRBIN della fluenza di tutte le particelle cariche quando raggiungoni i rivelatori solo i neutroni ... 53

3.19. Spettro dell’energia depositata nel detector a 0° in un campo secondario prodotto da ioni carbonio 400 MeV/u su target di polietilene (a sinistra) e filtrando la componente neutronica (a destra). ... 54

3.20. Spettro dell’energia depositata a 0° (sinistra) e 15° (destra) nel caso di risposta a solo i protoni del campo di secondari prodotto nel target di polietilene.(Risultato della simulazione senza effetto parete) .... 56

3.21. Spettro dell’energia depositata nel detector a 0° tra 1E-14 GeV-100keV (a sinistra) e 100keV-5 MeV (a destra), nel caso di risposta a ioni leggeri ... 56

3.22. Spettro dell’energia depositata nel detector a 15° tra 1E-14 GeV-100keV (a sinistra) e 100keV-5MeV (a destra), nel caso di risposta a ioni leggeri ... 57

3.23. Fluenza di neutroni nel rem counter a 0°, quando il campo che investe lo strumento è costituito esclusivamente da ioni pesanti. ... 58

3.24. Spettro dell’energia depositata nel detector a 0° nel caso di risposta agli ioni pesanti del campo di secondari prodotto nel target di polietilene nel range 1E-14GeV-100 keV (a sinistra) e 100 keV-5MeV (a destra)... 58

3.25. Spettro dell’energia depositata nel detector ai diversi angoli, nel caso di protoni 250 MeV su target di polietilene; simulazione Fluka (senza effetto parete) ... 62

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4.3 Schema del principio di funzionamento dell’elettronica di un LUPIN. ... 67 4.4 Spettro ottenuto con una sorgente di PuBe. Sull’asse x sono rappresentati i valori della carica integrata su un tempo di acquisizione di 1 ms [12] ... 68 4.5 Sezione dello strumento LUPIN simulato ... 71 4.6 Risultato dello scoring con card DETECT di una sorgente allineata ed espansa di Am-Be (2430 cm). ... 72 4.7 USRBIN dell’equivalente di dose ambientale per una sorgente estesa ed espansa con spettro in energia di Am-Be. ... 73 5.1 Immagine della camera simulata in Fluka (sezione longitudinale e trasversale) ... 87 5.2 Spettro acquisito con card DETECT (a) (eventi/primari-energia depositata); output USRBIN della dose equivalente (b). ... 88 5.3 Spettro degli impulsi simulati con card DETECT (eventi/primari-energia depositata) [10keV-4MeV] ... 89 5.4 Set-up sperimentale della misura in sala di trattamento con LUPIN e camera a ionizzazione. ... 91 5.4 Spettri degli impulsi simulati con card DETECT della risposta della camera in sala di trattamento a 0°(a), 15°(b), 30°(c), 45°(d), 60°(e), 90°(f) rispetto alla direzione del fascio, [1E-14GeV-20MeV]. ... 93 5.5 Spettri degli impulsi simulati con card DETECT della risposta della camera alla componente di fotoni a 0°(a), 15°(b), 30°(c), 45°(d), 60°(e), 90°(f) rispetto alla direzione del fascio, [1E-14GeV-20MeV]. ... 96 5.6 Spettri degli impulsi simulati con card DETECT della risposta della camera alla componente neutronica, al variare dell’angolo [1E-14GeV-20MeV]. ... 96 5.8 Spettri degli impulsi simulati con card DETECT della risposta della camera alla componente di protoni, al variare dell’angolo [1E-14GeV-20MeV]. ... 97 5.9 Spettri degli impulsi simulati con card DETECT della risposta della camera alla componente di ioni leggeri a 0° [1E-14GeV-20MeV]. ... 97 5.10 Spettri degli impulsi simulati con card DETECT della risposta della camera alla componente di ioni leggeri ad angoli maggiori di 0° [1E-14GeV-20MeV]. ... 98 5.11 Spettri degli impulsi simulati con card DETECT della risposta della camera alla componente di ioni pesanti a 0° [1E-14GeV-20MeV]. ... 98 5.12 Spettri degli impulsi simulati con card DETECT della risposta della camera a 0°(a), 15°(b), 30°(c), 45°(d), 60°(e), 90°(f) rispetto alla direzione del fascio, [1keV-20MeV]. ... 102 6.1 USRBIN dell’equivalente di dose ambientale totale (a) con opzione AUXSCORE neutroni (b), particelle cariche (c) e fotoni (d). ... 107 6.2 USRBIN dell’equivalente di dose ambientale totale (a), con opzione AUXSCORE neutroni (b), particelle cariche (c) e fotoni (d). ... 109

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Elenco delle tabelle

1.1. Specifiche del fascio al CNAO [6] ... 16

2.1. Rese dei neutroni secondari da ioni C 400 MeV/u e protoni 250 MeV su target di polietilene per 5 diversi bin angolari. ... 26

2.2. Rese dei neutroni secondari da ioni C 400 MeV/u e protoni 250 MeV su target di TE (ICRU). [9] ... 26

2.3. Rese dei protoni secondari da ioni C 400 MeV/u e protoni 250 MeV su target di polietilene per 5 diversi bin angolari. ... 27

2.4. Rese dei protoni secondari da ioni C 400 MeV/u e protoni 250 MeV su target di TE (ICRU). [9] ... 28

2.5. Rese dei fotoni secondari da ioni C 400 MeV/u e protoni 250 MeV su target di polietilene per 5 diversi bin angolari ... 28

2.6. Rese dei fotoni secondari da ioni C 400 MeV/u e protoni 250 MeV su target di TE (ICRU). [9] ... 28

2.7. Rese degli ioni leggeri prodotti da ioni C 400 MeV/u su target di polietilene per 4 diversi bin angolari. 30 2.8. Yield (particella/primario) integrata su tutto l’angolo solido. ... 31

2.9. Rese (particelle/primari/steradianti) delle particelle secondarie prodotte a 4 diversi angoli per ioni carbonio 400 MeV/u e protoni 250 MeV. ... 31

2.10. Elenco dei nuclidi emessi dal target e relativa percentuale (calcolata sul numero totale di ioni pesanti emessi). ... 33

3.1. Conteggi per primario e conteggi per unità di fluenza del LINUS, ottenuti per 13 valori diversi di energia ad una sorgente monocromatica di neutroni allineata ed espansa ... 37

3.2. Corrispondenza soglia impostata nell’SCA (V) e canale MCA. ... 43

3.4 Conteggi attesi dalla simulazione e conteggi misurati con il rem counter e con un set di sfere di Bonner, di una sorgente di Am-Be a 1 metro di distanza. ... 46

3.5 Risposta di un LINUS (conteggi/primario) nel caso campo misto e soli neutroni (senza soglia e con soglia 200 keV) ... 54

3.6 Risposta di un LINUS simulato (conteggi/primario totali e nel picco) quando risponde solo ad una componente del campo (protoni, ioni leggeri, ioni pesanti separatamente). ... 58

3.7 Tipo, numero ed energia delle particelle entranti nel He3 del detector posto a 0°. ... 60

3.8 Tipo, numero ed energia delle particelle entranti nel He3 del detector posto a 0°. ... 60

3.9 Tipo, numero ed energia delle particelle entranti nel He3 del detector posto a 0°. ... 61

3.10 Risposta di un LINUS (conteggi/primario) ad un campo misto prodotto da ioni carbonio 400 MeV/u e protoni 250 MeV su un target di polietilene ... 63

4.1 Tabella riassuntiva per il calcolo della risposta attesa da un LUPIN (conteggi/primario) dalla misura di una sorgente di Am-Be ad 1 metro di distanza ... 74

4.2 Confronto tra la risposta misurata e quella simulata (impulsi totali) di un LUPIN ad una sorgente di Am-Be ... 74

4.3 Energia totale depositata (normalizzata per primario) misurata da ogni simulazione e energia depositata media, espressa in GeV/primario ... 75

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4.4 Confronto tra il numero di interazioni calcolate e conteggi rivelati dallo scoring. ... 76

4.5 Conteggi su primario attesi, calcolati utilizzando scoring con card DETECT ([1E-14 GeV-4MeV]) a 6 angoli, generati, separatamente, da cinque diverse componenti del campo di radiazione. ... 79

4.6 Conteggi su primario attesi, calcolati utilizzando scoring con card DETECT ([500 KeV-10MeV]) a 0°, generati, separatamente, da cinque diverse componenti del campo di radiazione ... 80

4.7 Tipo e numero delle particelle entranti nel BF3 del detector posto a 0°. ... 80

4.8 Tipo, numero ed energia delle particelle entranti nel BF3 del detector posto a 0° ... 81

4.9 Tipo, numero ed energia delle particelle entranti nel BF3 del detector posto a 0° ... 81

4.10 Energia totale depositata (normalizzata per primario) misurata da ogni simulazione e energia depositata media, espressa in GeV/primario. ... 83

4.11 Confronto tra conteggi su primario attesi nel caso ioni carbonio 400 MeV/u e protoni 250 MeV su target di polietilene. ... 84

4.12. Confronto tra conteggi su primario attesi nel caso di risposta dello strumento a tutto il campo e nel caso di risposta alla sola componente neutronica. ... 85

5.1 Dose integrale attesa/primario (Sv/primario) ad 1 metro di distanza dal target ... 95

5.2 Tipo e numero delle particelle entranti nel gas del detector posto a 0° ... 100

5.3 Tipo e numero delle particelle entranti nel BF3 del detector posto a 0° ... 100

5.4 Tipo e numero delle particelle entranti nel BF3 del detector posto a 0° ... 101

5.5 Tipo e numero delle particelle entranti nel BF3 del detector posto a 0° ... 101

5.6 Dose integrale attesa/primario (Sv/primario) nel caso di ioni carbonio (400 MeV/u) e protoni (250 MeV) ... 103

5.7 Dose integrale attesa/primario (Sv/primario) a 1 metro di distanza dal target ... 103

5.8 Dose integrale attesa/primario (Sv/primario) nel caso di ioni carbonio (400 MeV/u) e protoni (226 MeV) su target di piombo. ... 105

6.1. Equivalente di dose ambientale della sola componente neutronica per ioni Carbonio 400 MeV/u su target di polietilene e risposta degli strumenti al campo misto ... 110

6.2. Equivalente di dose ambientale della sola componente neutronica per protoni 250 MeV su target di polietilene e risposta degli strumenti al campo misto ... 110

6.3 Equivalente di dose ambientale della sola componente fotonica per ioni carbonio 400 MeV/u e risposta dello strumento simulato al campo misto... 111

6.4. Equivalente di dose ambientale della sola componente fotonica per protoni 250 MeV e risposta dello strumento simulato al campo misto. ... 111

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Abstract

Due to the worldwide dissemination of facilities where charged hadrons are accelerated at high energy, both for research and for medical reasons, ambient dosimetry in mixed and high energy radiation fields is a widely discussed topic. The radiation field produced by a particle accelerator, inside its shielding, is composed of different kinds of particles with a wide energy range. Different kinds of particles, in the mixed field, provide a different contribution to the total dose. When a detector, which is designed to measure a specific radiation, is exposed to a mixed radiation field, it turns out to be sensitive to particles that are different from the ones it is designed for, and its output is affected by the contribution of different components of the field, which varies according to the specific detector and field. The aim of this work is to characterize gas detectors response function in secondary particles radiation fields present during a hadrontherapy treatment. The LINUS and LUPIN rem counters, as concern the neutron dosimetry, and an ionization chamber, used as a monitor for photons ambient dose equivalent, have been studied.

The field and the detectors have been characterized by the FLUKA Monte Carlo code, which ensures quite a good efficiency in transporting high energy particles and where the physics models for the interaction between radiation and matter are fully implemented. A deep study of the specific radiation field has been done; the spectra and the yields for each particle emerging from the target have been acquired, for two different cases: a 400 MeV/u carbon ion beam and a 250 MeV proton beam, which are typically used for hadrontherapy treatments and which are available at CNAO, where the experimental part of this work has been carried out.

The data regarding the response of the simulated instruments have been scored mainly by the card DETECT and they have been elaborated in order to compare the simulated response to the measured one, according to the specific way each detector provides the signal. The detectors response has been validated, first, comparing simulation and measurement response to the source each instrument has been calibrated for (an Am-Be neutron source for the rem counters, a gamma source of 137Cs for the ionization chamber). After that,

the response to the field produced by a beam of carbon ions (400 MeV/u) and protons (250 MeV) impinging on a thick target of polyethylene, has been studied.

Thanks to the MC code it’s been possible to evaluate, for every gas detector individually, the detector response to any single component of the mixed field, and its contribution to the total response. Carbon ions show that charged hadrons provide the major contribute to the total dose along the beam direction, while at greater angles their contribution becomes negligible and the field is dominated by neutrons. On the other hand, when a proton beam is accelerated, charged hadrons are always negligible and the field is dominated by neutrons at all angles. In the end, the rem counters response shows the worst performance at 0° with carbon ions, but improves at major angles; with proton beam, the response function of the rem counters is quite acceptable. The ionization chamber is most sensitive to all kind of secondary radiation, and its response, in this kind of fields, is always dominated by secondary particles other than photons.

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Sommario

Grazie all’aumentare del numero di impianti in tutto il mondo, in cui, per scopi di ricerca e/o per scopi medicali, sono presenti fasci di particelle cariche ad alta energia, la complessità legata alla dosimetria ambientale in campi misti e di alta energia è un problema di grande interesse e ampiamente discusso in letteratura. Il campo di radiazione all’interno delle schermature di un impianto dove è presente un acceleratore di particelle è un campo complesso perché costituito da particelle di diversa natura con spettri estesi su ampi range di energia. Poiché particelle di diversa natura, con la stessa energia, forniscono un contributo diverso alla dose totale, quando uno strumento, progettato per rivelare un determinato tipo di particelle, è esposto ad un campo misto, dovrebbe idealmente “vedere” esclusivamente quella radiazione. Tuttavia, in un campo misto di alta energia gli strumenti rispondono ogni qual volta si verifica un’interazione che rilasci nel volume sensibile una quantità sufficiente di energia; è dunque possibile che vi siano componenti della risposta anche dovute a componenti del campo diverse da quelle per cui gli strumenti sono progettati, con modalità non prevedibili a priori e variabili a seconda del tipo di strumento e del campo di radiazione a cui è esposto. Nello specifico, scopo di questo lavoro di tesi è caratterizzare la risposta di rivelatori a gas in campi di radiazione secondaria prodotti durante un trattamento di adroterapia. I detector analizzati sono il rem counter tipo LINUS e il rem counter LUPIN, monitor per la dosimetria neutronica, e una camera a ionizzazione, riferimento per la dose ambientale da fotoni.

È stata effettuata una analisi dettagliata degli spettri e delle rese delle particelle emergenti dal target, in due casi di interesse, fascio di ioni carbonio 400 MeV/u e protoni da 250 MeV, scelti perché tipicamente usati per trattamenti di adroterapia, e perché disponibili al CNAO (Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica), dove si è svolta la fase sperimentale di questo lavoro di tesi. È stato utilizzato il codice Monte Carlo FLUKA, che garantisce elevata affidabilità di calcolo nel trasporto di particelle di alta energia e nel quale sono implementati i modelli fisici di interazione radiazione/materia per le energie e le particelle oggetto di studio. I dati relativi alla risposta degli strumenti simulati sono stati ottenuti principalmente con card DETECT e sono stati elaborati al fine di fornire un valore confrontabile con il risultato della misura dello strumento reale, tenendo conto delle specifiche modalità con cui ognuno dei tre rivelatori elabora il segnale. La risposta degli strumenti simulati è stata validata sperimentalmente, confrontando la risposta dello strumento simulato e quella dello strumento reale alla radiazione per cui i detector sono stati tarati (Am-Be per i due rem counter,

137Cs per la camera). Successivamente è stata studiata la risposta dei tre rivelatori al campo prodotto da un

fascio di ioni carbonio da 400 MeV/u e da un fascio di protoni da 250 MeV, incidente su un target spesso di polietilene.

Attraverso simulazione Monte Carlo è stato possibile valutare separatamente la risposta degli strumenti simulati alle singole componenti del campo prodotto. È emerso che, nel caso di ioni carbonio, le particelle cariche forniscono il contributo maggiore alla risposta totale, per tutti i rivelatori studiati, quando sono posizionati lungo la direzione del fascio; all’aumentare dell’angolo prevale, invece, il contributo legato ai neutroni. Nel caso di protoni, a causa della bassa resa delle particelle cariche il loro contributo risulta essere sempre trascurabile. I dati confermano gli spettri ottenuti durante l’analisi del campo.

Inoltre, grazie alla simulazione, è stato effettuato un confronto in termini di H*(10) tra il valore di dose dovuto al tipo di particella considerata (neutroni o fotoni) e il valore di H*(10) misurato dal corrispettivo strumento. È emerso che la camera a ionizzazione risulta essere estremamente sensibile a tutte le componenti del campo, per cui il valore misurato si discosta significativamente dal valore che ci si attenderebbe se il monitor rispondesse esclusivamente ai fotoni. Per i due rem counter, invece, lo scostamento è risultato più contenuto, ma comunque rilevante in alcuni casi, quali, ad esempio, le misure nelle aree antistanti il target con fasci di ioni carbonio.

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Capitolo 1

Introduzione

Uno dei problemi fondamentali nel misurare il campo di radiazione attorno ad un acceleratore di particelle ad alta energia, è dovuto alla complessità del campo, composto da diversi tipi di particelle (quali neutroni, adroni carichi, muoni, pioni, fotoni ed elettroni), con spettri estesi su un vasto range di energia. La frazione maggiore della dose equivalente all’esterno delle schermature, è principalmente dovuta ai neutroni, perciò la dosimetria neutronica è un argomento fondamentale e ampiamente trattato in letteratura, anche grazie al diffondersi di facility in tutto il mondo dove particelle cariche sono accelerate sia per scopi di ricerca che terapeutici.

Scopo di questo lavoro di tesi è analizzare come uno strumento, nello specifico un rivelatore a gas, nato per rivelare un determinato tipo di particella, risponda a un campo di secondari misto e di alta energia, prodotto durante un trattamento di adroterapia. In particolare, sono stati analizzati il rem counter tipo LINUS e il rem counter tipo LUPIN, relativamente alla rivelazione della dose dovuta ai neutroni, e una camera a ionizzazione, come riferimento della dose dovuta ai fotoni. Linea guida di questo lavoro è stata la ricerca di un metodo con cui discriminare i segnali raccolti, in base al tipo di particella che li ha generati, evidenziando le modalità con cui una particella può essere rivelata dallo strumento e modificarne quindi la risposta, ed evidenziando le modalità specifiche con cui ogni strumento elabora il segnale.

Il campo e gli strumenti sono stati caratterizzati attraverso simulazioni Monte Carlo e i risultati sono stati validati attraverso una seguente fase sperimentale. Le misure si sono svolte presso il CNAO (Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica) di Pavia, dove è presente un sincrotrone in grado di accelerare un fascio di protoni e ioni carbonio a energie intermedie (250 MeV e 400 MeV/u).

1.1. La misura della radiazione in un rivelatore a gas

1.1.1.

L’interazione radiazione-materia

Interazione con le particelle cariche

Le particelle cariche interagiscono principalmente con il gas, tramite interazione coulombiana con gli elettroni orbitali degli atomi o delle molecole del mezzo che attraversano. L’interazione con la carica positiva dei nuclei e le reazioni nucleari indotte dalle stesse particelle cariche sono eventi più rari, specialmente ai fini del funzionamento di un rivelatore. Lungo il suo percorso in un mezzo, la particella carica perde una frazione della sua energia cinetica iniziale in ogni singola interazione, in maniera discreta e casuale. Trascurando la

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natura stocastica della radiazione e ipotizzando che lo ione rilasci la sua energia in modo continuo lungo la traccia, si definisce l’energia cinetica media persa dalla particella per unità di percorso come potere frenante collisionale (Collision Stopping Power). Calcolarlo in maniera accurata è molto complesso, tuttavia, esistono modelli semi-classici basati su ipotesi semplificative, che tengono conto delle principali caratteristiche di questo fenomeno. La formula classica è nota come formula di Bethe-Block e si scrive

−𝑑𝐸 𝑑𝑥 = 𝑁𝑍 4𝜋𝑒4𝑧2 𝑚𝑣2 [𝑙𝑛 2𝑚𝑣2 𝐼 − ln (1 − 𝑣2 𝑐2) − 𝑣2 𝑐2 [1]

Dove v e z sono la velocità e la carica della particella incidente, N e Z la densità atomica e il numero atomico del target e I il potenziale medio di eccitazione e ionizzazione degli atomi del target, gli ultimi due termini tengono conto degli effetti relativistici e diventano importanti quando l’energia cinetica delle particelle approssima la loro energia di massa; per le particelle e le energie in gioco, sono termini trascurabili. L’equazione di Bethe-Block è ottenuta ipotizzando che la traiettoria del proiettile non sia significativamente influenzata dalla presenza dell’elettrone nel target e che l’elettrone, durante l’interazione, non modifichi la propria posizione, perché la durata dell’interazione è molto breve. Mentre nelle interazioni a corto raggio la forza coulombiana predomina sull’energia di legame dell’elettrone con l’atomo del target, quando si considerano le interazioni a lunga distanza, l’elettrone non può più essere considerato libero e una descrizione quantistica sarebbe necessaria. Per semplicità, si assume che il proiettile interagisca generando un campo elettrico in prima approssimazione costante sull’intero atomo, il cui effetto è quello di ionizzare o eccitare l’atomo del target. Senza distinguere tra i due eventi si introduce un potenziale medio di ionizzazione per collisioni a bassa energia (soft collision). Si osserva dall’equazione che mantenendo costanti i parametri della particella (v e z), all’aumentare di N e di Z aumenta l’energia persa per unità di percorso; fissando invece il mezzo (N e Z rimangono costanti), una particella perde più energia alla fine del suo percorso, quando v tende a 0, inoltre particelle più pesanti, a parità di velocità, vengono fermate prima rispetto a quelle più leggere. L’approssimazione fallisce alle basse energie dove il proiettile è soggetto a cattura e perdita di elettroni, modificando continuamente la sua carica efficace. In questo lavoro lo stopping power sarà calcolato tramite il software di simulazione SRIM (the Stopping and Range of Ions in Matter), un insieme di pacchetti software per il calcolo delle principali proprietà del trasporto di ioni nella materia.

L’effetto dell’interazione adrone-materia può essere eccitazione o ionizzazione, a seconda della quantità di energia trasferita dalle particelle alle molecole del mezzo. Si parla di eccitazione quando l’elettrone, acquistando energia, salta su un orbitale più esterno; si parla invece di ionizzazione, quando l’energia trasferita è sufficiente a liberare l’elettrone dall’atomo originando una coppia ione-elettrone.

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Interazione con i neutroni

I neutroni, essendo privi di carica elettrica, non interagiscono con gli elettroni, ma vedono la materia come spazio vuoto con piccole e concentrate zone di materia nucleare sparse attorno. Un neutrone interagisce con difficoltà con gli atomi e le molecole del mezzo che attraversa e altrettanto difficilmente viene fermato, per cui costituisce probabilmente il tipo di radiazione più difficile da rivelare [8]. La maggior parte dei rivelatori per neutroni sfrutta le reazioni nucleari indotte dai neutroni e la grandezza che misurano è l’energia depositata dalle particelle cariche prodotte. Per massimizzare l’efficienza di rivelazione, la reazione nucleare su cui si basano questi strumenti deve avere una elevata sezione d’urto; tuttavia, per quasi tutte le reazioni nucleari, la sezione d’urto decresce all’aumentare dell’energia del neutrone e la sola rivelazione di neutroni termici risulta possibile. Tra le reazioni che hanno largo impiego, nella rivelazione dei neutroni termici, vi sono la cattura neutronica sull’3He e sul 10B, che costituiscono entrambi sia il target sia il gas di riempimento

dei contatori proporzionali utilizzati in questo studio.

Di seguito sono schematizzate le principali caratteristiche delle due reazioni:

𝐵 10 (n, α) {7𝐿𝑖∗→ 𝐿𝑖7 + 𝛾 , 94% 𝑄 = 2.310 𝑀𝑒𝑉 𝐿𝑖 7 , 6% 𝑄 = 2.792 𝑀𝑒𝑉 𝜎𝑡ℎ= 3840 𝑏 𝐻𝑒 3 (n, p) → 𝐻3 𝑄 = 764 𝐾𝑒𝑉 𝜎 𝑡ℎ = 5330 𝑏

Dove 𝑄 = ∑𝑝𝑟𝑜𝑑𝑜𝑡𝑡𝑖𝐸𝑘− ∑𝑟𝑒𝑎𝑔𝑒𝑛𝑡𝑖𝐸𝑘. Essendo l’energia cinetica del neutrone termico incidente,

trascurabile rispetto al Q-valore della reazione, si può assumere che l’intera energia liberata dalla reazione sia ripartita tra i suoi prodotti, i quali sono emessi in direzione opposta essendo trascurabile anche il momento del neutrone. Dai principi di conservazione di energia e momento, risulta nel caso della reazione sul 10B:

𝐸𝐿𝑖+ 𝐸𝛼= 2.31 𝑀𝑒𝑉

𝑚𝐿𝑖𝑣𝐿𝑖 = 𝑚𝛼𝑣𝛼

√2𝑚𝐿𝑖𝐸𝐿𝑖= √2𝑚𝛼𝐸𝛼

Risolvendo il sistema, si ottiene 𝐸𝐿𝑖= 0.84 𝑀𝑒𝑉 e 𝐸𝛼= 1.47 𝑀𝑒𝑉.Ripetendo gli stessi calcoli per la reazione

nell’He3, 𝐸𝐻= 573 𝐾𝑒𝑉 e 𝐸3𝐻 = 191 𝐾𝑒𝑉. La sezione d’urto sull’ 𝐻𝑒3 è sensibilmente più alta rispetto a

quella sul 𝐵10 , tuttavia gli alti costi ne limita l’utilizzo, inoltre è in molti casi preferita la reazione sul 𝐵10 perché avendo un Q-valore maggiore, ne consegue una più facile discriminazione tra il segnale neutronico e il fondo gamma.

(20)

Gli strumenti di misura per neutroni veloci si realizzano spesso circondando un rivelatore per neutroni termici con un mezzo moderante; le dimensioni, la geometria e i materiali utilizzati modificano la risposta dello strumento al variare dell’energia della particella incidente. L’efficienza di risposta di un rivelatore termico circondato da un moderatore, ad un fascio monoenergetico di neutroni, dipende infatti dalle dimensioni del moderatore e mostra un massimo in corrispondenza di uno specifico valore del raggio (se il moderatore è sferico). La presenza di un picco di risposta è il risultato di due fenomeni competitivi: all’aumentare del volume della regione moderante, aumentano le collisioni e la probabilità che un neutrone veloce raggiunga il detector con la giusta energia per essere rivelato; dall’altra parte, un moderatore troppo grande riduce la probabilità che il neutrone entri nel volume sensibile e aumenta, invece, la probabilità che venga assorbito prima. Variando le dimensioni del moderatore, si ottiene una curva di risposta sempre diversa, con un massimo di efficienza, per valori diversi di energia. Se si dispone di un set di rivelatori, per i quali si conosce di ognuno la curva di risposta in funzione dell’energia del neutrone incidente (/conteggi), dalla misura (conteggi) si può risalire alla fluenza di uno spettro incognito tramite unfolding. Su questo principio si basa la spettrometria a multi-sfere come la nota Spettrometria delle sfere di Bonner (BSS), sviluppata e testata nel 1960 da Bramblett e altri e ormai ampiamente nota. Grazie ai più recenti sviluppi è stato possibile anche migliorare la risposta della spettrometria in campi con neutroni ad alta energia [2]. Un’alternativa ad un sistema a multisfere è quello di disegnare il moderatore in modo che lo strumento abbia una specifica curva di risposta e sia in grado di fornire immediatamente l’informazione voluta. Su questo principio si fonda un rem counter. Il termine rem counter è un retaggio del passato, dal nome della vecchia unità di misura (il Roentgen, misura dell’esposizione da radiazione X o gamma), oggigiorno un rem counter è disegnato affinché la sua curva di risposta sia parallela ai coefficienti di conversione fluenza-dose equivalente (H*(10)/). Per ottenere una misura immediata dell’equivalente di dose ambientale, è allora sufficiente conoscere il coefficiente di taratura dello strumento (H*(10)/conteggi) e moltiplicarlo per il risultato della misura (conteggi). Nonostante la grandezza fondamentale in radioprotezione sia la dose efficace E, in metrologia H*(10) è l’unica quantità utilizzata come approssimazione conservativa della dose.

1.1.2.

I rivelatori a gas

I rivelatori si possono distinguere tra quelli che generano il segnale massimizzando il processo di ionizzazione (contatori a gas e semiconduttori) e quelli che, al contrario, sfruttano il processo eccitazione (es. scintillatori, i quali rivelano la radiazione luminosa emessa dalla diseccitazione). In questa tesi si descrivono solo detector a gas basati sulla ionizzazione del gas di riempimento.

Quando la radiazione attraversa il gas, lo ionizza; la coppia ione-elettrone prodotta rappresenta l’unità base per costruire un segnale effettivamente misurabile, nonché l’unità portatrice delle informazioni relative alla particella originaria (es. energia, tipo d particella). Se le dimensioni del detector sono sufficientemente grandi, la particella si ferma completamente nel suo volume depositando tutta la sua energia cinetica iniziale

(21)

Ek. Lungo la traccia avrà creato un numero di coppie ione-elettrone pari al rapporto tra l’energia totale

trasferita e l’energia media dissipata dalla particella per creare una coppia, che si indica in genere con W. W è funzione del gas (specie, ma anche pressione e temperatura), del tipo di particella e della sua energia, tuttavia risultati sperimentali mostrano che rimane circa costante per molti tipi di gas e diverse radiazioni (valori tipici sono compresi tra 25-30 eV/coppia).

Il volume del gas è delimitato da due elettrodi con geometria variabile, ai cui capi è applicata una differenza di potenziale in grado di accelerare le cariche prodotte (quelle positive verso il catodo e quelle negative verso l’anodo). Il valore di tensione applicata deve essere sufficiente non solo a raccogliere tutte le cariche, ma anche ad evitare processi di ricombinazione (generati dall’agitazione termica delle molecole) tra le particelle cariche prodotte o tra le particelle cariche e le molecole neutre del gas. Esiste un valore di soglia al di sotto del quale la carica raccolta è inferiore al numero di coppie generate dalla radiazione; oltre questo valore la carica prodotta è sempre interamente raccolta.

È noto che al variare del potenziale applicato ai capi del detector, si distinguono diverse aree di lavoro e tre diversi tipi di rivelatori [1].

Figura 1.1. Diverse regioni di lavoro per rivelatori a gas.

Superato il valore di soglia che elimina la ricombinazione, all’aumentare del potenziale applicato la corrente non può aumentare, poiché tutte le cariche sono state già raccolte; questa è la regione in cui operano le camere a ionizzazione. La corrente rimane costante fino ad un nuovo valore di soglia oltre il quale, gli elettroni prodotti dalla particella originale, mentre sono accelerati, possono raggiungere energia cinetica sufficiente a ionizzare le molecole neutre del mezzo, creando nuove coppie che a loro volta possono ionizzare altre molecole. Si origina una valanga, in cui un elettrone libero può potenzialmente generare nuovi elettroni liberi, la valanga termina quando tutti gli elettroni sono collezionati all’anodo. Anche gli ioni positivi potrebbero

(22)

generare una valanga, ma il potenziale di soglia è molto più alto a causa della loro massa maggiore e minore mobilità. La frazione di elettroni prodotti per unità di percorso è governata dall’equazione

𝑑𝑛

𝑛 = 𝛼 𝑑𝑥

Se il campo elettrico è costante, come per una geometria piana, α è costante e la densità degli elettroni cresce esponenzialmente con la distanza percorsa dalla valanga. Scegliendo una geometria cilindrica, il campo elettrico aumenta lungo la direzione della valanga secondo l’equazione 𝐸(𝑟) = 𝑉

𝑟 ln (𝑏 𝑎⁄ ), dove V è il

potenziale applicato, a il raggio dall’anodo e b il raggio interno del catodo. Poiché anche α non è più costante, il risultato dell’equazione dimostra che, in un detector cilindrico, la valanga può avanzare più rapidamente che in una geometria piana; inoltre, grazie al fatto che il campo elettrico è funzione del raggio, è possibile stabilire a quale distanza dall’anodo gli elettroni raggiungono il potenziale di soglia per generare la valanga. Confinando la valanga in una regione molto piccola rispetto al volume totale del detector, la proporzionalità tra le coppie originali e la carica raccolta rimane costante. Questa è la regione dei contatori proporzionali.

Figura 1.2. Andamento del campo elettrico in funzione del raggio in una geometria cilindrica (a sinistra); immagine della valanga (destra).

Il coefficiente di moltiplicazione M, tra le cariche originali e quelle raccolte, dipende dalla pressione del gas, dalle caratteristiche geometriche del detector e dal potenziale applicato. È fondamentale garantire un’elevata stabilità durante il funzionamento del contatore proporzionale, perché M è estremamente sensibile a piccole variazioni di V. Se il potenziale applicato è troppo elevato, si iniziano ad osservare effetti di non linearità (regione limite dei contatori proporzionali). Continuando ad aumentare V, il numero di cariche prodotte diventa così elevato che la densità di carica degli ioni positivi scherma il campo elettrico, fino a ridurlo sotto il livello di soglia per cui un’ulteriore moltiplicazione si verifichi. Il processo della valanga è auto-limitante e termina per un numero fisso di ioni positivi indipendentemente dal numero di ioni creati

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inizialmente. L’altezza dell’impulso è costante e tutte le informazioni sulla particella originale sono perse, è la regione di lavoro dei contatori Geiger-Mueller [1].

I rivelatori attivi per neutroni studiati in questo lavoro di tesi, sono contatori proporzionali in cui il gas di riempimento, l’3He e il BF

3, coincide con il bersaglio. L’3He è un gas nobile, se sufficientemente puro mostra

buone prestazioni come gas proporzionale. Poiché il range dei suoi prodotti di reazione, protone e 3H, spesso

non è trascurabile rispetto alle dimensioni del detector, il detector è soggetto all’effetto parete [meglio descritto nel cap. 3]. Si può ridurre tale effetto aumentando le dimensioni del detector o riducendo lo stopping power delle particelle cariche, aumentando la pressione del gas e/o introducendo un gas più pesante; valori tipici di pressione, per questo tipo di rivelatori, sono 2-4 atm. Il boro, invece, può formare diversi composti gassosi, la scelta di utilizzare il BF3 è però quasi universale per le sue prestazioni superiori

come contatore proporzionale e per l’elevata concentrazione di boro. In quasi tutte le sue applicazioni commerciali il gas è fortemente arricchito in 10B, raggiungendo un’efficienza di rivelazione circa cinque volte

più grande di quella ottenibile se il gas contenesse boro naturale [1]. La pressione di lavoro del BF3 è limitata

a valori intorno a 0.5-1 atm perché, a pressioni più elevate, perde la sua capacità come contatore proporzionale. Mentre il detector all’3He è largamente usato sia nella versione cilindrica che sferica, il

contatore al BF3 è universalmente costruito usando un catodo cilindrico esterno e un sottile anodo centrale,

solitamente in alluminio. Nei rem counter entrambi i detector sono ampiamente utilizzati.

1.2. Fluka

In questo lavoro è stato utilizzato FLUKA, un codice di simulazione Monte Carlo per il calcolo del trasporto e delle interazioni tra particelle e materia. Nato negli anni ’60, ha trovato sin da subito numerose applicazioni nel campo delle schermature, dell’adroterapia, della fisica delle alte energie, della caratterizzazione dei detector.

I modelli fisici implementati in Fluka sono continuamente aggiornati per garantire la massima precisione e accuratezza nelle simulazioni e, per quanto possibile, vengono adottati modelli microscopici.

Il codice è in grado di trasportare circa 60 tipi di particelle diverse: • Fotoni ed e- con energie comprese tra 1 eV e centinaia di TeV;

• Fotoni ottici;

• Adroni, neutrini e muoni fino a 20 TeV; • Neutroni termici [3].

Per adattarsi a tutti i diversi utilizzi per i quali Fluka è stato implementato, il codice deve garantire flessibilità nella programmazione, ma sempre mantenendo una adeguata efficienza. Per questo gli algoritmi del software sono selezionati per essere veloci e accurati e vengono sempre utilizzati dati tabulati come confronto e validazione delle simulazioni.

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Il codice può gestire interazioni adrone-adrone, adrone-nucleo, leptoniche ed elettromagnetiche con un range energetico compreso tra 1 keV e 10,000 TeV/A ed è in grado di trasportare particelle cariche sia in campi elettrici sia in campi magnetici.

Il modello di interazione adronica implementato in Fluka si chiama PEANUT (Dual Parton model-based Glauber-Gribov cascade) e prevede la descrizione fenomenologica delle interazioni di alta energia (fino a 20 TeV), un modello generalizzato di cascata intra-nucleare, modelli di emissione di pre-equilibrio e di evaporazione, frammentazione, fissione e de-eccitazione con emissioni di raggi gamma. Fluka nasce per simulare la fisica reale completa, senza trascurare, per quanto possibile, interazioni e/o particelle, a meno che sia l’utente stesso a richiederlo (evitare che il codice trasporti particelle che non sono utili ai fini specifici di una simulazione può rappresentare un vantaggio notevole in termine di tempo macchina). Per questa ragione tutti i modelli fisici sono completamente integrati nel codice FluKa, per altri codici Monte Carlo è, invece, necessario selezionare i modelli che governano le reazioni di cascata intra-nucleare ed evaporazione. In particolare, a causa della scarsità di dati delle sezioni d’urto e della diversità dei modelli INC e di evaporazione, risultati del trasporto di neutroni ad energie maggiori di 20 MeV possono differire anche solo per la scelta del codice utilizzato. A tale scopo l’EURADOS (European Radiation Dosymetry Group) ha commissionato a sei gruppi internazionali esperti nel calcolo del trasporto neutronico, un esercizio con lo scopo di investigare in maniera sistematiche tali differenze [4]. L’importanza di queste ricerche è rilevante, ai fini della caratterizzazione di strumenti atti alla rilevazione di neutroni ad alta energia, perché solo poche facility al mondo sono in grado di fornire fasci quasi monoenergetici di neutroni all’energie necessarie per la calibrazione. È dunque necessario ricorrere alla simulazione per trovare la curva di risposta dello strumento. Inoltre, il contributo dei neutroni veloci alla dose è, in quasi la totalità dei casi, predominante, in campi di radiazione in quota e al livello del mare ed anche al di là delle schermature di acceleratori di ioni ad alta energia.

1.2.1.

Trasporto di neutroni di bassa energia

Fluka trasporta i neutroni con energia inferiore ai 20 MeV (low-energy neutrons) tramite un algoritmo multigruppo: quando l’energia del neutrone è compresa tra 1E-14 GeV (energia minima per il trasporto dei neutroni) e 20 MeV, il programma non associa alla particella un valore di energia puntuale, ma lo identifica come appartenente ad un gruppo a cui è associato un certo range di energia. Nella versione attuale di Fluka ci sono 260 gruppi che dividono l’intervallo energetico in bin logaritmici di ampiezza quasi uguale, tra i quali 31 gruppi sono termici. Le reazioni elastiche ed inelastiche sono simulate non come processi esclusivi, ma utilizzando le probabilità di trasferimento gruppo-a-gruppo (matrice di downscattering) [3]. Nella neutron cross-section library sono presenti le sezioni d’urto di 250 materiali diversi, alcuni anche per due o tre diverse temperature, selezionati per l’interesse che hanno nella fisica, dosimetria e ingegneria degli acceleratori. Anche il trasporto dei gamma da reazione di cattura radiativa avviene tramite un algoritmo multi-gruppo (42

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le sezioni d’urto continue, punto per punto. Per quanto concerne la produzione di particelle secondarie si analizza in dettaglio cosa succede alle particelle cariche nelle reazioni d’interesse, 3He(n,p)3H e 10B(n,alfa)7Li:

• Il protone e il trizio prodotti dalla prima reazione non sono trasportati, ma depositano la loro energia localmente, nel punto dove è avvenuta la reazione;

• La particella alfa e lo ione Litio sono prodotti e trasportati esplicitamente (come succede anche per i protoni di rinculo e da reazione N(n,p)) [3]

1.2.2.

Principali card e routine utilizzate nelle simulazioni

I dati presentati in questa tesi sono stati simulati in Fluka con versione 2011.2x.2 compilando l’eseguibile per il trasporto di ioni pesanti. La fisica usata è sempre stata impostata tramite la card di input DEFAULT con opzione PRECISIO, che fornisce una elevata precisione di calcolo e garantisce il trasporto di neutroni a bassa energia anche al di sotto delle energie termiche e la produzione di frammenti pesanti, con soglia preimpostata a 100 keV.

Salvo dove esplicitamente indicato, lo scoring è stato effettuato tramite card DETECT. Attivando questa card nella regione del volume sensibile del detector simulato, viene effettuato lo scoring dell’energia depositata evento per evento In output si acquisisce lo spettro relativo al numero di eventi rivelati, normalizzati per primario, in funzione dell’energia depositata in ogni singolo evento; l’utente stabilisce un valore di energia minimo e massimo su cui fare lo scoring e Fluka lo divide in 1024 bin di uguale ampiezza, non è possibile modificare arbitrariamente l’ampiezza dei bin. La card DETECT fornisce risultati attendibili solo in assenza di biasing e il codice impedisce di associare alla card DETECT, la card AUXSCORE per filtrare la risposta dovuta alle singole particelle. Per poter colmare tali limiti è stato necessario effettuare uno scoring tramite la compilazione della user routine mgdraw.f.

Di seguito sono brevemente descritte le principali routine utilizzate in questa tesi.

Mgdraw.f

Inserendo nel file di input la card USERDUMP lo user attiva la routine considerata. La routine mgdraw.f (General event interface) permette di creare un “collision tape”. Un “collision tape” è un file dove quantità relative ad eventi selezionati vengono salvate durante ogni run di Fluka; il termine “collision tape” viene ancora oggi utilizzato per ragioni storiche, anche se sarebbe più appropriato parlare di “event file” [3]. Nel manuale sono elencate le varie ragioni per cui uno user può decidere di scrivere un collision tape, tra cui, come in questo caso, effettuare uno scoring non-standard. È possibile scegliere di salvare dati relativi alla traiettoria delle particelle, agli eventi di deposizione locale o continua di energia o una qualsiasi combinazione delle tre. All’interno della routine sono presenti sei diverse entries:

1. MGDRAW per accedere ai dati relativi alla traiettoria;

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3. EEDRAW per accedere ai dati quado un evento è terminato;

4. ENDRAW per gli eventi di deposizione locale e/o continua di energia; 5. SODRAW per i dati relativi alle particelle della sorgente;

6. USDRAW per tutti gli altri dati definiti dallo user [3].

La routine è stata modificata nella seconda entry per la caratterizzazione del campo di secondari prodotto dall’interazione del fascio con il target [cap.2] e per rivelare il tipo di particella entrante nella regione di rivelazione [cap.3,4 e 5].

Source.f

La routine si attiva tramite la card SOURCE. Questa routine permette di campionare alcune proprietà delle particelle primarie da distribuzioni in spazio, energia, direzione e altre, [3] troppo complicate o impossibili da realizzare con le sole card. È così possibile modificare la geometria della sorgente, inserire più sorgenti o generare uno spettro, come è stato fatto in questo caso per ottenere uno spettro da sorgente di Am-Be (tramite la sola card BEAM è possibile generare esclusivamente una sorgente monoenergetica). Per realizzare una sorgente non monoenergetica, sono stati forniti i valori di energia dello spettro discretizzato e i valori corrispettivi della fluenza di neutroni (n/cm2), ovvero la funzione di distribuzione. Il programma costruisce la

funzione cumulata discreta e normalizza a 1 la funzione. Per ogni primario il programma genera un numero casuale compreso tra 0 e 1 e trova il bin della funzione cumulata normalizzata in cui il valore random è compreso e assegna alla particella sorgente il valore di energia cinetica corrispondente a tale bin.

Usrmed.f

La routine usrmed.f (User Medium dependent derictives) è richiamata tramite la card MAT-PROP, associata ad uno o più materiali scelti dall’utente. È possibile modificare alcune proprietà delle particelle, ogni volta che attraversano una regione arbitraria. Tipiche applicazioni sono simulazioni di fenomeni di rifrazione o di riflessione, utilizzata al fine di modificare i coseni direttori e/o modificare il peso della particella [cap.3].

1.3. Il CNAO

Il CNAO (Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica) è un centro di eccellenza situato a Pavia, istituito dal Ministero della Salute, dove si prestano servizi per il trattamento e la cura di tumori tramite adroterapia. L’adroterapia è una forma di radioterapia in cui le particelle proiettile inviate al paziente sono gli adroni (dal greco hadròs = forte è il termine usato per indicare particelle costituite da quark quindi soggette alla forza nucleare forte), invece di fotoni ed elettroni che ad oggi si utilizzano per la radioterapia tradizionale. Il vantaggio dell’utilizzo di particelle cariche pesanti è essenzialmente legato alla precisione balistica con cui tali particelle sono in grado di rilasciare energia [5] e alla maggiore efficacia nel procurare danno alle cellule tumorali (es. ione carbonio ha RBE, Relative Biological Effectivness, di circa 3). La combinazione di queste proprietà rende tali particelle più efficaci nella cura di tumori radioresistenti e/o situati in zone prossime ad

(27)

organi vitali. Nei centri di adroterapia infatti, si prestano cure per tumori rari e complessi, spesso nell’ambito della radioterapia pediatrica.

1.3.1.

Le principali tappe della storia del CNAO

Principali tappe della storia del centro:

• 1991. Pubblicazione del report “Per un centro di teleterapia con adroni”, U.Amaldi, G.Tosi.

• 1992. Primo finanziamento per la creazione di un acceleratore di protoni e ioni per il trattamento di tumori profondi. La fondazione TERA viene creata a Novara.

• 1995. Inizio del progetto di un sincrotrone per ioni carbonio e protoni, ottimizzato per la terapia a livello europeo: “Proton Ion Medical Machine Study” (PIMMS).

• 2000 Decisione da parte del Ministero di finanziare la costruzione del centro. • 2001.Creazione della fondazione CNAO.

• 2002-2004.Costruzione della struttura manageriale e finalizzazione del progetto. • 2005 Vengono poste le prime basi per la costruzione del CNAO.

• 2010.Fine della fase di costruzione e inaugurazione. Inizio della fase di sperimentazione su pazienti. • 2011. Il primo paziente completa con successo il primo ciclo di trattamento.

• 2012. Il primo paziente trattato con ioni carbonio.

Ad oggi si lavora per la crescita e la continua evoluzione del centro e diversi progetti sono oggetto di studio, come la realizzazione di una sala sperimentale, l’utilizzo di particelle diverse da protoni e ioni carbonio, la possibilità di ampliare il centro anche verso trattamenti con neutroni (BNCT).

1.3.2.

La macchina acceleratrice e le caratteristiche del fascio

L’acceleratore principale è un sincrotrone lungo circa 80 metri e diametro di circa 25 metri. Le due sorgenti, situate al centro dell’anello, sono del tipo ECR (Electron Cyclotron Resonance) che dai gas CO2 e H2 producono

in operazione ioni carbonio e protoni, con la capacità di cambiare lo ione accelerato molto velocemente. Uscite dalla sorgente, le particelle entrano nella LEBT (Low-Energy Beam Transport) dove vengono selezionate le specie richieste, 12C4+ o H

3+, e trasportate fino al quadrupolo di radiofrequenza (RFQ). Qui le

particelle subiscono una prima accelerazione e, raggiunta l’energia adeguata, entrano nel LINAC. Il LINAC (LINear Accelerator) è un acceleratore lineare a radiofrequenza che accelera il fascio fino a un’energia di circa 7 MeV/u, adeguata perché le particelle entrino nel sincrotrone. Nel LINAC è anche presente uno stripping foil che strappa elettroni dagli ioni prima selezionati, per produrre 12C6+ e protoni che costituiscono le particelle

del fascio effettivamente inviato in sala di trattamento. La linea MEBT (Medium Energy Beam Transport) permette l’inserimento del fascio nell’anello del sincrotrone, composto da 40 magneti, a formare due archi simmetrici, e due sezioni rettilinee. Attraverso un magnete aggiuntivo, il betatron-core, il fascio viene ulteriormente accelerato ed estratto dall’anello. Infine, la linea HEBT (High Energy Beam Transport) dirige il

(28)

La durata di un ciclo del sincrotrone è tipicamente tra 4-5 s, di cui 1.5 s è in media la durata della fase di estrazione del fascio (chiamata lunghezza di spill, dove uno spill è un’estrazione), mentre il tempo restante è impiegato per preparare la macchina allo spill successivo. Tra uno spill e l’altro è possibile modificare l’energia del fascio e il numero di particelle inviate all’interno dei range indicati in tabella 1.1, dove sono elencate le caratteristiche principali del fascio per quel che concerne l’energia e l’intensità.

Range energetico del fascio per protoni (ioni carbonio) 60-250 MeV (120-400 MeV/u) Intensità minima-massima per protoni (ioni carbonio) 109-1010 (4107-4108) particelle/s

Intensità del fascio 100%. 50%, 20%, 10%

Tabella 1.1. Specifiche del fascio al CNAO [6]

Il fascio raggiunge due delle sale di trattamento attraverso una linea fissa orizzontale, la terza sala attraverso una linea fissa orizzontale e una fissa verticale. Quattro identici sistemi di Dose Delivery, uno per ogni linea, sono utilizzati al CNAO.

1.3.3.

Il Dose-Delivery System (DDS)

L’utilizzo di un sincrotrone permette di rilasciare completamente la dose in una geometria tridimensionale attraverso una tecnica di scansione modulata del tumore, da parte del fascio di ioni. Il volume del target è suddiviso in diversi strati (slices), ortogonali alla direzione del fascio, ognuno corrispondente ad una diversa profondità e quindi diversa energia del fascio. Ogni strato è irraggiato tramite una sequenza di estrazioni del fascio alla stessa energia, ognuno dei quali raggiunge il tumore in un punto specifico (spot) in modo da definire una griglia sovrapponibile alla sezione del tumore lungo quello strato. In ogni spot il fascio è ben caratterizzato, in termini di intensità (numero di particelle), energia e posizione; compito del DDS è garantire e controllare che tutte le specifiche richieste siano rispettate. Il DDS è una componente fondamentale per la corretta riuscita di un trattamento di adroterapia e per salvaguardare la sicurezza del paziente. Durante le misure sperimentali descritte in questo lavoro di tesi, le specifiche del fascio richiesto sono state impostate dall’operatore nel DDS; nello specifico è stato necessario modificare opportunamente il numero di particelle estratte (l’energia è sempre stata costante e, in questo lavoro, non è d’interesse conoscere con accuratezza la posizione del fascio).

Durante un trattamento, la sequenza con cui il DDS deve irraggiare ogni spot e tutte le relative specifiche del fascio, sono già impostate nel piano di trattamento (TPS, Treatment Planning System). Quando, per ogni spot, il numero di particelle raggiunge il numero prestabilito, il fascio viene guidato verso lo spot successivo tramite un sistema di magneti che permettono al fascio di ricoprire una superficie massima di 2020 cm2 [7]. In base

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rilasciata nei tessuti, altrimenti può essere sufficiente includere nel DDS anche la dose rilasciata durante tale transitorio, senza interrompere l’estrazione.

Le componenti del DDS possono essere suddivise in due gruppi: • i detector per il monitoraggio del fascio (posti nel nozzle); • Il sistema di controllo.

I RIVELATORI DEL FASCIO

Il DDS misura intensità, energia, posizione del fascio attraverso cinque camere a ionizzazione piane e parallele, il cui gas di riempimento è azoto. Le camere monitor sono installate all’interno di due box indipendenti in acciaio: BOX1 e BOX2. (Figura 1.3)

Figura 1.3. Dettaglio della segmentazione degli elettrodi per la rivelazione del fascio (BOX1 e BOX2).

Il BOX1 contiene una camera integrale, il cui anodo ha un’ampia area sensibile adatta alla misura del flusso integrato su tutta l’area e due camere con anodo segmentato per creare 128 strip verticali una e orizzontali l’altra, per la misura della posizione e della larghezza del fascio. Il BOX2 contiene una seconda camera integrale e una camera con anodo suddiviso in 1024 pixel, per la misura della fluenza, della posizione e della larghezza del fascio. Grazie alla buona sensibilità degli strumenti è possibile misurare una carica minima pari a 200 fC, che corrisponde, nel caso di ioni carbonio a 400 MeV/u (condizioni in cui sono state realizzate le misure descritte in questa tesi) a 767 ioni carbonio [7]. La carica raccolta dalle camere a ionizzazione dipende dalla pressione e temperatura del gas, e dal potenziale tra gli elettrodi. Tali valori sono periodicamente controllati e confrontati con i valori di riferimento, eventuali anomalie attivano appropriate procedure di sicurezza.

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IL SISTEMA DI CONTROLLO

Il sistema di controllo sarà descritto brevemente perché non utile ai fini di questo lavoro, per una descrizione dettagliata si rimanda all’articolo citato [7]. Il sistema di controllo è all’interno di una cabina a circa 2 m dalla linea del fascio e protetto da un muro di cemento, per evitare danni da radiazione. Il sistema comprende un sistema di controllo veloce, per il monitoraggio istantaneo delle caratteristiche del fascio (intensità, energia, posizione) e un sistema di controllo lento, che gestisce le misure delle condizioni di lavoro delle camere a ionizzazione.

Figura 1.4. Cabina contenente il DDS.

Ogni sala di trattamento è collegata ad una sala di controllo locale dove sono gestite da remoto tutte le operazioni legate al trattamento. In figura 1.5 l’immagine del monitor presente in sala controllo dal quale è possibile visualizzare in simultanea le proprietà del fascio inviate, durante un trattamento con ioni

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Figura 1.5. Istantanea dei dati visibili continuamente sul display del monitor del DDS: numero totale di slices e spots (1); numero di slices e spots in fasi di trattamento (2); misura della temperatura, pressione e del fattore di correzione del flusso (3); numero di spill e barra di avanzamento del trattamento (4); punti della posizione della corrente(5); conteggi totali INT1 e INT2 (6); Flusso misurato da INT1 eINT2 (7); conteggi totali in StripX e StripY (8); posizione dello spot in mm (9); corrente in Ampere misurata e richiesta (10); flusso 2D misurato dalla camera PIX (11).

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Capitolo 2

Il campo di radiazione all’interno di una sala di

trattamento del CNAO

2.1. Interazioni tra particelle di alta energia e materia

L’interazione tra particelle di alta energia e materia si compone di diverse fasi e processi che si concludono quando l’energia cinetica trasferita al mezzo termalizza [5]. Il campo di radiazione prodotto è molto complesso perché estremamente variegato dal punto di vista della tipologia ed energia delle particelle prodotte. Dal punto di vista della radioprotezione, le particelle cariche, pur fornendo un contributo maggiore alla dose rilasciata nei tessuti, sono facilmente schermabili attraverso processi di ionizzazione. Mentre dietro le schermature l’attenzione è rivolta soprattutto alla radiazione neutronica, all’interno di una sala di trattamento non è possibile trascurare le componenti cariche. Di seguito sono descritte le principali reazioni che coinvolgono le particelle ad alta energia.

• Adroni carichi quasi-relativistici

Gli adroni carichi quasi-relativistici interagiscono con la materia essenzialmente per ionizzazione e l’energia persa lungo la loro traccia è descritta dall’equazione di Bethe-Block [cap.1.1], dove, a energie molto elevate, diventano predominanti effetti come l’emissione di Bremmstrahlung e di densità di carica [5]. (Alle energie massime di 250 MeV e 400 MeV/u a cui possono essere accelerati al CNAO protoni e ioni carbonio, tali effetti sono trascurabili).

• Scattering Rutherford

La sezione d’urto per processi di scattering coulombiano tra le particelle cariche proiettile e i nuclei del mezzo sono descritti dalla classica formula di Rutherford, per energie non relativistiche. La sezione d’urto, sia per particelle leggere come gli elettroni sia per adroni, è inversamente proporzionale al quadrato del momento della particella stessa e al seno dell’angolo di scattering elevato alla quarta potenza [5]. Gli adroni carichi, che a parità di energia hanno momento maggiore rispetto alle particelle leggere, attraversano il mezzo senza modificare la loro direzione, fatta eccezione per rari eventi in cui possono essere anche retrodiffusi e per la parte finale del loro percorso, in cui il momento tende a zero e aumenta la divergenza angolare. Particelle come gli elettroni, la cui massa è circa 2000 volte più piccola della massa di neutroni e protoni, disegnano nel mezzo un percorso molto più erratico.

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• Cascata elettromagnetica

Quando un elettrone o un fotone di alta energia interagiscono con un target spesso si origina una cascata elettromagnetica: il fotone interagisce principalmente formando una coppia e--e+, l’elettrone

genera radiazione elettromagnetica di Bremmstrahlung e nuovi elettroni di bassa energia che producono a loro volta radiazione secondaria e nuovi elettroni. L’interazione è descritta dalla lunghezza radiativa X0 definita come la lunghezza media percorsa da un elettrone affinché la sua

energia si riduca di un fattore pari ad e. Sia E0 l’energia iniziale dell’elettrone incidente, l’energia

dell’elettrone dopo aver percorso un tratto x può essere descritto dall’equazione 𝐸 = 𝐸0𝑒 −𝑥

𝑋0, dove

X0 è espressa in g/cm2 ed è calcolata tramite formule empiriche.

Lo sviluppo longitudinale di una cascata elettromagnetica può essere descritto a partire dalle seguenti ipotesi semplificative:

1. ogni particella (fotone, elettrone o positrone) percorre una lunghezza pari a X0 prima di

interagire;

2. l’elettrone perde metà della sua energia nel percorrere una lunghezza di radiazione, l’altra metà è emessa come radiazione di Bremstralung;

3. durante ogni produzione di coppie, l’elettrone e il positrone prodotti trasportano ciascuno metà dell’energia del fotone incidente.

Se introduciamo l’energia critica Ec, come l’energia tale per cui le perdite per bremmstrahlung sono uguali alle perdite per ionizzazione, e ipotizziamo che per E>Ec (che coincide con il caso dell’energia dell’elettrone incidente) contino solo le perdite per bremmstrahlung e per E< Ec viceversa, allora ad ogni lunghezza di radiazione il numero delle particelle viene moltiplicato per due e la cascata si ferma quando l’energia delle particelle è pari all’energia critica.

Figura

Figura  1.2.  Andamento  del  campo elettrico  in  funzione  del  raggio  in  una  geometria  cilindrica  (a  sinistra);
Figura 2.7. Spettro di ioni  2 H (normalizzato per steradianti) da ioni carbonio 400 MeV/ su target di polietilene  a quattro diversi bin angolari 0°-10°, 10°-20°,20°-30°, 30°-40°
Tabella 2.7.  Rese  degli ioni leggeri prodotti  da ioni C 400 MeV/u su  target  di polietilene per 4  diversi bin  angolari
Tabella 2.9. Rese (particelle/primari/steradianti) delle particelle secondarie prodotte a 4 diversi angoli per  ioni carbonio 400 MeV/u e protoni 250 MeV
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Riferimenti

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