Università di Pisa
Corso di Dottorato in Scienze Veterinarie
Ciclo XXIX
Valutazione ecografica con mezzo di contrasto
(CEUS) della perfusione renale nei soggetti
affetti da danno renale acuto (AKI)
Docente guida: Prof.ssa Simonetta Citi
Dottorando: Dott. Tommaso Mannucci
A Te che nella mia vita sei stato
Compagno, Maestro, Modello, Nonno
Sommario
RIASSUNTO ... 4
INTRODUZIONE ... 5
CAPITOLO 1 ... 6
MEZZI DI CONTRASTO ECOGRAFICI (MDC) ... 6
1.1 CLASSIFICAZIONE DEI MEZZI DI CONTRASTO ECOGRAFICI ... 6
1.2 MECCANISMO D’AZIONE DEI MEZZI DI CONTRASTO ... 10
1.3 ACQUISIZIONE DEL SEGNALE IN SEGUITO AD INFUSIONE DEL MEZZO DI CONTRASTO ... 14
1.4 METODICA D’ESECUZIONE ... 15
1.5 METODOLOGIA DI ANALISI ... 16
1.6 ARTEFATTI ... 19
1.7 SICUREZZA ... 20
1.8 PRINCIPALI APPLICAZIONI CLINICHE IN MEDICINA VETERINARIA ... 20
CAPITOLO 2 ... 22
ECOGRAFIA RENALE CONVENZIONALE ED ECOCONTRASTOGRAFICA ... 22
2.1 CENNI ANATOMICI DEL RENE ... 22
2.2 IMMAGINE ECOGRAFICA DEL RENE FISIOLOGICO ... 24
2.3 UTILIZZO DELLA TECNICA CEUS NELLO STUDIO DELL’EMODINAMICA RENALE ... 25
2.4 STATO DELL’ARTE DELL’ECOCONTRASTOGRAFIA RENALE NEL CANE ... 30
CAPITOLO 3 ... 39
SINDROME DA DANNO RENALE ACUTO (AKI) ... 39
3.1 EZIOLOGIA E PATOGENESI ... 39
3.2 RILIEVI CLINICO-‐PATOLOGICI ... 43
3.3 CLASSIFICAZIONE E STADIAZIONE DELL’INTERNATIONAL RENAL INTEREST SOCIETY (IRIS) ... 45
3.4 DIAGNOSI ... 46
CAPITOLO 4 ... 54
RICERCA SPERIMENTALE ... 54
4.1 INTRODUZIONE ... 54
4.2 SCOPO DELLA RICERCA ... 54
4.3 MATRERIALI E METODI ... 55
4.4 RISUTATI ... 63
4.5 DISCUSSIONI ... 76
4.6 CONCLUSIONI ... 82
RIASSUNTO
Parole chiave: contrast-‐enhanced ultrasound (CEUS), cane, perfusione renale, patologia da danno renale acuto (AKI), analisi qualitativa, analisi quantitativa.
Introduzione: La contrast-‐enhanced ultrasound (CEUS) è una tecnica ecocontrastograficaa che permette lo studio della perfusione tessutale. Tale metodica si basa sull’utilizzo di mezzi di contrasto costituiti da microbolle di gas rivestite da membrana esterna che, dopo somministrazione endovenosa, si diffondono attraverso il sistema circolatorio permettendo l’amplificazione del segnale ultrasonoro. La CEUS viene utilizzata per lo studio della vascolarizzazione tessutale e prevede due tipi di analisi: qualitativa e quantitativa. La prima valuta soggettivamente la vascolarizzazione di un determinato distretto mentre la seconda prevede l’utilizzo di software specifici che trasforamano il segnale luminoso in una curva intensità/tempo dalla quale vengono estrapolati parametri oggettivi di vascolarizzazione. La patologia da danno renale acuto (AKI) è caratterizzata da una repentina riduzione della funzionalità renale ed è caratterizzata da un’alterata perfusione tessutale. Considerando la stretta correlazione tra le modificazioni della microperfusione renale e lo stato funzionale dell’organ, e la capacità della CEUS di valutare la vascolarizzazione tessutale, si propone lo studio ecografico con mezzo di contrasto per valutare le differenze della perfusione renale nei soggetti affetti da AKI rispetto ad un gruppo di soggetto sani. Materiali e Metodi: Nello studio sono stati inclusi 2 gruppi: un gruppo A di soggetti sani ed un gruppo B di soggetti affetti da AKI. Ogni soggetto è stato sottoposto ad esame CEUS del rene sinistro. Ogni studio CEUS veniva condotto con analisi qualitativa ed analisi quantitativa corticale e midollare. Risultati: sono stati inclusi 16 cani per il gruppo A e 18 cani per il gruppo B. All’analisi qualitativa i soggetti del gruppo A hanno mostrato tutti la stessa sequenza di wash-‐ in e wash-‐out, mentre nel gruppo B la distribuzione del mezzo di contrasto non si mostrava per tutti omogenea con fase corticomidollare e midollare precoci rispetto ai soggetti sani. All’analisi quantitativa il gruppo B, rispetto al gruppo A, mostrava un tempo tra iniezione e arrivo del mezzo di contrasto a livello midollare (TTP0 M) precoce, picco di intensità midollare (PIM) maggiore e area sotto la curva midollare (AUCM) maggiore. Discussioni: questo studio risulta essere innovativo e non presenta studi analoghi in letteratura, né umana, né veterinaria. Abbiamo applicato l’esame CEUS in tutti i pazienti con assenza di effetti collaterali e in un tempo non superiore ai 5 minuti, confermando la facile esecuzione e la sicurezza della metodica. Sia all’analisi qualitativa che quantitativa sono emerse modificazioni vascolari soprattutto a carico della componente midollare del rene, con perfusione corticale più rapida e componente vascolare midollare nettamente aumentata interpretabili come riduzione del flusso a livello glomerulare ed aumento della componente venosa della porzione midollare. Tali caratteristiche vascolari sono state interpretate, grazie alla letteratura umana, come conseguenza della congestione midollare che avviene in corso di patologia renale acuta ischemica. Conclusioni: la metodica CEUS rappresenta una metodica di facile esecuzione, sicura e non invasiva, capace di rilevare modificazioni della perfusione renale. In corso di AKI l’esame qualitativo ha mostrato alterazioni della fisiologica successione delle fasi di wash-‐in e wash out con pattern vascolari non omogenei. All’esame quantitativo sono emerse variazioni soprattutto a carico della vascolarizzazione midollare con aumento del picco di intensità e dell’area sotto la curva.
ABSTRACT
Key words: contrast-‐enhanced ultrasound (CEUS), dog, renal perfusion, acute kidney injury (AKI), qualitative analysis, quantitative analysis
Introduction: The contrast-‐enhanced ultrasound (CEUS) is a contrastographic technique to asses tissutal perfusion. The contrast is by means of microbubbles surrounded by a shell of different composition. They are administrated intravenously and then are spread through the circulatory system allowing the amplification of the ultrasound signal. CEUS studies the tissutal perfusion and provides two types of analysis: qualitative and quantitative. The first gives a subjectively evaluation of vascularization. The second involves the use of specific software that changes the light signal into an intensity/time curve. Objective parameters of vascularization are extrapolated from this curves. The acute kidney injury (AKI) is characterized by a sudden decrease of the renal function and it is characterized by an altered perfusion. We propose the study with CEUS of kidney to evaluate the differences between patients with AKI and healthy dogs. Materials and Methods: The study included 2 groups: group A of healthy dogs and group B of dogs with AKI. In each patient CEUS examination of the left kidney was performed. CEUS study was conducted with qualitative and quantitative analysis of cortex and medulla. Results: 16 dogs were included for group A and 18 dogs for group B. All dogs of group A showed the same sequence of wash-‐in and wash-‐out; instead the distribution of contrast media in group B wasn’t homogeneous with corticomedullar and medullar phases faster than in healthy dogs. Quantitative analysis of group B showed a time between injection and arrival of contrast media in the medulla (TTP0 M) faster than group A, and the peak intensity of medulla (PIM) and the area under the curve in the medulla (AUCM ) increased. Discussion: This study is innovative: there aren’t any other similar studies in the human or veterinary literature. The CEUS examination showed no side effects in any of the patients and it was performed in a time not exceeding 5 minutes. This confirms the easy execution and the safety of the tecnique. Both qualitative and quantitative analysis have showed vascular changes especially in the medulla of the kidney, with faster cortical vascularization and increased medullary perfusion. These results were interpreted as medullary congestion like reported in human literature for ischemic acute renal pathology. Conclusions: CEUS is a easy, safe, non-‐invasive tecnique, able to detect changes in renal perfusion. In dogs with AKI qualitative analysis shows changes of wash-‐in and wash-‐out phases and dishomogeneous vascular patterns. Quantitative analysis shows changes in medullary perfusion with the peak intensity and the area under the curve increased.
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INTRODUZIONE
L’ecografia con mezzo di contrasto (Contrast Enhanced Ultrasonography, CEUS) è una metodica diagnostica innovativa in rapida evoluzione che ha trovato numerose applicazioni in ambito clinico.
Il concetto di mezzo di contrasto ecografico fu descritto per la prima volta nel 1968, da Gramiak e Shah, quando fu osservato un transitorio aumento dell’ecogenicità del sangue in prossimità dell’aorta toracica durante la somministrazione di soluzione fisiologica salina in corso di cateterismo cardiaco1.
Da allora, un grande impulso tecnologico ha consentito di condurre numerosi studi chimico-fisici finalizzati a sviluppare specifici mezzi di contrasto ecografici (mdc) in grado di attraversare il filtro polmonare, di raggiungere la rete vascolare sistemica e persistere per lungo tempo all’interno della circolazione capillare.
Oggi con questa metodica si cerca di ampliare e migliorare i risultati ottenuti con l’ecografia convenzionale B-Mode e Doppler, ottimizzando la visualizzazione e la valutazione della vascolarizzazione e della perfusione degli organi esaminati e di eventuali lesioni2.
In medicina umana, numerosi studi hanno dimostrato che l’ecografia con mezzo di contrasto presenta, nell’ambito dello studio vascolare, una specificità ed una sensibilità superiori all’ecografia convenzionale e sovrapponibili alle metodiche di secondo livello come la Risonanza Magnetica Nucleare (RMN) e la Tomografia Computerizzata (TC)3.
Anche in medicina veterinaria l’ecocontrastografia ha incontrato notevole interesse; infatti la maggior parte degli organi visualizzabili ecograficamente sono stati studiati con metodica CEUS.
Per quanto riguarda l’ecocontrastografia renale sono stati condotti studi sulla perfusione renale nel cane che nel gatto, ma nessuno di questi tratta l’applicazione della CEUS nei soggetti affetti da danno renale acuto (AKI). Considerando che, grazie al Centro Dialisi, l’Ospedale Didattico Veterinario Mario Modenato del Dipartimento di Scienze Veterinarie dell’Università di Pisa rappresenta un centro di referenza per i pazienti affetti da AKI, proponiamo, in questi soggetti, lo studio della perfusione renale con tecnica CEUS.
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CAPITOLO 1
Mezzi di contrasto ecografici (mdc)
1.1 Classificazione dei mezzi di contrasto ecografici
Un mezzo di contrasto ecografico è una sostanza esogena, costituita da microbolle di gas o aria, che può essere somministrata per via endovenosa o all’interno di una cavità corporea, allo scopo di intensificare il segnale ultrasonoro4. Il mezzo di contrasto ideale dovrebbe essere inerte, iniettabile per via endovenosa tramite bolo od infusione continua, stabile durante il passaggio a livello cardiaco e polmonare, persistente a livello del circolo ematico, essere in grado di fornire un effetto riproducibile per tutta la durata dello studio ecografico e rispondere in maniera ben definita alla pressione di picco dei raggi ultrasonori incidenti1.
In base alla loro composizione e di conseguenza ai loro meccanismi farmacocineticici e di interazione con il fascio ultrasonoro, i mezzi di contrasto ecografici possono essere raggruppati in 4 classi o generazioni. Alla generazione zero appartengono i primi mezzi di contrasto, formati semplicemente da soluzione fisiologica salina agitata manualmente. Le bolle così prodotte, a causa delle loro grandi dimensioni (> 50 µm) e della loro elevata solubilità nel torrente circolatorio, possiedono scarsa stabilità e non sono in grado di oltrepassare il letto capillare polmonare. Il loro impiego è limitato alla diagnosi di shunt intra o extracardiaci destri-sinistri4.
Successivamente, la persistenza nel torrente ematico e la stabilità delle microbolle è stata aumentata attraverso due principali modalità, rappresentate dall’ incapsulamento della bolla con membrane tensioattive e dalla selezione di gas con un coefficiente di solubilità basso. Questo ha portato allo sviluppo di mezzi di contrasto di prima generazione caratterizzati da microbolle di aria ricoperte da un guscio esterno.
Uno dei mezzi di contrasto ecografici di prima generazione che ha avuto maggior impiego clinico è il Levovist® (SHU 508 A, Shering, Berlin, Germany)1. Esso è stato il primo mezzo di contrasto ecografico approvato in Europa e Canada ed è caratterizzato da microbolle di aria con diametro medio di 2-3 µm ricoperte da un guscio esterno costituito da galattosio ed acido palmitico. Quest’ultimo fornisce maggior stabilità alle microbolle, le cui piccole dimensioni ne permettono il passaggio anche a livello del letto capillare polmonare. Quando la matrice zuccherina si dissolve nel plasma, le microbolle vengono rilasciate e ricoperte dallo strato
7 sottile di acido palmitico5. Data la sua specificità di distribuzione a livello epato-splenico, esso è stato utilizzato principalmente per lo studio della perfusione ematica di questi organi1. Altri mezzi di contrasto apparteneti a questa categoria sono Albunex® (Molecular Biosystems, San Diego, Calif.; and Mallinckrodt, St.Louois, Mo.) ed Echovist® (SHU 454, Shering, Berlin, Germany).
Albunex® è costituito da microbolle stabilizzate con un sottile guscio di albumina umana di 30-50 nm, una concentrazione di 3-5 X 10^8 microsfere per millilitro e un diametro maggiore di 3,8 µm (Fig.1.1). Le microbolle di Albunex sono estremamente sensibili ai cambiamenti di pressione e la loro emivita risulta quindi molto breve (<1 min)1.
Figura 1.1: microfotografia elettronica mostra il“guscio”
spesso e rigido di una microbolla d’aria incapsulata con albumina denaturata (Albunex®)
Echovist® è stato il primo mezzo di contrasto, costituito da microbolle, commercializzato in Europa nel 1991. Esso è stato approvato per l’ecocardiografia, utile nello studio degli shunts cardiaci. Le microbolle, il cui diametro maggiore è approssimativamente di 2 µm, sono stabilizzate da una matrice costituita da galattosio. La loro stabilità, però, non è sufficiente a consentire di attraversare il circolo capillare polmonare in seguito ad iniezione endovenosa periferica5.
Il limite di tutti i mezzi di contrasto appartenenti a questo gruppo è legato alll’impossibilità di produrre un enhancement continuo che riesca a permettere uno studio dinamico della struttura od organo esaminato. Infatti, con l’utilizzo di questi mezzi di contrasto, per avere una proporzionata produzione del segnale di ritorno, è necessario provocare la rottura della bolla,
8 per cui la rappresentazione della distribuzione del mezzo di contrasto può essere acquisita solo dopo un certo numero di secondi dall’iniezione ed ha durata breve, di pochi millisecondi. Questo limite è stato risolto dallo sviluppo di mezzi di contrasto di seconda generazione. Essi utilizzano gas insolubilied inerti, diversi dall’aria, che permettono di ottenere una migliore stabilità ed una minor diffusione e solubilità delle microbolle6. Questo permette un aumento della sopravvivenza nel circolo ematico delle microbolle. Inoltre, il guscio esterno elastico ne consente una più adeguata ‘risonanza’ della bolla colpita dal fascio ultrasonoro con successiva maggior quantità di segnale armonico prodotto. I mezzi di contrasto di seconda generazione possono essere ulteriormente suddivisi in due gruppi.
Il primo gruppo è composto da microbolle costituite da perfluoropropano e rivestite da un guscio fosfolipidico (es. Definity® e Imagent®) o albumina umana (es. Optison®)4.
Definity® (MRX 115, DMP115, Bristol-Myers Squibb Medical Imaging, North Billerica, MA) contiene microbolle di 2,5 µm di diametro costituite da perfluoropropano rivestite da un sottile strato fosfolipidico7.
Imagent® (AFO-150; Imcor Pharmaceutical, San Diego, CA, USA) consiste di microbolle di perfluoroesano rivestite da un guscio lipidico. La presenza del perfluoroesano, che possiede bassa solubilità nel sangue, ne aumenta la stabilità delle microsfere. Come il Levovist, presenta una fase tardiva epato-specifica, caratterizzata da un’intrappolamento specifico del mezzo di contrasto a livello di questo organo8.
Optison®, invece, è molto simile ad Albunex in quanto il guscio è costituito da albumina umana, ma a differenza di questo, le microbolle sono costituite da perfluoropropano invece che da aria. Il loro diametro varia da 2 a 4,5 µm e la loro concentrazione di 5-8 x 10^8 microsfere per millilitro. E’ stato approvato in Europa, Canada e USA in ecocardiografia per fornire una miglior visualizzazione delle camere cardiache5.
Il secondo gruppo dei mezzi di contrasto di seconda generazione è formato da microbolle contenenti esafluoruro di zolfo. A questi appartiene il Sonovue® (BR1, Bracco imaging, Milan, Italy), le cui microbolle sono rese stabili mediante l’utilizzo di molteplici surfactanti come il glicole polietilenico, fosfolipidi e l’ acido palmitico (Fig. 1.2). Esse misurano circa 3 µm di diametro e raggiungono una concentrazione di 2 x 10^8 microbolle per millilitro. Questo mezzo di contrasto ecografico mostra elevata eco-reflettività, elasticità e resistenza alla pressione, sviluppando così segnali armonici anche a basse frequenze di insonazione1.
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Figura 1.2: Composizione delle microbolle di Sonovue®.
I vantaggi dei mezzi di contrasto appartenenti a quest’ ultimo gruppo, sono quelli di avere una prolungata stabilità delle microbolle sia nel flacone (fino a 6 h) che nel sangue periferico (emivita di 6 minuti) e dimensioni uniformi (5µm), che ne migliorano la produzione del segnale di ritorno9.
I mezi di contrasto appartenenti alla terza generazione attualmente sono ancora in fase sperimentale; l’obiettivo è quello di aumentarne ulteriormente la loro stabilità nel torrente ematico4.
In conclusione, i mezzi di contrasto ecografico possono essere classificati in base al tipo di gas contenuto nelle microbolle (aria, perfluorocarburo, esafluoruro di zolfo, perfluoroesano, perfluoropropano), al tipo di capsula (rigida o elastica) ed alla natura chimica della capsula (surfactante, lipidi, albumina); tali caratteristiche influenzano l’ interazione tra fascio ultrasonoro e microbolle, la capacità di attraversare il filtro capillare polmonare e periferico e la specificità d’organo4 (Tab.1.1).
10 Mdc Guscio/Gas ∅microbolle (µm) Superamento filtro polmonare Stabilità (min)
Albunex Albumina umana -
aria
3-8 Sì <1
Echovist Matrice di galattosio
- aria
2 No <1
Levovist Galattosio e acido
palmitico -aria 2 Sì <5 Definity Fosfolipidi-perfluoropropano 1.1-3.3 Sì <10 Optison Albumina – perfluoropropano 2-4.5 Sì <5 Sonovue Fosfolipidi– esafluoruro di zolfo 2.5 Sì <5
Tabella 1.1: Caratteristiche principali dei mezzi di contrasto ecografici.
1.2 Meccanismo d’azione dei mezzi di contrasto
Con la tecnica CEUS, dopo iniezione endovenosa di mdc, è possibile potenziare la visualizzazione del flusso sanguigno e la rappresentazione della microcircolazione tessutale rispetto all’ecografia tradizionale. Tale condizione si ottiene aumentando l’impedenza acustica dei tessuti in cui si trova il contrasto e la loro capacità di riflessione del fascio ultrasonoro incidente, con aumento del rapporto segnale/rumore (SNR) e migliore capacità di distinzione tissutale10,11.
Con la tecnica CEUS si ottiene un riflesso amplificato rispetto alla frequenza di insonazione mentre lo scattering esercitato dai tessuti genera un segnale di intensità di gran lunga inferiore. Questa differenza tra l’enhancement delle bolle e la semplice riflessione dei tessuti permette la netta distinzione di un MDC dal parenchima circostante12. Tale proprietà di amplificazione del segnale di ritorno della CEUS trae origine dalla capacità di variazione dimensionale delle microbolle che, a sua volta, è strettamente dipendente dalla frequenza posseduta dal fascio ultrasonoro incidente.
Il particolare meccanismo di scattering delle bolle si osserva utilizzando una specifica frequenza, definita fondamentale (f0). In questo caso le microsfere rispondono alla pressione positiva e negativa dell’onda sinusoidale ultrasonora modificando il loro raggio e manifestando un comportamento cosiddetto oscillatorio o non lineare13. In sostanza nella fase di pressione acustica positiva le particelle del MDC si comprimono, diminuendo il loro raggio
11 e il loro volume; viceversa avviene nella fase di pressione acustica negativa con conseguente aumento del raggio delle microbolle e così avviene ripetutamente (Fig. 1.3).
Figura 1.3 Le bolle rispondono asimmetricamente all’ intensità delle onde sonore, comprimendosi a pressione
acustica positiva e dilatandosi a pressione acustica negativa. Questa risposta asimmetrica permette la produzione delle freqenze armoniche (Rossi, Calliada, 2004)
Dal momento che ad ogni variazione di dimensione le sfere liberano un certo grado di energia, e che questo andrà a sommarsi all’energia riflessa tramite lo scattering, otterremo una frequenza di ritorno maggiore della f0 iniziale. In particolare il flusso di ritorno conterrà una serie di frequenze, dette armoniche, aventi valori multipli rispetto alla fondamentale. Viene definita seconda armonica la frequenza caratterizzata da un valore doppio rispetto alla fondamentale10,13.
Tale comportamento delle microbolle in risposta a f0 viene definito risonanza; solo le microbolle possiedono la capacità di entrare in risonanza mentre il tessuto adiacente non risuona o comunque presenta una risonanza molto bassa13.
Il fenomeno appena descritto non si presenta in caso di frequenze con valori più bassi rispetto a f0 e con frequenze con valori eccessivamente elevati. Nel primo caso, le microbolle del MDC non riusciranno ad entrare in risonanza, manifestando un comportamento definito lineare, in cui il loro raggio permane invariato sia nella fase di pressione acustica negativa sia di pressione acustica positiva. Ciò comporta l’ottenimento di un segnale di ritorno che sarà semplicemente il riflesso della frequenza di insonazione, quindi esattamente quello del sangue in cui il MDC è diffuso14. Nel caso invece di frequenze troppo elevate ci troveremo di fronte
12 ad un’enfatizzazione del comportamento non lineare, con l’implosione delle microbolle, la rottura della membrana esterna, diffusione del gas ed emissione di un segnale non lineare ad ampia banda2,14.
In conseguenza a quanto appena descritto, per avere una buona risposta armonica è importante che la frequenza fondamentale utilizzata sia più vicina possibile al valore di frequenza di risonanza delle bolle stesse, che per molti MDC è tra i 2 e i 3 MHz10. In bibliografia sono inoltre riportati valori con margini molto più ampi, tra i 4 e i 6 MHZ14, o, per esempio per il SonoVue® anche tra 1 e 10 MHz2 (Fig. 1.4).
Figura 1.4 Comportamento acustico delle microbolle. La maggior parte di esse va incontro a risonanza entro il
range di frequenze utilizzate per l’imaging addominale (Rossi, Calliada , 2004).
Tale parametro può essere regolato nell’apparcchio ecografico variando il valore delle unità kiloPascal oppure modificando il settaggio del cosiddetto Indice Meccanico (MI) che è una misura indiretta della pressione acustica esercitata dall’ultrasuono sula microbolla 2,3.
In particolare l’ MI è definito dall’equazione:
MI = P!"#/√f
dove Pneg è il picco di pressione negativa ultrasonora, negativa perché è il picco di pressione riflessa, ed f è la frequenza degli ultrasuoni15.
In bibliografia si ritrovano tre valori soglia dell’indice meccanico, in base ai quali il comportamento delle microbolle risulta diverso.
Infatti, con un IM basso (< 0.1 mPas) avremo una oscillazione delle microbolle di tipo lineare e una risposta di semplice riflessione; ad un IM medio (compreso tra 0.1 e 0.5) le microbolle
13 entrano in risonanza ed avremo la riflessione di frequenze armoniche; ad un MI alto (> 0.5) avremo la rottura delle particelle del MDC10 (Fig. 1.5).
Figura 1.5 Comportamento delle microbolle a seconda dell’indice meccanico.
Le microbolle, oltre a riflettere in modo eccellente gli ultrasuoni devono avere caratteristiche tali da permanere per un certo periodo di tempo all’interno del sistema vascolare.
A tale proposito possiamo dire che i fattori condizionanti la persistenza in circolo di un MDC sono:
• Dimensioni delle particelle: permettono il passaggio nella circolazione capillare polmonare e, contemporaneamente, impediscono l’attraversamento del MDC dall’endotelio vasale. Per questo i mezzi di contrasto ecografici vengono definiti come sostanze blood-pool, con completa assenza di fase interstiziale12.
• Caratteristiche della membrana di rivestimento, quali la ricercata scarsa solubilità in acqua, consolidata dal galattosio, la presenza o meno del surfactante che impedisce la diffusione del gas all’ esterno5 e favorisce un abbassamento della tensione superficiale delle microbolle11 ed infine l’elasticità del guscio che permette un maggior modellamento del diametro delle sfere consentendone il comportamento definito “oscillatorio”.
• Caratteristiche del gas contenuto, quali la comprimibilità che permette il comportamento oscillatorio della microbolla, il coefficiente di diffusione e il coefficiente di solubilità (Ostwald) propri del gas e la sua pressione osmotica interna14.
14 T =R!ρ
DCs
in cui si afferma che la sopravvivenza di una microbolla nel sangue (T) è direttamente proporzionale alle sue dimensioni (R2) e alla densità del gas (ρ); inversamente proporzionale alla capacità del gas di diffondere all’esterno attraverso la membrana (D) e alla costante di saturazione del gas nello stesso sangue (Cs)10.
1.3 Acquisizione del segnale in seguito ad infusione del mezzo di contrasto
Dopo infusione endovenosa, i mezzi di contrasto ecograficici aumentano l’ecogenicità del sangue di circa 20 dB.
Questo rinforzo è dose dipendente, infatti l’intensità del segnale è dato dal numero di microbolle moltiplicato per il coefficiente di ecogenicità di ogni singola particella12.
Affinchè lo studio ecocontrastografico potesse entrare nella pratica clinica è stato indispensabile lo sviluppo di software dedicati, capaci di enfatizzare il segnale proveniente dal MDC rispetto a quello proveniente dai tessuti10.
I primi sistemi impiegati per la tecnica CEUS utilizzavano il principio della filtrazione del segnale armonico sulla base della frequenza di ricezione, metodo penalizzato dalla parziale sovrapposizione dello spettro di frequenza prodotta dal MDC e dal tessuto circostante, con conseguente possibile perdita di informazioni utili.
Un’evoluzione a queste prime tecnologie si è verificata con l'introduzione del Pulse Inversion Imaging, in cui l'ultrasuono è inviato da due impulsi speculari, ovvero in fase opposta a 180°. In questo caso, la componente fondamentale dello spettro di ritorno, sommandosi all’onda in arrivo, si azzera, eliminando così il segnale di ritorno prodotto dal tessuti. Rimane pertanto solo la componente armonica dello spettro di ritorno delle microbolle, che, grazie alla sua forma asimmetrica, produce un segnale rilevabile. Lo svantaggio di questa metodica è quello di una sostanziale riduzione del frame rate.
Una ulteriore sofisticazione di questa sequenza è rappresentata dalla Cadence Contrast Pulse Sequencing Technology (CPS, Siemens), che utilizza una complessa sequenza di impulsi inviati, diversi per fase ed intensità, e sfrutta sia sequenze fondamentali sia armoniche per generare il segnale di ritorno.
Un'altra recente tecnologia (Contrast Tuned Imaging, Cn-TI, Esaote Medmark) si basa sull'utilizzo di una stretta banda di ultrasuoni in uscita associata ad una selezione digitale del segnale di seconda armonica di ritorno. Ciò consente un’ottima visualizzazione del mezzo di contrasto e l'efficace soppressione del segnale di fondo prodotto dal tessuto2.
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1.4 Metodica d’esecuzione
I MDC ecografici sono quindi sostanze esogene, isotoniche rispetto al plasma umano, che possono essere somministrate sia nel pool di sangue circolante, sia in una cavità, al fine di intensificare il segnale ultrasonoro1.
Nel caso di somministrazione endovenosa l’iniezione può effettuarsi sia con metodica a bolo sia in infusione lenta mediante pompasiringa, previo inserimento di catetere venoso periferico (possibilmente uguale o superiore a 20G) all’interno della vena cefalica. L’iniezione del MDC non provoca fastidio o dolore pertanto si può procedere senza sedazione o anestesia dei soggetti che possono essere mantenuti in decubito laterale o dorsale per il breve tempo necessario, non superiore ai 10 minuti. Nei soggetti non collaborativi può rendersi necessaria la sedazione o l’anestesia2.
L'iniezione in bolo è semplice da eseguire, più rapida e presenta l’intensificazione del contrasto direttamente correlata alla dose. Il principale inconveniente di questa modalità è la possibile presenza di artefatti al momento di intensità massima del MDC. In ogni caso questa è la metodica riportata nella maggior parte degli studi effettuati in medicina veterinaria2. L’infusione può essere inoltre eseguita in infusione con utilizzo di pompa siringa nel caso in cui l’obiettivo sia quantificare la perfusione parenchimale con livelli stazionari di microbolle1. In entrambi i casi è consigliabile eseguire immediatamente dopo l'iniezione un flash di soluzione salina fisiologica di 5 – 10 ml per rimuovere le microbolle rimaste nel catetere venoso e nel tratto prossimale della vena2. Affinché il flush sia effettuato subito dopo il termine della somministrazione alcuni autori consigliano l’utilizzo di un rubinetto tre vie16. Dopo aver identificato, con sistema convenzionale, la struttura o la lesione da studiare si attiva il sistema dedicato alla visualizzazione del MDC. Il settaggio di quest’ultimo è impostato in maniera da sopprimere il segnale fondamentale proveniente dal tessuto, pertanto l’immagine prima dell’arrivo dell’agente risulta quasi completamente priva di segnale. Viene mantenuto, di solito, solo un debole segnale proveniente da un’interfaccia o struttura che possa costituire un punto di riferimento per l’operatore. La maggior parte dei sistemi è dotata di visualizzazione in dual screen, mostrando, oltre l’immagine rivelatrice del MDC, anche l’immagine convenzionale in scala di grigi, mantenendo i riferimenti anatomici. Il timer è attivato al momento dell’ inizio dell’ iniezione e il flusso del MDC nell’organo in esame viene visualizzato in tempo reale. Un fattore di criticità è rappresentato dalla regolazione dell’apparecchiatura (MI, gain totale, Time Gain Compensation o TGC, numero e posizionamento del fuoco), in quanto l’ottimizzazione dei parametri può essere difficile per un
16 operatore inesperto. Tutta la procedura deve essere registrata, possibilmente su supporto digitale, per essere rivalutata successivamente2.
Nel 2004 sono state pubblicate le linee guida per l’utilizzo clinico della CEUS in medicina umana dalla Federazione Europea delle Società di Ecografia in medicina e biologia.
1.5 Metodologia di analisi
L’analisi dello studio eseguito con tecnica CEUS può essere eseguita in due metodiche: qualitativa o quantitativa.
Durante l’esame con contrasto si rileva una fase di iniziale enhancement del tessuto esaminato relativa al passaggio nel circolo tissutale delle bolle iniettate, una fase di massima riflessione dei vasi del tessuto studiato corrispondente alla massima intensità della luminescenza ottenuta, seguita da una fase di graduale diminuzione dell’enhancment, rappresentativa della fase di allontanamento delle bolle tramite circolo venoso. Queste tre fasi, cosiddette di wash in, plateau e wash out sono variabili da tessuto a tessuto, quindi proprie di ogni organo e di ogni eventuale lesione dello stesso.
Nello studio qualitativo la valutazione della distribuzione del MDC nel tempo è soggettiva. Tale tipologia di analisi si è rivelata la più utilizzata e risulta avere ampia utilità nella caratterizzazione clinica di patologie focali e diffuse. Come già illustrato, il MDC, tramite segnale luminoso, rappresenta la vascolarizzazione degli organi, permettendo l’individuazione di eventuali deficit nell’apporto vascolare, sia diffusi (con possibili difetti di funzionalità dell’organo stesso) che focali, come regioni di ipoperfusione o di perfusione assente (per esempio nel caso di infarti).
La CEUS coadiuva poi l’individuazione e la caratterizzazione di lesioni focali o multifocali che, con l’ecografia convenzionale si possono presentare isoecogene e quindi uguali o molto simili al parenchima circostante; questo avviene perché molto spessole lesioni presentano un pattern vascolare differente rispetto al tessuto limitrofo.
Questo si rileva un importante sostegno per la stadiazione ecografica di pazienti oncologici in cui la tecnica CEUS può essere utilizzata per lo studio di organi spesso affetti da metastasi, come fegato, milza, ma anche linfonodi drenanti1,2.
Bisogna comunque precisare che, essendo questo uno studio definito soggettivo, presenta dei limiti che possono condurre ad un ampia variabilità nei risultati. Esempi di fattori operatore-dipendenti possono essere la velocità con cui viene effettuata l’iniezione, soprattutto nel caso di iniezioni eseguite in bolo, l’eventuale rottura delle bolle durante la preparazione della somministrazione, il tempo trascorso tra la fine dell’iniezione del MDC e il lavaggio con
17 soluzione fisiologica chebpuò avvenire in modo variabile. Altro fattore di variabilità è la capacità dei tessuti del paziente di assorbire gli ultrasuoni, diversa da soggetto a soggetto, che si ritrova anche nell’ecografia convenzionale2.
L’analisi di tipo quantitativo prevede invece l’utilizzo di software dedicati che consentono di quantificare la presenza del MDC in una regione di interesse selezionata manualmente, Region Of Interest (ROI), attraverso la trasformazione dell’immagine in un grafico di curva intensità (I)/ tempo (T) (TIC).
Le curve TCI ottenute descrivono la variabilità di enhancememt nella porzione di parenchima compresa nel ROI.
La forma della curva intensità-tempo a seguito di somministrazione in bolo di un MDC risulterà formata da due fasi fondamentali. La prima, fase di wash in (Win) è costituita da una
rapida crescita, perciò da un forte aumento di intensità in un tempo breve, e corrisponde al passaggio nel circolo arterioso del MDC iniettato ed è quindi dipendente dalla gittata cardiaca; al raggiungimento di un picco (plateu), segue poi la seconda fase, di wash out (Wout),
caratterizzata da una lenta discesa e corrispondente ad un ricircolo sanguigno del MDC fino ad eliminazione. La fase di wash out è più duratura della fase di wash in, terminando ad un valore di intensità pari a quello di partenza, ma impiegando un tempo molto più lungo12, 17,18.
Nel caso in cui si decida di utilizzare la somministrazione con infusione continua otterremo una curva caratterizzata dalla presenza di una fase di plateau di durata maggiore rispetto a quello ottenuto utilizzando l’infusione in bolo, che si presenterà comunque tra Win e Wout.14,19 . Dalle TIC (Fig. 1.6) vengono estrapolati numerosi parametri utili a descrivere le variazioni emodinamiche nel settore che si intende studiare:
! intensità basale (BI), disponibile per pochi secondi dopo l’iniezione;
! tempo di arrivo (T0 o AT), cioè il tempo che intercorre tra l’iniezione e l’arrivo del mezzo di contrasto e definito come il primo punto della curva nettamente superiore alla media dell’intensità basale;
! intensità di enhancement al picco (PI) che è il valore massimo di intensità raggiunto durante l’esame rispetto al valore della media dell’intensità basale, si misura in MPV(Mean Pixel Value) o in decibels (dB);
! tempo al picco, definito come l’intervallo tra l’inizio dell’iniezione dell’agente di contrasto e il picco di enhancement (TT0), o come il tempo tra la comparsa dell’enhancement a T0 e il picco (TTup);
! pendenza della curva durante la fase di riempimento o wash in (Win) e di svuotamento o wash out (Wout), definita come aumento o diminuzione dell’intensità
18 divisa per il tempo necessario a tale aumento o diminuzione; indica la velocità del bolo di transito e si misura in MPV/sec o in dB al sec.
La pendenza della curva durante il wash in (upslope) è calcolata attraverso il calcolo della media dei punti della curva di valore compreso tra il 10% e il 90% del valore di picco.
La pendenza della curva durante il wash out (downslope) è un indice calcolato considerando i valori successivi al picco di enhancement a partire da quello con valore inferiore al 90%.
! Area sotto la curva (AUC), che è proporzionale al volume di sangue regionale e calcolata considerando la media dell’intensità basale come valore di riferimento in ordinata20.
Figura 1.6 Esempio di una curva intensità-tempo dello studio CEUS. Sull’asse x abbiamo il tempo in secondi e
sull’asse y l’intensità in decibels. Besaline intensity è l’intensità basale (BI); Appereance phase è il wash in; Washout phase è la fase di scomparsa del mezzo di contrasto, TTP è il tempo impiegato dalla comparsa del mezzo di contrasto al raggiungimento del picco (TTup); DPI è l’intensità massima di picco (PI); l’Area indica che l’area sotto la curva da calcolare (AUC) parte dal valore d’intensità basale (Dong et al., 2012).
Dallo studio quantitativo possono essere ottenuti dati di perfusione in organi sani ma anche patologici.
La valutazione di tipo quantitativo è attualmente in fase di sviluppo e ricerca sperimentale2; questo è legato soprattutto al fatto che le curve ottenute sottostanno a una forte variabilità, dipendente da tre categorie di fattori: fattori relativi alla tecnica, fattori legati al mezzo di contrasto e fattori legati al paziente.
19 Tra i primi si ricorda il settaggio dell’apparecchio, potenza acustica, posizionamento del fuoco, settaggio del gain, TGC e frequenza utilizzata.
Per quelli relativi al mezzo di contrasto ci possono essere variabili relative al tipo di mdc utilizzato, alla tecnica di preparazione ed al dosaggio.
Tra i fattori legati al paziente sono riportate variabili fisiologiche, come frequenza cardiaca, pressione e frequenza respiratoria, interazione fisiologiche tra paziente e mdc e variabilità di propagazione ed attenuazione degli ultrasuoni attraverso i tessuti di ogni singolo paziente14,21.
1.6 Artefatti
Tra i principali artefatti ecografici che si possono presentare in seguito all’utilizzo di un mezzo di contrasto, possiamo trovare quelli correlati all’utilizzo del color e power Doppler e quelli secondari alle modalità contrasto - specifiche.
Tra i primi si possono includere i segnali transitori ad alta intensità (high – intensity transient signals), l’aumento di velocità del picco sistolico ed il ‘blooming artefact’. Tra i secondi, invece, quelli da attenuazione del fascio ultrasonoro e da insonazioni multiple.
L’artefatto da segnali transitori ad alta intensità è determinato dal collasso o aggregazione delle microbolle, che producono punte taglienti sul tracciato Doppler spettrale e che viene percepito come un suono scoppiettante all’uscita audio14. Invece, un aumento della velocità del picco sistolico fino al 50% si può trovare durante il picco di enhancement. Questo artefatto non è correlato ad una modifica delle caratteristiche del flusso sanguigno ed è particolarmente evidente quando la linea di base della traccia spettrale è sub-ottimale. Esso può essere limitato andando a ridurre il guadagno del Doppler e usando un’infusione lenta del mezzo di contrasto. Il ‘blooming artifact’ definisce l’effetto mosaico ad alta intensità che si registra nel lume del vaso campionato durante l’utilizzo del Doppler convenzionale. Esso appare come una un’improvvisa variegata fioritura del lume vasale che raggiunge la massima intensità subito dopo l’infusione del mezzo di contrasto, per ridursi progressivamente con la distruzione delle microbolle. Questo artefatto può essere ridotto andando ad aumentare il filtro del color Doppler e la frequenza di ripetizione degli impulsi o a diminuire l’indice meccanico5.
L’artefatto da attenuazione del fascio ultrasonoro è prodotto quando questo attraversa un’alta concentrazione di microbolle: esso è di più frequente riscontro nel cuore e talvolta è osservato anche nel fegato.
Infine, l’artefatto da insonazioni multiple è il risultato di diverse scansioni eseguite ortogonalmente dell’organo in esame, che causa la rottura delle microbolle. Questo avviene
20 per esempio quando il lobo destro del fegato viene scansionato da un piano di insonazione trasversale dopo un iniziale scansione longitudinale del lobo 22.
1.7 Sicurezza
I mezzi di contrasto ecografici mostrano un eccellente profilo di sicurezza, risultando privi di tossicità specifica renale, epatica, cardiaca o cerebrale. In medicina umana le reazioni avverse sono rare, di solito transitorie, e di lieve entità. Una temporanea sensazione di dolore, calore o irritazione tissutale possono avvenire nelle vicinanze del sito d’iniezione. Sono stati descritti anche casi singoli di dispnea, dolore toracico, ipo o ipertensione, nausea e vomito, mal di testa, vertigini e eruzioni cutanee5. Nel 2004 sono state pubblicate linee guida per l’utilizzo clinico della CEUS in medicina umana da parte della Federazione Europea delle Società di Ecografia in medicina e biologia23.
Anche in seguito al loro impiego in ambito veterinario, non si sono registrati effetti collaterali dopo l’utilizzo di Levovist®, Sonovue®, Definity® e Imagent®. Nel 2013 è stato pubblicato uno studio eseguito su 488 cani con lo scopo di verificare la sicurezza dei mezzi di contrasto ecografici, i cui risultati mostravano che l’incidenza di reazioni avverse nelle 24 ore successive alla somministrazione si è rivelata molto bassa, circa dello 0.2% e la maggior parte di queste si erano presentate come transitorie e di media entità (vomito o sincopi). La CEUS si presentava quindi come un metodo sicuro di diagnostica per immagini, anche in animali clinicamente affetti da patologie24. Invece, mezzi di contrasto contenenti albumina umana (Optison®) hanno provocato reazioni anafilattiche in due cani, per cui se ne sconsiglia il loro utilizzo nei pazienti animali25.
1.8 Principali applicazioni cliniche in medicina veterinaria
Le applicazioni della CEUS nella diagnostica dei piccoli animali sono molteplici.
La CEUS è risultata una metodica affidabile per la quantificazione della perfusione epatica e splenica nel cane sano26,27,28 e per la differenziazione, in base al pattern vascolare riscontrato, tra lesioni benigne e maligne del fagato, rene e milza. ,29,39,31,32; In particolare, un rapido afflusso di mezzo di contrasto seguito da una rapida clearance (precoce wash-in e wash-out rispetto al parenchima circostante sano) si osserva tipicamente nei noduli neoplastici maligni del fegato33,34.
L'affidabilità per la differenziazione delle lesioni spleniche è risultata inferiore34,35,36; tuttavia il riscontro di vasi tortuosi intralesionali può essere utile, nel cane, per discriminare lesioni
21 spleniche maligne da quelle benigne37.
L’ ecografia con mdc è stata inoltre utilizzata per distinguere una milza accessoria da una massa di altra origine38.
Studi sulla perfusione delle ghiandole surrenali sono stati condotti su cani sani e cani affetti da iperadrenocorticismo ipofisario39,40
Ulteriori studi sono riportati per la vascolarizzazione prostatica del cane sano41 e nel cane affetto da patologie prostatiche infiammatorie o neoplastiche42,43.
Ulteriori studi riportano l’utilizzio del CEUS per l’ analisi quantitativa della perfusione dii reni, fegato, pancreas, milza, intestino tenue, e linfonodi mesenterici di cani e gatti17,18,44,45.
22
CAPITOLO 2
Ecografia renale convenzionale ed ecocontrastografica
2.1 Cenni anatomici del rene
Prima di descrivere l’ecografia renale convenzionale e dopo l’iniezione di un mezzo di contrasto, è opportuno soffermarsi brevemente sull’anatomia del rene del cane.
In ciascun rene si possono descrivere le facce, dorsale e ventrale, i margini, laterale e mediale e le estremità, craniale e caudale. La faccia dorsale è in contatto con i muscoli lombari ipoassiali mentre quella ventrale è ricoperta dal peritoneo parietale. Le estremità craniale e caudale sono unite tramite un margine convesso laterale. Il margine mediale, concavo, accoglie l’ilo renale, zona in cui penetrano nell’organo l’arteria e i nervi renali e ne fuoriescono la vena renale, i linfatici e l’uretere. In profondità, l’ilo è adito ad una cavità, il seno renale occupato in buona parte dai calici e dalla pelvi renale.
Il parenchima renale, compreso in una capsula adiposa, risulta essere distinto in due porzioni: la midollare e la corticale. La midollare, più interna, è composta dalle piramidi renali, o piramidi di Malpighi, le quali presentano la base contigua alla corticale e l’apice o papilla renale, orientato verso l’ilo. Ciascuna papilla fa rilievo in un calice nella pelvi renale e ha, sulla parte libera, i forami papillari, sbocchi di altrettanti dotti collettori. Le piramidi sono formate dalle anse di Henle di molti nefroni e, soprattutto, da tubuli collettori.
La zona corticale ha disposizione periferica e risulta essere composta da due parti, radiata e convoluta. La prima, più interna, comprende le piramidi del Ferrein, che sono composte da tubuli ad andamento rettilineo. La parte convoluta ,invece, forma la restante parte corticale ed è costituita da buona parte dei componenti dei nefroni (corpuscolo del Malpighi e tubuli contorti prossimale e distale).
Il nefrone è l’unità anatomo-funzionale del rene. Esso si presenta come un tubulo tortuoso, lungo 30-40 mm, che inizia a fondo cieco con una breve porzione dilatata a coppa, la capsula di Bowman, che accoglie il glomerulo vascolare, costituendo con questo il corpuscolo renale o corpuscolo di Malpighi. Si continua, poi, con il tubulo contorto, distinto nei tratti prossimale, intermedio (ansa di Henle) e distale. Quest’ultimo confluisce in un tubulo collettore che corre nei raggi midollari e poi nelle piramidi. I vari tubuli confluiscono progressivamente fino a dare un numero limitato di dotti papillari (20-30 per ogni piramide) che si aprono all’apice di ciascuna papilla renale.
23 Il rene è un organo altamente vascolarizzato. Esso è raggiunto da una voluminosa arteria renale, ramo dell’aorta addominale. Penetrata nell’ilo, l’arteria si biforca nei rami dorsale e ventrale, e dà origine alle arterie interlobari. Ognuna di queste si porta verso la corticale e, giunta all’altezza della base delle piramidi, piega per decorrere parallelamente alla base stessa, divenendo arteria arciforme. Da esse originano le arterie interlobulari e le arterie rette vere. Le arterie interlobulari corrono radialmente nella parte corticale tra i raggi midollari e , in questo percorso, lasciano le arteriole afferenti dei glomeruli. Le arterie rette vere, invece, si immettono nella midollare.
Le arteriole efferenti, derivate dai glomeruli, formano una rete capillare intorno ai tubuli da cui originano i vasi venosi. Questi ultimi, per il resto, sono satelliti dei vasi arteriosi, per cui sono presenti vene interlobulari, vene arciformi e vene rette (Fig.2.1). Le vene arciformi sono ampiamente anastomizzate tra loro e confluiscono nelle vene interlobari che rappresentano le radici della vena renale. Infine, la vena renale si immette nella vena cava caudale46.
Figura 2.1: Vascolarizzazione renale e composizione del nefrone (Miller’s anatomy of the dog, 4th ed.
24
2.2 Immagine ecografica del rene fisiologico
I reni vengono più spesso studiati ecograficamente mediante l’utilizzo di sonda microconvex. In presenza di animali di piccola taglia o per una valutazione di porzioni superficiali dell’organo, possono essere utilizzate anche sonde lineari ad elevata frequenza. Le frequenze utilizzate variano di solito tra 7,5 e 12 MHz; a volte vengono utilizzate anche frequenze superiori.
L’animale è posto, generalmente, in decubito laterale e può essere valutato tramite scansioni longitudinali (sagittale e dorsale), trasversali o intercostali. Nella scansione longitudinale il fascio ultrasonoro è orientato in senso cranio-caudale, con la sonda posta in regione addominale media, caudalmente all’arco costale, ventralmente alle vertebre lombari, da L1 a L3. Gli ultrasuoni attraversano l’ilo renale, nella scansione longitudinale dorsale, o passano tangenzialmente a questo, nella scansione longitudinale sagittale. In scansione trasversale il fascio ultrasonoro è orientato in senso dorso-ventrale trasversalmente, con la sonda posta in regione addominale dorsale di ciascun fianco, caudalmente l’ipocondrio. Infine, nella scansione intercostale, principalmente utilizzata per la visualizzazione del rene destro, la sonda è tenuta negli ultimi due spazi intercostali.
I reni del cane si presentano, in un’ immagine ecografica, come strutture di forma ovalare, in scansione sagittale, o a ‘fagiolo’, in scansione dorsale attraversante l’ilo (Fig.2.2). La capsula renale si rende visibile come una sottile linea iperecogena nel punto in cui il fascio ultrasonoro la colpisce perpendicolarmente. I margini si presentano lisci e regolari. La corticale renale è caratterizzata da una ecotessitura fine ed uniforme e la midollare renale si presenta ipoecogena rispetto alla corticale e suddivisa in lobuli, i quali sono separati da linee iperecogene che rappresentano le pareti dei vasi interlobari ed i diverticoli renali. Lo spessore della midollare e della corticale risultano simili tra loro e la giunzione cortico-midollare è ben definita. A livello di quest’ultima, le zone iperecogene visualizzate, corrispondono alle arterie arciformi, le cui pareti formano coppie di interfacce che possono produrre ombra acustica e non devono essere confuse con aree di mineralizzazione. La cresta renale è il prolungamento della midollare che la divide dalla pelvi e si presenta iperecogena. La pelvi renale è localizzata al centro di un’area iperecogena costituita da tessuto adiposo: il suo lume si rende visibile solo se è leggermente dilatato (es. in animale poliurico, in infusione o se trattato con diuretici). Le arterie e le vene renali sono visibili a livello dell’ilo e distinguibili tramite l’utilizzo della funzione doppler. Le vene renali presentano calibro maggiore rispetto alle arterie renali.
Per quanto riguarda l’ecogenicità, dobbiamo confrontare quella del rene a quella del fegato e della milza. Il rene destro è comparato con il lobo caudato del fegato mentre quello sinistro
25 con la testa della milza. Fisiologicamente, la corticale renale destra risulta essere ipoecogena o isoecogena rispetto a quella del lobo epatico caudato destro e la corticale renale sinistra ipoecogena rispetto al parenchima splenico47.
Figura 2.2: Scansione longitudinale sagittale di rene sinistro fisiologico di cane. La corteccia presenta
un’ecotessitura uniforme granulare mentre la midollare risulta essere ipoecogena rispetto alla corticale. La giunzione cortico- midollare si presenta netta (Graham, 2011).
2.3 Utilizzo della tecnica CEUS nello studio dell’emodinamica renale
Molte tecniche di diagnostica per immagini, incluse la tomografia computerizzata (TC), la risonanza magnetica nucleare (RMN) e la tomografia ad emissione di positroni (PET), sono state utilizzate per valutare il flusso ematico di un determinato organo, incluso il rene. Tuttavia, queste tecniche si dimostrano essere costose ed invasive e presentano alcune limitazioni come l’esposizione del paziente alle radiazioni ionizzanti o ai traccianti nucleari e al fatto di prevedere l’utilizzo di sostanze che sono influenzate dal trasporto tubulare o dalla filtrazione glomerulare1.
L’ecografia convenzionale Doppler è, spesso, la tecnica di imaging di prima scelta e la più utilizzata per valutare la vascolarizzazione renale, in quanto non invasiva. Con la metodica Doppler è possibile rilevare la presenza di un flusso ematico e di valutarne la direzione, il tipo di vaso (arterioso o venoso) e la presenza di eventuali anomalie. La misurazione della velocità dei flussi è affidabile quando l’angolo del fascio ultrasonoro è inclinato meno di 60° rispetto alla direzione del flusso, per questo può risultare difficile ottenere dei valori affidabili quando
26 si voglia valutare la velocità di vasi come quelli renali che possono presentare angolazioni diverse e comunque superiori ai 60° rispetto alla sonda. Per questo sono stati proposti degli indici, come l’indice di resistività e pulsatilità, nei quali la velocità massima, quella minima e quella media vengono rapportate tra loro in maniera tale da rendere indipendente il risultato da eventuali errori nell’angolazione tra la sonda e la direzione del flusso49 (Fig. 2.3).
Figura 2.3: Misurazione dell’indice di resistività (RI) e pulsatilità (PI) tramite l’utilizzo del Doppler spettrale. Si
osserva a sinistra dell’immagine i valori dei due indici ricavati dall’esame Doppler.
L’indice di resistività (IR) misura la resistenza di un vaso al flusso ematico ed è definito dalla seguente equazione:
IR = (Vs-Vd) / Vs
dove Vs indica la velocità di picco sistolico e Vd la velocità telediastolica.
Lo studio della vascolarizzazione renale prevede solitamente l’utilizzo del color-Doppler per visualizzare il decorso delle arterie interlobari che, una volta identificate, rappresenteranno il punto di posizionamento del box di campionamento del Doppler pulsato che consentirà di ottenere una traccia spettrale e determinare gli indici di resistività. La traccia spettrale ottenuta mediante l’ausilio del Doppler pulsato consente di identificare un tracciato riferibile ad un distretto a bassa portata, nell’ambito del quale la perfusione ottenuta durante la fase diastolica risulta di fondamentale importanza per la funzionalità dell’organo48. Nel cane e nel gatto
27 l’indice di resistività si è dimostrato aumentare in corso di patologie ranali acute e croniche, di necrosi tubulare acuta, di displasia renale congenita, di ostruzioni ureterali e di ipertensione sistemica 49. Sfortunatamente, la stima di questi parametri è associata ad alcuni problemi tecnici: la velocità ematica non è costante, dato che varia con il diametro del lume vasale, con il ritmo cardiaco e con la modalità di scansione e la misura dell’area della sezione del vaso presenta anch’essa delle difficoltà, specialmente per le arterie di piccole dimensioni. Questa tecnica di imaging, infatti, presenta bassa sensibilità, in quanto, una valutazione accurata della perfusione renale a livello microvascolare, di solito non è possibile e solo le arterie di grosso calibro possono essere analizzate50.
L’ utilizzo della tecnica ecocontrastografica CEUS ha permesso di superare questo limite, consentendo una valutazione completa della macro e microvascolarizzazione renale e riuscendo, così, a quantificare la sua perfusione parenchimale51.
Il progressivo miglioramento della tecnica ecocontrastografica e delle caratteristiche dei mezzi di contrasto utilizzati, ha determinato l’avvento di una nuova, non invasiva e relativamente poco costosa modalità per valutare il flusso ematico di un determinato distretto organico. I mezzi di contrasto ecografici rimangono interamente confinati nello spazio intravascolare, dato che non diffondono negli spazi interstiziali e non vengono escreti con le urine. Pertanto essi possono agire come marcatori del flusso ematico e consentire un’imaging funzionale vascolare1.
Come già riportato l’analisi dello studio ecocontrastografico renale può essere di tipo qualitativo o quantitativo.
Nel primo caso, la valutazione della distribuzione del mezzo di contrasto nel tempo è soggettiva e la vascolarizzazione e perfusione nell’organo viene confrontata tra le varie parti dell’organo stesso2. A livello renale, successivamente all’iniezione intravenosa del bolo di mezzo di contrasto, si osserva un rapido e uniforme aumento dell’enhancement attraverso la corticale, la quale risulta soggettivamente più intensa rispetto a qualsiasi altro organo addominale. L’iniziale afflusso del mezzo di contrasto a livello corticale è seguito da un plateau o una progressione mediamente prolungata del picco di enhancement, in cui si inizia a mostrare contrastata anche la midollare. L’iniziale enhancement della midollare è sempre, soggettivamente, più tardivo e lento rispetto alla corticale e spesso la midollare rimane moderatamente ipoecogena se comparata con la corticale stessa17. Il mezzo di contrasto ecografico presenta, quindi, una prima rapida fase corticale renale a circa 15-20ʺ″ dalla sua somministrazione endovenosa, seguita da una più tardiva fase midollare dove, i vasi di questa
28 regione anatomica, si riempiono progressivamente dopo circa 20-25ʺ″, completandosi dopo 25-30” dall’infusione50 (Fig.2.4). Cio’ si verifica perché la midollare renale presenta una perfusione globale più bassa rispetto a quella della corticale (circa 400 vs 190 ml/min/100 gr di parenchima renale).
Figura 2.4: Immagini ecocontrastografiche del rene sinistro in differenti stadi successivi all’iniezione del bolo di
mezzo di contrasto. A. 6 secondi dopo l’iniezione; B. 9 secondi dopo l’iniezione: il mezzo di contrasto inizia ad essere diffusamente presente a livello corticale; C. 11 secondi dall’iniezione: l’enhancement corticale ha raggiunto il suo picco mentre la midollare non risulta ancora contrastata; D. 15 secondi dopo l’iniezione: il mezzo di contrasto a livello corticale inizia a svanire; E. 22 secondi dopo l’iniezione: picco di enhancement midollare; F. 70 secondi dall’iniezione: il mezzo di contrasto è completamente uscito sia dalla corticale che dalla midollare (Choi et al., 2015).
Per questa ragione, è corretto distinguere una fase precoce, definita anche arteriosa, dove si rende evidente la differenziazione cortico-midollare, da 20 a 40ʺ″ dall’iniezione, da una fase tardiva , da 45 a 120ʺ″ dall’iniezione, dove l’enhancement renale appare omogeneo, coinvolgendo sia la componente corticale, sia quella midollare53.
Bisogna tener conto, però, che la maggior parte della letteratura che tratta i vari tempi di arrivo del mezzo di contrasto, riguarda la specie umana ed il cane è utilizzato solo come modello sperimentale.
Inoltre, la presenza di un doppio letto capillare presente a livello delle arteriole efferenti, fornisce un’ ulteriore spiegazione della differenza tra i diversi pattern di perfusione che si hanno a livello della corticale e della midollare. Infatti, l’afflusso rapido iniziale a livello corticale è collegato al flusso ematico in arrivo ai glomeruli mentre il picco ritardato è rappresentato dalla perfusione tubulare del secondo letto capillare, associato ad un più graduale afflusso a livello della midollare. In aggiunta, la complessiva diminuzione
29 dell’intensità della midollare rispetto alla corticale può essere dovuta al maggiore spazio complessivo vascolare corticale, alla distruzione delle microbolle a livello corticale o in seguito al drenaggio venoso dei tubuli corticali diretti alle vene interlobulari17.
Il wash out, invece, inizia dalla midollare e poi si estende più lentamente alla corticale. Infine, la concentrazione delle microbolle nella circolazione diminuisce e l’enhancement renale si dissolve52.
L’analisi di tipo quantitativo, come precedentemente descritto, prevede l’utilizzo di software dedicati che consentono di quantificare la presenza del mezzo di contrasto in una regione di interesse (ROI) selezionata attraverso l’analisi delle curve intensità tempo (TIC).
La ROI deve essere disegnata manualmente al centro dell’immagine ecografica renale sia a livello corticale che midollare. Queste due aree devono essere disegnate più larghe possibili, senza includere strutture adiacenti e tipicamente contengono dai 300 ai 600 pixels. Il programma calcola i valori significativi dei pixel (MPV) per ciascun ROI e in ciascun frame delle immagini. Il picco di intensità a livello della corticale e midollare renale è stato definito come l’85% del più grande valore registrato in ogni regione, rispettivamente17.
I valori di MPV, sia a livello corticale che midollare renale, possono essere influenzati da molteplici fattori. Per esempio, fattori come il guadagno e il segnale di elaborazione influenzano in maniera uguale le ampiezze del segnale ecografico derivante da corticale, midollare e mezzo di contrasto. Anche se questi interessano in maniera generale l’MPV, essi non cambiano con il tempo e perciò non vanno ad influenzare la pendenza e il tempo che intercorre tra l’iniezione ed il picco di enhancement. Invece, fattori meccanici, come il volume di soluzione fisiologica utilizzata per il flush e la sua rapidità di somministrazione, possono influenzare il tempo di arrivo del picco di enhancement. Altri fattori sono intrinseci del mezzo di contrasto utilizzato o del paziente17,21.
In uno studio effettuato da Waller et al., sono stati utilizzati 8 cani adulti meticci, in assenza di evidenti patologie o disturbi renali, per uno studio quantitativo sulla perfusione renale tramite l’utilizzo dell’ecocontrastografia, con mezzo di contrasto di seconda generazione Definity. La curva intensità/tempo è stata generata per ciascuna regione della corticale e midollare del rene sinistro e successivamente sono stati calcolati i valori.
A livello della corticale renale l’upslope risulatava di 7,4 ±1,5 MPV/s, downslope –0,4 ± .2 MPV/s, il valore basale di 66.8 ± 9.3 MPV, PI di 103.6 ± 8.2 MPV, TTP0 di 12.8 ± 5.3 s e TTP up di 5.1 ± 2.0 s. A livello della midollare, invece, un upslope di 2.8 ± 1.7 MPV/s ,