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Digitalizzazione e Smart City: esperienze a confronto

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Economia e Management

Corso di Laurea in Strategia, Management e Controllo

Digitalizzazione e Smart City: esperienze a confronto

Candidato: Relatore:

Marco Principato Professore Vincenzo Zarone

Anno Accademico

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2

Indice

Indice ... 2

INTRODUZIONE ... 4

CAPITOLO 1: INNOVAZIONE TECNOLOGICA NELLA P.A. ITALIANA ... 7

1.1 Importanza dell’innovazione nella società moderna e in particolare nella pubblica amministrazione ... 7

1.2 Il ruolo dell’Information and Communications Technology (ICT) ... 9

1.3 La digitalizzazione della PA ... 11

1.3.1 La digitalizzazione della P.A. in Italia ... 13

1.4 Il Piano Triennale per l’Informatica nella P.A. ... 16

1.4.1 Approccio alla stesura del Piano Triennale ... 19

1.5 L’uso delle tecnologie come strumento di modernizzazione e riforma dell’amministrazione secondo il modello del c.d. Open Government ... 24

1.5.1 Open Government in Italia (3° Piano d’azione 2016-2018) ... 25

CAPITOLO 2: LA NUOVA FRONTIERA DELLA DIGITALIZZAZIONE: LA SMART CITY ... 29

2.1 Definizione di Smart City ... 29

2.2 Gli attori della Smart City ... 38

2.3 Smart policies. Il ruolo delle Pubbliche Amministrazioni ... 46

2.5 L’identificazione di una Smart City. L’esperienza italiana ... 48

2.6.2 ICityRate 2016: città come piattaforme abilitanti ... 52

2.6.3 La Piattaforma tecnologica ... 56

2.7 Vantaggi e benefici. Le esternalità positive ... 58

CAPITOLO 3: STRUMENTI DI FINANZIAMENTO PER LE SMART CITIES ... 61

3.1 Finanziare la Smart City ... 61

3.2 Finanziamenti Europei per la Smart City ... 62

3.2.1 Programmi a gestione diretta ... 64

3.2.2 Fondi strutturali ... 65

3.2.3 Strumenti BEI ... 66

3.3 Perché modelli pubblico - privato per il finanziamento dei progetti per le Smart City?.... 67

3.3.1 Società di Trasformazione Urbana ... 71

3.3.2 Locazione finanziaria (Leasing in costruendo) ... 72

3.3.3 Il contratto di sponsorizzazione ... 72

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3

3.4 Altri strumenti di finanza privata ... 76

3.4.1 MiniBond ... 76

3.5 Applicazione in Italia del PPP ... 78

3.6 Opportunità nel ricorso al PPP ... 78

CAPITOLO 4: ESPERIENZA EUROPEA E ITALIANA A CONFRONTO E IL CASO “GEU GROUP” ... 81

4.1 Analisi dell’esperienza europea alla luce della Strategia Europa 2020 ... 81

4.2 Esperienze nel mondo ... 88

4.3 CASI DI STUDIO ... 91

4.3.1 Smart City Amsterdam ... 91

4.3.2 Torino Smart City ... 100

4.4 Analisi e valutazione economica dei casi ... 104

4.5 La Green Economy a Pisa ... 108

4.5.1 Efficienza e risparmio energetico: le Smart Grid ... 109

4.5.2 Energia proveniente da fonti rinnovabili ... 110

4.5.3 Geu Group... 111

4.5.4 Efficientamento energetico: Case History Examples ... 115

4.6 In Italia: Quali strategie per (ri)partire? ... 119

4.7 I possibili trend futuri ... 122

CONCLUSIONI ... 125

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4 “Possiamo far sì che l’intelligenza non sia solo una questione di estetica ma che sia una questione portante?”

BERGONZONI

INTRODUZIONE

La città, negli ultimi decenni, è diventata un punto focale per la definizione delle politiche e delle strategie economiche nazionali e internazionali, acquisendo in questo modo un ruolo centrale nell’ambito del processo evolutivo dei Paesi.

Le città presentano al loro interno un elevato numero di problematiche eterogenee, e sono quindi diventate la piattaforma ideale per la sperimentazione delle nuove tecnologie digitali.

A questo proposito, negli ultimi anni si è evidenziata una forte corrispondenza biunivoca tra l’ambiente cittadino e l’Information and Communications Technology (ICT), che evidentemente è la condizione necessaria, anche se non sufficiente, per affrontare a livello locale, in modo più ristretto, le sfide per uno sviluppo sostenibile in modo Smart. Smart City è diventato negli ultimi anni, sinonimo di una città caratterizzata da un uso intelligente ed esteso delle tecnologie digitali in modo tale da consentire un utilizzo efficiente delle informazioni, anche se in realtà, la denominazione di città intelligente mette in gioco più significati, come evoluzioni successive della letteratura hanno messo in luce.

Il concetto di Smart City, è diventato la base delle soluzioni strategiche che riguardano le problematiche relative al processo, ormai irreversibile, di agglomerazione urbana. Lo scopo di questo lavoro è quello di partire dall’innovazione e dalla digitalizzazione all’interno della Pubblica Amministrazione, che ha come nuova frontiera la Smart City, ovvero un modello innovativo di progettazione, gestione e organizzazione delle città emerso negli ultimi anni a livello nazionale e internazionale.

Il fine è quello di dimostrare che il ripensamento delle aree urbane in chiave intelligente possa essere una delle soluzioni alle problematiche ambientali e sociali sorte successivamente alla propagazione del fenomeno, irreversibile, dell’urbanizzazione e al tempo stesso favorire la crescita economica, grazie alle opportunità offerte dalle nuove

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5 tecnologie. Si intende dunque introdurre e commentare le caratteristiche principali connesse a questo fenomeno, i requisiti e alcune iniziative di successo, fornendo una panoramica completa del concetto di città intelligente, degli strumenti e degli incentivi cui è possibile realizzare questo ambizioso progetto.

La tesi sarà composta da quattro capitoli, nel primo sarà introdotto il concetto di innovazione all’interno della Pubblica Amministrazione. Parlare di Smart Cities senza considerare coloro che le abitano è impossibile e non risolverebbe i problemi che affliggono le aree urbane. Il rapporto diretto e trasparente tra amministrati e amministratori è una premessa fondamentale per la nascita delle città intelligenti. Dal connubio tra Smart City, Smart people e innovazione della PA potranno nascere, risparmiando anche, le città del futuro, più sostenibile e a misura di cittadino. La PA nell’era delle Smart Cities è sinonimo di Open Governance e significa partecipazione, collaborazione, trasparenza. Con questi fondamentali requisiti è possibile realizzare quella profonda innovazione istituzionale, organizzativa e tecnologica della Pubblica Amministrazione necessaria per un reale percorso di crescita.

Nel secondo capitolo si affronterà il tema vero e proprio della Smart City, dando una definizione chiara e precisa, spiegandone l’origine e le cause ed esplicitando i requisiti, gli attori chiave e la misurazione della smartness.

Il terzo capitolo sarà incentrato solamente sugli strumenti di finanziamento per le Smart Cities, in quanto l’attuazione di un piano di interventi per la realizzazione di una Smart City può beneficiare di numerose tipologie di fondi e forme di sostegno finanziario. Nel quarto capitolo si parlerà del confronto tra l’esperienza europea e quella italiana, prendendo come esempio rispettivamente Amsterdam e Torino considerate, la prima la città top a livello europeo e la seconda una delle poche città italiane considerate più innovative in ambito Smart. Entrambe con i loro progetti sono riusciti soprattutto in ambito Green Economy (Smart grid ed energie rinnovabili) a fare grandi passi avanti, questo perché capita spesso che Smart e Green, riferiti alle città intelligenti e ai loro sforzi nel senso della sostenibilità, siano usati come sinonimi. Si farà un accenno inoltre di un’azienda nazionale con sede a Pisa che si occupa di Green Economy, in particolar modo dell’energie rinnovabili, e si dimostrerà grazie alla collaborazione con

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6 l’amministratore delegato dell’azienda e il consigliere del sottosegretario di Stato presso il Ministero dell’Ambiente, del territorio e del Mare e tramite alcuni dati economici e non, come ci sia una forte convenienza nel passare all’energie rinnovabili.

Infine si discuterà di quali siano le possibili strategie in Italia in ottica Smart City e i possibili trend futuri.

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7 “In una crisi economica come quella attuale, gli accordi tra le PA e i produttori di tecnologie, contribuiscono a creare una nicchia di opportunità notevoli e in controtendenza per migliorare l’offerta di servizi pubblici al cittadino” IMIGO DE LA SERNA.

CAPITOLO I

INNOVAZIONE TECNOLOGICA NELLA P.A. ITALIANA

1.1 Importanza dell’innovazione nella società moderna e in particolare nella pubblica amministrazione

Una caratteristica importante della nostra epoca è sicuramente data non solo dall’avanzamento delle conoscenze in molti e diversi ambiti nel complesso, ma anche dall’impatto che tali conoscenze possono avere nella vita quotidiana della maggior parte della popolazione di tutto il mondo.

Il termine innovazione si riferisce all’intero processo delle conoscenze fino alle conseguenze socio-economiche che da questo processo ne derivano.

L’innovazione non si limita solamente al settore tecnologico ma si sviluppa in ogni settore, spesso legata alla tecnologia, che ovviamente rappresenta il mezzo più importante per migliorare le condizioni di vita della persona.

Essa può essere considerata come un cambiamento che ha come obiettivo quello di creare valore per gli stakeholders in un arco temporale che sia in linea con il concetto di sostenibilità, tenendo in considerazione l’ambiente esterno.

Il peso dell’innovazione è decisivo nell’attuale fase socio-economica, su scala mondiale la competizione si gioca sul campo dell’innovazione, in modo particolare per quelle imprese che operano in contesti avanzati o comunque in quei settori in cui non si può fare affidamento sull’accesso privilegiato o a basso costo a fattori produttivi quali lavoro e materie prime.

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8 È importante sottolineare il fatto che gli operatori (le imprese, ma anche soggetti pubblici) pur riconoscendo il valore dell’innovazione, ne sono allo stesso tempo spaventati, in quanto risulta essere rischiosa e richiede lo sviluppo di attività nuove per l’impresa e di percorrere “strade inesplorate”.

Il problema diventa ancora più complesso quando si parla di innovazione di prodotto, ovvero un’innovazione che, rispetto a quella di processo orientata prevalentemente all’interno dell’impresa, richiede di confrontarsi con il contesto esterno e comprendere le varie evoluzioni.

L’ingresso delle nuove tecnologie della comunicazione e dell’informazione (ICT) ha provocato anche nel settore pubblico una rivoluzione organizzativa. A partire dalla fine degli anni Novanta in Italia sono stati avviati numerosi progetti di informatizzazione della Pubblica Amministrazione, con una serie di sperimentazioni avviate con l’obiettivo di inseguire l’innovazione, un’innovazione i cui valori positivi sono stati subito colti, ma alla quale non sono immediatamente seguite adeguate politiche di governance dell’innovazione stessa in grado di definire la cornice metodologica entro cui avviare le sperimentazioni. La situazione complessiva è andata poi stabilizzandosi prima con la legge n. 150 del 2000 e poi con l’istituzione del Ministero dell’Innovazione e delle Tecnologie nel 20011.

Oggi con l’avvio di programmi nazionali di e-Governement, con l’adeguamento della normativa ai processi innovativi in corso, con la diffusione dei concetti di usabilità ed accessibilità anche nei siti web della PA2, si assiste al tentativo di definire un modello di innovazione organico. Un modello che segue un nuovo approccio, il cui concetto cardine è quello di e-Governance inteso come insieme di regole, relazioni, metodologie volte a governare i processi dell’innovazione, ma anche di strumento di controllo e stimolo del cambiamento in atto e di interazione e scambio tra i diversi sistemi, attori o fruitori dell’innovazione stessa.

L’e-Governement diviene uno strumento strategico di sviluppo per un Paese, di ammodernamento, rinnovamento dei servizi, di incremento dell’efficacia e

1 Alessandro Papini, La PA alle prese con l’innovazione tecnologica, in Rivista italiana di comunicazione pubblica, n. 21 (2004), pp. 54-59.

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9 competitività complessiva del territorio e degli enti e imprese che operano all’interno di esso.

Quindi, i programmi di e-Governement sono risultati particolarmente utili2 perché, rispetto ai più tradizionali interventi di riforma prevalentemente incentrati sugli aspetti normativi, hanno consentito una considerazione maggiore delle modalità concrete di interazione tra amministrazione e società.

È dagli stessi piani di comunicazione delle Pubbliche Amministrazioni che emerge la crescente sensibilità verso il cittadino, deducibile anche dalla presenza ormai frequente dell’ICT.

1.2 Il ruolo dell’Information and Communications Technology (ICT)

La diffusione dell’informatizzazione nelle Pubbliche Amministrazioni è un fenomeno che si riscontra in tutti i Paesi del mondo, anche se con modalità e tempi differenti. Assume un ruolo particolare il settore dell’ICT che è da considerare sia come un comparto produttivo per i beni e servizi che colloca sul mercato, ma anche come un potente strumento di innovazione di processo con duplice risvolto sugli aspetti sia organizzativi sia tecnologici.3

Secondo un report pubblicato dall’ISTAT, le funzioni ICT sono gestite da personale interno in circa 7 enti su 10 ma, come nel 2012, quasi tutte le Amministrazioni locali si avvalgono anche di fornitori privati (94,1%).

Rispetto però al 2012 continua a crescere l’utilizzo delle tecnologie volte a ridurre i costi della PA. Si rileva una dinamica sostenuta soprattutto per gli enti che acquistano in modalità e-procurement (da 30,3% a 74,5%), che adottano l’e-learning (da 12,3% a 34,5%), o servizi di cloud computing (da 10,5% a 25,7%).

2 CNIPA, Elementi per lo sviluppo di un modello di pubblica amministrazione digitale, a cura di Michele Morciano, 2003.

3 Come rilevato dalla Commissione Europea nella Comunicazione del 2010 sull’Agenda digitale europea, l’impatto sociale delle ICT è diventato significativo: il fatto che in Europa oltre 250 milioni di persone usino internet ogni giorno e che praticamente tutti i cittadini europei posseggano un telefono cellulare ha cambiato il nostro stile di vita. Cfr. Comunicazione della Commissione del 19.05.2010 COM(2010)245 http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/ALL/?uri=CELEX%3A52010DC0245

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10 Gli enti locali indicano come ostacolo all’uso di ICT soprattutto la carenza di risorse finanziarie e di staff qualificato in materie di ICT (rispettivamente 67,5% e 60,7%). Miglioramenti nell’adozione di ICT, si hanno nella disponibilità di maggiori informazioni, nelle aree della gestione finanziaria e dell’iter dei procedimenti.

Indipendentemente dall’esistenza di un ufficio di informatica, le funzioni relative alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione vengono gestite attraverso personale interno dal 66,4% delle PAL (70,8% nel 2012); la percentuale è invece pari al 95,5% nel caso di Province e Regioni, al 65,8% nei Comuni e al 70,3% nelle Comunità montane. Tuttavia la gestione interna appare, per tutte le Amministrazioni, in corso con servizi acquisiti da un fornitore esterno; nel caso delle Regioni, è rilevante anche l’utilizzo dell’outsourcing verso imprese a controllo pubblico (77,3% nel 2015 contro il 72,7% nel 2012). A livello nazionale, le funzioni che più frequentemente vengono gestite internamente sono quelle della redazione e gestione dei contenuti Web (57%) e quelle del supporto tecnologico e assistenza utenti interni (28,8%). Si esternalizzano invece soprattutto le attività relative alla gestione e manutenzione di software (86,8%) e di hardware (82,8%) (Figura 1).

Tra i Comuni, emerge il maggior ricorso a fornitori privati (94,2% contro 15,7%) e la tendenza a rivolgersi a società controllate o partecipate è più diffusa nei Comuni di maggiori dimensioni (29,1%) rispetto a quelli fino con 5mila abitanti (14,9%).

Figura 1: Amministrazioni locali per modalità di gestione delle funzioni ICT. Anno 2015, percentuale sul totale di Amministrazioni locali

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11 L'utilizzo delle tecnologie informatiche e della rete Internet permette di innovare le attività e lo svolgimento dei procedimenti amministrativi, perseguendo gli obiettivi di efficacia, efficienza ed economicità; consente di aprire nuovi canali di comunicazione e nuovi spazi di partecipazione perseguendo gli obiettivi di trasparenza e democraticità; permette di ripensare e migliorare l'erogazione dei servizi pubblici aprendo nuove possibilità di contatto e offrendo nuovi servizi, al fine di semplificare i rapporti con i cittadini e con le imprese. Attraverso le ICT è possibile in sintesi realizzare

un'amministrazione pubblica digitale.

L'espressione "amministrazione digitale" indica la dematerializzazione dei documenti, ma anche la comunicazione esterna attraverso i siti web istituzionali e l'accesso ai servizi in rete, si riferisce all'utilizzo della firma digitale e della PEC come anche ai processi di e-democracy e agli open data, comprendendo anche una più generale trasformazione dell'organizzazione interna delle strutture e del lavoro dell'amministrazione pubblica. Con il "piano di e-government 2012" e il nuovo "codice dell'Amministrazione

Digitale" (CAD), che delineano il quadro programmatico e legislativo entro cui deve

attuarsi la digitalizzazione della PA, si definisce la riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni e si sanciscono veri e propri diritti dei cittadini e delle imprese in materia di uso delle tecnologie nel rapporto con le amministrazioni. Molte sono le opportunità e le possibilità offerte dalle nuove tecnologie, molti gli strumenti più o meno innovativi a disposizione, molti i processi di lavoro che le amministrazioni sono chiamate ad attivare per "diventare digitali".

1.3 La digitalizzazione della PA

L’innovazione nella PA può considerarsi inscindibile dall’esigenza della digitalizzazione della PA (il corrispondente termine anglosassone è e-government) vale a dire l’introduzione nelle attività della PA delle tecnologie ICT.

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12 L’e-government oggi è inteso come l’interazione digitale tra amministrazione e privati e in particolare come offerta di servizi on-line a cittadini e imprese.4 Si parla infatti di “servizi di e-government”, il cui significato è naturalmente più ampio della nostrana definizione di “servizi pubblici”, comprendendo anche l’offerta di c.d. servizi amministrativi.

Il fenomeno, a livello globale, è stato analizzato dalle Nazioni Unite, le quali, nel Rapporto annuale sull’e-Government quale strumento di sviluppo sostenibile del 20165, evidenziano un sensibile aumento dei Paesi che fanno uso di strumenti informatici nella Pubblica Amministrazione per offrire pubblici servizi online per i cittadini.

Le ragioni di questo crescente interesse per la digitalizzazione dell’amministrazione sia a livello di organi internazionali che nei vari Paesi in tutto il mondo sono in primo luogo da ricondurre all' intima relazione tra progresso tecnologico e produttività e quindi sviluppo economico degli Stati6.

L’informatizzazione della Pubblica Amministrazione produce effetti favorevoli per la produttività e lo sviluppo economico in quanto: “I servizi di e-Government possono ridurre i costi e permettere ad amministrazioni pubbliche, cittadini e imprese di risparmiare tempo. Inoltre possono anche contribuire ad attenuare le minacce collegate ai cambiamenti climatici e ai rischi naturali e di origine umana grazie alla condivisione di dati ambientali e di informazioni sull'ambiente.”7

L’attenzione degli economisti e dei policy makers allo sviluppo dell’e-Government dipende proprio dal fatto che esso può contribuire in maniera significativa alla competitività di un Paese ed è per questo considerato – in particolare in Europa – come un importante strumento per il superamento dell’attuale crisi economica.

4 V. Arpaia, Ferro, Giuzio, Ivaldi, Monacelli, L’E-Government in Italia: situazione attuale, problemi e prospettive. Banca d’Italia, Questioni di Economia e Finanza (Occasional papers), 2015 p. 5.

5 Cfr. The United Nations E-Government Survey 2016: e-Government in Support of Sustainable Development (July 2016), https://publicadministration.un.org/egovkb/en-us/Reports/UN-E-Government-Survey-2016

6 P. Ciocca F. Satta, La dematerializzazione dei servizi della P.A.: un’introduzione economica e gli aspetti giuridici del problema, in Dir. Amm. 2008, 283 e ss.

7 Ibidem. La Commissione ha sul punto rilevato che nonostante un livello elevato di disponibilità di servizi di e-Government in Europa, esistono ancora notevoli differenze fra i vari Stati membri e la loro diffusione fra i cittadini è limitata.

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13 È facile pensare che il ricorso alle ICT possa agevolare e rendere più efficiente l’attività dell’amministrazione sia nel c.d. back office (attività interna della PA) che nel c.d. front

office (relazione con il pubblico)8.

Quanto al primo profilo, l’amministrazione grazie alle ICT ricerca i documenti nel più breve tempo possibile, ha a disposizione gli atti di altre amministrazioni, trasmette e riceve i dati immediatamente e in maniera sicura: può quindi decidere più rapidamente e con minori costi.

Quanto al secondo profilo invece, il privato ha uffici a propria disposizione in ogni momento, così da potere reperire informazioni tramite internet senza bisogno di accedere fisicamente agli uffici, compiere in qualunque momento e da qualsiasi luogo attività che in passato si potevano svolgere solo in un ufficio pubblico, partecipare più facilmente ai procedimenti, evitare di dover fornire informazioni già in possesso della PA, anche se presso amministrazioni diverse, con un enorme risparmio di tempo e di risorse.

A questi fini è di fondamentale importanza la c.d. interoperabilità delle varie banche dati della pubblica amministrazione, ovvero “la capacità delle singole componenti del sistema PA di interagire orizzontalmente e verticalmente, ossia di fare rete. L’interoperabilità è infatti la capacità di due o più sistemi di connettersi tra loro e di dialogare in forma automatica, scambiando informazioni e condividendo risorse.9

1.3.1 La digitalizzazione della P.A. in Italia

In Italia si è iniziato formalmente a parlare di “digitalizzazione della P.A.” con il decreto legislativo n. 82 del 7 marzo 2005 chiamato “Codice dell’amministrazione digitale” (CAD). L’articolo 40 del decreto prevedeva l’obbligo per tutte le Pubbliche Amministrazioni di formare i propri documenti con mezzi informatici. Tale articolo è rimasto sostanzialmente inapplicato sino alla pubblicazione delle regole tecniche,

8 V.F. Costantino, L’uso della telematica nella pubblica amministrazione, in L’azione amministrativa. Saggi sul procedimento amministrativo, AA.VV., Giappichelli, 2016, p. 246 e ss.

9 V. Arpaia, Ferro, Giuzio, Ivaldi, Monacelli, L’E-government in Italia: situazione attuale, problemi e prospettive. Banca d’Italia, cit., p. 27.

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14 avvenuta con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 13 novembre 2014 (G.U. n. 8 del 12-1-2015).

Quest’ultimo stabilisce le regole per la formazione, l’archiviazione e la trasmissione di documenti con strumenti informatici e telematici sia per privati che per le pubbliche amministrazioni in applicazione del Codice dell’Amministrazione Digitale.

Per effettuare il passaggio dal cartaceo al digitale (entro il 12 agosto 2016 secondo il decreto) è necessario che le Pubbliche Amministrazioni rivedano i processi amministrativi interni ripensando il modello organizzativo (non con una semplice trasposizione dalla carta al digitale) e ponendo il cittadino al centro del processo. L’intervento della Commissione Affari Costituzionali che ha rinviato il termine non permetterà da solo di raggiungere l’obiettivo della digitalizzazione delle P.A. Tecnicamente, quindi, la sospensione “serve per aggiornare le regole tecniche sulla digitalizzazione”, tuttavia sembra chiaro che la prossima scadenza per le amministrazioni per adeguarsi al nuovo modello di amministrazione digitale non sarà così prossima, perché la sospensione non ha riferimenti temporali: si parla di un “tempo congruo”.

Il ritardo delle Pubbliche Amministrazioni italiane non è dovuto solo alla necessità di tempi più lunghi o dalla carenza di risorse economiche e umane, ma anche alla necessità di formazione del personale che dovrebbe progettare e attuare il cambiamento. Esse sono realtà molto complesse e diversificate tra loro, hanno risorse finanziarie e umane molto differenti, utenti più o meno numerosi e servizi dalla complessità diversificata.

L’amministrazione digitale o e-government è un sistema di gestione digitalizzata della pubblica amministrazione, che dovrebbe consentire di trattare la documentazione e di gestire i procedimenti con sistemi informatici, grazie all’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT), allo scopo di ottimizzare il lavoro degli enti e di offrire agli utenti ovvero cittadini e imprese sia servizi più rapidi, che nuovi servizi.

Le Amministrazioni locali hanno indicato come ostacoli principali all’uso delle tecnologie:

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15 • La mancanza di risorse finanziarie (67,5%);

• La carenza di staff qualificato (60,7%);

• L’elevata spesa per acquisire tecnologie (32,8% in calo rispetto al 53,8% del 2012);

Mentre il primo ostacolo è condiviso indistintamente da tutte le tipologie di amministrazione, la carenza di staff colpisce soprattutto le Amministrazione comunali (61,5%). Tra le barriere che ostacolano il processo di digitalizzazione, possiamo elencare (fonte Istat):

• La mancanza di risorse finanziarie;

• La carenza di staff qualificato in materie ICT; • La spesa troppo elevata per l’ICT;

• La carenza di una strategia ICT aggiornata;

• La mancanza di una leadership adeguata alla promozione; • La mancanza di coordinamento tra i settori coinvolti;

• La difficoltà a trovare e a trattenere staff qualificato in materia ICT; • La mancanza di fiducia nella capacità di garantire la protezione dei dati;

L’Agenda Digitale è una delle iniziative principali individuate nella più ampia Strategia EU2020, che punta alla crescita inclusiva, intelligente e sostenibile dell’Unione fissando gli obiettivi da raggiungere entro il 2020. L’unione Europea ogni anno fa il punto sui progressi realizzati dagli Stati membri sugli obiettivi dell’agenda digitale.

Per diversi anni ha misurato i risultati attraverso set di indicatori complessivi, noti come “digital agenda scoreboard”, ma dal 2015 l’Unione Europea ha cambiato focalizzazione passando dai risultati complessivi europei a quelli dei singoli Paesi attraverso il “Digital

Economic and Society Index” che misura lo sviluppo del digitale in ciascun paese

europeo.

Anche l’Italia, come previsto dall’Agenda Digitale Europea ha elaborato la propria strategia nazionale dal 2012 e successivamente nel 2014 si è insediata l’Agenzia per

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16 l’Italia Digitale, AgID, che è diventata l’unico soggetto attuatore dell’agenda digitale italiana e ha assunto il coordinamento e il monitoraggio dell’attuazione dei piani di ICT delle pubbliche amministrazioni.

Tale agenzia ha il compito di garantire la realizzazione degli obiettivi dell’Agenda digitale italiana (in coerenza con l’Agenda digitale europea) e contribuire alla diffusione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, favorendo l’innovazione e la crescita economica. Svolge inoltre i compiti necessari per l’adempimento degli obblighi internazionali assunti dallo Stato in materia di innovazione digitale, informatica e Internet.

1.4 Il Piano Triennale per l’Informatica nella P.A.

Lo sviluppo e il rilancio di un’economia intelligente, sostenibile e solidale dell’Europa, finalizzato a conseguire elevati livelli di occupazione, produttività e coesione sociale, è strettamente legato alla sua crescita digitale. Già dal 2010 la Strategia Europa 2020 si pone ambiziosi obiettivi in materia di occupazione, innovazione, istruzione, integrazione sociale e clima/energia ed individua, all’interno di “un mercato digitale unico europeo” gli obiettivi per sviluppare l’economia e la cultura digitale in Europa, lasciando a tutti gli Stati membri il compito di definire le proprie priorità e strategie nazionali.

Le politiche dell’innovazione hanno tradizionalmente pensato a digitalizzare processi esistenti, mentre il digitale rappresenta una leva di trasformazione economica e sociale che, mettendo al centro delle azioni i cittadini e le imprese, rende l’innovazione digitale un investimento pubblico per una riforma strutturale del Paese.

L’Italia, sulla base delle indicazioni fornite dall’ “Agenda digitale europea”, ha definito una propria strategia nazionale elaborata con i Ministeri e in collaborazione con la Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome. Nel 2015 il Consiglio dei Ministri ha approvato due programmi strategici per il Paese: il Piano nazionale Banda Ultra Larga e la Strategia per la Crescita Digitale 2014-2020.

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17 L’attuazione dell’Agenda digitale italiana richiede il coordinamento di molteplici azioni in capo alla Pubblica Amministrazione, alle imprese e alla società civile e necessita di una gestione integrata delle diverse fonti di finanziamento nazionali e comunitarie (a livello centrale e territoriale).

A tal fine l’Agenzia per l’Italia Digitale ha il compito di redigere il Piano triennale per l’informatica nella Pubblica amministrazione10.

Il Piano è stato costruito avendo a riferimento quanto indicato nella Strategia per la crescita digitale, con le azioni e la definizione dei fabbisogni finanziari, con l’obiettivo di indirizzare gli investimenti in ICT del settore pubblico secondo le linee guida del Governo e in coerenza con gli obiettivi e i programmi europei. Il Piano propone alle Pubbliche Amministrazioni di contribuire allo sviluppo e alla crescita dell’economia del Paese fornendo loro indicazioni su alcuni strumenti che permetteranno lo snellimento dei procedimenti burocratici, la maggiore trasparenza dei processi amministrativi, una maggiore efficienza nell’erogazione dei servizi pubblici e, non ultimo, la razionalizzazione della spesa informatica.

Sono questi tutti fattori che contribuiscono alla realizzazione di norme, condizioni e opportunità uguali per i destinatari primi della trasformazione digitale del Paese, e cioè tutti i cittadini e tutte le imprese.

Il Piano triennale è costruito sulla base di un Modello strategico di evoluzione del sistema informativo della Pubblica amministrazione e indirizza il piano delle gare, il piano dei finanziamenti e i piani triennali delle singole PA.

10 Cfr. Statuto AgID, decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 gennaio 2014 -

http://www.agid.gov.it/notizie/2014/02/14/pubblicato-gazzetta-ufficiale-lo-statuto-dellagid. La legge n. 208 del 28 dicembre 2016 (Legge di Stabilità 2016) prevede inoltre che l’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) predisponga – per conto della Presidenza del Consiglio dei Ministri – il Piano triennale che guidi la trasformazione digitale della Pubblica amministrazione.

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18 Figura 2 – Input e output del Piano Triennale

Il Piano propone un modello sistemico, diffuso e condiviso, di gestione e di utilizzo delle tecnologie digitali più innovative, improntato a uno stile di management agile ed evolutivo, e basato su una chiara governance dei diversi livelli della Pubblica Amministrazione. La sinergia e l’equilibrio tra le tre direttrici (tecnologie innovative, stile di management agile e modello di governance chiaro ed efficace) garantiscono al sistema Paese un più efficace sfruttamento dei benefici delle nuove tecnologie e assicurano ai cittadini un vantaggio in termini di semplicità di accesso e miglioramento dei servizi digitali esistenti.

Il Piano deve indirizzare una realtà complessa con livelli di delega di competenze e di capacità operativa molto diversificate, e caratterizzata da elevata frammentazione11:

• 32.000 dipendenti pubblici nell’ICT, di cui circa 18.000 nelle Pubbliche amministrazioni centrali (PAC) e 14.000 nelle Pubbliche amministrazioni locali (PAL), a cui si aggiungono circa 6.000 dipendenti delle società in house locali e più di 4.000 nelle società in house centrali;

11 Dati da fonte AgID, 2016.

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19 • stima di circa 5,7 miliardi di Euro di spesa esterna ICT;

• stima di circa 11.000 data center delle Pubbliche amministrazioni;

• circa 160.000 basi di dati presenti nel catalogo delle basi di dati della Pubblica amministrazione di AgID e oltre 200.000 applicazioni che utilizzano tali dati secondo quanto rilevato dal censimento svolto su 13.822 Amministrazioni; la precisione di questi dati non è tanto importante quanto le dimensioni che sottolineano la complessità del problema;

• oltre 25.000 siti web.

1.4.1 Approccio alla stesura del Piano Triennale

La stesura del Piano triennale ha visto il coinvolgimento delle Pubbliche amministrazioni locali e centrali, anche attraverso un processo di rilevazione di dati ed informazioni sia per la condivisione dell’impostazione scelta e dei principali contenuti del Modello strategico sia per effettuare una prima ricognizione sul campo delle iniziative e dei costi ICT.

Sono state coinvolte:

• le Pubbliche amministrazioni centrali, in particolare i Ministeri comprensivi di tutti gli enti vigilati;

• le Agenzie fiscali; • gli Enti previdenziali; • le Regioni;

• le Città metropolitane; • l’ANCI.

Sono inoltre stati resi partecipi del processo altri stakeholder chiave, quali:

• il Commissario alla spending review; • il Ministero dell’Economia e delle Finanze;

(20)

20 • il Dipartimento della Funzione Pubblica;

• Sogei; • Consip;

• l’Agenzia per la Coesione Territoriale; • la Conferenza Unificata;

• Assinform e Confindustria.

L’avvio delle attività di rilevazione e analisi dati ha visto inizialmente coinvolte le amministrazioni centrali (PAC), soprattutto in considerazione della significatività della loro spesa ICT.

La rilevazione ha permesso di ottenere una fotografia rispetto a:

• le principali caratteristiche della spesa ICT per l’anno 2016 e confronto con la spesa media annua 2013-2015;

• la mappatura dei principali progetti in corso o in fase di avvio; • i possibili obiettivi di risparmio.

Nel corso della rilevazione, le amministrazioni centrali hanno inoltre fornito la propria programmazione in materia ICT al fine di evidenziare le modalità con cui intendono dare seguito ai seguenti obiettivi:

• realizzazione dei progetti previsti dal Piano crescita digitale;

• attuazione delle disposizioni della Circolare AgID 24 giugno 2016, n. 2 che, in via transitoria, anticipava le disposizioni correlate all’attuazione del Piano triennale in riferimento al Modello strategico di evoluzione del sistema informativo della Pubblica amministrazione;

• attuazione delle disposizioni normative specifiche per la realizzazione di uno o più ecosistemi di riferimento.

(21)

21 Le informazioni raccolte sono quindi state utili per:

• evidenziare i fabbisogni ICT che, pur emergendo dai singoli ecosistemi, hanno carattere generale per l’intera Pubblica Amministrazione;

• individuare soluzioni già realizzate, in via di realizzazione o pianificate che sono da considerare strategiche per l’intera Pubblica amministrazione;

• verificare con i Ministeri che il Modello sia condiviso e coerente.

Lo stesso tipo di percorso è stato avviato anche con le Amministrazioni regionali e le Città metropolitane. Tuttavia, in questa fase, l’attenzione è stata focalizzata sulle principali PAC, strategiche per:

• rilevanza della spesa;

• implementazione di sinergie e di interventi di centralizzazione in ottica di ottimizzazione della spesa complessiva;

• titolarità dei principali sistemi informatici nazionali.

La complessità nella definizione e nella calibratura dei contenuti del Piano triennale e la continua evoluzione tecnologica inducono a una gestione che contiene la previsione dei due anni successivi a quello di presentazione, in una logica di scorrimento continuo. Questo Piano va visto quindi come uno strumento dinamico, la cui implementazione dipende dall’aggiornamento dei contenuti e da uno scambio trasparente di informazioni con le Pubbliche amministrazioni già coinvolte, oltre che dall’allargamento progressivo alle altre.

L’attuazione del Piano triennale prevede un percorso graduale di coinvolgimento delle Pubbliche amministrazioni:

• il 2017 è l’anno della costruzione attraverso il consolidamento della strategia di trasformazione digitale e il completamento del percorso di condivisione con le Pubbliche amministrazioni;

(22)

22 • il 2018 è l’anno del consolidamento del Piano che sarà gestito anche attraverso strumenti on line che consentiranno alle Pubbliche amministrazioni di fornire i propri dati con semplicità. Essi permetteranno di gestire i piani triennali delle amministrazioni in modo dinamico;

• il 2019 è l’anno di completamento delle azioni del primo ciclo triennale del processo, che potrà pertanto essere ulteriormente affinato per il successivo triennio.

Il Piano triennale per l’Informatica nella Pubblica amministrazione 2017/2019 è il documento di indirizzo strategico ed economico con cui, per la prima volta, si definisce il modello di riferimento per lo sviluppo dell’informatica pubblica italiana e la strategia operativa di trasformazione digitale del Paese.

Approvato dal presidente del Consiglio dei Ministri Paolo Gentiloni, il Piano coordina le attività dei 4,6 mld. circa che provengono da finanziamenti nazionali e comunitari, stanziati per il raggiungimento degli obiettivi fissati dalla strategia Crescita Digitale rispetto alla riqualificazione della spesa ICT.

In linea con la Legge di stabilità 2016, il Piano dà il via al percorso di accompagnamento che consentirà a livello nazionale di adeguarsi all’obiettivo di risparmio del 50% della spesa annuale per la gestione corrente del settore informatico, obiettivo da raggiungere alla fine del triennio 2016-2018, destinando i fondi in investimenti per innovazione sviluppo.

Definisce le linee guida della strategia operativa di sviluppo dell’informatica pubblica fissando i principi architetturali fondamentali, le regole di usabilità e interoperabilità. Grazie al Piano si chiarisce il modello per lo sviluppo del digitale secondo cui:

• Il livello nazionale definisce regole, standard e realizza piattaforme abilitanti che ottimizzano investimenti;

• Le amministrazioni, centrali e locali, sviluppano servizi secondo le proprie specificità utilizzando competenze interne e/o di mercato;

(23)

23 • Il privato, compresa la strategia di paese, programma investimenti di lungo periodo e sfrutta nuove opportunità di mercato creando soluzioni che si integrino con le piattaforme nazionali.

Il Piano verrà sviluppato secondo tre principali direttrici:

1. La riorganizzazione del parco dei data center della Pubblica amministrazione attraverso un’opera di razionalizzazione;

2. La realizzazione del cloud della P.A., grazie al quale sarà possibile virtualizzare il parco macchine di tutte le Pubbliche amministrazioni;

3. La razionalizzazione delle spese per la connettività delle Pubbliche amministrazioni e l’aumento della diffusione della connettività dei luoghi pubblici a beneficio dei cittadini.

Per le amministrazioni che non presenteranno un piano di migrazione effettueranno attività di analisi della sicurezza a campione, quali penetration test o vulnerability

assessment, secondo quanto previsto dall’azione “continuous monitoring”.

Le Pubbliche Amministrazioni dovranno avviare processi di adeguamento della propria connettività al fine di poter erogare tutti i servizi relativi sia ai processi amministrativi interni sia ai servizi pubblici rivolti ai cittadini.

L’obiettivo del Piano è quello di razionalizzare la spesa delle amministrazioni, migliorare la qualità dei servizi offerti a cittadini e imprese e degli strumenti messi a disposizione degli operatori della Pubblica Amministrazione.

(24)

24 1.5 L’uso delle tecnologie come strumento di modernizzazione e riforma

dell’amministrazione secondo il modello del c.d. Open Government

L’uso delle tecnologie è un importante strumento di riforma e modernizzazione della Pubblica Amministrazione12.

Esso è in primo luogo una grande leva per la semplificazione e riorganizzazione dei procedimenti e promuove, a livello organizzativo, un maggiore coordinamento delle competenze e una loro concentrazione a livello centrale.

L’e-Government “mira a semplificare i rapporti tra amministrazione e cittadini; richiede pertanto una re-ingegnerizzazione dei processi che, da un lato elimini i passaggi inutili tra gli utenti e le amministrazioni – riportando su queste ultime l’onere della raccolta delle informazioni in possesso del settore pubblico – e, dall’altro, riduca le duplicazioni di attività e di controlli attraverso un accentramento dei servizi di supporto comuni a varie amministrazioni (procurement, gestione dei sistemi informativi, ecc.).”13

Come è stato rilevato14, il processo di informatizzazione della pubblica amministrazione richiede grandi investimenti finanziari e di risorse tecniche per la costruzione della infrastruttura e l’implementazione della tecnologia. Queste sono le ragioni pratiche che giustificano la concentrazione delle competenze e un forte coordinamento statale.

L’Open Governement si fonda sull’idea che il potere pubblico debba essere esercitato in

modo “aperto” e trasparente nei confronti dei cittadini, favorendo forme di c.d. “democrazia partecipata” o “collaborativa” e garantendo allo stesso tempo maggiori controlli sulla pubblica amministrazione.

I principi su cui si fonda l'amministrazione aperta sono:

• trasparenza (per promuovere l'accountability dell'amministrazione attraverso la pubblicazione delle informazioni sull'attività di governo);

12 Cfr. sul tema il rapporto di Italia decide 2016, Italidigitale: 8 tesi per l’innovazione e la crescita intelligente, Mulino, 2016.

13 V. Arpaia, Ferro, Giuzio, Ivaldi, Monacelli, L’e-Government in Italia: situazione attuale, problemi e prospettive, Banca d’Italia, Questioni di Economia e Finanza (Occasional papers), p. 7.

(25)

25 • partecipazione (che consente a chiunque di fornire idee e conoscenze per il

miglioramento delle politiche pubbliche);

• collaborazione (che rafforza l'efficacia dell'azione amministrativa attraverso la cooperazione tra tutti i livelli di governo centrale e locale e le istituzioni private15, secondo un modello che nella terminologia nostrana potrebbe essere ricondotto alla sussidiarietà orizzontale)16.

Si tratta di un modello di origine statunitense, esportato a livello internazionale nel 2011 attraverso l’iniziativa multilaterale dell’Open Government Partnership (OGP), che vede coinvolti 65 governi che si impegnano a realizzare diverse iniziative, riassunte in un Piano d’azione, cui l’Italia ha aderito, presentando un proprio Action Plan nel 2012, un secondo Piano d’azione Nazionale nel 2014 e un terzo Piano d’azione nel 2016.

Le recenti innovazioni tecnologiche hanno reso possibile una maggiore interazione tra potere pubblico e cittadini.

1.5.1 Open Government in Italia (3° Piano d’azione 2016-2018)

Open Government Partnership (OGP) è un’iniziativa multilaterale promossa da Governi

e società civile per l’adozione di politiche pubbliche improntate alla trasparenza, alla partecipazione, alla lotta alla corruzione, all’accountability e all’innovazione della pubblica amministrazione.

I Paesi aderenti devono impegnarsi a perseguire gli obiettivi dell’OGP attraverso specifiche iniziative, contenute in piani d’azione di durata biennale, adottati in seguito a un confronto con la società civile che vigila sulla loro attuazione.

L’Italia ha aderito all’Open Government Partnership nel settembre 2011, condividendo i principi e i valori che ne sono alla base.

Questo action plan – il terzo dall’adesione del nostro Paese – è un importante passo avanti nell’impegno per realizzare questi obiettivi nel periodo 2016-2018.

15 Cfr. F. Cardarelli, op.cit., nota 56.

(26)

26 Non è casuale che l’affermazione dell’Open Government abbia coinciso con l’avvento della rivoluzione digitale: i principi di trasparenza, partecipazione, accountability e collaborazione che ne sono alla base, infatti, possono essere pienamente realizzati solo grazie all’utilizzo adeguato e consapevole dell’informatica e di Internet.

La crescita di questo movimento è rappresentata efficacemente dalla veloce crescita dell’Open Government Partnership che, da otto Paesi fondatori nel 2011, è arrivata ad avere oggi ben 70 Nazioni aderenti e coinvolge centinaia di organizzazioni della società civile e migliaia di innovatori da tutto il mondo.

L’Italia, fin qui, pur avendo aderito tra i primi Paesi, non ha assunto un ruolo guida nella

Partnership, ma – con questo action plan – intende avviare una strategia complessiva

che consenta di raggiungere significativi risultati in materia di trasparenza, partecipazione, lotta alla corruzione e innovazione della pubblica amministrazione. La concreta attuazione dei principi di Open Government è ritenuta necessaria per promuovere un’amministrazione che sia in grado:

• di migliorare la qualità delle proprie decisioni;

• di rendicontare efficacemente l’utilizzo delle risorse pubbliche; • di combattere risolutamente la corruzione;

• di stringere un patto di collaborazione con i cittadini, capitalizzando le esperienze e le competenze della società civile.

Il terzo piano d’azione dell’Italia, è un significativo miglioramento rispetto alle edizioni precedenti non solo perché gli impegni assunti sono numerosi, ambiziosi e significativi ma anche per il modo con cui sono stati sviluppati.

Il documento è stato elaborato con la partecipazione dei rappresentanti della società civile, riuniti grazie all’istituzione di un Open Government Forum, aperto a tutte le organizzazioni attive sui temi dell’amministrazione aperta. Il piano è stato redatto dal Dipartimento della funzione pubblica, sulla base delle proposte delle pubbliche amministrazioni coinvolte che, nella definizione delle azioni, hanno tenuto conto – per

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27 quanto possibile – delle priorità segnalate dalle organizzazioni della società civile consultate.

Naturalmente, il ricorso alla collaborazione non significa che questo piano contiene tutte le azioni richieste dalla società civile e ci sono sicuramente degli ambiti in cui il piano avrebbe potuto essere più ambizioso. Questa continua tensione al miglioramento, elemento distintivo dell’amministrazione aperta, consente di conoscere le aspettative della società civile in modo da condizionare i futuri impegni.

Nello sviluppo di questo piano, sono state inserite azioni che consentono al Paese di aprirsi ulteriormente, in linea con i valori OGP di accesso all’informazione del settore pubblico, partecipazione civica, accountability e digitalizzazione della pubblica amministrazione.

Negli anni scorsi, l’Italia ha avviato importanti progetti di trasparenza come Soldipubbici, OpenCoesione, ItaliaSicura e Opencantieri: con il terzo action plan si dà continuità a questi progetti, potenziandoli, avviando altre iniziative sulla trasparenza degli investimenti pubblici, sui lavori per la banda ultralarga, sulla spesa dei fondi per la cooperazione internazionale, sulla scuola, sul sistema penitenziario oltre che sull’importantissimo settore dei trasporti. Si tratta di impegni che hanno l’obiettivo di promuovere la trasparenza come strumento di partecipazione e monitoraggio civico ma anche di favorire il miglioramento dei servizi offerti ai cittadini.

Una significativa novità è che per la prima volta all’interno dell’action plan vengono inseriti gli impegni di amministrazioni diverse da quelle statali. Questo rende il piano un’iniziativa di tutto il Paese, facendo in modo che l’Open Government possa davvero essere conosciuto e percepito dai cittadini, anche sui territori.

Le amministrazioni comunali e regionali saranno impegnate in progetti rilevanti per la prevenzione della corruzione e la tutela dei diritti digitali, oltre a quelli relativi alla partecipazione.

Lavorare per la digitalizzazione della pubblica amministrazione significa assicurare una più efficace fruizione dei servizi attraverso il potenziamento di SPID, il sistema pubblico di gestione dell’identità digitale, che consentirà di accedere con le stesse credenziali ai

(28)

28 servizi in rete di tutte le pubbliche amministrazioni ed in prospettiva anche ai servizi offerti dai privati.

Inoltre, parallelamente ad azioni volte a promuovere la cultura dell’amministrazione aperta tra i dipendenti pubblici e i cittadini, si è realizzato “Italia.it”, un unico punto di accesso ai servizi della pubblica amministrazione.

Di seguito, le azioni del piano sono analiticamente descritte, seguendo gli standard forniti dal Segretariato OGP e aggregati secondo tre ambiti:

1. Trasparenza e open data

2. Partecipazione e accountability 3. Cittadinanza digitale e innovazione

Per ciascuna azione sono indicati i soggetti responsabili, gli obiettivi prefissati, gli impegni specifici, i tempi di attuazione e i valori OGP promossi.

(29)

29 “Una città è Smart quando garantisce una

quotidianità più soddisfacente”

A. RATTI

CAPITOLO 2

LA NUOVA FRONTIERA DELLA DIGITALIZZAZIONE: LA SMART

CITY

2.1 Definizione di Smart City

L’era digitale offre la possibilità di riflettere intorno ad un concetto nuovo, quello di

“ecologia digitale”, in grado di rappresentare effettivamente una nuova frontiera dello

sviluppo sostenibile. Essa può segnare il riavvicinamento dell’uomo all’ambiente, legato ad un uso sostenibile delle sue risorse soprattutto grazie alle innovazioni scientifiche.

Parlando di città Smart oggi si fa riferimento alla città intelligente che può essere definita tale quando gli investimenti in capitale umano, sociale e in infrastrutture tradizionali e ICTs producono uno sviluppo economico sostenibile migliorando contemporaneamente la qualità della vita degli abitanti (Fig. 3). Risulta molto complesso identificare una definizione univoca di città Smart, in quanto nel termine stesso si può rintracciare un duplice significato, legato sia all’idea di intelligenza artificiale, quindi riferito al mondo virtuale dei computer (ICT, Smart grid, Smart meter, ecc.), sia al concetto di intelligentia (dal latino intelligere, capire), in quanto creatività e conoscenza e, dunque, catalizzatore di nuove realtà che, nel caso del sistema urbano, inducono a ragionamenti legati alla sostenibilità ambientale, sociale, culturale ed economica. In ambito urbano, una Smart City può essere considerata come uno spazio diretto da una politica lungimirante, che affronta la sfida posta dalla globalizzazione e dalla crisi economica in termini di competitività e di sviluppo sostenibile, con particolare attenzione alla coesione sociale, alla diffusione e disponibilità della conoscenza, alla creatività, alla mobilità green e alla quantità dell’ambiente naturale e culturale.

(30)

30 L’origine del concetto di Smart City è identificabile intorno al XIV secolo, in seguito alla diffusione di prototipi di agglomerati urbani, come Pienza, Urbino ed altre città tipicamente rinascimentali.

Il termine inglese Smart significa intelligente e viene sempre di più associato al termine

city ovvero città. Le città intelligenti stanno entrando a far parte del nostro vocabolario

quotidiano e sempre più spesso si sente parlare di Smart City, l’espressione tuttavia rischia di restare generica e priva di una visione condivisa su scala mondiale. Il fenomeno della Smart City nasce dal bisogno di politiche lungimiranti per lo sviluppo urbano sostenibile che abbia una strategia comune a livello globale, la riduzione delle emissioni di CO2 e una migliore qualità della vita degli abitanti. Le aree urbane in cui stiamo vivendo, prevalentemente associate all'era industriale, hanno bisogno di essere rigenerate e trasformate (Farioli, 2011) esplorando un futuro alternativo, in modo da essere in grado di organizzare, regolamentare, pianificare e progettare una nuova città (Mitchell, 1995).

Fig. 3 – Il Quartiere di Bassis à flot a Bordeaux, si sta riqualificando sulla base di logiche di sostenibilità ed efficienza energetica contribuendo ad alimentare di energia anche le zone vicine. Citylifemagazine.

Si potrebbe ricondurre lo sviluppo della visione delle Smart City all’humus del Rinascimento. Le città ideali del Rinascimento italiano nacquero esattamente con le stesse motivazioni delle città ideali che le Smart Cities intendono rappresentare, rivoluzionando totalmente l’architettura e l'urbanistica moderna.

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31 Una città, per essere considerata Smart deve far fronte alle esternalità negative, per cui risulta necessario affidare il processo decisionale a diversi attori.

La figura degli attori risulta strettamente collegata al processo di innovazione tecnologica, economica e sociale, infatti si evidenzia l’importanza del collegamento di questi con il territorio.

Con il termine Smart City si individua l’applicazione delle tecnologie informatiche e delle telecomunicazioni ad un ambito urbano al fine di migliorare la qualità dei servizi esistenti per i cittadini e permetterne la fornitura di nuovi in base alle reali esigenze locali17. La realizzazione di una Smart City presuppone la creazione di un’infrastruttura che riesce a connettere in rete molti oggetti fisici intelligenti in grado di raccogliere diversi tipi di dati, trasmetterli ed elaborarli.

Le diverse informazioni ottenute permettono la creazione di servizi urbani migliori sia sul piano qualitativo che quantitativo, accompagnati da una riduzione delle spese sostenute dalla pubblica amministrazione per la fornitura degli stessi. Tuttavia la rilevazione di diversi dati da parte di una pluralità di oggetti intelligenti comporta problemi in ordine alla sicurezza della trasmissione degli stessi, al fine di garantire la genuinità e affidabilità.

Problemi si possono avere sotto il profilo della privacy dei cittadini, i cui comportamenti e spostamenti nell’ambito urbano rischiano di essere monitorati.

L’integrazione delle tecnologie intelligenti in ambito urbano deve avvenire tramite un coordinamento delle iniziative nei vari settori e con coinvolgimento dei cittadini, tenendo conto delle peculiarità geografiche, sociali e culturali della città.

La partecipazione della popolazione locale risulta uno strumento necessario, al fine di garantire che i diversi servizi siano utilizzati e adeguati alle reali esigenze espresse dalla comunità locale nei diversi settori.

L’intervento degli organi pubblici deve essere indirizzato all’incentivazione delle iniziative private nei diversi settori, favorendo un’interoperabilità e un coordinamento dei progetti, sia pubblici che privati.

(32)

32 La creazione di partnership pubblico-privato permette la definizione di obiettivi comuni, in un rapporto di reciproca collaborazione, fiducia e costruzione, mediante bilanciamento dei diversi interessi di natura commerciale e non18. Lo strumento nasce su base volontaria come collaborazione spontanea tra pubblica amministrazione e imprese per il perseguimento del benessere locale.

I diversi interventi possono mirare al miglioramento dell’utilizzo delle risorse energetiche, alla sostenibilità ambientale dello spazio urbano tramite la razionalizzazione dell’utilizzo delle risorse, della gestione dei rifiuti, della riduzione dell’inquinamento atmosferico e della gestione della mobilità finalizzata alla riduzione della congestione del traffico urbano, alla riduzione degli incidenti stradali e dell’utilizzo del mezzo privato a favore del trasporto pubblico.

Il modello di Smart City deve essere inteso come concetto d’innovazione continua volto al monitoraggio dei reali bisogni della cittadinanza locale e alla fornitura di servizi adeguati ed innovativi in base all’evoluzione delle esigenze.

Un’interessante definizione di Smart City, intesa secondo l’accezione di città creativa, è quella secondo cui una città intelligente, si caratterizza per la capacità che ha la sua comunità di apprendere, di adattarsi e d’innovare, utilizzando la tecnologia con l’obiettivo di beneficiare di essa (Coe, Paquet, Roy 2002: 80-93); in questo caso il tema viene polarizzato sulle tematiche culturali e sociali capaci d’influenzare gli spazi urbani e quindi la costruzione di città intelligenti.

Una delle definizioni più diffuse è quella fornita dal Politecnico di Vienna, in collaborazione con l’Università di Lubiana e il Politecnico di Delft, che identifica sei assi fondamentali grazie ai quali è possibile valutare la Smartness di città di media dimensione.

Nello studio condotto dal Centre of Regional Science di Vienna, hanno prodotto un insieme di criteri per la valutazione delle politiche che possono identificare come l’intelligenza di una città. Lo studio ha classificato una città come un sistema complesso, non si sono limitati a considerare solo la quantità di innovazione IT diffusa nell’ambiente

18 Cortese F, Concetti e istituti del coordinamento pubblico-privato: sotto la “lente” del partenariato, in Marchetti B. (a cura di), Pubblico e privato, CEDAM, Padova, 2013, pp. 7-42.

(33)

33 urbano per definire una città Smart, ma hanno evidenziato quali politiche e quali obiettivi possono coinvolgere trasversalmente tutti gli aspetti della vita cittadina. Non solo dati e informazioni, ma anche mobilità, qualità dell’ambiente, governance del sistema urbano, contesto economico, partecipazione alla vita sociale, vivibilità (Ambrosetti, 2012). Identificando i fattori su cui agire virtuosamente per innescare politiche Smart in sei assi strategici: economy, people, governance, mobility,

environment, living.

Figura 4 – Caratteristiche di una città intelligente19 Figura 5 – Struttura dei livelli

Secondo questi assi una città di media grandezza, ovvero meno di 500.000 abitanti, viene considerata una Smart City quando, basandosi sulla combinazione tra i dati locali e le attività realizzate da parte dei politici, degli attori dell’economia e degli abitanti stessi, presenta uno sviluppo di lunga durata, delle sei caratteristiche citate (Vianello, 2013):

1. Smart People. Una città Smart si crea grazie alla partecipazione attiva, l’impegno e l’adesione al territorio dei singoli. Se è vero che una città intelligente deve essere costruita attorno al cittadino, è ancora più vero che il cittadino stesso deve essere l’anima del cambiamento del proprio territorio in un’ottica Smart,

19 Fonte: le immagini sono state estrapolate dallo studio Smart City, Ranking of European medium-sized cities, Centre of Regional Science of Vienna.

(34)

34 condividendo conoscenza, idee e creatività. I portatori di interesse pubblici e privati sceglieranno in una Smart City di mettere il cittadino al primo posto. La centralità del cittadino e la sua partecipazione civica è aumentata, soprattutto nel caso dei più giovani che potenziano così il lato umano della città: cittadini intelligenti che abitano una città Smart;

2. Smart Living. Una città intelligente è un luogo che sa parlare ai cittadini attraverso le tecniche più innovative e la tecnologia applicata. Anche nel settore turistico entrano con forza le componenti Smart per migliorare la valorizzazione dei paesaggi e dell’ambiente e dare vita ad una fruizione dei luoghi più sostenibile. Valorizzare storia, cultura e tradizioni agli occhi di tutti: per fare questo, serve riorganizzare le risorse e gli strumenti a disposizione delle città e creare contemporaneamente nuovi servizi locali e condivisi, attraverso una rete di telecomunicazione e comunicazione elettronica più efficace. I contenuti della Smart City diventano virtuali per dare l’opportunità a tutti di usufruirne. La parola d’ordine dunque diventa “multimedialità” per realizzare una rete digitale di orientamento e approfondimento, un network di contenuti multimediali georeferenziati che permettano una migliore conoscenza del territorio e delle sue peculiarità;

3. Smart Environment. I cittadini non soltanto sono coinvolti nella creazione della Smart City, ma con le singole azioni, diventano protagonisti attivi nel processo di progettazione di questo tipo di città. Questa visione è molto significativa nella realizzazione di uno Smart Environment, ovvero nel rendere l’ambiente che ci circonda il più pulito possibile. Il singolo può intervenire in tale processo di miglioramento attraverso le singole azioni quotidiane che vanno da una corretta ed efficiente raccolta differenziata evitando sprechi e comportamenti poco eco-friendly fino alla scelta di mezzi alternativi per lo spostamento, per incidere sempre meno sulle emissioni di CO₂. La Pubblica Amministrazione deve prestare particolare attenzione ai piani di riciclaggio e raccolta differenziata, favorendo comportamenti virtuosi. Nella costituzione di un ambiente rispettato e rispettabile devono intervenire anche le singole aziende, per esempio con piani aziendali che

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35 ottimizzino le emissioni prodotte, ma anche le Pubbliche Amministrazioni, adottando una serie di comportamenti di gestione ottimale della cosa pubblica, come sistemi di illuminazione a risparmio energetico, monitoraggio della qualità dell’aria per evidenziare, e quindi intervenire, in presenza di situazioni di criticità e tutela del verde urbano con specifiche azioni di miglioramento dei parchi e delle aree naturale con attività di sensibilizzazione verso i cittadini;

4. Smart Economy. L’economia cambia grazie alla scienza e alla tecnologia: il nuovo concetto di Smart Economy cambia lo scenario globale. La città diventa il centro degli investimenti e dello sviluppo finanziario, le nuove tecnologie contribuiscono ad indirizzare il sistema produttivo verso comportamenti migliori, soddisfacendo le esigenze dei cittadini, delle imprese e del territorio. In una realtà ormai diventata sempre più complessa dal punto di vista economico-finanziario, la Smart Economy interagisce con elementi innovativi come gli incubatori d’impresa per la creazione di start-up innovative, dove sostenere la crescita dell’imprenditorialità favorendo la nascita di nuove idee e il loro successivo sviluppo grazie anche all’utilizzo della tecnologia, considerata la chiave del futuro economico e sociale.

La Smart Economy lancia degli spunti interessanti legati alla crescita e all’innovazione. Essa deve puntare sull’innovative spirit che contraddistingue la città intelligente, con un’alta flessibilità del mercato del lavoro, produttività entrepreneurship (imprenditoria).

5. Smart Mobility si intreccia profondamente con le politiche per l’ambiente e ha come obiettivo quello di cambiare la modalità attraverso la quale individui e merci si spostano: ciò implica una modifica sostanziale delle abitudini personali e sociali e dei sistemi di produzione. L’innovazione e la modernizzazione intelligente delle nostre città e dei nostri territori passa attraverso la mobilità Smart, a misura di cittadino e altamente tecnologica. Il sistema innovativo della Smart Mobility rappresenta una nuova frontiera non soltanto per ridurre gli sprechi ed inquinamento, ma anche per creare economie di scala sugli spostamenti di persone e merci, migliorare la logistica attraverso l’utilizzo della

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36 tecnologia e risparmiare quindi tempo e costi. È necessario iniziare pensare la mobilità e gli spostamenti in modo fluido per rendere gli standard di vita quotidiana ed i relativi comportamenti più eco-rispettosi e virtuosi. Muoversi intelligentemente comprende anche un trasporto pubblico realmente efficiente e mezzi a basso impatto ambientale per la tutela del territorio. Per i cittadini la Smart Mobility comprende soluzioni più vivibili con costanti e puntuali aggiornamenti, piste ciclabili sicure e continuative per lunghe tratte, parcheggi d’interscambio che evitino il congestionamento della città. Una mobilità intelligente deve garantire l’accesso ai centri storici con maggiore vivibilità, adozione di soluzioni avanzate di mobility management e di infomobilità per gestire quotidianamente i vari spostamenti dei cittadini e gli scambi con aree limitrofe.

Rientrano nell’idea di Smart Mobility tutte quelle soluzioni che mettono il cittadino in condizione di avere spostamenti agevoli, buona disponibilità di trasporto pubblico innovativo e sostenibile attraverso mezzi con basso impatto ecologico. Per ottenere tali risultati servono sistemi di pianificazione del viaggio e di ottimizzazione delle rotte e trasporto intermodale, che permettano il pagamento e le prenotazioni in mobilità, tecnologie Car-to-Car Communicatio (C2C) e Car-to-Infrastructure (C2I) ma anche sistemi integrati di gestione car sharing, bike sharing e van sharing;

6. Smart Governance attiene alle forme di governance e ai rapporti democratici che una Pubblica Amministrazione intenderà applicare. Cambiano i rapporti tra PA e cittadini in quanto in un’ottica di Smart Governance Istituzioni, enti, territorio e singoli abitanti possono dialogare in modo semplice e funzionale grazie a strumenti in grado di estendere le opportunità di conversazione e partecipazione democratica. Dialogo e partecipazione sono gli elementi chiave di un’Amministrazione che sceglie di essere tecnologicamente a portata di cittadini. La Smart Governance persegue la semplificazione amministrativa, avvalendosi quindi di tecnologie per facilitare la vita ai cittadini, per cercare di virtualizzare

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37 tutti i passi e processi gestionali. I benefici sono visibili sia nel servizio diretto ai cittadini e alle imprese, sia nelle attività gestionali di back-office.

Un governo Smart ha una visione strategica del proprio sviluppo e sa definire scelte e linee di azione, è in grado di coinvolgere i cittadini nei temi di rilevanza pubblica, promuove azioni di sensibilizzazione e utilizza tecnologie per digitalizzare ed abbreviare le procedure amministrative.

Questi sei assi, di fatto, riportano il concetto di Smart City nel quadro della teoria economica neoclassica sullo sviluppo regionale ed urbano ed hanno il merito di costituire il primo tentativo di misurazione del grado di smartness e di evidenziare alle istituzioni le possibili leve su cui agire per implementarlo.

Lo studio inoltre, ha stilato una classifica delle città di media grandezza europee, valutandole per le loro prospettive di sviluppo, analizzando i loro punti di forza e trasformando i loro punti di debolezza come spunti progettuali per aree da migliorare, con lo scopo di renderle maggiormente competitive in un panorama più vasto. Le 70 città selezionate sono state scelte tramite due criteri fondamentali: avere una dimensione media e possedere un database che permettesse un facile accesso per lo studio delle stesse.

Lo studio si è appoggiato alla lista di città proposta dal progetto ESPON Project20. I criteri per la selezione delle 70 città sono stati determinati dai seguenti elementi:

• avere una popolazione urbana compresa tra i 100.000 e i 500.000 (città corrispondenti 584);

• possedere almeno un’Università;

• avere un bacino di utenza minore di 1.500.000 abitanti, escludendo così città che potrebbero essere dominate da una città più grande;

• inserimento delle città nel database Urban Audit, un vasto database delle città europee;

Per descrivere una Smart City, oltre ad essere state descritte sei caratteristiche specifiche e i relativi fattori, è stata realizzata una piramide gerarchica, nella quale ogni livello è

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