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La geopolitica dell'energia, l'Europa tra sicurezza ed approvvigionamento energetico

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Academic year: 2021

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Università degli studi di Pisa

Dipartimento di scienze politiche

Corso di Laurea in Geopolitica degli interessi europei nell’era della globalizzazione

Tesi di laurea

LA GEOPOLITICA DELL’ENERGIA: L’EUROPA TRA SICUREZZA ED

APPROVVIGIONAMENTO ENERGETICO

Candidato Relatore

Matteo Coltelli Prof.ssa Elena Dundovich

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Indice

Introduzione ... 3

1 Geopolitica ed energia ... 7

1.1 La questione energetica mondiale: “le fonti energetiche” ... 7

1.2 Il gas naturale ... 14

1.3 La sicurezza energetica internazionale ... 23

2 L’Europa tra approvvigionamento e sicurezza energetica ... 39

2.1 Le politiche europee d’integrazione energetica ... 39

2.2 Le infrastrutture di importazione europee ... 54

2.3 Francia, Regno Unito e Germania tra approvvigonamento e sicurezza energetica ... 58

2.4 L’Italia ... 64

2.5 Non solo il gas russo, il ruolo del Caucaso nella politica energetica europea ... 67

3 La Russia di Putin tra energia e geopolitica ... 77

3.1 La politica energetica della Russia sovietica e post-sovietica: il ruolo del gas nella transizione dall’Urss alla Federazione Russa ... 77

3.2 Il ruolo russo nel panorama energetico internazionale ... 82

3.3 La politica di Gazprom ... 84

3.4 La Russia e l’Unione Europea ... 90

4 La crisi energetica tra Russia e le Ex Repubbliche Sovietiche ... 103

Conclusioni ... 119

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Introduzione

Per comprendere l’importanza dell’energia, basta compiere un semplice ma significativo esperimento. Immaginiamo come inizi una qualunque giornata: accendiamo la luce, facciamo la doccia, prendiamo il nostro cellulare e il pc, apriamo il frigorifero e facciamo colazione. Tutte queste azioni avvengono grazie all’energia. Ora per continuare il nostro esperimento dobbiamo ripensare a tutte queste azioni che giornalmente compiamo senza però avere a disposizione l’energia per metterle in atto: la luce non si accendo, il nostro cellulare ed il nostro pc sono scarichi, il frigo è spento e i fornelli non funzionano. Senza l’utilizzo di energia vivremmo quindi un’altra vita.

In realtà, il problema principale che la nostra società sta attraversando non è la disponibilità di energia in assoluto – ci sono paesi come vedremo nel corso dell’elaborato che hanno una quantità di energia sufficiente sia per il proprio fabbisogno energetico che per quello di altri paesi – ma la disponibilità di ingenti quantitativi di energia per tutti i consumatori. per gran parte della nostra storia la forza muscolare, la combustione del legno e la forza degli elementi naturali – vento e acqua – hanno rappresentato l’energia a disposizione, consentendo all’uomo di sopravvivere. Solamente negli ultimi tre secoli i progressi tecnologici hanno consentito a stati sempre più ampi della popolazione di accedere liberamente a quantità sempre maggiori di energia, passando dal sopravvivenza al benessere. Quando oggi parliamo di energia, non parliamo soltanto di accesso diretto all’energia elettrica per accendere la luce o al gas naturale per scaldare la nostra abitazione. Parliamo invece della disponibilità di energia che ogni persona ha giornalmente. La disponibilità di energia è ad oggi la precondizione per le attività produttive su larga scala, per i trasporti a distanza, per la sostituzione del lavoro manuale con quello meccanico. Ritornando al nostro piccolo esperimento, osserviamo come la disponibilità di energia non vuol dire sola la possibilità di prendere il latte dal frigo e scaldarlo sul fuoco: vuol dire avere la possibilità giornalmente di vivere in un benessere che tre secoli fa non era neanche immaginabile.

Con l’avvento del terzo millennio, l’energia ha ripreso un ruolo primario nello scenario internazionali, coinvolgendo una pluralità di sfere: economico, ambientale, sociale e politico. Nell’attuale panorama energetico il gas ricopre un ruolo importante e tutti gli scenari indicano che nei prossimi anni questo e destinato a ricoprire un ruolo di maggiore rilevanza. Non è un caso infatti che i conflitti e le tensioni geopolitiche degli ultimi anni (soprattutto tra l’Unione Europea, la Russia

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e alcuni Paesi di transito come Ucraina e Bielorussia) siano scoppiati a causa del gas. nei prossimi anni l’oro blu diventerà più importante anche del petrolio, diventando la fonte primaria per la produzione di energia elettrica. Proprio la domanda di elettricità è in continuo aumento in tutto il mondo e di conseguenza produce un aumento della domanda di gas.

Fino agli anni Novanta il gas è stato considerato una fonte energetica secondaria e il suo sfruttamento era limitato: molto spesso si adottavano misure denominate a “bocca di pozzo” per far bruciare il gas liberamente. Oltre a disperdere una quantità importante di energia, queste misure sono anche fortemente inquinante poiché non trattato. In concomitanza però con la fine dell’Unione Sovietica i consumi di gas in Europa hanno iniziato a crescere anno dopo anno, portando il gas ad essere sempre più utilizzato come fonte di energia primaria per gli usi domestici e per la produzione di energia elettrica, riducendo l’utilizzo di carbone. Il successo è legato al minor impatto ambientale in termini di emissioni inquinanti e anidride carbonica rispetto al petrolio e al carbone.

Prima di comprendere e spiegare quali sono le scelte politiche adottate dall’Unione Europa e dai suoi partner commerciali nel settore energetico, dobbiamo necessariamente fare i conti con la questione geografica, con aspetti tecnico economici, con le tematiche legali, con i contratti di fornitura e i meccanismi di controllo delle società per azioni e con gli obblighi imposti dall’Unione Europea ai suoi stati membri per ridurre l’impatto ambientale.

Dal punto di vista geografico, la distribuzione mondiale delle riserve di gas è completamente differente da quella del petrolio. Se quest’ultimo è fortemente concentrato nella regione mediorientale, il gas si trova in un altro polo di grande importanza quello degli ex Paesi dell’Unione Sovietica. Questi paesi non solo sono i maggiori produttori di gas ma si trovano anche all’interno delle direttrici energetiche. La questione geografica si intreccia infatti con quella politica in modo stretto, poiché come osservato nella crisi tra Ucraina e Russia e quella tra Russia e Bielorussia. L’interruzione di una direttrice del gas provoca infatti importanti ripercussioni sui consumatori finali europei.

Prima di analizzare però il ruolo della Russia nell’attuale contesto energetico mondiale e le due importanti crisi del gas che hanno messo in pericolo l’approvvigionamento energetico Europeo, l’elaborato si concentra sulle strategie di diversificazione messe in atto dall’Unione Europea e dai suoi Stati membri. Ciascun Paese europeo dipende dal gas in percentuali molti differenti ed è proprio questa la ragione fondamentale per cui l’Unione Europa ha difficoltà a costituire un mercato unico dell’energia e di conseguenza una politica energetica che si presente come voce univoca. Se prendiamo in considerazione le percentuali di dipendenza, osserviamo come Olanda, Ungheria e Regno Unito hanno la dipendenza più elevata – circa il 50 per cento – mentre l’Italia si trova al 4

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posto, seguita dalla Germania con un consumo significativo di gas, anche se pari a due terzi di quello italiano.

Alcuni stati europei, fra cui Germania, Italia e Francia come vedremo tendono a mantenere una relazione privilegiata con il Cremlino al fine di garantirsi una stabilità negli approvvigionamenti e considerano la Russia come il primo partner energetico e strategico. Altri Stati come Regno Unito, Polonia e i Paesi baltici ritengono che Mosca utilizzi il gas e la sua importanza come strumento di ricatto nei confronti dell’Unione Europea, così da consolidare i propri obbiettivi geopolitici e geostrategici nel proprio vicinato ( o estero vicino come il Cremlino più volte ha definito gli ex Paesi sovietici).

La situazione energetica europea viene analizzata in modo dettagliato nell’elaborato insieme alle ragioni economiche ed ambientali che hanno spinto l’Europa a puntare sul gas naturale fin dalla formazione della Ceca e della Cee. Dalla fine degli anni novanta il gas è divenuto il secondo vettore energetico nel consumo primario di energia dopo il petrolio, con una quota di utilizzo che si aggira intorno al 30 per cento. La volontà europea come più volte sottolineato è infatti quella di arrivare a costruire un mercato comune dell’energia. Nel corso degli anni le politiche europee si sono infatti concentrate sui vari pacchetti energetici – il più importante quello del 2008, denominato Terzo pacchetto energetico – per arrivare alla definitiva costruzione di un’unica politica energetica. Tuttavia nonostante gli sforzi messi in atto dalla Commissione Europea gli interessi degli Stati nazionali hanno impedito il totale completamento del mercato unico e l’attuazione di un’ unica politica energetica.

Un’altra importante tematica affrontata nell’elaborato è la politica di Gazprom nei confronti delle esportazioni di gas verso l’Europa. Gazprom ha sempre orientato la propria politica verso la riduzione dei rischi legati al transito del gas attraverso paesi che Mosca non considera sempre affidabili. L’obbiettivo della Russia e di Gazprom è aggirare questi paesi per potare il gas in Europa ad un prezzo stabile e senza rischi di interruzioni. Il settore energetico è di valore fondamentale per l‟economia del paese, grazie a un potenziale energetico e naturale unico per volume, composizione e qualità delle risorse. La Russia è uno dei maggiori esportatori di fonti primarie: la sua crescita economica nei passati decenni è stata trainata principalmente dall‟esportazioni di petrolio e di gas. Il settore energetico contribuisce per circa un quarto del prodotto interno lordo del paese. Mosca è uno dei maggiori esportatori di gas al mondo e possiede circa un terzo delle riserve mondiali di gas naturale.

L’Europa non importa il gas soltanto dalla Russia. Fin dagli anni Novanta i Paesi europei hanno importato gas dalla regione caucasica attraverso la Turchia e la Russia. L’Unione Europea sta cercando infatti di ridurre la dipendenza da Mosca perseguendo altre strade e favorendo la

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costruzione di nuovi gasdotti per l’approvvigionamento energetico direttamente dal Caucaso meridionale. In questa prospettiva però si è venuto a creare lo scontro tra South Stream – attualmente sospeso – finanziato dalla Commissione Europea e North Stream – costruito dal consorzio privato franco-tedesco-russo che collega direttamente Germani e Russia, evitando così Ucraina e Bielorussia –. Ancora una volta infatti gli interessi nazionali hanno impedito che si attuasse un’azione determinante per la costruzione del mercato unico. È infatti in quest’ottica che la sicurezza degli approvvigionamenti diventa una tematica estremamente seria per l’Europa che richiede di essere affrontata in modo adeguato con tutti i Paesi membri. Lo sviluppo di una rete energetica stabile e diversificata rappresenta infatti il meccanismo principale di tutta la sicurezza energetica dell’Unione Europa nella sua proiezione interna e soprattutto in quella esterna.

L’elaborato cerca di creare un ponte tra discipline opposte ma strettamente interconnesse, usando il tema della “sicurezza energetica” per coniugare gli aspetti geopolitici con quelli economici e finanziari dell’Unione europea e del suo partner principale nella fornitura di gas, la Federazione Russa. Questa congiunzione è importante poiché nell’attuale contesto geopolitico assicurarsi una sicurezza energetica elevata implica sicurezza economica, ovvero dare un senso al “rischio” che si sviluppa quando si devono allineare i meccanismi dell’approvvigionamento alle relazioni tra paesi.

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Geopolitica ed energia

1.1 La questione energetica mondiale: “le fonti energetiche”

La tecnologia moderna permette agli uomini di estrarre energia da diverse risorse presenti in natura. La maggior parte dell'energia utilizzata è oggi ottenuta da combustibili fossili -petrolio, gas naturale, carbone- e da materiale fissile. Queste sono le cosiddette fonti non rinnovabili, destinate a esaurirsi entro un centro termine , ma che attraverso una pianificazione possono essere sfruttate al meglio1.

La tecnologia ha reso possibile attingere anche alle cosiddette fonti di energia rinnovabili, disponibili in quantità illimitata ma non costante, come il vento, l’irradiamento solare è condizionato sia dalle nuvole che dal ciclo delle stagioni.

Un’altra, fondamentale differenza tra le fonti è la concentrazione di energia, ovvero la quantità di energia che può essere prodotta e quindi contenuta in una singola unità nello spazio2. I combustibili fossili e nucleari sprigionano una quantità di energia maggiore rispetto alle fonti rinnovabili in un dato intervallo di tempo.

L’ultima considerazione da fare è relativa al termine “risorse”. Per convenzione con l’espressione risorse intendiamo la quantità generale complessiva sul pianeta. In proposito, dobbiamo però tenere conto dei limiti tecnologici nel recuperare e utilizzare le risorse energetiche oltre al vantaggio economico che deriva dal recupero e dalla vendita delle risorse sul mercato. Oltre a ciò va detto

1 Si tratta delle cosiddette “fonti di energia primaria” ossia materie prime presenti in natura da cui è possibili estrarre direttamente energia attraverso processi chimici o fisici. A queste sono assimilate le attività di produzione diretta dell’energia elettrica mediante processi tecnologici (idroelettrico e altre rinnovabili). Non sono considerate fonti primarie i vettori, come l’elettricità e l’idrogeno che devono esse prodotti a partire da una fonte primaria. Si veda M. Verda, Una politica a tutto gas, Sicurezza energetica europea e relazioni internazionali, Milano, Università Bocconi, 2011 p. 4.

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Per i concetti di densità energetica (energia/unità di combustibile e densità di potenza (energia/superficie occupata) Indicativamente, per avere la stessa potenza installata di una centrale a gas media (500 MW) che occupa 0,4 kmq sarebbe necessario costruire impianti fotovoltaici su una superfici di 6-10 kmq. Se consideriamo invece la potenza prodotto il tassi di utilizzo di una centrale a gas è in media l’85%, di quello di un impianto fotovoltaico 13%. Di conseguenza a parità di energia prodotta la superficie utilizzata da un impianto a gas naturale è miniore rispetto a quella utilizzata da un impianto fotovoltaico. Si veda L. Maugeri, Con tutta l’energia possibile “Petrolio, nucleare, rinnovabili: i problemi e il futuro delle diverse fonti di energetiche, Sperling&Kupfer,2008 p. 5-6.

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che, non tutte le riserve sono tecnicamente recuperabili e utilizzabili. Le risorse si dividono in “riserve provate”, “riserve probabili” e “riserve possibili”.

Alla luce di quanto detto le stime delle risorse sono variabili e basate su analisi statistiche probabilistiche, non solo a causa della loro consistenza mineraria, ma anche in relazione al mutamento della situazione economica e della tecnologia utilizzata per l’estrazione. In prossimità di un aumento stabile del prezzo sui mercati internazionali, si ha un abbassamento della soglia sopra la quale le riserve diventano economicamente sfruttabili con la possibilità concreta di averne a disposizioni di nuove. I dati inerenti alle risorse energetiche non rinnovabili sono quindi da considerare in relazione alla scoperta non solo di nuove tecnologie estrattive ma anche in relazione alle condizioni economiche che si possono presentare per mezzo di una possibile espansione delle riserve di ogni risorsa non rinnovabile3.

Nei prossimi paragrafi introdurremo le principali fonti energetiche rinnovabili e non rinnovabili che attualmente vengono utilizzate nei paesi industrializzati ed emergenti (Figura 1.1), con uno sguardo ai diversi ambiti di utilizzo, prezzo e impatto ambientale.

Figura 1.1 La composizione dei consumi mondiali (2010)

Fonte: elaborazione su [BP 2010]

1.1.1 Il petrolio

Quando parliamo di petrolio tendiamo ad associarlo in maniera indiscriminata al concetto di energia, considerando i due termini come l’uno il sinonimo dell’altro. Fin dall’antichità l’uomo è a

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Per esempio, fino al decennio scorso le stime delle risorse provate di petrolio erano basate sull’ipotesi che nel lungo periodo i prezzi del petrolio sarebbero stati di circa 18$ al barile, mentre ad oggi siamo sui 100$ al barile. Tale aspetto molte volte viene ignorato da coloro che invocano un imminente esaurimento delle fonti non rinnovabili. Si veda L. Maugeri, Con tutta l’energia possibile “Petrolio, nucleare, rinnovabili: i problemi e il futuro delle diverse fonti di energetiche, Sperling&Kupfer, 2008 pag 16-18.

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conoscenza del petrolio, ma solamente nell’Ottocento si iniziato il suo utilizzo come combustibile su larga scala. Fra i primi a comprenderne e sfruttarne le potenzialità di quello che oggi viene appellato come “oro nero” furono John Fisher e Winston Churchill, che ritennero si dovesse sostituire il carbone come combustibile per le grandi unità marine, cosi che queste fossero più performanti e più sicure. La convinzione degli inglesi si basava sulle caratteristiche uniche del petrolio, le quali sono il frutto di processi fisici e chimici durati milioni di anni. La versatilità del petrolio ha permesso non solo una rivoluzione in campo economico, con un aumento del volume delle merci scambiate, ma anche di migliorare la vita degli individui.

Oggi, il 34% dell’energia che è consumata al livello mondiale proviene dal petrolio: ogni anno sono estratte quattro miliardi di tonnellate di petrolio, raffinate e bruciate4. Questa quantità viene trasferita in ogni parte del mondo attraverso navi e oleodotti.

Naturalmente il trasporto navale rappresenta la scelta migliore distribuire il petrolio. Le motivazioni come vedremo anche per il gas naturale sono da ricercare nella costruzione e nell’utilizzo dell’oleodotto. Dal momento in cui si costruisce un sistema di trasporto terrestre di petrolio, si vengono a creare rapporti di dipendenza tra il paese importatore e quello esportatore. Tale rapporto è dato proprio dall’infrastruttura, la quale ha un punto di partenza e uno di arrivo. La situazione creata però può implicare anche altri attori statali, i quali giocano un ruolo fondamentale nel transito del petrolio da un punto all’altro, creando anche possibili tensioni non solo in campo energetico ma anche politico. Per questo motivo si preferisce trasportare il petrolio con le petroliere. Le navi, infatti, possono essere dirottate da un punto all’altro del mondo, anche nel caso in cui si configuri l’interdizione di queste in un determinato porto o nel caso in cui vi sia una differenzazione del prezzo di vendita dei singoli barili.

Il ruolo strategico dei trasporti può essere compreso meglio se osserviamo quali sono i paesi produttori e quali sono invece i paesi consumatori di petrolio (Figura 1.2).

I maggiori produttori di petrolio sono la Federazione Russa e l’Arabia Saudita, seguita dall’Iran. Diametralmente opposta, è invece la posizione degli Stati uniti, i quali si trovano nella posizione di esportatore, ma allo stesso tempo d’importatore di petrolio, in pratica una tonnellata di petrolio ogni giorno prende la via degli Usa. Ancora più squilibrata è la situazione dell’Unione Europea e della Cina, le quali si trovano in una condizione di bassa produzione interna che non permette di compensare gli alti consumi di petrolio.

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Il panorama internazionale è quindi composto da grandi produttori da un lato e da tanti piccoli consumatori dall’altra, tutti però accumunati da una crescente dipendenza. L’analisi diventa più chiara se invece che considerare i soli paesi produttori, si osserva la quantità di riserve5 a disposizioni per ogni paese produttore.

Figura 1.2 Principali paesi produttori e consumatori di petrolio. I dati sono espressi in relazione alla produzione giornaliera di barili.

Chi produce infatti non sempre è colui che ha le riserve maggiori: è il caso in particolare della Federazione Russa, che produce il 13% del totale mondiale ma detiene solamente il 6% delle risorse mondiali. Ancora più complicata è invece la situazione degli Stati Uniti. Come sappiamo gli Usa sono uno dei più grandi consumatori di petrolio al mondo, con un consumo che si attesta sul 9% annuo, ma con riserve che non superano il 2%. Questo vuol dire che se non saranno scoperti nuovi giacimenti dovranno ridursi le quote di produzione ed esportazione, lasciando via libera sul mercato ai paesi del Medio Oriente.

Dall’analisi si deduce quindi che gran parte delle riserve sono localizzate in un’area di forte instabilità politica, che si espande dalla Penisola Arabica a est verso Nigeria e Libia dov’è concentrato il 10% delle riserve mondiali di petrolio e dove i paesi importatori trovano grandi

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Quando si fa riferimento alle riserve petrolifere di un paese si deve tenere in considerazione le stime effettuate sul paese stesso. Le stime in questione sono sempre conservative e suscettibile di essere aumentate all’aumento del prezzo del petrolio o al miglioramento tecnologico. Per esempio ad oggi parliamo di un tasso di recupero medio del 35%, ovvero solo 35 barili su 100 sono presenti in un pozzo e vengono conteggiati come riserva provata. Si veda M. Verda, Una politica a tutto gas, Sicurezza energetica europea e relazioni internazionali, Milano, Università Bocconi, 2011 p. 8-9.

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difficoltà nel controllo dell’area, a causa dell’instabilità interna; e a ovest verso l’Iran dove invece è presente il 60% delle risorse mondiali. L’instabilità politica, pone infatti, due grandi problemi: da un lato la difficoltà legata all’estrazione e all’esportazione del petrolio e dall’altro influisce sul prezzo del petrolio e di conseguenza sui mercati internazionali. Se analizziamo il prezzo medio di listino del Brent – prezzo di riferimento per l’Europa– è passato dai 29,61 dollari per barile nel 2001 ai 79,50 nel 20126.

La crescita del prezzo del petrolio non è solo un importante trasferimento di ricchezza per i paesi produttori, ma è un segnale per i paesi che detengono un’alta percentuale di produzione per investire in nuove capacità produttive. Si definisce ciclo degli investimenti petroliferi quando il prezzo e di conseguenza i ricavi sono alti, gli operatori del settore compiono investimenti tecnologici mirati per mettere in produzione nuovi pozzi, che in condizioni di prezzi bassi non sarebbe conveniente sfruttare. Nel complesso si ha un aumento delle riserve e della produzione che permettono di fissare il prezzo sul mercato: considerato però che l’adozione d’investimenti, l’effettiva capacità produttiva dei nuovi pozzi e il profitto derivante da questi si hanno in un periodo di tempo molto lungo è inevitabile che gli operatori economici adottino una tendenza al rialzo del prezzo che può durare per mesi7.

I meccanismi di compensazione utilizzati dai paesi produttori non influenzano solamente il mercato petrolifero, ma si ripercuotono su tutti i mercati energetici. Il prezzo del petrolio è infatti per gli operatori economici mondiali il punto di riferimento per fissare il prezzo del gas naturale, tant’è che una piccola variazione sul prezzo del greggio produce un grande effetto sul prezzo delle altre fonti di energia.

1.1.2 Il carbone

Quando parliamo del carbone, facciamo riferimento ad un pezzo di archeologia industriale, il quale fin dall’ottocento ha permesso lo sviluppo tecnologico del pianeta. Oggi il carbone non riveste più un ruolo fondamentale nella vita quotidiana delle persone, ma questo non ha impedito al

6 Per inciso, il barile contiene 159 litri di petrolio ed è configurato come unità di misura risalente all’industria petrolifera, quando fu necessario trovare un riferimento per favorire la commercializzazione del petrolio stesso. ancora oggi infatti è l’unità di misura di commercializzazione sui listini internazionali e il suo valore è fissato rigorosamente in dollari americani.

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Per un approfondimento sui meccanismi di formazione del prezzo del greggio, si veda il documento disponibile sul sito http://www.locchiodiromolo.it/blog/wp-content/uploads/2009/03/petrolio-2009.pdf, consultato il 09/04/2018.

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carbone di mantenere un ruolo primario nella gerarchia delle fonti di energia. Oggi nel mondo un terzo dei consumi energetici globali è ricoperto dal carbone-vapore8.

Attualmente si consuma una quantità di carbone pari a cinque miliardi di tonnellate. Tra i paesi che consumano più carbone al mondo, ci sono Stati Uniti e Cina, con un consumo di due miliardi di carbone annuo. Per comprendere meglio la quantità di carbone usata dai due paesi, possiamo osservare la quantità consumata dall’Europa che si assesta sui sei milioni. Dalla seconda metà degli anni novanta si è, infatti, registrato un aumento imponente dei consumi di carbone come fonte energetica. La richiesta maggiore proviene non dai paesi industrializzati, ma quelli emergenti, dove il carbone riesce a colmare una buona parte della domanda energetica prodotta dalla forte crescita economica9.

Il carbone presenta caratteristiche che non riscontriamo nelle altre fonti di energia, in particolare negli idrocarburi. La sua diffusione su tutto il pianeta permette a paesi come Cina, Stati Uniti e Russia di coprire tutto il fabbisogno grazie alla produzione domestica. La crescita della domanda di energia quindi ci porta a pensare come questa fonte di energia affidabile e diffusa sarà sempre più richiesta soprattutto da parte della Cina, dove i crescenti consumi di energia elettrica e lo sviluppo industriale potrebbero far accresce il fabbisogno di energia del 2.7% annuo.

L’aumento dell’utilizzo del carbone porta con se però anche un incremento dell’inquinamento ambientale, dovuto all’emissione di anidride carbonica prodotte dalla combustione. Il carbone emette il doppio di anidride carbonica rispetto alla combustione di gas naturale. Molti dei maggiori consumatori di carbone, per ridurre l’inquinamento, hanno adottato il sequestro di CO2 in depositi sotterranei. Tuttavia gli alti costi dell’operazione hanno spinto Stati Uniti e Cina a ridurre al minimo il sequestro di anidride carbonica.

In conclusione possiamo dire che finché il prezzo degli idrocarburi sui mercati internazionali si mantiene elevato e le fonti rinnovabili non dovessero rivelarsi economicamente competitive, a causa della mancanza di sussidi, il carbone resterà una fonte energetica importante non solo nei paesi in fase di industrializzazione, ma anche nelle economie più avanzate, soprattutto per la

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Con l’espressione “carbone-vapore” si fa riferimento al carbone utilizzato per la generazione elettrica. Il carbone viene infatti utilizzato per generare il vapore che mette in azione le turbine elettriche.

9 Per comprendere meglio la crescita esponenziale dell’utilizzo del carbone, basti pensare che dal 2000, la Cina ha aumentato la richiesta di carbone del 130% e l’India del 70%. Ad oggi i due terzi del carbone mondiale sono prodotti proprio in Cina e in India. Il documento è disponibile sul sito

http://www.lastampa.it/2017/06/26/esteri/cina-india-e-stati-uniti-aumentano-la-produzione-di-carbone-AhMjKSg6wpkzOYxx5Iyx5M/pagina.html, consultato il 09/04/2018

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produzione di energia elettrica. In questa prospettiva il carbone diventerebbe il principale concorrente del gas naturale.

1.1.3 Le fonti rinnovabili

Come abbiamo detto in precedenza quando parliamo di fonti rinnovabili, facciamo riferimento a quelle risorse naturali che se utilizzate permettono di produrre energia pulita. Come sappiamo però le risorse naturali nonostante siano inesauribili sono ancora poco sfruttate se paragonate all’utilizzo delle fonti non rinnovabili. La maggior parte delle strutture che utilizzano fonti rinnovabili vengono utilizzate per la produzione di energia elettrica. Nel mondo infatti il 90% dell’energia elettrica viene prodotto dalle centrali idroelettriche10. E in prospettiva si può osservare come il potenziale generato dalle centrali idroelettriche sia in espansione, soprattutto in Cina, dove per far fronte al crescente bisogno di energia si costruiscono imponenti dighe.

L’importanza delle centrali idroelettriche va ricercata non solo nella morfologia del territorio, ma soprattutto nel suo utilizzo. A differenza di carbone e nucleare, le centrali idroelettriche possono essere usate per regolamentare la frequenza della rete e produrre un quantitativo di energia superiore nei momenti in cui si hanno picchi di domanda. Nel complesso infatti, l’idroelettrico fornisce il 16% del fabbisogno elettrico mondiale, ovvero il 5% del fabbisogno globale di energia. Come sappiamo, l’acqua non è la sola fonte usata come risorsa per la produzione di energia. L’uomo fin dall’antichità utilizza anche il vento per la produzione di energia: non solo costruendo mulini, ma anche attraverso la navigazione a vela, la quale ha modificato profondamente il commercio mondiale, intensificandone i flussi. Tuttavia solo agli inizi del novecento11 l’eolico ritornerà ad essere usato come fonte energetica per produrre elettricità e per sviluppare filiere di nicchia competitive a livello globale da parte di molti paesi, tra cui su tutti spicca la Germania agli inizi del 2000.

Dal 2000 al 2010 si è assistito a un incremento del 27% della capacità installata, passando da 18 a 200 giga watt (GW). Nonostante quest’importante aumento l’eolico gioca ancora oggi un ruolo marginale nel panorama energetico mondiale. I motivi riguardano la poca quantità di potenza installata, circa il 3% del totale mondiale, ma anche dalla naturale discontinuità che si ha non solo

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La generazione elettrica è l’uso principale delle fonti rinnovabili, circa il 95%, il restante 5% viene impiegato per produrre riscaldamento, a eccezione dei biocombustibili. Le statistiche prodotte dall’IEA si tiene conto anche delle biomasse come fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica e calore. 11

Furono le prime crisi petrolifere degli anni settanta a spingere gli stati a concedere incentivi pubblici per lo sviluppo tecnologico delle pale eoliche per la produzione di energia elettrica. Si veda M. Verda, Una politica a tutto gas, Sicurezza energetica europea e relazioni internazionali, Milano, Università Bocconi, 2011 p. 17.

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nella presenza d’impianti ma soprattutto nella produzione. In base a queste problematiche infatti si riesce a coprire soltanto l’1% del fabbisogno mondiale di energia elettrica12

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Fin qui abbiamo analizzato le forme di energia rinnovabili per la produzione di energia elettrica. Il quadro attuale ci permette di affermare che nonostante il fotovoltaico e l’eolico aumentino la produzione di energia elettrica in modo efficace, con le attuali tecnologie il loro apporto complessivo resterebbe comunque confinato a completare altri tipi di generazione elettrica. Questo perché nonostante la loro natura, fotovoltaico ed eolico non garantiscono una produzione costante. La variabile che ne scaturisce ha, infatti, bisogno di essere compensata con l’utilizzo del gas naturale.

1.2 Il gas naturale

Come analizzato nel precedente paragrafo, le diverse fonti di energia concorrono a soddisfare i bisogni energetici di un paese. Se osserviamo il caso europeo, ma non solo, possiamo notare come una fonte spicca sulle altre non solo per quanto riguarda l’approvvigionamento energetico ma anche per il funzionamento dell’economia e della società, tale fonte è proprio il gas naturale.

L’importanza del gas naturale è per cominciare di tipo quantitativo, come vedremo nelle prossime pagine quando tratteremo nel dettaglio i panieri energetici di ogni paese. Per trattare e analizzare l’importanza del gas naturale come fonte di approvvigionamento non dobbiamo tenere in considerazione soltanto gli impieghi ma anche altri due fattori che rendono questa fonte di energia importante: l’uso che se ne fa il modo in cui avviene e il modo in cui ci si rifornisce.

Il gas naturale è oggi utilizzato per produrre non solo calore ma anche energia elettrica: in Italia ad esempio oltre il 50% della produzione elettrica avviene mediante centrali alimentate a gas naturale. Inoltre, una quota crescente di gas viene importata nei paesi europei mediante gasdotti. Come vedremo nelle pagine successive queste infrastrutture creano un vincolo tra il paese esportatore e quello importatore, che si intrecciano con la sicurezza energetica di ogni paese: se ad esempio per ragioni tecniche o politiche si interrompono, non c’è modo di rimpiazzare i flussi in tempi brevi.

12 I dati relativi alla produzione di energia elettrica attraverso l’eolico sono consultabili sul sito http://www.terna.it/it-it/home.aspx, consultato il 09/04/2018.

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1.2.1 Cos’è il gas naturale

Quando parliamo di gas naturale, facciamo riferimento a una miscela d’idrocarburi, composta da metano in una percentuale che si aggira tra il 70 e il 90% del totale della miscela. Oltre al metano, nel gas naturale sono presenti etano, propano, butano e pentano, in una quantità variabile che si aggira tra lo 0 e il 20%. Quello che differenzia però il metano dal butano e il propano è che queste ultime due miscele possono essere compresse anche a temperature ambiente e sono conosciuti come gas di petrolio liquido, chiamato comunemente GPL.

Il gas naturale ad oggi proviene da diversi giacimenti sparsi per il mondo. In relazione, infatti, alla provenienza possiamo attuare una distinzione in base alla miscela d’idrocarburi che lo vanno a comporre: è definito umido (wet) quando oltre al metano sono presenti idrocarburi a catena lunga, viceversa si definisce secco (dry) quando invece troviamo nella sua composizione solo il metano puro. Non troviamo però nel gas naturale solo idrocarburi, ci sono infatti in quantità variabili anche altre sostanze: anidride carbonica (8%), acido solforico (chiamato anche idrogeno solforato 0-5%), azoto (0-0-5%), e in piccole tracce anche ossigeno e gas nobili. Importante però è anche la presenza di acido solfidrico, perché corrosivo: quando troviamo basse quantità di tale acido, parliamo di gas dolce (sweet), viceversa viene chiamato aspro quando solo alti i livelli (sour)13.

Prima di essere distribuito alla clientela finale, il gas naturale subisce un determinato processo: il GPL è liquefatto e in seguito commercializzato a parte; l’anidride carbonica e l’azoto presente al suo interno vengono eliminati poiché riducono l’infiammabilità del gas stesso; si elimina anche l’acido solfidrico poiché tossico e corrosivo per l’uomo. La parte che rimane è quindi costituita solamente da metano puro, un gas incolore e inodore14, più leggero dell’aria.

Come abbiamo detto il processo subito dal gas naturale porta alla presenza di solo metano, che in concentrazioni comprese tra il 5 e 15% diventa facilmente infiammabile. A condizioni standard quindi, un metro cubo di metano sviluppa oltre 8.000 calorie, pari a quello di 0,83 kg di petrolio o a 1,2 Kg di carbone. Come tutti i gas il metano oltre ad essere infiammabile, può anche essere

13 La terminologia è derivata dalle definizioni usate nell’Industria petrolifera e introdotte agli albori delle attività estrattive di greggio, quando i primi pionieri letteralmente assaggiavano il petrolio, a cui l’eventuale presenza di zolfo conferiva un sapore aspro, in merito all’argomento di veda L. Maugeri, Sperling&Kupfer, pag 47,2008.

14

Differentemente da quanto si crede il metano è inodore. L’odore che sentiamo e che associamo al metano è derivante dal processo di odorizzazione che viene attuato in fase di distribuzione, ossia al metano si aggiungono piccole quantità di sostanza dall’odore forte, per facilitare l’individuazione di fughe di gas.

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liquefatto ad una temperatura di -161° C. Se, infatti, aumentiamo la pressione, è possibile attuare un processo di liquefazione anche a temperature superiori. Questo processo ha dei vantaggi relativi alla riduzione dell’impatto ambientale, rispetto agli altri combustibili fossili. La combustione del metano provoca emissioni di anidride carbonica più basse se confrontate con quelle di petrolio e carbone15.

L’origine degli idrocarburi che compongono il gas naturale è collegata con quella del petrolio: si tratta anche per il gas naturale di un processo di decomposizione del materiale organico sottoposto a pressioni e temperature elevate per milioni di anni. Molte spesso troviamo il gas negli stessi giacimenti del petrolio: in quel caso parliamo di “gas associato”. Tuttavia in alcuni casi possiamo trovare il gas naturale in giacimenti che si trovano a profondità maggiori rispetto a quelli petroliferi. Inoltre, possiamo trovarlo anche in giacimenti di carbone o in particolari conformazioni del sottosuolo. In questo caso parliamo di giacimenti di gas “non convenzionali”16.

Fin dall’antichità si è a conoscenza della presenza di giacimenti di gas naturale. Eppure solamente con il progresso tecnologico e scientifico attuato con la rivoluzione industriale si è riusciti a sfruttare questa forma di energia17. Fin dagli albori dell’industria petrolifera, si era a conoscenza delle caratteristiche del gas naturale. Tuttavia la facilità con cui brucia e dà luogo a esplosioni portava a complicazioni durante le trivellazioni e lo sfruttamento dei pozzi petroliferi.

Per tutto l’Ottocento il gas naturale fu impiegato per l’illuminazione stradale di molte città americane. Tale condizione perdurò fino all’avvento dell’energia elettrica. Solamente nel 188518

si ebbe il primo utilizzo del gas per uso domestico. L’uso però ad uso domestico richiedeva una rete capillare di distribuzione. Per questo motivo nel 1891 si costruì il primo gasdotto, che permetteva di collegare i giacimenti dell’Indiana con Chicago. Nonostante i progressi tecnologici si dovrà aspettare la fine del secondo conflitto mondiale per lo sviluppo definitivo del mercato del gas.

15

Si pensi che per generare un GJ di energia, le emissioni di anidride carbonica sono kg: lignite 102, carbone 98, petrolio 75, gas naturale 56. Si vede in merito all’argomento L. Maugeri, Sperling&Kupfer, pag 79-112, 2008.

16

La distinzione tra gas convenzionale e non convenzionale, è basata su due criteri: economico e geologico. Per quanto riguarda il punto di vista economico, le risorse convenzionali sono quelle sfruttabili con bassi costi di produzione, mentre quelle non convenzionali sono quelle per cui la produzione è antieconomica a condizioni normali. Dal punto di vista geologico, invece, i giacimenti di gas convenzionali sono depositi guidati dalla spinta di galleggiamento, ossia quelli in cui il gas è sotto pressione e pronto a fluire all’esterno al momento della perforazione. Viceversa nei giacimenti non convenzionali non esiste questo tipo di pressione o comunque non è sufficiente. Si veda M. Verda, Una politica a tutto gas, Sicurezza energetica europea e relazioni internazionali, Milano, Università Bocconi, 2011 p. 26-27.

17

Per un approfondimento sulla storia del gas naturale e sul ciclo produttivo si veda il sito www.naturalgas.org consultato il 09/04/2018.

18 Fu con l’invenzione del “becco” Bussen, un innovativo bruciatore a gas utilizzato nei laboratori di chimica e progettato per evitare che il ritorno di fiamma della combustione faccia esplodere la bombola o le condutture. Il suo principio fu di ispirazione per i primi fornelli ad uso domestico.

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17

La consacrazione del gas naturale come fonte di energia ad uso domestico e industriale si avrà negli anni settanta, quando l’Unione Sovietica dopo aver attuato la pianificazione delle risorse energetiche del Caspio e del Ucraina, scoprì nuovi giacimenti in Siberia, ponendosi a tutti gli effetti come il primo produttore ed esportatore di gas nel mondo. Le nuove scoperte permisero all’Unione Sovietica di costruire un sistema di gasdotti ancora esistente di 160.000 km che collegava le diverse repubbliche sovietiche.

1.2.2 Riserve, produttori, consumatori

Prima di passare ad analizzare le fasi di esplorazione, produzione e distribuzione è bene inquadrare geograficamente quali sono le aree in cui si concentra la maggior presenza di gas naturale e quali sono i paesi produttori e quali i consumatori.

Le riserve mondiali di gas sono concentrate in Asia, più precisamente in Medio Oriente e nei paesi dell’ex Unione Sovietica. Se osserviamo la classifica dei dieci paesi con più riserve al mondo di gas, notiamo come i primi cinque paesi appartengano a tale area. Questi paesi tutti insieme detengono il 62% del totale delle riserve mondiali. Nonostante siano considerati i maggiori produttori di gas naturale, vengono classificati anche come i maggiori consumatori. Se prendiamo la Federazione Russa, notiamo come questa sia uno dei paesi con le maggiori riserve di gas naturale al mondo, ma allo stesso tempo uno dei primi paesi che consuma gas naturale, con una quota che si aggira attorno al 14%. Stesso discorso vale per gli Stati Uniti, i quali hanno una quota produttiva del 19% e un consumo del 21%. Chi invece può essere considerato solamente un paese consumatore di gas naturale è l’Unione Europea. Essa importa grandi quantità di gas sul mercato tedesco, inglese ed italiano. Le tre realtà prese in considerazione infatti hanno un consumo pari alla metà della domanda globale di gas.

Analizzando quindi l’interazione tra produttori e consumatori possiamo dire che il livello delle riserve sarà probabilmente destinato ad aumentare per soddisfare il crescente fabbisogno energetico dei paesi consumatori. Questa situazione porterà gli operatori ad esplorare nuove zone ed investire nuove tecnologie nei gasdotti, nella trivellazione e nella ricerca di giacimenti –convenzionali e non convenzionali- sia per sfruttare al meglio quelli esistenti. Di conseguenza si avrà nei prossimi anni un importante aumento del prezzo del gas naturale.

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Figura 1.3 Consumi, produzione e riserve di gas naturale per aree geografiche

CONSUMI

PRODUZIONE

RISERVE

UE e NORVEGIA

16%

9%

2%

RUSSIA e EURASIA

20%

24%

31%

AFRICA

3%

7%

8%

ASIA

18%

15%

9%

MEDIO ORIENTE

12%

14%

41%

NORD AMERICA

27%

26%

5%

SUD AMERICA

5%

5%

4%

Nota: i dati riferiti all’Asia includono l’Oceania Fonte: elaborazione su [BP 2011]

1.2.3 Esplorazione, produzione e distribuzione

Per sfruttare il gas naturale presente nel sottosuolo sono necessarie una serie di fasi. Naturalmente alla base dello sfruttamento troviamo l’individuazione del giacimento economicamente sfruttabile, cui seguirà la messa in produzione dei pozzi per la successiva fase estrattiva, conosciuta come upstream19.

La prima fase come detto è l’esplorazione geologica -seppur fatta su basi probabilistiche- avviene a seconda delle diverse conformazioni geologiche favorevoli alla presenza di giacimenti di idrocarburi. Il passo successivo è quello della prospezione sismica: attraverso l’installazione di appositi sensori sotto la superficie che permettono di studiare le onde sismiche riflesse nei vari strati

19 Per una panoramica delle forme contrattuali che regolano l’esplorazione e la successiva produzione di idrocarburi, si veda A.Piglia, Le nuove frontiere del gas, Canelli, Fabiano, 2009, p. 23.

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19

del sottosuolo. In questo modo si può conoscere la composizione del terreno sottostante con una precisione del cento per cento20.

Il passo finale dell’attività di ricerca del gas naturale è quello della trivellazione dei pozzi di esplorazione, che servono non solo a confermare gli studi intrapresi nella fase di esplorazione, ma anche ad attuare nuovi studi per giacimenti futuri. Nonostante però gli studi effettuati e le trivellazioni non è detto che il giacimento sia economicamente vantaggioso e sfruttabile. Nella maggior parte dei casi ai possibili limiti tecnici scaturenti da un’attività di esplorazione si sommano vincoli economici rilevanti. Ad esempio il gas associato spesso non è sfruttato, poiché ritenuto antieconomico: un conto è infatti predisporre un terminale per il carico delle petroliere, un conto è costruire un gasdotto per collegare il mercato finale. Ancora oggi quando si trivellano giacimenti ricchi di gas associato si tende a mettere in atto l’operazione di flaring (combustione libera del gas) o di venting (dispersione nell’atmosfera)21

.

Una volta conclusa la fase dell’esplorazione si apre quella della produzione. Il gas naturale può essere estratto sia da giacimenti convenzionali che da giacimenti non convenzionali.

Il gas estratto da giacimenti convenzionali si trova in giacimenti in cui è solo o associato al petrolio. In queste condizioni lo sfruttamento è immediato: i giacimenti sotterranei si trovano infatti in una condizione di alta pressione, in cui è sufficiente perforare lo strato impermeabile del terreno per far confluire verso l’esterno il gas. Il passo seguente è instradare il gas nelle tubazioni dei gasdotti per avviarlo al trattamento e poi ai successivi usi finali.

Quando invece ci troviamo davanti a giacimenti di gas non convenzionali siamo in presenza di un giacimento dove associato al gas troviamo carbone. L’estrazione di gas da giacimenti non convenzionali avviene sfruttando le fratture naturali messe in atto nei depositi di carbone. Successivamente viene costruita una rete artificiale di condutture che permettono di far defluire l’acqua dal metano. Con la fine degli anni Novanta si è iniziato a estrarre gas dalle argille. Tale metodo è però molto più complesso, poiché lo strato argilloso si trova ad una profondità maggiore rispetto anche ad altri tipi di giacimenti non convenzionali. Per poter ottenere gas dalle argille, è necessario rompere le rocce così da poter liberare le particelle di gas contenute nello strato poroso. La tecnica utilizzata è la frantumazione idraulica, messa in atto attraverso una serie di fasi: la prima consiste nello scavare un pozzo, prima verticale e successivamente orizzontale. Il passo successivo

20

Una tecnica simile è utilizzata per esplorare i giacimenti sul fondo del mare: la differenza è che l’onda sismica è solitamente generata con cannoni ad aria compressa e la registrazione delle onde riflesse avviene grazie a boe trainate da una nave.

21

I dati inerenti alla combustione libera di gas sono disponibili sul sito http://www.terna.it/it-it/home.aspx, consultato il 09/04/2018.

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è frantumare la roccia argillosa con una quantità di acqua mista a sabbia e, in quantità minima delle soluzioni di composti chimici.

Terminate le fasi di esplorazione, produzione e trattamento l’ultima fase che permette l’uso finale del gas naturale è la distribuzione. Il trasporto di gas (midstream) è un processo molto costoso, sia in termini economici che politici (nelle prossime pagine quando ci troveremo ad analizzare come si forma il prezzo del gas nature, osserveremo come il 50% del costo finale sia influenzato proprio dal trasporto). Esistono tuttavia solo due modi per trasportare il gas sul mercato finale dei consumatori: i gasdotti, che a sua volta vedono il gas essere trasportato allo stato gassoso o liquefatto e il trasporto via nave. In entrambi i metodi di trasporto il gas una volta arrivato ai paesi consumatori viene confluito nella rete di distribuzione nazionale, per essere distribuito al consumatore finale (downstream).

1.2.4 I gasdotti

Come abbiamo detto tra le modalità di trasporto quella in assoluto più diffusa prevede il ricorso a gasdotti o metanodotti e circa il 70% dei commerci internazionali avviene via tubo22. La realizzazione di un gasdotto è un operazione relativamente semplice: una volta individuato il tracciato, si realizza una trincea profonda una decina di metri e vi si posa all’interno una serie di tubi saldati l’uno con l’altro e isolati dall’esterno. Complessivamente possiamo dire che la costruzione di un gasdotto è un operazione semplice dal punto di vista costruttivo ma non dal punto di vista economico e politico. Per quanto riguarda l’aspetto economico costruire un gas dotto richiede ingenti investimenti economici, che oscillano tra 1 e 2 miliardi di dollari al chilometro, ma in condizioni difficili si può arrivare anche al doppio.

Poiché la costruzione di un gasdotto ha implicazioni importantissime, per comprendere meglio possiamo costruire un paragone con il trasporto del petrolio. Le petroliere vengono caricate attraverso un terminale e da questo possono poi raggiungere tutti gli altri hub distribuiti sul pianeta per lo scarico del greggio. Molto spesso le petroliere si trovano ad operare su una stessa tratta più volte, tuttavia se si configurano problemi di natura economica (ad esempio l’aumento o la riduzione del prezzo) o di natura politica (la possibile chiusura di un porto o il respingimento della petroliera stessa) le navi possono essere dirottate su altri scali.

Nel caso del gas naturale quanto detto per il petrolio non è possibile da realizzare. Poiché i gasdotti sono difficilmente modificabili, il punto di partenza e quello di arrivo rimangono tali: se il

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I dati inerenti al quantitativo trasportato via oleodotto o metanodotto sono disponibili sul sito http://www.terna.it/it-it/home.aspx, consultato il 09/04/2018.

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venditore per cause politiche od economiche decide di interrompere la fornitura di gas – come avvenuto durante la crisi tra Russia ed Ucraina nel 2005, che ha avuto ripercussioni in Europa – il paese importatore si ritroverà senza rifornimenti da immettere sulla rete nazionale. In maniera del tutto speculare, se il compratore decide di ridurre la quantità di gas importata o riduce i propri consumi il venditore si troverà costretto a tenerlo nei giacimenti collegati.

Il trasporto via gasdotto collega due paesi, ma il percorso che compie non è mai inquadrato in una linea retta. Molti dei gasdotti realizzati tra l’Europa e la Russia attraversano paesi terzi definiti paesi di transito (Fig. 1.4).

In questo caso abbiamo una situazione di dipendenza molto più complicata, perché il paese di transito è nella posizione di ricattare gli altri, minacciando di interrompere i flussi sul proprio territorio, questa situazione infatti crea problemi non solo di tipo economico ma anche di natura politica, legate soprattutto alla sicurezza energetica dei paesi importatori. Per limitare il rischio i paesi esportatori concedono una quota di forniture oppure un controvalore monetario proporzionato al flusso trasportato. In questo modo il paese di transito è costretto a cooperare. Non sempre però questa soluzione è la migliore da adottare. Una valida alternativa, messa in atto soprattutto dalla Russia attraverso la compagnia Gazprom è quella di acquisire non solo il controllo della rete di gasdotti, ma controllare direttamente le imprese che costruiscono le reti di trasporto nei paesi di transito23. Questa strategia si è rivelata molto efficace perché riduce al minimo il ricatto dei paesi di transito, ma allo stesso tempo è considerata politicamente aggressiva, perché si mette in atto un controllo politico ed economico molto forte da parte del paese esportatore sui governi dei paesi terzi.

1.2.5 Come si forma il prezzo del gas naturale

Come abbiamo analizzato parlando dei gasdotti, il prezzo del gas naturale è influenzato sia da ragioni politiche che tecniche. Nonostante infatti il mercato sia mondiale, la domanda e l’offerta si incontrano a livello regionale, con dinamiche proprie. Tale interazione permette di creare un meccanismo di prezzo a livello globale: conseguenza infatti che si sviluppa nelle differenti regioni (Europa, Nord America e Asia) dove esistono meccanismi di formazione del prezzo differenti, in questo elaborato prendiamo in considerazione solamente quello europeo.

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La Gazprom Export e Zmb sono due delle imprese che Gazprom utilizza per la costruzione e il controllo dei gasdotti nei Paesi di transito.

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Storicamente il prezzo del gas naturale è basato su contratti di fornitura di lungo periodo (20 anni), caratterizzati da alcuni elementi comuni: il primo è l’impiego da parte dell’acquirente a ritirare il volume minimo annuo, o a pagarlo anche se non ritirato, tale clausola viene chiamata take-or-pay24. Figura 1.4 I gasdotti dell’Oriente verso l’Europa.

Fonte: http://orizzontenergia.it

Il secondo elemento chiave dei contratti di lungo periodo è il meccanismo di formazione del prezzo, chiamato netback, basato sul concetto di sostituzione. In base a questo sistema, il prezzo non viene ad essere determinato dai costi di produzione e trasporto a cui si somma un margine25, bensì in base al prezzo dei combustibili più costosi che il gas sostituisce. In questo modo il prezzo del gas viene ponderato dal prezzo di altri combustibili, soprattutto il petrolio. Possiamo quindi affermare che la più importante conseguenza del sistema netback è che la variazione del prezzo del petrolio si ripercuote sul prezzo del gas naturale, senza che vi sia un cambiamento nei costi di produzione di quest’ultimo (come definito nella Figura 1.5). Il terzo elemento fondamentale dei contratti di lungo periodo è la previsione di regolari revisioni della formula di prezzo, per evitare squilibri eccessivi, anche questi dovuti alla variabilità dei prezzi del petrolio, oltre al cambiamento macroeconomico.

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Tale clausola prevede anche meccanismi di flessibilità, come il ritiro spalmato sugli anni successivi e il versamento solo di un acconto per il gas non ritirato.

25 Un sistema in cui il prezzo non è determinato dai costi di produzione e trasporto è quello “cost-plus” adottato nei paesi anglosassoni.

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Osservando i tre punti fondamentali possiamo dire che il compratore si assume il rischio del prezzo, ovvero il guadagno quando i prezzi di riferimento salgono e viceversa, mentre i compratori si assumono il rischio di quantità, ossia traggono guadagno solo quando riescono a trovare un adeguato mercato finale per il gas che comprano. Concludendo possiamo dire che le considerazioni fin qui svolte sono relative ai meccanismi con cui si formano i prezzi di importazione del gas naturale, ossia della materia prima. Per quanto importanti siano le componenti trattate, queste compongono solo una quota del prezzo finale. Per arrivare al prezzo finale, ad esso vanno aggiunti i costi di trasporto, stoccaggio e distribuzione alle quali vanno aggiunte le scelte politiche di tutela di alcuni segmenti di mercato e la tassazione applicate all’interno della rete nazionale dal gestore26. Figura 1.5 l’influenza del prezzo del petrolio sul gas naturale

Fonte: http://igpartners.it

1.3 La sicurezza energetica internazionale

Come osservato in precedenza lo sviluppo economico e politico di un paese è condizionato dalla disponibilità di energia che il paese riesce ad avere a disposizione. Se un paese non riesce ad accedere a grandi quantità di energia per i processi produttivi, per i consumi domestici, i trasporti, non potrebbe esistere nessuna economia industrializzata e di conseguenza l’attuale livello di

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Per una descrizione completa della composizione del prezzo finale del gas naturale nel mercato Italiano, che vede come gestore l’Autorità per l’energia elettrica e il gas impegnata a regolare direttamente il prezzo dei servizi, si rimanda al sito dell’Autorità, www.autorita.energia.it, consultato il 09/04/2018.

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benessere che la società è riuscita ad ottenere sarebbe impossibile. Ogni Stato deve quindi creare e mantenere le condizioni affinché le imprese e i cittadini possono non solo accedere all’energia di cui hanno bisogno ma anche poter godere del benessere che da questa ne deriva. L’obbiettivo che lo Stato persegue si inserisce all’interno della politica economica ed è direttamente collegato ai fattori di garanzia che determinano la sicurezza energetica27 di ogni paese.

Ad oggi il fabbisogno energetico di ogni Paese è soddisfatto in misura significativa dalle importazioni - molti paesi industrializzati infatti sono costretti ad importare a causa della mancanza di risorse – la questione energetica quindi non riguarda più solamente la crescita economica ma anche la politica estera del paese. Diventa quindi necessario per i paesi importatori avere non solo buone relazioni internazionali con coloro che esportano gas naturale o petrolio, ma anche attuare modelli di cooperazione che determino la sicurezza energetica. I decisori politici devono quindi confrontarsi con la necessità di garantire che questa cooperazione sia effettiva e continuata. È in questa prospettiva che la sicurezza energetica acquisisce una forte dimensione internazionale. Prima di analizzare cosa sia la sicurezza energetica e che effetti abbia nel breve e lungo periodo, occorre fare una premessa. “Sicurezza energetica” è un termine introdotto nel dibattito politico per la sua efficacia comunicativa.. si tratta però di uno stratagemma carico di retorica: i richiami alla sicurezza energetica sono usati per legittimare una serie di scelte, riconducibili a motivazioni di natura diversa dalla politica energetica in senso stretto.

1.1.3 Cos’è la sicurezza energetica ed i rischi nel breve e lungo periodo

La sicurezza energetica è definita come la disponibilità di rifornimenti affidabili a prezzi ragionevoli28. Questa definizione si compone di due aspetti che non possono essere scollegati l’uno dall’altro. Il primo è quello relativo all’affidabilità (reliability) del flusso di materie prime energetiche, che dipende dall’accessibilità dei giacimenti e dalle infrastrutture di trasporto (gasdotti

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La sicurezza energetica si inserisce nella sfera dei beni pubblici garantiti da ogni Stato. Per bene pubblico intendiamo tutti quei beni che sono goduti dalla popolazione indipendentemente dalla loro volontà e che hanno carattere non escludibile. Si veda M. Verda, Una politica a tutto gas, Sicurezza energetica europea e relazioni internazionali, Milano, Università Bocconi, 2011 p. 59.

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Si tratta di una definizione semplicistica, ma che ci permette di cogliere i tratti fondamentali del concetto. Più completa, ma analoga è la definizione di Gawdat Bahgat, che definisce la sicurezza energetica come la situazione in cui un Paese e tutti, o la maggior parte, dei suoi cittadini e delle sue imprese hanno accesso a risorse energetiche sufficienti a prezzi ragionevoli, anche per il futuro prevedibile e senza rischi gravi di prolungate interruzioni del servizio. Simile è anche la definizione della IEA, che la definisce come la disponibilità fisica continuativa di energia ad un prezzo ragionevole nel rispetto della preoccupazione sull’ambiente (www.iae.org). Altre definizione in merito alla sicurezza energetica proviene dalla Commissione Europea. In una nota ha definito la sicurezza energetica come quel fenomeno che garantisce il benessere dei cittadini e il buon funzionamento dell’economia, la disponibilità fisica e continua dei prodotti energetici sul mercato ad un prezzo accessibile a tutti i consumatori, per lo sviluppo sostenibile della società.

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e oleodotti). Il secondo aspetto è quello relativo alla ragionevolezza economica del prezzo della materia prima (affordability). Concetto che si riferisce alla garanzia che i prezzi delle materie prime non variano eccessivamente o in modo imprevedibile, creando una situazione di crisi nelle economie coinvolte.

La sicurezza energetica può essere minacciata da una serie di rischi e da diversi fattori. In questo paragrafo ci dedicheremo all’analisi dei rischi nel breve e lungo periodo. Il primo dei rischi che si può presentare è quello relativo alla sicurezza fisica dei flussi di materie prima dal luogo in cui questi sono prodotti fino al luogo di utilizzo. Il rischio tecnico è inquadrato nel sistema di distribuzione, le petroliere possono affondare, una miniera di carbone può crollare. Nel caso del gas naturale questo rischio è evidente quando parliamo dei gasdotti. Data la compressione del gas naturale e la forte pressione interna ai tubi, si possono configurare delle perdite o le stazioni di compressione non possono funzionare. Inoltre dobbiamo considerare i fattori naturali che possono mettere fuori uso la distribuzione. I rischi elencati nel caso del gas naturale sono amplificati dalla distanza che intercorre tra il luogo di produzione e quello di distribuzione.

I rischi tecnici non sono gli unici ad essere la causa di interruzione del flusso di gas. Dobbiamo considerare sia i rischi derivanti da possibili azioni terroristiche sia quelli di natura politica. Per quanto riguarda i rischi determinati da azioni terroristiche, le infrastrutture possono essere oggetto di attacchi criminali e terroristici. Per esempio lo stretto di Hormuz ed il passaggio di Bab el-Mandeb29 sono configurati come passaggi fondamentali per il trasporto del petrolio via nave in Europa dal Medio Oriente; nei due stretti le petroliere e le metaniere possono essere attaccate dai pirati o da terroristi. I rischi invece che si ripercuotono su infrastrutture fisse come i gas dotti sono maggiori. Se una petroliera può essere sorvegliata attraverso la ricezione satellitare e successivamente in caso di pericolo dirottata, un gasdotto come sappiamo non può essere spostato fisicamente. A causa della lunghezza delle tratte è impossibile mettere in atto una sorveglianza continua, soprattutto nel caso in cui il gasdotto sia internazionale e attraversi più stati.

Per quanto riguarda il rischio politico questo è legato agli approvvigionamenti internazionali ed è relativo all’interruzione del flusso di materie prima determinato dalle decisioni degli attori politici coinvolti, che siano i paesi produttori o i paesi di transito. L’interruzione può essere fatta per creare deliberatamente un danno ai paesi importatori, come accaduto durante la crisi petrolifera del 197330.

29 Lo stretto di Hormuz si trova tra la penisola arabica e l’Iran, mentre il passaggio di Ba bel-Mandeb si trova tra la penisola arabica e l’Africa.

30 Il 6 ottobre del 1973, si aprì il conflitto dello Yom Kippur, con l’attacco di Egitto e Siria ad Israele. Gli Usa e alcuni paesi Europei si schierarono apertamente affianco di Israele. La ritorsione messa in atto dai paesi dell’OPEC nei confronti dei paesi alleati di Israele si configurò nell’attuazione di un embargo petrolifero. Si

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Oppure può essere una conseguenza indiretta di una crisi di natura diplomatica tra un paese produttore e un paese di transito, come avvenuto tra Russia e Ucraina nel 2006, come si vedrà nei capitoli successivi.

Ci sono rischi però anche nel campo della ragionevolezza economica. In questo caso non si hanno rischi sulla quantità di materia prima, ma bensì sul prezzo a cui questa viene scambiata. Un aumento del prezzo repentino provoca delle conseguenze sui costi sostenuti da un impresa per produrre e riduce il benessere dei consumatori. La domanda energetica è caratterizzata da una forte rigidità che gli conferisce una bassa elasticità al prezzo nel breve periodo. Nel breve termine la sicurezza energetica riguarda la capacità di far fronte a eventi e condizioni eccezionali, come un disastro naturale, un attentato, un picco inaspettato della domanda31.

Se nel breve l’aumento repentino del prezzo provoca un shock, discorso diverso va fatto per il lungo periodo. Nel lungo periodo, invece, a sicurezza energetica riguarda la garanzia che siano effettuati investimenti in infrastrutture, tecnologia, ricerca necessaria per soddisfare la domanda energetica nazionale, attraverso l’utilizzo di varie forme di energia, così da rimanere sempre in piena efficienza energetica.

I due orizzonti temporali richiedono dunque investimenti mirati e necessitano di un diverso tipo di coinvolgimento da parte dei decisori politici. Nel breve periodo i decisori politici dovranno essere in grado di definire standard tecnici adeguati allo stoccaggio e alla struttura delle reti per garantire che i servizi di informazione e sicurezza svolgano al meglio il loro lavoro. Nel caso invece del lungo periodo, i decisori politici dovranno essere in grado di bilanciare gli investimenti tra le varie fonti energetiche, sempre però nell’ottica della sicurezza energetica e nel mantenimento del regime di efficienza energetica

Tralasciando ora le variazioni di brevissimo periodo, molto spesso legate a speculazioni sul mercato del prodotto finale, i livelli di prezzi sono determinati da meccanismi di domanda ed offerta delle materie prime energetiche. L’aumento del prezzo può essere causato da un eccesso della domanda rispetto all’offerta, il quale a sua volta può essere causato da una contrazione dell’offerta oppure della domanda.

trattò del primo caso di utilizzo di arma petrolifera. In merito si veda Ennio Di Nolfo, Prima lezione di storia delle relazioni internazionali, Roma-Bari, Laterza, 2000, p. 1224-1232.

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Se ad esempio si verifica un aumento del prezzo del gas naturale impiegato per le centrali termoelettriche, l’aumento provocherà un costo maggiore dell’elettricità ma non una riduzione del consumo da parte del cittadino.

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Quando siamo nelle condizioni di contrazione dell’offerta, ci troviamo in presenza di un monopolio energetico o di un cartello energetico. In questo caso i produttori decidono di sfruttare il loro potere di mercato per ridurre la produzione così da poter sfruttare la dipendenza dei compratori per attuare un trasferimento di ricchezza. C’è però un’altra causa che può provocare una contrazione dell’offerta. Se il prezzo della materia prima è molto basso la domanda sale repentinamente. Per controbilanciare l’aumento di domanda i produttori devono mettere in produzione nuovi giacimenti. Siccome però non è conveniente investire tecnologia in nuovi pozzi, questi tendono a ridurre la domanda contraendo l’offerta e provocando un rialzo del prezzo.

1.3.2 Le tre dimensioni della sicurezza energetica

Le scelte che devono prendere i decisori politici in merito alla sicurezza energetica sono rese particolarmente complesse dalle tre dimensioni in cui questa si inserisce: tecnica, economica e politica.

Queste tre dimensioni si intrecciano l’una con l’altra e non è possibile alle volte distinguere dove finisca il lato tecnico/economico e inizi quello politico. Inoltre le decisioni prese in una di queste dimensioni si ripercuotono direttamente sulle altre, per questo motivo è difficile valutare in modo completo gli effetti e l’adeguatezza delle decisioni politiche messe in atto. Di seguito passiamo ad analizzare una ad una le tre dimensioni: tecnica, economica e politica.

La dimensione tecnica

Sul piano tecnico tutelare la sicurezza energetica vuol dire garantire la robustezza del sistema energetico rispetto ai possibili rischi di interruzione che possono configurarsi nel breve periodo. In pratica, si tratta, di garantire il funzionamento economico di un paese nel momento in cui un gasdotto si trova a non funzionare. Per uno Stato arrivare ad avere un livello di resilienza adeguato permette di dare ai decisori politici un lasso di tempo maggiore per affrontare la situazione e approntare le misure necessarie32.

Nel caso del gas naturale, la resilienza è garantita in prima battuta dall’adeguata capacità di stoccaggio, che permette di bilanciare i volumi presenti di trasporto e distribuzione. Nel gas naturale un ruolo fondamentale è giocato dalla diversificazione dei tracciati: i gasdotti sottomarini

32 Durante le crisi petrolifere degli anni ’70 le riserve energetiche dei paesi europei erano esigue, per tale motivo dopo aver sperimentato gli effetti del blocco delle esportazioni, i paesi industrializzati si dotarono di consistenti scorte energetiche coordinate, in modo da coprire i normali livelli di consumo per diversi mesi. Si veda in merito M. Verda, Una politica a tutto gas, Sicurezza energetica europea e relazioni internazionali, Milano, Università Bocconi, 2011 p. 65.

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