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Disturbo dello spettro autistico: target per il trattamento farmacologico, stato dell'arte e prospettive future.

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(1)

DIPARTIMENTO DI FARMACIA

Corso di Laurea Magistrale in Farmacia

TESI DI LAUREA

DISTURBO DELLO SPETTRO AUTISTICO: TARGET

PER IL TRATTAMENTO FARMACOLOGICO, STATO

DELL’ARTE E PROSPETTIVE FUTURE.

Relatori:

Prof.ssa

Taliani Sabrina

Dott.ssa Salerno Silvia

Candidata:

Miuta Federighi

(2)

Indice

1. Introduzione

1.1. Definizione di ASD pag. 1

1.2. Epidemiologia pag. 2

1.3. Diagnosi clinica pag. 3

1.4. Sintomi pag. 10

1.5. Comorbidità pag. 11

1.6. Eziologia pag. 13

1.6.1 Fattori Genetici pag. 13

1.6.2 Fattori Ambientali pag. 21

1.6.3 Neuroinfiammazione pag. 25

2. Trattamento pag. 26

2.1. Psico-educativo pag. 26

2.2. Farmacologico pag. 30

3. Strategie per il nucleo dei sintomi di ASD pag. 38

3.1. Azione sulla disfunzione sinaptica pag. 41

3.1.1 Equilibrio eccitatorio/inibitorio pag. 41

3.1.2 Morfologia dendritica della colonna vertebrale pag. 58 3.2. Sistemi di neurotrasmissione centrale come target pag. 70

3.2.1 Sistema serotoninergico pag. 70

3.2.2 Sistema colinergico pag. 76 3.2.3 Sistema dell’ossitocina pag. 79

(3)

3.2.4 Sistema della vasopressina pag. 86 3.3. Neuroinfiammazione come target pag. 88

4. Conclusioni e prospettive future pag. 97

(4)

PREMESSA

Il disturbo dello spettro autistico (ASD) è un disturbo dello sviluppo neurologico

caratterizzato da deficit persistenti nella comunicazione sociale, nell’interazione

con gli altri, nei modelli di comportamento, interessi ed attività che sono limitati

e ripetitivi.

Nell’eziopatogenesi di ASD sono coinvolti diversi fattori, inclusi fattori genetici e

di stress, tossine ambientali, risposte immunitarie compromesse, disfunzione

mitocondriale e neuroinfiammazione. L'eterogeneità nel fenotipo tra i pazienti

con ASD e la complessa eziologia della condizione ha a lungo ostacolato il

progresso nello sviluppo di terapie farmacologiche.

Negli ultimi anni, l'integrazione dei risultati derivanti da modelli murini con la

genetica umana ha consentito notevoli progressi verso la comprensione della

fisiopatologia del ASD.

Attualmente, le strategie per trattare i sintomi principali del ASD sono dirette a

correggere le disfunzioni sinaptiche, la neuroinfiammazione, le anomalie

dell'ossitocina centrale, della vasopressina e del neurotrasmettitore serotonina

(5)

Figura 1 - Disturbo dello Spettro Autistico (ASD), attuali target dei farmaci e future terapie.

Lo scopo di questa tesi è riportare gli studi che hanno consentito l’identificazione

di potenziali target molecolari per lo sviluppo di farmaci per ASD, e lo stato

(6)

1

1. INTRODUZIONE

1.1 DEFINIZIONE DI ASD

L’autismo è un disturbo complesso del neurosviluppo caratterizzato da una

compromissione dell’interazione sociale e da un deficit nella comunicazione

verbale e non verbale che provoca ristrettezza di interessi e comportamenti

ripetitivi. Data la varietà di sintomatologie e la difficoltà nel fornire una

definizione clinica coerente ed unitaria, si parla più correttamente di Disturbi

dello Spettro Autistico (ASD). [1]

Con il DSM-V ( Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders – 2013) si

introduce il termine ASD che comprende tutta una serie di patologie quali:

disturbo autistico, disturbo di Asperger, disturbo disintegrativo della fanciullezza,

disturbo pervasivo dello sviluppo non altrimenti specificato, escludendo la

Sindrome di Rett che è stata posta tra i disturbi neurologici. [2]

Tali patologie hanno esordio precoce nella vita, e hanno come denominatori

comuni le caratteristiche comportamentali dell’autismo, a vari gradi o livelli di

intensità, ma sono causate da processi separati. La malattia viene generalmente

riconosciuta all’inizio dell’infanzia e solitamente segue un percorso costante per

tutta la vita, senza che vi sia una remissione. I sintomi iniziano lentamente a

manifestarsi a partire dall’età di 6 mesi, fino ad essere più espliciti all’età di 2 -3

(7)

2

Secondo l’ultimo criterio diagnostico, il ASD è caratterizzato da due sintomi

principali:

• Deficit persistenti nella comunicazione sociale e nelle interazioni sociali • Modelli ripetitivi e limitati di comportamento, interessi ed attività

Finora, nessun comportamento, nessuna tecnica di diagnostica neuronale

(imaging della struttura o dell’attività del cervello), nessun test elettrofisiologico

o test genetico, possono diagnosticare in modo specifico il ASD. La condizione si

identifica quindi non da un singolo sintomo ma da un insieme di sintomi

caratteristici. [4]

1.2 EPIDEMIOLOGIA

Negli ultimi anni sono stati resi disponibili sempre più dati sull’epidemiologia del

ASD. Originariamente, si riteneva che il ASD fosse relativamente raro, ma i tassi

di incidenza sono drammaticamente aumentati nell’ultimo decennio, da circa

4/10000 a 1/68 bambini (figura 2). Vari motivi sono stati proposti per spiegare

questo drammatico aumento, compreso l’ampliamento dello spettro ad

includere anche forme più lievi, il miglioramento della diagnosi clinica ed una

maggiore consapevolezza pubblica. Di conseguenza, il ASD è emerso di recente

come uno dei maggiori problemi di salute pubblica in tutto il mondo. [4]

Gli studi dimostrano inoltre che l’autismo colpisce prevalentemente i soggetti

maschili con un tasso di incidenza dalle 2 alle 4 volte superiore rispetto al sesso

(8)

3

Uno studio epidemiologico finanziato dall’organizzazione Autism Speaks e

pubblicato nel 2015 sulla rivista Molecular Psychiatry mette in luce una

correlazione tra il rischio di autismo e l’età dei genitori. Dall’analisi dei dati

raccolti dall’International Collaboration for Autism Registry Epidemiology (iCARE)

su 5,7 milioni di bambini in cinque paesi, emerge che il rischio maggiore si

registra nei figli con madri adolescenti e/o padri ultra cinquantenni. La

percentuale di autismo è risultata infatti del 66% superiore nei figli nati da padri

“over 50” rispetto a quelli nati da padri ventenni, e del 18% superiore nei figli

con madri adolescenti rispetto a madri ventenni. [6]

Figura 1 - Incidenza dell'aumento dei casi di ASD.

1.3 DIAGNOSI CLINICA

La diagnosi dei disturbi dello spettro autistico è diventata unica, e tutti i sottotipi

(9)

4

modifica ed a altre novità introdotte dal DSM-V, il processo diagnostico è

diventato più semplice e questo ha permesso un risparmio di risorse (anche in

termini di tempo) ai clinici. Inoltre ha permesso ai bambini di entrare in

trattamento in tempi più brevi. [2]

La diagnosi clinica si basa su una valutazione psicodiagnostica comprendente

ADI-R e ADOS. [4] Questi due strumenti sono complementari e, inizialmente sono

stati creati come strumenti per la ricerca ma ora sono utilizzati per l’uso

sistemico nella pratica clinica. Sia l’ADOS che l’ADI-R permettono la diagnosi

entro lo spettro autistico sulla base dei criteri DSM e ICD. [2]

L’ADI-R (Autism Diagnostic Interview-Revised) è un’intervista semi-strutturata

fatta al “caregiver” (colui che si prende cura del soggetto autistico, di solito i

genitori) che si focalizza sull’osservazione sistematica e standardizzata di

comportamenti che raramente vengono riscontrati in soggetti non clinici, e

principalmente su 3 aree specifiche:

• Linguaggio e comunicazione • Interazione sociale specifica

• Comportamenti stereotipati e interessi ristretti

L’ADI-R è articolato in un protocollo di intervista e cinque algoritmi, utilizzabili

nelle varie età per la diagnosi o per l’intervento. Essa è utile per formulare una

(10)

5

pianificare una terapia o un progetto educativo sulla base delle rilevazioni

effettuate. L’intervista è formata da 93 item suddivisi in 8 sezioni:

1. Il background per delineare lo sfondo familiare e terapeutico sul quale si

muove il soggetto.

2. Le domande introduttive per delineare un’immagine generale del suo

comportamento.

3. Un resoconto sul primo sviluppo.

4. Una serie di domande che riguardano l’età in cui sono state acquisite le

capacità linguistiche fondamentali e l’eventuale perdita di esse.

5. Funzionamento del linguaggio e della comunicazione.

6. Sviluppo sociale e gioco.

7. Interessi e comportamenti.

8. Comportamenti generali d’importanza clinica come aggressività,

comportamenti autolesivi ed eventuali tratti epilettici.

Importanti per il rilevamento di ASD sono le sezioni 5, 6, 7. Gli algoritmi invece

sono moduli sui quali vanno riportate e combinate sistematicamente le codifiche

degli item fondamentali, per produrre risultati formali ed interpretabili. Un

soggetto viene valutato attraverso un modulo soltanto, a seconda che ciò serva

per la diagnosi (due algoritmi diagnostici) o per l’intervento (tre algoritmi del

(11)

6

L’ADOS (Autism Diagnostic Observation Schedule) è un protocollo di osservazione

semi-strutturato che consiste in una serie di attività prestabilite da far svolgere al

bambino durante le quali l’esaminatore rileva i comportamenti ritenuti cruciali

per una diagnosi di ASD. Tali attività forniscono contesti standard affinché

l’interazione con il soggetto abbia luogo. È articolato in 4 moduli. Ogni soggetto

viene valutato attraverso un determinato modulo soltanto, in funzione del livello

di comunicazione verbale e dell’età. A differenza di molti altri test standardizzati,

l’ADOS dovrebbe essere standardizzato in modo flessibile per aumentare al

massimo le capacità del bambino di cooperare ed interagire con l’esaminatore.

L’eterogeneità all’interno dei disturbi dello spettro autistico richiede che

l’esaminatore adatti i compiti dell’ADOS a livello appropriato per ogni bambino e,

allo stesso tempo, fornisca in ogni compito pressioni sociali generalmente

comparabili tra individui diversi. I ritmi delle attività e i tempi di presentazione di

esse e dei giocattoli dovrebbero essere adattati gradualmente fino a

corrispondere allo stile comportamentale e ai livelli di attività di ciascun

bambino.

Il modulo 1 dell’ADOS consiste in 10 attività (figura 3) e 29 punteggi associati.

Nella maggior parte delle attività di questo modulo, il focus dell’osservazione è

rivolto all’uso divertente di giocattoli e di altri materiali particolarmente

importanti per bambini con un’età di sviluppo inferiore ai 3 anni che non hanno

(12)

7

Figura 2 - Modulo 1 dell'ADOS.

Il modulo 2 è composto da 14 attività (figura 4) accompagnate da 28 codifiche.

Le attività sono incentrate sull’uso ludico dei giocattoli e di altri materiali concreti

che sono significativi per soggetti che hanno un linguaggio con frasi, cioè una

produzione regolare non ecolaica di frasi formate da tre unità indipendenti, ma

un livello espressivo pari a quello di un bambino con età inferiore di 4 anni.

(13)

8

Il modulo 3 consiste in 14 attività (figura 5) con 28 punteggi correlati. Le attività

si focalizzano su comportamenti sociali, comunicativi e linguistici importanti per

la diagnosi dei disturbi dello spettro autistico in bambini con linguaggio fluente

ed adolescenti. Queste attività associano una serie di situazioni strutturate e

non, che offrono una varietà di stimoli per particolari tipi di comportamenti

sociali e comunicativi. Il modulo nel suo insieme ha tre obiettivi specifici:

• Osservare il comportamento spontaneo di comunicazione sociale del soggetto, data una situazione che fornisca uno stimolo per comunicare o

interagire.

• Valutare l’abilità del soggetto di comportarsi in modo appropriato, in base alla situazione in cui si trova (es. raccontare una storia).

• Fornire un contesto standardizzato per raccogliere un campione del linguaggio.

Il modulo offre anche l’opportunità di osservare il senso dell’umorismo e la

creatività dell’individuo.

Il modulo 4 comprende 15 attività (figura 6) accompagnate da 31 punteggi. Le

attività si concentrano sui comportamenti sociali, comunicativi e linguistici

importanti per la diagnosi di ASD in adolescenti o adulti verbalmente fluenti.

L’obiettivo è quello di determinare la capacità del soggetto di iniziare e sostenere

(14)

9

Figura 4 - Modulo 3 dell'ADOS.

(15)

10

1.4 SINTOMI [9, 10]

Un bambino autistico mostra i primi sintomi e segni della malattia attorno ai 2 -3

anni di vita, ma generalmente la patologia si palesa, in maniera inequivocabile,

con l’inizio della scuola, quando il bambino entra in contatto quotidianamente

con un vasto numero di persone. La sintomatologia dell’autismo è estremamente

variabile, sia per quanto concerne l’entità dei sintomi, sia per quanto riguarda la

gravità. Di conseguenza, ogni paziente autistico rappresenta un caso a sé stante,

differente da tutti gli altri. La sintomatologia riguarda la sfera comunicativa con

ritardo nello sviluppo del linguaggio, tendenza ad evitare il linguaggio parlato,

ripetere frequentemente parole, suoni o frasi sentite, parlare con un tono

monotono ed uniforme, scarsa capacità di riconoscere un modo di dire o una

frase dal tono sarcastico, tendenza a comunicare con singole parole piuttosto

che con frasi, mancata risposta alla pronuncia del proprio nome.

Per quanto riguarda l’interazione sociale i sintomi più importanti sono: (i) totale

disinteresse verso “coccole” e gesti di tenerezza; (ii) preferenza a giocare da soli;

(iii) tendenza ad evitare il contatto visivo, rispondere in maniera stizzita o

aggressiva senza alcun motivo particolare; (iv) scarso se non nullo interesse nel

voler far amicizia con i propri coetanei; (v) mancato utilizzo di espressioni facciali

per comunicare; (vi) tendenza ad essere invadenti; (vii) carenza di interessi e di

(16)

11

È interessata anche la sfera comportamentale che comprende: (i) eseguire

movimenti ripetitivi, come per esempio dondolarsi avanti e indietro o sbattere le

mani (stereotipie); (ii) utilizzare giocattoli in modi diversi rispetto ai loro veri

scopi; (iii) marcata resistenza al cambiamento e forte dipendenza da determinate

abitudini; (iv) essere in costante movimento; (v) dimostrare una particolare

sensibilità alla luci intense, a certi suoni o al contatto fisico; (vi) provare forte

attrazione o marcata repulsione verso i cibi a seconda del loro colore o della

preparazione; (vii) avere pochissimi interessi ma maniacali; (viii) avere

comportamenti ossessivo-compulsivi. Molti soggetti affetti da ASD possono

inoltre mostrare problemi di coordinazione e goffaggine nei movimenti.

D’altro canto possono possedere talenti fuori dall’ordinario quali capacità

straordinarie di calcolo matematico, sensibilità musicale, eccezionale memoria

audio-visiva, realizzazione di ritratti e paesaggi molto fedeli alla realtà.

1.5 COMORBIDITA’

Nell’evoluzione che porta alla crescita del bambino autistico verso l’età adulta si

pone il problema della comorbidità (figura 7). L’autismo, interessando ed

alterando il normale sviluppo del soggetto, lo “sensibilizza” a svariate patologie

sia in ambito psichiatrico che in quello medico. Le comorbidità per quanto

riguarda il versante neurologico e genetico, comprendono: epilessia, sclerosi

(17)

12

Le comorbidità più prettamente internistiche comprendono, invece: disturbi

gastrointestinali, disturbi del sonno, sordità congenita, difetti visivi congeniti.

Relativamente al versante psichiatrico, si annotano prevalenza di disturbi d’ansia,

fobie specifiche, disturbo ossessivo-compulsivo (DOC), disturbi da attacchi di

panico, depressione maggiore e disturbo bipolare. [11]

Una comorbidità frequente è quella con il disturbo da deficit di attenzione e

iperattività (ADHD). Con il DSM-V è stata riconosciuta la possibilità di

diagnosticare ad un solito soggetto sia il ASD che il ADHD. Già in un sondaggio del

2001, l’83% dei bambini con PDD (Disturbo Pervasivo dello Sviluppo che con il

DSM-V è diventato ASD) è stato anche diagnosticato il ADHD. [12]

(18)

13

1.6 EZIOLOGIA

Sono state avanzate molte ipotesi sulle possibili cause dell’autismo, senza essere

giunti alla formulazione di teorie soddisfacenti. Secondo i risultati di alcuni studi

prospettici sull’infanzia, l’autismo è considerato una sindrome di

decompensazione dello sviluppo. Tale scompenso potrebbe essere accelerato da

un insieme eterogeneo di cause contribuenti, alcune specifiche per l’autismo,

alcune no (ad esempio quelle ambientali), ed infine alcune abbastanza potenti da

generare la sindrome “da sole”, come aberrazioni o mutazioni rare altamente

deleterie ad esempio in MECP2, TSC1, TSC2, FMR1 e più recentemente NF1. [13]

I ricercatori sono sempre più convinti del fatto che non esista un’unica causa, ma

un insieme di disturbi con cause differenti. Un’ipotesi comune è che il ASD sia

causato dall’interazione di una predisposizione genetica con un problema a

livello ambientale. [4]

1.6.1 Fattori genetici

I fattori genetici sono tra le cause più significative del ASD, ma la genetica che

riguarda questa malattia è complessa ed ancora poco conosciuta. [14]

Sebbene sia frequente che l’autismo si manifesti sporadicamente nelle famiglie,

anche i casi sporadici sono sostanzialmente influenzati dall’aggregazione del

rischio genetico recessivo o additivo, e vi sono prove schiaccianti dell’influenza

dal rischio genetico additivo per la maggior parte dalla popolazione. Infatti,

(19)

14

frequenza di 20 volte più comunemente che nella popolazione generale, lo fa

sulla base della trasmissione dei componenti di responsabilità che possono

essere trasportati in modo sub-clinico dai membri dalla famiglia non interessati.

Studi effettuati su gemelli e loro familiari, su diversi milioni di soggetti in tutto il

mondo, hanno evidenziato che la grande maggioranza (80-90%) delle influenze

causali sulla presenza di autismo è spiegabile con fattori genetici, e questi sono

prevalentemente additivi in natura (mutazioni a singolo gene altamente

penetranti). Quindi, le comuni variazioni alleliche, ciascuna individualmente

preservata nella popolazione umana, ma che singolarmente non possono

spiegare più di un minimo aumento del rischio di ASD, sono responsabili nella

maggior parte dei casi, di una maggior probabilità di manifestare il ASD sulla base

del rischio poligenico cumulativo. [13]

Alcuni studi condotti nel 2007 hanno evidenziato che, in casi particolari e con una

definizione ristretta di autismo, i gemelli avrebbero un’ereditabilità del disturbo

di oltre il 90%. [15]

Mediante metodi di valutazione quantitativa standardizzati è stato osservato che

nell’ambito di famiglie con soggetti affetti da ASD, i sintomi e i tratti autistici

subclinici si manifestano tra i pazienti di primo grado (compresi i fratelli e i

genitori) con una frequenza di un ordine di grandezza superiore a quella

osservata nella popolazione generale, e mostrano la stessa struttura dei sintomi

dell’autismo stesso. Una recente estensione di questo principio è che rare

(20)

15

addizionali (poligenici) di ASD che esistono in una famiglia, in una combinazione

che aggrava la posizione clinica in un individuo e lo “spinge” verso la soglia

patologica. Viceversa, il livello di rischio genetico familiare di “fondo” per il ASD,

può giocare un ruolo importante nella “variabilità di espressione” di una rara

mutazione. Ad esempio, Moreno-De-Luca ed altri (2015) hanno dimostrato che

bambini con delezioni de novo del gene 16p11.2 i cui genitori si trovavano nel

quartile superiore della distribuzione generale della popolazione per tratti

autistici (vale a dire ancora interamente entro i limiti normali) avevano molta più

probabilità di essere affetti da ASD a livello clinico, rispetto a bambini con le

stesse delezioni ma i cui genitori si classificavano nel quartile inferiore della

distribuzione generale della popolazione per questi tratti. [16]

Molto prima di camminare o parlare, i bambini esplorano il mondo osservando,

prestando normalmente attenzione agli stimoli sociali inclusi volti, stimoli facciali

e movimenti biologici. Questa capacità di coinvolgimento visivo sociale modella il

tipico sviluppo infantile sin dalla nascita ed è in senso patognomonico

compromessa nei bambini affetti da autismo. Recentemente, utilizzando

metodologie che hanno identificato i predittori di rischio per l’autismo

identificabili tra i 2-6 mesi, è stato dimostrato che la variazione della

visualizzazione delle scene sociali (inclusi i livelli di attenzione preferenziale e il

tempismo, la direzione e il targeting dei singoli movimenti oculari) è sotto stretto

controllo genetico nei bambini della popolazione generale, con effetti

(21)

16

ricerca attiva di informazioni sociali. Inoltre, le misure che sono più altamente

ereditabili, come l’attenzione preferenziale a specifiche regioni del viso, degli

occhi e della bocca, sono proprio quelle che distinguono in modo più chiaro i

bambini con sviluppo normale da quelli con autismo. Mentre la maggior parte

dei bambini affetti da autismo mostra evidenti carenze in questa competenza

evolutiva altamente ereditabile, una piccola percentuale di bambini nella

popolazione generale presenta la stessa carenza ma riesce a svilupparsi

normalmente, suggerendo che tali deficit potrebbero essere necessari ma non

sufficienti per causare sindromi autistiche cliniche. Quindi, proprio come accade

per le mutazioni altamente penetranti come la delezione 16p11.2, questi deficit

ereditari possono sovrapporsi a passività genetiche di fondo specifiche del ASD

nello sviluppo autistico. [17]

È noto da tempo che varianti genetiche specifiche associate all’autismo sono

anche associate a epilessia, disabilità intellettiva, ADHD o schizofrenia in diverse

famiglie. Sebbene alcuni tratti sono a volte indicati come “co-morbidità”, i

risultati di varie ricerche hanno suggerito che questi potrebbero in realtà essere

parte integrante dalla sindrome autistica. Questo particolare ruolo dei fattori di

rischio non specifici del ASD potrebbe effettivamente spiegare elementi di

“mancanza di ereditabilità” per l’autismo e aiutare a risolvere apparenti

discrepanze tra studi genetici epidemiologici (basati sulla popolazione) e genetici

molecolari (caso–controllo) nella stima dell’estensione della sovrapposizione

(22)

17

l’elevata prevalenza di disturbi motori e problemi di attenzione/iperattività nel

ASD, uno o entrambi potrebbero servire come importanti indici per interventi

terapeutici precoci, o per ridurre il rischio non specifico e la cosiddetta

“co-morbidità” nei bambini affetti. [13]

È ormai noto che l’autismo ha carattere poligenetico, cioè è associato a una

molteplicità di varianti genetiche rare e comuni che coinvolgono centinaia, se

non migliaia, di geni diversi, e non un gene causativo principale. [18] Le varianti

rare sono altamente penetranti mentre quelle comuni causano piccoli effetti.

Quindi non sorprende che questa eterogeneità genetica non sia associata ad una

neuropatologia caratteristica per questa malattia. È importante notare che la

maggior parte delle varianti genetiche molecolari che sono state statisticamente

associate all’autismo sono autosomiche (cioè non sui cromosomi sessuali),

indicando che il rapporto sessuale universalmente osservato nell’autismo deriva

da meccanismi diversi dal legame sessuale. Da numerosi dati genetici molecolari

che si sono accumulati fino ad oggi emerge che la stragrande maggioranza delle

femmine sono relativamente “protette” dalla maggior parte, ma non tutte, le

forme di autismo ereditate. [19, 20] Ciò suggerisce che esiste almeno un fattore

di resilienza che opera contro numerose varianti genetiche che predisporrebbero

per il ASD. Nello stesso modo in cui un fattore protettivo come il sesso può

mitigare una varietà di percorsi per il rischio di ASD, alcune terapie biologiche

mirate potrebbero essere in grado di modificare la gravità della sindrome

(23)

18

farmaco stimolante nelle sindromi ADHD, che sono geneticamente diverse dal

ASD). Questo in particolare se le cause genetiche dell’autismo convergono su un

insieme discreto di variazioni fondamentali nel primo sviluppo sociale e

comportamentale. L’ipotesi “molti geni, percorsi comuni” suggerisce che molti

geni associati al ASD convergano, attraverso diversi meccanismi molecolari, su

processi comuni nel cervello responsabili dei sintomi principali. Si sta assistendo

ad una riconcettualizzazione dell’autismo (figura 8), considerandolo come un

percorso convergente di scompenso dello sviluppo generato da un accumulo

critico di passività inerenti lo sviluppo, ciascuna delle quali costituisce un

potenziale obiettivo per il futuro sviluppo di interventi preventivi precoci. [13]

Figura 8 – Concettualizzazione dell’autismo familiare come un frazionamento di vari fattori che include anche le varianti genetiche.

Le peculiarità caratterizzanti che definiscono la sindrome autistica sono

strettamente correlate tra loro, per definizione, nelle persone clinicamente

(24)

19

seconda del metodo di accertamento dei tratti. Ciò ha profonde implicazioni per

la biologia dell’autismo perché suggerisce che i sintomi, sia di lieve che di grave

entità, che sono disparati, possono essere generati collettivamente da cause

biologiche, le cui influenze genetiche si sovrappongono o interagiscono nello

sviluppo di tratti autistici. Gli scienziati sono alla ricerca di un segno neurale, di

una lesione che possa essere “posta” (come potrebbero dire i neurologi)

all’interno dei circuiti che sono influenzati congiuntamente da queste cause, o la

cui compromissione potrebbe dare origine a molti o tutti questi sintomi correlati.

[21] È importante riflettere sul fatto che l’autismo è raramente riconducibile a

gravi traumi cranici, ipossia o encefalite, in quanto la disabilità intellettiva

comunemente deriva da insulti globali al cervello. Quindi, la specificità inerente

la compromissione coordinata in un insieme di competenze che “viaggiano

insieme” (almeno in una certa misura) suggerisce o che l’autismo potrebbe

rappresentare un percorso convergente di scompenso nell’impostazione di

queste passività interagenti, o che i vari gruppi di sintomi potrebbero sorgere

secondariamente da un insulto biologico parsimonioso. [13]

Tentativi di identificare i geni causali dell’autismo usando tecniche di “linkare”

(identificazione di quelle regioni cromosomiche che tendono ad essere

co-ereditate dagli individui affetti) sono risultati insoddisfacenti. Sono stati

pubblicati numerosi studi di scansione genomica: la maggior parte di essi

concordano sull’importanza di una regione sul cromosoma 7q31. Molti casi di

(25)

20

del cromosoma 7, e cosa interessante, sono state descritte anomalie genetiche

nella regione 7q31 in associazione con disturbi del linguaggio. Allo stesso modo

questa regione è correlata al gene del recettore della serotonina e al gene della

relina, entrambi implicati nell’autismo. Alcuni studi concordano anche

sull’importanza dei siti 2q, 16p13, e 19p. Studi biochimici e di associazione che

utilizzano tecniche basate sui casi-controllo, hanno suggerito il coinvolgimento di

un certo numero di geni dei neurotrasmettitori. Sono stati descritti difetti relativi

a serotonina, dopamina, norepinefrina, glutammato-NMDA, GABA e oppioidi,

così come i geni HOXA1, della relina, autoimmuni e dell’ormone sessuale.[22]

Una parte significativa dell’autismo può essere estremamente ereditabile, ma

non direttamente ereditaria: ovvero la mutazione genetica che causa la malattia

nei figli non è presente nel genoma dei genitori. Secondo uno studio pubblicato

sulla rivista Science, circa un quarto delle varianti genetiche associate al ASD

sono dovute a mutazioni de novo in geni codificanti proteine. [23] Gli studiosi

hanno ipotizzato che rare varianti strutturali ereditate negli elementi

cis-regolatori di questi geni, contribuiscono anche al ASD. I risultati suggeriscono che

rare varianti ereditate non codificanti predispongono i bambini alla malattia, con

contributi diversi da ciascun genitore.

Riassumendo, i risultati accumulati da una serie di studi familiari rivelano che

l'autismo può essere predetto da una serie di suscettibilità

neurocomportamentali, molte apprezzabili prima della diagnosi, e ciascuna

(26)

21

illustrato nella figura 8. Alcune di queste passività non sono necessariamente

specifiche per ASD e queste suscettibilità ereditate ma non specifiche possono

contribuire alla responsabilità genetica additiva, potrebbero rappresentare una

parte significativa della "ereditabilità mancante" dell'autismo e quindi essere

responsabili per le cosiddette "comorbidità". [13]

1.6.2 Fattori ambientali

Per quanto riguarda i fattori ambientali, sono importanti l’esposizione prenatale

a vari fattori come inquinanti ambientali, tossine, virus, e droghe, che possono

causare malformazioni alla nascita, ma anche fattori ambientali che entrano in

gioco in seguito alla nascita, come ad esempio le diete infantili. [4]

Il rischio di autismo è associato anche a diversi fattori di rischio prenatali; si

ritiene che un alterato neurosviluppo durante il primo e il secondo trimestre

della vita prenatale siano una causa neuropatologica alla base del ASD. [24] Studi

post-mortem hanno evidenziato aberrazioni neuroanatomiche e citoarchitettoniche in varie regioni del cervello, tra cui il cervelletto, l’ippocampo,

il complesso olivare inferiore, l’amigdala, la corteccia entorinale, la

circonvoluzione fusiforme, la corteccia cingolata anteriore e posteriore. Inoltre,

questi studi hanno dimostrato un aumento della crescita dei lobi frontali, un

aumento della densità della colonna vertebrale dendritica e un assottigliamento

delle minicolonne corticali. Queste aberrazioni sembrano essere correlate ad

(27)

22

ridotta morte cellulare programmata e/o aumento della proliferazione cellulare,

l’alterata migrazione cellulare, l’anormale differenziazione cellulare con ridotta

dimensione del corpo neuronale, l’anormale sviluppo di neuriti e la loro

dissezione che causano collegamenti elettrici atipici nel cervello. Inoltre, dato

che i processi di sviluppo neurologico sono attivi nella vita prenatale e

postnatale, queste aberrazioni comportano una ridotta formazione di sinapsi e

una mielinizzazione ritardata. [4]

Prima si pensava che i collegamenti elettrici neuronali anormali osservati fossero

caratterizzati da ipoconnettività a lungo raggio e iperconnettività locale. [25]

Studi recenti hanno invece dimostrato che i collegamenti neuronali anormali

sono caratterizzati da una forte combinazione individualizzata di iper- e

ipoconnettività specifica per ogni paziente con ASD. [26]

Il rischio che un bambino sviluppi la sindrome autistica è associato all’età della

madre e del padre al momento del concepimento; il rischio maggiore si registra

nelle madri adolescenti e nei padri oltre i 50 anni. [27, 28] Le ragioni biologiche di

questo dato di fatto sono però sconosciute: alcune possibili spiegazioni

comprendono l’aumento di complicanze durante la gravidanza, l’autoimmunità

materna, l’aumento di aberrazione cromosomica o di malattie da espansione di

triplette all’interno della cellula uovo; infine, imprinting, mutazioni spontanee e

(28)

23

Le infezioni virali prenatali sono considerate una delle più importanti cause non

genetiche dell’autismo. Tutto ciò che ha a che fare con le infezioni che colpiscono

il sistema immunitario durante i primi mesi della gravidanza, attacca lo sviluppo

neurologico non solo per quanto riguarda l’autismo ma anche per altri disturbi

psicologici che si presume derivino dallo scorretto sviluppo neurologico, come ad

esempio la schizofrenia. [30] Alcuni di questi virus sono la rosolia e il

citomegalovirus. La teoria degli anticorpi materni ipotizza che l'immunoglobulina

G (IgG) nel sangue della madre possa attraversare la placenta, penetrare

all'interno del cervello del feto, reagire contro le proteine cerebrali e provocare

l'autismo. [31] La teoria è collegata all'ipotesi delle malattie autoimmuni, tranne

per il fatto che si concentra sugli anticorpi materni e non su quelli del bambino.

Uno studio del 2008 ha scoperto che questi anticorpi si attaccano alle cellule

cerebrali del feto, cosa che si verifica più comunemente nelle madri dei bambini

affetti da autismo regressivo. [32] Un altro studio sempre del 2008 ha provato

che i Macaca mulatta esposti durante la gravidanza all'IgG delle madri di bambini

con il ASD hanno dimostrato stereotipia, uno dei tre principali sintomi

dell'autismo. [33]

Il fatto che la madre soffra di diabete durante la gravidanza può costituire un

serio rischio di autismo per il nascituro. [27]

Un altro fattore di rischio prenatale è l’esposizione dell’embrione a sostanze

teratogene, come talidomide, acido valproico e misoprostol, oppure a fitofarmaci

(29)

24

Anche lo stress prenatale, come la perdita del lavoro o un litigio familiare,

potrebbe contribuire all’autismo, in particolare come parte di un’interazione tra

geni ed ambiente. Studi sugli animali hanno testato che lo stress prenatale può

far crollare lo sviluppo del cervello e produrre comportamenti molto simili ai

sintomi dell’autismo. [35]

Un altro fattore che può aumentare il rischio di sviluppare questa malattia è

associato ad alcune condizioni perinatali ed ostetriche, come basso peso alla

nascita, durata della gravidanza e ipossia al momento della nascita. Secondo uno

studio australiano, i bambini con diagnosi di autismo avevano una maggiore

probabilità di essere primogeniti ed i loro genitori risultavano essere

significativamente più anziani, rispetto ai controlli. Le madri dei bambini autistici

avevano una maggiore frequenza di minaccia di aborto, di impiego di anestesia

epidurale caudale, di induzione di travaglio e di una durata del travaglio inferiore

ad un’ora. I bambini autistici avevano una maggiore probabilità di stress fetale, di

nascere con parto cesareo elettivo o d’emergenza ed inoltre avevano un

punteggio di Apgar inferiore a 6 ad 1 minuto. È improbabile che l’autismo sia

causato da un singolo fattore ostetrico. L’aumento della prevalenza di

complicanze ostetriche tra i bambini con autismo è dovuta molto probabilmente

a fattori genetici sottostanti o ad un’interazione di questi fattori con l’ambiente.

[36]

Negli anni, sono stati proposti un gran numero di ipotetici fattori causali

(30)

25

allergie e l’esposizione dei bambini a droghe, vaccini, infezioni, alcuni tipi di cibi e

metalli pesanti. Il ruolo reale di questi fattori ipotetici non è però stato

confermato da studi scientifici affidabili, anzi sono stati spesso espressamente

dimostrati come infondati. Numerose ricerche hanno evidenziato come i diversi

vaccini non possono causare l’autismo e che quindi non ci sia nessuna

correlazione scientifica tra di essi. [37]

1.6.3 Neuroinfiammazione [4]

Oltre ai fattori ambientali e a quelli genetici, sta ricevendo attenzione anche la neuroinfiammazione come possibile causa alla base del ASD, poiché è stata osservata un’alterata espressione di vari marcatori neuroinfiammatori nel liquido amniotico, nel siero, nel liquido cerebrospinale e nel tessuto cerebrale dei pazienti affetti. Si rimanda al paragrafo 3.3.

(31)

26

2. TRATTAMENTO

Non è possibile individuare un intervento esclusivo e specifico per tutte le

persone affette da autismo a causa della variabilità e complessità dei sintomi. Il

percorso terapeutico deve evolversi e modificarsi in funzione dell’evoluzione e

dei cambiamenti in itinere del disturbo. [38] Le “Linee Guida di intervento

sull’Autismo” pubblicate dal National Research Council affermano che:

• Non esiste un unico intervento che vada bene per tutti i bambini autistici • Non esiste un intervento che vada bene per tutte le età

• Non esiste un intervento che può rispondere a tutte le molteplici esigenze direttamente e indirettamente legate all’autismo

Per contro, la continuità e la qualità del percorso terapeutico sono garantite

attraverso il coinvolgimento dei genitori in tutto il percorso, la scelta in itinere

degli obiettivi intermedi da raggiungere e quindi degli interventi da attivare, il

coordinamento in ogni fase dello sviluppo dei vari interventi individuati per il

conseguimento degli obiettivi, la verifica delle strategie messe in atto all’interno

di ciascun intervento. [9]

2.1 TRATTAMENTO PSICO-EDUCATIVO

I trattamenti che si possono intraprendere sono di supporto e mirano a ridurre al

minimo, per quanto possibile, i sintomi indotti dalla malattia. Lo scopo di ogni

(32)

27

soggetto e il miglioramento della qualità di vita della famiglia. Molto importanti

sono le terapie cognitivo–comportamentali, la terapia familiare e gli interventi

educativi. Queste strategie terapeutiche, infatti, cercano di migliorare

l’interazione sociale, arricchire la comunicazione e favorire un ampliamento degli

interessi ed una maggiore flessibilità degli schemi di azione. [38]

Un buon intervento si fonda su una valutazione accurata caso-specifica e “deve”

portare ad arricchire la diagnosi di ASD con altri elementi clinici e psicopatologici.

Un altro aspetto importante di un buon intervento è la precocità e la

tempestività: precoce quando il soggetto è a rischio di sviluppare il disturbo ma

non ha ancora una diagnosi, e tempestivo nel caso in cui il disturbo sia già stato

diagnosticato. Numerosi studi hanno rilevato che l’intervento precoce sui sintomi

comportamentali dell’autismo fornisce al bambino, e al resto della famiglia,

diversi vantaggi importanti, difficilmente ottenibili se si inizia un intervento in età

scolare. È inoltre importante che l’intervento risulti trasversale in tutte le aree

dello sviluppo del bambino (cognitive, sociali, accademiche, socio-relazioni,

autonomie) e che coinvolga tutte le diverse figure che a vario titolo si occupano

dell’individuo. [39] Le strategie comunemente suggerite ed adottate sono

variabili in rapporto ad una serie di fattori quali l’età o il grado di

compromissione funzionale. I programmi psicoeducativi più utilizzati sono il

metodo ABA e il modello TEACCH. [40]

Fin dalla fine degli anni ’60 sono stati utilizzati per i bambini autistici approcci

(33)

28

comportamentali al fine di costruire repertori comportamentali utili e ridurre

quelli problematici. Lo scopo più importante del metodo è aiutare i bambini a

vivere in un mondo reale e non in uno artificiale. Per questo motivo il luogo

preferibile del trattamento è quello naturale del bambino (casa, scuola) e il modo

di intervenire consiste nell’insegnamento da affidare ai genitori e ai parenti. Le

caratteristiche principali sono:

• La programmazione dell’intervento al fine di ampliare il repertorio dei comportamenti adattivi e di controllare quelli disfunzionali (stereotipie,

rituali comportamentali).

• L’inizio precoce dell’intervento, in genere prima che il bambino abbia compiuto 4 anni perché un programma tardivo è meno efficace.

• Il trasferimento dell’intervento ai contesti naturali. I progressi sono migliori se tutto l’ambiente diventa educativo. Se, invece, i genitori non

sanno quali sono le finalità dei programmi e i risultati raggiunti, vi è il

rischio che il bambino regredisca.

• Il programma è intensivo, coinvolge il bambino e i suoi genitori in quasi tutti i momenti della giornata. Altre persone (fratelli, amici, studenti o

volontari) curano aspetti differenti dell’intervento.

Il TEACCH (Treatment and Education of Autistic and related Communication

Handicapped Children) è un modello di intervento nato agli inizi degli anni ’80,

nella Carolina del Nord (USA) e rappresenta una modalità di presa in carico

(34)

29

insegnamento strutturato basato sull’approfondita valutazione dei punti di forza

e di debolezza di ciascun bambino e su alcuni principi di carattere generale:

l’organizzazione dell’ambiente fisico, la scansione precisa delle attività, la

valorizzazione degli ausili visivi e la partecipazione della famiglia al programma di

intervento. L’obiettivo è il potenziamento delle autonomie del soggetto e il

miglioramento della sua qualità di vita personale, sociale e lavorativa. Lo sforzo

educativo è rendere l’ambiente il più adatto possibile alle abilità del bambino e

creare un’organizzazione concreta della sequenza di azioni o attività che si

svolgono nel tempo. I genitori svolgono un lavoro parallelo a quello dei terapisti:

il genitore è dunque un compagno di giochi e una guida che conduce il bambino

lungo un suo personale percorso evolutivo. [9,40]

Oltre a questi due metodi, nel tempo sono stati descritti diversi approcci

metodologici all’insegnamento di nuove abilità, basati sull’ABA. [39] Alcuni di

questi sono:

• Discrete Trial Training (DTT) una metodica di insegnamento che utilizza una serie di prove per insegnare nuovi comportamenti ed

abilità.

• Pivotal Response Training (PRT) un trattamento comportamentale basato sul gioco, sul motivare il bambino e sulle sue iniziative.

• Verbal Behavior Intervention (VBI) insegna la comunicazione utilizzando i principi dell’ABA.

(35)

30

• Early Start Denver Model (ESDM) un modello di presa in carico per bambini con disturbi dello spettro autistico in età prescolare che si

basa su un intervento incentrato sugli stessi per favorire la loro

iniziativa, la loro motivazione e la loro partecipazione.

2.2 TRATTAMENTO FARMACOLOGICO

Anche il trattamento farmacologico è molto utilizzato insieme alle altre terapie.

Purtroppo i farmaci psicotropi hanno valenza sintomatica, cioè alleviano i

problemi psichiatrici e comportamentali concomitanti, come aggressività,

autolesionismo, impulsività, iperattività, ansia e sintomi dell’umore, ma non

hanno alcun effetto sul nucleo dei sintomi, cioè non sono attivi sul disturbo dello

sviluppo in sé. [38] I miglioramenti osservati nell’interazione sociale sono un

effetto secondario di una riduzione complessiva dei comportamenti disadattivi e

non un effetto primario di questi farmaci. [41] In linea generale gli obiettivi di un

trattamento farmacologico devono essere: il miglioramento della qualità dalla

vita del bambino e della famiglia, la facilitazione dell’accesso ai trattamenti non

medici, il potenziamento degli effetti dei trattamenti non medici, la prevenzione

di comportamenti auto e etero-aggressivi, il trattamento di manifestazioni

collaterali e associate in comorbidità. Non avendo ancora dati sufficienti su

trattamenti prolungati in età evolutiva, l’indicazione all’utilizzo del farmaco è

quella di impiegarlo all’interno di cicli terapeutici definiti, con l’obiettivo di

(36)

31

invalidanti, o con l’obiettivo di facilitare la mobilizzazione del quadro in alcune

fasi critiche dello sviluppo del bambino. [9]

La molteplicità fenomenica del disturbo autistico e le scarse conoscenze circa la

patogenesi di tale disturbo giustificano i molteplici tentativi terapeutici con

sostanze farmacologicamente anche molto diverse tra loro, di cui si è cercato di

volta in volta di sfruttare l’attività specifica su un sintomo. Le indicazioni del

farmaco non devono però basarsi solo sui comportamenti o sintomi, ma devono

prendere in considerazione i diversi nuclei psicopatologici. Il trattamento

farmacologico deve quindi essere preceduto da una attenta analisi funzionale del

disturbo, che evidenzi i nuclei bersaglio, che possono essere molto diversi nei

vari soggetti anche con sintomatologia apparentemente sovrapponibile. Bisogna

inoltre tener presente che le risposte ai farmaci sono molto differenziate nei

singoli casi, e su queste influiscono anche l’età cronologica, il funzionamento

cognitivo ed eventuali componenti neurologiche conclamate.

Al momento non c’è un farmaco che si è dimostrato efficace in tutti i casi di

autismo e resta ancora da provare la reale incidenza del trattamento

farmacologico sulla storia naturale del disturbo autistico. [9]

Sono stati descritti buoni risultati ottenuti con gli antipsicotici atipici per

l’aggressività, il comportamento autolesionistico o l’attacco d'ira; con gli inibitori

selettivi del re-uptake della serotonina (SSRI) per l’ansia e per i comportamenti

(37)

32

Uno studio pubblicato sulla rivista Psychiatry and Clinical Neurosciences ha

esaminato le esperienze degli psichiatri giapponesi di bambini ed adolescenti

nella prescrizione di farmaci per l’aggressività nei pazienti con ASD/ADHD. [42] Si

ritiene che i comportamenti aggressivi, che sono molto comuni nei bambini

affetti dal ASD, potrebbero essere influenzati non solo dai sintomi della malattia,

ma anche dall’età, dal QI e da molti altri fattori. Al momento del sondaggio solo

tre farmaci psicotropi erano stati approvati in Giappone: metilfenidato e

atomoxetina per il trattamento di bambini con ADHD, e pimozide per il

trattamento di problemi comportamentali nei bambini con ASD o disabilità

intellettiva. L’85% degli intervistati (488/571) aveva prescritto farmaci per il

trattamento del ASD/ADHD in età pediatrica e adolescenziale. Tra questi

intervistati, il 61.3% (299) avevano prescritto farmaci psicotropi per trattare

l’aggressività in questi pazienti e invece il restante 38.7% (185) non li aveva

prescritti. I farmaci più comunemente prescritti erano il metilfenidato (MPH) nel

46.1%, seguito dalla atomoxetina (ATX) nel 34.1%, farmaci antipsicotici nel

13.4%, farmaci antidepressivi nello 0.6% e altri farmaci nel 5.8%. (figura 9). [29]

Tra i farmaci antipsicotici, il risperidone e l’aripiprazolo sono quelli che hanno

ricevuto l’approvazione dalla FDA statunitense per il trattamento dell’irritabilità

e agitazione nei bambini con ASD. Gli antipsicotici sono spesso prescritti anche se

mostrano notevoli effetti collaterali associati alla sindrome metabolica. Pur

conoscendo questo rischio, il loro uso è piuttosto alto, non solo negli Stati Uniti

(38)

33

Ad oggi, gli unici farmaci approvati dalla FDA nel trattamento dei sintomi in

pazienti con ASD sono il risperidone (composto 1, figura 10) e l’aripiprazolo

(composto 2, figura 10), entrambi usati per trattare l'aggressività,

l’autolesionismo, e i gravi capricci. Il risperidone è generalmente ben tollerato,

con assenza di effetti collaterali gravi come quelli extrapiramidali o le

convulsioni, mentre sono frequenti effetti collaterali minori come una lieve

sedazione, aumento dell'appetito, affaticamento, vertigini e sonnolenza. Inoltre,

questo farmaco causa anche altri effetti collaterali legati ad alterazioni

metaboliche, come l’aumento dei parametri antropometrici e metabolici, come

l'indice di massa corporea e la circonferenza della vita, e l’aumento dei livelli di

prolattina nel siero. [43] L’aripiprazolo ha effetti simili ma mostra effetti

Figura 9 – Il grafico (a) mostra le percentuali degli intervistati che hanno considerato la terapia farmacologica per trattare l’aggressione nei bambini affetti da ASD/ADHD, mentre il grafico (b) mostra quelle che non hanno considerato la terapia farmacologia per l’aggressione. In entrambi i grafici, la parte bianca indica la percentuale di coloro che non hanno considerato mai la terapia farmacologica.

(39)

34

collaterali più lievi che comportano aumento di peso, stanchezza, sonnolenza,

sintomi gastrointestinali e irrequietezza motoria.

Prima dell'approvazione di questi due composti, la clozapina, agente

antipsicotico di seconda generazione, è stata usata per l’aggressione e gli accessi

d'ira, ma ha un uso limitato a causa dei problemi di sicurezza ematologica. Anche

lo ziprasidone ha mostrato alcuni effetti benefici che hanno come target

l'irritabilità nei pazienti con ASD, senza alcun significativo aumento di peso o altri

effetti negativi. [44]

L'SSRI (inibitore selettivo della ricaptazione della serotonina) fluoxetina

(composto 3, figura 10) ha mostrato vari potenziali benefici, tra cui riduzioni dei

rituali, comportamenti stereotipati e ripetitivi nei pazienti con ASD. Tuttavia,

questa molecola produce effetti collaterali come disinibizione, ipomania,

agitazione e iperattività. Inoltre, i farmaci escitalopram (composto 4),

fluvoxamina (composto 5), paroxetina (composto 6) e sertralina (composto 7)

(figura 10) mostrano gli stessi potenziali benefici e gli stessi effetti negativi della

fluoxetina. Una recente review ha riportato le prove limitate dell'efficacia degli

SSRI negli adulti. [45]

Gli antidepressivi triciclici come l’imipramina (composto 8), la nortriptilina

(composto 9), la clomipramina (composto 10) o la tianeptina (composto 11)

(40)

35

comorbidità nei pazienti con ASD, però sono emerse prove limitate e discordanti

riguardo entrambi gli effetti, sia terapeutici che collaterali, di questi farmaci.

Figura 10 – Farmaci antipsicotici e antidepressivi che attualmente sono utilizzati nel trattamento farmacologico per ASD.

È stato proposto che gli anticonvulsivanti possano essere efficaci nel trattamento

dell'irritabilità e dei modelli ripetitivi nel comportamento nei bambini con ASD.

Tuttavia, lamotrigina (composto 12) e levetiracetam (composto 13) (figura 11)

non hanno mostrato efficacia nel miglioramento del ASD. D'altra parte, il sodio

valproato (composto 14) (figura 11) è risultato efficace nel trattamento

dell'irritabilità e dei modelli ripetitivi di comportamento nei bambini con ASD.

[46]

Poiché in alcuni individui con ASD sono stati descritti dei deficit nella funzione

(41)

36

dell’acetilcolinesterasi come rivastigmina (composto 15), donepezil (composto

16) e galantamina (composto 17) (figura 11). [47] Complessivamente, in questi

studi sono stati riscontrati alcuni miglioramenti nel comportamento generale e

nelle abitudini del sonno dei bambini. Alcuni effetti collaterali di questi farmaci

includono irritabilità, regressione verbale o comportamentale, mal di testa,

eruzione cutanea, tremore, sedazione, vomito e problemi gastrointestinali.

Figura 11 – Farmaci psicotropi che sono stati studiati per il trattamento del ASD.

Il metilfenidato (composto 18, figura 11) è un composto che ha mostrato di

essere efficace nel migliorare i sintomi del disturbo da deficit di attenzione e

(42)

37

inferiori a quelle osservate in genere nello sviluppo tipico dei bambini con ADHD.

Inoltre, i casi di interruzione dovuti a effetti avversi sono alti. [48]

L'antagonista degli oppiacei naltrexone (composto 19, figura 11), è stato valutato

in pazienti ASD sulla base dell'ipotesi che oppioidi endogeni come β-endorfina e

encefaline modulano il comportamento sociale. Il trattamento con naltrexone

migliora il comportamento autolesionistico, l’iperattività, il comportamento

(43)

38

3. STRATEGIE PER IL TRATTAMENTO DEL NUCLEO DEI

SINTOMI DI ASD.

Il ASD è stato classificato in sindromico e non sindromico in base a criteri clinici. Il

termine sindromico si riferisce a condizioni in cui il ASD si verifica in

concomitanza a ulteriori fenotipi e/o dismorfismi. Nella maggior parte dei casi

l'eziologia del ASD sindromico è nota e può coinvolgere anomalie cromosomiche

o mutazioni di un singolo gene. Lo studio del ASD sindromico ha fornito

informazioni a livello molecolare sui pathways coinvolti nello sviluppo cognitivo e

sociale. Topi geneticamente modificati sulla base di scoperte genetiche umane

sono risultati fondamentali per indagare meccanismi patogenetici

precedentemente sconosciuti. [50] Queste scoperte hanno portato

all’identificazione di potenziali target per l'intervento terapeutico. Dal momento

che sono state individuate caratteristiche comuni tra le forme sindromiche e non

sindromiche del ASD, per queste due condizioni sembra possibile un condiviso

approccio terapeutico. I vari fenotipi delle forme sindromiche di ASD sono la

Sindrome dell’X fragile (FXS), la Sindrome di Rett (RTT) e il Complesso della

sclerosi tuberosa (TSC).

La sindrome dell'X fragile (FXS) è il disturbo genetico più comune associato

all'autismo, che colpisce circa 1/4000 maschi e 1/7000 femmine. La FXS è causata

dal silenziamento del gene FMR1 sul cromosoma X, che codifica per la proteina

(44)

39

funziona da regolatore della sintesi della traduzione proteica. La FXS è

caratterizzata da disabilità intellettive, che vanno da lievi a gravi, ansia sociale e

disturbi autistici, come movimenti stereotipati, aumento della suscettibilità alle

crisi, sintomi di disturbo da deficit di attenzione e iperattività e ipersensibilità

sensoriale. Il modello animale FXS, un topo geneticamente modificato senza il

gene FMR1, riassume diversi fenotipi comportamentali e fisici di FXS osservati in

pazienti umani. Questi topi mostrano un aumento della densità nelle spine

dendritiche, un’alterazione della morfologia della colonna vertebrale e

un’elevata depressione a lungo termine legata al recettore metabotropico del

glutammato (mGluR-LTD). Quest'ultima osservazione ha portato alla teoria

mGluR di FXS. [51] Inoltre, i topi senza il gene FMR1 mostrano una maggiore

attività di trasmissione del recettore metabotropico del glutammato di tipo 5 del

gruppo I (mGlu5) e deficit GABAergici in diverse aree del cervello (corteccia,

ippocampo, amigdala, striato e subiculum).

La Sindrome di Rett (RTT) è una malattia rara del neurosviluppo che colpisce

1/15000 donne. Essa è dovuta a mutazioni con perdita di funzione nel MECP2,

correlato al gene X, che codifica una proteina multifunzionale che si lega al DNA

metilato e agisce come regolatore trascrizionale chiave. Questa sindrome è

associata anche alla regressione del linguaggio, delle funzioni cognitive e sociali e

delle capacità motorie, ai comportamenti ripetitivi, alle convulsioni e alle

difficoltà respiratorie. A livello cellulare, il cervello dei pazienti RTT è

(45)

40

in diverse regioni, ridotta ramificazione dendritica, bassa densità e morfologia

alterata della colonna vertebrale. Inoltre, studi effettuati su topi transgenici

hanno dimostrato che la carenza di MeCP2 è critica per la normale attività dei

neuroni che rilasciano GABA e che le disfunzioni dei neuroni GABAergici

contribuiscono all’alterazione dei fenotipi comportamentali osservati nella RTT.

[52]

Il complesso della sclerosi tuberosa (TSC) è una malattia genetica correlata al

ASD caratterizzata dalla formazione di amartomi (noduli simili a tumori) in vari

apparati, incluso il sistema nervoso centrale (SNC) e colpisce 1/6000 individui. Il

TSC è associato ad anomalie di apprendimento, a disabilità intellettuale, a ritardo

nello sviluppo, a comportamenti autistici e ad epilessia. È causata da una

mutazione in uno dei due geni TSC1 o TSC2 che codificano rispettivamente per le

proteine amartina e tuberina, che sono proteine che regolano nei mammiferi

l'attività del target della via della Rapamicina (mTOR). Nel TSC, mTOR è

iperattivo, e questo si traduce in un’anormale sintesi proteica e plasticità

sinaptica, una ridotta connettività neuronale e mielinizzazione del SNC, e uno

squilibrio del rapporto eccitatorio/inibitorio sinaptico. Inoltre, la perdita dei geni

funzionali TSC1/TSC2 influenza la formazione e la struttura delle spine

(46)

41

3.1. AZIONE SULLA DISFUNZIONE SINAPTICA [4]

Varie evidenze sperimentali indicano che l’interruzione della funzione sinaptica

possa essere alla base della fisiopatologia del ASD. Diversi geni associati al ASD

codificano proteine che influenzano direttamente o indirettamente la funzione

sinaptica. La compromissione della plasticità sinaptica potrebbe portare a reti

neuronali con ridotta capacità di modificare la loro struttura e funzione.

Pertanto, migliorare i deficit neurologici, aumentando la plasticità sinaptica in

modo indipendente dall'eziologia specifica del disturbo, può rappresentare una

valida strategia terapeutica.

3.1.1. Equilibrio eccitatorio/inibitorio (E/I)

Un'ipotesi ampiamente accettata sull'eziologia del ASD propone che ci sia uno

squilibrio eccitatorio/inibitorio nei circuiti neuronali del cervello. [54] Tale

squilibrio può essere dovuto ad un aumento glutammatergico o ad una

diminuzione del segnale GABAergico e può dar luogo ad alterazione della

plasticità sinaptica, dell’apprendimento e della memoria, convulsioni, anomalie

della rete neurale, anomalie del sistema visivo, disprassia generale, cambiamenti

comportamentali e disfunzione sociale. Yizhar et al. hanno dimostrato che nei

topi un aumento del rapporto eccitatorio/inibitorio nella corteccia prefrontale è

(47)

42

D'altra parte, in un modello murino di RTT, è stato osservato un rapporto E/I

ridotto. [56]

Sono stati proposti diversi approcci farmacologici per ripristinare lo squilibrio E/I.

Modulazione del recettore mGlu5 del glutammato

La "teoria dei mGluR" della FXS implicava che il blocco del recettore mGlu5

potesse essere utile per trattare i sintomi neurologici e psichiatrici della FXS, e

studi preclinici hanno supportato questa teoria. [57] La realizzazione di ligandi

competitivi per i recettori mGlu è risultata un’ardua sfida a causa della difficoltà

nell’identificare molecole selettive. I ligandi competitivi per i recettori mGlu sono

solitamente molecole simili agli amminoacidi polari con ridotta capacità di

attraversare la barriera ematoencefalica. Invece, i modulatori allosterici del

recettore mGlu5 (modulatori allosterici positivi PAM, o modulatori allosterici

negativi NAM) sono piccole molecole drug-like strutturalmente non correlate al

glutammato e consentono la messa a punto della trasduzione del segnale verso il

livello predefinito.

Tra i modulatori allosterici negativi NAM del recettore mGlu5, il composto 20

(MPEP) e il composto 21 (MTEP) (figura 12) sono potenti, selettivi, superano la

barriera encefalica e sono stati due pietre miliari in questo campo di ricerca.

Infatti, il trattamento dei topi senza il gene FMR1, con il composto MPEP ha

soppresso il fenotipo convulsivo audiogenico, ha salvato l'inibizione dei prepulsi

(48)

43

somministrazione del composto 20 ha conservato il fenotipo morfologicamente

immaturo dei neuroni piramidali nella corteccia somatosensoriale dei topi

neonatali senza il gene FMR1.

Nei topi BTBR, un modello ben validato di autismo idiopatico, il composto 20

riduce significativamente l'autolesionismo ripetitivo senza indurre sedazione ma

non migliora la socialità. Nei ceppi di topo BTBR e C58, il recettore NAM 22

(GRN-529) del mGlu5 sopprime i comportamenti ripetitivi e il deficit di socialità.

Inoltre, il composto 20 normalizza le misure di apprendimento nei topi BTBR

(memoria della posizione dell'oggetto dipendente dall'ippocampo). Al contrario,

il trattamento semicronico con l'amplificatore PAM del recettore AMPA, che

facilita la memoria in altri modelli di deterioramento cognitivo, non ha avuto

alcun effetto sulla memoria della posizione dell'oggetto nei topi BTBR. Inoltre, il

composto 20 ha ridotto significativamente i comportamenti stereotipati elevati,

ripetitivi e ansiosi nel modello di topo con autismo indotto da valproato. Oltre ai

composti 20 e 21, in letteratura sono stati riportati altri modulatori allosterici

negativi di mGlu5, (mGlu5 NAM) che mostrano strutture diverse dallo scaffold

diariletinilico. [58, 59] Qui sono illustrati gli mGlu5 NAM studiati nel contesto del

ASD. Il composto 23 (fenobam) è stato in grado di salvaguardare le anomalie

nella morfologia neuronale in topi senza il gene FMR1. Usando la struttura del

composto 23 come modello, Hoffmann-La Roche ha sviluppato una serie

(49)

44

con buone proprietà farmacocinetiche (PK) e buona attività nei modelli di ansia

dopo somministrazione orale.

Il composto 25 (AFQ056 o mavoglurant, figura 12) è stato identificato dalla

Novartis tramite una campagna HTS incentrata sull'identificazione di mGlu5 NAM

strutturalmente diversi dal composto 20. Il composto 25 è stato caratterizzato

come un potente e selettivo mGlu5 NAM in vitro e ha dimostrato una buona

biodisponibilità in vivo nei ratti e una ridotta clearance in vitro nei microsomi

umani rispetto a 20. Il composto 25 è stato in grado di salvare il fenotipo della

colonna vertebrale dendritica nei topi con delezione del gene FMR1. [60]

Tuttavia, studi randomizzati, controllati con placebo in doppio cieco con questo

composto negli adulti affetti dalla FXS, non hanno permesso la conferma dei

risultati osservati nei modelli animali.

A partire dallo screening del composto 26, con debole attività su mGlu5 ma

potente attività agonista GABAa, Roche ha identificato il composto 27

(RO4917523), che ha mostrato una potente attività in vivo in modelli preclinici di

ansia, proprietà PK favorevoli nei ratti e nelle scimmie ed un eccellente profilo

preclinico di sicurezza. Inoltre, il composto 27 è entrato in studi clinici per il

trattamento della FXS, ma i risultati non hanno confermato quelli osservati nei

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