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Il ruolo del dirigente infermieristico nell'inserimento del neoassunto in un'azienda sanitaria

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IL RUOLO DEL DIRIGENTE INFERMIERISTICO

NELL'INSERIMENTO DEL NEOASSUNTO IN UNA

AZIENDA SANITARIA

INDICE

Capitolo 1 – Dirigenti delle professioni sanitarie, storia ed identità, ruoli e funzioni

Norme, storia e identità delle professioni sanitarie con funzioni manageriali 1

Il servizio delle professioni sanitarie e la sua direzione 7

Ruolo, funzioni e attività: alcune definizioni 9

Ruolo, funzioni e attività dei dirigenti delle professioni sanitarie 10

Organizzazione del Servizio Sanitario in Toscana 16

Capitolo 2 - L'ingresso in azienda ovvero il reclutamento, la selezione, l'accoglimento e l'inserimento di personale Introduzione 21 Il reclutamento 21 La selezione 27 L'accoglimento 29 L'assegnazione 30 L'inserimento 30 Conclusioni 36

Capitolo 3 - L’inserimento del personale infermieristico neoassunto: uno studio osservazionale attraverso l’analisi dello strumento di valutazione utilizzato dai coordinatori dell’Ospedale Valduce di Como Abstract 38 Introduzione 39 Materiali e metodi 40 Risultati 40 Conclusioni 42 Conclusioni 44 Bibliografia 45 Sitografia 46

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CAPITOLO 1

DIRIGENTI DELLE PROFESSIONI SANITARIE.

STORIA E IDENTITA', RUOLI E FUNZIONI

In questo capitolo si analizzeranno alcuni elementi relativi alle funzioni di dirigenza delle professioni sanitarie, partendo dal percorso storico-normativo che ha contribuito alla definizione delle identità professionali, fino a descrivere ruoli e funzioni nell'attuale panorama organizzativo sanitario.

NORME, STORIA E IDENTITA' DELLE PROFESSIONI SANITARIE

CON FUZNIONI MANAGERIALI

Le attuali professioni sanitarie, suddivise in ventidue profili e quattro classi di laurea, hanno la possibilità di sviluppare la propria carriera in direzione manageriale, ricoprendo ruoli ed esercitando funzioni legati alla gestione dei servizi, allo sviluppo delle risorse umane, al miglioramento dei processi di lavoro, al governo di sistemi e organizzazioni complesse. Le professioni a cui ci si riferisce sono state definite nel tempo con diverse modalità, riferendosi perlopiù a un'appartenenza generale “non medica”, oppure al possesso di un profilo professionale, o all'ingresso in università o ancora alla

denominazione legata alla classificazione sindacale “del comparto”. Non sono mancate le critiche ad ognuna di queste scelte lessicali, ma ciò che accomuna di più le professioni dal punto di vista normativo sono senz'altro: il profilo professionale, la formazione

universitaria e altre norme che definiscono gli ambiti di sviluppo, con particolare riferimento alla direzione manageriale.

Anche se a malincuore, va affermato che un tratto che caratterizza le ventidue professioni, è il non essere le altre professioni sanitarie, che potremmo definire storiche: medico, farmacista, psicologo, biologo, fisico, veterinario. Ovvero avere, da relativamente poco tempo una formazione universitaria e a differenza di queste appena descritte, possedere un profilo professionale.

Infermiere coordinatore e dirigente – dai primi del Novecento agli anni '90 In Italia, così come in molti Paesi, una riforma in senso moderno dell'assistenza

infermieristica, comprendente la creazione di una dirigenza professionale, ha preso origine da quanto realizzato in Gran Bretagna da Florence Nightingale (1820-1910) e dalle sue immediate collaboratrici. Nella scuola per infermiere comunemente denominata “Scuola Nightingale”, sorta a Londra nel 1860, le allieve vengono istruite non solo sull'assistenza agli ammalati, ma anche sull'organizzazione dei servizi, inclusi il controllo delle risorse e la garanzia della qualità: tale scuola verrà in seguito considerata soprattutto un centro di formazione per quadri infermieristici. Nei decenni successivi si afferma in varie parti del mondo il ruolo delle capo infermiere: nelle realtà più avanzate, a cominciare dagli USA,

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esse fanno proprio l'orientamento a superare un'organizzazione del lavoro meramente empirica applicando i principi della direzione scientifica di Taylor.

I compiti infermieristici cominciano a essere definiti ed elencati: ciò rappresenta una evoluzione, ma l'assistenza che ne risulta, detta funzionale e tuttora praticata in molte organizzazioni sanitarie, è tendenzialmente frammentaria e non consente una visione complessiva dei bisogni delle persone assistite. Per questo nella seconda metà del secolo scorso nasceranno altri modelli di organizzazione dell'attività infermieristica.

Agli inizi del Novecento nascono in Italia scuole per infermiere che si ispirano ai principi della Nightingale, ma devono passare molti anni perché si arrivi ad una razionalizzazione della formazione infermieristica su scala nazionale: a realizzarla sono il R.D 15 agosto 1925, n.1832, e successivo regolamento di esecuzione, R.D. 21 novembre 1929, n. 2330. Con questi provvedimenti vengono istituite e regolamentate scuole convitto riconosciute e controllate dallo Stato per il conseguimento del diploma per l'esercizio della professione di infermiera al termine di un apposito corso biennale. Le scuole convitto potevano anche istituire un terzo anno di corso per la preparazione di infermiere diplomate con il titolo di “Abilitate a Funzioni Direttive” (AFD).

Il programma di studi era, peraltro, costituito prevalentemente da materie mediche e non garantiva una formazione orientata all'organizzazione e alla gestione. Le norme suddette sanciscono che l'Abilitazione a Funzioni Direttive è necessaria per esercitare la funzione di direttrice delle scuole di formazione, mentre non prevedevano una posizione analoga per la direzione dei servizi di assistenza. In questo campo si parla solamente di caposala, ruolo al quale si poteva accedere anche con il solo diploma di infermiera.

Durante la prima guerra mondiale è cresciuta in Italia la consapevolezza della necessità di un radicale miglioramento dell'assistenza infermieristica: per lo studio del problema e per la formulazione di proposte di soluzione il governo istituisce nel 1918 una commissione formata da funzionari ministeriali e da medici, presieduta dall'onorevole Pietro Bertolini. Nel 1919 la commissione Bertolini presenta una relazione contenente una parte dedicata alla dirigenza infermieristica. La relazione esprime apprezzamento per la riforma promossa dalla Nightingale in Gran Bretagna e successivamente imitata in altri Paesi, dove ha avuto effetti positivi, ma per l'Italia suggerisce di non accoglierne uno dei punti essenziali, ossia il ruolo ampiamente della direttrice infermiera nella formazione e nell'organizzazione dei servizi.

Sulle questioni principali che riguardano le allieve e il personale infermieristico ella deve limitarsi alla formulazione di proposte, altrimenti sarebbe compromessa la piena efficienza della direzione sanitaria.

Durante e dopo la seconda guerra mondiale, per vari motivi, e in particolare per le necessità del periodo bellico, entrano negli ospedali molte figure con minore

qualificazione. Per questa ragione e per l'aumento di complessità degli ospedali a causa del rapido sviluppo scientifico e tecnologico, cresce l'esigenza di una direzione meno

“meccanica”, anzi di tipo principalmente “organico”.

Il lavoro dei caposala e degli infermieri dirigenti nei Paesi in cui sono previsti, si fa più impegnativo in quanto la loro gestione e supervisione ha per oggetto operatori dalle competenze diverse e maggiormente sviluppate. Nelle nazioni all'avanguardia in questo campo si attribuisce alla dirigenza il mandato di fornire una struttura e un costante supporto per l'erogazione di un'assistenza infermieristica realmente professionale e di

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provvedere a quell'aggiornamento continuo del personale di cui si comincia ad avvertire l'esigenza.

In Italia, il D.P.R. 24 maggio 1964, n755, istituisce presso l'Università “La Sapienza” di Roma la prima scuola diretta a fini speciali per Dirigenti dell'Assistenza Infermieristica (DAI), suddivisa in tre sezioni:

• pedagogica, per la formazione di personale infermieristico insegnante e di direttrici di scuole;

• amministrativa, per i servizi assistenziali, volta alla formazione di personale infermieristico dirigente di servizi assistenziali;

• amministrativa, per i servizi medico-sociali, per la formazione di personale dirigente di servizi di sanità pubblica.

L'innovazione è di grande rilievo, anche se tra le materie di insegnamento ve ne sono molte che appaiono discutibili in rapporto alle finalità della scuola: tecnica infermieristica,

elementi di biologia, elementi di anatomia fisiologica, elementi di patologia medica e chirurgica e simili. Altre scuole speciali saranno istituite in varie città nei decenni successivi.

L'effettiva introduzione di una figura infermieristica dirigenziale, dotata comunque, ancora, di scarsi poteri, avvenne dopo che la legge 12 febbraio 1968, n. 132, diede avvio alla cosiddetta “riforma ospedaliera”. Il conseguente decreto sull'ordinamento interno dei servizi ospedalieri, D.P.R. 27 marzo 1969, n.128, dà alcune indicazioni sulla figura del coordinatore e del dirigente, pur denominandoli in modo differente. All'articolo 44, si regolamentano le attribuzioni di una figura nuova, il Capo dei Servizi Sanitari Ausiliari (CSSA), all'interno della categoria “Personale dirigente e di formazione didattica”. L'articolo recita: “Il capo dei servizi sanitari ausiliari è alle dipendenze del direttore

sanitario con il quale collabora per l'aggiornamento culturale e professionale del personale; ha compiti organizzativi e disciplinari per quanto riguarda il personale sanitario ausiliario, tecnico ed esecutivo assegnato ai servizi sanitari e per quanto

riguarda l'andamento dei servizi sanitari ausiliari”. Anche in questo caso ha responsabilità

limitate e dipende da un medico. Va comunque sottolineato come la sua istituzione abbia costituito quanto meno il riconoscimento della complessità organizzativa e gestionale del servizio infermieristico, anche se ancora solo di quello ospedaliero.

Nel corso degli anni Settanta e Ottanta in molti Paesi la dirigenza infermieristica acquista caratteristiche più orientate in senso manageriale. Si afferma l'idea che la soddisfazione della persona assistita rappresenti la priorità principale: anche in vista di ciò si punta a creare un clima di gruppo e a promuovere il coinvolgimento e la partecipazione di un personale infermieristico cui si tende ad attribuire un maggior potere decisionale in ambito clinico-assistenziale.

In Italia, in questi decenni vengono approvati provvedimenti legislativi di grande importanza che interessano la sanità in generale e l'ambito infermieristico in particolare. Dopo che la scuola per infermieri professionali venne aperta ai candidati di sesso maschile e vene reso obbligatorio il requisito di dieci anni di scolarità per l'ammissione ad essa, il decreto del Ministero della Sanità dell'8 febbraio 1972 modificò radicalmente il

programma del corso di Abilitazione a Funzioni Direttive introducendo materie pertinenti quali la psicosociologia, la pedagogia, le nozioni giuridiche e medico-legali, il diritto del lavoro e sindacale, la legislazione sanitaria, le tecniche amministrative e manageriali, la metodologia economale.

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Con la legge 15 novembre 1973, n.795, l'Italia ratifica l'accordo europeo di Strasburgo, prevedendo per la formazione dell'infermiere professionale un corso triennale dal curriculum più ampio del precedente, comprendete tra l'altro di scienze umane.

Pochi mesi dopo, il D.P.R. 14 Marzo 1974, n. 225, generalmente noto come “mansionario”, modificò le attività e i compiti delle diverse figure infermieristiche. Fra le attribuzioni dell'infermiere professionale vi si trovano la predisposizione di piani di lavoro, l'assistenza completa dell'infermo, l'educazione sanitaria, l'istruzione del personale, la partecipazione a riunioni di gruppo e a ricerche.

Accanto a questi aspetti positivi se ne ritrovano alcuni che susciteranno difficoltà e reazioni crescenti nella professione, in particolare la previsione di una serie di compiti

minuziosamente elencati ed eccessivamente vincolanti, nonché di attività da svolgere solo in ambito ospedaliero e sotto indicazione medica. Comunque una figura di infermiere complessivamente più moderna, qual è quella delineata dal D.P.R. n. 225/1974, richiede diverse modalità di coordinamento e direzione da parte del caposala e dell'infermiere dirigente: ci vorrà ancora del tempo perché questa esigenza sia riconosciuta nella legislazione.

Un anno dopo l'istituzione del Servizio Sanitario Nazionale attraverso la legge n.833/1978, viene emanato il D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, che disciplina lo stato giuridico del personale delle Unità Sanitarie Locali. La figura del caposala viene descritta come appartenente al ruolo sanitario, nel personale infermieristico, con profilo professionale di operatore professionale di prima categoria e la posizione funzionale di “operatore

professionale coordinatore. Invece, la figura di dirigente si ritrova sempre nel ruolo sanitario, ma inserita nel personale con funzioni didattico-organizzative, nella posizione funzionale di “operatore professionale dirigente”.

L'articolo 19 del D.P.R. 7 settembre 1984, n. 821, stabilisce le attribuzioni dell'operatore professionale dirigente che sottolinea i limiti e quanto è stato difficile in Italia il cammino della professione infermieristica verso l'autonomia e la piena assunzione di responsabilità, in questo caso organizzative e gestionali.

Proseguendo l'analisi del percorso storico-giuridico dell'infermiere con funzioni manageriali, è opportuno soffermarsi sul D.M. 13 settembre 1988, che definisce gli standard del personale ospedaliero. Rispetto ai caposala, all'art. 3, lettera G,

“Coordinamento attività personale infermieristico e ausiliario”, si stabilisce che ve ne sia uno per ogni unità operativa formalmente strutturata. Fra le loro attribuzioni, oltre al coordinamento dell'attività del personale infermieristico, tecnico ed ausiliario, vi è la supervisione sulle attività di tirocinio e formative. All'art. 4, lettera C, “Personale Infermieristico”, secondo capoverso, si prevede un operatore professionale dirigente per ogni presidio ospedaliero, con maggiorazione di uno ogni 500 posti letto. Questa figura è inserita presso la direzione sanitaria: dunque, non si prevede un vero e proprio Servizio Infermieristico. In molte realtà nasceranno Uffici Infermieristici dotati di una certa autonomia gestionale, la quale si mostrerà presto inadeguata.

Negli anni Novanta e seguenti furono emanati diversi riferimenti normativi di grande importanza per delineare le figure manageriali infermieristiche.

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spazio nel quale lo sviluppo della carriera infermieristica ha avuto maggiori opportunità; l'ambito sul quale da sempre, ogni giorno, e con molta fatica, la professione contribuisce attivamente a risolvere i molti problemi del Servizio sanitario nazionale; quello sul quale ha legittimato una capacità di dirigere e gestire”.

(Saiani 2006)

Gli ultimi anni del Novecento e i primi del nuovo secolo vedono l'emergere o il consolidarsi, a livello internazionale, di tendenze come le seguenti:

• maggiore preparazione del personale sanitario, in molti casi di tipo universitario; • organizzazione dell'attività sanitaria e assistenziale tale da esaltare la professionalità

e la capacità decisionale dei professionisti sanitari;

• ampliamento dell'area di responsabilità delle figure dirigenziali, le quali devono saper abbinare al tradizionale punto di vista clinico quello politico e finanziario. I professionisti sanitari con il ruolo di coordinatori e dirigenti, membri del del management dell'azienda sanitaria, partecipano più che in passato alle decisioni generali, con lo scopo comune a tutta l'area direzionale di far sì che i servizi, non di rado in competizione fra loro, eroghino prestazioni coordinate e integrate.

In Italia ci vorranno ancora diversi anni prima che quest'ultima tendenza si traduca in provvedimenti legislativi. Nel frattempo il D.Lgs. n. 502/1992 e successive modificazioni, disciplina la dirigenza del ruolo sanitario, da cui i professionisti sanitari oggetto di analisi della presente trattazione, sono per ora esclusi. L'art, 15, comma 2, modificato dall'art. 16 del D.Lgs. n. 517/1993, fissa tale dirigenza in due livelli: al “personale medico e delle altre professionalità sanitarie del primo livello” sono attribuite le funzioni di supporto, di

collaborazione e corresponsabilità, al “personale medico e delle altre professionalità sanitarie del secondo livello” funzioni di direzione e organizzazione della struttura da attuarsi anche mediante direttive “ a tutto il personale operante nella stessa”. Il D.Lgs. n. 229/1999 apporterà ulteriori modifiche alla dirigenza medica e delle professioni sanitarie, nel senso, tra l'altro, di fissare un unico livello e di assegnare ai dirigenti una maggiore autonomia e responsabilità, inclusa la responsabilità sui risultati conseguiti.

Dall'inizio degli anni Novanta si apre la formazione universitaria per le professioni sanitarie. In quegli anni, la materia verrà regolamentata con diversi provvedimenti, finché non si arriverà a stabilire due livelli di formazione: la laurea triennale per l'accesso

all'esercizio delle professioni sanitarie e la laurea specialistica, oggi denominata magistrale, che si ottiene a seguito di un ulteriore corso biennale. Il nuovo percorso è flessibile e per tappe e permette di acquisire crediti formativi e di modulare il proprio curriculum. I decreti ministeriali che verranno emanati in data 2 aprile 2001 dal Ministero dell'Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologia determineranno, sulla base di norme precedenti e di indirizzi europei, le classi delle lauree universitarie delle professioni sanitarie, fissando gli obiettivi formativi qualificanti, le attività formative indispensabili e le classi delle lauree specialistiche universitarie delle professioni sanitarie. La formazione universitaria così articolata, ha trovato una regolamentazione più recente nel DM 22 ottobre 2004, n.270 “Modifiche al regolamento recante norme concernenti l'autonomia didattica degli atenei, approvato con decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509”. Tale norma anche se è intitolata “modifiche” è di fatto una

sostituzione del precedente come confermato all'art. 13: “il presente decreto sostituisce il decreto del 1999.

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Tra gli interventi normativi degli anni Novanta, uno dei più importanti, ai fini della presente trattazione, è l'individuazione dei profili professionali con diversi decreti

ministeriali, che dal 1994 al 2001 hanno identificato le funzioni delle ventidue professioni sanitarie. Alcune disposizioni in essi contenute assegnano attività gestionali ai

professionisti stessi e promuovono globalmente maggiori livelli di autonomia che possono incidere sulle funzioni di coordinatori e dirigenti. Essi si troveranno a coordinare e dirigere professionisti formati in università, con un profilo di maggiore ampiezza rispetto alle funzioni “storiche”, dovendo nel contempo affrontare “il gap generazionale” in sito nella gestione di un team misto, al cui interno convivono “vecchi e nuovi” professionisti. La legge 42/1999, ha delimitato l'ambito e le responsabilità delle professioni sanitarie, definendo che:

Il campo proprio di attività e di responsabilità delle professioni sanitarie di cui all'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992. n. 502, e successive modificazioni e integrazioni, è determinato dai contenuti dei decreti ministeriali istitutivi dei relativi profili professionali e degli ordinamenti didattici dei rispettivi corsi di diploma universitario e di formazione postbase nonché degli specifici codici deontologici, fatte salve le competenze previste per le professioni mediche e per le altre professioni del ruolo sanitario per l'accesso alle quali è richiesto il possesso del diploma di laurea, nel rispetto reciproco delle specifiche competenze professionali.

Quindi, si delineano i cosiddetti “criteri guida”: profili professionali, ordinamenti didattici e codici deontologici, e i “criteri limite”: competenze della professione medica e delle altre professioni sanitarie.

Ancora, un altro riferimento normativo di interesse in quegli anni è quello della legge 10 agosto 2000, n. 251, che promuove alcune novità che andremo ad analizzare. Innanzitutto, per tutte le classi di laurea delle professioni oggetto della presente analisi si prevede che l'attività dovrà essere svolta con autonomia professionale.

La legge 1 febbraio 2006, n. 43, “Disposizioni in materia di professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione e delega al Governo per l'istituzione dei relativi ordini professionali” contiene disposizioni molto importanti ai fini di questa trattazione:

• stabilisce l'articolazione del personale laureato appartenente alle professioni sanitarie;

• dichiara possibile l'istituzione della funzione di coordinamento da parte delle organizzazioni sanitarie e socio-sanitarie pubbliche interessate.

Le figure gestionali delle professioni sanitarie hanno visto rilevanti cambiamenti

nell'ultimo ventennio, non solo nell'ambito strettamente manageriale, ma anche nelle stesse professioni di appartenenza. Ciò, accanto a mutamenti del sistema sociale e sanitario, ha creato uno scenario di grande turbolenza, dove ai professionisti “gestionali” è richiesto, spesso e contestualmente, di promuovere e garantire sia stabilità sia innovazione. Le norme di riferimento pur avendo contribuito all'evoluzione di dette figure, non approfondiscono le funzioni e i ruoli all'interno delle organizzazioni, lasciando ampio spazio alle

regolamentazioni locali e alle declinazioni specifiche. Questo, se da un lato “fortifica” le figure manageriali perché adattabili alle necessità dei contesto e produce possibilità di esercizio innovativo e creativo delle funzioni, dall'altro, contribuisce in una certa misura, a una parcellizzazione e differenziazione dei “profili” reali, che divengono “friabili” e poco

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comparabili fra loro, riducendo le possibilità di uniformare e confrontare approcci e funzioni.

IL SERVIZIO DELLE PROFESSIONI SANITARIE E LA SUA

DIREZIONE

L'articolo 7 della legge 10 agosto 2000, n. 251, ha previsto un'importante innovazione:

“... al fine di migliorare l'assistenza e per la qualificazione delle risorse le aziende sanitarie possono istituire il servizio dell'assistenza infermieristica ed ostetrica e possono attribuire l'incarico di dirigente del medesimo servizio...”

Sulla base di questa disposizione, soprattutto nelle aziende ospedaliere di maggiori dimensioni, si è verificata la sostituzione del cosiddetto Ufficio infermieristico, generalmente dotato di scarsa autonomia (e con competenze esclusive sul personale infermieristico e di supporto), con il Servizio dell'assistenza infermieristica e ostetrica. Ma vi sono periodi nei quali l'evoluzione culturale è rapida, anche più rapida di quanto persino coloro che le hanno dato inizio, come in questo caso il legislatore nazionale. Nel campo del quale stiamo parlando è infatti accaduto che, sulla base di disposizioni regionali sollecitate dalle professioni coinvolte, in numerose organizzazioni è stata creata una struttura dalle dimensioni più ampie, ossia un onnicomprensivo Servizio Infermieristico Tecnico Riabilitativo Aziendale (SITRA) per l'organizzazione e il coordinamento del personale infermieristico, ostetrico, tecnico sanitario, riabilitativo e della prevenzione, oltre che degli operatori di supporto. Infine, è opportuno ricordare che la figura del dirigente unico per le professioni sanitarie è stata istituita dall'accordo Stato Regioni del 15 novembre 2007, che ne ha previsto anche requisiti di ammissione e disciplina concorsuale.

Il SITRA è una struttura che ha la titolarità dell'indirizzo e della direzione, organizzazione e coordinamento del personale appartenente a tutte o a una parte delle professioni sanitarie. Per servizio si intende l'insieme degli appartenenti a una o più professioni che lavorano in una determinata organizzazioni. La denominazione SITRA può variare da Regione a Regione o tra aziende ospedaliere diverse. Il servizio ha una direzione, affidata a un membro di una delle professioni sanitarie che ne fanno parte, il quale, con i suoi

collaboratori, si occupa della gestione del personale e degli operatori di supporto. Nel fatti è il più delle volte un infermiere, ma in un contesto riabilitativo, può essere un

fisioterapista, in un contesto di assistenza materno-infantile un'ostetrica e così via.

Dalla direzione del servizio dipendono altre figure manageriali, come i RAD (vedremo più in seguito nel dettaglio) e i coordinatori di unità operativa, considerando i quali si può parlare di direzione in senso lato. Tuttavia, è bene precisare che questa dipendenza gerarchica non è così scontata, come invece si potrebbe pensare, dal punto di vista della normativa. Solo in alcune Regioni, infatti, sono state date precise indicazioni sulla dipendenza gerarchica.

La collocazione della direzione del servizio aziendale è oggi variabile: può essere in line (relazioni centrate sull'autorità di un responsabile gerarchico) alla direzione generale, in line alla direzione sanitaria, in staff (rapporto di consulenza che può essere richiesto a un professionista, nel quale non esiste alcuna relazione gerarchica fra il richiedente la

consulenza e chi la fornisce) alla direzione generale oppure in staff alla direzione sanitaria. Poiché dovrebbe essere una direzione forte, di indirizzo strategico, di governo reale dei

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processi, l'ideale sarebbe che fosse in line alla direzione generale. Soprattutto in questo caso il dirigente, oltre alle abilità e competenze specifiche (manageriali e di leadership) dovrebbe avere anche capacità di contrattazione (con competenze economico-finanziarie) e di rendicontazione del proprio operato in termini visibili e misurabili. Egli, infatti, è

costantemente sotto controllo e viene valutato per i risultati ottenuti, sia economici sia sanitari. Per questi motivi ci si auspica l'evoluzione della struttura del SITRA verso la costituzione di una vera direzione aziendale, che si occupi del processo assistenziale e di quello alberghiero in modo organico e strutturale. Tale direzione dovrebbe prendere il nome di Direzione Assistenziale ed essere considerata al pari delle tradizionali direzioni Amministrativa e Sanitaria.

In concreto, la direzione del servizio aziendale comprende tipicamente:

• il dirigente nel senso indicato dalla legge n.251/2000. La relativa normativa concorsuale è stata disciplinata dal D.P.C.M del 25 gennaio 2008 recante “Disciplina per l'accesso alla qualifica unica di dirigente delle professioni

sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione e della professione ostetrica”;

• altri eventuali dirigenti e/o coordinatori che lo coadiuvano nelle funzioni di pianificazione, gestione, organizzazione, direzione, formazione e valutazione; • personale amministrativo per la gestione dei dati e altre attività pertinenti, per

esempio quello della segreteria.

Le finalità della direzione del servizio cambiano a seconda del contesto, ma in linea generale sono le seguenti:

• fare in modo che sia erogata un'assistenza efficace, efficiente, di qualità, rivolta a risolvere i problemi delle persone globalmente considerate;

• contribuire alla definizione degli obiettivi aziendali, di dipartimento, di area e di unità operativa e perseguire il loro raggiungimento attraverso l'uso razionale delle risorse umane e materiali disponibili;

• contribuire a garantire un approccio multidisciplinare ai problemi dell'utenza globalmente considerata;

• sovrintendere all'erogazione di prestazioni alberghiere il più possibile rispondenti ai bisogni dei pazienti e agli obiettivi del servizio;

• contribuire alla formazione continua e all'aggiornamento del personale di competenza.

L'istituzione del SITRA di un'Azienda sanitaria locale o di un'Azienda ospedaliera universitaria richiede una pianificazione organizzativa i cui passaggi essenziali sono:

1. analisi dell'ambiente e del sistema organizzativo aziendale;

2. esplicitazione della missione, della visione, e dei valori guida del servizio; 3. all'interno di tale cornice, determinazione di obiettivi specifici, poliennali e/o

annuali e formulazione di raccomandazioni per la loro realizzazione; 4. formazione del personale affinché sia in grado di perseguire gli obiettivi.

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RUOLO, FUNZIONI E ATTIVITÀ: ALCUNE DEFINIZIONI

Il ruolo viene tradizionalmente definito come un insieme di comportamenti che è formalmente stabilito in base alla natura dell'ufficio ricoperto e delle responsabilità assegnate. Tali comportamenti sono sostanzialmente comuni alle persone che hanno la medesima identità lavorativa e vengono insegnati nel corso del processo di socializzazione. Infatti in sociologia il ruolo è considerato come l'insieme strutturato di comportamenti attesi da parte di un soggetto in una determinata posizione sociale. Questo insieme comprende anche obblighi, benefici e aspettative legate alla posizione nella società. In ogni ruolo si possono distinguere tre componenti:

l'area delle attività, che comprende azioni mentali e azioni pratiche, che vengono svolte, in questo caso, dal coordinatore o dirigente;

l'area di responsabilità che la persona si assume per l'esercizio di un ruolo. La responsabilità può essere definita come l'obbligo o il dovere di svolgere

determinate attività o di conseguire risultati. Essa comprende una responsabilità organizzativa, che è l'obbligo di rispondere a un'autorità del proprio lavoro e dei suoi risultati, e una responsabilità personale, intesa come l'affidabilità dell'individuo nell'assumersi gli obblighi legati al suo ruolo;

l'area dei risultati che l'esercizio del ruolo richiede di conseguire: nel caso specifico, si tratta in primo luogo di risultati di efficacia, efficienza, sicurezza e appropriatezza.

Oltre alla messa in atto dei comportamenti stabiliti, l'assunzione di un ruolo implica: • interazioni e transazioni con persone che esercitano altri ruoli;

• aspettative e percezioni sia da parte di chi esercita il ruolo sia da parte di coloro che si relazionano con tale persona. Riportando l'esempio del responsabile

infermieristico aziendale, egli è percepito come collaboratore subordinato dal direttore generale, come superiore dai coordinatori, dagli infermieri, dagli OSS, dagli OTA e dagli ausiliari specializzati, come collega e coordinatore dagli altri infermieri dirigenti e così via. In una giornata lavorativa tipica, egli deve “cambiare ruolo” diverse volte, modificando di conseguenza le proprie modalità

comunicative;

• la necessità di attenersi a determinate norme e valori sociali;

• una tendenza alla stabilità e all'ordine, poiché i ruoli sono fissati dalla legge o dall'autorità.

Il ruolo si esplica con l'esercizio di una serie di funzioni, che sono ampie aree di responsabilità con discrezionalità di intenti e di azioni; all'interno delle funzioni si

svolgono attività che concorrono a uno scopo. Come il ruolo, anche le funzioni rimangono le stesse indipendentemente dal tempo necessario e dalle risorse a disposizione per poterle esercitare. Un altro termine importante in questo campo è mansione, volto ad indicare un mandato interno ai mandati funzionali, che prende ispirazione dalla funzione all'interno della quale si inscrive. Le attività possono avere margini differenti di discrezionalità, ma di norma sono delineate all'interno di una funzione e definite da norme di vario genere all'interno dell'organizzazione: protocolli, procedure, istruzioni operative e altro ancora. All'interno delle attività, si può scendere ancor più nel dettaglio e definire delle operazioni o azioni, che descrivono singoli atti.

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RUOLI, FUNZIONI E ATTIVITÀ DEI DIRIGENTI DELLE

PROFESSIONI SANITARIE

I coordinatori e dirigenti delle professioni sanitarie possono ricoprire diversi ruoli e svolgere diverse funzioni e attività all'interno delle aziende ed enti sanitari, a vari livelli organizzativi: dal progetto specifico, alla singola unità operativa, passando per le

aggregazioni dipartimentali, fino alla direzione di servizi delle professioni sanitarie o aree di questo. La complessità che ha assunto il sistema, accompagnata dall'evoluzione

normativa, dallo sviluppo scientifico-tecnologico, dalle modificazioni culturali delle professioni, ha fatto si che diverse posizioni gestionali si siano consolidate, mentre altre si sono “plasmate” alle esigenze del sistema e di conseguenza si possono ritrovare in modo diversificato nelle varie realtà. Nonostante queste differenze di declinazioni dei ruoli, gli ambiti principali nei quali si esercitano funzioni manageriali sono di norma riassumibili in questi tre livelli: nucleo o unità operativa, area dipartimentale, servizio delle professioni sanitarie. Nel 2006 Saiani e Brugnolli, in una riflessione sui livelli di esercizio della professione infermieristica, ricordavano che:

“L'esercizio della professione infermieristica in Italia è articolato su tre livelli: il primo,

della pratica clinica, il secondo delle funzioni di coordinamento e il terzo della direzione”.

Affermavano inoltre che questa articolazione era da mettere in discussione e che i tre livelli non erano più adeguati a descrivere la complessità dei ruoli ricoperti:

“Ci si interroga, ad esempio, su quale posizione far assumere all'infermiere con Master

clinico, oppure sulla differenza tra il coordinamento di una unità operativa semplice e di un dipartimento. Pertanto, i 3 livelli non sembrano più sufficienti”.

Le esperienze in essere in altri Paesi portano ad una stratificazione su cinque livelli:

1. infermiere (anche con Master clinico) che gestisce risorse per assicurare l'assistenza al suo gruppo di pazienti.

2. Middle management, ovvero la competenza manageriale intermedia a cui spesso riferiamo i ruoli di coordinamento.

3. Upper nursing management, esprime l'apicalità di una struttura organizzativa complessa.

4. Top manager, direttore di un servizio infermieristico in azienda.

5. Il quinto livello rappresenta invece la posizione raggiunta da alcuni infermieri che ricoprono ruoli presso il Ministero della Sanità o a livello Regionale dove si elaborano le politiche sanitarie.

Per analizzare i ruoli, le funzioni e le attività dei dirigenti delle professioni sanitarie è bene soffermarsi su due livelli di questa complessa stratificazione

1) Le funzioni del coordinatore di area dipartimentale ovvero del Responsabile Assistenziale di Dipartimento

(13)

Questa figura ha assunto diverse denominazioni, in base alle normative regionali di riferimento e ai regolamenti aziendali. Per convenzione utilizzerò il termine RAD

(Responsabile Assistenziale di Dipartimento) perché ritenuta un termine sufficientemente generale da comprendere le diverse professioni coinvolte.

Il RAD esercita un ruolo intermedio fra quello del responsabile o direttore del SITRA e quello del coordinatore di unità operativa. Fra le specificità della posizione possiamo ricordare:

• analisi dell'organizzazione complessiva dell'area dipartimentale al fine di verificare le analogie e le differenze tra le unità operative che la compongono in relazione a: risorse umane, economiche e tecnologiche; culture e stili di

direzione/coordinamento; metodi e strumenti di lavoro, ecc;

• visione complessiva e globale dell'area, in termini di raggiungimento omogeneo di risultati, utilizzo di risorse, sviluppo di progetti e professionalità;

• collegamento fra il vertice aziendale (in particolare la direzione del servizio delle professioni sanitarie), gli organi decisionali dell'area dipartimentale e le singole unità operative del dipartimento stesso. In questo modo il suo contributo è orientato, da un lato, affinché gli obiettivi e le politiche aziendali guidino effettivamente l'azione della direzione e dei professionisti del dipartimento, dall'altro affinché le esigenze e le proposte formulate da questi ultimi arrivino alla direzione del dipartimento o al vertice aziendale.

Funzioni e attività del RAD Pianificazione

• Collaborazione alla definizione degli obiettivi diagnostico-terapeutico-assistenziali in una visione dipartimentale insieme con il direttore del dipartimento

• Definizione dei criteri per la rilevazione del carico di lavoro e determinazione del fabbisogno di risorse umane a livello dipartimentale

• Definizione dell'orario di lavoro e delle assenze programmabili in collaborazione con i coordinatori delle unità operative afferenti

Gestione e organizzazione

• Attribuzione delle risorse umane alle singole unità operative sulla base di criteri verificabili e condivisione

• Definizione di criteri per la gestione della turnistica con modalità condivisa

• Definizione di criteri per la mobilità intradipartimentale ordinaria e d'urgenza, per il piano delle sostituzioni delle assenze programmabili e non, con modalità condivisa • Definizione del sistema o modello organizzativo condiviso con le unità operative

afferenti

• Predisposizione, implementazione e revisione, con modalità condivise, di strumenti uniformi per l'organizzazione delle attività all'interno del dipartimento, ad esempio: percorsi, protocolli e procedure

• Partecipazione alla predisposizione, implementazione e revisione di strumenti di lavoro interprofessionali, ad esempio protocolli

diagnostico-terapeutico-assistenziali

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la documentazione clinica

• Definizione dei criteri per il monitoraggio dei consumi e la razionalizzazione dell'utilizzo delle risorse a livello delle unità operative afferenti, con modalità condivisa

Direzione

• Promozione della creazione e mantenimento di un clima organizzativo positivo e motivante

• Gestione e prevenzione dei conflitti all'interno del dipartimento • Utilizzo della delega

• Gestione delle riunioni con i coordinatori delle unità operative afferenti al

dipartimento o con i team delle singole unità operative e partecipazione a quelle di tipo interprofessionale a livello dipartimentale o aziendale

• Svolgimento di attività di rappresentanza del dipartimento Sviluppo delle risorse umane e del servizio

Definizione dei criteri e dei percorsi per l'accoglienza e

l'inserimento di professionisti di nuova acquisizione

• Coordinamento a livello dipartimentale delle iniziative di formazione e aggiornamento

• Coordinamento a livello dipartimentale delle attività di tirocinio degli studenti • Coordinamento a livello dipartimentale di iniziative di ricerca e sviluppo per

l'applicazione di best practice

• Promozione e facilitazione dello sviluppo delle competenze delle risorse umane

Valutazione e controllo

• Definizione (o partecipazione a progetti aziendali per la definizione) dei criteri per il monitoraggio, la valutazione, la promozione dell'efficacia, efficienza,

appropriatezza e sicurezza del servizio

• Definizione (o partecipazione a progetti aziendali per la definizione) dei criteri per la valutazione, il monitoraggio, e il miglioramento della soddisfazione delle persone assistite

• Definizione (o partecipazione a progetti aziendali per la definizione) dei criteri per la valutazione delle performance e delle competenze dei team afferenti al

dipartimento

• Collaborazione alla gestione di procedimenti disciplinari

• Definizione (o partecipazione a progetti aziendali per la definizione) dei criteri per la valutazione e monitoraggio dei servizi in appalto

• Vigilanza sul rispetto delle normative vigenti in materia di sicurezza sul lavoro e sull'implementazione delle procedure aziendali

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2) Le funzioni del dirigente delle professioni sanitarie

Ciò che maggiormente caratterizza questo ruolo è lo svolgimento delle funzioni di pianificazione, gestione, organizzazione, direzione, sviluppo delle risorse umane e del servizio, valutazione e controllo. La peculiarità che caratterizza la posizione è la

partecipazione al governo dell'azienda sanitaria. Variamente regolamentata dalle aziende, tale partecipazione si esprime principalmente nell'attività di co-direzione insieme agli altri direttori (sanitario, amministrativo e sociale) che compongono la direzione strategica, sotto la guida del direttore generale. I regolamenti aziendali sono piuttosto differenti ed

esprimono con visioni diversificate la posizione assunta dal dirigente delle professioni sanitarie. Nella maggior parte delle situazioni è un infermiere con titoli professionali e di studio in campo manageriale sempre in materie gestionali ed esperienza pluriennale nel coordinamento e direzione dei servizi sanitari. Essendo esperto nel coordinare o dirigere i servizi che il più delle volte assorbono il numero maggiore di risorse umane, e abituato ad avere rapporti con altre funzioni per i problemi relativi alla gestione delle altre risorse, il dirigente delle professioni sanitarie può dare un contributo insostituibile a una

considerazione olistica del sistema e alla creazione di sinergie fra le sue componenti. Inoltre, la sua partecipazione alla direzione aziendale può garantire al servizio e alle professioni che dirige, significativi vantaggi in termini di rappresentatività e visibilità. I diversi organigrammi aziendali vedono il dirigente delle professioni sanitarie principalmente collocato:

• allo stesso livello del direttore amministrativo, sanitario e sociale, a comporre la direzione strategica sotto la guida del direttore generale;

• in line al direttore sanitario; • in staff al direttore generale.

Le diverse collocazioni consentono margini di azione diversi, più o meno ampi, con opportunità decisionali e di esercizio autonomo differenti, ma è possibile che le capacità personali di leadership possano agire a compensazione di margini ridotti e previsti dai regolamenti.

Gli ambiti di attività sono orientati a contribuire a processi decisionali per: • influenzare politiche e strategie complessive dell'azienda,

• definire la mission aziendale e del proprio servizio, • delineare la visione aziendale e del proprio servizio,

• gestire le risorse finanziarie con appropriatezza, efficacia ed efficienza, • prevedere e gestire cambiamenti culturali, professionali e organizzativi, • implementare nuovi modelli, metodi e strumenti per lo sviluppo

dell'organizzazione, delle professioni e del servizio offerto,

• pianificare le attività complessive e l'articolazione dei processi organizzativi sul lungo e medio periodo,

• promuovere lo sviluppo di un'organizzazione orientata alla sicurezza e qualità nell'erogazione dei servizi,

• sviluppare e mantenere relazioni con la comunità sociale di riferimento.

Le varie posizioni manageriali illustrate non rendono certo giustizia della complessità del lavoro che chi è impegnato in tali funzioni deve affrontare ogni giorno. Le sfide future

(16)

sono legate:

1. alla costruzione di ruoli gestionali “condivisi” fra le ventidue professioni, facendo tesoro dell'esperienza di quelle più esperte nell'area manageriale, come quella infermieristica e dell'innovazione che possono portare quelle più “giovani” sul tema. L'identità comune è da intendersi legata alla posizione gestionale e non a quella clinica di appartenenza e non vuole essere vista come una “commistione” o un livellamento delle competenze specifiche di ogni professione, ma di una uniformità di azioni nell'area della gestione dei processi, dei metodi e strumenti manageriali che possono essere condivisi;

2. allo sviluppo di competenze clinico-gestionali veramente integrate e in grado di fare la differenza.

Da sempre uno dei dibattiti è sul quanto, come e dove debbano essere presenti e utilizzate le competenze cliniche in chi svolge attività gestionali in organizzazioni ad alta

specializzazione come la sanità. L'orientamento è quello di mantenere le competenze cliniche in una misura funzionale all'organizzazione e alla professione rappresentata. Tali competenze devono servire a leggere e influenzare i processi, in previsione degli esiti. Seguendo la suddivisione proposta da Donabedian (1990) sulle tre dimensioni della qualità dell'assistenza (struttura, processo, esito) possiamo dire che la competenza gestionale serve a governare principalmente gli aspetti legati alla struttura e ai processi, mentre quella clinica a presidiare gli esiti del servizio offerto. Quest'ultimo aspetto, ovvero quello dell'attenzione agli esiti dovrebbe avvenire ad ogni livello, sia clinico che gestionale, pur con le diverse specificità e funzioni.

Dirigente delle professioni sanitarie Pianificazione

• Contributo alla definizione della missione vision aziendali • Contributo alla definizione delle strategie e politiche aziendali • Definizione delle strategie e obiettivi del servizio

• Contributo alla definizione del budget complessivo del servizio

• Collaborazione alla definizione dei piani strategici di sviluppo aziendale

• definizione dei parametri per la determinazione della tipologia quali-quantitativa di risorse umane necessarie per realizzare gli obiettivi aziendali e del servizio delle professioni sanitarie

• Definizione del sistema o modello organizzativo

• Definizione dei criteri per la valutazione delle performance e delle competenze dei professionisti

• Collaborazione alla definizione dei criteri per il conferimento degli incarichi organizzativi

Gestione e organizzazione

• Assegnazione degli obiettivi ai coordinatori di dipartimento

• Assegnazione delle risorse umane ai dipartimenti sulla base della pianificazione e obiettivi aziendali nonché dei parametri definiti

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• Promozione dell'applicazione dei modelli e criteri definiti di gestione del servizio • Definizione di parametri complessivi per la gestione della turnistica, della mobilità,

del piano delle sostituzioni

• Gestione delle risorse finanziarie assegnate

• Sostenere l'implementazione di nuovi modelli, metodi e strumenti per lo sviluppo dell'organizzazione delle professioni e del servizio

• Contribuire alla gestione delle relazioni sindacali relative all'area di riferimento • Definizione e predisposizione della documentazione a supporto di incontri e

riunioni dei quali è responsabile

• Sostegno a progetti di riorganizzazione e innovazione del servizio

Direzione

• Partecipazione al governo e direzione dell'azienda

• Creazione e mantenimento di un clima organizzativo positivo e motivante che sostenga la retention delle risorse umane

• Rappresentanza delle professioni coinvolte nel servizio

• Promozione dei cambiamenti culturali, professionali e organizzativi

• Rappresentanza del servizio nei rapporti con le autorità e le comunità locali, organizzazioni sindacali , etc.

• Gestione delle riunioni con i coordinatori dei dipartimenti o delle unità operative e partecipazione a quelle di tipo interprofessionale a livello dipartimentale o

aziendale

• Adozione di una leadership situazionale che prediliga stili supportivi che consentano la prevenzione e la gestione dei conflitti

Sviluppi delle risorse umane e del servizio

• Definizione degli obiettivi strategici, criteri, percorsi, priorità per l'inserimento, lo sviluppo, la retention delle risorse umane

• Definizione dei criteri per la valutazione delle risorse umane

• Identificazione delle sedi e modalità per l'accreditamento o convenzioni per lo svolgimento dei tirocini degli studenti

• Promozione, supervisione e valutazione di iniziative di ricerca e sviluppo per l'applicazione di best practice

Valutazione e controllo

• Verifica del rispetto dei parametri e criteri utilizzati per l'assegnazione e la gestione delle risorse umane

• Valutazione dell'applicazione dei criteri per il monitoraggio, la valutazione, la promozione dell'efficacia, efficienza, appropriatezza e sicurezza del servizio e aziendali

• Valutazione dell'applicazione dei criteri per la valutazione, monitoraggio e miglioramento della soddisfazione delle persone assistite

• Definizione dei criteri per la valutazione delle performance e delle competenze dei professionisti.

(18)

ORGANIZZAZIONE DEL SERVIZIO SANITARIO IN

TOSCANA

Il sistema sanitario della regione Toscana è stato interessato da una profonda

riorganizzazione, approvata dal Consiglio regionale con la legge n.84 del 28 dicembre 2015.

Dal 1° gennaio 2016 sono costituite le tre grandi nuove Aziende Usl, una per ciascuna area vasta, che accorpano le 12 precedenti.

• Azienda Usl Toscana centro (ex Asl 3 di Pistoia, 4 di Prato, 10 di Firenze e 11 di Empoli)

• Azienda Usl Toscana nord-ovest (ex Asl 1 di Massa e Carrara, 2 di Lucca, 5 di Pisa, 6 di Livorno e 12 di Viareggio)

• Azienda Usl Toscana sud-est (ex Asl 7 di Siena, 8 di Arezzo e 9 di Grosseto) Il sistema sanitario è disciplinato dalla legge regionale del 24 febbraio 2005, n.40 e successive modifiche ed integrazioni.

La programmazione sanitaria regionale è declinata nel rispetto dei programmi generali di seguito riportati:

• Programma di governo regionale vigente; • Programma regionale di sviluppo vigente.

Il vigente Piano sanitario sociale Integrato è stato approvato da parte del Consiglio regionale con Delibera n.91 del 05/11/2014.

il Piano Sanitario e Sociale Integrato Regionale costituisce lo strumento della

programmazione regionale in materia sanitaria, socio sanitaria e sociale, ai sensi degli articoli 18 della legge regionale 24 febbraio 2005,40 (Disciplina del Servizio Sanitario Regionale) e 27 della legge regionale 24 febbraio 2005,41 (Sistema Integrato di interventi e servizi per la tutela dei diritti di cittadinanza sociale), come modificati dalla l.r. 60 del 10 novembre 2008 e dalla l.r. 83 del 28 dicembre 2009.

Il presente Piano assolve la funzione, prevista dal D.lgs. 502/1992 (art1, comma 13), di “piano strategico degli interventi per gli obiettivi di salute e il funzionamento dei servizi per soddisfare le esigenze specifiche della popolazione regionale, anche in riferimento agli obiettivi del Piano Sanitario Nazionale”.

Andiamo ad analizzare, mettendo in risalto gli articoli che più interessano l'organizzazione del Dipartimento Infermieristico ed ostetrico, nelle due Leggi Regionali più importanti per la Toscana.

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Legge Regionale n.40 del 24 febbraio 2005

Il merito della presente legge è di aver unificato i due principali strumenti di

programmazione sociosanitaria della Toscana, prima separati. “Piano sanitario regionale” e “Piano integrato sociale regionale” sono confluiti infatti in un unico e più efficace “Piano sanitario e sociale integrato”. Il risultato è un'azione coordinata che consente di

razionalizzare la spesa e di dare risposte unitarie che considerano la persona nella sua globalità e valorizzano le risorse, istituzionali e non, presenti nel territorio.

Un debutto assoluto sulla scena della sanità pubblica è quello delle “Società della salute”. Esse sono nate appunto per integrare le politiche sociali e sanitarie e per coordinarle con le altre politiche che vanno a incidere sulla qualità di vita della comunità e del territorio. La loro forma giuridica è quella del consorzio con due azionisti principali totalmente pubblici: le ASL e i Comuni, con la prevista partecipazione anche dei medici di base e delle

organizzazioni no-profit operanti in ambito socio-sanitario. Attraverso la formula di una <medicina territoriale> si punta a rappresentare meglio i bisogni reali della popolazione, valorizzando la comunità locale e le sue energie e riconducendo ai Comuni tutte le decisioni di natura programmatoria e gestionale riguardante la salute dei cittadini. La legge riformula poi la rete dei servizi extraospedalieri e favorisce l'assistenza domiciliare.

È previsto infine un comitato di partecipazione a cui invitare le associazioni del terzo settore, le associazioni sindacali e tutti i soggetti coinvolti nelle scelte di programmazione socio-sanitaria.

L'obiettivo ultimo è infatti di decentrare e rendere più partecipata la gestione della medicina di primo livello, rilanciando Comuni, società civile, associazioni e servizi

territoriali. Ed è il cittadino stesso, in quanto titolare del diritto alla salute e soggetto attivo del percorso assistenziale, a poter partecipare alle scelte del sistema socio-sanitario

regionale.

“Titolo v – Organizzazione

Capo III, Art. 69 bis ( Dipartimenti delle aziende unità sanitarie locali)

1. I dipartimenti sono lo strumento organizzativo ordinario di gestione delle aziende unità sanitarie locali.

2. I dipartimenti di cui al comma 1 si distinguono nei seguenti: a) dipartimenti di tipo ospedaliero;

b) dipartimenti territoriali;

c) dipartimento della medicina generale; d) dipartimenti delle professioni articolati in:

dipartimento delle professioni infermieristiche e ostetriche;

dipartimento delle professioni tecnico sanitarie e della riabilitazione e della prevenzione;

dipartimento del servizio sociale.

3. Ogni azienda unità sanitaria locale definisce con lo statuto l'organizzazione

dipartimentale, sulla base di specifici indirizzi adottati con deliberazione di Giunta regionale, sentita la commissione consiliare competente.

4. Nell'ambito di ogni dipartimento, al fine di garantire la multi professionalità, è costituito, ai sensi dell'articolo 17 bis del decreto delegato, il comitato di

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delle unità operative complesse e semplici appartenenti al dipartimento, oltre ai rappresentanti delle altre componenti professionali che partecipano ai percorsi assistenziali del dipartimento stesso. Ogni azienda unità sanitaria locale può prevedere ulteriori componenti del comitato in ragione del proprio modello organizzativo e disciplina le modalità di funzionamento attraverso un apposito regolamento.

5. Per quanto attiene il dipartimento di cui al comma 2, lettera c), i membri del comitato di dipartimento sono eletti fra i coordinatori delle AFT che al loro interno individuano una terna da proporre al direttore generale per la nomina del direttore di dipartimento.

6. Il comitato di dipartimento è un organismo collegiale consultivo con funzioni di indirizzo e di verifica, esprime i pareri previsti dallo statuto aziendale e supporta il direttore di dipartimento nel processo di negoziazione degli obiettivi di budget. I componenti del comitato rimangono in carica per lo stesso periodo di incarico del direttore di dipartimento e decadono con la nomina dei loro successori.”.

Capo III, Art 69 quinquies (Dipartimenti delle professioni).

Legge Regionale n.84 del 28 dicembre 2015 (punti salienti della riforma) • Nuovo assetto delle Aziende usl

Al centro della riforma, l'accorpamento delle aziende sanitarie, che da 12 diventano 3: Azienda Usl Toscana Centro, Azienda Usl Toscana Nordovest, Azienda Usl Toscana Sudest.

Nulla cambia, invece, per le quattro aziende ospedaliero-universitarie: AOU Careggi, AOU Meyer, AOU Pisana e AOU Senese.

La riduzione da 12 a 3 Asl è dettata da molteplici necessità: uniformare la sanità in Toscana nell'organizzazione e nelle risposte ai bisogni della popolazione; evitare duplicazioni e sprechi; realizzare economie di scala. Il tutto si traduce in un recupero di risorse da investire in sanità.

• Nuovo modello di programmazione

Si rafforza la programmazione a livello di area vasta, che assume un ruolo fondamentale per garantire le opportune sinergie e l'integrazione delle attività di programmazione della Azienda unità sanitaria locale e dell'Azienda Ospedaliero-universitaria; questo, grazie ai Dipartimenti interaziendali, strumento organizzativo a supporto della programmazione coordinata.

• Organizzazione del territorio

La grande novità di questa riforma è proprio la rilevanza che viene data al territorio. A fianco della riduzione delle Asl, infatti, è stato deciso il potenziamento delle zone distretto. La programmazione sanitaria sarà di competenza delle zone distretto, che entro 6 mesi saranno riviste per confini e numero.

(21)

Dipartimento delle professioni sanitarie

Istituzione dei dipartimenti delle professioni sanitarie (infermieristico-ostetriche, sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione, del servizio sociale) per la valorizzazione delle competenze delle relative figure professionali.

“Capo VII, art. 38 (Collegio di direzione delle aziende sanitarie)

1. In ogni azienda sanitaria è costituito il collegio di direzione, di cui la direzione aziendale si avvale per la programmazione e la valutazione della attività tecnico-sanitarie e di quelle ad alta integrazione sanitaria con particolare riferimento alla appropriatezza dei percorsi diagnostico-assistenziali; il collegio di direzione concorre alla formulazione dei programmi di formazione, di ricerca e innovazione, delle soluzioni organizzative per lo svolgimento delle attività libero-professionali intramuraria e alla valutazione dei risultati conseguiti rispetto agli obiettivi clinici. Il collegio di direzione supporta la direzione aziendale nell'adozione degli atti di governo clinico dell'azienda con modalità disciplinate dallo statuto; la disciplina prevede la convocazione periodica dell'organismo da parte del direttore sanitario, provvedimenti soggetti a parere, le modalità di partecipazione del collegio di direzione all'azione di governo.

2. Il collegio di direzione è composto da: a) Il direttore sanitario, che lo presiede; b) i vice presidenti del consiglio dei sanitari;

c) i direttori dei dipartimenti, di cui all'articolo 69 bis, comma 2;

d)i direttori infermieristico e tenico sanitario di cui all'articolo 69 quinquies comma 5;

e) un medico di medicina generale eletto fra i coordinatori delle aggregazioni funzionali territoriali (AFT) di cui all'articolo 1 del decreto-legge 13 settembre 2012, n.158.

3. Nelle aziende sanitarie locali fanno parte del collegio di direzione anche i

coordinatori sanitari ed i coordinatori sociosanitari di zona di cui all'articolo 64.2, comma 4, ed i direttori di presidi ospedalieri.

4. Nelle aziende ospedaliero-universitarie i membri di cui al comma 2, lettere b) e c), sono complessivamente in numero uguale per le componenti universitaria ed ospedaliera.

5. Alle sedute del collegio di direzione partecipano altresì il direttore amministrativo e il farmacista incaricato dal direttore sanitario del coordinamento e

dell'integrazione a livello aziendale delle politiche del farmaco.”.

“Capo XIII, art. 69 (Dipartimenti delle professioni; inserimento dell'articolo 69 quinquies nella L.R. 40/2005)

Dopo l'articolo 69 quater della l.r. 40/2005 è inserito il seguente: Art. 69 quinquies Dipartimenti delle professioni.

1. Presso ogni azienda unità sanitaria locale sono costituiti: a) il dipartimento delle professioni infermieristiche e ostetriche;

b) il dipartimento delle professioni tecnico sanitarie e della riabilitazione e della prevenzioni;

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c) il dipartimento del servizio sociale.

2. I dipartimenti di cui al comma 1, hanno funzioni di tipo programmatorio e funzioni di tipo gestionale allocativo e operativo. Essi, all'interno delle aree organizzative di presidio e delle unità funzionali dei distretti e della prevenzione, organizzano e gestiscono le attività e le risorse assistenziali e umane nel rispetto delle linee guida generali e della programmazione della direzione aziendale.

3. Per le finalità, di cui al comma 2, il dipartimenti delle professioni infermieristiche e ostetriche, il dipartimento delle professioni tecnico sanitarie e della riabilitazione e della prevenzione promuovono:

a) le integrazioni e le sinergie necessarie allo sviluppo delle risorse professionali ed il loro impiego più efficiente ed appropriato;

b) le responsabilità ed autonomia professionale nei percorsi assistenziali e nel processo di presa in carico del paziente;

c) la valorizzazione delle competenze di base e specialistiche, anche attraverso la formazione permanente e la ricerca, e dei componenti le equipe assistenziali; d) le relazioni con gli altri dipartimenti aziendali nel rispetto dei diversi mandati. 4. Per le finalità di cui al comma 2, il dipartimento del servizio sociale:

a) svolge funzioni di coordinamento tecnico-scientifico;

b) assicura la diffusione delle conoscenze e l'applicazione di standard qualitativi nella pratica professionale;

c) promuove, collabora e sostiene le attività di formazione e aggiornamento.

5. Il direttore del dipartimento delle professioni infermieristiche e ostetriche e del

dipartimento delle professioni tecnico-sanitarie e della riabilitazione e della prevenzione è nominato dal direttore generale, su proposta del direttore sanitario, tra i dirigenti con incarico di direzione delle unità operative complesse aggregate nel dipartimento; il direttore del dipartimento rimane titolare della unità operativa complessa cui è preposto.

6. Il dipartimento del servizio sociale è diretto dal direttore dei servizi sociali.”.

• Riordino della rete ospedaliera

Rete ospedaliera riordinata, valorizzando le specificità di ciascun presidio, con la garanzia di un coordinamento forte tra i vari presidi.

(23)

CAPITOLO 2

L'INGRESSO IN AZIENDA OVVERO IL RECLUTAMENTO,

LA SELEZIONE, L'ACCOGLIMENTO E L'INSERIMENTO

DEL PERSONALE

INTRODUZIONE

Uno dei principali aspetti della razionalizzazione che da alcuni decenni si sta tentando di attuare nella Pubblica Amministrazione è rappresentato da una maggiore attenzione alle risorse umane, di cui è sempre più chiaro il ruolo strategico per l'erogazione di servizi di qualità. Un sistema gestionale che assicuri una dotazione di risorse umane competenti e motivate è particolarmente necessario nelle aziende sanitarie, dato il valore che la popolazione attribuisce alla tutela della salute.

Una funzione molto importante del management, soprattutto per le figure come l'infermiere dirigente e l'infermiere coordinatore, è la gestione del personale. Si inizia trattando temi quali il reclutamento, la selezione, l'accoglimento e l'inserimento degli operatori, ovvero le tappe di un percorso di ingresso in azienda finalizzato a ottenere la loro integrazione nell'organizzazione in tempi accettabili.

Tutto il processo può essere organizzato in modo razionale, per inserire “la persona giusta al posto giusto”, oppure essere abbandonato a se stesso, in balia dell'iniziativa delle singole persone. Nel primo caso si cerca di fare in modo che le risorse umane siano valorizzate fin dall'inizio e che il nuovo personale rappresenti un'occasione di crescita globale per

l'azienda. Nel secondo caso è possibile che si riesca in qualche modo a far assorbire il nuovo arrivato nell'organizzazione, ma non si ottiene il massimo beneficio per entrambe le parti e non si modificano gli equilibri preesistenti, che spesso dovrebbero invece essere migliorati.

IL RECLUTAMENTO

Il reclutamento è la procedura con la quale un'azienda chiama del personale a far parte del suo organico esprimendo con le debite modalità la propria domanda di lavoro. Per fare questo l'azienda entra in contatto con il mercato del lavoro, sia esterno che interno alla sua organizzazione: è importante che a tale scopo si attivi una ricerca che utilizzi più mezzi possibile. Un reclutamento efficace permette di far conoscere a un certo numero di persone una determinata posizione di lavoro spiegando le ragioni per cui va considerata attraente. Le organizzazioni che offrono servizi sanitari dovrebbero curare molto la procedura di acquisizione di nuovi elementi perché da essa dipende il necessario ricambio del personale, con ricadute sulla qualità dell'intero servizio. Il processo del reclutamento richiede

necessariamente di avere ben chiaro:

• chi si sta cercando e per quale posto;

• quanto grande deve essere il numero degli interessati; • come fare a scegliere “la persona giusta”.

(24)

Il secondo punto merita una precisazione: più è grande il numero delle persone interessate a una determinata posizione di lavoro, più sarà facile individuare la persona giusta; va però tenuto presente che tanto più grande è il numero dei candidati, tanto maggiori saranno i costi della selezione.

Le procedure di reclutamento delle aziende pubbliche sono soggette a una normativa moto rigida: le tappe dell'indizione del concorso o della pubblicazione dell'avviso di assunzione sono prefissate e regolate per legge; la pubblicità del bando è affidata ai mezzi di

comunicazione ufficiali rappresentati dalla Gazzetta Ufficiale e dall'Albo dell'azienda. Circa le modalità con le quali attuare il reclutamento vano tenute in considerazione le differenze tra il ricorso al mercato del lavoro esterno e a quello interno, cioè alle figure professionali che sono già presenti nell'azienda, e che potrebbero essere spostate da una posizione lavorativa a un'altra, attuando la cosiddetta mobilità interna. Il mercato esterno ha una maggiore potenzialità di offerta, potendo contare si in numero elevato di persone con determinate caratteristiche; tuttavia, i costi necessari per raggiungerle e possibilmente convincerle a fare domanda di assunzione sono considerevoli. Il mercato interno, al contrario, offre una minor quantità di persone potenzialmente interessate, ma a costi di contatto sensibilmente inferiori.

Nelle aziende sanitarie, soprattutto pubbliche, si ricorre tradizionalmente al mercato del lavoro esterno per le posizioni alla base della piramide organizzativa; coloro che le ricoprono fanno poi una carriera interna molto legata all'anzianità di servizio. Si è tuttavia iniziato ad avvalersi del mercato esterno per le posizioni apicali, a cominciare dal direttore generale, in base alle disposizioni di legge sul riordino del sistema sanitario. Altrettanto si sta facendo relativamente alla dirigenza infermieristica e di altre professioni, poiché la legge 251/2000 stabilisce che il dirigente possa essere nominato dal direttore generale, che lo sceglie, con un'idonea procedura, tra i candidati in possesso di requisiti di esperienza e qualificazione professionale predeterminati.

Per questo e per altri posti considerati di particolare importanza, è bene sottolinearlo, l'azienda dovrebbe attuare una politica di ricerca atti va dei candidati più idonei mostrando la propria attrattività, fondata per esempio sulle possibilità di studio e di ricerca.

La persona giusta al posto giusto

Qualsiasi azienda, incluse quelle sanitarie, dovrebbe tendere ad assumere solo il personale di cui ha bisogno, in possesso delle caratteristiche più adatte al ruolo individuato. Non è quindi pienamente razionale assumere “qualifiche”, anziché le persone più adatte per una determinata posizione: l'infermiere per l'unità operativa di rianimazione, il coordinatore per l'ortopedia, l'ausiliario per la psichiatria ecc.

Ogni infermiere dirigente o coordinatore sa che è necessario un periodo di tempo

relativamente lungo per addestrare e preparare infermieri di unità coronarica o di terapia intensiva o di sala operatoria e di molte altre unità operative. Sarebbe dunque preferibile assumere personale già preparato per il posto che dovrà ricoprire, richiedendo per esso uno specifico candidato. Pur con i vincoli esistenti, è necessario attivare tutti gli strumenti possibili per migliorare questa fase gestionale, incluso il coinvolgimento del responsabile dell'unità organizzativa presso la quale la persona che sarà assunta dovrà prestare la propria opera.

Conoscere le persone

L'assunzione della persona giusta per collocarla al posto giusto richiede anzitutto la conoscenza di coloro che si vorrebbero assumere. Per rendere più efficace la selezione,

(25)

prima dell'assunzione può essere messo in atto un sistema di raccolta dei dati relativi ai candidati, in particolare delle loro esperienze formative e lavorative. A tale scopo si possono elaborare alcuni moduli da compilare in modo omogeneo per evitare la dispersione delle informazioni. I moduli di domanda dovrebbero prevedere notizie su:

• livello di formazione posseduto; • esperienze lavorative;

• impegno in organizzazioni professionali;

• partecipazione a corsi e convegni di aggiornamento; • sviluppi in carriera;

• eventuali incarichi speciali;

• referenti per la richiesta di ulteriori informazioni.

I moduli suddetti potrebbero essere conservati in un apposito archivio, in modo da poter attingere facilmente a una determinata rosa di nominativi in relazione alle particolari esigenze dell'azienda: infermieri con un certo tipo di esperienza, infermieri con abilità didattiche, infermieri neolaureati ecc.

L'analisi della posizione organizzativa

Parallelamente alla conoscenza delle persone su cui contare, bisogna chiarire bene le caratteristiche della posizione che queste persone dovranno ricoprire. Le posizioni sono le unità elementari dell'organizzazione: sono posizioni l'infermiere di una determinata unità operativa, di un ambulatorio, di una sala operatoria ecc. Ogni posizione possiede fattori che determinano la sua funzione e il suo contributo all'attività complessiva dell'azienda. I fattori sono:

1. la mission, cioè lo scopo per cui la posizione esiste; 2. l'area di responsabilità, ossia ciò di cui risponde;

3. le attività e i compiti per conseguire tale scopo e ottemperare a tali responsabilità; 4. gli obiettivi specifici assegnati alla posizione;

5. le risorse necessarie, in linea con tali obiettivi.

Può essere considerata un'analisi della posizione la job description sotto riportata, relativa all'infermiere esperto in wound care, cioè nella prevenzione/trattamento di ulcere da pressione e di altre lesioni cutanee.

Esempio di job description – infermiere esperto in wound care Interfaccia a monte:

• Dirigente infermieristico di U.O. Afferente. Interfaccia a valle:

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