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Valutazione della dispnea nel bambino e nel giovane adulto con particolare riguardo alla componente psichiatrico-funzionale. Protocollo di ricerca P.E.T.A.R.D. Pediatric Epidemiology of Territorial Anxiety-Related Respiratory Disorders

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Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale

Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia

VALUTAZIONE DELLA DISPNEA NEL BAMBINO E NEL GIOVANE

ADULTO CON PARTICOLARE RIGUARDO ALLA COMPONENTE

PSICHIATRICO-FUNZIONALE

PROTOCOLLO DI RICERCA P.E.T.A.R.D.

Pediatric Epidemiology of Territorial Anxiety-Related Respiratory

Disorders

Relatore:

Chiar.mo Prof. Diego Peroni

Correlatrice:

Dott.ssa Alessandra Iacono

Candidato:

Chiara Dalle Vedove

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INDICE

1. ABSTRACT ... 4

2. DISPNEA: DEFINIZIONE ... 6

2.1 PATOGENESI DELLA DISPNEA ... 6

2.1.1 Impulsi motori afferenti: muscoli respiratori ... 8

2.1.2 Recettori della parete toracica e recettori vagali polmonari ... 9

2.1.3 Impulsi sensoriali afferenti: chemocettori ... 9

2.1.4 Integrazione: alterazione dell’equilibrio tra impulsi efferenti e afferenti ... 10

2.1.5 Influenze psicologiche ... 11

2.2 CLASSIFICAZIONE ... 11

2.3 EZIOLOGIA ... 12

2.3.1 Dispnea da alterazioni dell’apparato respiratorio ... 13

2.3.2 Dispnea da alterazioni dell’apparato cardiovascolare ... 14

2.3.3 Altre cause ... 14

2.4 VALUTAZIONE DELLA DISPNEA ... 16

2.5 TERAPIA ... 17

3. PEDIATRIC “DYSFUNCTIONAL BREATHING” ... 18

3.1 Meccanismi del respiro disfunzionale ... 20

3.2 Eziologia del respiro disfunzionale ... 21

3.3 Prevalenza ... 22

3.4 Clinica ... 23

3.5 Diagnosi ... 24

3.6 Comorbidità e diagnosi differenziale ... 27

3.7 Trattamento ... 28

4. LE SINDROMI RESPIRATORIE DISFUNZIONALI IN ETA’ PEDIATRICA .... 29

4.1 Disfunzione delle corde vocali ... 29

4.2 Sindrome da Iperventilazione ... 32

4.3 Starnutazioni parossistiche ... 33

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4.6 Dispnea psicogena ... 35

5. RAZIONALE DELLO STUDIO ... 36

6. ETICA ... 37

7. OBIETTIVI DELLO STUDIO ... 37

7.1 Obiettivi primari ... 38

7.2 Obiettivi secondari ... 38

8. MATERIALI E METODI ... 38

8.1 Disegno dello studio ... 38

8.2 Popolazione dello studio ... 38

8.2.1 Criteri di inclusione ... 38

8.2.2 Criteri di esclusione ... 38

8.3 Raccolta dati ... 39

8.4 Metodologia statistica ... 41

8.4.1 Identificazione dei sottogruppi ... 41

8.4.2 Analisi dei dati ... 41

9. RISULTATI ... 43 10. DISCUSSIONE ... 55 11. CONCLUSIONI ... 60 12. ALLEGATI ... 62 13. Bibliografia ... 70 14. Ringraziamenti………76

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1. ABSTRACT

Premessa. Le sindromi respiratorie disfunzionali rappresentano patologie piuttosto comuni in età pediatrica e comprendono una serie di entità cliniche a cavallo tra la sfera organica, emozionale e funzionale, spesso associate ad altri disturbi psicosomatici o di conversione1. Frequentemente mis-diagnosticate sono responsabili di un sostanziale carico

di morbilità2 ed è comprensibile come, per la natura stessa di queste manifestazioni, si sia

postulata ed osservata una possibile associazione con patologia psichiatrica e in particolare con il disturbo d’ansia3-7. La prevalenza del respiro disfunzionale nella

popolazione pediatrica generale non è chiara8, sembra però che l’incidenza inizi ad

aumentare nella tarda infanzia raggiungendo il picco nell’adolescenza e, in alcune coorti di pazienti, è stata osservata una prevalenza nel genere femminile.8 L’importanza di

conoscere la prevalenza del respiro disfunzionale nei pazienti pediatrici e di identificare dei fattori di rischio per questa condizione è imperativa, non solo per ridurre i costi di gestione delle patologie respiratorie funzionali, razionalizzando le risorse in termini di percorso diagnostico e ottimizzazione della terapia, ma anche per garantire un miglior controllo dei pazienti realmente affetti da quadri organici, in cui il respiro disfunzionale mina un controllo efficace della sintomatologia riducendo la qualità di vita del paziente ed esponendolo a provvedimenti clinico-terapeutici non necessari.

Scopi dello studio. Il presente studio si è proposto di quantificare la componente funzionale negli episodi dispnoici del paziente pediatrico, ricercando elementi che aiutino a enucleare le malattie croniche suscettibili di terapie modificanti il decorso clinico, prima tra tutte l’asma, da stati ansioso-depressivi e quadri funzionali. Inoltre, abbiamo valutato la qualità della vita dei pazienti con possibile disturbo del respiro disfunzionale e disturbo d’ansia.

Pazienti e metodi. Sono stati arruolati 32 pazienti, 24 femmine (75%) (età media 14.9 ± 2.5) e 8 maschi (25%) (età media 13.5±1.9) presentatesi presso il Pronto Soccorso Pediatrico dell’Azienda Ospedaliero – Universitaria Pisana per un quadro dispnoico, acuto o cronico.

Risultati. I pazienti con un punteggio al questionario di Nijmegen (NQ) ³23 (n = 13) avevano un’età media di 16 ± 0.3 anni mentre quelli con NQ score <23 (n = 19) un’età media 13 ± 0.5; tra le età dei due gruppi è stata evidenziata una differenza statisticamente significativa (p<0.001). Confrontando il punteggio ottenuto all’NQ e quello del questionario Scared, i pazienti che avevano ottenuto un NQ score ≥23 (n=13) avevano

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anche ottenuto un punteggio totale medio più alto al questionario Scared pari a 36 ± 12.2 rispetto al punteggio totale medio pari a 22.6 ± 8.7 ottenuto dai pazienti con NQ<23 (n=19) ed è stata evidenziata una differenza statisticamente significativa (p=0.001).

A distanza di 12 mesi abbiamo cercato di valutare la qualità della vita dei pazienti attraverso la somministrazione del questionario Kindl e abbiamo confrontato i dati relativi ai tre questionari. I soggetti con NQ score ≥23, mostrano punteggi medi significativamente più bassi (77.5 ± 11.55) nel questionario Kindl rispetto ai pazienti con NQ<23 (86.6 ± 10.6) con una differenza statisticamente significativa (p-value 0.027). Infine, abbiamo attestato che tutti i pazienti con NQ≥23 avevano anche patologie respiratorie associate.

Conclusioni. I risultati del presente studio confermano che i disturbi del respiro disfunzionale sono più frequenti nel sesso femminile e durante l’adolescenza coesistendo spesso con disturbi di natura psichiatrica quali il disturbo di panico e il disturbo d’ansia generalizzato. Tutti i pazienti con disturbi del respiro disfunzionale presentavano anche patologie respiratorie di natura organica associate, a dimostrazione che spesso i due disturbi coesistono nello stesso paziente rendendo difficile la diagnosi e determinando ritardi nell’inizio di un adeguato percorso terapeutico. Per tale motivo sarà di fondamentale importanza creare dei percorsi terapeutici multidisciplinari appropriati al fine di migliorare la qualità di vita di questi pazienti ed evitare così la compromissione di un normale sviluppo psicosociale che potrebbe avere delle ripercussioni importanti anche in età adulta.

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2. DISPNEA: DEFINIZIONE

Secondo la definizione dell’American Thoracic Society “dispnea” è il termine utilizzato per definire “un’esperienza soggettiva di respirazione difficoltosa che consiste in sensazioni qualitativamente distinte che variano in intensità. Tale esperienza deriva da interazioni tra multipli fattori fisiologici, psicologici, sociali e ambientali e può indurre risposte secondarie di tipo fisiologico e comportamentale”. La definizione della dispnea dell’American Thoracic Society sottolinea inoltre che molto spesso tali sensazioni non ricorrono in maniera isolata e che variano nella loro spiacevolezza e nel loro significato sia emotivo che comportamentale.9

2.1 PATOGENESI DELLA DISPNEA

La sensazione della dispnea sembra trarre origine dall’attivazione dei sistemi sensoriali coinvolti nella respirazione nonostante i meccanismi neurofisiologici che danno origine alla percezione della dispnea non siano ancora del tutto chiari. Si ritiene che la sensazione di disagio associata alla dispnea comprenda due componenti principali: la “fame d’aria” e una “sensazione di sforzo eccessivo” associati alla respirazione. Una terza qualità del discomfort respiratorio che spesso viene riferita, più comunemente da soggetti asmatici, è il “senso di oppressione toracica”.

Come tutte le sensazioni, l’esperienza della dispnea deriva da cambiamenti nell’attività neuronale all’interno delle strutture corticali e subcorticali dell’encefalo coinvolte nella percezione. Le informazioni afferenti correlate alla respirazione provenienti dalle vie aeree superiori, dai polmoni, dalla gabbia toracica, dai chemorecettori e da altri segnali come per esempio dal sistema cardiovascolare forniscono numerosi output periferici correlati al corretto funzionamento del sistema cardiorespiratorio. Tali informazioni vengono integrate dai circuiti centrali adibiti alla respirazione localizzati soprattutto a livello della corteccia cerebrale, del sistema limbico e del tronco encefalico generando gli impulsi che sottostanno alle diverse sensazioni respiratorie. Inoltre, queste esperienze sono modulate anche da input di natura sensoriale, cognitiva, emotiva che vanno a formare circuiti neuronali altamente complessi e specializzati.

Il fatto che la dispnea possa insorgere in situazioni con o senza deficit degli scambi respiratori e in presenza o assenza di meccanismi respiratori alterati sottolinea la complessità di questo sintomo. Inoltre, poiché la dispnea rappresenta una percezione, lo

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studio dei meccanismi alla base è limitato dalla difficoltà di misurare un’esperienza soggettiva e dall’attività neuronale che ne è alla base.

Grazie all’utilizzo di neuroimaging funzionale, in particolare PET e ƒRMI, è stata dimostrata l’attivazione delle strutture limbiche e para limbiche, soprattutto la corteccia insulare anteriore, il giro cingolato anteriore, l’amigdala e il cervelletto10, le stesse che si

attivano per stimoli quali la paura, la fame e la sete coerente con l’idea che la dispnea sia un’esperienza primaria associata ad un comportamento inteso a contrastare una possibile minaccia alla sopravvivenza. Inoltre, l’attivazione di queste aree ci fa capire come la dispnea abbia una forte componente emotiva11. Ci sono buone prove che sembrano

confermare come la sensazione di “fame d’aria” dipenda in larga misura dal grado di stimolazione di neuroni specializzati presenti nel tronco encefalico.

Le informazioni sensoriali sono, a loro volta, trasmesse ai centri cerebrali superiori dove l'elaborazione centrale dei segnali respiratori e le influenze cognitive e comportamentali modellano la massima espressione della sensazione evocata. I sistemi omeostatici coinvolti nella regolazione della respirazione forniscono un quadro per cercare di comprendere i meccanismi alla base della dispnea9.

Anche i soggetti normali possono avvertire sensazione di dispnea in diverse situazioni, reali o sperimentali, quali l’altitudine, manovre di restrizione dell’attività ventilatoria o di stimolazione chimica o durante situazioni stressanti che causano panico o ansia o più comunemente dall’esercizio fisico. Le sensazioni respiratorie sono la conseguenza di interazioni tra impulsi motori efferenti che, dall’encefalo arrivano ai muscoli implicati nella ventilazione, e impulsi sensoriali afferenti che provengono dai recettori distribuiti in tutto l’organismo, così come dei processi di integrazione di queste informazioni che si ritiene avvengano a livello cerebrale12.

Figura 1.1. Meccanismi patogenetici alla base della dispnea. Le informazioni afferenti dai recettori

del sistema respiratorio vengono inviate alla corteccia sensoriale e, allo stesso tempo, ai centri respiratori superiori. La corteccia motoria rispondendo agli impulsi del centro di controllo invia messaggi

neuronali ai muscoli della ventilazione e impulsi paralleli alla corteccia sensoriale. Se i messaggi in entrata e in uscita non si equilibrano si ha un aumento dell’intensità della dispnea.

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2.1.1 Impulsi motori afferenti: muscoli respiratori

L’esercizio fisico è la condizione più comune in cui un soggetto normale riferisce la sensazione di dispnea. Data la complessità dei disturbi del meccanismo respiratorio durante l'esercizio, è difficile essere certi di quali alterazioni contribuiscano maggiormente alla sensazione di dispnea.11 La maggiore sensazione di sforzo respiratorio è spesso un

descrittore scelto di dispnea sia nei soggetti normali che nei pazienti con BPCO durante l'esercizio.

Studi su soggetti sani hanno dimostrato come l’aumento dello sforzo respiratorio si traduca in un aumento dei comandi motori 13. Lo sforzo richiesto per sostenere un dato

potere aumenta quanto più viene sostenuta l'attività. E’ interessante notare che lo sforzo inspiratorio non è sinonimo di pressione respiratoria. Durante l'esercizio fisico, l'impedenza respiratoria può essere sperimentalmente aumentata, con conseguente maggiore pressione e minore velocità di contrazione, oppure diminuita, con conseguente maggiore velocità di contrazione e minore pressione; sia il picco di pressione che la velocità di contrazione dei muscoli inspiratori contribuiscono alla dispnea. Quindi, la consapevolezza dello sforzo sembra essere il descrittore dominante della dispnea in più circostanze, anche se potrebbe non essere possibile equiparare la gradazione dello sforzo con la dispnea in tutte le situazioni.11 Il reclutamento potrebbe influenzare la sensazione di

discomfort respiratorio e la dispnea potrebbe essere un segnale che la gabbia toracica, i muscoli inspiratori sono stati reclutati per assistere al diaframma. Sebbene il diaframma sia reclutato progressivamente e la sua contrazione aumenta altresì progressivamente con l’esercizio o in seguito a stimoli chimici, non è reclutato con lo stesso grado dei muscoli inspiratori della gabbia toracica14.

Un’importante osservazione è che la contrazione dei muscoli inspiratori della gabbia toracica è anche correlata alla percezione dello sforzo. Un gran numero di prove indica il ruolo giocato dall’attivazione di tali muscoli nella sensazione dello sforzo nei soggetti sani: la dispnea può essere dovuta a una percezione centrale di un aumento complessivo dell'output motorio respiratorio diretto preferenzialmente ai muscoli della gabbia toracica. Quindi, un aumento dell'output centrale ai muscoli della gabbia toracica contribuisce in modo importante alla dispnea durante l'esercizio. Debolezza e affaticamento dei muscoli respiratori possono avere un ruolo nell'insorgenza della dispnea. L'intensità della dispnea è, infatti, maggiore nei pazienti con disturbi cardio-respiratori in quanto è richiesto uno

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Anche l’attivazione dei muscoli respiratori espiratori gioca un ruolo nell’insorgenza della dispnea. Dati recenti hanno riportato che anche questi muscoli vengono progressivamente attivati durante l’esercizio in soggetti sani15-18 e in pazienti con BPCO 19-21. In entrambi i soggetti la loro attivazione è potenziata da situazioni di flusso limitato.

Diversamente dal diaframma, i muscoli espiratori contribuiscono in maniera importante alla percezione della dispnea durante l’esercizio con limitazione del flusso espiratorio. Le alterazioni della pompa ventilatoria, tipicamente dovute ad un aumento delle resistenze delle vie aeree o della rigidità dell’apparato respiratorio (diminuita compliance), si associano ad un aumentato lavoro respiratorio o alla sensazione di aumentato sforzo respiratorio. Quando i muscoli sono deboli o in condizioni di fatica (es. distrofie muscolari), è richiesto un maggiore sforzo nonostante la meccanica del sistema sia efficiente.

L’aumentato impulso neuronale dalla corteccia motoria viene percepito tramite una scarica aggiuntiva che è inviata alla corteccia sensoriale contemporaneamente all’invio dell’impulso motorio ai muscoli della ventilazione.

2.1.2 Recettori della parete toracica e recettori vagali polmonari

I segnali afferenti provenienti dai meccanocettori localizzati a livello delle articolazioni, dei tendini e dei muscoli della gabbia toracica e diretti alla corteccia cerebrale sembrano giocare un ruolo importante nella modulazione della sensazione respiratoria. In particolare, è stato dimostrato che le afferenze dai muscoli intercostali proiettano alla corteccia cerebrale e contribuiscono alla propriocezione e alla cinestesia22.

2.1.3 Impulsi sensoriali afferenti: chemocettori

La dispnea è un fenomeno normale che ci protegge anche da eventuali modificazioni nella composizione dei gas respiratori. È ben noto che la dispnea intensa può essere indotta da respirare aria con alte concentrazioni di CO2 e basse concentrazioni di O2.

L’iperpnea-ipercapnica induce una sensazione soggettiva di dispnea più intensa rispetto a quella indotta dall’iperventilazione durante il normale esercizio23. La dispnea indotta

dall’ipercapnia, teoricamente, potrebbe derivare direttamente dall’attivazione dei chemocettori o, indirettamente, dall’aumento degli impulsi respiratori afferenti che a loro volta derivano dall’aumento dell’output motorio. Si pensa che la maggior parte della dispnea sia dovuta a quest’ultimo meccanismo. Infatti, in soggetti sani curarizzati

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l’aumento della PCO2 non induce la sensazione di dispnea24. In un altro studio su soggetti

sani ventilati passivamente, la dispnea è stata rilevata in risposta all’aumento della PCO2

solo dopo l’attivazione delle efferenze motorie, volendo significare che è l’attivazione delle afferenze respiratorie che determina la dispnea e non l’aumento della PCO2.

Tuttavia, ci sono prove anche da diversi altri studi che suggeriscono che l’ipercapnia può indurre dispnea indipendentemente dai cambiamenti dell’output respiratorio. Ci sono alcune evidenze secondo le quali un aumento della PCO2 attiva alcune regioni encefaliche

e che le stesse regioni sono attivate in associazione alla dispnea indotta da altri fattori. Studi di imaging funzionale con PET e fRMI hanno rivelato che l’ipercapnia induce l’attivazione di multiple aree della regione limbica, inclusa la corteccia cingolata, l’ippocampo, l’amigdala, l’insula e l’ipotalamo, ma non regioni della corteccia cerebrale coinvolte nella respirazione volontaria, come ad esempio la corteccia motoria primaria, l’area pre-motoria e l’area motoria supplementare25. Questi risultati sono coerenti con la

possibilità che la dispnea indotta dall’ipercapnia possa derivare dall’attivazione del sistema limbico direttamente o indirettamente dalle proiezioni provenienti dai chemocettori.26 La dispnea può essere generata anche dall’ipossia anche se in misura

minore. Cambiamenti nella concentrazione di ossigeno potrebbe influenzare la dispnea direttamente attraverso i chemorecettori sia in soggetti sani che con BPCO.

Diversi sono gli stimoli che attivano i chemocettori dei glomi carotidei e della componente bulbare come l’ipossiemia, l’ipercapnia acuta e l’acidemia. La stimolazione di questi recettori produce una sensazione di “fame d’aria” tipica del soggetto con dispnea. I meccanocettori polmonari, quando stimolati dal broncospasmo, inducono, invece, una sensazione di costrizione toracica. Inoltre, i recettori J, sensibili all’edema interstiziale, e i recettori vascolari polmonari, attivati dalle variazioni acute della pressione arteriosa polmonare, sembrano contribuire alla sensazione di fame d’aria. Si ritiene che i metaborecettori, localizzati a livello dei muscoli scheletrici, siano attivati dalle variazioni del substrato biochimico locale del tessuto in corso di esercizio e che, quando stimolati, contribuiscono alla difficoltà del respiro.

2.1.4 Integrazione: alterazione dell’equilibrio tra impulsi efferenti e afferenti

Una discrepanza o un disequilibrio tra il messaggio in uscita ai muscoli coinvolti nella ventilazione e l’impulso di ritorno dai recettori che monitorizzano la risposta della pompa ventilatoria aumenta l’intensità della dispnea. Ciò è particolarmente importante quando vi

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è un’alterazione meccanica della pompa ventilatoria come nell’asma o nella broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO).

2.1.5 Influenze psicologiche

L’influenza dello stato emotivo sulla percezione del sintomo dispnea nei disturbi respiratori è un argomento di grande interesse per i ricercatori e i clinici. I pazienti con patologie croniche che soffrono di dispnea spesso hanno anche ansia e depressione correlate27,28 ed è stato dimostrato che peggiorano la qualità della vita e il performance

status di questi pazienti29-31.

Gli stati emotivi possono quindi modulare la qualità e l’intensità della dispnea. L’attacco acuto d’ansia, infatti, può aumentare la gravità della dispnea, sia per alterazione dell’interpretazione delle informazioni sensoriali, sia inducendo condizioni del respiro che intensificano le alterazioni fisiologiche del sistema respiratorio32-34.

2.2 CLASSIFICAZIONE

A seconda della modalità di insorgenza la dispnea può essere classificata in acuta, subacuta e cronica.

Figura 1.2: Classificazione dispnea secondo la modalità d’insorgenza

La dispnea si può inoltre suddividere in dispnea a riposo e in dispnea da sforzo, la quale a sua volta si può distinguere a sua volta in lieve, moderata o severa in maniera inversamente proporzionale rispetto all’entità dello sforzo fisico che l’ha evocata. Quando la dispnea è presente sia a riposo che durante lo sforzo si definisce continua a causa del progressivo deterioramento della funzione cardio-respiratoria del paziente. Si parla di

ACUTA (ore/giorni) SUB-ACUTA (giorni/sett.) CRONICA (mesi/anni)

- Asma (accessionale) - Pneumotorace - Tromboembolia polmonare - Riacutizzazione di patologie croniche (BPCO) - Processo infettivo ad evoluzione lenta - Versamento pleurico - Insuff. Cardiaca congestizia - BPCO - Cardiopatie croniche - Interstiziopatie

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dispnea parossistica per indicare forme severe a presentazione accessionale di durata e frequenza variabile. Questa la si può riscontrare in diverse entità cliniche come, ad esempio, nell’asma bronchiale, nell’asma cardiaco o nel laringospasmo.

Se, invece, prendiamo in considerazione la fase del ciclo respiratorio interessata la possiamo suddividere in:

dispnea inspiratoria caratterizzata da un’inspirazione prolungata, rumorosa,

difficile associata ad un impegno dei muscoli respiratori accessori (sternocleidomastoideo, mm. scaleni, pettorali) che producono rientramenti inspiratori delle fossette sovraclaveari e degli spazi intercostali. Si ha in caso di stenosi od ostruzione delle grosse vie aeree (edema della glottide, laringospasmo, paralisi dei muscoli dilatatori della glottide, corpo estraneo a livello della glottide, compressione ab-estrinseco, paralisi dei muscoli inspiratori).

dispnea espiratoria caratterizzata da un’espirazione prolungata, difficile e

rumorosa (stridore espiratorio) con impegno dei muscoli respiratori ausiliari (soprattutto il retto dell’addome) non essendo più l’espirazione prevalentemente passiva. La si può riscontrare tipicamente nelle broncopneumopatie ostruttive come nell’asma, nella bronchite, enfisema polmonare.

dispnea mista è la forma più comune; entrambe le fasi respiratorie risultano

difficoltose, rumorose che necessitano dell’intervento dei muscoli respiratori accessori. Si verifica nelle cardiopatie scompensate ma anche nell’anemia, nelle stenosi laringo-tracheali

2.3 EZIOLOGIA

La dispnea è un sintomo eziologicamente eterogeneo potendo riconoscere cause pneumologiche, cardiologiche, ematologiche, dismetaboliche, neuro-psichiatriche e tossico-ambientali.

La dispnea è la conseguenza di alterazioni della fisiologica funzionalità del sistema cardiopolmonare. Tali alterazioni producono dispnea come conseguenza di un aumentato drive respiratorio, di un aumentato lavoro respiratorio e/o di una stimolazione dei recettori localizzati a livello del cuore, dei polmoni e dei vasi. La maggioranza delle patologie dell’apparato respiratorio sono associate ad alterazioni delle proprietà meccaniche dei polmoni o della parete toracica, spesso come conseguenza di una patologia delle vie aeree

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o del parenchima polmonare. Al contrario, le malattie cardiovascolari più comunemente provocano dispnea causando anormalità negli scambi gassosi o stimolando i recettori polmonari e/o vascolari.

2.3.1 Dispnea da alterazioni dell’apparato respiratorio

La dispnea è un segno comune a tutte le patologie dell’apparato respiratorio e si possono distinguere in:

• Patologie delle vie aeree: le più comuni patologie polmonari ostruttive, l’asma e la BPCO, sono caratterizzate da ostruzione del flusso espiratorio che, tipicamente, conduce a iperinsufflazione dinamica dei polmoni e della parete toracica. I pazienti con patologia da moderata a grave hanno un aumento del carico resistivo ed elastico sui muscoli ventilatori e del lavoro respiratorio. I pazienti con broncocostrizione acuta lamentano inoltre un senso di oppressione che può esistere anche quando la funzione polmonare è ancora nei limiti della norma. Questi pazienti comunemente iperventilano. Sia il senso di oppressione toracica, sia l’iperventilazione sono probabilmente dovuti alla stimolazione dei recettori polmonari. Sia l’asma sia la BPCO potrebbero condurre a ipossiemia e ipercapnia secondarie a squilibrio del rapporto ventilazione/perfusione; l’ipossiemia è molto più comune dell’ipercapnia come conseguenza delle diverse modalità con cui l’ossigeno e l’anidride carbonica si legano all’emoglobina. Nel paziente pediatrico oltre all’asma acuta dobbiamo prendere in considerazione anche il laringospasmo, la bronchiolite e l’inalazione di corpo estraneo e malformazioni tipo la cisti broncogena come possibili cause di dispnea acuta.

• Patologie della parete toracica: le condizioni che irrigidiscono la parete toracica come la cifoscoliosi, o che indeboliscono i muscoli respiratori come la miastenia gravis, si associano anch’esse ad un aumentato sforzo respiratorio. I versamenti pleurici massivi, inoltre, possono contribuire all’insorgenza della dispnea sia per un aumento del lavoro respiratorio sia per lo stimolo dei recettori polmonari se vi è atelettasia associata.

• Patologie del parenchima polmonare: le pneumopatie interstiziali che possono derivare da infezioni, esposizioni lavorative o disordini autoimmuni, sono associate ad aumentata rigidità dei polmoni e aumentato lavoro respiratorio. Inoltre, gli squilibri nel rapporto ventilazione/perfusione e la distruzione e/o

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l’inspessimento dell’interfaccia alveolo capillare potrebbero condurre ad ipossiemia e ad aumento del drive respiratorio. La stimolazione dei recettori polmonari potrebbe, inoltre, favorire ulteriormente l’iperventilazione.

2.3.2 Dispnea da alterazioni dell’apparato cardiovascolare

Numerose patologie a carico dell’apparato cardiovascolare sono accomunate dal sintomo dispnea, soprattutto quelle a carico del cuore sinistro quali coronaropatie e cardiomiopatie non ischemiche, che portano ad un aumento del volume e della pressione telediastolica del ventricolo sinistro e delle pressioni dei capillari polmonari. Tali pressioni elevate conducono a edema interstiziale e, di conseguenza, a stimolazione dei recettori polmonari determinando quindi difficoltà respiratoria; anche l’ipossiemia secondaria allo squilibrio del rapporto ventilazione/perfusione può contribuire a generare dispnea. Nel bambino, invece, le possibili cause cardiache da prendere in considerazione per la diagnosi differenziale di dispnea sono principalmente le aritmie, miocarditi o pericarditi ed embolia polmonare.

2.3.3 Altre cause

Patologie cerebrali come neoplasie, edema cerebrale o emorragie possono determinare dispnea neurogena per stimolazione diretta dei centri respiratori. Anche patologie neuromuscolari possono essere accompagnate da una sintomatologia dispnoica come nelle miopatie, nella miastenia. Tra le possibili cause di dispnea in età pediatrica bisogna tenere in considerazione anche patologie congenite del massiccio cranio-facciale come la Sindrome di Apert o la Sindrome di Pierre Robin. Tra le possibili cause ematologiche e dismetaboliche abbiamo invece l’anemia severa, la tireotossicosi e la sepsi. Infine, da non dimenticare le cause di natura psicologica come l’ansia, la depressione o l’attacco di panico33.

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2.4 VALUTAZIONE DELLA DISPNEA

La dispnea ha sia una componente oggettiva caratterizzata da un’anomalia ventilatoria, visualizzabile e quantificabile, sia una componente soggettiva corrispondente al disagio avvertito dal paziente.

Il grado di dispnea può essere quantificato usando specifici questionari; il metodo standard usato negli adulti è la Scala di Borg modificata (Figura 1.4) o la Scala Analogica Visiva (Figura 1.5), utilizzate per misurare la dispnea a riposo, immediatamente dopo esercizio fisico o ricordando specifici sforzi fisici riproducibili, come salire una rampa di scale. La scala analogica visiva, per esempio, è un metodo semplice che si applica principalmente nelle situazioni acute. Viene generalmente presentata come un righello con un cursore che può̀ variare tra “respiro libero e illimitato” ed “estrema mancanza di respiro”. Al paziente viene chiesto di valutare il suo grado di dispnea posizionando il cursore nel punto che sembra rappresentare meglio ciò̀ che sente. Un approccio alternativo consiste nell’indagare le attività che il paziente può eseguire per ottenere una stima della condizione di disabilità del paziente. Il Baseline Dyspnea Index e il Chronic Respiratory Disease Questionnaire sono strumenti comunemente usati a questo scopo.

Nel paziente pediatrico l’utilizzo di tali scale non è mai stato validato vista l’estrema variabilità nella percezione e nella descrizione di tali sintomi. La scala che può però essere utilizzata è la scala pittorica di Dalhouse36,37.

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Figura 1.5: Scala Analogica Visiva (VAS) della facilità respiratoria

2.5 TERAPIA

Il primo obiettivo è cercare di correggere il problema organico responsabile dei sintomi qualora si riesca ad identificare. Se ciò non è possibile bisogna mirare a ridurre l’intensità del sintomo e il suo impatto sulla qualità della vita del paziente.

La terapia sarà quindi diversa a seconda della causa che ha generato il sintomo. In un paziente con BPCO, per esempio, possono essere utili programmi di riabilitazione respiratoria38,39 che hanno dimostrato effetti positivi sulla dispnea ma anche sulla capacità

di esercizio e sulla frequenza delle ospedalizzazioni. Gli studi sull’utilizzo di ansiolitici e antidepressivi3 non hanno mostrato benefici rilevanti ma nel caso di una causa di natura

psicogena possono essere presi in considerazione così come programmi personalizzati di psicoterapia.

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3. PEDIATRIC “DYSFUNCTIONAL BREATHING”

Il “respiro disfunzionale” è una patologia comune, frequentemente mis-diagnosticata e responsabile di un sostanziale carico di morbilità. È un’entità clinica chiaramente importante come dimostrato dal fatto di essere stata inclusa nella British Thoracic Society/Scottish Intercollegiate Guidelines network (BTS/SIGN) asthma guidelines1 e

nella Global Initiative for Asthma (GINA) guideline2. Tuttavia, nessuna delle due offre

informazioni circa la natura, la diagnosi o il trattamento di questa condizione clinica; inoltre l’ambiguità nell’uso di tale termine e l’utilizzo di più termini per descrivere la stessa condizione ha ostacolato la comprensione del respiro disfunzionale e ha creato delle difficoltà oggettive nel cercare di identificarlo.

Il respiro disfunzionale è un termine globale utilizzato per descrivere le deviazioni nel normale pattern biomeccanico respiratorio che provocano sintomi intermittenti o cronici sia di natura respiratoria sia non respiratoria.40,41 E’ una condizione respiratoria che

colpisce sia i bambini che gli adulti e, sebbene descritta in maniera più esauriente negli adulti, il suo impatto non è meno significativo nei bambini. Il respiro disfunzionale ha dimostrato di avere un maggiore impatto sulla qualità della vita correlata alla salute rispetto all’asma42,43 e descrive un cambiamento nel pattern respiratorio che più

comunemente esita in dispnea44.

Può essere visto in due componenti, una del pattern respiratorio e una componente delle vie aeree superiori. Sebbene la disfunzione di ciascuna componente possa verificarsi indipendentemente dall’altra, possono essere strettamente correlate e talvolta coesistere40.

Con queste due componenti ci riferiamo comunemente al disordine del pattern respiratorio e l’ostruzione laringea inducibile e la presentazione individuale del respiro disfunzionale è influenzata da quale delle due componenti è maggiormente predominante. È necessaria quindi una valutazione multidisciplinare per cercare di capire se prevale una di queste due componenti oppure se sono presenti entrambe consentendo interventi più mirati. Termini come respiro disfunzionale45-49, sindrome da iperventilazione50-54, mancanza di respiro

comportamentale, ansia correlata alla mancanza di respiro55, disturbi respiratori funzionali

psicogeni56 e disordini respiratori somatoformi57 sono stati tutti usati per descrivere quello

che sembra essere essenzialmente lo stesso problema. Molti di questi termini implicano una componente psicologica significativa e questo legame percepito tra disfunzione psicologica e respiro disfunzionale è uno dei motivi per cui i medici spesso evitano questa area. Allo stesso modo, la forma relativamente ben caratterizzata di respiro disfunzionale

(19)

nota come “disfunzione paradossale delle corde vocali” è stata etichettata in moltissimi modi come asma fittizia, stridore funzionale, discinesia laringea episodica58.

Di conseguenza, la mancanza di chiarezza su aspetti quali eziologia, diagnosi e gestione fa si che molti clinici non abbiano a disposizione un chiaro modello su cui basarsi per poter indirizzare la diagnosi. La mancata diagnosi di respiro disfunzionale, non solo priva i pazienti di una terapia efficace, ma li espone anche a rischio di eventi avversi derivanti da una diagnosi errata. È per questi motivi che è necessaria una chiara definizione del “respiro disfunzionale”; prendendo in considerazione diverse review sembrerebbe che la moltitudine di termini esistenti descrivono, sostanzialmente, due forme di respiro disfunzionale:

• Respiro disfunzionale toracico per alterazioni del pattern di attività dei muscoli respiratori che può essere o meno associato ad iperventilazione;

• Respiro disfunzionale extra-toracico con coinvolgimento delle vie aeree superiori oltre ad avere un pattern respiratorio disordinato; include la disfunzione paradossale delle corde vocali e la laringomalacia.

Nonostante possano sembrare due entità cliniche distinte, per le similitudini nell’eziologia e nelle strategie terapeutiche, dovrebbero essere considerate come due condizioni correlate. Questo ci suggerisce che il pattern respiratorio disordinato sia la componente centrale del respiro disfunzionale sia per quei pazienti con coinvolgimento delle vie aeree superiori, sia per quelli senza evidenza oggettiva di iperventilazione, sia per quella minoranza di soggetti che iperventilano durante l’episodio sintomatico. Le due forme di respiro disfunzionale possono, inoltre, essere ulteriormente divise in forme funzionali e forme strutturali caratterizzate dalla presenza di alterazioni sia anatomiche che neurologiche (paralisi del nervo frenico, miopatie a carico del diaframma, problemi metabolici, epatici o cardiaci così come la sindrome epato-polmonare)59.

Figura 2.1: una panoramica del respiro disfunzionale in età pediatrica Respiro Disfunzionale

( DB)

Respiro disfunzionale toracico ( T-DB)

T-DB funzionale: disordine del pattern

respiratorio

TD-B strutturale: paralisi del nervo frenico

Respiro disfunzionale extra-toracico ( ET-DB)

ET-DB funzionale: disfunzione delle corde

vocali

ET-DB strutturale: stenosi sottoglottica

(20)

3.1 Meccanismi del respiro disfunzionale

Il disturbo del pattern respiratorio è una delle due forme di respiro disfunzionale e si verifica quando il normale ciclo respiratorio viene sostituito abitualmente o occasionalmente da un pattern respiratorio anomalo40. Negli adulti si è cercato di

classificare i pattern respiratori anormali in cinque sottotipi individuando la sindrome da iperventilazione, sospiri periodici profondi, respiro toracico dominante, espirazione addominale forzata e l’asincronia toraco-addominale60. Uno studio simile condotto su

bambini e adolescenti deve ancora essere eseguito. Le caratteristiche principali di ogni sottotipo possono essere così riassunte:

- Sindrome da iperventilazione: frequenza respiratoria rapida con il volume tidale vicino alla capacità inspiratoria.

- Sospiri profondi periodici: pattern respiratorio irregolare con difficoltà nel coordinare la espirazione e l’inspirazione massimale.

- Respiro toracico dominante: respiri di ampio volume con minima capacità di riserva inspiratoria.

- Espirazione addominale forzata: respirazione tidale a bassi volumi con volume di riserva espiratorio minimo.

- Asincronia toraco-addominale: asincronia tra i movimenti addominale e quelli della gabbia toracica.

Nei soggetti giovani, però, c’è una sovrapposizione tra i tipi di pattern respiratori e le variabilità presenti a seconda delle circostanze in cui si trova il soggetto; inoltre, tra i vari fattori che possono influenzare il pattern respiratorio abbiamo sia eventi stressanti che l’ansia, tant’è che il disordine del pattern respiratorio si riscontra frequentemente in persone molto esigenti nelle loro performance61. Pazienti con diagnosi di disordine del

pattern respiratorio comunemente riportano la comparsa dei sintomi durante l’esercizio. La normale risposta all’esercizio del nostro organismo consiste in un aumento della frequenza respiratoria e dei volumi respiratori ma, nei soggetti con respiro disfunzionale l’esercizio sembra esasperare il pattern respiratorio anomalo già presente a riposo.8 Il

pattern respiratorio può diventare così caotico e rapido che il paziente può sperimentare la sensazione di “fiato corto” associato o meno a senso di oppressione, talvolta anche a riposo. Tutto ciò sembra avere delle ripercussioni sia da un punto di vista sociale sia sulla frequenza scolastica; sono giovani che tendono ad isolarsi o che sono costretti a numerose assenze scolastiche con notevoli ripercussioni sulla loro qualità della vita. Come abbiamo già accennato il respiro disfunzionale ha anche una componente delle alte vie aeree.

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L’ostruzione laringea inducibile si verifica quando un evento, una situazione o agenti irritanti fanno si che le strutture laringee impediscano il passaggio dell’aria sia in entrata che in uscita dalla trachea. Questo accade quando la fase inspiratoria del ciclo respiratorio non è sincronizzato con il movimento delle corde vocali che di conseguenza sono parzialmente o completamente addotte nello stesso periodo. Le cause di questo disturbo rimangono sconosciute, anche se sembra avere un’eziologia multifattoriale. È stato visto che numerose condizioni possono essere presenti in comorbidità e, in quanto tali, vanno a contribuire all’insorgenza del sintomo come, per esempio, il reflusso gastroesofageo, l’ostruzione nasale e l’asma62. I più comuni trigger riscontrati nei soggetti giovani sono

l’esercizio e lo stato emotivo, soprattutto l’ansia che è spesso associata all’insorgenza del respiro disfunzionale53. Questo legame è così forte che più volte il respiro disfunzionale è

stato identificato come malattia somatologica, ovvero una manifestazione clinica di una malattia mentale63. Nonostante ciò la relazione esatta è ancora assai controversa e per tale

motivo lo stato mentale del soggetto deve sempre essere preso in considerazione ed incluso in qualsiasi processo di valutazione diagnostico-terapeutica della dispnea.

3.2 Eziologia del respiro disfunzionale

I soggetti sviluppano sintomi quando il pattern respiratorio anormale diventa abituale o ricorre in maniera intermittente per esempio in seguito a stress fisici o psicologici. Inoltre, il respiro disfunzionale sembra coesistere con alcuni disturbi respiratori, quale l’asma, sebbene la natura della relazione causale rimanga poco chiara. Cambiamenti nella respirazione possono anche essere influenzati da trigger fisiologici e psicologici, guidati principalmente dall’attivazione del sistema nervoso autonomico. Durante periodi di maggiore stress, sia fisico che psicologico, l’attivazione del sistema nervoso simpatico aumenta e ciò può avere effetti potenzialmente benefici sul nostro organismo48,55.

Tuttavia, un’eccessiva attivazione neuronale può divenire controproducente, determinando un ulteriore aumento della ventilazione, aumento dell’ipocapnia e inversione dell’attività neuronale deprimendola. Di conseguenza, l’individuo passa da un iniziale eccitazione a u progressivo esaurimento. L’iperventilazione sembra di per sé ridurre l’attività del sistema nervoso parasimpatico con conseguente predominanza dell’attività simpatica, la quale può manifestarsi con i segni tipici della “lotta e della fuga”.

È stata, infatti, dimostrata una somiglianza nelle risposte fisiologiche sia all’esercizio fisico che allo stress psicologico, dove la risposta dei parametri non era specifica per nessuno degli stimoli e c’era una considerevole sovrapposizione. Le alterazioni del ritmo,

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della frequenza e della regolarità della respirazione sono risposte normali allo stress mentale ed emotivo. Da questa prospettiva lo sviluppo del respiro disfunzionale può essere visto come un cambiamento abituale, appreso inconsciamente, nei normali schemi respiratori, che può diventare evidente a riposo o solo in situazioni di stress. È stato osservato, nel trattamento di bambini e adolescenti con disturbo del respiro disfunzionale, che questi soggetti hanno dei tratti tipici; spesso sono perfezionisti di alto livello con tratti ossessivi che vivono quotidianamente in uno stato generale di allarme. Sembra essere comune in individui che si pongono degli obiettivi troppo elevati rispetto allo standard fornendo una fonte interna di stress. Il respiro disfunzionale, infatti, spesso ricorre in giovani sportivi ma anche in musicisti, cantanti.

3.3 Prevalenza

Una delle più grandi sfide del respiro disfunzionale è la somiglianza dei sintomi con altri disturbi respiratori, come l’asma e la broncocostrizione indotta dall’esercizio fisico, e dal fatto che questi disturbi possono coesistere. Date le somiglianze di presentazione, la possibile coesistenza e i diversi percorsi diagnostici64, definire la prevalenza del respiro

disfunzionale tra la popolazione generale è impegnativo, in particolare perché ogni sottocategoria viene spesso rivista separatamente e perché ci sono pochi dati disponibili nei bambini. Per esempio la prevalenza della Sindrome da Iperventilazione e il Disordine del pattern respiratorio nella popolazione adulta è stata stimata intorno al 6-10% da diversi studi47,50,65, considerando che a causa della mancanza di definizioni standardizzate e del

mancato riconoscimento della sua importanza da un punto di vista clinico la prevalenza dei disordini del pattern respiratorio nella popolazione pediatrica è sconosciuta8 e non è

stata attualmente riportata da nessun singolo studio. In uno studio trasversale su adolescenti con dispnea indotta dall’esercizio fisico il 39,8% aveva “broncocostrizione indotta dall’esercizio”, il 6% “ostruzione laringea indotta dall’esercizio” e il 4,5% entrambe66. La prevalenza dell’ostruzione laringea indotta dall’esercizio negli adolescenti

può essere difficile da definire e varia a seconda del gruppo studiato. Olin et al. 67 hanno

citato due studi europei che suggeriscono una prevalenza tra gli adolescenti e i giovani adulti intorno al 5-8%, mentre Kolnes et al.68 hanno stimato una prevalenza

dell’ostruzione laringea indotta dall’esercizio del 7% negli adolescenti e del 35% nei giovani atleti, dimostrando come sia un disturbo più comune negli atleti che fanno esercizio ad alta intensità.

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Altri studi hanno documentato che il respiro disfunzionale è più comune nelle femmine, soprattutto nella popolazione Caucasica; tuttavia gran parte delle informazioni provengono da studi sull’adulto67.

Il fatto che la diagnosi non venga fatta frequentemente potrebbe essere attribuito a diversi fattori. Per esempio, è probabile che molti non si presentino dal medico perché hanno adattato il loro comportamento per evitare i sintomi. Nei soggetti con patologie respiratorie croniche i sintomi sono spesso attribuiti al sottostante problema di base; altri, invece, attribuiscono i sintomi interamente all’ansia, allo stress o ad altre condizioni psicologiche, senza considerare le componenti biomeccaniche di accompagnamento. Proprio per questi motivi sono richieste ulteriori ricerche nella popolazione pediatrica.

3.4 Clinica

I sintomi più comunemente descritti dai pazienti e associati ai diversi tipi di respiro disfunzionale sono: sensazione di fiato corto, wheeze/stridore, sibili, dolore toracico e difficoltà a far entrare aria. Vediamoli nel dettaglio:

• Sensazione di fiato corto che può comparire a riposo o sotto sforzo. I meccanismi che contribuiscono alla percezione individuale della difficoltà nel respirare sono complessi69-71. Da un punto di vista fisiologico coinvolge una

serie di recettori situati nella parete toracica, nei muscoli respiratori, nei polmoni, a livello dei glomi carotidei e nel tronco encefalico collegati da circuiti neuronali complessi. La percezione della dispnea può essere generata da un aumento del lavoro respiratorio, così come da un’ostruzione nelle vie aeree o da patologie interstiziali, ma può anche essere un’esperienza in assenza di patologie primarie a carico dei polmoni o delle vie aeree. A questo si sovrappongono fattori come l’ansia che aumentano la sensazione di angoscia vissuta dall’individuo.

• Wheeze/stridor: “wheeze” è spesso riportato da soggetti con forme extra-toraciche di respiro disfunzionale.

• Sighing: sospiri frequenti e profondi sono spesso citati come una caratteristica prominente del respiro disfunzionale anche se il motivo di questo non è chiaro. • Dolore toracico: se presente più frequentemente viene riportato durante

l’esercizio fisico, ma può ricorrere anche durante il riposo o le normali attività. Comunemente induce un’ansia significativa nei pazienti e nei loro parenti; è

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importante escludere cause organiche all’origine di questo dolore e, una volta escluse rassicurare il paziente.

3.5 Diagnosi

Le sfide affrontate per cercare di diagnosticare il respiro disfunzionale spesso hanno messo in ombra la necessità di determinare un percorso chiaro per la gestione dei giovani con questa condizione che dovrebbe iniziare al primo sospetto di tale disordine e concludersi con la risoluzione del problema.

È richiesto, quindi, un team multidisciplinare per garantire che tutti gli aspetti di tale condizione siano affrontati e che le eventuali comorbidità presenti siano gestite in maniera efficace. Poche patologie respiratorie ricevono dall’anamnesi un contributo diagnostico tanto importante quanto le sindromi respiratorie disfunzionali.

In generale, queste patologie vanno sospettate quando i sintomi respiratori si presentano solo di giorno e mai di notte, insorgono in modo improvviso, in assenza di trigger specifici, e altrettanto rapidamente vanno incontro a remissione, interessano prevalentemente bambini o adolescenti, peggiorano quando il paziente è in comunità, non rispondo alle comuni terapie per l’asma o la rinite e ai accompagnano ad una normalità dei test di funzionalità respiratoria (con la sola eccezione della VCD (Vocal Cord Dysfunction).

All’esame obiettivo si riscontra, tipicamente, una discrepanza tra sintomatologia soggettiva e reperto clinico. Con queste premesse, sottoporre il paziente ad ulteriori indagini diagnostiche, specie studi di imaging, è il più delle volte superflua. Tuttavia, un RX del torace può risultare indispensabile nell’escludere la presenza di basi organiche in patologie apparentemente disfunzionali con sintomi di tosse e/o difficoltà respiratoria1,2. I

test allergologici e la spirometria servono, in genere, a confermare un sospetto diagnostico che è già forte sulla base della storia clinica e, in ogni caso, possono servire ad escludere comorbidità e patologie confondenti. In tutte le forme, una valutazione neuro-psicologica è generalmente estremamente utile, al fine di identificare situazioni di disagio e instabilità psico-emotiva predisponenti alla malattia e ad avviare gli opportuni provvedimenti terapeutici.

Un’anamnesi accurata è essenziale per raggiungere la diagnosi e dovrebbe concentrarsi non solo sulle caratteristiche di presentazione ma anche esplorare le comorbidità più frequentemente associate come asma, sinusite, reflusso gastroesofageo e problematiche di natura psicosociale. La mancanza di respiro è il disturbo più

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comunemente descritto44 e può precipitare in seguito ad uno sforzo e, spesso, peggiora

all’aumentare dell’intensità e della durata dell’esercizio fisico ma può presentarsi anche a riposo. La respirazione può essere rumorosa e ci possono essere degli stridori; dolore toracico, tensione e disagio sono frequentemente riportati e possono essere dovuti a cause biochimiche, biomeccaniche correlato a broncocostrizione indotta dall’esercizio o reflusso gastroesofageo. Poiché il reflusso gastroesofageo è una comorbidità comune dovrebbero essere poste domande specifiche relative a questo inclusa la presenza di bruciore allo stomaco, nausea, vomito e abitudini alimentari ad alto rischio come mangiare pasti abbondanti prima di coricarsi72. Anche l’asma è talvolta una comorbidità ma viene spesso

confusa per respiro disfunzionale. Le caratteristiche che correlano all’asma come wheeze, variazioni diurne, trigger specifici, l’intervallo tra i sintomi e la tosse notturna e quindi, dovrebbero essere ricercati73.

Il disturbo d’ansia, invece, è la più frequente comorbidità associata e dovrebbe essere indagata la presenza di sintomi tipici del disturbo di panico come palpitazioni, vertigini e iperidrosi. La mancanza di strumenti per quantificare oggettivamente il pattern respiratorio ha contribuito al mancato riconoscimento dell’importanza del respiro disfunzionale come entità clinica. Le componenti del pattern respiratorio, così come la predominanza del tipo di respiro, l’instabilità e la irregolarità del respiro, sono stati tradizionalmente valutati soggettivamente attraverso la sola osservazione visiva. Tuttavia, quando si tenta di monitorare oggettivamente i pattern respiratori, è necessario ricordare che i parametri respiratori possono essere influenzati da un’ampia gamma di fattori tra cui il semplice essere osservati o, semplicemente, lo stato emotivo74. La maggior parte dei

pazienti con respiro disfunzionale, in assenza di patologie polmonari, presenta normali valori alle tradizionali indagini di funzionalità respiratoria come alla spirometria. Alcuni studi hanno tentato di oggettivare il pattern respiratorio utilizzando diverse tecniche tra cui l’elettromiografia, ultrasuoni e la pletismografia75, tuttavia il loro costo e la complessità di

esecuzione ne ha impedito l’uso nella pratica clinica e non sono, quindi, mai stati utilizzati per studiare il respiro disfunzionale.

Un approccio alternativo per la diagnosi utilizzato in una serie di studi è l’uso di questionari validati utili sia per la valutazione iniziale sia per valutare l’efficacia del trattamento. Il questionario più utilizzato è il Questionario di Nijmegen76 (NQ) ()

costituito da 16 item associati a sintomi suggestivi per “respiro difficile”. Per ogni item, il soggetto deve rispondere a seconda della frequenza con la quale occorre il disturbo con un punteggio che va da 0 (mai) a 4 (molto spesso). Uno score totale uguale o superiore a 23 avrebbe, negli adulti, una sensibilità del 91% ed una specificità del 95% come strumento

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di screening nei pazienti con HSV (Hyper-Ventilation Syndrome). Tuttavia, molti dei sintomi inclusi nel questionario (come il dolore al petto) sono probabilmente correlati al respiro disfunzionale quanto a iperventilazione.

SINTOMI MAI RARAMENTE A VOLTE SPESSO MOLTO SPESSO

Dolore toracico 0 1 2 3 4

Sensazione di tensione 0 1 2 3 4

Visione offuscata 0 1 2 3 4

Vertigini 0 1 2 3 4

Stato confusionale o perdita di contatto con

la realtà 0 1 2 3 4 Respirazione veloce o profonda 0 1 2 3 4 Sensazione di respiro corto 0 1 2 3 4 Sensazione di tensione diffusa a livello del

torace 0 1 2 3 4 Sensazione di gonfiore allo stomaco 0 1 2 3 4 Sensazione di prurito alle mani 0 1 2 3 4 Sensazione di intorpidimento delle

dita delle mani

0 1 2 3 4 Sensazione di incapacità a respirare o a fare un respiro profondo 0 1 2 3 4 Sensazione di tensione

intorno alla bocca 0 1 2 3 4

Mani e piedi freddi 0 1 2 3 4

Palpitazioni 0 1 2 3 4

Ansia 0 1 2 3 4

Figura 3: Questionario Nijmegen76

Queste osservazioni riflettono la significativa sovrapposizione tra sintomi associati al respiro disfunzionale e quelli dovuti a condizioni respiratorie primarie come, ad esempio, l’asma. Sono stati fatti numerosi tentativi per cercare di sviluppare questionari più mirati come per esempio il Questionario SHAPE77,78 formulato per identificare bambini affetti da

sindrome da iperventilazione e il Self Evaluation of Breathing Questionnaire (SEBQ)79 per

identificare il respiro disfunzionale nell’adulto, ma nessuno dei due è adatto per essere utilizzato nei bambini con respiro disfunzionale. Quello più recentemente sviluppato per rilevare il disturbo disfunzionale è il Breathing Pattern Assessment Tool (BPAT)80 che è

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3.6 Comorbidità e diagnosi differenziale

È importante riconoscere come spesso il respiro disfunzionale sia associato e possa esacerbare i sintomi di disturbi respiratori primari come l’asma e la bronchiolite ostruttiva e come l’introduzione di una terapia appropriata, spesso, comporti significativi benefici in termini di funzione e qualità della vita. Il respiro disfunzionale si associa alla dispnea cronica, perciò altre cause di dispnea cronica devono essere prese in considerazione ed escluse prima di poter fare diagnosi di respiro disfunzionale.

La causa più comune di dispnea nei bambini è l’asma allergica e rappresenta una delle principali diagnosi differenziali81. Entrambe le condizioni talvolta possono coesistere82, è

importante assicurarsi che qualsiasi iperreattività delle vie aeree e broncocostrizione sia identificata e trattata. Oltre alle caratteristiche tipiche del soggetto asmatico, la spirometria, i livelli di ossido nitrico esalato e il test di bronco provocazione possono essere indicativi per la diagnosi. Altre cause di ostruzione delle vie aeree superiori possono contribuire ai sintomi della dispnea come ad esempio una laringomalacia o una stenosi sottoglottica83. Potrebbe esserci un problema biomeccanico come la scoliosi, il

petto escavato o carenato, che determinano un difetto respiratorio restrittivo, riduce la riserva respiratoria del paziente e contribuisce alla insorgenza della dispnea. Queste anomalie potrebbero essere associate anche a problemi neuromuscolari che si associano a ipoventilazione e talvolta anche ai sintomi della dispnea. Più raramente potrebbe esserci un problema al ritmo o alla pompa cardiaca o una malattia cardiaca ereditaria o acquisita associata alla dispnea. Alcuni esempi specifici per l’età pediatrica includono la tachicardia sopraventricolare, cardiomiopatia, disturbi cardiaci strutturali congeniti cianogeni e non cianogeni84. Altri sintomi che possono indirizzare verso questo tipo di problema possono

essere dolore toracico, edema periferico, soffi cardiaci, anomalie all’ECG e all’ecocardiografia. Ancora più raro potrebbe essere dovuta a un problema del parenchima polmonare come le patologie interstiziali; numerose sono le cause di malattie polmonari interstiziali in età pediatrica85, ma quella che più comunemente si presenta nella dispnea

correlata all’esercizio sono le anomalie della crescita polmonare spesso legate alla prematurità o quelli legati ad altre patologie sistemiche primarie soprattutto patologie autoimmuni.

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3.7 Trattamento

In primo luogo è importante escludere qualsiasi altra condizione associata come asma, reflusso gastroesofageo, rinite e allergia che richiedono trattamenti appropriati e ben controllati. Il trattamento del respiro disfunzionale prevede soprattutto percorsi terapeutici non farmacologici. La terapia dovrebbe essere impostata in seguito ad una valutazione personalizzata seguita dalla pianificazione degli obiettivi e del trattamento insieme al paziente e alla sua famiglia. Gli interventi sono molto più efficaci quando viene utilizzato un approccio di tipo multidisciplinare; la terapia comunemente viene eseguita da un team di esperti come un fisioterapista, logopedista e psicologo a seconda del quadro dominante di presentazione del respiro disfunzionale. L’educazione del paziente è la chiave per un outcome soddisfacente; il pacchetto educativo, ovviamente, deve essere adattato all’età del bambino/adolescente e include informazioni sulla natura della sua condizione e promuove una comprensione di base dell’anatomia, della fisiologia e dei meccanismi respiratori. Questo permette al ragazzo di conoscere la situazione, ridurre la paura che da essa deriva86 e iniziare a percepire il controllo di quello che sta succedendo fornendo

anche una motivazione alla partecipazione attiva alla terapia87. L’educazione è altrettanto

importanti per familiari, insegnanti e altri professionisti capaci di supportarli nel loro percorso terapeutico. La riqualificazione della respirazione è il primo intervento attivo da mettere in atto per cercare di modificare il pattern respiratorio alterato e solitamente viene fatto insegnando la respirazione diaframmatica mantenendo una posizione corretta visto che, non di rado, il respiro disfunzionale è associato anche ad una postura sbagliata. Ovviamente ci sono tutta una serie di interventi che possono essere messi in atto e che variano a seconda del problema individuale del ragazzo. Il training dei muscoli inspiratori talvolta può essere usato negli adolescenti e nei pazienti adulti ma non ci sono evidenze sul suo utilizzo nei bambini con respiro disfunzionale30,88,89. Un ruolo fondamentale è

svolto dallo psicologo e varia a seconda del tipo di presentazione del respiro disfunzionale. Ci sono casi in cui l’ansia e la performance sono importanti fattori di stress e quindi beneficiano maggiormente di percorsi psicoterapeutici. Impostando un percorso diagnostico adeguato e una terapia appropriata e personalizzata la qualità della vita di questi bambini e adolescenti può migliorare e riducendo le ricadute90,91.

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4. LE SINDROMI RESPIRATORIE DISFUNZIONALI IN ETA’ PEDIATRICA Le sindromi respiratorie disfunzionali rappresentano patologie piuttosto comuni in età pediatrica e comprendono una serie di entità cliniche a cavallo tra la sfera organica, emozionale e funzionale, spesso associate ad altri disturbi psicosomatici o di conversione1.

Esse sono caratterizzate dal ricorrere di una costellazione di segni e sintomi, comuni alle patologie respiratorie su base organica come, ad esempio, sensu- strictiori, difficoltà respiratoria, tosse, starnutazioni, dolore toracico, rumore respiratorio, fame d’aria e senso di costrizione toracica, che, caratteristicamente, non rispondono alle comuni terapie per l’asma o la rinite e soprattutto presentano una certa atipia nella modalità di presentazione clinica2.

Essi, a differenza di quanto accade nelle patologie organiche, si presentano solitamente di giorno, insorgono improvvisamente e altrettanto rapidamente vanno incontro a remissione spontanea e si accompagnano ad una normalità dei comuni test di funzionalità respiratoria.

Estremamente comuni, queste patologie sono spesso causa di importante peggioramento della qualità della vita di questi pazienti e di frustrazione per i medici. La diagnosi infatti, è il più delle volte difficile poiché non esistono test standardizzati e i sintomi mimano le patologie organiche. Inoltre, frequentemente patologie organiche e disfunzionali coesistono nello stesso paziente, rendendo ancor più difficile la diagnosi56.

È stato, ad esempio, osservato che il 29% dei pazienti adulti con asma che ricorrono a cure di assistenza medica primaria presentano sintomi suggestivi per un disordine respiratorio su base disfunzionale2. Per tale motivo le patologie disfunzionali respiratorie,

non di rado, non vengono correttamente riconosciute e sono per questo diagnosticate con notevole ritardo, esponendo i pazienti a terapie non giustificate e potenzialmente dannose56. È necessario, quindi, riconoscere precocemente queste patologie attraverso un

corretto approccio diagnostico, basato soprattutto su un’accurata anamnesi e un attento esame clinico evitando al paziente terapie spesso inutili.

Tra le forme più comuni di patologie respiratorie funzionali sono comprese la sindrome da adduzione delle corde vocali, la sindrome da iperventilazione, la tosse psicogena, la dispnea psicogena, le starnutazioni parossistiche e il dolore toracico.

4.1 Disfunzione delle corde vocali

La sindrome da adduzione delle corde vocali (Vocal Cord Dysfunction, VCD) è una patologia caratterizzata da un’adduzione paradossa delle corde vocali in fase inspiratoria,

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associata a dispnea e rumore respiratorio. Descritta per la prima volta da Duglison nel 1842, è stata più modernamente classificata insieme alla laringomalacia, alle paralisi delle corde vocali e alle patologie da laringospasmo secondario (per esempio associato a reflusso gastroesofageo o ipocalcemia) nel capitolo delle POLO (Periodic Occurance of Laryngeal Obstruction)63. Complessivamente si stima che in circa il 20-40% di VCD

coesista l’asma e in circa il 10-25% dei casi di asma, specie nelle forme definite “difficili” dell’età adolescenziale, si associ una VCD, rendendo per questo la diagnosi più difficile63.

Di questa patologia si possono riconoscere una forma spontanea ed una forma da sforzo ed anche una forma puramente inspiratoria ed una forma sia inspiratoria che espiratoria, più raramente solo espiratoria. Poco si conosce circa l’epidemiologia della VCD, ma caratteristicamente essa interessa soprattutto adolescenti di sesso femminile1, sebbene

siano riportati anche casi ad esordio neonatale, probabilmente legate a canalopatie del sodio. Favorita da stress psicofisici, ansia, iperventilazione ed esercizio fisico, la VCD esordisce tipicamente in modo improvviso con dispnea ingravescente, stridore e, più raramente, specie in pazienti con asma di base, wheezing. Il caratteristico rumore causato dall’adduzione delle corde vocali, se espiratorio, può infatti mimare il respiro sibilante tipico del soggetto asmatico. In alcuni casi può coesistere una sintomatologia tussigena persistente. All’esame obiettivo di solito non si riscontrano rumori auscultatori, sebbene talvolta si possano apprezzare sibili respiratori (specie in pazienti asmatici), mentre lo stridore può talvolta essere assente. Per questo motivo frequentemente la VCD viene confusa con l’asma, con la quale coesiste in circa un terzo dei casi2. Spesso i sintomi

possono essere cosi gravi da richiedere il ricorso a trattamenti di urgenza. Osservazioni nell’adulto dimostrano, infatti, che questi pazienti hanno un’altissima frequenza di accessi al pronto soccorso, di ricovero ospedaliero92.

La patogenesi di questa patologia rimane ad oggi poco conosciuta, ma alcuni autori hanno ipotizzato che essa possa essere legata ad un’iperreattività laringea indotta da uno stimolo nella maggior parte dei casi di tipo infettivo, che indurrebbe un’attivazione del sistema parasimpatico favorendo la chiusura delle vie aeree a livello della glottide93.

Bucca e i suoi collaboratori hanno, infatti, dimostrato in pazienti con sintomi “asthma-like” di tosse, wheezing e dispnea in assenza di una precedente diagnosi di asma la presenza di un’iperreattività isolata delle vie aeree extra toraciche nel 26,5% dei pazienti sottoposti a spirometria e test di provocazione bronchiale con istamina. Nello stesso lavoro si dimostrava un’associazione significativa tra tosse, assenza di altri sintomi, ed iperreattività delle vie aeree extra toraciche.

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La diagnosi di VCD si basa su 3 elementi: la presenza di sintomi clinici suggestivi, l’evidenza dell’esame laringoscopico di un’adduzione paradossa delle corde vocali (rimane ancora oggi il gold standard diagnostico), il riscontro di reperti spirometrici compatibili con la VCD. Non esistono, invece, reperti radiologici o laboratoristici caratteristici63, sebbene interessanti prospettive possano essere aperte dall’utilizzo della

TC dinamica, ovviamente di limitato utilizzo in età pediatrica8. Alla laringoscopia, se

eseguita in fase acuta, caratteristicamente si riscontra in fase inspiratoria, o durante tutto il ciclo respiratorio, l’adduzione dei due terzi anteriori delle corde vocali con “aspetto a diamante” nella porzione posteriore della glottide. Talvolta adduzione completa della rima della glottide lungo la linea mediana. Per la diagnosi è ritenuta necessaria una riduzione maggiore del 50% del lume della glottide. In alcuni casi la laringoscopia può positivizzarsi soltanto dopo test da sforzo, specie nelle forme da sforzo “pure”. Nella curva flusso/volume alla spirometria, se eseguita durante la fase acuta, si osserva un aspetto caratteristicamente tronco della porzione inspiratoria della curva. Morris ritiene diagnostico di VCD negli adulti un rapporto FEF50/FIF50 maggiore di 2,263, ma nella

maggior parte dei lavori questo rapporto è generalmente ritenuto patologico se superiore ad 1.

Figura 3.1: A) Spirometria normale; B) Spirometria di un soggetto affetto da sindrome di

adduzione delle corde vocali (VCD) con curva flusso/volume (F/V) caratterizzata dal troncamento della parte inspiratoria della curva.

Studi nell’adulto dimostrerebbero che in pazienti con dispnea da sforzo e VCD confermata alla laringoscopia, la spirometria può far registrare anche alterazioni a carico della fase espiratoria della curva, con una diminuzione del FEV1(Forced Expiratory volume in the 1st second), accompagnata comunque solitamente da una riduzione anche

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