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Bioelectric Impedance Analysis ( BIA ) nella diagnosi precoce del carcinoma prostatico

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Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove

tecnologie in Medicina

Corso di Laurea Specialistica in Medicina e Chirurgia

Tesi di laurea

BIOELECTRIC IMPEDANCE ANALYSIS ( BIA )

NELLA DIAGNOSI PRECOCE DEL CARCINOMA

PROSTATICO

Candidato

Lorenzo Guidi

Relatore

Chia.mo Prof. Bartoletti

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2

INDICE

INTRODUZIONE ... 1

1.

ANATOMIA PROSTATICA ... 6

1.1 Forma, dimensione, rapporti. ... 6

1.2

Struttura.. ... 9

1.3

Vascolarizzazione. ... 14

1.4 Innervazione. ... 15

2.

CARCINOMA PROSTATICO ... 16

2.1 Epidemiologia ... 16

2.2 Screening e diagnosi precoce... 19

2.3 Diagnosi clinico-strumentale... 22

3.

BIOELECTRIC IMPEDANCE ANALYSIS ... 50

4.

STUDIO CLINICO ... 55

4.1

Scopo dello studio ... 58

4.2

Materiali e metodi... 59

4.3 Risultati ... 64

4.4

Discussione ... 72

4.5

Conclusioni ... 76

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INTRODUZIONE E SCOPO DELLA TESI

Il carcinoma prostatico è il carcinoma più comunemente diagnosticato nell’uomo oltre 60 anni. Testi di anatomia patologica documentano come questa neoplasia rappresenti in realtà una patologia dell’invecchiamento, dal momento che reperti autoptici condotti su pazienti con età maggiore di 80 anni, dimostrano che circa l’88% di essi ha almeno un focolaio di carcinoma prostatico sostanziale nonostante esso non abbia avuto alcun ruolo nel processo di malattia causa del decesso. Il carcinoma prostatico rappresenta dunque una patologia con caratteristiche biologiche diverse a seconda del soggetto e non in tutti i casi una aggressività biologica elevata corrisponde ad una malattia rapida dal punto di vista della progressione e della morte. Ad oggi non esistono criteri diagnostici aggiuntivi capaci di discriminare se un carcinoma prostatico sarà rapidamente evolutivo o meno. Inoltre esso presenta abitualmente caratteristiche di multifocalità nell’ambito della ghiandola prostatica rendendo più difficoltosa l’interpretazione del dato patologico.

Il gold-standard diagnostico del carcinoma prostatico necessita della verifica della presenza della neoplasia mediante biopsia prostatica in quanto gli standard diagnostici sierologici e di imaging non sono in grado di

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fornire una accuratezza diagnostica significativa. La biopsia risulta di conseguenza eccessivamente consigliata con il rischio di sovra diagnosi e trattamento “eccessivo” (se correlato alle condizioni generali, all’età , alle comorbidità del paziente e alle caratteristiche della malattia).

L’ecografia trans rettale (TRUS) non è in grado di fornire indicazioni statisticamente significative sulla presenza della neoplasia. Il dosaggio dell’Antigene Prostatico Specifico (PSA) risulta peraltro essere positivo anche in pazienti con ipertrofia prostatica e flogosi, dunque non sufficientemente discriminante ai fini diagnostici. La Risonanza Magnetica Multiparametrica (mpMRI) ha al contrario migliorato in modo sostanziale l’accuratezza diagnostica favorendo lo sviluppo della tecnica di prelievo bioptico “fusion” con l’ecografia. Rimane tuttavia la difficoltà legata sia al costo di questo esame che il reperimento di posti disponibili nell’ambito delle liste di attesa. Il numero dei pazienti candidati alla biopsia è di fatto molto maggiore rispetto alla disponibilità dell’esame sia in ambito pubblico che privato. Ne consegue la necessità di metodiche diagnostiche alternative e di basso costo che possano tuttavia garantire una buona accuratezza elevati livelli di valore predittivo positivo con elevata specificità e sensibilità. L’apparecchiatura che consente la rilevazione bioelettrica

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dell’impedenza generata dai tessuti (Bioelectric Impedance Analysis test), ha consentito sperimentalmente di diagnosticare con relativa facilità neoplasie mammarie e polmonari. Per quanto riguarda il carcinoma prostatico è stata utilizzata sperimentalmente “ex vivo” ed in un solo caso “ in vivo “ con risultati interessanti ma limitati dall’impiego di campi elettrici estremamente grandi e la possibilità di interferenza con altre strutture, organi ed apparati. Recentemente è stata ideata una nuova sonda trans rettale capace di rilevare il segnale direttamente sulla superficie prostatica. A questo si aggiunge la possibilità di generare un “campo elettrico a basso voltaggio” di dimensioni estremamente ridotte, dunque ottenere risultati maggiormente indicativi. Scopo della tesi è quello di presentare i risultati di uno studio cross-sectional effettuato su un cospicuo numero di pazienti atto a determinare il possibile ruolo del BIA test nella diagnostica precoce del carcinoma prostatico e valutare l’applicabilità clinica di questo test, soprattutto per paesi a basso reddito cioè incapaci di procurarsi le tecnologie che nel mondo occidentale rappresentano ormai uno standard diagnostico acquisito.

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1. ANATOMIA PROSTATICA

1.1 Forma, dimensione, rapporti.

La prostata umana è la più grande ghiandola accessoria maschile1. Fa parte dell’apparato genitale maschile, è un

organo solido, impari e mediano, a forma di castagna orientata con base verso l’alto e apice in basso. Si caratterizza di un colorito grigio-rossastro e di consistenza duro-elastica, raggiunge nel giovane adulto le dimensioni di 3 cm in altezza, 4 cm in larghezza, 2.5 cm di spessore, con peso intorno agli 8-10 g; è localizzata nella piccola pelvi, si rapporta con la base della vescica superiormente, l’ampolla rettale posteriormente, con il diaframma uro-genitale in basso e anteriormente con la sinfisi pubica. È attraversata dalla prima porzione dell’uretra, all’interno della quale riversa il proprio secreto tramite i molteplici dotti escretori. La faccia vescicale, base superiore, si presenta di forma triangolare e dagli angoli smussati, prende rapporto con il collo vescicale e, in prossimità dell’angolo anteriore, mostra il punto di penetrazione dell’uretra, posteriormente, invece, a livello della faccia posteriore è scavata da una doccia trasversale, l’ilo della prostata, nella quale penetrano i dotti eiaculatori. Il lobo medio si definisce quell’area un poco rilevata compresa tra l’ingresso dell’uretra e l’ilo. La faccia

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anteriore, quasi verticale, è convessa in maniera uniforme. La faccia posteriore, obliqua in basso e in avanti, è percorsa da un solco mediano che la divide in un lobo laterale destro e uno sinistro. Le superfici infero-laterali sono arrotondate; l’apice circonda l’uretra nel suo punto di uscita dalla prostata 2.

La prostata è rivestita dalla fascia prostatica, una guaina fibrosa che contiene il plesso venoso prostatico, definibile come un addensamento della fascia pelvica viscerale. La sinfisi pubica è separata dalla superficie anteriore della guaina prostatica da uno spazio di circa 2 cm, contenente tessuto adiposo, dove troviamo situati il plesso venoso pudendo e rami delle arterie pudende interne. I legamenti pubo-prostatici fissano la fascia alle ossa pubiche in alto; in prossimità dell’apice prostatico la fascia prostatica si unisce assieme alla fascia superficiale del muscolo sfintere striato dell’uretra, al muscolo trasverso profondo e al centro tendineo del perineo. Le superfici infero laterali sono in rapporto con i fasci pubici del muscolo elevatore dell’ano con l’interposizione del plesso venoso vescico-prostatico. La superficie posteriore della guaina prostatica, avascolare, è denominata fascia retto vescicale o fascia di Denonvilliers, deriva dalla fusione dei foglietti peritoneali della porzione più profonda del cavo retto vescicale. La fascia di Denonvilliers, un sottile strato di tessuto connettivo, separa

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la prostata e le vescicole seminali dal retto posteriore. Le fibre muscolari scheletriche del diaframma urogenitale si estendono nella prostata dall'apice fino alla regione mediana prostatica anteriormente 3 4. La fascia retto

vescicale continua superiormente sulla superficie posteriore delle vescichette seminali, dei dotti eiaculatori e deferenti per raggiungere il pavimento del cavo del Douglas. In basso è fissata al centro tendineo perineale; lateralmente si unisce al legamento vescicale posteriore. Lo stretto contatto tra la faccia posteriore prostatica e la faccia anteriore dell’ampolla rettale consente la palpazione della ghiandola durante l’esame di esplorazione rettale. Presenta una capsula composta da collagene, elastina e un’abbondante componente muscolare liscia; la capsula si approfonda con un setto mediano che separa i lobi laterali proseguendo con la cresta uretrale e con vari setti fibromuscolari che avvolgono il parenchima ghiandolare.2

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9 1.2 Struttura

È possibile suddividere la prostata in lobi in base alla distribuzione delle ghiandole e dei rapporti con gli organi che la attraversano. Riconosceremo un lobo anteriore posto davanti all’uretra, costituito da ghiandole di piccole

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dimensioni; un lobo medio, tra uretra e dotti eiaculatori, di dimensioni variabili talora privo di ghiandole; un lobo laterale destro e uno sinistro, di grandi dimensioni e posteriori a un piano passante per i dotti eiaculatori.

La prostata umana è composta da elementi ghiandolari e stromali, strettamente fusi in una pseudocapsula. Lo strato interno della capsula prostatica è composto da muscolo liscio con uno strato esterno di collagene. Ci sono due difetti anatomici nella capsula prostatica: all'apice (anteriore e anterolaterale) e nel punto di ingresso dei dotti eiaculatori. In queste aree, può essere difficile determinare lo stadio patologico dell'adenocarcinoma della prostata5.

Il parenchima prostatico è costituito da 30-50 ghiandole tubulo-alveolari o otricolari ramificate che si raccolgono in 15-30 dotti escretori che sboccano principalmente nei seni prostatici del tratto prostatico uretrale, ai lati del collicolo seminale. Ciascuna ghiandola forma un lobulo conico dall’aspetto irregolare, il cui apice è rivolto verso l’uretra; i setti fibro-muscolari che provengono dalla capsula prostatica separano i lobuli tra loro. Ciascun dotto escretore si presenta con notevoli ramificazioni dalle caratteristiche secernenti e di aspetto tubulare od otricolare in prossimità dello sbocco in uretra, con caratteristiche di condotti secondari convoluti su cui sboccano adenomeri tubulari od

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otricolari verso la base del lobulo. Gli adenomeri hanno un lume anche molto ampio e contengono secreto nel quale si possono rinvenire corpi amilacei o concrezioni prostatiche, rappresentati da corpi sferici a struttura lamellare, spesso calcificati. Sono formazioni piuttosto frequenti nel soggetto anziano il cui diametro è variabile da 0,2 a 2 mm. Prodotti dalla precipitazione di componenti macromolecolari del secreto prostatico e quindi di sali di calcio.

A livello uretrale i dotti escretori sono rivestiti da epitelio cilindrico stratificato mentre distalmente l’epitelio si fa cilindrico semplice e continua direttamente nell’epitelio secernente degli adenomeri. Quest’ultimo è cilindrico, con numerosi granuli secretori apicali e abbondante basofilia citoplasmatica basale indice di uno sviluppato reticolo endoplasmatico granulare. Intercalate a questi elementi si riscontrano alcune cellule basali non secernenti. Il secreto prostatico, costituente circa il 15-30% del liquido seminale, ha aspetto lattescente, leggermente acido ( pH 6,4 ) e contiene numerosi enzimi ( fosfatasi acida, beta glucuronidasi, amilasi, fibrinolisina, proteasi), prostaglandine, spermina e spermidina, immunoglobuline,

zinco e acido citrico.

L’epitelio prostatico è bersaglio degli ormoni androgeni. In corrispondenza dell’epitelio e anche dello stroma prostatico il testosterone è trasformato nella forma più attiva, il

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diidrotestosterone, per l’azione della 5alfareduttasi. Gli androgeni sono necessari per il normale sviluppo della prostata. L'effetto diretto degli androgeni sulle cellule epiteliali della prostata è quello di indurre una differenziazione terminale. Tuttavia, gli androgeni hanno anche profondi effetti indiretti sull'epitelio della prostata, attraverso l'induzione di fattori di crescita secretoria negli stromi adiacenti che stimolano la proliferazione delle cellule epiteliali6

La ghiandola prostatica è un organo anatomicamente eterogeneo, composto da quattro regioni separate. Esse differiscono notevolmente nella loro composizione tissutale e mostrano differenze altamente significative nella loro suscettibilità a diverse condizioni patologiche.

Queste regioni non sono state precedentemente caratterizzate completamente, né i loro confini adeguatamente definiti, perché sono saldati tra loro all'interno di una singola capsula e sono difficili da separare per dissezione. Tra queste distinguiamo:

1. La zona periferica che costituisce oltre il 70% della prostata

ghiandolare. Essa forma un disco tissutale i cui dotti si irradiano lateralmente dall'uretra laterale e distale al verumontanum. Quasi tutti i carcinomi interessano questa zona.

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2. La zona centrale costituisce il 25% della prostata

ghiandolare. I suoi dotti sorgono vicino agli orifizi del dotto eiaculatorio e seguono questi dotti diramandosi lateralmente in prossimità della base della prostata. Il suo bordo laterale si fonde con il bordo della zona periferica prossimale, completando in continuità con la zona periferica, un disco pieno di tessuto secretorio orientato in un piano coronale. Marcate differenze istologiche tra le zone centrali e periferiche suggeriscono importanti differenze biologiche.

3. Regione pre-prostatica. Il segmento uretrale prossimale al

verumontanum è piegato anteriormente con un angolo di 35 gradi rispetto al segmento distale. Lo sviluppo dei dotti qui si interrompe, producendo solo una piccola zona di transizione e diversi dotti periuretrali più piccoli. Lo sviluppo di questi piccoli dotti è forse determinato e limitato dal loro intimo rapporto con uno sfintere periuretrale del muscolo liscio che esiste solo prossimalmente al verumontano. Questi piccoli dotti in un'area ristretta sono il sito esclusivo di origine dell'iperplasia nodulare (BPH).

4. Lo stroma fibromuscolare anteriore forma l'intera

superficie anteriore della prostata come uno spesso grembiule non ghiandolare, che protegge dalla vista la superficie anteriore delle tre regioni ghiandolari. La sua

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inseparabile fusione con la prostata ghiandolare ha probabilmente ritardato il riconoscimento delle caratteristiche anatomiche qui descritte.7

1.3 Vascolarizzazione.

L’irrorazione arteriosa della prostata deriva principalmente dalle arterie vescicali inferiori, rami dell’iliaca interna o dell’ipogastrica e da rami accessori sono poi forniti dalle arterie pudende interne, rettali medie e otturatorie. Vanno a formare una rete superficiale da cui derivano rami che si approfondano nell’organo, tra questi: i periuretrali e i

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capsulari. I rami periuretrali irrorano il collo vescicale, zona di transizione e parte della zona centrale, i rami capsulari irrorano prevalentemente la zona periferica.

Il ritorno venoso a livello prostatico prevede il costituirsi di due plessi venosi vescico-prostatici da ciascun lato della ghiandola, nei quali confluiscono vene prostatiche e vescicali per poi sboccare nelle vene iliache interne.

I vasi linfatici si dispongono a formare una rete periprostatica, questa drena nei linfonodi otturatori e iliaci interni, successivamente negli iliaci esterni e, infine, negli iliaci comuni, pre-sacrali e para-aortici.

1.4 Innervazione.

Afferenze neuronali integre e i meccanismi contrattili del muscolo liscio prostatico sono essenziali per il corretto funzionamento della prostata; le contrazioni mediate dal simpatico della muscolatura liscia della prostata consentono di espellere il liquido prostatico dalla prostata nell'eiaculato8. La prostata riceve nervi che provengono dal

plesso ipogastrico che vi giungono seguendo il decorso dei vasi arteriosi; è, inoltre, innervata dal sistema nervoso autonomo da cui riceve fibre sia simpatiche che parasimpatiche che raggiungono l’organo attraverso i nervi cavernosi che decorrono posterolateralmente alla ghiandola

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nella fascia prostatica laterale 9 I nervi cavernosi derivano

dal plesso pelvico formato da fibre parasimpatiche ( derivanti da S2, S3, S4 ) e simpatiche ( dal tratto T12 – L2 ). Le fibre parasimpatiche terminano a livello degli acini dove stimolano la secrezione del liquido prostatico, le fibre simpatiche, invece, determinano la contrazione delle fibrocellule muscolari della capsula e dello stroma.

2. CARCINOMA PROSTATICO

2.1 Epidemiologia

Il cancro alla prostata è il secondo tumore maligno più frequente (dopo cancro ai polmoni) negli uomini di tutto il mondo, contando 1.276.106 nuovi casi e causando 358.989 morti (il 3,8% di tutti i decessi causati da cancro negli uomini) nel 2018 10,11L'incidenza e la mortalità del cancro

alla prostata in tutto il mondo è correlato con l'aumento dell'età, con l'età media al momento della diagnosi di 66 anni. Di nota, per gli uomini afroamericani i tassi di incidenza sono più alti rispetto agli uomini bianchi, con 158,3 nuovi casi diagnosticati per 100.000 uomini e la loro mortalità è di circa due volte maggiore degli uomini bianchi

12 Le ragioni di questa disparità sono state ipotizzate per le

differenze nei fattori sociali, ambientali e genetici. Sebbene si stimino 2.293.818 nuovi casi fino al 2040, quando si

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osserverà una piccola variazione nella mortalità (un aumentodell'1,05%)1314.

I tassi d’incidenza del carcinoma prostatico a livello mondiale variano anche di 24 volte, questo è principalmente dovuto alle diversità delle pratiche di screening adottate dai diversi paesi seppur anche l’occidentalizzazione dello stile di vita sia stata presa in considerazione come possibile spiegazione. I tassi di incidenza standardizzati per età ogni 100.000 persone registrano i numeri più alti nelle regioni ad elevato sviluppo economico: Nord America ( 85.6 ), Caraibi ( 71.1), Australia e Nuova Zelanda ( 104.2 ), Europa Occidentale ( 93.1 ) e Scandinavia ( 73.1 ). I tassi più bassi sono stati riscontrati in Asia ( 7.2 ) e nell’Africa Settentrionale ( 8.1 ).I tassi di

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mortalità del carcinoma prostatico standardizzati per età valutati su 100.000 persone sono i più alti nelle regioni Caraibiche ( 26.3 ), nell’Africa Sub-Sahariana ( 18.3 – 19.3 ), e nel Sud America ( 16.2 ) , i più bassi sono in Asia ( 3.1 ). Negli ultimi due decenni è stato riscontrato un netto decremento dei tassi di mortalità, osservato soprattutto nelle regioni a più alto sviluppo economico che hanno adottato il PSA come pratica di screening. l carcinoma prostatico raramente è diagnosticato in soggetti sotto ai 50 anni d’età, questi rappresentavano solamente il 2%(2008).

Prima dell’introduzione del PSA, l’età media alla diagnosi era di circa 70 anni, scesa a 67 anni nell’ultima decade con il 63% delle diagnosi effettuate dopo i 65 anni. L’utilizzo del PSA come metodica di screening ha consentito di diagnosticare il carcinoma prostatico in popolazioni sempre più giovani, con delle importanti implicazioni nella scelta del più appropriato percorso terapeutico. 15

In aggiunta ai miglioramenti ottenuti in termini di incidenza e mortalità negli ultimi decenni, l’uso del PSA ha determinato un sostanziale decremento della stadiazione di malattia alla diagnosi, evidenziato da un incremento della popolazione con diagnosi di carcinoma confinato alla prostata e una forte diminuzione di carcinomi con coinvolgimento delle vescicole seminali.

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Attualmente, solo tre fattori di rischio per il cancro alla prostata sono stati stabiliti con certezza, tutti non modificabili: l'età, la razza e una storia familiare positiva di cancro alla prostata. Tuttavia, numerosi fattori modificabili sono stati implicati anche nello sviluppo del cancro alla prostata. Sebbene i dati disponibili siano non del tutto coerenti, i possibili fattori comportamentali preventivi includono un aumento del dell’attività fisica, assunzione di pomodori, verdure crocifere e soia. Fattori che possono migliorare il rischio di cancro prostatico includono il consumo frequente di prodotti caseari e, possibilmente, di carne. A titolo di confronto, L'alcol probabilmente non esercita alcuna influenza importante sullo sviluppo del cancro alla prostata. Allo stesso modo, integratori alimentari sono improbabili per proteggere contro l'insorgenza del cancro alla prostata in uomini sani. Diversi fattori, come il fumo e l'obesità, mostrano una debole associazione con l’incidenza di cancro alla prostata, ma una relazione positiva con la mortalità per cancro alla prostata. Nonostante i grandi miglioramenti nella nostra comprensione dei fattori di rischio del cancro alla prostata negli ultimi due decenni, la conoscenza attuale non consente raccomandazioni definitive per specifici interventi

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20 2.2 Screening e diagnosi precoce

Lo screening è una pratica di prevenzione secondaria, da eseguire su una popolazione sana e asintomatica. Relativamente al carcinoma prostatico, i principali obiettivi delle metodiche di screening sono quelli di ridurre la mortalità correlata al carcinoma prostatico e di migliorare la qualità della vita del paziente in termini di QALYs. Per molti anni, lo screening per la diagnosi precoce del carcinoma prostatico si basava esclusivamente sull'esame rettale digitale. Durante quel periodo, la maggior parte dei tumori sono stati diagnosticati ad un stato avanzato senza alcun effetto sulla riduzione della mortalità. Con l'introduzione della determinazione dell'antigene specifico della prostata (PSA) come test di screening, c'è stato un importante aumento nella diagnosi di carcinoma prostatico (PCa), soprattutto nelle fasi iniziali, seguita da una riduzione della mortalità17; nonostante questo vi sono diverse

controversie riguardo l’effettivo equilibrio tra rischi e benefici ad esso correlato tanto che ad oggi rappresenta uno dei temi più dibattuti della letteratura urologica.

Le linee guida della European Association of Urology hanno proposto una strategia di diagnosi precoce da applicare ad una popolazione di soggetti adeguatamente informati e caratterizzati da un’aspettativa di vita di almeno 10-15 anni.

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Tra le categorie di soggetti a rischio più elevato che possono effettivamente trarre beneficio da uno screening sono stati individuati: soggetti di età superiore a 50 anni, soggetti di età superiore ai 45 anni con storia familiare di carcinoma prostatico, soggetti Afro-Americani, soggetti di età superiore a 40 anni e portatori di mutazione BRCA2. Più debole la raccomandazione che vede coinvolte due categorie di pazienti a rischio caratterizzati rispettivamente da: valori di PSA> 1 ng/mL ai 40 anni d’età e valori di PSA> 2 ng/mL ai 60 anni d’età in cui è stato dimostrato un aumentato rischio di metastasi da carcinoma prostatico o rischio di morte nei decenni successivi. 18

In soggetti informati che richiedono una diagnosi precoce si deve procedere con dosaggio PSA ed esplorazione rettale digitale, è un approccio diagnostico che nel 50% dei casi porta alla diagnosi di lesioni che non richiedono altro tipo di trattamento.

Lo screening con PSA per il carcinoma prostatico è stato, tuttavia, contestato per l’alto rischio di determinare biopsie non necessarie, di sovradiagnosi e trattamento eccessivo di tumori indolenti con possibili effetti collaterali indesiderati

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22 2.3 Diagnosi clinico-strumentale

L’esplorazione rettale e\o il dosaggio del PSA rappresentano, ad oggi, i principali strumenti diagnostici che consentono di porre il sospetto di carcinoma prostatico. La valutazione isto-patologica rappresenta, invece, l’unico mezzo che permette di fare una diagnosi definitiva di adenocarcinoma prostatico alla biopsia prostatica o in campioni da TURP o da adenomectomia eseguite per ipertrofia prostatica benigna (IPB).

Clinicamente, la neoplasia prostatica decorre asintomatica nei suoi stadi iniziali. Nelle fasi più avanzate può caratterizzarsi di una sintomatologia, seppur molto aspecifica, che prevede solitamente disturbi minzionali di natura ostruttiva quali: nicturia, pollachiuria, urgenza minzionale. Più raramente può accompagnarsi di ematuria o emospermia, dolori ossei per interessamento metastatico ed edemi agli arti inferiori per un coinvolgimento metastatico dei linfonodi iliaco-otturatori.

2.3.1 Esplorazione rettale

Prima della disponibilità del test del PSA, l’esplorazione rettale rappresentava l’unica metodica diagnostica per la diagnosi precoce del carcinoma prostatico. È un esame da considerarsi caratterizzato da buona riproducibilità se

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eseguito da esaminatori con esperienza15. Gran parte dei

carcinomi prostatici sono localizzati nella zona periferica ghiandolare e possono essere rilevati quando il volume è ≥ 2 mL, tuttavia è da tenere in considerazione una concreta probabilità di insuccesso nella diagnosi precoce. La tipica obiettività clinica che deve far porre il sospetto di carcinoma prostatico è la presenza di un nodulo di consistenza duro-lignea o altrimenti il riscontro di un’area aumentata di dimensioni e caratterizzata da una superficie irregolare. Un esame obiettivo sospetto deve imporre necessariamente un approfondimento diagnostico. Il sospetto diagnostico di carcinoma prostatico con la sola esplorazione rettale porta a diagnosi in un 18% circa dei casi 20, mentre il sospetto clinico associato a valori di PSA ≤

2 ng / mL ha un valore predittivo positivo del 5-30%. Complessivamente PSA ed esplorazione rettale se associati nelle pratiche di screening del carcinoma prostatico portano alla massima probabilità di successo nella rilevazione dello stesso, soprattutto se comparate alla capacità di rilevazione dei due esami presi singolarmente. Vanno dunque considerati due test complementari.

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24 2.3.2 PSA

L’introduzione del dosaggio del PSA ( Prostate Specific Antigen ) come marker sierico ha radicalmente cambiato la diagnostica del carcinoma prostatico. L'antigene prostatico specifico è una serina proteasi prodotta ad alte concentrazioni da prostata normale ed epitelio prostatico maligno21. In condizioni normali, il PSA viene prodotto

come proenzima (proPSA) dalle cellule secretorie che compongono le ghiandole della prostata (acini) e secreto nel lume, dove il propeptide è rimosso per generare PSA attivo. Il PSA attivo può quindi sottoporsi a proteolisi per

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generare PSA inattivo, di cui un piccola porzione entra poi nel flusso sanguigno e circola in uno stato non soggetto a restrizioni (PSA libero). In alternativa, il PSA attivo può diffondere direttamente nella circolazione dove è rapidamente legato da inibitori della proteasi, tra cui l'alfa-1-antichimotripsina (ACT) e alfa-2-macroglobulina22. La

funzione fisiologica del PSA è la dissoluzione del coagulo di liquido seminale catalizzando la proteolisi di semenogellina e di fibronectina. Seppur considerato un marcatore organo-specifico, non è altrettanto definibile come tumore-specifico, questo rappresenta uno dei limiti principali di questa indagine diagnostica. L’innalzamento dei valori di PSA sembra dipendere da una qualsiasi condizione che porti ad un’alterazione della cito-architettonica ghiandolare prostatica che determina una più facile via di accesso alla circolazione. Queste condizioni possono manifestarsi come conseguenza di una patologia prostatica tra cui è compreso il carcinoma prostatico, l’ipertrofia prostatica benigna e le prostatiti, o di altre condizioni non patologiche relativa ad una manipolazione dell’organo che può verificarsi in caso di massaggio prostatico, biopsia prostatica, resezioni trans-uretrali. Allo stesso tempo possiamo avere delle condizioni indolenti per cui abbiamo lo sviluppo di neoplasia in assenza di innalzamento dei livelli di PSA 23.

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26

Le prime osservazioni suggerirono che il livello di PSA potrebbe non essere utile per lo screening,24 ed è stato

proposto un livello di 2,6 ng / mL come limite superiore della gamma normale25,26. A causa della preoccupazione per

la specificità del test, altri primi rapporti suggerivano che il limite superiore dell'intervallo normale per lo screening del cancro alla prostata dovesse essere da 7,5 a 10,0 ng per millilitro 27,28.

Una misurazione del PSA sierico di 4 ng/ml è generalmente considerata come il valore al di sopra del quale un PSA è considerato al di sopra della soglia, anche se la specificità del test è scarsa quando i valori del PSA sono inferiori a 10 ng/ml29,30. Bisogna considerare un’ampia sovrapposizione

di valori di PSA tra coloro che presentano carcinoma prostatico e coloro che soffrono di ipertrofia prostatica benigna individuabile nella cosiddetta “ zona grigia “ che comprende l’intervallo tra 4 – 10 ng / mL.

2.3.2 Derivati del PSA

Con lo scopo di incrementare l’accuratezza diagnostica dello screening basato sul PSA sono stati inseriti altri parametri che comprendono:

- PSAD, PSA Density, è un valore ottenuto dal rapporto tra il livello sierico di PSA e il volume prostatico ( misura ottenuta previa ecografia trans-rettale ). Il valore rilevato è

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direttamente proporzionale al rischio che il carcinoma prostatico sia clinicamente significativo. Esistono altri due parametri correlati al volume: complexed PSAD ( che prende in considerazione il PSA complessato ) e il PSA transition zone density, che rapporto i livelli sierici di PSA al volume della zona di transizione. Recenti evidenze hanno mostrato come il PSAD sia più efficace nel indirizzare ad una biopsia prostatica piuttosto che il solo valore di PSA 31.

- PSA Velocity ( PSAV) e PSA Doubling Time (PSA-DT), sono due parametri che valutano la cinetica del PSA. Il PSAV è definito come l’incremento assoluto annuale del PSA sierico, misurabile in (ng/mL/anno). Il PSA-DT misura l’incremento esponenziale del PSA nel tempo. Sono da considerarsi due parametri che, tuttavia, non offrono informazioni aggiuntive se comparate al dosaggio del solo PSA sierico per questo motivo hanno un maggior valore prognostico piuttosto che diagnostico32. Ci sono buone prove che il PSA velocity non

abbia alcun ruolo per gli uomini con prostata non trattata; la velocità del PSA non dovrebbe essere utilizzato per raccomandare la biopsia, per determinare se preferire la sorveglianza attiva al trattamento curativo, o dare una prognosi sul rischio di fallimento post-trattamento33.

- Free / total PSA ratio, valuta il rapporto tra la frazione di PSA libero e quella totale. È un valore utile nella diagnosi differenziale tra carcinoma prostatico e ipertrofia prostatica

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benigna quando il PSA è compreso nella cosiddetta “zona grigia” tra 4 e 10 ng / mL e quando l’esplorazione rettale risulta negativa. Soggetti con carcinoma prostatico presentano solitamente un’aumentata frazione sierica di PSA complessato e conseguentemente una minor componente libera circolante. Il cut-off di %fPSA preso in

considerazione è di 0.2534.

Sono stati recentemente introdotti degli addizionali test sierici tra i quali il Prostate Health Index ( PHI ), un test che combina i risultati di 3 immunodosaggi quantativi di callicreina, tPSA, fPSA, [-2]proPSA (p2PSA) in un unico punteggio numerico, il PHI score. È stato approvato dalla Food and Drug Administration nel 2012 come strumento diagnostico per la diagnosi differenziale tra carcinoma prostatico e ipertrofia prostatica benigna in soggetti di almeno 50 anni con esame di esplorazione rettale negativo e valori di PSA compresi tra 4 – 10 ng / mL; I dati disponibili mostrano che %[ - 2] proPSA e il il test derivato phi possono essere utili nella rilevazione della carcinoma prostatico riducendo il numero di biopsie negative e migliorando i risultati ottenuti con %fPSA e PSA totale. Dati pubblicati di recente, relativi al rapporto costo-beneficio di questi test suggerisce anche un impatto positivo sul bilancio della loro attuazione generalizzata nella gestione del cancro alla

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prostata. Risultati sul rapporto di %[ - 2] proPSA e PHI con l'aggressività del tumore corroborano l'utilità clinica di questi test. Tuttavia, sono necessari ulteriori studi per confermare questi dati e, soprattutto, al fine di definire il più appropriato cut-off per %[ - 2] proPSA e PHI35.

L’altro disponbile è il 4K score test che include quattro diversi marcatori di callicreina (tPSA, %) fPSA, PSA intatto, hK2) e li combina con i parametri di età e DRE36. Le attuali

linee guida EAU citano il punteggio di 4K come un potenziale marker test che può essere offerto ai pazienti con PSA tra 2.0 e 10.0 ng/ml come ulteriore valutazione del rischio. Tuttavia, il livello di evidenza è ancora basso (raccomandazione di grado C). Il pannello NCCN menziona il punteggio 4K come potenziale strumento nell'impostazione pre-biopsia e post-biopsia negativa, evidenziando il fatto che nessun cut-off convalidato potrebbero essere ancora definiti.

Il test Select MDx misura i livelli di mRNA di un pannello a 2 geni (DLX1 e HOXC6) inizialmente descritto da Leyten et al.

38 nelle urine post-DRE attraverso la trascrizione inversa

PCR ( RT – PCR ). L'espressione KLK3 è utilizzata come riferimento interno. I risultati del test sono combinati con i tradizionali fattori di rischio come il tPSA, l'età, l'anamnesi della biopsia prostatica e la famiglia.

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Il PCA3 ( Prostate Cancer Antigen 3 ) è sovraespresso nei campioni di tessuto del cancro alla prostata. L'uso di PCA3 è stato valutato per come parametro da valutare nel processo decisionale per effettuare biopsia negli uomini con precedenti biopsie negative ma livelli di PSA persistentemente superiori a 4 ng/ml. In particolare, il PCA3 è utile per determinare quali uomini di 50 anni o più, con uno o più precedenti di biopsie negative, debbano essere sottoposti a biopsie ripetute della prostata. L'Istituto Nazionale del Cancro (NCI) La Early Detection Research Network ha riportato un valore predittivo positivo (PPV) dell'80% (95% CI, 72%-86%) nell'impostazione iniziale della biopsia. Un valore predittivo negativo (VAN) dell'88% (95% CI, 81%-93%) per le biopsie ripetute ha portato ad una raccomandazione di uso del PCA3 dopo una biopsia negativa. Con questa tecnica, un carcinoma di alto grado non verrebbe rilevato nel 3% degli uomini con un basso valore di PCA339 . Sono necessarie ulteriori ricerche per

determinare l'uso del PCA3 per l'indicazione di biopsie per i livelli di PSA in un intervallo indeterminato (da 2,5 a 10,0 ng/mL)40.

2.3.4 Ecografia Trans-rettale

L’ecografia trans-rettale (TRUS, Trans-Rectal Ultra Sonography ) rappresenta ad oggi uno strumento

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diagnostico largamente sfruttato nella valutazione del carcinoma prostatico41. Si tratta di un esame indispensabile

che guida numerose procedure diagnostico-terapeutiche nei pazienti con carcinoma prostatico, tra queste: biopsie prostatiche, biopsie di follow-up in sorveglianza attiva, brachiterapia a basse o alte dosi, crioterapia, ultrasuoni focalizzati ad alta intensità ( HIFU ).

La biopsia prostatica guidata dall'ecografia transrettale è una procedura ben tollerata dai pazienti, con una bassa incidenza di complicazioni significative, quindi dovrebbe essere eseguita ogni volta che c'è il sospetto di una lesione neoplastica42. Svolge, inoltre, un ruolo importante nella

valutazione del paziente con ipertrofia prostatica benigna e in alcuni casi di infertilità maschile. La prostata è suddivisibile secondo la sua anatomia zonale, visibile alla TRUS. La zona periferica (PZ) è più ecogena rispetto alla zona centrale (CZ) e alla zona di transizione (TZ), che sono ipoecogene. La CZ è difficile da distinguere dalla ZT in un adulto sano. In giovani maschi la PZ costituisce il 75% del volume della ghiandola, la CZ 20% e la TZ 5%, ma questi rapporti cambieranno con l'età e con l'insorgenza dell'ipertrofia prostatica benigna (BPH). L’ipertrofia prostatica benigna inizia nella TZ e può eventualmente occupare la maggior parte della ghiandola, allungando e assottigliando la PZ. Nella porzione centrale della ghiandola,

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i condotti eiaculatori possono essere visualizzati come tracciati ecogeni su scansioni longitudinali. Questi possono essere rintracciabili posteriormente all'ampolla di vasi, dove le vescicole seminali si uniscono. Tra le vescicole seminali i vasi deferenti possono essere visti derivanti dall’ampolla di vasi. 43

Il carcinoma prostatico può manifestarsi ecograficamente con la presenza di lesioni ipo-ecogene che, se rilevate, devono essere necessariamente comprese nel materiale prelevato tramite biopsia. Tuttavia, l’assenza di lesione ipoecogene non ci consente di escludere la presenza di carcinoma, poiché il 39% di questi si manifesta con aspetto isoecogeno o più raramente ( 1% circa ), può presentarsi come iperecogeno. Vi sono altre patologie che possono determinare la presenza di aree ipoecogene alla TRUS, tra queste: la prostatite granulomatosa, infarti prostatici e alcuni linfomi, ed è per questo che una lesione ipoecogena non può essere considerata patognomonica di carcinoma prostatico.

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2.3.5 Risonanza Magnetica Multiparametrica

La tecnica di risonanza magnetica raccomandata per la diagnosi di carcinoma prostatico è la risonanza magnetica multi-parametrica ( MP – MRI ). Essa fornisce la migliore immagine anatomica del la ghiandola prostatica grazie alla sua superiorità spaziale e alla risoluzione di contrasto rispetto ad altre tecniche di imaging44. La risonanza

magnetica multiparametrica (mpMRI) è sempre più utilizzata per il rilevamento e il rischio di stratificazione del cancro alla prostata clinicamente significativo (csPCa), e ci sono continui requisiti per standardizzare tecniche e formare radiologi nella sua applicazione ottimale45. A lungo

studiata negli anni più recenti, è una metodica che combina la valutazione morfologica di immagini T2-pesate ( T2WI ) alla risonanza magnetica di diffusione ( DWI ), di perfusione ( DCE ) e alla spettroscopia ( MRSI ). In particolare la DWI e la T2WI hanno mostrato eccellenti risultati nella rilevazione, nella localizzazione e nella stratificazione del

rischio del carcinoma prostatico.

La tecnica T2WI ( T2 Weighted Imaging ) è ora ampiamente utilizzata per il rilevamento e la localizzazione dei tumori, la valutazione di aggressività tumorale, la stadiazione locale e il rilevamento della ricorrenza a seguito di varie terapie in pazienti con cancro alla prostata46. Permette di ottenere una

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buona risoluzione spaziale e di definire l’anatomia zonale distinguendo la zona periferica, la zona transizionale, la zona centrale, i dotti eiaculatori, lo stroma fibromuscolare anteriore, vescicole seminali e uretra. La zona periferica ha un alto segnale di intensità in T2WI, riflettendo il suo più elevato contenuto di acqua, il carcinoma, invece, apparirà come un’area di più bassa intensità di segnale. Bisogna, tuttavia, considerare come un’area di più basso segnale nella zona periferica possa essere relativa ad anormalità di natura benigna quali: prostatiti, fibrosi, tessuto cicatriziale, emorragia post-biopsia o post-irradiazione. Per questo, l'imaging ponderato T2 può essere limitato nel distinguere tra tumore e malattia benigna come il tessuto infiammatorio

47.

L’aspetto eterogeneo della ghiandola caratterizzata da noduli di iperplasia benigna porta ad una più difficile localizzazione del carcinoma prostatico della zona transizionale.

È stata studiata una correlazione tra l’incremento del grado di intensità del segnale rilevato con la tecnica T2WI e il grado di Gleason; componenti caratterizzate da un più alto score di Gleason correlano con una più bassa intensità di segnale.

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La tecnica DWI ( Diffusion Weighted Imaging ) si basa sulla proprietà di diffusione dei protoni degli atomi d'acqua e riflette il movimento casuale delle molecole d'acqua. In questo modo, viene fornita un'immagine funzionale. Le immagini presentate dovrebbero includere la mappa del coefficiente di diffusione apparente (ADC) e immagini ad alto parametro b ( b-value ). La maggior parte dei tumori della prostata clinicamente significativi (CSPCa) appaiono ipointensi nelle mappe ADC, rispetto al tessuto normale, a causa della diffusione ristretta/impedita, cioè "intrappolato” movimento delle molecole d'acqua.

Immagini ad alto valore b proteggono il segnale nelle aree tumorali che hanno limitato / impedito la diffusione rispetto ai tessuti normali. Rispetto alla mappa ADC mappe ad alto parametro b immagini mostrano alte intensità di segnale, soprattutto in CSPCa che sono adiacenti o invasivo lo stroma fibromuscolare anteriore, nella zona sottocapsulare e nel vertice o alla base della ghiandola, ma la mappa ADC mostra bassa intensità del segnale. DWI mostra meglio i tumori della zona centrale e transizionale e l'aggressività del cancro, ma la risoluzione è scarsa e l'immagine diventa alterata48.

La risonanza magnetica DCE (Dynamic Contrast-Enhanced ) produce una visualizzazione minimamente invasiva di

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angiogenesi tumorale. Questa tecnica si differenzia dalle altre tecniche di risonanza magnetica funzionale in quanto utilizza un mezzo di contrasto esogeno (a basso peso molecolare chelato di gadolinio) per valutare l’angiogenesi tumorale49. La sequenza comprende T1-immagini di eco a

gradiente rapido ponderato (T1W) della prostata ottenuto prima, durante e dopo l'iniezione endovenosa di un chelato di gadolinio a basso peso molecolare. Perché per la disorganizzazione e per la maggiore permeabilità dei vasi tumorali, il contrasto di gadolinio ha un più rapido wash-in\wash-out nel tessuto tumorale rispetto a ciò che vediamo nel tessuto normale. Lesioni cancerose appaiono quindi iper-intense, almeno inizialmente, su DCE MRI.50

La risonanza magnetica spettroscopica ( MRSI ) fornisce un metodo non invasivo per rilevare piccoli biomarcatori molecolari (metaboliti contenenti colina, poliammine e citrato) all'interno del citosol e spazi extracellulari della prostata. Se la risonanza magnetica traccia l'anatomia, la risonanza magnetica spettroscopica (MRSI) è utilizzata per rilevare spazialmente le deviazioni dalla normale biochimica che si verificano nel tessuto tumorale 51.

Sebbene le sequenze individuali siano molto utili è stato dimostrato come la tecnica T2WI combinata ad altre due sequenze funzionali fornisca una migliore caratterizzazione

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nella rilevazione del carcinoma prostatico. In una meta-analisi diagnostica di sette studi, de Rooij et al, hanno rivelato un'elevata sensibilità complessiva e specificità sull'accuratezza di MP-MRI utilizzando T2WI, DWI e DCE MRI.

Nonostante il suo forte potenziale, un grande limite della risonanza magnetica multiparametrica è stato la mancanza di linee guida standard per l'interpretazione e la rendicontazione dei risultati 52,53Questo problema ha

portato a sostanziale variabilità interpretativa di immagini MR multiparametriche della prostata tra radiologi e centri e ha ostacolato la sua adozione diffusa.gli score di sospetto per carcinoma prostatico alla risonanza magnetica (Prostate Imaging and Reporting Archiving Data System [PI-RADS]) sono stati sviluppati su una scala da 1 a 5 punti (sulla base di criteri fissi) per una migliore standardizzazione dell'interpretazione e del reporting della risonanza magnetica. Il sistema di punteggio Likert, invece, si basa su un'impressione generale del lettore ed è una forma di valutazione più soggettiva. 54

La più recente versione 2.1, PI-RADS v2.1, fornisce specifici perfezionamenti nella performance, l'interpretazione dell'imaging ponderato T2 (T2WI) nella zona di transizione (TZ) e la valutazione complessiva dei noduli della zona di

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transizione, permette ora una distinzione più chiara tra quelli che sono chiaramente benigni e quelli che potrebbero garantire il tessuto di campionamento.

Valutazione di T2WI per lesioni nella zona di transizione (TZ), Score:

- 1: zona transizionale normale ( raro ) o un nodulo rotondo e completamente incapsulato ( “nodulo tipico”)

- 2: nodulo per lo più incapsulato o un nodulo omogeneo circoscritto nodulo senza incapsulamento ("nodulo atipico") o un nodulo omogeneo area leggermente ipointensa tra i noduli

- 3: Intensità del segnale eterogenea con margini oscurati, include quello che non si qualifica come 2, 4 o 5

- 4: Lenticolare o non circoscritta, omogenea, moderatamente ipointensa e < 1,5 cm nella dimensione maggiore

- 5: Uguale a 4, ma ≥ 1,5 cm nella dimensione più grande o definita estensione extraprostatica/comportamento invasivo.

Valutazione della DWI per lesioni in zona periferica (PZ) o di transizione (TZ), score:

- 1: Intensità uniforme del segnale iperintenso (normale) - 2: Ipointensità lineare o cuneiforme o leggera ipointensità

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- 3: Focale (discreto e diverso dallo sfondo) ipointensità su ADC e/o iperintensità focale su DWI ad alto parametro b; può essere marcatamente ipointenso su ADC o marcatamente iperintenso su alto

parametro b DWI.

- 4: Focale marcatamente ipointensità su ADC e marcatamente iperintensità su DWI ad alto parametro b; < 1,5 cm nella dimensione maggiore

- 5: Uguale al 4 ma ≥ 1,5 cm nella dimensione massima o in un'estensione extraprostatica definita o in un

comportamento invasivo. 55

2.3.6 Biopsia prostatica

Ad oggi solo la biopsia prostatica con esame patologico del tessuto è in grado di garantire il rilievo di malattia. La necessità di ricorrere ad una biopsia prostatica prevede un processo decisionale complesso, ancora in evoluzione. Tradizionalmente le indicazioni a procedere con un esame bioptico si basano su tre indicazioni principali: incremento dei livelli di PSA, sospetto esame di esplorazione rettale e/o di imaging e sospetto clinico di carcinoma prostatico. È sempre opportuno discutere e considerare preventivamente fattori individuali quali età, potenziali comorbidità e conseguenza terapeutiche. La stratificazione

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del rischio è un importante strumento che permette di ridurre il numero di biopsie non necessarie.

Lo standard attuale della biopsia per carcinoma prostatico è una biopsia guidata sistematica ad ultrasuoni trans-rettali (TRUS) della prostata a seguito di un esame rettale digitale positivo o un elevato PSA sierico. In origine, le biopsie della prostata venivano eseguite sotto la guida delle dita durante la diretta palpazione56. Dopo la nascita della TRUS negli

anni '80, l'approccio del campionamento “ a sestante “ sotto TRUS è entrato in uso, e questo ha dimostrato di poter migliorare il rilevamento del carcinoma prostatico rispetto alla biopsia dei noduli guidata dalle dita 57. L'approccio del

campionamento “ a sestanti “si riferisce all'uso di una procedura basata su modelli per ottenere campioni bioptici sul lato destro e sinistro dell’apice, della regione mediana e della base della prostata. Successivamente, l'approccio “ a sestanti “ è stato esteso da una biopsia a due biopsie (mediale e laterale) con il risultato di circa 12 prelievi. Ciò ha portato ad un aumento nei tassi di rilevamento di carcinoma prostatico, a seconda dello studio, variavano dal 40 a 96%; tuttavia, molti di questi tumori erano di basso grado e questo ha semplicemente contribuito all'eccesso di diagnosi rispetto alla biopsia a 6 prelievi 58 59 60.

Questa tecnica estesa di campionamento è diventata un nuovo standard diagnostico, contribuendo, tuttavia, alla

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diagnosi eccessiva di carcinoma prostatico indolente 61 ha

anche continuato a sotto-diagnosticare circa un terzo dei carcinomi clinicamente significativi 62 63. Inoltre, la tecnica

SBx ( standard non-targeted biopsy ) è intrinsecamente limitata nelle prostate più grandi, laddove la percentuale di tessuto prostatico campionato è inferiore, in particolare nelle aree meno accessibili, come nella zona anteriore prostata 58,64 La tecnica SBx manca anche il rilevamento di

carcinoma prostatico nel 24% di pazienti con cancro localizzato nella zona di transizione 64,65. Così, nonostante la

convenienza e la semplicità dell'SBx, una significativa parte di carcinomi può mancare con questo metodo da solo.

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Esistono diversi metodi attualmente in uso per la biopsia mirata della prostata diretta guidata dalla RMN, biopsia di fusione cognitiva e biopsia di fusione MRI-TRUS.

La biopsia diretta guidata da risonanza magnetica comporta l'ottenimento di un primo dato di localizzazione mpMRI per descrivere le regioni ad alto sospetto tumorale. Questo set di dati viene poi mappato su una scansione anatomica T2 ottenuta poco prima della biopsia. Le regioni di sospetto tumorale sono mirate per la biopsia utilizzando un dispositivo non magnetico per biopsie con ago per biopsia. I campioni di tessuto sono ottenuti dopo aver confermato che l'ago per biopsia si trova all'interno della lesione target66.

Per i pazienti con un PSA elevato che hanno avuto una precedente biopsia guidata da TRUS negativa o che hanno rifiutato una biopsia guidata da TRUS, la biopsia guidata da risonanza magnetica per lesioni sospette può dare una prima diagnosi di cancro alla prostata67. Anche se i vantaggi

di questa tecnica sono evidenti, ci sono diversi importanti svantaggi. La biopsia in vivo richiede un significativo investimento iniziale in apparecchiature per biopsia compatibili con la RM e la concorrenza per l'utilizzo di unità di scansione MR. Inoltre, il coordinamento tra urologia, radiologia e anestesiologia aggiunge complicazioni logistiche e difficoltà di programmazione, rendendo questa tecnica bioptica un po' meno comune nella pratica moderna.

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La biopsia di fusione cognitiva è la tecnica più semplice per incorporare i dati mpMRI in una biopsia prostatica. I pazienti che necessitano di una valutazione del cancro alla prostata vengono sottoposti a mpMRI come in altre tecniche guidate dalla risonanza magnetica e vengono identificate le lesioni di interesse. L'operatore, durante la biopsia TRUS, prende di mira manualmente queste lesioni utilizzando i punti di riferimento anatomici che emergono dall'ecografia con riferimento alla scansione mpMRI. La mancanza di un software o di una tecnologia speciale legata alla procedura stessa è un vantaggio significativo. Questo metodo di biopsia di fusione è semplice, rapido, meno costoso e con una maggiore precisione rispetto alla biopsia sistemica convenzionale. Tuttavia, ci sono notevoli svantaggi, essa ,infatti, dipende molto dalla competenza e dalla capacità dell'utente di tradurre i risultati della risonanza magnetica in TRUS senza una sovrapposizione fisica delle due immagini63.

La biopsia di fusione MRI-TRUS è stata progettata per consentire di effettuare biopsie in un ambiente d'ufficio, in contrapposizione alla biopsia diretta guidata dalla risonanza magnetica. Il valore della risonanza magnetica per immagini (RM) nella biopsia prostatica eseguita mediante fusione di risonanza magnetica ed ecografia, è stato confermato in grandi studi prospettici 68,69 e

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l'approvazione del suo utilizzo è venuta sia da organizzazioni di urologia che da radiologia70 71. La

risonanza magnetica multiparametrica fornisce informazioni uniche sulla posizione e la dimensione dei tumori. La TRUS fornisce una guida in tempo reale per la biopsia. Così, il concetto principale alla base della tecnologia di fusione MRI/TRUS è la combinazione dei vantaggi della risonanza magnetica con i vantaggi dell'ecografia in tempo reale grazie alla registrazione software delle due immagini

63. Le scansioni MRI vengono eseguite per prime, e i confini

della prostata e le posizioni del tumore sono segmentati dal resto della scansione. Queste informazioni vengono poi inviate elettronicamente alla suite di biopsie. Qui viene eseguita un'ecografia tridimensionale e l'ecografia viene segmentata e fusa alla risonanza magnetica della prostata tramite il software di registrazione. Questo può essere fatto manualmente con una registrazione “rigida” o il software può adattare le due forme l'una all'altra utilizzando la cosiddetta registrazione elastica o deformabile. La registrazione elastica delle due modalità di imaging aiuta ad eliminare qualsiasi residuo di ''fusione cognitiva'' necessaria per centrare il bersaglio del cancro alla prostata. La registrazione deformabile allunga l'immagine di risonanza magnetica in modo che corrisponda al contorno della prostata definito dalla TRUS e quindi dipende

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fortemente da una scansione ad ultrasuoni di alta qualità. Bisogna fare attenzione a garantire che la scansione ecografica dall’apice alla base sia accurata per evitare che la registrazione sia disallineata o deformata in modo errato. L'allineamento tra ecografia e risonanza magnetica permette di manipolare la sonda TRUS in tempo reale e di osservare rotazione o traslazione corrispondente dell'immagine MR. Questo approccio consente all'operatore TRUS di guidare una biopsia precisa e mirata utilizzando le informazioni della risonanza magnetica alla prostata ottenuta in precedenza. Questa tecnica è stata ampiamente segnalata come metodo per una biopsia mirata della prostata, e ci sono alcune prove per il suo utilizzo nella radioterapia guidata per cancro alla prostata63. Gli svantaggi

associati a questo metodo sono che richiede una formazione specializzata dell'operatore e comporta l'uso di un dispositivo aggiuntivo. 72

Nelle biopsie standard, in cui non è stata eseguita alcuna imaging preliminare con mpMRI, o in cui l'mpMRI non ha mostrato alcuna lesione sospetta, i siti del campione devono essere bilaterali dall'apice alla base, il più possibile posteriori e laterali nella zona periferica. Ulteriori prelievi devono essere ottenuti da aree sospette identificate all’esplorazione rettale; le aree sospette su TRUS potrebbero essere prese in considerazione per ulteriori

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biopsie. Quando si effettuano biopsie, c’è il rischio che batteri possano inoculare dal retto nella prostata. Di conseguenza, l'infezione è un rischio potenziale, questa può essere severa e richiedere il ricovero in ospedale73. È

raccomandato un trattamento profilattico con antibiotici per via orale o endovenosa.

Si raccomanda il blocco dei fasci nervosi peri-prostatici guidato da ultrasuoni. Non è importante se il deposito è apicale o basale. L'instillazione intra-rettale dell'anestesia locale è inferiore all'infiltrazione peri-prostatica. L'anestesia locale può essere utilizzata in modo efficace anche per la biopsia trans-perineale mirata con mpMRI. I pazienti sono posti in posizione litotomica. La bupivacaina viene iniettata nella cute perineale e nei tessuti sottocutanei, seguita, due minuti dopo, da un blocco peri-prostatico.

Nell’approccio trans-perineale la sonda viene inserita nel retto con la ghiandola che viene visualizzata sia sul piano coronale che sagittale. Il procedimento prevede di individuare la presenza di aree ipoecogene e la localizzazione dell’uretra. L’ago viene introdotto nello spazio ischio-rettale ed è visibile come una linea iper-ecogena riflettente in scansione longitudinale. È importante, nella prosecuzione dell’ago, evitare il retto, le vene peri-prostatiche, le vescichette seminali, la vescica e l’uretra. Per

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una maggior precisione nell’effettuare il prelievo ci si può aiutare impiegando uno specifico adattatore per ago incorporato nella stessa sonda ecografica. La biopsia eseguita via transrettale, con l’opportuno adattatore per l’ago che permette tale accesso, segue in pratica la stessa modalità della tecnica per via transperineale.

La biopsia “a sestante” non è più considerata adeguata. Si raccomandano almeno 8 biopsie sistematiche in prostate con una dimensione di circa 30 cc. Si consigliano biopsie da 12 a 24 prelievi in prostate di grandi dimensioni. Il tasso di individuazione del cancro alla prostata è più alto se si ripetono biopsie a 12 prelievi in pazienti con età più giovane, livelli più alti di PSA, densità di PSA e punteggi di Gleason e in pazienti con prostata più piccola e rapporto libero / totale di PSA più basso74.

L’attuale strategia di biopsia prostatica sistematica basa la sua efficacia nel rilevare carcinoma prostatico sull’efficienza di campionamento ed è, di conseguenza, potenzialmente soggetta a errori di campionamento includendo falsi-negativi , ad una scorretta stratificazione di rischio a causa di un sottocampionamento, alla diagnosi di malattia clinicamente non rilevante come risultato di un sovra-campionamento, alla necessità di ripetere l’esame bioptico. Il sottocampionamento tende a verificarsi in più del 30% dei casi nei quali il modello di biopsie sistematiche porta

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alla mancata rilevazione di malattia clinicamente rilevante alla biopsia iniziale. Il complessivo tasso di falsi negativi di una biopsia estesa a 12 nuclei supera 30% in alcune serie. Tasso che non è molto migliorato aumentando il numero di prelievi a più di 12.75 È un esame considerabile come

mediamente invasivo, le complicanze ad esso associate sono:

3. BIOELECTRIC IMPEDANCE ANALYSIS

L'analisi di bioimpedenza è un approccio non invasivo, a basso costo e di uso comune per la misurazione della composizione corporea e la valutazione delle condizioni cliniche76. È una metodica che consente di evidenziare la

presenza di alterazioni tissutali, anche di natura tumorale sulla base delle caratteristiche bioelettriche dei tessuti.

Complicanze % di pazienti affetti

Emospermia 37.4

Ematuria > 1 giorno 14.5

Sanguinamento rettale < 2 giorni 2.2

Prostatite 1.0

Febbre > 38.5°C 0.8

Epididimite 0.7

Sanguinamento rettale > 2 giorni 0.7

Ritenzione urinaria 0.2

Altre complicanze che hanno richiesto ospedalizzazione

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L’impedenzometria misura l’impedenza di un corpo al passaggio di una corrente elettrica a bassa potenza e ad alta frequenza. L'impedenza elettrica (Z) è costituita da due componenti: resistenza (R) e reattanza (Xc)77.

Distingueremo in tal senso due diverse tipologie di conduttori:

- Conduttori resistivi: fluidi biologici che, per la presenza di sali, risultano essere una soluzione elettrolitica permettendo il passaggio di correnti continue o alternate, senza alcuno sfasamento. Questa costituisce la resistenza “R”.

- Conduttori capacitivi: cellule che formano i tessuti e le loro membrane che si comportano come condensatori, impedendo il passaggio di correnti continue e rallentando il flusso di correnti alternate. Questa costituisce la reattanza “Xc”.

L’integrità delle membrane e lo stato di idratazione tissutale determinano la resistenza dei tessuti al passaggio di una corrente elettrica. Queste variabili sono correlate tra loro con la formula Z = √R2 + Xc2. I tessuti possono essere

dunque comparati ad un circuito elettrico e quando sono attraversati da una corrente elettrica alternata, si oppongono al suo passaggio con una forza chiamata impedenza costituita dai vettori resistenza e reattanza. In assenza di alterazioni tissutali le misure di questi due

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componenti, misurati e normalizzati sulla lunghezza del conduttore in resistività specifica ( Ohm/cm ) possono essere interpretati come “normali” o “ anormali”.

È necessario comprendere che le membrane cellulari sfasano la conduzione di corrente generando la componente capacitiva di Z ovvero la reattanza ( Xc ) mentre i fluidi extracellulari, con marcate caratteristiche elettrolitiche, permettono un passaggio di corrente non sfasata generando la componente resistiva di Z, ossia la resistenza R.

Il rapporto che si ottiene tra la corrente sfasata e quella in fase viene indicato con un valore angolare, chiamato angolo di fase ( PA = Phase Angle).

La resistenza (R), la restrizione al flusso di una corrente elettrica attraverso il corpo, è legata principalmente alla quantità di acqua presente nei tessuti. La reattanza capacitiva (Xc) è l’effetto resistivo prodotto dalle interfacce tissutali e dalle membrane cellulari. Parte della corrente

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elettrica è immagazzinata dalle membrane cellulari, che agiscono come condensatori, creando uno sfasamento, quantificato geometricamente come PA78 che rappresenta il

rapporto che si ottiene tra la corrente sfasata e quella in fase. Strumenti sensibili alla fase sono in grado di misurare entrambi i valori ( R ed Xc ) e fornire l’angolo di fase ( PA ). Valori di angoli di fase molto bassi ( PA < 2° ) indicano un eccesso di densità cellulare sotto norma, fluidi interstiziali, cellule con attività elettrica alterata, danneggiate, mentre la completa assenza di fase indica assenza di cellularità.

Bisogna considerare, tuttavia, anche la lunghezza del conduttore che condiziona la forza che si oppone al passaggio della corrente. È possibile normalizzare le misure ricavate o dividendo i valori di impedenza per la lunghezza o operando con array di elettrodi a distanza fissa. In tal maniera riusciamo ad ottenere valori standardizzati ossia la resistività specifica del segmento osservato. L’elevata variabilità biologica della composizione dei tessuti dello stesso genere, in tempi diversi, può quindi esser rappresentata statisticamente sfruttando la distribuzione gaussiana ( normale= bivariata del vettore impedenza. Il vettore Z misurato nel campione “ medio “ di riferimento può pertanto essere rappresentato al centro di ellissi di probabilità, dette ellissi di tolleranza, la cui area fornisce la probabilità di contenere un punto del piano R – Xc.

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Sfruttando le misure dirette di impedenza della prostata con un sistema di misura che permette l’osservazione di volumi bioelettrici costanti e ripetitivi si ritiene possibile ottenere una valutazione quantitativa confrontando il vettore impedenza misurato con la variabilità di campioni di riferimento che verrà descritta dalle ellissi di tolleranza. Il metodo di analisi bivariata di R ed Xc ad intervallo fisso non richiede alcuna assunzione di modello, la distanza fissa fra gli elettrodi ottiene una misura che riflette resistività e la reattività specifica relativa della prostata. La normalità dei tessuti può essere ottenuta con osservazioni su una numerosità campionaria adeguata di soggetti sani, calcolandone poi l’area di tolleranza al 50%. Nella pratica la misura della prostata viene eseguita attraverso un ditale di gomma, da indossare sul dito indice ( terza falange ) sopra il guanto standard con il quale viene eseguita la palpazione. Il ditale di gomma è dotato di una zona apicale in corrispondenza del polpastrello conduttiva per chiudere il circuito di lettura con il quale viene misurata la parte reale e al parte immaginaria della corrente ( R ed Xc ) toccando la prossima quanto più prossimalmente possibile. Un generatore di corrente costante sinusoidale viene collegato agli elettrodi a e b che trasmettono il segnale in modo trans addominale saturando tutti i tessuti fra essi compresi.

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La lettura della tensione presente nei tessuti, che varia in funzione dell’impedenza attraversata dalla corrente costante, e lo sfasamento della stessa corrente rispetto alla tensione avviene attraverso la coppia di elettrodi c e d dove d è un elettrodo esterno monouso ed adesivo, mentre c è l’elettrodo apposto all’indice dell’operatore con l’elemento conduttore fissato apicalmente al ditale appositamente realizzato. Il sensore in pochi secondi, mostra sul display valori di Resistenza, Reattanza, Impedenza e Fase e la loro variabilità in tempo reale.

4. STUDIO CLINICO

Il carcinoma prostatico è uno dei più comuni tumori dell’apparato urinario e una severa minaccia alla salute umana. È stato effettuato un totale di 174650 diagnosi negli USA solo nel 2019 con 31.620 morti stimati e alcuni limitate progressioni di malattia che hanno reso il carcinoma prostatico più simili ad una malattia cronica 79. Ad oggi, la

biopsia prostatica e la conseguente valutazione istopatologica tissutale costituiscono gli unici validi metodi

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