• Non ci sono risultati.

Archivio Disarmo: essere un messaggero di pace come unica scelta possibile per il futuro dell'umanità

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Archivio Disarmo: essere un messaggero di pace come unica scelta possibile per il futuro dell'umanità"

Copied!
49
0
0

Testo completo

(1)

1

Corso di Laurea Magistrale Scienze per la Pace: Trasformazione dei conflitti e Cooperazione allo sviluppo

Rapporto di Stage: 4 maggio- 5 ottobre 2020

Archivio Disarmo: essere un messaggero di pace come unica

scelta possibile per l’umanità

Presentato da Fabio Franceschi Numero di matricola: 583473

Relatore: Arturo Marzano Tutor di stage: Maurizio Simoncelli Archivio Disarmo-IRIAD, Via Paolo Mercuri, 8, 00193 Rome

(2)

2

Ringraziamenti:

Un ringraziamento speciale al corpo docenti del Corso di Laurea Magistrale “Scienze per la Pace” per il contributo intellettuale e per l’arricchimento del mio bagaglio di conoscenze,

Al mio relatore Arturo Marzano, per la sua immediata disponibilità e guida durante la stesura di questo rapporto. Un ulteriore ringraziamento per avermi permesso di partire alla volta di Parigi e realizzare un importante traguardo per la mia carriera accademica,

Al mio correlatore Franco Dinelli, per avermi fatto conoscere l’Istituto di ricerca Archivio Disarmo e per il sostegno apportato nei primi mesi di stage,

Allo staff di Archivio Disarmo per l'accoglienza, l'aiuto e la bellissima esperienza degli ultimi cinque mesi,

Al mio tutor di tirocinio per la sua preziosa assistenza, per i suoi consigli editoriali e per i momenti molto piacevoli passati a conversare con lui,

A Serena, che mi ha indirizzato lungo il percorso delle relazioni internazionali, dandomi la possibilità di scoprire i miei reali interessi,

Ad Ayoub, il compagno di viaggio di quest’esperienza. Abbiamo condiviso gioia, spensieratezza, felicità, ma anche rabbia, tristezza e frustrazione. Ci siamo sempre stati accanto nei momenti più difficili. È diventato un fratello per me,

A Marco, che ho da sempre considerato come una guida per il mio futuro. Mi ha insegnato di non mollare mai: l’ostinatezza di perseguire sempre e comunque i propri sogni,

A Martina che ha sempre gioito con me anche nei momenti più difficili, mostrandomi che c’era sempre una luce alla fine di ogni tunnel che ho dovuto percorrere nell’ultimo anno. Grazie a lei ho conosciuto il valore del vero amore: la cosa più bella e importante che mi sia potuta capitare,

A Giulia, che mi ha sempre dato la forza per andare avanti, un appoggio fondamentale per sostenere le avversità e mantenere l’armonia. Un pilastro, una guida: molto più di una sorella,

Ai miei splendidi genitori che mi hanno sostenuto in questo percorso davvero intenso di emozioni e ricco di soddisfazioni; ma soprattutto per aver sempre creduto in me. Senza di loro tutto questo non sarebbe stato possibile.

(3)

3

Sommario

I. Archivio Disarmo: una vision dell’istituto ... 4

1.1 Organigramma ... 7

II. Attività svolte ... 8

2.1 Data Analysis ... 8

2.2 Campagna « Stop Killer Robots » ... 9

2.3 Legge 185/1990 : cosa è cambiato 30 anni dopo? ... 14

2.4 Colombe d’Oro per la Pace, XXXVI edizione ... 21

III. Tre analisi di ricerca sul fenomeno del climate change. Error! Bookmark not defined. IV. Conclusione ... 41

(4)

4

1. Archivio Disarmo: una vision dell’istituto

L'Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo-IRIAD è un’associazione di promozione sociale senza fini di lucro fondata nel 1982 a Roma, grazie alla figura del senatore Luigi Anderlini. Egli, insieme ad un gruppo di cittadini, era convinto che la realizzazione del sommo bene fosse possibile attraverso la costruzione di una pace sociale, resa concretizzabile mediante un processo di divulgazione della conoscenza. Con questa idea in testa fondò l’istituto, di cui assunse il ruolo onorario di presidente fino al 2001. Sotto la sua presidenza, per comunicare con maggiore risonanza l’eliminazione delle testate nucleari effettuata in seguito agli accordi tra Russia e Stati Uniti degli anni ’90, l’istituto realizza due installazioni magnificenti. La prima venne chiamata “Clessidra Atomica”, mentre la seconda “l’Obelisco di luce”, allestite nelle piazze delle principali città italiane. Il suo desiderio di dar vita ad un centro di documentazione, informazione e formazione indipendente sui temi della pace, fu presto concretizzato. Difatti, fin dal 1982 Archivio Disarmo iniziò a curare il mensile “Sistema informativo a schede” (SIS), aggiornato solo due anni fa nella versione denominata IRIAD Review.1

Figura 1. Presentazione delle attività di Archivio Disarmo. Fonte: https://www.archiviodisarmo.it/iriad-in-breve.html

Il compito principale di cui si occupa l’istituto è la realizzazione di progetti di ricerca commissionati da organizzazioni governative (e ONG), e da parte di alcune aziende. Tuttavia, in quanto centro di formazione indipendente pubblica in proprio su riviste e sulla propria piattaforma web analisi, ricerche e articoli. In particolare, analizza la produzione e il commercio di armi di qualsiasi natura per evidenziare le problematicità dell’export di armi, soprattutto per il Bel Paese. In questo ambito, Archivio Disarmo sostiene le iniziative avviate dalla società civile per il controllo del traffico di armamenti, recepite successivamente nella legge del 1990 n.185, che approfondirò maggiormente

(5)

5

nella sezione dedicata alle attività svolte. Tutto questo al fine di evitare il finanziamento dei principali importatori, caratterizzati da regimi dittatoriali responsabili di gravi violazioni dei diritti umani. Inoltre, effettua analisi e ricerche riguardo alla costituzione delle Forze Armate e il livello di armamenti di cui dispongono. L’istituto si interroga sulla coerenza di tale arsenale in relazione alle minacce e agli interessi dello stato in questione. Per conferire una maggiore pragmaticità a tali studi, Archivio Disarmo ha realizzato un database denominato “Disarmo online”, che permette di evidenziare con chiarezza e precisione il quadro generale del disarmo e dei conflitti in corso nel mondo.

Grazie ad una fitta rete con altri think tank internazionali si pone l’obiettivo di promuovere una conoscenza scientifica sui temi del disarmo, diritti umani e la gestione non violenta dei conflitti. Archivio Disarmo è partner del network EU Non-Proliferation and Disarmament Consortium; è membro dell’International Peace Bureau; ed è parte dell’International Campaign to Abolish Nuclear Weapons ICAN. Proprio quest’ultima campagna globale formata dalla società civile nel 2007, con lo scopo di promuovere l’adesione e la piena implementazione del Trattato per la proibizione delle armi nucleari, è stata insignita del prestigioso premio Nobel per la pace nel 2017.2

Proprio grazie all’ampiezza del network di cui può godere l’istituto, nel corso degli anni Archivio Disarmo ha realizzato in collaborazione diversi importanti progetti di ricerca. Citerò a titolo esemplificativo tre programmi conclusi nell’ultimo triennio.

Il primo programma è stato denominato “Action on Armed Drones”, realizzato grazie al valido sostegno di Rete Disarmo e di Open Society Foundation. Esso riguarda essenzialmente le implicazioni strategiche politiche e legali nell’impiego dei droni, in particolare di quelle aerei in ambito civile. Il progetto si è focalizzato anche sull’aspetto della rappresentazione nel discorso pubblico di tali sistemi autonomi. A tal fine è stato realizzato un sondaggio su un campione rappresentativo della popolazione italiana, indagando sul livello di informazione e sulle opinioni dei cittadini riguardo le armi a controllo remoto e quelle autonome. Per quest’ultime, le cosiddette LAWS (Lethal Autonomous Weapons Systems), verrà dedicato successivamente un discorso più approfondito, nella sezione delle attività svolte.

Il secondo riguarda invece uno studio in merito al contrasto del traffico illecito di armi piccole e leggere, le cosiddette SALW (Small Arms and Light Weapons) nello spazio geopolitico del Mediterraneo. Si tratta di un progetto realizzato grazie al contributo del Ministero degli Affari Esteri

(6)

6

e della Cooperazione Internazionale, che affronta il tema della problematica della diffusione illegale di tali sistemi d’arma. È un’iniziativa parallela ai tentativi di contrasto portati avanti dalle Nazioni Unite nell’ambito del programma internazionale “Action to Prevent, Combat and Eradicate the Illicit Trade in Small Arms and Light Weapons”. Inoltre, in aggiunta è stato analizzato anche l’utilizzo del Dark Web, come piattaforma attraverso la quale passa la quasi totalità del commercio clandestino, configurandosi come un ulteriore mezzo per i traffici illegali.3

Nel 2019 è stato realizzato il progetto specifico sulla questione delle LAWS in collaborazione con l’USPID, una ONLUS che riunisce gli scienziati che lottano per promuovere il disarmo. La ricerca è servita per fare il quadro della situazione circa lo sviluppo e lo utilizzo delle LAWS. Si tratta di uno studio che è stato approfondito maggiormente nel corso di questo anno, tramite la realizzazione del numero 7-8/2020 di IRIAD Review, “LAWS: la questione delle armi letali autonome e le possibili azioni italiane ed europee per un accordo internazionale”.4

In secondo luogo, l’istituto organizza corsi di formazione per studenti, professori e specialisti del settore mediante un’altra piattaforma online. IRIAD- Ricerca e Formazione in Conflict Management realizza percorsi educativi volti al superamento di stereotipi e mira a fornire un approfondimento dettagliato sui temi della cooperazione internazionale e della soluzione ai conflitti.5 In particolare, nel 2015 si è conclusa l’Azione quadriennale COST Action IS0805 – “New Challenges of Peacekeeping and the EU’s Role in Multilateral Crisis Management”.6 In riferimento ad IRIAD, gli è stato affidato il coordinamento di un working group intitolato “Peacekeeping in the field”. L’obiettivo prefigurato era la diffusione dei risultati della ricerca in tema di gestione delle crisi internazionali, grazie al coinvolgimento di numerosi esperti provenienti da più di una ventina di centri di ricerca e università europee.

I corsi, come si può constatare da tale esempio di specie, sono offerti anche in vista di percorsi professionali da intraprendere all’interno del mondo della ricerca e dell’educazione alla pace. Difatti, il simbolo dell’istituto raffigura una colomba, un messaggio condiviso a livello internazionale dalle Nazioni Unite, che all’articolo 1 del proprio statuto si occupano di mantenere la pace e la sicurezza

3https://www.archiviodisarmo.it/economia-della-difesa-e-sicurezza-internazionale.html

4 IRIAD Review 7-8/2020,

https://www.archiviodisarmo.it/la-questione-delle-armi-letali-autonome-e-le-possibili-azioni-italiane-ed-europee-per-un-accordo-internazionale.html 5https://www.iriad.it/chi-siamo.html

6COST Action IS 0805, dal nome “New challenges of peacekeeping and the EU’s role in multilateral crisis

management” è un network di 30 istituti di ricerca e università europee che investiga sul ruolo dell’Unione Europea

nelle operazioni di pace e crisis management. Per un ulteriore approfondimento: https://grip.org/cost-action-is-0805-new-challenges-of-peacekeeping-and-the-european-unions-role-in-multilateral-crisis-management/

(7)

7

internazionale. L’ONU, il 20 settembre 1988 ha difatti dichiarato Archivio Disarmo come “Messaggero di pace”, sancendo l’importanza dell’informazione e della conoscenza approfondita, relativa ai conflitti armati, diffusa dall’istituto di ricerca.

Figura 2. Simbolo di Archivio Disarmo. Fonte: https://www.archiviodisarmo.it/iriad-in-breve.html

Infine, offre a studenti, ricercatori e più in generale agli appassionati di tali tematiche, una biblioteca aperta quotidianamente al pubblico. Essa dispone di un patrimonio bibliografico importante di circa 10.000 volumi, continuamente aggiornato.7 Si tratta di un materiale di un certo rilievo e molto concentrato sulle tematiche specifiche del disarmo e della sicurezza internazionale.

1.1 Organigramma

L’istituto di ricerca Archivio Disarmo è costituito essenzialmente da sei figure professionali, che costituiscono il nucleo principale dell’associazione, attorno alla quale ruotano costantemente ulteriori personalità.8 Il presidente e cofondatore è Fabrizio Battistelli, professore di Sociologia presso l’università di Roma “La Sapienza”. Ha svolto numerose ricerche sulle istituzioni pubbliche in merito alle funzioni che esercitano nell’ambito della sicurezza interna ed esterna. L’altro cofondatore e vicepresidente dell’istituto è Maurizio Simoncelli. Storico e docente in materia di geopolitica dei conflitti in diversi master universitari, si occupa di coordinare le attività di stage all’interno dell’istituto, essendo il tutor di riferimento per i tanti studenti internazionali che si recano all’interno dell’associazione per diversi mesi. Difatti, Archivio Disarmo è convenzionato con numerose università per lo svolgimento di tirocini volti al riconoscimento dei crediti formativi. Le attività sono principalmente finalizzate alla stesura e pubblicazione finale di propri paper.

Un altro canale di accesso continuativo all’interno dello staff professionale dell’istituto è rappresentato dal servizio civile universale. Una modalità alternativa di difesa della propria patria,

7https://www.archiviodisarmo.it/biblioteca.html 8https://www.archiviodisarmo.it/team.html

(8)

8

grazie alla condivisione dei più alti valori democratici, sancita nella Costituzione italiana all’articolo 52.9 Esso si compie esclusivamente su base volontaria e solo da parte dei giovani che rientrano nella fascia d’età 18-28 anni. Un percorso dalla durata di un anno, che garantisce una forte educazione, un’occasione di crescita personale ed un’opportunità di contribuire fin da ragazzo allo sviluppo sociale, economico e culturale del paese.

Archivio Disarmo, a partire dalla data di istituzione del servizio civile volontario, nel 2012, ha realizzato diversi progetti dedicati alla ricerca e alla educazione alla pace.10 Rispetto alle altre associazioni italiane presso le quali è possibile prestare tale servizio, l’istituto riveste una particolarità significativa, in quanto pubblica articoli e libri e organizza corsi di formazione sull’approccio nonviolento nella gestione dei conflitti e sul valore della cooperazione internazionale.

L’impegno di Archivio Disarmo si basa sulla convinzione circa l’importanza di una corretta informazione. Un aspetto essenziale per il dialogo tra le parti in conflitto e la convivenza pacifica. Si tratta di un concetto racchiuso nello slogan dell’istituto: «se correttamente in-formata, il rifiuto della violenza per la risoluzione delle controversie, è l’unica scelta possibile per l’umanità».

9 Il testo integrale della Costituzione italiana è disponibile al seguente indirizzo:

https://www.senato.it/documenti/repository/istituzione/costituzione.pdf 10https://www.archiviodisarmo.it/servizio-civile-2.html

(9)

9

2. Attività svolte

2.1 Data analysis

In questi cinque mesi di stage curricolare ho svolto numerose attività, alcune delle quali particolarmente significative e riconosciute a livello internazionale. Avendo iniziato il 4 maggio, in piena emergenza sanitaria da Covid-19 e ancora in fase di lockdown per l’Italia, il tirocinio si è realizzato in modalità smartworking.

Il primo lavoro che mi è stato assegnato è stato aggiornare i dati storici, normativi, geopolitici, ed economici, con una particolare attenzione al trasferimento di armi, di quattro diversi paesi: Afghanistan, Cile, Colombia ed Iraq. Le analisi svolte sono confluite nella categoria “Guerre e aree di crisi”, disponibile sul sito web di Archivio Disarmo, che fornisce una panoramica dell’instabilità globale.11 Si è trattato di uno studio dettagliato della durata di circa un mese, in quanto gli aggiornamenti da apportare riguardavano una copertura di un ampio arco temporale, in media della durata di circa sette anni.

Uno dei principali ostacoli che ho dovuto affrontare è risultato essenzialmente dalla distanza obbligatoria e necessaria dall’istituto, dovuta alle restrizioni imposte dal governo italiano a causa della crescita e permanenza dei casi da Covid-19. In relazione a questa problematicità, per quanto riguarda il primo lavoro svolto, ho registrato una serie di difficoltà per l’analisi dei dati.

Inizialmente, si trattava di una assoluta novità la conduzione di una ricerca di tale portata, non avendo le conoscenze idonee per ottenere i risultati richiesti da inserire all’interno

dell’aggiornamento del paese specifico. Si è trattata di una problematica soprattutto per i paragrafi dedicati esclusivamente alla voce del commercio di armi e alla composizione precisa delle forze armate in gioco, presenti sul teatro di guerra. Sono state fonti particolarmente difficili da

rintracciare, ed in alcuni casi non del tutto aggiornati. Tuttavia, anche se a distanza, il mio tutor di riferimento di Archivio Disarmo, il professore e vicepresidente Maurizio Simoncelli, mi è stato particolarmente d’aiuto, fornendomi tutti i chiarimenti di cui necessitavo per poter andare avanti con la mia attività, e le opportune correzioni che mi conducevano sulla retta via del buon operato. Secondariamente, anche per alcuni dati peculiari da inserire nel grafico di presentazione generale del paese, dovuto alla mancanza di univocità di alcune statistiche, in particolare nell’ambito di determinati tassi demografici. In particolare, si registrava una discrepanza di valori tra quelli segnalati da organismi di un certo calibro, come le Nazioni Unite, e altri istituti specializzati in un

(10)

10

dato settore. Inoltre, a seconda dei paesi considerati si inserivano alcune voci particolari, non richieste invece per altri stati.

2.2 Campagna Stop Killer Robots

Nel mese di giugno, ho preso parte attiva alla campagna “Stop Killer Robots”12 patrocinata a livello nazionale da Archivio Disarmo. L’Istituto si è posto l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica sull’uso nel campo della difesa, delle cosiddette Lethal Autonomous Weapons System (LAWS), in un’ottica di contrasto al crescente impiego di tali armamenti, soprattutto da parte statunitense. A tal fine, Archivio Disarmo ha pubblicato nel numero dei mesi di luglio e agosto di IRIAD Review, uno studio specifico sulla questione delle LAWS e le possibili azioni da adottare per la stipula di un accordo internazionale. Il rapporto in questione è opera di una collaborazione stretta tra l’Istituto e l’Unione Scienziati per il Disarmo (USPID) ed effettuata per conto del Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale.13 Il paper è stato presentato anticipatamente da un webinar formativo tenuto sulla piattaforma Zoom direttamente dai relatori che hanno contribuito maggiormente alla stesura della pubblicazione sulle LAWS. In seguito ad una trattazione in merito agli aspetti etici relativi alle possibilità di affidarsi esclusivamente ad armamenti non sottoposti ad una forma di controllo umano, ci si è soffermati sulle caratteristiche dell’Intelligenza Artificiale e delle sue applicazioni militari. Si tratta difatti di dispositivi adottati da parte delle forze armate delle principali potenze. A tal fine sono state prese in esame le differenti alternative da implementare nel caso si verificasse una preoccupante proliferazione. Da una parte, i meeting governativi finalizzati all’adozione di innovative misure legali concernenti la prevenzione e il controllo nei confronti delle LAWS. Nell’ambito dei colloqui sulla Convention on Certain Conventional Weapons (CCW) con sede a Ginevra, vi sono posizioni diversificate. Da questo dibattito internazionale emerge il concetto del meaningful human control, che trova un ampio consenso visto che si allontana dall’argomento principale in questione, ossia la definizione giuridica delle LAWS.

Dall’altra parte, invece, si colloca la lotta della società civile e le prese di posizione da parte della comunità scientifica internazionale. A tal fine, il nostro impegno e attivismo è risultato da un semplice scatto di foto di tutti i membri partecipanti del seminario online. Un’immagine, tuttavia, fortemente simbolica ed evocativa della lotta contro l’impiego di tali armi autonome. Infatti, ci siamo messi in prima linea, mostrando il nostro viso e i nostri palmi delle mani caratterizzati dalla scritta: “Stop

12https://www.stopkillerrobots.org/

13 IRIAD Review 7-8/2020,

(11)

11

Killer Robots”. In particolare, ognuno doveva annotarsi una singola parola dello slogan in questione, in modo tale che poi nell’immagine risultasse un collage di voci, grazie ad un ottimo lavoro di montaggio, volti a formare un univoco grido di lotta portato avanti contro le LAWS. Si è trattata di una forte presa di coscienza dell’argomento in questione, dal momento che la foto è circolata anche all’interno dei vertici internazionali volti alla messa in discussione di questi dispositivi. Armi sempre più in via di crescita nell’ambito dell’apparato industriale-militare di svariati stati: Stati Uniti, Russia, Francia, Gran Bretagna, Corea del Sud e Israele. Parallelamente aumenta il numero dei paesi interessati ad investire nel settore, tra cui: Arabia Saudita, Armenia, Azerbaijan, Bielorussia, Emirati Arabi Uniti, Messico, Polonia, Taiwan e Venezuela.

Se molte di queste LAWS sono ancora da sviluppare, altre sono già operative nel settore della difesa, verso il quale si destina un ingente quantità di risorse economiche, prevedendo circa un investimento di $13 trilioni entro un decennio.14

Figura 3. Grafico trend di crescita mercato civile e militare. Fonte: Business Insider

(12)

12

Figura 4. Numero di eventi dedicati alla tematica, trend 2013-2017. Source: Report “Unnamed

Ambitions”

I protagonisti indiscussi di tale mercato in fermento sono gli Stati Uniti. Essi sono i proprietari della maggioranza delle tecnologie più avanzate, ergendosi inoltre a leader dell’export mondiale di droni militari. Gli USA risultano essere infatti il paese che destina il più alto budget miliardario in questo settore, incrementandolo ulteriormente per rafforzare la loro posizione. L’amministrazione Trump nel 2017, cavalcando l’ondata di frenesia ed entusiasmo circa il mercato delle LAWS, ha deciso per un ulteriore allentamento dei regolamenti interni riguardo l’export di droni armati, pressando per modificare l’accordo internazionale sul Regime di Controllo delle Tecnologie Missilistiche (MTCR).15

La riflessione che suscita le preoccupazioni evidenziate dalla società civile e dai governi in merito all’impiego delle LAWS è la seguente: ci sentiamo sicuri quando vengono impiegate? I vantaggi di un loro utilizzo superano i rischi a cui si potrebbe eventualmente incorrere? Al momento, vi sono forti limiti applicativi. Secondo alcune ricerche condotte nel campo, utilizzando la metodologia di adversarial testing, si è evidenziato come la rete neurale di questi dispositivi possa essere indotta in errore. Un target civile può essere facilmente scambiato per un obiettivo militare, come si è verificato nel caso di uno scuolabus. Vi sono dunque punti critici che non possono essere affatto trascurati, dal momento che appare molto rischioso affidarsi a questi sistemi d’arma, senza porre alcun controllo.

15 Un accordo che si pone l’obiettivo di limitare le opportunità di vendere tecnologie militari a terzi. Per un ulteriore approfondimento, prendere visione del seguente articolo disponibile all’indirizzo:

(13)

13

Le problematicità derivano essenzialmente da eventuali offensive avversarie che possono indurre in errore il sistema; da malfunzionamenti interni dovuti a processi di autoapprendimento e al complesso funzionamento degli algoritmi.

Tuttavia, nonostante queste evidenti limitazioni, la campagna di pressione contro le LAWS si rende necessaria dal momento che vi sono numerosi governi che al contrario ne esaltano i pregi. Da una maggiore precisione negli attacchi ad un’elevata rapidità nella reazione; da un’assenza di stress emotivo tipico della natura umana ad una riduzione dei danni collaterali potendo così rispettare il framework del diritto internazionale umanitario. Proprio quest’ultima ragione spinge a convincere circa l’efficacia di tali armi. Ciò che desta maggiori timori, è proprio l’instaurazione di un’eventuale configurazione di uno scenario apocalittico: una guerra portata avanti da sole macchine potrebbe incentivare verso la scelta di maggiori conflitti. Inoltre, dati i costi relativamente ridotti dell’impiego di questa forma di intelligenza artificiale, potrebbe verificarsi una corsa al riarmo che coinvolge anche alcune milizie irregolari e formazioni terroristiche. La diffusione di questa peculiare forma di tecnologia bellica, infatti, presenta due aspetti inquietanti: la mancanza di un quadro giuridico condiviso ed adeguato volto ad evitare un possibile uso indiscriminato in ambito militare delle LAWS. Il secondo si ricollega ad una incontrollata proliferazione e sviluppo, che limita la conoscenza scientifica delle tecnologie disponibili cdi cui svariati attori di diversa natura possono entrare in possesso.

Un uso di questi sistemi d’arma autonomi comporterebbe una trasformazione radicale nella gestione dei conflitti. Come studiato all’interno del corso di “Traitement juridique des conflits armés”, le LAWS dovrebbero far riferimento al rispetto delle norme che caratterizzano il diritto internazionale umanitario. In primo luogo, il mantenimento della catena della responsabilità nelle azioni belliche, al fine di perseguire penalmente tutti i potenziali responsabili, compresi quelli appartenenti alle alte sfere gerarchiche. In secondo luogo, risulta alquanto difficile applicare i fondamentali principi che regolano il diritto dei conflitti armati: distinzione, proporzionalità e precauzione.16

Siamo ben al di là della disumanizzazione della guerra. L'industria bellica sta seguendo con grande attenzione le nuove scoperte nel campo dell'intelligenza artificiale, grazie alle quali è possibile progettare un computer capace di pensare per sé. Questa innovazione può avere un potenziale straordinario se applicata al settore degli armamenti. Infatti, la ricerca tecnologica è sempre più focalizzata sullo sviluppo di droni autonomi, con sistemi in grado di agire completamente da soli. Un

16 Il primo protocollo addizionale alle Convenzioni di Ginevra del 1949 relative alla protezione delle vittime nei conflitti armati internazionali stabilisce all’articolo 48: “Il principio si riferisce alla distinzione primordiale tra gli obiettivi militari e civili, prevedendo un assoluto divieto di attaccare persone e beni civili”.

(14)

14

drone deciderà quindi autonomamente se e come lanciare missili sul suo obiettivo: uno scenario non così lontano come si potrebbe pensare. La comunità internazionale nutre ancora seri dubbi sulla posizione del diritto internazionale in questo settore, mentre il basso costo politico di questi strumenti li rende simili a giocattoli pericolosi. I governi, infatti, sono più disposti ad autorizzare azioni militari che non causeranno rischi al personale alla guida di velivoli, tuttavia l'operazione legittimata rimane un vero e proprio attacco armato. Il principio cardine del diritto internazionale di guerra internazionale come "extrema ratio" rischia di cadere nell'oblio. Lo stratega politico deciderà di ricorrere prontamente alla forza armata, proprio perché sembra "facile e indolore".

Siamo in una nuova era, in cui la tecnologia sta prendendo il sopravvento sul processo decisionale dell’essere umano.

2.3 Legge 185/1990: cosa è cambiato 30 anni dopo?

Nel mese di luglio 2020 la Rete italiana per il disarmo e la Rete della pace hanno organizzato una video conferenza per celebrare l’anniversario dei 30 anni della legge 185/90 che regola l’import-export militare italiano.17 Nell’ambito di tale evento si è ripercorso l’intero periodo di applicazione della normativa che può essere visionato all’interno del report elaborato in collaborazione con Archivio Disarmo.18 L’istituto in cui ho prestato il mio tirocinio curricolare ha per l’occasione redatto un paper di ricerca, che ha analizzato le circostanze storiche che hanno condotto all’approvazione della legge, fino ad arrivare ai giorni nostri.19 Un progetto che poi è stato inviato alle diverse figure istituzionali che prendono parte attiva alla campagna di pressione all’interno del Parlamento e del Governo italiano, per un rinnovamento della 185/1990.

La legge fu fortemente voluta da ampi settori della società civile, gli stessi che continuano a difenderla, chiedendone un’attuazione maggiormente rigorosa. Una norma considerata all’epoca come innovativa e avanzata, ma che è rimasta sostanzialmente priva di efficacia a causa della sua mancata applicazione. Diverse associazioni, come ad esempio Save the Children e Amnesty International, hanno dunque lanciato in quest’occasione un appello rivolto al governo per applicare concretamente la normativa. Giorgio Beretta proveniente dall’OPAL (Osservatorio Permanente Armi Leggere di Brescia), anch’egli presente alla conferenza, spiega come la vendita delle armi debba

17http://presidenza.governo.it/UCPMA/doc/legge185_90.pdf

18

https://mcusercontent.com/fa5bab19e0386a407221c9180/files/a8dc5c97-7f4b-494c-b02e-bbe0ed619359/30anni185_analisi_RID_RdP.pdf

19 IRIAD Review 06/2020 “30 anni di 185: dal commercio senza vincoli all’export del 2020”, disponibile all’indirizzo:

https://www.archiviodisarmo.it/view/PgKiZQdgr6pOA_L1lOS_HhOxFBt6JpuSAehJ0j5vSso/iriad-review-giugno-2020-2.pdf

(15)

15

passare obbligatoriamente dal consenso parlamentare. Visto che ormai viene completamente bypassato, Amnesty International ha dichiarato l’intenzione di attivare un contenzioso giudiziario, nel caso in cui questo fenomeno persista. La richiesta di stop verso i Paesi belligeranti e fortemente repressivi è unanime.20

Figura 5. L’export di armi italiane nel mondo nel 2018. Fonte: Governmental relation

La perdita di trasparenza nel commercio delle armi, sempre più crescente negli ultimi anni, lede fortemente la capacità di controllo. Quest’ultimo risulta essere fondamentale per la responsabilità politico-diplomatica dell’Italia nei vari scenari di crisi e per poter concretamente promuovere la pace, come previsto all’articolo 11 della Costituzione italiana.21

Si tratta dunque di una legge fortemente disattesa nei suoi termini, come dimostra il trend di continuo aumento dell’export di armi italiane registrato negli ultimi cinque anni. In particolare, 44 miliardi di euro di autorizzazioni, che risulta essere la stessa somma ottenuta negli ultimi 15 anni di trasferimento

20

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/07/09/armi-associazioni-al-governo-stop-a-vendita-a-egitto-e-a-paesi-in-guerra-export-aumentato-negli-ultimi-5-anni-legge-va-resa-piu-stringente/5863132/

21 “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”. https://www.senato.it/documenti/repository/istituzione/costituzione.pdf

(16)

16

d’armi.22 Un commercio realizzato con paesi alquanto problematici dal punto di vista del rispetto dei

diritti umani, come Turchia, Egitto, Turkmenistan. Inoltre, lo scambio di armamenti si effettua anche con Stati che utilizzano gli stessi in uno dei principali teatri bellici del momento. Si tratta di destinare armi italiane, ad esempio, verso la coalizione formata da Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, fortemente attiva nel tragico conflitto mediorientale in Yemen.23 Il governo di Riyadh acquisiva dalla

RWM con sede in Sardegna le bombe aree che impiegava nella guerra. Si trattava di forniture per le quali il Parlamento europeo aveva imposto l’interruzione già nel febbraio 2016. L’Italia ha rispettato i termini dell’embargo solo tre anni più tardi, il 31 luglio 2019.24

Il caso della Turchia

Negli ultimi anni le forniture di armi alla Turchia hanno registrato un forte aumento: dai 128,8 milioni nel 2015 ai 362,3 nel 2018.25 La Turchia fa parte dell’alleanza atlantica e non è dunque sottoposta ad

alcuna forma di limitazione, essendo anche un forte partner commerciale dell’Europa.

Tuttavia, non è affatto un mistero che il governo di Ankara violi sistematicamente i diritti umani, ed è inoltre attore principale nel conflitto siriano, a seguito dell’invasione nel nord del paese.26 Proprio

per queste due ragioni non le si dovrebbe procurare sistemi d’arma, ma l’Italia continua ininterrottamente in questo tipo di rifornimento, proprio come fa la Francia, Germania e l’Olanda. Ora che è cresciuta l’indignazione da parte dell’opinione pubblica è stato necessario adottare sostanzialmente un decreto di facciata per sospendere i rifornimenti futuri, mentre i contratti in corso saranno rispettati: almeno per tutto il 2020 si continuerà a vendere alla Turchia. Purtroppo, non si tratta nemmeno di un caso isolato e non è ancora possibile tracciare un quadro completo della situazione, visto che il mercato delle armi non è per nulla trasparente.

All’interno di questa video conferenza si è dunque evidenziato l’obiettivo di richiedere all’esecutivo italiano un arresto definitivo della vendita di armamenti ad un paese come l’Egitto, che non ha affatto collaborato al caso dell’omicidio di Giulio Regeni.27

22https://www.repubblica.it/solidarieta/diritti-umani/2020/07/09/news/armi-261423378/ 23 https://www.agensir.it/quotidiano/2020/7/7/disarmo-a-30-anni-dalla-legge-185-90-qual-e-stato-limpatto-incontro-a-roma-il-9-luglio/ 24 https://www.corriere.it/dataroom-milena-gabanelli/export-armi-turchia-dove-perche-violiamo-leggi-italiane-dell-onu/57dbf612-ef70-11e9-9951-ede310167127-va.shtml 25 Ibidem

26 Con l’operazione “Sorgente di Pace” avviata il 9 ottobre 2019, la Turchia ha condotto un’offensiva militare nel nord-ovest della Siria.

27 Giulio Regeni era un dottorando italiano proveniente dall’Università di Cambridge. Venne rapito il 25 gennaio 2016 e fu ritrovato il corpo esanime il 3 febbraio, nelle vicinanze di una prigione dei servizi segreti egiziani. Una vicenda che ha portato alla creazione di una commissione parlamentare di inchiesta sulla morte del giovane. Tuttavia, la ricerca della verità e della giustizia non ha ancora trionfato.

(17)

17

La legge, tuttavia, impedisce di vendere sistemi d’arma a paesi in guerra e che violano inoltre il nucleo dei diritti umani. Una formulazione che nasce da uno scandalo sul commercio avvenuto nel 1990 negli USA, ad Atlanta. Una filiale della BNL nel territorio statunitense è stata la responsabile di una vendita illegale all’allora Iraq di Saddam Hussein nella prima Guerra del Golfo. Da tale fenomeno si è prevista la redazione di una relazione da presentare ogni anno entro la fine di marzo, per le operazioni di import-export effettuate durante l’anno precedente. Nei 30 anni di applicazione della legge 185/1990 si sono autorizzati quasi 110 miliardi di euro. I due archi temporali in cui si è registrata una forte impennata di export sono essenzialmente due quinquenni: 2006-2010 (interrotto a causa della grave crisi finanziaria globale); 2015-2019.

Figura 6. Autorizzazioni per l’export delle armi italiane nel periodo 1990-2019. Fonte: https://mcusercontent.com/fa5bab19e0386a407221c9180/files/a8dc5c97-7f4b-494c-b02e-bbe0ed619359/30anni185_analisi_RID_RdP.pdf

Questo dimostra come in realtà i diversi governi italiani che si sono succeduti nel tempo abbiano accantonato l’obiettivo del controllare il commercio d’armi, sostituendolo con la necessità di sostenere il grande flusso di export militare. In particolare, nell’ultimo periodo sono incrementate le vendite a paesi che non appartengono all’entità dell’Unione Europea e dell’Alleanza Atlantica. Si è arrivati ad autorizzare più di metà dell’export, il 56% cioè 24,8 miliardi, al di fuori del classico campo

(18)

18

d’azione di politica estera italiana. Ciò, nonostante il testo della legge in considerazione dica espressamente che l’export deve essere conforme alla politica estera e di difesa dell’Italia.28

I primi dieci paesi in testa alla classifica dei destinatari delle armi italiane sono rispettivamente: il Regno Unito (10%); subito seguito dal Kuwait (8,4%); Qatar (7,1%); Germania e USA (6,3%); Arabia Saudita (4,9%); Francia (4,3%); Emirati Arabi Uniti (4%); infine Spagna e Turchia (3,7%). La presentazione di questo insieme di dati permette di conferire trasparenza ad un fenomeno del tutto opaco e tenuto da parte, in quanto argomento ostico per gran parte delle forze politiche italiane. Questa video conferenza ha ospitato anche alcuni deputati e senatori illustri che si sono prodigati, in quanto minoranza, per rendere più cristallino il regime dei trasferimenti dei sistemi d’arma. Era presente, ad esempio, il senatore di M5s Gianluca Ferrara, il quale ha parlato apertamente e con coraggio di un necessario rinnovamento della legge, in termini più restrittivi per una sua maggiore rigorosa applicazione. L’altro senatore presente, Gregorio De Falco, appartenente al gruppo misto ha compiuto un passo ulteriore. Egli ha denunciato le incoerenze del governo, sostenitore di una concretizzazione severa della normativa, ma come ricordato precedentemente poi diviene il responsabile di un massiccio trasferimento d’armi all’Egitto.

Si è dunque permesso un confronto con le Istituzioni (Parlamento e Governo) ed esponenti della società civile. Difatti, proprio nei giorni successivi alla conferenza, si è discusso all’interno dell’Assemblea rappresentativa il rapporto dell’export 2019: si tratta di un fenomeno inedito che non accadeva da tempo. Un segno di una ritrovata attenzione su un tema così delicato. C’è bisogno di maggiore serietà.

Tra le richieste in discussione per un’eventuale modifica vi è quella di inserire il codice identificativo dell’arma in questione e la data di ciascuna autorizzazione rilasciata. Inoltre, sempre in nome della trasparenza, risulta necessaria l’elaborazione di una lista esaustiva che indichi per quali paesi vige il divieto di embargo e dove vi sono in corso delle gravi violazioni dei diritti umani da parte dell’esecutivo stesso: redigere dunque una black list.

Un altro aspetto da considerare è il necessario rafforzamento dell’Arms Trade Treaty (ATT).29 L’Italia viola la convenzione in questione, adottata sotto l’egida delle Nazioni Unite. Si prevede, infatti, all’articolo 13: “Each State Party shall submit annually to the Secretariat by 31 May a report

28https://www.repubblica.it/solidarieta/diritti-umani/2020/07/09/news/armi-261423378/

29 Il 2 aprile 2013 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato la Risoluzione che incorpora l’Arms Trade Treaty. Si tratta del primo trattato in materia, oltre a quello del 1925 concluso sotto l’egida della Società delle Nazioni, ma senza mai essere entrato in vigore. L’ATT non vieta il commercio internazionale, ma aspira a rendere la

(19)

19

for the preceding calendar year concerning authorized or actual exports and imports of conventional arms”.30 L’Italia ha presentato i propri dati fino al 2014, risultando insieme al Lussemburgo il paese europeo più inadempiente. Tuttavia, si tratta di un trend registrato anche a livello globale, dal momento che nel 2018 solo 31 stati hanno presentato il proprio rapporto.31

Bene, l’Italia ha presentato i propri dati all’agenzia dell’Onu UNROCA fino al 2009. Da allora risultano solo i report 2013 e 2014. Siamo, insieme al Lussemburgo il paese europeo più inadempiente. A livello globale siamo in ottima compagnia, visto che nel 2018 solo 31 Stati hanno inviato il loro rapporto. L’ennesima dimostrazione che i trattati si firmano, ma poi non si rispettano senza incorrere nemmeno in alcun tipo di sanzione.

Figura 7. UNROCA data. Fonte: https://www.unroca.org/

Infine, occorre un fondo di sostegno per attuare un’efficace riconversione dell’industria militare, come previsto dall’articolo 1.3 della normativa 185/90: “Il Governo predispone misure idonee ad assecondare la graduale differenziazione produttiva e la conversione a fini civili delle industrie nel settore della difesa”. Per modificare in modo più stringente serve una concreta volontà politica. Tuttavia, al momento, le forze che compongono l’esecutivo non hanno ancora formato un fronte comune. Il governo ha la possibilità di sospendere il proprio export di armi. Secondo la classifica

30 Per una lettura integrale del testo dell’Arms Trade Treaty (ATT),

https://www.thearmstradetreaty.org/hyper-images/file/TheArmsTradeTreaty1/TheArmsTradeTreaty.pdf

31

(20)

20

stilata dallo Stockholm International Peace Research Institute all’interno del SIPRI Yearbook 202032

l’Italia si colloca al nono posto nel ranking mondiale di export militare.33

1 USA 36 1 Saudi Arabia 12

2 Russia 21 2 India 9.2

3 France 7.9 3 Egypt 5.8

4 Germany 5.8 4 Australia 4.9

5 China 5.5 5 China 4.3

6 UK 3.7 6 Algeria 4.2

7 Spain 3.1 7 South Korea 3.4

8 Israel 3.0 8 UAE 3.4

9 Italy 2.1 9 Iraq 3.4

10 South Korea 2.1 10 Qatar 3.4

Figura 8. I principali esportatori e importatori dei maggiori sistemi d’arma, 2015-2019. Fonte: SIPRI

L’opzione di intraprendere verso una parziale interruzione del commercio militare è al momento considerata irrealizzabile. È una scelta politica che deve essere necessariamente rivista. All’epoca come ora, si tratta di una legge necessaria per garantire un regime di pace e di sicurezza internazionale.

Insomma, occorre rilanciare le mobilitazioni su questo tema e avviare nuove iniziative. Difatti, adesso più che mai ce n’è fortemente bisogno.34

32 Il SIPRI è un istituto internazionale indipendente fondato nel 1966 in Svezia. Si dedica a ricerche del mondo dei peace studies, in particolare sulle spese militari e sui trasferimenti d’armi.

33https://www.sipri.org/sites/default/files/2020-06/yb20_summary_en_v2.pdf 34https://www.disarmo.org/rete/a/47835.html

Global Global

(21)

21

2.4 Colombe d’oro per la pace, XXXVI edizione

Figura 9. Colombe d’Oro per la Pace, 2015. Fonte: https://www.archiviodisarmo.it/golden-doves-for-peace.html

Il premio giornalistico “Colombe d’oro per la pace” è un prestigioso riconoscimento assegnato annualmente dall’Istituto Archivio Disarmo. Si tratta di un suo marchio di fabbrica e del suo emblema nel mondo, la cui origine risale all’anno 1986 grazie all’idea dell’attuale presidente del centro di ricerca, Fabrizio Battistelli e al sostegno di Legacoop.35

Il premio viene assegnato annualmente a tre giornalisti che si sono prodigati particolarmente per la promozione della pace e del disarmo. Vi è poi un ulteriore assegnazione “speciale” destinata a personalità internazionali. Il simbolo di un premio tanto ambito raffigura una colomba con un ramo d’ulivo. Essa venne realizzata grazie al lavoro del noto scultore italiano Pericle Fazzini.

La giuria è stata composta, fin dalla fondazione del Premio, da grandi personalità italiane. Tra esse vi sono state: Sandro Pertini (settimo presidente della repubblica dal 1978 al 1985), Alberto Moravia (uno degli scrittori più importanti del XX secolo), Miriam Mafai (importante scrittrice strettamente legata al movimento per l'emancipazione delle donne e, più in generale, all'attività politica della sinistra italiana). Inoltre, dal 1989 al 2012 la giuria delle Colombe d’oro per la pace è stata presieduta da Rita Levi-Montalcini, premio Nobel per la medicina nel 1986 e senatrice a vita fino alla data della sua scomparsa, avvenuta proprio nel 2012.

35 Si tratta di un’associazione che tutela e rappresenta un insieme di cooperative, denominate anche coop rosse dato il loro storico orientamento di sinistra.

(22)

22

Per quattro volte nel corso della sua storia, il Premio Colombe d’oro ha anticipato l’assegnazione del Premio Nobel per la Pace: nel 1987 con Mandela, nel 1989 con Gorbaciov, nel 1997, con John Hume per la pace nell'Irlanda del Nord. Infine, nel 2017 a ICAN36 a cui è stato assegnato il Premio Nobel per la pace quattro giorni prima della cerimonia di consegna delle Colombe d’oro.37 Per l’occasione, il presidente Fabrizio Battistelli ha deciso di commentare la simultaneità di tale designazione:

È l'anno delle coincidenze. Era il 6 agosto, anniversario della tragedia di Hiroshima che segna l'inizio dell'era atomica, quando la Giuria delle Colombe d'oro ha concluso i suoi lavori, decidendo all'unanimità di conferire il premio internazionale per la pace all'ICAN, campagna internazionale per l'abolizione delle armi nucleari. La data stabilita per la cerimonia è stata il 10 ottobre, il 6 di questo mese a Oslo è stato assegnato a ICAN, il premio Nobel per la Pace. Qualcuno dice che le Colombe d'oro portano fortuna. Più semplicemente propendo a credere alla ragionevolezza delle scelte.38

Per questo grande evento dell’anno l’Istituto è riuscito a organizzare il proprio staff per garantire la presenza fisica a tutti noi giovani tirocinanti. La XXXVI edizione si è tenuta giovedì 8 ottobre 2020, presso la sala San Benedetto XIII in una delle strutture messe a disposizione dalla Comunità di S. Egidio.39 Io, assieme ai miei colleghi abbiamo presenziato all’evento, garantendo l’accoglienza e la registrazione degli ospiti; ma soprattutto anche la diretta sui social network per garantirne l’accesso a tutti coloro che non hanno avuto la fortuna di essere presenti. Infatti, purtroppo, in rispetto delle normative adottate per la prevenzione e il contrasto al Covid-19, vi era una limitazione stringente circa la disponibilità dei posti in sala.

Figura 10. I quattro vincitori della XXVI edizione delle Colombe d’oro per la pace. Fonte:

https://www.archiviodisarmo.it/premio-archivio-disarmo-colombe-d-oro-per-la-pace-xxxvi-edizione.html

36 International Campaign to Abolish Nuclear Weapons è una coalizione globale formata da esponenti della società civile che lotta per promuovere l’implementazione del trattato sulla proibizione delle armi nucleari nel mondo. 37https://www.archiviodisarmo.it/golden-doves-for-peace.html

38 XXXIII edizione del Premio Colombe d’oro per la pace, 10 ottobre 2017.

39 Si tratta di un movimento laicale di ispirazione cristiana cattolica nato in Italia nel 1968 e ad oggi diffuso in oltre 70 paesi diversi.

(23)

23

Questa edizione della premiazione delle Colombe d’oro per la pace è stata dedicata proprio alla crisi sanitaria che ha segnato drammaticamente tutti i paesi del mondo. Nonostante i gravi danni che sono stati apportati alle diverse società e le grandissime contraddizioni, sono venute alla luce anche le capacità umane dell’altruismo, solidarietà e bontà d’animo. Aspetti rintracciabili principalmente nelle figure professionali dei medici ed infermieri che continuano a lottare in prima linea per curarci da questo virus ancora considerato come inarrestabile. Bisogna sottolineare però che un ruolo fondamentale è stato svolto anche dai giornalisti, che con coraggio e soprattutto coscienza critica continuano ad alimentare il flusso di un’informazione sana e corretta. Un fattore da tenere in considerazione visto che ormai dall’inizio del 2020 sembra che il mondo sia focalizzato esclusivamente sulla pandemia in corso, oscurando completamente le molteplici forme di violenza politica a livello internazionale che non si sono affatto arrestate.

La Colomba d’oro per l’informazione quest’anno è stata vinta da tre giornalisti di particolare rilevanza: Antonio Mazzeo, Nello Scavo e Francesca Nava. Il premio “speciale” invece, per questa edizione è stato assegnato a Paolo Miranda, appassionato di fotografia ed infermiere all’ospedale di Cremona, in Lombardia. Quest’anno non vi è stata dunque una personalità internazionale da premiare, per via dell’emergenza sanitaria, viste le regole restrittive per gli spostamenti che valicano i confini dei propri paesi. Tuttavia, nonostante tale difficoltà organizzativa, un candidato era stato individuato potendosi anche avvalere dell’opzione di un incontro virtuale. Si trattava di Darnella Frazier, la ragazza di 17 anni che ha documentato la morte di George Floyd. Un uomo afroamericano colpevole di aver comprato un pacchetto di sigarette con una banconota falsa da 20 dollari. Per condannare questo gesto un poliziotto ha deciso di premergli il collo con il suo ginocchio, in modo tale che George Floyd non potesse più respirare. Ed infatti è morto. Il video girato dalla ragazza di Minneapolis ha mobilitato tutto il mondo generando sui social network un blocco omogeneo di sostegno alla lotta contro il razzismo, con l’uso dell’hashtag #blackmatter. Le proteste sono scoppiate ovunque, scatenando un’indignazione generale su larga scala, quasi a ricordare tutti i movimenti di lotta della metà del XX secolo portati avanti dalla comunità afroamericana per poter godere dello stesso status di diritti dei bianchi. Siamo tornati indietro di decenni, dopo tutti i progressi che erano stati realizzati. Darnella ha dovuto in seguito testimoniare la vicenda davanti all’FBI e cambiare indirizzo di casa con la famiglia, su pressione dei media e delle forze di polizia locali.40 Proprio per questo motivo, la ragazza si è vista costretta a rifiutare un premio così prestigioso. Ha dovuto gestire una cosa più

(24)

24

grande di lei e non ha voluto esporsi ulteriormente sulla scena pubblica, per paura di ulteriori ritorsioni.

In questa edizione, in cui il filo conduttore era l’emergenza Covid-19, si è ravvivata l’attenzione fortunatamente anche su altri aspetti. In primo luogo, si è discusso di criminalità organizzata e questo ha portato ad avere gli uomini della scorta all’interno della sala, al fine di garantire un’adeguata sicurezza per tutti. Inoltre, si è discusso anche di un altro tema complesso, qual è il fenomeno drammatico dell’immigrazione.

Il primo in ordine cronologico a essere stato premiato durante la cerimonia delle Colombe d’oro per la pace è stato Antonio Mazzeo. Giornalista freelance e attivista, si è impegnato per molto tempo sui temi della pace, in particolare nella lotta alle mafie e ad ogni forma di razzismo. Ha cooperato per diversi anni in alcune ONG, partecipando a missioni umanitarie in aree di conflitto, tra cui l’Iraq, i Balcani, in Palestina, in Colombia. Si è occupato inoltre delle installazioni militari presenti sul territorio italiano e sulle conseguenze di questi processi. Si è battuto infatti contro l’eventuale edificazione del sistema satellitare statunitense a Caltanissetta, in Sicilia. I macro-temi di cui si è occupato maggiormente sono l’uso crescente dei droni nei conflitti armati; le politiche migratorie e la tratta delle donne; la penetrazione delle organizzazioni mafiose nell’economia e società italiana. Attraverso la consegna del premio, gli si è riconosciuta la sua attività di inchiesta come se fosse una vera e propria missione di denuncia delle ingiustizie. La fiducia che si prospetta è la possibilità di vivere in un mondo più equo e solidale. Mazzeo ha infatti deciso di dedicare il premio ai tanti “invisibili”, giovani giornalisti e praticanti che per pochi euro documentano le realtà difficili d’Italia. Il tutto augurandosi di poter lasciare alle prossime generazioni un mondo di pace: «questa è la speranza che non si deve abbandonare», secondo le sue parole.

Il secondo è stato Nello Scavo, giornalista e inviato per investigare sulla criminalità organizzata e sul terrorismo in zone di guerra. È stato il primo a scoprire in Siria nel 2016 le catacombe dove vivono i cristiani sotto i bombardamenti aerei costanti. L’anno successivo è riuscito invece ad introdursi clandestinamente in una prigione libica, documentando le tragiche condizioni dei migranti intrappolati. Nel 2019, invece, ha svelato gli atti in corso tra Italia e autorità libiche sul traffico di petrolio, armi ed esseri umani. Proprio per aver puntato i fari su intrighi di potere difficili da raccontare, ha ricevuto una serie di minacce dalla criminalità organizzata ed è stato posto sotto scorta. La Colomba d’oro gli è stata assegnata per l’attività accurata di informazione sui soprusi in atto nel mar Mediterraneo. Le sue attività di inchiesta evidenziano come il contributo di un giornalista professionista possa offrire un futuro di giustizia sociale e di tutela dei diritti dei più deboli. Infatti,

(25)

25

come afferma Nello Scavo «il nostro dovere non è solo esserci, ma essere voce di chi non ha voce, concedere agli ultimi della fila almeno il diritto di parola». 41

La terza giornalista e documentarista premiata è stata Francesca Nava. È stata la prima a indagare sui primi contagi da Covid-19 a Bergamo e sulle tragiche conseguenze della mancata adozione della zona rossa per le due città di Alzano Lombardo e di Nembro. Le sue inchieste hanno originato ulteriori indagini, che hanno portato alla luce il dramma che da locale ha assunto una risonanza nazionale. Nel mese di settembre 2020 è uscito il suo libro “Il focolaio”, che denuncia espressamente la mala gestione del contagio che ha piegato la Lombardia, e successivamente tutta l’Italia. Un lavoro che è stato premiato per la serietà e il contributo di verità, scomodo per le istituzioni, ma fondamentale per l’opinione pubblica internazionale. Francesca Nava ha infatti ribadito che c’è bisogno di verità, perché senza di essa c’è solo l’oblio.

Fare luce sulle responsabilità e sulle negligenze commesse durante la pandemia 2020, a partire dal focolaio bergamasco mai isolato, non è solo un dovere morale di ogni cronista, ma è anche una battaglia di civiltà che riguarda ognuno di noi. Per me è stato anche un profondo momento di dolore e di rielaborazione del lutto. Per riflettere tutti insieme, per cambiare rotta e per non commettere mai più gli stessi errori.42

L’ultimo premiato, Paolo Miranda, ha ricevuto la Colomba d’oro internazionale, in quanto la pandemia che si è abbattuta sulle società globali ha travalicato i confini. In questa edizione egli rappresenta il lato più umano di tutta la cerimonia. Non rientra nella categoria ben definita dei giornalisti professionisti, in quanto il suo mestiere è l’infermiere presso l’Ospedale Maggiore di Cremona. Ha lavorato nei mesi della crisi sanitaria all’interno della terapia intensiva, cercando anche di fornire un supporto a tutti coloro che non hanno potuto vivere gli ultimi momenti con la propria famiglia. Grazie alla sua abilità di fotografo portata avanti fin da ragazzo come hobby, ha proposto all’ufficio stampa del proprio ospedale di documentare la drammaticità dei momenti vissuti in ospedale attraverso le proprie foto scattate nelle settimane più dure della crisi. Le sue immagini raccontano la profonda emotività vissuta dagli infermieri e medici che hanno lavorato nelle terapie intensive. Esse non lasciano adito ad ulteriori interpretazioni: il messaggio viene trasmesso nella sua semplicità. il Covid-19 che ha segnato profondamente le nostre vite è stato documentato senza retorica e con scatti immediati e sinceri. Il premio della Colomba d’oro è stato assegnato a Paolo

41

https://www.archiviodisarmo.it/view/5va1TJBCoZlh3Ijlx40MN3obbraS33YLSkJzpg1Yfh0/comunicato-stampa-2020.pdf

(26)

26

Miranda per non dimenticare, ma soprattutto per spingerci a guardare il futuro con positività. In attesa dello scatto finale che inquadra la fine della pandemia.

Anche se sono qui a riceverlo, questo premio è per tutti gli operatori sanitari che in questo momento così difficile hanno dato tutto, alcuni perdendo anche la vita. Spesso ci siamo sentiti impotenti, a volte fallendo, ma per fortuna siamo riusciti a salvare tante persone. Sono onorato se, i miei scatti abbiano aiutato a far capire la gravità della situazione.

Una piccola mostra delle fotografie del vincitore Miranda è stata infatti allestita all’interno della sala durante l’evento delle Colombe d’oro per la pace. La premiazione dei candidati di quest’anno ha dunque confermato l’estrema importanza dell’impegno umano e professionale che possiamo svolgere al fine di trovare soluzioni per un mondo in continua emergenza. Occorre suscitare la consapevolezza del rispetto degli esseri umani e della tutela dell’ambiente. Il mondo dell’informazione ha quindi il dovere di farsi carico di questa responsabilità, per una gestione pacifica e decisa delle varie crisi in atto.43

43

(27)

27

3. Tre analisi di ricerca sul fenomeno del climate change

La mia attività principale in questi mesi di tirocinio è stata l’elaborazione di tre rapporti di ricerca, incentrati sul fenomeno del climate change e sulle sue tragiche conseguenze. Inizialmente, avevo previsto di redigere due paper. Tuttavia, viste le nuove norme redazionali dell’Istituto e su consiglio del mio tutor di riferimento Maurizio Simoncelli, ho deciso di scriverne tre. Il tutto soprattutto per rendere le mie analisi maggiormente fruibili e più attractive per il grande pubblico. Infatti, questi rapporti di ricerca confluiscono nella rivista mensile di Archivio Disarmo, IRIAD Review, liberamente accessibile dalla piattaforma web dell’Istituto.

Già dal colloquio telefonico iniziale tenuto con il professore Simoncelli avevamo concordato in linea generale la tematica che avrei affrontato durante il mio stage, cioè il legame che intercorre tra la sicurezza internazionale e i cambiamenti climatici. La variabile del climate change influenza, infatti, profondamente le diverse crisi in atto e agisce da moltiplicatore di tensioni in aree del pianeta particolarmente vulnerabili. Vi è dunque un intreccio tra il riscaldamento globale e la competizione per le risorse naturali. La sfida fondamentale consiste nel fatto che i cambiamenti climatici minacciano di sopraffare stati e regioni già fragili ed esposti a conflitti. Nel corso del tempo, il topic è divenuto sempre più specifico arrivando a discutere della tematica del water grabbing. L’idea mi è venuta grazie al corso di “Géopolitique de l’environnment”, che è stato decisivo per la scelta del topic specifico da approfondire. Ero rimasto, infatti, fortemente impressionato dalla drammaticità dei dati proiettati nelle slide nel corso delle lezioni, relativi al consumo idrico e alla pericolosa mancanza di acqua in tutte le aree del pianeta. La scelta poi è stata consolidata anche dal mio stesso tutor, il quale è stato uno dei primi in Italia a discutere del tema dei conflitti per l’oro blu nel suo libro del 2004 “Hydrowar: geopolitica dell’acqua tra guerra e cooperazione”.

Attraverso un’attenta lettura di numerose pubblicazioni sul tema, ho deciso di sviluppare il mio progetto di ricerca in tre diversi paper. Il primo è stato dedicato proprio alla tematica dell’acqua come posta in gioco, ripercorrendone la crisi sistemica con i suoi potenziali stravolgimenti. Nel capitolo intitolato «l’acqua è lo specchio dei cambiamenti climatici» ho reso evidente il legame che intercorre tra lo stress idrico e il climate change, uno dei fattori chiavi della riduzione della disponibilità di acqua a livello globale.

La Terra vista dallo spazio permette di carpirne la valenza fondamentale: il pianeta è ricoperto da 1.390 milioni di km cubi di acqua, di cui il 97,5% è salata. Solo il 2,5% è dolce, in gran parte sotto

(28)

28

forma di ghiaccio nelle calotte polari. Gli esseri umani ne hanno a disposizione solo 93.000 km cubi, pari a circa lo 0,5% del totale. Di questa, solo una parte è potabile, distribuita in maniera diseguale.44 Secondo il rapporto del World Resources Institute (WRI) riguardo la domanda e la disponibilità di acqua in 167 stati, l’emergenza idrica sarà infatti uno dei problemi primari che investirà la Terra, e non solo nei paesi “in via di sviluppo”, ma anche nei paesi più avanzati. Come per il Covid-19, si tratta di un’urgenza democratica, che vale per ognuno di noi. Entro solo un ventennio, saranno ben 33 gli stati che dovranno affrontare un’emergenza di stress idrico estremo, tra cui anche alcune zone dell’Italia, con gravi rischi di instabilità politico-sociale. La scarsità idrica è dunque a tutti gli effetti un problema globale. La banca Goldman Sachs nel 2008 ha predetto che l’acqua sarebbe diventata il petrolio del ventunesimo secolo causando lo scoppio di numerosi conflitti; così come anche due ex segretari generali delle Nazioni Unite, Boutros-Ghali e Kofi Annan (15 marzo 2001) e il direttore UNESCO del ’99, Klaus Toepfer. In termini analoghi si espresse anche la vicepresidente della Banca mondiale nel 1995, Ismail Seragel, la cui previsione sulle guerre del futuro suscitò una grande risonanza:

Se le guerre del XX secolo sono state combattute per il petrolio, quelle del XXI avranno come oggetto del contendere l’acqua. L’oro liquido è l’acqua non il petrolio.

Figura 11. Stress idrico nel mondo. Fonte: World Resources Institute

44 Bompan, Iannelli “Water Grabbing”, p.24

(29)

29

La rarità che contrassegna ad oggi l’elemento acqua non fa altro che rendere instabile lo scenario globale, alimentando la corsa all’accaparramento idrico. Una gara che sta mietendo numerose vittime, dirette ed indirette, nei molteplici conflitti legati alla penuria di risorse idriche. Secondo le analisi del Pacific Institute, specializzato nell’analisi di tali forme di violenti scontri, a livello globale il suo numero è aumentato vertiginosamente negli ultimi 30 anni. Ad oggi siamo arrivati a quota 926, di cui 771 solo a partire dal 1990.45

Proprio da questi dati si è originato il mio desiderio di documentarmi ulteriormente sulla questione idrica. Si può osservare come alla precedente corsa “neocolonialista” per l’appropriazione della terra, si unisce il fenomeno del water grabbing, la cui definizione più precisa l’ho riscontrata proprio nel libro di Bompan e Iannelli che citavo precedentemente. Si tratta dunque dell’agire dei forti poteri economici internazionali, tra cui Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale, in grado di prendere il controllo di importanti risorse idriche, sottraendole di fatto a intere nazioni la cui sussistenza si basa proprio sull’accesso a tali risorse. Vista la trascuratezza con cui si tratta la problematicità, si è fatto spazio dentro di me il desiderio di partecipare, assieme alle opere di altri autori, al ritorno in auge dell’argomento. Si è dunque concretizzato un forte interesse personale anche per poter sensibilizzare ampi settori della società civile. Si può dire a tutti gli effetti di essere all’interno dell’era del water grabbing: migrazioni di intere famiglie per lasciare spazio ai progetti di mega dighe; il controllo forzato e la privatizzazione delle fonti; l’inquinamento e il controllo da parte dei militari per limitare lo sviluppo.

Le crisi idriche causate dai conflitti per l’acqua sono responsabili di notevoli disuguaglianze a livello globale in relazione all’accesso a tale bene primario. In sostituzione del principio democratico tutto per tutti, Vandana Shiva, nota ambientalista e attivista di origini indiane, parla di apartheid dell’acqua: «tutto per pochi».

Mentre le tensioni crescono, i governi di diversi paesi stanno considerando un’idea una volta ritenuta inverosimile: crearne di più, attraverso gli impianti di desalinizzazione. Tuttavia, si tratta di una scelta fin troppo onerosa per le casse dello stato. Questo è il motivo per il quale occorre individuare altre opzioni percorribili. Nell’ultima parte del mio primo rapporto di ricerca ho individuato nello studio dell’Antartide, una strada che possa fornire risposte concrete per affrontare al meglio la sfida ambientale globale. Attraverso la scoperta di un continente ancora non del tutto compreso, si potrebbero trovare delle risposte nell’ottica dell’elaborazione di un maggior adattamento, resilienza e risposta al climate change, che sta lasciando un’impronta evidente sull’ultima roccaforte del gelo.

(30)

30

Nei suoi ghiacci e nelle sue acque si possono scoprire alcune tracce che permettono di osservare i processi decisivi per le sorti del pianeta, permettendo di analizzare il suo stato attuale e procedendo con l’elaborazione di modelli predittivi di scenari futuri.

I rapidi e costanti mutamenti che riguardano il continente antartico sono preoccupanti per gli eventuali impatti che provocherebbero nel caso non si riuscisse a contrastarli. La fusione dei suoi ghiacciai sarà una delle principali cause di scarsità idrica, destinata ad aumentare la destabilizzazione sociopolitica, esacerbare tensioni tra stati e minarne la solidità. Il continente esercita inoltre un ruolo fondamentale per la salvaguardia e il corretto mantenimento della temperatura costante della superficie terrestre, evitandone un suo surriscaldamento. Il mare antartico assorbe circa la metà delle emissioni di anidride carbonica di origine antropica. Si tratterebbe di uno stravolgimento che rischia di compromettere un equilibrio millenario.

Il 20 febbraio 2020, un iceberg vasto oltre 300 km² si è distaccato nella parte occidentale dell’Antartide, l’area maggiormente soggetta a tali distacchi regolari di blocchi dalle piattaforme del continente bianco. Forse un dato espresso in questi termini può non contribuire ad una profonda riflessione, ma se si pensa in termini di superficie paragonandolo alla dimensione degli stati, il B-49, come è stato denominata la massa di ghiaccio, è grande quanto l’intera isola di Malta (316 km²). Il climate change sta rivestendo un ruolo particolarmente significativo sul progressivo scioglimento della parte occidentale. Infatti, nonostante il fenomeno del distaccamento sia un processo naturale, in questo caso l’allontanamento del blocco di ghiaccio ha rappresentato un’eccezionalità sia per le sue dimensioni elevate, sia perché tali eventi si verificano con sempre maggior frequenza. Il tragico scioglimento dei ghiacci rappresenta una sorta di copertina circa le gravi conseguenze del climate change.

Il collegamento tra lo stress idrico e la contesa a livello mondiale dell’acqua nella regione antartica, che contiene circa il 90% dell’acqua dolce di tutto il globo terrestre, è evidente. Ho dunque deciso di apportare un focus specifico sull’Antartide, anche a causa della scoperta in rete di un esperimento davvero innovativo. A dimostrazione della rilevanza del continente ghiacciato all’interno della cornice della crisi idrica, infatti, è stato avviato un progetto originale per affrontare la problematica della mancanza di acqua. Un imprenditore emiratino Abdulla Alshehi ha pensato di agganciare un iceberg dalle dimensioni di 10,62 km² a 1.000 km dalle coste dell’Antartide, più precisamente da Heard Island, e trainarlo per circa 8.000 km fino a Fujairah negli Emirati Arabi Uniti. Si tratta di un paese la cui fornitura di acqua potabile deriva primariamente dagli impianti di desalinizzazione

(31)

31

dislocati in tutto il territorio, essendo uno degli stati più secchi al mondo, ma che paradossalmente consuma più del doppio d’acqua rispetto alla media globale.46

La risposta al problema della perenne scarsità idrica, dunque, proverrà dagli iceberg: le barche spingeranno le piattaforme galleggianti di ghiaccio dall’Antartide fino all’interno di un impianto di stoccaggio realizzato negli Emirati Arabi Uniti, trasformando in realtà un progetto considerato dai più come fantascientifico. Tuttavia, è stato dimostrato il suo esito positivo attraverso una serie di simulazioni virtuali effettuate. L’obiettivo dell’imprenditore emiratino è quello di rendere il proprio paese un hub del commercio e turismo internazionale in grado di poter competere con una città come Las Vegas, che ha fatto dei giochi d’acqua uno degli strumenti chiave di maggiore attrattiva per i suoi visitatori. Secondo, infatti, i suoi pronostici entro la fine del 2020 gli iceberg dell’Antartide saranno la più grande attrazione turistica degli Emirati Arabi Uniti, una dichiarazione fatta nel 2018 che non poteva considerare l’insorgere della crisi sanitaria mondiale.47 Il paese sarà l’unico “stato del deserto” ad offrire il turismo glaciale, senza doversi più recare necessariamente in Antartide. Il progetto si ergerebbe a portavoce della sostenibilità ambientale per l’intera comunità internazionale, risultando essere economicamente più vantaggioso, ma soprattutto più rispettoso dell’ambiente. Nell’ultimo decennio, infatti, il turismo antartico è aumentato esponenzialmente, con una media di circa 40.000 visitatori l’anno, raggiungendo 52.000 viaggiatori nel biennio 2017-2018, principalmente provenienti da Stati Uniti e Cina. Un numero destinato in ogni modo ad aumentare.48 La crescita del turismo in Antartide comporta un grave pericolo per una terra precedentemente incontaminata. E lo UAE Iceberg Project potrebbe essere la chiave per poter ridurre il numero di persone interessate al turismo antartico. 46 https://www.ndtv.com/world-news/uae-iceberg-project-uae-firm-national-advisor-bureau-limited-to-tow-antarctic-icebergs-for-water-nee-1876258 47https://www.youtube.com/watch?v=EnBArsrwnuE 48https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/chinas-polar-strategy-through-looking-glass-23525

Riferimenti

Documenti correlati

Del resto, la pace, che l’ONU intende perseguire e mantenere, si qualifica per essere basata sulla supremazia dei diritti umani, fermo il contenuto generale del

È di questa impunità che alcuni, ahimè di sinistra, vorrebbero far beneficiare Bashar al- Assad, il principale responsabile del disastro, di questi oltre dieci milioni di

«C’è chiaramente bi- sogno di un’inchiesta indipen- dente su quanto realmente ac- caduto domenica» alla festa religiosa della comunità Oro- mo, in Etiopia, dove decine di persone

Possa lo Spirito della Pace discendere sul popolo siriano e sul nostro mondo perché tutti i conflitti abbiano fine e la pace possa regnare sulla

Quando l’individuo crea pace nella propria mente, tutta l’atmosfera che lo circonda è permeata da vibrazioni di pace, e chiunque lo incontra beneficia della stessa

Il ruolo organico dei magistrati onorari addetti agli uffici del giudice di pace è fissato in 4.700 posti; entro tale limite, è determinata, entro tre mesi

Potenziamento dell’uso didattico ed interdisciplinare delle nuove tecnologie informatiche favorendo la maturazione di competenze pertinenti all’area della matematica, della

Si dà spazio alla dimensione operativa della lingua, cioè a “far fare delle cose” ai bambini utilizzando la lingua (costruire, inventare, esplorare,…)..