• Non ci sono risultati.

Valutazione igienica di carne fresca e preparazioni di carne "Halal" commercializzate in Toscana.

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Valutazione igienica di carne fresca e preparazioni di carne "Halal" commercializzate in Toscana."

Copied!
90
0
0

Testo completo

(1)

I

Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali

Dipartimento di Scienze Veterinarie

Laurea Magistrale Interdipartimentale in Biosicurezza e Qualità

degli Alimenti

Valutazione igienica di carne fresca e

preparazioni di carne halal commercializzate

in Toscana

Relatori:

Candidata:

Prof.ssa Roberta Nuvoloni

Viviana Maltese

Dott. Fabrizio Bertelloni

Correlatore:

Prof. Domenico Cerri

(2)

II

Riassunto

La religione islamica richiede ai suoi aderenti l'osservanza di prescrizioni alimentari contenute nel Corano, che indicano quali alimenti sono halal (permessi) e quali haram (vietati). Alcune specie animali, come ad esempio il suino, sono ritenute per se stesse impure. La carne degli animali leciti (bovini, ovini, caprini, conigli, pollame) è invece commestibile solo a condizione che essi siano stati macellati secondo rito religioso e cioè senza previo stordimento. In Italia, come in altri Paesi europei, la macellazione rituale è consentita e deve essere eseguita in strutture autorizzate. Dal punto di vista della qualità, i dati presenti in letteratura sono discordanti: per alcuni Autori la macellazione rituale influenzerebbe in modo negativo le carni, per altri invece la carne da macellazione rituale sarebbe migliore dal punto di vista igienico. Negli ultimi anni la carne halal è divenuta un importante mercato, in crescita anche in Italia, a causa dell’aumento del numero di immigrati di fede islamica. Tale mercato è stato accompagnato dalla comparsa, nelle nostre città, di un particolare tipo di esercizi commerciali, le macellerie islamiche, gestite dagli stessi immigrati. L’indagine condotta con questo lavoro di tesi mira alla valutazione igienica di carni fresche e preparazioni di carne di origine bovina, provenienti da animali macellati secondo rituale islamico e commercializzate presso macellerie halal presenti sul territorio toscano. Sono stati inclusi nello studio 22 esercizi commerciali, di cui 8 a Firenze, 4 a Prato, 3 a Livorno, 6 a Pisa (3 nella città di Pisa e 3 in provincia di Pisa, di cui 2 a Pontedera e 1 a Montopoli Val D’Arno) e 1 a Pistoia. Complessivamente, sono stati acquistati e analizzati 96 campioni di carne bovina rappresentati da: filetto, spezzatino, carne macinata e salsiccia. Su ciascun campione è stata effettuata la ricerca dei principali microrganismi patogeni (Salmonella spp, Yersinia enterocolitica e Listeria monocytogenes) ed è stato valutato il grado di contaminazione da parte di germi indicatori

di igiene (Enterobacteriaceae, Escherichia coli, Enterococcus spp, stafilococchi coagulasi positivi). Salmonella spp è risultata assente in tutti i campioni, mentre 10 campioni sono risultati positivi per Listeria monocytogenes e 7 per Yersinia enterocolitica. Sono state evidenziate cariche elevate (>105 UFC/g) di Enterobacteriaceae nel 40,63% dei campioni, di stafilococchi coagulasi positivi nel 23,96%, di enterococchi nel 3,13% e di E. coli nell’1,04%. Nella maggior parte delle macellerie prese in esame, la carne macinata è risultata la più contaminata. In conclusione, pur tenendo conto che si tratta di alimenti che

(3)

III

devono essere consumati previa cottura, la presenza di patogeni e, in alcuni casi, di cariche batteriche elevate relative ai contaminanti e, in particolare, agli stafilococchi coagulasi positivi, potenziali produttori di enterotossine termoresistenti, suggeriscono la necessità di un monitoraggio costante e accurato in queste realtà commerciali, rivolto non solo ai prodotti, ma anche al punto vendita, al personale e alle pratiche adottate.

Abstract

Islamic religion asks its adherents to observe the food prescriptions contained in the Corano, which indicate which foods are halal (permissible) and what haram (forbidden). Some animal species, such as pigs, are considered to be impure. The meat of permissed animals (cattle, sheep, goats, rabbits, poultry), on the other hand, can only be eaten on condition that they have been slaughtered according to religious ritual, that is, without stunning. In Italy, like in other European countries, ritual slaughter is permitted and must be carried out in authorized facilities. From the point of view of quality, the data in the literature are discordant: for some Authors the ritual slaughter would negatively affect the meat, for others instead, the ritual slaughter meat would be better from a hygienic point of view. In recent years halal meat has become an important market, growing in Italy as well, due to the rise in the number of immigrants of Islamic faith. This market was accompanied by the appearance in our cities of a particular type of business, the Islamic butchers, managed by immigrants themselves. The survey conducted with this thesis offers the hygienic assessment of fresh meat and preparations of bovine meat from animals slaughtered according to Islamic ritual and marketed in halal butchers in the tuscan territory. A total of 22 business units were included, of which 8 in Florence, 4 in Prato, 3 in Livorno, 6 in Pisa (3 in the city of Pisa and 3 in the province of Pisa, 2 in Pontedera and 1 in Montopoli Val D 'Arno) and 1 in Pistoia. Overall, 96 samples of beef have been purchased and analyzed by: fillet, stew, minced meat and sausage. For each sample the main pathogenic microorganisms (Salmonella spp, Yersinia enterocolitica and Listeria

monocytogenes) have been investigated and the degree of contamination by germ of

hygiene indicators (Enterobacteriaceae, Escherichia coli, Enterococcus spp, positive coagulase staphylococci). Salmonella spp was absent in all specimens, while 10 samples were positive for Listeria monocytogenes and 7 for Yersinia enterocolitica. High

(4)

IV

coagulase staphylococci in 23.96%, enterococci in 3.13% and E. coli in 1.04%. In most butcheries examined, minced meat was the most contaminated. In conclusion, while taking into account that these foods are to be consumed after cooking, the presence of pathogens and, in some cases, high bacterial charges for contaminants and, in particular, positive coagulase staphylococci, potent producers of heat-resistant enterotoxins, suggest the need for constant and accurate monitoring in these commercial realities, addressed not only to the products, but also to the point of sale, personnel and practices adopted.

(5)

V

Indice

Introduzione

p. 1

Capitolo 1: LA MACELLAZIONE RELIGIOSA

p. 3

1.1 Tipi di macellazione religiosa

p. 3

1.2 Islam: la dimensione etica delle regole alimentari

p. 6

1.3 La macellazione rituale islamica

p. 9

1.4 La comunità islamica in Italia

p.11

Capitolo 2: LA NORMATIVA EUROPEA

p.12

2.1 L’evoluzione della normativa relativa alla macellazione

rituale

p.12

2.1.1. Il regolamento (CE) 1099/2009 p.14

2.2 La situazione nei paesi europei

p.15

Capitolo 3: LA CERTIFICAZIONE HALAL

p.17

3.1 L’ente certificatore ed il disciplinare

p.17

3.2 Il mercato dei prodotti halal in Italia

p.23

Capitolo 4: CONTAMINAZIONE DELLE CARNI

p.27

4.1. Fonti di contaminazione

p.27 4.1.1. Salmonella spp p.29 4.1.2. Escherichia coli p.30 4.1.3. Yersinia enterocolitica p.31 4.1.4. Listeria monocytogenes p.32 4.1.5. Staphylococcus aureus p.33 4.1.6. Enterococchi p.34

(6)

VI

Capitolo 5: PROBLEMATICHE DELLE CARNI

DA MACELLAZIONE RITUALE

p.35

Capitolo 6: SCOPO DELLA TESI

p.38

Capitolo 7: MATERIALI E METODI

p.39

7.1. Campionamento

p.39

7.2. Analisi microbiologiche

p.41

7.2.1. Preparazione del campione p.41 7.2.1.1 Ricerca di Salmonella spp p.42 7.2.1.2 Ricerca di Listeria monocytogenes p.48 7.2.1.3 Ricerca di Yersinia enterocolitica p.51 7.2.1.4 Determinazione quantitativa di Enterobacteriaceae,

Escherichia coli, enterococchi e stafilococchi coagulasi

positivi p.53

Capitolo 8: RISULTATI E DISCUSSIONI

p.56

Conclusioni

p.72

Bibliografia

p.74

Sitografia

p.84

(7)

1

Introduzione

La macellazione risponde all’esigenza di fornire a popoli di ogni cultura e religione proteine di origine animale, permettendo il consumo alimentare della carne. La criticità è quella di coniugare i principi etici e religiosi delle diverse culture con l’esigenza di garantire il benessere animale e l'igiene delle carni. Da quasi quarant’anni in Italia vige l'obbligo di stordire l'animale prima della macellazione e ciò viene attuato con diversi sistemi, come ad esempio la pistola a proiettile captivo nei grossi animali (bovini ed equini) o la corrente elettrica nel pollame. Con lo stordimento, l’animale perde coscienza e quindi non è più in grado di sentire dolore. La fase successiva del processo prevede infatti la iugulazione, cioè il taglio dei grossi vasi del collo, che determina la morte dell’animale per dissanguamento, condizione essenziale per assicurare edibilità e conservabilità alle carni.

Alla base di queste regole, c'è una vera e propria conquista dell’uomo occidentale contemporaneo, il riconoscimento della sua responsabilità in quanto garante dei diritti degli altri esseri viventi "senza diritti".

Le macellazioni rituali sono pratiche che interessano in particolare la religione ebraica e quella islamica. Anche in esse l'uccisione dell’animale è causata dal taglio netto e profondo dei vasi sanguigni del collo, ma anche di trachea ed esofago, operazione che viene effettuata mediante una lama particolarmente affilata, nel rispetto di precise regole di matrice religiosa, e che è accompagnata da atti (testa dell'animale rivolta verso la mecca, benedizioni, invocazione del nome di Dio, ecc.) che ne manifestano il significato rituale ed il carattere sacro. L'animale sottoposto a macellazioni rituali deve essere integro: ciò esclude il ricorso a tecniche che comportino qualsiasi lesione e quindi non è ammesso lo stordimento. Infatti, secondo la giurisprudenza accettata da buona parte della tradizione islamica, l’animale deve essere sacrificato senza stordimento; in caso contrario si corre il rischio che il cuore smetta di battere prima che sia completato il dissanguamento, rendendo in tal modo impura la carne (Granding et al., 1994).

Le macellazioni rituali, sacralizzando la procedura di uccisione dell'animale, ne sottolineano la gravità e la solennità: non è un atto ordinario, banale, che può essere compiuto senza riflettere sul fatto che esso significa dare la morte ad un essere vivente. Questo è appunto il significato profondo della ritualizzazione della procedura di

(8)

2

macellazione o delle benedizioni ed invocazioni che la devono accompagnare. L'inserimento della macellazione in un contesto religioso ha lo scopo di ricordare all'essere umano che egli non dispone arbitrariamente degli altri esseri viventi: se ne può servire, ma soltanto all'interno di un orizzonte di senso che, per queste religioni, è definito dal riferimento a Dio. I rapporti di ogni singolo musulmano con il mondo esterno sono così determinati dalla netta distinzione tra ciò che è considerato haram, proibito, illecito e ciò che al contrario è halal, lecito, non proibito da Dio (Ascanio, 2010). Sono queste le basi sulle quali si sviluppa la minuziosa materia delle regole alimentari per i musulmani. Tuttavia, nonostante sia ormai pienamente accettata la convivenza di individui appartenenti ad etnie e religioni differenti, alle quali sono direttamente correlati usi e costumi propri della loro cultura, ciò non prescinde dalla necessità di applicare il controllo di qualità sugli alimenti destinati al consumo umano, anche se vengono prodotti con modalità differenti da quelle del luogo ospitante. Di conseguenza anche le produzioni halal devono rispettare la normativa sulla sicurezza alimentare stabilita a livello europeo al fine di garantire alimenti di buona qualità, non dannosi per la salute umana. Un aspetto da non sottovalutare è come a livello europeo sia stata cercata una soluzione che possa costituire un utile esempio di integrazione, intesa come rispetto delle tradizioni religiose e culturali di una comunità, nei limiti in cui esse possono comporsi con i principi essenziali che consentano un’armonica convivenza sociale.

A fronte dell’incessante fenomeno della migrazione e del radicamento delle comunità islamiche in Occidente, anche nel nostro Paese sono in aumento le rivendite specializzate di carni halal, spesso gestite da immigrati musulmani, e alcune catene della grande distribuzione organizzata (Coop, Carrefour, Metro) hanno recentemente introdotto spazi vendita dedicati.

La carne ottenuta da macellazione rituale è stata oggetto di studio per la valutazione di pH,

activity water e shelf-life, parametri potenzialmente influenzati dalla pratica di

macellazione condotta e responsabili della qualità della carne (D’Agata et al., 2009; Piras et al., 2011), ma in letteratura sono disponibili dati molto scarsi sul profilo microbiologico delle carni halal al momento della vendita al dettaglio (Little et al., 1999).

Scopo di questa tesi è la valutazione igienica delle carni fresche e lavorate di origine bovina, provenienti da animali macellati secondo rituale islamico, commercializzate presso macellerie halal presenti sul territorio toscano.

(9)

3

CAPITOLO 1

LA MACELLAZIONE RELIGIOSA

1.1 TIPI DI MACELLAZIONE RELIGIOSA

La maggioranza delle religioni attribuisce al cibo un significato tale da portare alla disposizione di regole che condizionano a vari livelli la vita del fedele. Le prescrizioni alimentari religiose hanno una duplice valenza, in quanto non solo contribuiscono a rendere coeso un gruppo sociale che le osserva bensì concorrono anche alla differenziazione del medesimo gruppo sociale (Scopel, 2016). I diversi culti stabiliscono non solo il divieto al consumo di determinati alimenti, ma anche regole da applicare nel momento della preparazione o del consumo degli stessi. Anche la fase della distribuzione e della commercializzazione diventano spesso rilevanti dal punto di vista religioso, soprattutto per quanto riguarda l’utilizzo di veri e propri marchi commerciali che consentono di certificare la conformità dei prodotti alle regole religiose.

In questo contesto si inserisce il tema della macellazione rituale, fonte di dibattito e di prese di posizione contrastanti a livello dei vari paesi europei. Per le diverse religioni, che fanno del cibo una parte importante delle proprie tradizioni, anche il momento dell’uccisione dell’animale ai fini del consumo diventa un momento scandito da disposizioni secolari, che però possono entrare in conflitto con la normativa relativa alla sicurezza alimentare ed al benessere animale. Le disposizioni relative a questo aspetto risultano talmente complesse da richiedere figure professionali qualificate e preposte al controllo dell’osservanza dei precetti alimentari confessionali. In ambito europeo ciò è ben evidente per quanto riguarda le pratiche di macellazione rituale ebraica e musulmana (Scopel, 2016) Come previsto dal Regolamento (CE) n. 1099/2009 le macellazioni rituali possono essere effettuate esclusivamente presso impianti di macellazione autorizzati. Le pratiche religiose tradizionali di macellazione con rito ebraico (shechità) e con rito islamico (halal), da cui si ottengono rispettivamente prodotti kasher e halal, sono oggi ritenute in conflitto con la sensibilità che va sempre più affermandosi, in Europa e nel

(10)

4

mondo occidentale in genere, rispetto al cosiddetto “benessere degli animali” (Roggero, 2016).

La macellazione religiosa si connota, oltre che per il divieto del previo stordimento, per altre particolarità, che hanno un fondamento diverso. Presupposto fondamentale per procedere alla macellazione di un animale è anzitutto, come detto, che l’animale sia vivo al momento in cui viene condotto al macello. Prima di procedere all’uccisione, nella macellazione con rito islamico è necessario pronunciare il nome di Allah e rivolgere la testa dell’animale in direzione della Mecca. Secondo la tradizione, poi, l’animale va immobilizzato e si procede con la iugulazione, della quale esistono due modalità: un taglio netto nel collo da parte a parte, che recide gola, trachea e giugulari (usato per ovini e caprini, ma anche per bovini); un taglio che non recida la trachea e le giugulari (specialmente per bovini) (Roggero, 2016). Secondo il rito ebraico, la iugulazione deve avvenire con unico taglio sul collo utilizzando un coltello speciale. Secondo il rito islamico, invece, si può usare un comune coltello da macellazione. In ogni caso, è importante che il taglio sia uno soltanto e definitivo. L’operatore, poi, deve effettuare l’incisione con la mano destra, mentre con la sinistra afferra la testa dell’animale. Egli, inoltre, in caso di rito islamico, deve pronunciare, subito prima dell’incisione, la frase: “Nel nome di Allah. Allah è grande”, seguendo quanto indicato nel Corano:

“Non mangiate i cibi sui quali non sia stato nominato il nome di Dio; questo sarebbe certo perversità” (Corano VI, 121).

All’uccisione segue il completo e rapido dissanguamento dell’animale. Chi compie l’atto della iugulazione deve essere di sesso maschile, sano di mente e buon musulmano; la macellazione secondo il rito ebraico deve invece avvenire ad opera di addetti, detti

shochetim, che devono sottoporsi a specifica formazione e munirsi di licenza, rilasciata da

una Commissione rabbinica. Un’autorità religiosa centrale vigila sulla produzione delle carni destinate al consumo da parte degli ebrei: il Comitato shechità.

La macellazione secondo il rito islamico non è invece controllata da un’autorità centrale (Roggero, 2016).

Tra questi due tipi di macellazioni rituali ci sono quindi alcune differenze che sono descritte nella tabella 1.

(11)

5

Fasi di lavorazione / consumo Halal Kasher

Stordimento pre-macellazione Sebbene si preferisca non stordire l’animale, forme reversibili di stordimento sono largamente accettate ed applicate

Qualsiasi metodo di stordimento che renda insensibile l’animale non è consentito. Nessuno dei metodi attualmente utilizzati può essere accettato

Stordimento post-macellazione Accettato da certe comunità che non applicano forme di stordimento reversibili

Accettato da un numero molto ristretto di comunità

Macellatore Un musulmano, un ebreo praticante oppure un cristiano

Deve essere necessariamente uno shochet ebreo

Coltello utilizzato per la iugulazione Nessun coltello apposito Coltello apposito, definito chalèf Benedizione degli animali prima della

macellazione

Richiesta per ogni animale Non Richiesta per ogni animale Iugulazione Un unico taglio sarebbe preferibile,

tuttavia tagli ripetuti non escludono la carcassa dalla certificazione halal

Eseguita attraverso un unico taglio, che va a recidere grossi vasi, trachea ed esofago. Tagli ripetuti rendono la carcassa non-kasher

Purificazione delle carni Non richiesta Pratica obbligatoria prima del consumo, mediante kasherizzazione Sangue residuo nella carcassa

post-macellazione

Il sangue che residua normalmente nella carcassa dopo la macellazione è accettato

Nessun residuo di sangue è accettabile, motivo per cui si pratica la kasherizzazione prima del consumo Porzioni edibili Tutta la carcassa è considerata halal Alcune parti della carcassa ed alcuni

organi non vengono consumati Mescolanza con altri alimenti Tutti gli alimenti, purché siano halal,

possono essere mescolati fra loro

Anche se kasher non è ammessa la mescolanza fra certe tipologie di alimenti

Accettabilità Le carni halal non sono considerate kasher dagli ebrei

Le carni kasher sono considerate halal dai musulmani

Tabella 1: Principali differenze nella produzione e nel consumo di carne halal e kasher (Farouk, 2013;Regestein et al., 2003).

La macellazione rituale, sia ebraica che islamica, non intende affatto costituire un atto volontario di maltrattamento, ma anzi vuole essere un modo tendenzialmente rapido e indolore (almeno per le conoscenze e le tecniche disponibili nelle epoche in cui le rispettive tradizioni si sono sviluppate ) di procurare la morte degli animali destinati all’alimentazione umana. L’orizzonte culturale e di valori delle due religioni in tema di macellazione non è dunque radicalmente divergente da quello dell’odierna civiltà occidentale di stampo cristiano, ma converge con quest’ultimo sull’esigenza di ridurre al minimo la sofferenza animale. Ciò che varia è soltanto la modalità esecutiva della

(12)

6

macellazione, in particolare il previo stordimento, che le due religioni non ammettono. A questa modalità esecutiva si aggiunge poi che la macellazione animale nella civiltà occidentale si è compiutamente laicizzata, mentre per le due religioni essa ha mantenuto il carattere di un atto religiosamente ispirato.

1.2 ISLAM: LA DIMENSIONE ETICA DELLE REGOLE ALIMENTARI

Fig.1: Il Corano (http://www.uccronline.it/wp-content/uploads/2016/04/Corano.jpg).

Da un’analisi di quelle che sono le principali regole alimentari nell’Islam si rinvengono fattori religiosi ed etici, nonché giuridici e sociali. Il singolo e la comunità dei fedeli sono chiamati all’osservanza di un dettagliato codice di condotte aventi ad oggetto l’alimentazione, le sue virtù, le proibizioni, il regime nutrizionale lecito, sino agli usi, alle norme di galateo e di educazione da osservare durante i pasti. I rapporti di ogni singolo musulmano con il mondo esterno sono determinati dalla netta distinzione tra ciò che è considerato haram, proibito, illecito, e ciò che, al contrario è halal, lecito, non proibito da Dio. Questa distinzione, invero, consente di qualificare qualunque atto umano poiché tutte le condotte umane, sia quelle più prettamente connesse alla pratica del culto sia quelle riconducibili alla quotidianità delle relazioni interpersonali, sono interamente e direttamente volute e regolate da Allah (Scopel, 2016). E’ raccomandato menzionare il nome di Allah prima di accingersi al pasto e alla sua conclusione; allo stesso tempo occorre essere composti mentre si mangia e usare la mano destra. Il Corano (Fig.1) evidenzia quanto l’alimentazione sia non solo una fonte di sostentamento e di piacere per l’uomo, ma debba rappresentare anche uno strumento per il benessere dell’intera comunità

(13)

7

dei fedeli. L’eccesso, l’ingordigia, sia nel mangiare che nel bere, sono reputati come riprovevoli da Dio:

‟ O voi che credete! Non privatevi, come se fossero illecite, delle cose buone che Dio vi ha reso lecite, senza però passar la misura, chè Dio non ama i trasgressori” (Corano V, 87).

Il Corano stabilisce che è facoltà, per il musulmano, di cibarsi di ciò che è permesso e ciò che è gustoso e buono. Una categoria di alimenti considerati leciti direttamente dal Corano è rappresentata dai prodotti derivati dalla terra, mentre circa la classificazione degli animali ritenuti leciti, l’Islam differenzia le creature marine da quelle terrestri. Le prime sono generalmente considerate lecite, anche se trovate morte per cause differenti dalla caccia, mentre sono illecite quelle aggressive verso l’uomo, come i coccodrilli o quelle che portano “sporcizia”, come le tartarughe. Riguardo agli animali terrestri, l’Islam autorizza l’uomo a cibarsene, ma solo se sono stati cacciati. Tale facoltà si contrappone pienamente al divieto di nutrirsi di animali deceduti per cause naturali (Corano V, 1) o, in ogni caso, per cause indipendenti dalle azioni umane o in seguito ad un’azione dell’uomo considerata illecita (ad esempio uccisione dell’animale con un bastone o per soffocamento). La ragione di tale prescrizione risiede non solo nell’esigenza di prevenzione di eventuali malattie trasmissibili con la carcassa, bensì anche nel fatto che Dio non consente che l’uomo si nutra di ciò che non ha cercato e non ha pensato come mezzo di sostentamento e, conseguentemente, nella necessità che il musulmano, per ottenere una cosa, debba volerla secondo la sua intenzione (Scopel, 2016). Da tutto ciò si evince che è certo lecito cibarsi delle carni degli animali dopo averli uccisi cacciandoli, ma solo per il naturale sostentamento umano e secondo un attento richiamo etico-religioso dell’atto (il divieto di caccia in stato di consacrazione e l’invocazione di Dio prima dell’azione). In aggiunta a tali prescrizioni, l’Islam prevede che un alimento considerato halal possa divenire haram a seguito di contatto con sostanze reputate come impure e dannose per la salute del corpo; ciò significa che il concetto di alimento lecito rappresenti anche tutto ciò che non nuoce alla condizione fisica. Anche la vicinanza o la mescolanza con elementi considerati ripugnanti e dannosi, come sterco, immondizia, urine ed escrementi, rende il cibo contaminato come proibito. Il rapporto tra ‟lecito- salubre- pulito” e ‟illecito- dannoso- sporco ” è reso ancora più evidente dal fatto che il contatto con alimenti haram può ingenerare nel musulmano uno stato di impurità che deve essere eliminata con i previsti atti di purificazione. I principali alimenti non permessi (haram), secondo l’unanimità delle

(14)

8

scuole di diritto musulmano, sono gli animali morti e il sangue: l’impurità del sangue mestruale (Corano II, 222) porta alla conclusione che non solo è impura la carne della femmina di animale mestruata, bensì anche la donna mestruata che può contaminare le vivande che prepara (Scopel, 2016). E’ inoltre impuro qualsiasi animale che non sia stato macellato secondo il rito imposto dall’Islam, il vino e le bevande alcoliche, la carne di maiale e tutti i suoi derivati solidi (come ad esempio lo strutto) e liquidi, poiché le abitudini immonde di questo animale, che tende alla coprofagia e a nutrirsi di rifiuti, ovvero di elementi considerati haram contaminano il cibo rendendolo proibito. Secondo il Corano inoltre gli asini, i cavalli e i muli, assolvendo alla funzione di mezzi di trasporto per l’uomo, non possono essere uccisi per il proprio sostentamento. Gli uccelli sono generalmente leciti, come gli esseri che non hanno sangue proprio, quali gli insetti, a differenza dei rettili considerati vietati, salvo la lucertola. La pesca è considerata un’attività lecita e tutti i pesci sono ritenuti alimenti consentiti (Corano V, 96), al punto che la loro carne può essere consumata senza che l’animale sia stato macellato ritualmente. Le altre creature marine sono generalmente considerate lecite, salvo alcune eccezioni che perlopiù si spiegano con la teoria dell’isomorfismo, secondo cui ogni animale terrestre avrebbe un equivalente acquatico e ciò porterebbe a vietare quelle creature acquatiche che portano lo stesso nome o comunque assomigliano a quelle terrestri vietate: ad esempio l’asino di mare o il cane di mare, ovvero l’anguilla, per la sua somiglianza al serpente (Scopel, 2016)

(15)

9

1.3 LA MACELLAZIONE RITUALE ISLAMICA

Fig. 2: La macellazione islamica (https://www.repstatic.it/)

Il Codice di vita islamico (la sharì’ah), l’Autore del quale è Allah, contiene un “capitolo animalista”, che prescrive il rispetto delle bestie, le quali hanno anch’esse una dignità, che l’uomo ha il dovere di rispettare. La carne di bestie da macello (bovini, ovini, caprini) e di bestie da cortile (conigli e pollame) è lecita soltanto se ottenuta sulla base di regole che si fondano su antichi precetti religiosi (http://www.edizionidelcalamo.com).

Nel nostro paese vengono macellati con rito islamico (Fig.2) bovini, piccoli ruminanti e pollame. In quanto “sacrificio rituale” la macellazione deve essere condotta in accordo con un rigido protocollo, infatti il rituale islamico, detto anche Zabihah, deve essere condotto da un operatore musulmano adulto, in possesso di un’autorizzazione da parte della sua comunità di riferimento che ne attesti l’idoneità. L’operatore addetto alla macellazione rituale deve assicurarsi che il luogo della Zabihah sia il più possibile libero da tutti quegli elementi proibiti che potrebbero contaminare la carne rendendola haram (proibita). Il sacrificatore infatti, prima di condurre l’animale sul luogo dove verrà consumato il rito, dovrebbe provvedere all’allontanamento di feci, sangue ed altri materiali biologici appartenenti ad animali macellati in precedenza. L’animale oggetto del rito dovrebbe essere mantenuto calmo, trattato con rispetto, accarezzato, tranquillizzato, fatto adagiare sul fianco sinistro e la vista del coltello dovrebbe essergli celata fino al momento della macellazione. Particolare attenzione deve essere posta nell’utilizzo di coltelli perfettamente puliti ed estremamente affilati, aventi lama di lunghezza doppia rispetto al diametro del collo dell’animale. Queste caratteristiche dovrebbero consentire all’operatore di eseguire il

(16)

10

taglio con un singolo movimento, che non deve intaccare la spina dorsale; il coltello non deve essere ritirato finché non siano stati recise le arterie carotidi, le vene giugulari, la trachea e l’esofago per rendere minore la sofferenza dell’animale (Mukherjee,2014). Durante il rito, l’animale viene immobilizzato con l’utilizzo di corde in posizione eretta o, nel caso dei bovini, mediante l’utilizzo di una trappola di abbattimento rotante. Quest’ultima modalità di contenzione è stata oggetto di dibattito all’interno dell’Unione Europea, tanto che solo in data 08/02/2016 la Commissione Europea ha trasmesso al Parlamento Europeo e al Consiglio una relazione sui sistemi di immobilizzazione dei bovini che prevedano il capovolgimento o qualsiasi altra posizione innaturale. Da questa si evince che entrambi i sistemi di immobilizzazione, verticale e rotante, presentano vantaggi e svantaggi, e non risulta possibile trarre conclusioni definitive da cui risulti che un sistema sia migliore dell’altro. La scelta del sistema di immobilizzazione viene quindi lasciata ai gestori dei macelli, che operano per soddisfare le esigenze religiose delle comunità interessate (http://eur-lex.europa.eu).

A prescindere da quale sia il sistema di immobilizzazione impiegato, l’operatore addetto al rito deve assicurarsi che la testa dell’animale sia orientata verso La Mecca e prima di eseguire il taglio pronuncia la frase “Bismillàhi Allàhu àkbar” (“Nel nome di Dio, Dio è grande”). A questo punto, senza procedere a stordimento preventivo, viene eseguito il dissanguamento mediante un taglio a livello del terzo medio del collo; il dissanguamento deve essere completo e ininterrotto, essendo il sangue una sostanza non ammessa come alimento secondo la tradizione alimentare islamica (Priore, 2011). Con il metodo di macellazione sciaraitico, le carni dell’animale macellato vengono totalmente dissanguate. Infatti, subito dopo la iugulazione il cuore continua a pompare e i polmoni continuano a respirare. La respirazione ha per effetto l'ossigenazione del sangue, che è ancora in circolazione. Con la recisione dell'aorta cessa l'afflusso del sangue al cervello, che entra, immediatamente, in una condizione di completa anossia (mancanza di ossigeno). La mancanza di ossigeno nel cervello (anossia cerebrale) provoca, attraverso la spina dorsale, la contrazione dei muscoli. Le contrazioni muscolari producono l'espulsione del sangue dai tessuti fino all'ultima goccia; a questo punto l'emorragia cessa, il cuore si arresta e la respirazione si ferma. Questo è il primo risultato: la carne è completamente scevra di sangue. Secondo gli Autori islamici il secondo risultato è quello di non far soffrire l’animale; la qual cosa si verifica a causa della subitanea interruzione dell'ossigenazione delle cellule cerebrali in conseguenza dell'imponente emorragia, derivante dalla recisione delle arterie che irrorano il cervello; generando un’immediata "anestesia totale", perché il

(17)

11

centro cerebrale del dolore cessa immediatamente, di funzionare (http://www.edizionidelcalamo.com). Il rito esclude lo stordimento, in quanto, secondo i dettami del Corano, è necessario che l’animale sia cosciente ed integro al momento dell’uccisione. E’ pur vero però che alcune comunità islamiche oggi accettano ed utilizzano alcuni metodi di stordimento preventivo, come la pistola a proiettile captivo non penetrante e l’elettronarcosi, che inducono una perdita di coscienza reversibile e mantengono integro l’animale. (Priore, 2011).

1.4 LA COMUNITA’ ISLAMICA IN ITALIA

Un’importante realtà dei nostri tempi e del nostro paese è la commistione sempre più avanzata tra etnie e culture di popoli diversi che, essenzialmente per motivi di immigrazione, si trovano a vivere insieme. La mescolanza richiede voglia di superare le reciproche diversità per cercare un avvicinamento socio culturale e favorire la pacifica convivenza, partendo dal rispetto delle valenze morali che le diverse comunità ritengono irrinunciabili (Moriconi, 1999). Secondo le più recenti stime pubblicate dall’Istituto per lo Studio della Multietnicità (ISMU, 2016) e basate su dati ISTAT, gli stranieri residenti in Italia al 1°gennaio 2016 che professano la religione musulmana sono più di 1,4 milioni e, in termini di incidenze percentuali, rappresentano il 2,3% della popolazione complessiva (italiana e straniera). Per quanto riguarda le provenienze, si stima che la maggior parte dei musulmani residenti in Italia provenga dal Marocco (424.000), seguito dall’Albania (214.000), dal Bangladesh (100.000), dal Pakistan (94.000), dalla Tunisia (94.000) e dall’Egitto (93.000). La regione in cui vivono più stranieri residenti di fede musulmana, minorenni inclusi, è la Lombardia: sono 368.000 (pari al 26% del totale degli islamici presenti in Italia). Al secondo posto troviamo l’Emilia Romagna con 183.000 musulmani (pari al 12,8% del totale degli islamici in Italia), al terzo il Veneto dove i musulmani sono 142.000 (pari al 10%del totale), al quarto il Piemonte con 119.000 presenze. La Toscana è la sesta regione italiana per residenti musulmani (104.400, 7,33%). Per quanto riguarda la provenienza, quella relativa ai marocchini costituisce la principale collettività nazionale musulmana in ciascuna delle quattro regioni, con il maggior numero di cittadini stranieri che appartengono all’islam. Nel Lazio invece primeggiano i bangladeshi e in Toscana gli albanesi. Nelle stime non sono stati conteggiati gli irregolari, gli stranieri che hanno acquisito la cittadinanza italiana, né quelli che non sono iscritti in anagrafe (ISMU, 2016).

(18)

12 CAPITOLO 2

LA NORMATIVA EUROPEA

2.1 L’EVOLUZIONE DELLA NORMATIVA RELATIVA ALLA MACELLAZIONE RITUALE

Affinché si possa favorire l’integrazione della popolazione di religione islamica ed ebraica è necessario disporre di alimenti conformi ai loro principi religiosi. Quando nel diritto comunitario è stato introdotto l’obbligo del previo stordimento è stata subito introdotta, sia a livello comunitario che a livello nazionale, l’eccezione per la macellazione rituale (Roggero, 2016). In precedenza la macellazione era disciplinata dal D.R. n.1586 del 21 luglio 1927, secondo cui, per la macellazione degli animali si dovevano adottare procedimenti atti a indurre la morte rapidamente, usando apparecchi a proiettile captivo, oppure la recisione del midollo allungato e l’abbattimento doveva essere seguito dall’immediata iugulazione per ottenere il dissanguamento completo (art.9) (Chizzoniti et al., 2010). Al D.R. n.1586 del 1927 seguì il D.R. n. 3298 del 1928, recante il regolamento per la vigilanza sanitaria delle carni. Tale regolamento obbligò ad eseguire gli abbattimenti degli animali solo all’interno dei macelli e all’art 9 aggiungeva un ultimo comma, rispetto all’art.9 del D.R. n.1586 del 1927, secondo cui «Le macellazioni da eseguirsi in osservanza di precetti religiosi dovranno sempre aver luogo col pieno rispetto delle norme stabilite dai precetti medesimi» (art.9 comma 4) (Roccella, 2003).

Il D.R. n.3298 del 1928 confermava dunque le istanze di protezione degli animali da sofferenze inutili, ma non imponeva l’obbligo del previo stordimento e quindi tale regolamento faceva salve le macellazioni rituali (Roccella, 2003).

Allo stesso criterio si attenne la Direttiva (CEE) 577/75 del 18 novembre 1974 relativa allo stordimento degli animali prima della macellazione. La direttiva intendeva prevenire ogni trattamento crudele sugli animali e quindi imponeva agli stati membri di eseguire il previo stordimento per la macellazione degli animali appartenenti alle specie bovina, ovina, suina, caprina e ai solipedi; inoltre definiva lo stordimento come un procedimento effettuato per mezzo di uno strumento meccanico, dell’ elettricità o dell’anestesia con il gas, senza ripercussioni sulla salubrità delle carni e delle frattaglie e che, applicato ad un animale,

(19)

13

provochi uno stato d’incoscienza che persista fino alla macellazione. La direttiva tuttavia non attribuiva carattere assoluto all’obbligo del previo stordimento, infatti all’art.3 stabiliva che nel caso di macellazione d’urgenza o per consumo proprio, l’autorità competente poteva concedere deroghe, ma doveva accertarsi che non venissero inflitti agli animali trattamenti crudeli o sofferenze inutili. All’art.4 la direttiva stabiliva che essa non pregiudicava in alcun modo le disposizioni nazionali concernenti metodi di macellazione particolari richiesti da alcuni riti religiosi (Roccella, 2003).

La direttiva (CEE) 577/75 stabiliva all’art. 5 il termine del 1°luglio 1975 per l’adeguamento degli stati membri alle disposizioni in essa contenute e l’Italia si adeguò con la legge n.439 del 2 agosto 1978. Tale legge all’art 4 stabiliva che «Le disposizioni della presente legge non sono applicate nei casi in cui speciali metodi di macellazione, in osservanza di riti religiosi, siano autorizzati con decreto del Ministro della sanità di concerto col Ministro dell’interno». La legge, dunque, demandò ad una fonte secondaria l’individuazione dei casi di macellazione eccettuati dall’obbligo del previo stordimento (Roggero, 2016).

In Italia la legge fu applicata in seguito all’emanazione del Decreto Ministeriale dell’11 giugno 1980, recante Autorizzazione alla macellazione degli animali secondo i riti religiosi

ebraico ed islamico (Roccella, 2003). Il decreto autorizzava la macellazione senza

preventivo stordimento eseguita secondo i riti ebraico ed islamico da parte delle rispettive comunità (art.1), precisando all’art.2 che:

«La macellazione deve essere effettuata da personale qualificato che sia perfettamente a conoscenza ed addestrato nell’esecuzione dei rispettivi metodi rituali. L’operazione deve essere effettuata mediante un coltello affilatissimo in modo che possano essere recisi con un unico taglio contemporaneamente l’esofago, la trachea ed i grossi vasi sanguigni del collo».

All’art.3 stabiliva inoltre che:

«Nel corso della operazione devono essere adottate tutte le precauzioni atte ad evitare il più possibile sofferenze ed ogni stato di eccitazione non necessario. A tal fine gli animali debbono essere introdotti nella sala di macellazione solo quando tutti i preparativi siano stati completati. Il contenimento, la preparazione e la iugulazione devono essere eseguiti senza alcun indugio» (Roggero, 2016).

L’Italia si adeguò alla Direttiva (CE) 119/93, relativa alla protezione degli animali durante la macellazione o l’abbattimento, mediante il Decreto legislativo n.333 del 1 settembre 1998 secondo il quale lo stordimento non si applica alle macellazioni rituali condotte

(20)

14

all’interno di un macello (art.5, comma2), in caso contrario è obbligatorio. Tale decreto prevedeva sanzioni per le violazioni alle prescrizioni da esso poste abrogando la legge del 2 agosto 1978, n.439 (art16) (Roccella, 2003).

2.1.1. IL REGOLAMENTO (CE) 1099/2009

Con il Regolamento (CE) n.1099 del 24 settembre 2009, relativo alla protezione degli animali durante l’abbattimento, entrato in vigore nel gennaio 2013, viene ancora prevista la macellazione secondo rito religioso, in deroga alla regola generale secondo la quale gli animali devono essere abbattuti esclusivamente previo stordimento.

L’ importanza del mantenimento della deroga al previo stordimento nel caso di macellazioni rituali, deroga già prevista dalla Direttiva CE 119/1993, viene espressa nella considerazione n. 18 del citato Regolamento, dove si ribadisce la necessità di rispettare la libertà di religione e il diritto di manifestare la propria religione non solo mediante il culto, ma anche attraverso le pratiche e l’osservanza dei riti, come stabilito dall’art. 10 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. Il Reg. 1099/2009, all’art. 4, prevede altre deroghe e limitazioni di applicazioni che permettono agli operatori di procedere all’abbattimento degli animali senza stordimento preventivo (Chizzoniti et al., 2010). Infatti non è previsto lo stordimento per :

- La macellazione di volatili, conigli e lepri fuori dal macello per uso e consumo domestico e privato;

- Le macellazioni secondo rito religioso;

- L’abbattimento di emergenza al di fuori dei macelli o qualora l’osservanza delle disposizioni comporti un rischio immediato e grave per la salute o la sicurezza delle persone;

- L’ abbattimento per spopolamento, solamente in alcune circostanze, per cause imputabili alla compromissione della salute umana o al rallentamento significativo del processo di eradicazione di una malattia (http://eur-lex.europa.eu).

All’art 5 invece vengono stabiliti i controlli sui metodi di stordimento, quindi al par. 1 si riporta che:

‟Gli operatori assicurano che le persone responsabili dello stordimento o il personale adibito a tale mansione svolgano controlli regolari al fine di garantire che gli animali non presentino segni di coscienza o sensibilità nel periodo compreso fra la fine del processo di stordimento e la morte”. Mentre al par. 2 si recita:

(21)

15

‟Quando i risultati dei controlli indicano che un animale non è adeguatamente stordito, la persona responsabile dello stordimento prende immediatamente le misure opportune, come precisato nelle procedure operative standard elaborate conformemente all’art.6, paragrafo 2” (http://eur-lex.europa.eu).

La macellazione rituale può essere eseguita solo da un operatore in possesso del certificato d’idoneità e il cui livello di competenza sia tale da non causare agli animali dolori, ansia e sofferenze evitabili. (art.7) (Roggero, 2016).

2.2 LA SITUAZIONE NEI PAESI EUROPEI

Il Regolamento (CE) 1099/2009 è la fonte attualmente vigente in materia di macellazione animale, anche religiosa (Roggero, 2016). Secondo tale Regolamento ciascuno Stato membro gode di autonomia decisionale in tema di macellazioni rituali e può quindi decidere di rendere obbligatorio lo stordimento per la macellazione religiosa, qualora lo ritenesse necessario per una maggiore protezione degli animali (Roggero, 2016) .

Per quanto riguarda la deroga all’obbligo del previo stordimento, i Paesi membri possono essere classificati in tre categorie:

- Belgio, Francia, Germania, Italia, Regno Unito, Olanda, Spagna, Lettonia, Estonia e Norvegia consentono la macellazione rituale senza previo stordimento, a patto che vengano rispettate alcune condizioni;

- Finlandia, Austria, Slovacchia e Danimarca prevedono lo stordimento immediatamente dopo la iugulazione (post-cut stunning);

- Svizzera, Svezia, Lituania e la provincia di Aland in Finlandia vietano la macellazione rituale senza previo stordimento (Priore, 2011). La Svezia, in realtà, concede un’autorizzazione nel caso di polli e conigli, previa richiesta all’Agenzia per il Benessere degli Animali (Chizzoniti et al., 2010).

I Paesi che riconoscono il diritto alla macellazione rituale eseguita senza stordimento, pongono condizioni a cui non è consentito sottrarsi, quali :

- notifica o richiesta di un permesso da parte dei proprietari dei macelli, in cui s’intende praticare la macellazione rituale. Essi devono notificare all’autorità veterinaria del territorio di essere in possesso dei requisiti richiesti;

- per gli operatori responsabili delle pratiche di macellazione rituale, possesso di una licenza che provi la loro competenza e di un’autorizzazione o approvazione da parte della rispettiva comunità religiosa;

(22)

16

- autorizzazione dei macelli in cui la macellazione rituale può essere praticata; - l’autorità religiosa per conto della quale la macellazione rituale è effettuata deve

operare sotto la responsabilità del veterinario ufficiale. Questa disposizione è stata trasposta nelle legislazioni nazionali di alcuni Stati membri;

- le modalità di immobilizzazione degli animali sono a discrezione di degli Stati membri;

- le caratteristiche dei coltelli e le tecniche dello sgozzamento devono attenersi alle disposizioni legislative (Chizzoniti et al., 2010).

(23)

17 CAPITOLO 3

LA CERTIFICAZIONE HALAL

3.1 L’ENTE CERTIFICATORE ED IL DISCIPLINARE

Fig 3: Ente concedente la certificazione halal (https://www.hinduism.it/teofonia/images/logo-coreis.jpg)

A fronte della cospicua presenza di musulmani sul territorio nazionale è nata la CO.RE.IS (Comunità Religiosa Islamica) ITALIANA (Fig.3), un’associazione religiosa con attività pubblica, senza scopi di lucro, che riunisce il maggior numero di cittadini italiani musulmani. Costituitasi per dare un volto e un’ ufficialità all’Islam in Italia, al riparo da ogni contaminazione ideologica, dal 1993 la CO.RE.IS., rappresentando gli interessi religiosi dei musulmani in Italia e in Europa, sensibilizza l’opinione pubblica sulla possibilità di una piena e armoniosa compatibilità tra fede islamica e identità italiana (Anonimo, 2009). Nell’ambito della sua funzione di ‟tutela degli interessi di religione, culto e cultura degli aderenti alla religione islamica in Italia” (art.3 dello Statuto dell’Ente), la CO.RE.IS. ITALIANA si propone, con il Progetto Halal Italia di contribuire al raggiungimento dei seguenti obiettivi:

- Chiarimento e conoscenza dei principi religiosi che regolano le prescrizioni della dottrina islamica in tema di alimentazione

- Contribuire in modo qualitativo alla diffusione dei procedimenti di certificazione volontaria Halal

- Favorire una maggiore sensibilità e preparazione degli imprenditori e distributori italiani di generi agro-alimentari nel condurre rapporti commerciali con il mondo islamico.

(24)

18

Nel marzo del 2009 la CO.RE.IS. ITALIANA ha infatti avviato con la Camera di Commercio di Milano e l’agenzia Promos, il Progetto di Certificazione Halal Italia, con il quale si proponeva di contribuire in modo qualitativo allo sviluppo di una cultura e di una prassi rispettosa delle diverse appartenenze religiose, anche attraverso la certificazione e la distribuzione di prodotti che tengano conto delle esigenze specifiche dalla comunità islamica nazionale e internazionale. A tal fine è stato istituito un Comitato Etico per la Certificazione Halal, composto da teologi e giuristi musulmani affiancati da consulenti esterni con esperienza specifica in ambito agro-alimentare, medico e veterinario. Il Comitato Etico della CO.RE.IS. ha messo a punto uno strumento innovativo, il Disciplinare tecnico di Certificazione Halal, allo scopo di favorire nella pratica la traduzione delle regole coraniche per il commercio di prodotti “made in Italy” nei settori food, farmaceutica e cosmesi. Il Disciplinare tiene conto, inoltre, delle elaborazioni stilate da prestigiose organizzazioni islamiche nel mondo con le quali la CO.RE.IS. Italiana collabora attivamente.

Halal Italia è oggi un ente di certificazione volontaria per i prodotti made in Italy conformi alle regole islamiche di liceità (halal) nei settori agro-alimentare, cosmetico, sanitario, farmaceutico, finanziario e assicurativo. La promozione dell’alta qualità italiana viene garantita dalla rigorosa conformità agli standard halal internazionali e alle normative europee dei processi produttivi oggetto di certificazione.

Halal Italia fornisce inoltre servizi di formazione e assistenza commerciale e di marketing per il mercato italiano ed estero, per le aziende interessate a sviluppare nuovi prodotti ed esplorare nuove opportunità. Grazie alla collaborazione con il Comitato Etico per la Certificazione Halal della CO.RE.IS. (Comunità Religiosa Islamica) Italiana è stato possibile garantire una elevata affidabilità nel servizio di certificazione: il Comitato Etico è l’Autorità religiosa indipendente che rilascia i certificati, mentre il personale di Halal Italia è responsabile delle ispezioni nelle aziende.

Attualmente in Italia le agenzie di certificazione halal sono :  L’Halal Global Service (dipendente dalla CO.RE.IS.)

 Halal Italy Authority ( Marchio della CCIB S. Coop. Soc. a.r.l.)

 TŰV Italia S.r.l. + Associazione Culturale Islamica ‟Zayd Ibn Thabit ” (Moschea di Napoli) (Anonimo, 2009).

Con il Disciplinare tecnico la CO.RE.IS. ITALIANA si è posta i seguenti obiettivi:

- Definire i criteri di conformità secondo la tradizione islamica dei prodotti alimentari e dei procedimenti produttivi

(25)

19

- Rispettare le regole sanitarie secondo i dettami delle leggi vigenti in Europa in tema di igiene e sicurezza alimentare

- Creare un marchio ed un logo di certificazione Halal riconoscibili verso terzi Le prescrizioni islamiche in materia alimentare indicano con halal (lecito) e haram (proibito) i diversi prodotti alimentari. I principi religiosi fondamentali in tema di alimentazione sono contenuti nel Corano e nella Sunna (l’esempio dato dalla vita del Profeta Muhammad), mentre la giurisprudenza successiva delle quattro scuole giuridiche presenti all’interno dell’Islam sunnita (scuola hanafita, malikita, shafi’ita e hanbalita) ha provveduto a trarre da tali principi fondamentali delle specificazioni ulteriori. È’ importante sottolineare che nel Corano non si trovano “elenchi” di cibi leciti o halal, semplicemente perché la regola generale è che tutte le cose buone offerte dalla Provvidenza di Dio siano lecite e benefiche per l’uomo, mentre sono piuttosto le cose proibite (haram) a costituire un’eccezione a questa regola e ad essere quindi indicate esplicitamente (Anonimo, 2009). Secondo il Corano dunque tutti i cibi sono halal, ad eccezione di quelli appartenenti alle seguenti quattro categorie:

- carne di animali morti (già morti prima della macellazione); - sangue;

- carne di maiale;

- carne di animali macellati senza invocare Dio o oggetto di falsi sacrifici; - vino, bevande inebrianti e intossicanti.

La giurisprudenza musulmana ha tratto dai principi guida contenuti nel Corano, delle indicazioni ulteriori in materia alimentare, finalizzate, non ad istituire nuovi divieti, ma piuttosto a fornire una guida per coloro che vogliano mantenersi con maggior sicurezza nel solco del lecito. Mentre i principi contenuti nel Corano e nella Sunna costituiscono regole obbligatorie comuni a tutti i musulmani, le indicazioni ulteriori date dalle quattro scuole giuridiche possono invece differire. Dunque ogni volta che si vorrà sapere quali siano le prescrizioni alimentari seguite in una determinata area del mondo islamico, sarà necessario rifarsi non solo alle regole fondamentali del Corano e della Sunna, ma anche alle regole più dettagliate indicate dalla specifica scuola giuridica prevalente nell’area geografica di riferimento (Anonimo, 2009).

Il Comitato Etico di certificazione Halal della CO.RE.IS. ITALIANA si è avvalso, nella stesura del Disciplinare tecnico e del Regolamento di Certificazione, del confronto con i disciplinari e i regolamenti emessi dalle associazioni islamiche in altre parti del mondo, dal Sud Est asiatico (Singapore e Malesia) all’Europa (Francia) e al Nord America (Stati

(26)

20

Uniti). A fronte della necessità di predisporre dei criteri di certificazione capaci di indirizzarsi a tutto il mondo islamico, sono stati adottati criteri che soddisfano le prescrizioni alimentari di tutte le scuole giuridiche tradizionali. (Anonimo, 2009).

Nel Disciplinare si prevede dunque che possano ottenere il rilascio della certificazione soltanto quegli alimenti che siano indicati come leciti da tutte le scuole giuridiche. Un prodotto alimentare o un ingrediente dello stesso oppure una bevanda, per potersi considerare halal e poter quindi essere certificato come tale, non deve contenere:

- suino o specie affini al suino (cinghiale ad es.) e loro derivati (per esempio budelli, gelatine alimentari ecc.);

- animali trovati morti; - sangue;

- animali terrestri non macellati ritualmente; - alcool, bevande fermentate o loro derivati; - asino di allevamento, mulo o bardotto;

- cavallo (scuola malikita e prima scuola hanafita);

- animali con le due zanne, come elefanti e cinghiali, o predatori con le zanne, come lupi, leopardi, leoni, linci, cani, gatti, scimmie, orsi ecc., a cui si aggiungono volpi e iene secondo la scuola hanafita e quella malikita;

- uccelli predatori con gli artigli, come falchi e aquile (scuola hanafita, shafi’ita e hanbalita);

- volatili che per i musulmani non possono essere uccisi, come gufi, civette, pipistrelli, rondini, upupe, pavoni (scuola shafi’ita);

- ricci e porcospini (scuola hanafita e hanbalita); - tassi e lontre;

- uccelli che si nutrono di animali morti, come avvoltoi e corvi;

- piccoli animali del terreno, come topi, ricci, donnole ecc. (scuola hanafita, shafi’ita e hanbalita);

- animali terrestri che hanno sangue, ma il cui sangue non può essere fatto defluire perché non circolante, come serpenti, lucertole, camaleonti;

- animali terrestri che non hanno sangue, dunque gli insetti, come vespe, ragni, mosche, scarafaggi, scorpioni ecc., a eccezione delle locuste;

- animali anfibi che vivono sia nell’acqua che sulla terra, come coccodrilli, tartarughe, rane ecc. (scuola hanafita, shafi’ita e hanbalita);

(27)

21

- animali acquatici che non hanno forma di pesce, come molluschi, crostacei, gamberetti, aragoste ecc., con l’eccezione di lamprede e anguille (scuola hanafita);

- pesce spada (scuola hanbalita);

- delfino (scuola malikita e scuola shafi’ita in parte);

- pesci senza squame, come ad esempio polpi , calamari ecc.

- animali allevati con prodotti di origine suina, o che mangino impurità, come letame o immondizia;

- animali malati.

Inoltre, l’alimento non deve contenere:

- cose che siano dannose, come veleno, vetro, terra; - sporcizia o impurità di qualsiasi genere;

- qualsiasi alimento che sia oggetto di contaminazioni crociate con anche uno solo degli alimenti sopra indicati;

- additivi, coadiuvanti tecnologici, coloranti o conservanti sintetici contenenti anche uno solo degli alimenti sopra indicati.

A tutto ciò deve essere aggiunto che l’attrezzatura di qualsiasi genere usata nella preparazione di alimenti halal dovrebbe preferibilmente essere diversa da quella usata per la preparazione di cibi non-halal. Nel caso uno strumento voglia essere utilizzato per cibi

halal dopo essere stato utilizzato per cibi non-halal dovrà essere sottoposto a una

sanificazione totale che non lasci alcun residuo di alimenti o sostanze non-halal. Durante tutto il processo di produzione non deve esservi alcun genere di contaminazione tra cibi

halal e cibi non-halal dovuta al contatto con residui non halal o ad altre cause. Norme di

igiene, pulizia e salute debbono essere inoltre osservate sia per l’ambiente di lavorazione sia per il personale addetto, poiché secondo la tradizione islamica la sporcizia o l’impurità di qualsiasi tipo è dannosa. I requisiti suddetti sono da intendersi come linee di indirizzo. Ogni richiesta di certificazione halal sarà comunque valutata come caso a sé stante.

La certificazione Halal è rilasciata dalla CO.RE.IS. ITALIANA, la quale nomina il Comitato Etico di Certificazione Halal, composto da responsabili musulmani qualificati sulla dottrina islamica in materia alimentare e sulle sue modalità di traduzione nel contesto attuale. È di pertinenza del comitato sia il lavoro di adattamento dei principi, sia tutto il lavoro relativo al rilascio, al mantenimento, alla sospensione e alla revoca del certificato di conformità Halal dei prodotti. Il Comitato di Certificazione si avvale anche dell’aiuto di un Comitato Consultivo, composto da esperti e consiglieri tecnici (Anonimo, 2009).

(28)

22

Il certificato Halal ha durata triennale ed è rinnovabile a richiesta dell’azienda certificata. Durante la durata di validità del certificato, l’organizzazione è tenuta a sottoporsi ad audit di mantenimento annuali, attraverso i quali l’auditor verifica la corretta applicazione delle regole Halal e l’idoneità dei prodotti e dei processi. La selezione degli auditors (ispettori) avviene tramite il Comitato Etico di certificazione Halal della CO.RE.IS. Italiana. Ove le condizioni di mantenimento del certificato non siano rispettate, è possibile sospendere il certificato per un periodo stabilito oltre il quale, se le corrette condizioni di produzione non sono state ripristinate, sarà effettuato il ritiro definitivo della concessione di utilizzo del logo e del marchio. Durante la sospensione il titolare del certificato non può utilizzare il logo Halal né dichiarare Halal i prodotti che fornisce al proprio cliente. L’utilizzo del logo e del marchio potrà essere ripreso solo in seguito al ripristino delle condizioni di conformità. In caso di rilevazione di gravi non conformità durante le verifiche di sorveglianza, è possibile ritirare immediatamente il certificato. In caso di ritiro del certificato, l’azienda è tenuta ad informare i propri clienti e non potrà più utilizzare il logo ed il marchio, che dovranno essere eliminati da materiale informativo, sito internet, fatture e DDT, comunicazioni ai clienti ed altri supporti cartacei o informatici eventualmente utilizzati. L’utilizzo del logo e del marchio Halal Italia, di proprietà della CO.RE.IS. ITALIANA, deve essere esclusivamente dedicato ai prodotti certificati; il marchio è rilasciato all’organizzazione che ne ha fatto richiesta solo in seguito all’avvenuta certificazione (Fig. 4).

Fig 4: Logo Halal ( Anonimo, 2009).

Il logo unisce la scritta araba “halal” in carattere cufico (forma antica stilizzata che si presta particolarmente all’uso pittografico) a un carattere europeo che riporta la dicitura “Halal Italia”. Il logo può essere di dimensioni variabili a scelta, purché mantenga il rapporto esistente tra base e altezza. I colori consentiti sono il rosso pantone n. 1807 C e il nero pantone n. 8602 C.

È’ previsto anche l’uso del logo nella versione bianca per gli sfondi di colore scuro.

Il logo Halal può essere riportato in etichetta solo sui prodotti che hanno ottenuto la certificazione Halal. Il certificato halal è rilasciato all’organizzazione che ne ha fatto

(29)

23

richiesta solo in seguito al parere positivo espresso dal Comitato Etico di Certificazione

Halal. Sul certificato cartaceo halal, consegnato dalla CO.RE.IS. all’utente certificato nelle

tre versioni, italiana, inglese e araba, sono indicati i seguenti dati: - Marchio “HALAL ITALIA” in evidenza prioritaria;

- Ragione sociale del proprietario del certificato; - Stabilimento di produzione/sito produttivo;

- N° di autorizzazione “Halal” concesso dall’Ente preposto al controllo della conformità (CO.RE.IS. ITALIANA);

- Tipologia del prodotto certificato;

- Dichiarazione d’uso e validità del certificato; - Data di rilascio del certificato;

- Durata della validità del certificato con data di scadenza (triennale)

3.2 IL MERCATO DEI PRODOTTI HALAL IN ITALIA

Il mercato del halal food non è ancora completamente strutturato ed è relativamente giovane tanto a livello internazionale (analisi di mercato disponibili da meno di 10 anni), quanto a livello nazionale (sviluppi significativi tracciabili negli ultimi 2/3 anni). Ciò detto non si tratta di un "settore di nicchia": circa il 25% della popolazione mondiale fa riferimento alla religione islamica e alimenta un mercato di circa 2.300 miliardi usd (World Halal Forum, 2010) considerando insieme food, cosmesi, farmaceutica e turismo. Prendendo in esame il solo comparto agro-alimentare i dati ci parlano di un valore stimato di circa 700 mld usd con fattori di crescita costanti nell'ordine del 16% annuo negli ultimi 5 anni (Di Stefano, 2017). Se andiamo a considerare l'Europa, dove vivono circa 50 milioni di musulmani (il 2,70% della popolazione islamica mondiale) scopriamo che lo stesso comparto halal food vale circa 70 mld usd ovvero ben il 10% del mercato globale: questo significa che la propensione e il potere di acquisto della comunità islamica in Europa è quasi 4 volte superiore ai valori medi del resto del mondo.

Se prendiamo in esame la situazione italiana, la popolazione islamica residente ha ormai raggiunto il milione e mezzo di unità con quote consistenti e crescenti di musulmani di origine italiana e seconde/terze generazioni di giovani nati e cresciuti in Italia da genitori provenienti dall'Asia e dall'Africa.

(30)

24

Il potenziale del mercato halal food in Italia è stimato (Ministero Affari Esteri, 2010) in 5 mld usd/anno. Le categorie di prodotto più interessate nei processi di certificazione halal sono le seguenti:

carni e prodotti base carne; pasticceria e gelateria; grain products;

seconde lavorazioni frutta e verdura; piatti pronti;

enzimi/additivi; lattiero-caseari; bevande; grassi e olii.

Nel 2012 le aziende italiane coinvolte in processi di certificazione halal si avvicinano alle 100 unità; si tratta di grandi imprese/multinazionali (Halal Italia, 2012) nel 24% dei casi, aziende di media dimensione nel 63%, piccole imprese/imprese familiari nel 13%.

Un terzo (31%) opera nel settore di carni/prodotti base carne.

Si concentrano per la maggior parte nel Nord Italia (55% del totale) e particolarmente in Lombardia ed Emilia Romagna, il 15% al Centro, il 10% al Sud e il 20% nelle Isole.

Si tratta principalmente di aziende con una consolidata propensione all'export, che individuano nella certificazione halal un plus valore per consolidarsi sui mercati esteri o aggredirne di nuovi e, al tempo stesso, rafforzare la propria posizione sul mercato domestico intercettando la crescente domanda di prodotti certificati da parte della comunità islamica nazionale (Di Stefano, 2017).

Considerando il triennio 2010-2012 (stima) è stata registrata una crescita della domanda di servizi di certificazione costante: nel 2011 (su 2010) +40%; nel 2012 (su 2011) +50%. Questo significa che la cifra di aziende certificate e di prodotti disponibili è più che raddoppiata a testimonianza dell'interesse crescente che la certificazione halal riveste nell'ambito produttivo alimentare italiano. Un ulteriore dato significativo a conferma della soddisfazione dei clienti relativamente all'impatto commerciale dell'investimento nella certificazione: quasi il 90% delle aziende, allo scadere del triennio di validità del certificato, procedono con il rinnovo. Un altro fenomeno evidente anche in Italia, già stato registrato da alcuni anni in maniera significativa su mercati occidentali più consolidati (Francia, UK, Germania, USA, ecc), è connesso al trend di posizionamento commerciale del prodotto certificato halal.

(31)

25

La percezione generale dei consumatori sta passando rapidamente dal considerarlo un prodotto di bassa qualità o di carattere strettamente etnico, al coglierne il valore aggiunto in termini di verifica delle materie prime e degli ingredienti, controllo del processo produttivo tout court e salubrità.

In Francia, Germania e Regno Unito il 40% dei consumatori di prodotti halal è già oggi non musulmano, mentre in Italia, sulla base dei feedback ricevuti dalle aziende certificate

halal, si stima che i consumatori che scelgono il prodotto halal come conseguenza di una

particolare attitudine ad un consumo attento e critico dei prodotti agro-alimentari rappresentano quasi il 20% del totale.

Dal 2010, in cui ci fu l’apertura del primo banco di carne halal nel supermercato Ipercoop nel quartiere di Roma Casilina, si è giunti alla situazione attuale in cui i prodotti halal sono praticamente presenti in tutte le grandi catene commerciali (Di Girolamo, 2010), ma la GDO in Italia (a differenza di molti altri Paesi UE) non ha intrapreso progetti più strutturati nell'ambito dell'offerta commerciale dei prodotti certificati halal. L'offerta attuale è infatti piuttosto limitata quantitativamente, non organizzata all'interno dei punti di vendita e, generalmente lacunosa per qualità dei prodotti e per autorevolezza delle certificazioni proposte dai fornitori.

Negli ultimi anni infatti, specialmente in alcune zone e regioni a più alta densità di musulmani, sono sorte numerose macellerie dedicate alla vendita di prodotti halal. Queste piccole realtà commerciali convivono spesso accanto alle rivendite della GDO, presso le quali sono presenti spazi dedicati alla vendita di prodotti halal. Nel censire la realtà delle macellerie islamiche, l’Italia offre dati sommari molto scarsi: spesso si tratta di piccole imprese assenti dalle pagine gialle o difficilmente scremabili dalle macellerie inserite nei registri delle imprese. Il paragone con la Francia, paese di antica presenza islamica (si pensi che la costruzione della Moschea di Parigi risale al 1926), dimostra che in questo territorio tanto caratterizzato dalla presenza franco-algerina, le macellerie islamiche sono circa 3.000-4.000, ma negli ultimi anni esse sono state contrastate dalla ristorazione di massa in stile halal che ha guadagnato posizioni all’interno di fast food come Mc Donald’s, KFC, Quick (Zemmour, 2010). Per quel che riguarda l’Italia, risale a circa il 1971 l’apertura della prima macelleria Halal a Milano, gestita dal centro Islamico locale (Marra, 2012). Negli anni la macellazione islamica ha avuto la sua capitale proprio a Milano, dove già nel 1994 esistevano 21 macellerie islamiche. Negli ultimi anni il loro numero è più che triplicato (Colombo et al., 2002). A Torino la prima macelleria halal è nata solo nel 1992; infatti visto che la massiccia domanda di carne imponeva il trasporto di

(32)

26

carni da Milano, i musulmani del centro islamico di Via Berthollet fondarono una cooperativa che gestiva una macelleria e una pizzeria-kebab. In altre città italiane la situazione però è differente. Ad esempio a Trieste, contrariamente a quanto avviene in altre parti della regione (Pordenone, Udine), non è possibile trovare carne fresca halal (Colombo et al., 2002).

Riferimenti

Documenti correlati

d IscussIon The protocols adopted, based on microscopic and molecular analyses, were proven to be valuable for the identification and characterization of thermal muds’ microflora

L’iniziativa, realizzata da Unioncamere Puglia in partnership con il Future Center di Barletta, e finanziata dalla Camera di Commercio di Bari, mira a fornire ai

Da ormai circa quarant’anni alcuni Stati membri dell’Unione Europea si confrontano con la presenza radicata di comunità di cittadini musulmani, arrivati anche alla terza

Il lavoro si distingue così in tre parti: una prima parte è dedicata alla descrizione della presenza islamica in Europa e all’analisi del livello d’integrazione raggiunto

Le cosce fresche destinate alla produzione del Prosciutto Veneto Berico-Euganeo DOP hanno un peso di almeno 10 kg e non devono subire al- cun trattamento di

Though this, in the second chapter we can prove some important known theorems that concern partition regularity and that are relevant to our purposes, namely Schur’s Theorem

[r]

Source: State of the Global Islamic Economy Report (2020).. THE HALAL