• Non ci sono risultati.

Progetto di sensori integrati di velocità delle particelle acustiche per frequenze ultrasoniche

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Progetto di sensori integrati di velocità delle particelle acustiche per frequenze ultrasoniche"

Copied!
102
0
0

Testo completo

(1)

D

IPARTIMENTO DI

I

NGEGNERIA DELL

’I

NFORMAZIONE

C

ORSO DI

L

AUREA

M

AGISTRALE IN

I

NGEGNERIA

E

LETTRONICA

Progetto di sensori integrati di velocità di particelle acustiche

per frequenze ultrasoniche

Relatori: Candidato:

Prof. Paolo Bruschi Federico Meranda

Prof. Massimo Piotto

(2)

Indice

Introduzione

1 - Sensori di onde acustiche ultrasoniche

1.1 Applicazioni per trasduttori acustici ultrasonici………..2

1.2 Trasduttori ultrasonici………4

1.2.1 pMUT……….5

1.2.2 cMUT……….7

1.3 Misure di velocità e misure di pressione………..9

1.4 Il Microflown……….10

1.5 Onde acustiche………11

1.6 Equazioni utili allo studio di sensori basati su principi termici………..15

2 - Modello fisico per la distribuzione della temperatura statica 2.1 Equazione di Laplace………19

2.2 Modello di temperatura statica tra i due fili………21

2.3 Temperatura statica tra i due fili sospesi a distanze comparabili alla sezione del filo………..31

3 -Modello fisico per la perturbazione dinamica della temperatura statica 3.1 Osservazioni preliminari sull’entità del disturbo di temperatura……….38

3.2 Risoluzione dell’equazione di Laplace in presenza di fluido in movimento………..42

3.3 Distribuzione della temperatura in presenza di due fili tra loro paralleli………48

3.3.1 Origine del segnale differenziale del sensore………50

3.3.2 Considerazioni sulla funzione 𝛿𝑇(𝑥,0)……….52

3.3.3 Esempio di dimensionamento di un sensore……….55

4 - Simulazione, progetto dei sensori APV ultrasonici e confronto con i risultati teorici 4.1 Introduzione………..57

4.1.1. Considerazioni sulla risposta in frequenza……….………58

4.1.2 Effetti degli strati limite di temperatura su 𝛿(𝑓)………..59

(3)

4.2 Simulazioni numeriche………63

4.2.1 Modello tridimensionale………..64

4.2.2 Simulazioni statiche elettriche e termiche………..66

4.2.3 Confronto della temperatura statica col risultato analitico……….68

4.3 Modello bidimensionale………..69

4.3.1 Simulazione termica statica………69

4.3.2 Determinazione del coefficiente di scambio termico………..70

4.3.3 Stima del coefficiente di scambio termico 𝐺𝑡ℎ noti alcuni risultati preliminari ricavati dalla simulazione COMSOL………..73

4.3.4 Simulazioni 2D……….73

4.3.5 Esempi numerici di stima di 𝐺𝑡ℎ noto 𝛾′ dalla simulazione per valutare la correttezza della formula………...74

4.3.6 Simulazioni acustiche………..78

4.3.7 Simulazioni termiche in transitorio………80

5 - Layout del sensore APV e progetto del front end analogico 5.1 Realizzazione tecnologica dei sensori………..83

5.1.1 Prima versione del sensore………83

5.1.2 Seconda versione del sensore……….86

5.2 Progetto del front end analogico………89

Conclusioni………..95

Bibliografia………..96

(4)

1

Introduzione

I sensori di onde acustiche ultrasoniche trovano applicazione in diversi settori, dalla medicina all’industria. Il campo acustico per essere caratterizzato completamente ha bisogno della misurazione delle grandezze fisiche di pressione e velocità della perturbazione acustica. La diffusione di questi dispositivi riguarda principalmente i sensori di pressione acustica (microfoni), i quali vengono anche utilizzati per misurare la seconda grandezza fisica che descrive il campo acustico, ovvero la velocità. Recentemente sono stati introdotti sul mercato sensori basati su princìpi di trasduzione termica che misurano direttamente la velocità del segnale acustico. Tali dispositivi, realizzabili anche su processi CMOS, sono già stati sviluppati presso l’Università di Pisa ed ottimizzati per segnali acustici in banda udibile. In questo elaborato ne viene analizzato il funzionamento per comprenderne la possibilità di espanderne l’utilizzo anche a frequenze ultrasoniche, ed ottenere quindi una sensibilità comparabile a quella già ottenuta in banda audio. Inizialmente (primo capitolo) vengono brevemente presentate alcune applicazioni che fanno uso di onde acustiche ultrasoniche, ed il principio di funzionamento dei trasduttori più comuni in commercio. Vengono poi sinteticamente esposti i presupposti teorici per la comprensione dei fenomeni acustici trattati in questo elaborato. Nel secondo e terzo capitolo viene presentato un modello analitico per analizzare quali parametri fisici possono essere utili per la progettazione e l’ottimizzazione di questi sensori a frequenze ultrasoniche: in particolare nel capitolo 2 viene trovata, sotto alcune ipotesi semplificative, la distribuzione tridimensionale di temperatura generata dal sensore in assenza di perturbazione acustica. Questa si rivela utile per lo studio del segnale utile, ovvero una perturbazione della temperatura statica che deriva invece dall’applicazione dello stimolo acustico. Questa alterazione dinamica della temperatura genera un segnale elettrico, proporzionale alla velocità stessa dell’onda. Sono inoltre esposti alcuni limiti del modello analitico e quindi la necessità di ricorrere ad un simulatore numerico, il cui utilizzo viene esposto nel capitolo 4. In particolare vengono descritte le simulazioni effettuate su modelli 3D (per simulazioni termiche stazionarie) e 2D (per simulazioni acustiche e termiche in transitorio) ed i criteri utilizzati per l’ottimizzazione della risposta in frequenza del sensore per segnali acustici ultrasonici. Questi criteri giustificano le tre diverse strutture dello stesso sensore che sono state simulate numericamente ed i risultati ottenuti nella risposta in frequenza di ciascuno di essi. Nel capitolo 5 vengono presentati i tre diversi layout relativi alle tre diverse versioni del sensore, la cui progettazione è avvenuta con il processo tecnologico BCD8sP, nonché il layout complessivo del ponte di Wheatstone nel quale i sensori vengono inseriti. Infine viene presentata la progettazione di uno stadio di preamplificazione integrato per il segnale, che implementa la tecnica chopper per l’eliminazione del rumore e dell’offset a bassa frequenza.

(5)

2

Capitolo 1

Sensori di onde acustiche ultrasoniche

In questo capitolo vengono presentati i presupposti fisici riguardanti le onde acustiche utili alla comprensione dei capitoli successivi. Vengono inoltre sinteticamente presentate alcune applicazioni che fanno uso di onde acustiche ultrasoniche ed i principi su cui si basano i trasduttori presenti in commercio per tali applicazioni, riportandone alcuni parametri tipici che li caratterizzano. Viene poi descritto l’unico sensore di velocità di particelle acustiche disponibile sul mercato (Microflown™) che fa uso degli stessi princìpi fisici di quello progettato in questo elaborato, e ne vengono poi descritti i vantaggi rispetto ai sensori di pressione acustica.

1.1 Applicazioni per trasduttori acustici ultrasonici

Gli ultrasuoni sono definiti come onde acustiche che hanno una frequenza che supera il limite percettivo dell’orecchio umano (≈ 20 𝐾𝐻𝑧). Gli ultrasuoni possono fornire informazioni importanti riguardo la natura del materiale in cui si propagano e rappresentano una fonte di analisi diffusa in settori come la medicina o l’industria. Le principali tecniche di controllo ultrasonico utilizzate sono la tecnica per riflessione (pulse echo) e la tecnica per trasparenza (continuous wave mode). La prima impiega un unico trasduttore che viene utilizzato sia da trasmettitore che da ricevitore: un impulso elettrico viene convertito dal trasduttore in un’onda acustica che si propaga nel mezzo di interesse, finchè non incontra la superficie di separazione esterna e viene riflessa verso il trasduttore (fig. 1.1). Questo nuovamente converte l’impulso ultrasonico in un impulso elettrico che viene registrato dall’oscilloscopio.

Figura 1.1: Schema della tecnica pulse-echo.

Con questa tecnica è ad esempio deducibile la velocità di propagazione dell’onda acustica nel mezzo: conoscendo infatti la lunghezza del materiale e sapendo che il tempo che impiega l’impulso a tornare

(6)

3

al sensore è pari a due volte la lunghezza della cella in esame, attraverso la relazione 𝑣 = 2𝐿

∆𝑇 si ricava

la velocità [1]. In realtà questa tecnica è alla base anche di applicazioni più complicate ad esempio applicazioni di controllo ultrasonico o in campo medico a scopi diagnostici. Nelle tecniche di

controllo ultrasonico lo scopo è valutare, ad esempio in fase di produzione industriale, gli echi riflessi

dalle discontinuità che possono presentarsi nei materiali sotto esame.

Figura 1.2: Schema della tecnica di controllo ultrasonica per applicazioni industriali in assenza di discontinuità.

L’analisi del pezzo viene difatti realizzata con lo stesso principio: in assenza di discontinuità avremo (conoscendo la velocità di propagazione nel mezzo e la sua lunghezza) che l’impulso ultrasonico emesso dal trasmettitore si propaga in linea retta fino alla superficie di separazione (ad esempio metallo/aria) dove avviene la riflessione. In presenza di una discontinuità del materiale si avrà una riflessione dell’onda dipendente dalle dimensioni, dall’orientamento e dalla natura della discontinuità stessa.

Figura 1.3: Schema della tecnica di controllo ultrasonica per applicazioni industriali in presenza di discontinuità.

Dato che gli ultrasuoni si propagano a velocità costante le distanze temporali degli echi lette sull’oscilloscopio, data una corretta base dei tempi, sono proporzionali alla profondità a cui sono collocate le discontinuità. Infine i trasduttori ultrasonici trovano largo impiego in campo medico, dove fungono da strumento diagnostico: è infatti possibile implementare tecniche di imaging degli organi umani interni. Negli ecografi ad ultrasuoni, ad esempio, se l’onda elastica attraversa mezzi con impedenza acustica diversa, l’onda riflessa fornisce indicazioni sulla struttura dei tessuti attraversati [2]. Tipicamente le sonde per queste applicazioni sono di tipo piezoelettrico: applicate sulla pelle del

(7)

4

paziente vengono stimolate con impulsi elettrici producendo ultrasuoni alla stessa frequenza di risonanza meccanica del trasduttore. Le componenti riflesse vengono rivelate dallo stesso trasduttore in ritardo rispetto all’istante in cui viene emessa l’onda. È quindi possibile la ricostruzione del profilo delle discontinuità sulla base della loro profondità rispetto alla superficie. Se ad ogni profondità rilevata viene assegnata una tonalità di colore (ad esempio in scala di grigi) è possibile infatti ricostruire un’immagine dell’aria scansionata (ecografi a scansione dinamica). Un secondo sistema di controllo ultrasonico è la tecnica per trasparenza: si fa uso di due trasduttori posti sull’asse di propagazione dell’onda, posti su due superfici del campione ad una distanza nota, su cui ad esempio si vuole misurare la velocità di propagazione dell’onda acustica. Un generatore di impulsi sinusoidale della stessa frequenza di risonanza meccanica del trasduttore viene usato per metterlo in vibrazione continua (trasmettitore), mentre un altro dispositivo viene usato per la ricezione delle onde meccaniche, dopo che queste hanno attraversato il mezzo di interesse. Un oscilloscopio viene connesso su due canali, uno corrispondente all’impulso generato elettricamente, l’altro l’impulso ricevuto dal secondo trasduttore. Nuovamente conoscendo la distanza tra i due trasduttori, e la differenza temporale tra l’inizio del primo impulso e l’inizio di quello ricevuto ∆𝑇, è possibile ad esempio calcolare la velocità di propagazione dell’onda acustica con l’espressione 𝑣 = 𝐿

∆T.

Figura 1.4: Schema della tecnica di controllo per trasparenza (continuous wave).

1.2 Trasduttori ultrasonici

I trasduttori piezoelettrici sono in grado di convertire energia meccanica in energia elettrica e viceversa. È possibile infatti applicare al materiale uno stress meccanico che viene convertito in una variazione del campo elettrico interno al materiale: questo principio viene usato nella ricezione di onde ultrasoniche. Dualmente è possibile, applicando un campo elettrico interno (tipicamente tra due

(8)

5

facce parallele del materiale) ottenere una deformazione meccanica. Questo secondo meccanismo viene invece usato in sede di trasmissione, poiché nel materiale adiacente alla deformazione meccanica verrà indotta un’onda acustica. Il range frequenziale per le applicazioni che fanno uso di questi dispositivi risulta molto esteso, tanto che i trasduttori piezoelettrici vengono tipicamente impiegati nella banda 0.5 − 15 𝑀𝐻𝑧 [3]. Si richiede inoltre che nell’intervallo frequenziale in cui operano possiedano una elevata sensibilità in modo da fornire un’ampiezza adeguata del segnale di uscita e quindi un elevato dynamic range. Tra quelli disponibili analizziamo brevemente quelli realizzati con tecniche di microlavorazione del silicio, denominati MUT (Micromachined Ultrasonic Transducer).

1.2.1 pMUT

Il trasduttore elettrico più importante e di più larga diffusione nelle applicazioni MEMS è il trasduttore piezoelettrico sottile (pMUT), così chiamato poichè le dimensioni di altezza e larghezza sono molto più grandi dello spessore dello strato di materiale piezoelettrico: una geometria di questo tipo permette lo studio monodimensionale del problema legato all’ottimizzazione sia nella ricezione di onde acustiche ultrasoniche (se il trasduttore viene usato come ricevitore), sia nella loro trasmissione se viene usato come trasmettitore.

Figura 1.5: Sezione di un trasduttore piezoelettrico sottile e parametri che lo caratterizzano.

Si assume quindi che lo spessore 𝑡 sia molto minore delle altre due dimensioni di altezza e larghezza; si assume inoltre che venga applicato un campo elettrico in direzione 𝑍 = 𝑧̂ (fig.1.5), generato dalla differenza di potenziale tra due piastre metalliche poste in 𝑧 = 0 e 𝑧 = 𝑡. In particolare 𝐹𝐵 rappresenta la forza e 𝑢𝐵 la velocità di deformazione sulla prima faccia, 𝐹𝐿 rappresenta la forza e 𝑢𝐿 la velocità di deformazione sulla seconda faccia, 𝑉 la tensione applicata tra gli elettrodi del trasduttore e 𝐼 la corrente attraverso gli elettrodi del trasduttore. Si può ricorrere ad un modello linearizzato che definisca la relazione tra le diverse grandezze fisiche che coinvolgono la conversione tra energia elettrica ed energia meccanica, in particolare per il trasduttore piezoelettrico sottile può essere adottato un modello elettrico equivalente identificando quelle di sopra come 3 porte delle quali due meccaniche corrispondenti alla superficie in 𝑧 = 0 (caratterizzata da 𝐹𝐵 e 𝑢𝐵) ed alla superficie in

(9)

6

𝐼. Adottando una soluzione di questo tipo si può ottenere un circuito elettrico equivalente, detto di Mason, per studiare il comportamento del trasduttore:

Figura 1.6: Circuito equivalente di Mason per un trasduttore piezoelettrico.

dove 𝐶0 è la capacità elettrica tra le piastre con deformazione nulla ed 𝐴 l’area degli elettrodi. In fig.

1.6 si ha 𝑍𝑠 = −𝑗𝑍0

𝑠𝑒𝑛(𝑘𝑡) e 𝑍𝑇 = 𝑗𝑍0tan (𝑘𝑡/2) dove 𝑍0 rappresenta l’impedenza acustica del mezzo

piezoelettrico e 𝑘 la costante di propagazione dell’onda acustica nel mezzo. Se usato come trasmettitore il cristallo viene stimolato con un segnale sinusoidale di tensione alla sua frequenza di risonanza, che può essere ricavata dall’analisi del circuito equivalente di fig. 1.6, in modo che le superfici esposte al mezzo nel quale irradiare energia acustica vibrino con ampiezza più grande possibile e la conversione tra energia elettrica e meccanica sia la più efficiente possibile. In genere una delle due porte meccaniche viene chiusa su un’impedenza acustica tale da assorbire da questo lato l’irradiazione di potenza acustica: generalmente si usano quindi impedenze acustiche, dette di backing, elevate. L’altra superficie è invece adibita alla trasmissione dell’onda acustica nel mezzo di interesse, in genere di impedenza caratteristica molto inferiore: potremmo avere ad esempio come mezzo di trasmissione acustica l’acqua (𝑍𝐴 = 1.5 𝑀𝑅𝑎𝑦𝑙) contro un materiale piezoelettrico con = 33 𝑀𝑟𝑎𝑦𝑙. Il coefficiente di trasmissione allora vale [3]:

𝑇 = 2𝑍𝐴

𝑍𝐶+ 𝑍𝐴 = 0.1 (1.1)

Questo significa che il 90% dell’energia viene riflessa e non si propaga nel mezzo. È utile quindi un adattamento di impedenza acustica in modo da avere la massima irradiazione di energia: vengono a questo scopo usate delle piastre di adattamento chiamate ‘matching layers’ di impedenza caratteristica tale da far vedere alla sorgente (la porta meccanica non chiusa sull’impedenza di backing) un’impedenza pari all’impedenza caratteristica del mezzo piezoelettrico, in modo da non avere onda riflessa all’interfaccia tra i due materiali. Per adattare l’impedenza del trasduttore al mezzo l’impedenza acustica del matching layer è data da:

(10)

7

Le onde ultrasoniche vengono generate inevitabilmente da entrambe le superfici esterne del trasduttore: quelle della faccia anteriore ad esempio possono essere usate per diverse applicazioni mentre quelle generate dalla faccia posteriore non sono utili e vengono eliminate chiudendo la porta meccanica su un’impedenza 𝑍𝐵 opportuna, tipicamente con valori 2 − 10 𝑀𝑅𝑎𝑦𝑙. Inoltre chiudendo

una porta meccanica su un’impedenza di backing si ha un aumento della larghezza di banda del trasduttore ed una durata minore delle oscillazioni meccaniche in risposta ad uno stimolo elettrico.

Figura 1.7: schema di un trasduttore piezoelettrico stimolato in tensione, completo di backing layer e matching layer.

Usando il modello elettrico di fig. 1.6 è possibile ricavare il coefficiente di accoppiamento elettromeccanico, definito in letteratura 𝐾𝑇, che indica la quantità di energia elettrica effettivamente

convertita in energia sonora. Per i trasduttori pMUT tale coefficiente è piuttosto basso rispetto ad altri sensori ultrasonici come i cMUT, poiché non si superano valori del 5%. Prestazioni tipiche di questi sensori, se ad esempio usati come ricevitori ultrasonici, possono presentare una frequenza di risonanza di 176 𝐾𝐻𝑧 con un fattore di qualità 𝑄 =𝑓0

𝐵 = 250 ed una risposta della tensione di uscita

in prossimità di 𝑓0 dell’ordine del 𝑚𝑉 se sottoposto ad una pressione di 0.12 𝑃𝑎. È inoltre importante sottolineare il fatto che queste strutture sono compatibili con un processo CMOS e vengono ricavate nella maggior parte dei casi con tecnologie di tipo bulk.

1.2.2 cMUT (capacitive MUT)

Altro dispositivo elettromeccanico largamente impiegato come trasduttore ultrasonico è il cMUT: il suo funzionamento è basato sull’accoppiamento elettrostatico di una membrana fissa ed una mobile, separate da una camera vuota. In trasmissione la membrana oscilla attorno al punto sul quale i due elettrodi sono polarizzati staticamente: attraverso l’attrazione elettrostatica generata dalla carica sulle armature degli elettrodi, si allontanano e si avvicinano a causa di uno stimolo sinusoidale sovrapposto alla tensione statica, generando ultrasuoni. In ricezione l’onda acustica investe la membrana mobile, causando una variazione nella distanza tra i due elettrodi, che può essere misurata come una variazione di tensione. Per lo studio semplificato di questo sensore possiamo rifarci ad un modello del condensatore a piastre piane e parallele. La capacità sarà quindi funzione della distanza tra le due armature (spesso una realizzata col substrato del wafer e l’altra invece di materiale metallico deposto sopra la membrana mobile, generalmente in nitruro di silicio).

(11)

8

Figura 1.8: Sezione trasversale del trasduttore cMUT.

La capacità, una volta fissata la tensione di polarizzazione sarà data da:

𝐶 = 𝜀𝐴

𝑥 + 𝑑 (1.3)

dove 𝐴 è l’aria degli elettrodi, d la distanza nella posizione di equilibrio. Esiste una tensione massima applicata agli elettrodi oltre la quale la forza elastica di richiamo della molla risulta minore di quella elettrostatica ed il sistema collassa:

𝑉𝑚𝑎𝑥 = √

8 27

𝑘𝑑3

𝜀𝐴 (1.4)

Questo valore si ottiene per 𝑥 = −1

3𝑑, ovvero per una distanza tra le due membrane pari a 2

3 di quella

iniziale. Molti sistemi cMUT vengono portati a lavorare con una tensione statica prossima alla 𝑉𝑚𝑎𝑥, poiché in questo modo si massimizza il coefficiente di accoppiamento elettromeccanico (1.5) (che rappresenta la quantità di energia convertita dal dominio elettrico al dominio meccanico) [3]:

𝐾𝑇2 = 𝐸𝑚𝑒𝑐𝑐

𝐸𝑡𝑜𝑡𝑎𝑙𝑒 = 1 − 𝐶𝑓

𝐶𝑙 (1.5)

dove 𝐶𝑓 è la capacità a riposo una volta applicata la tensione di polarizzazione, mentre 𝐶𝑙 è la capacità

mobile dovuta allo spostamento della membrana. Utilizzando il modello sopra descritto si trova:

𝐾𝑇2 = 2𝑥

(12)

9

Si nota che idealmente i dispositivi cMUT possono avere un coefficiente di accoppiamento elettromeccanico unitario, il che consente il trasferimento completo dell’energia dal dominio elettrico al dominio meccanico. In pratica però sono stati registrati dei coefficienti di accoppiamento meccanico non più alti di 0.7. Questo è comunque mediamente molto maggiore di quello dei trasduttori pMUT che non presentano valori superiori al 5%. Di contro questi sensori però presentano tensioni di alimentazioni molto elevate (fino a 40 𝑉) per raggiungere delle sensibilità dell’ordine dei trasduttori piezoelettrici.

1.3 Misure di velocità e misure di pressione

I trasduttori fin qui descritti sono trasduttori di pressione in quanto sono in grado di rilevare una perturbazione acustica distinguendo una variazione di pressione nel mezzo con cui sono a contatto e trasformarla in un segnale elettrico. È possibile dimostrare che dal gradiente di pressione si può risalire alla velocità acustica dell’onda, e viceversa. Dall’equazione (1.14) infatti, conoscendo la velocità, è possibile ricavare la pressione dell’onda piana con la seguente approssimazione:

𝑝(𝑥, 𝑡) = −𝜌0𝑐2𝜕𝑢(𝑥, 𝑡)

𝜕𝑥 𝑑𝑡 =

−𝜌0𝑐2∫𝑢(𝑥 + ∆𝑥, 𝑡) − 𝑢(𝑥, 𝑡)

∆𝑥 𝑑𝑡 (1.7)

Dove si è usata la relazione, valida per intensità sonore minori di 135 𝑑𝐵, per la quale 𝑝(𝑥, 𝑡) = 𝑐2∆𝜌(𝑥, 𝑡). Conoscendo quindi la distanza ∆𝑥 e disponendo di due sensori di velocità delle particelle acustiche è possibile determinare la pressione dell’onda. Dualmente [4] è possibile determinare la velocità di un’onda acustica disponendo di microfoni a gradiente di pressione:

𝑢(𝑥, 𝑡) = − 1 𝜌0 ∫𝜕𝑝(𝑥, 𝑡) 𝜕𝑥 𝑑𝑡 = − 1 𝜌0 ∫𝑝(𝑥 + ∆𝑥, 𝑡) − 𝑝(𝑥, 𝑡) ∆𝑥 𝑑𝑡 (1.8)

Una configurazione di questo tipo viene chiamata p-p. In fig. 1.9 è viene mostrato il principio di funzionamento di un sistema di questo tipo: la membrana viene raggiunta da due ingressi distanziati da una distanza 𝐿, se un’onda entra nella direzione di sensibilità del sensore raggiungerà le superfici esposte della membrana con tempi diversi.

Figura 1.9: Schema di un microfono a gradiente di pressione che utilizza il metodo p-p per la misurazione della velocità dell’onda acustica.

(13)

10

In questo caso la membrana misurerà un gradiente di pressione 𝑝(𝑥 + ∆𝑥) − 𝑝(𝑥) da cui è possibile con una relazione di linearità (1.8) risalire alla velocità acustica.

1.4 Il Microflown

Il Microflown è l’unico dispositivo attualmente in commercio che permette la misurazione diretta della velocità delle particelle senza ricorrere a misurazioni di altre grandezze fisiche. Questo sensore utilizza lo stesso principio termico utilizzato nella progettazione di quello esposto nei prossimi capitoli: due fili allineati, riscaldati con la stessa potenza elettrica non variante nel tempo, generano intorno ad essi la stessa distribuzione di temperatura. Al passaggio dell’onda acustica il profilo statico di temperatura viene alterato in prossimità di entrambi i fili, per effetto del fenomeno di convezione forzata: è possibile dimostrare (cap.3) che la perturbazione è asimmetrica cosicchè, se ad esempio la velocità dell’onda è diretta lungo l’asse positivo delle 𝑥 (fig. 1.10), il filo a destra si scalda tanto quanto quello di sinistra si raffredda.

Figura 1.10: Meccanismo termico di funzionamento del sensore di velocità di particelle acustiche Microflown.

Tali variazioni, molto minori dei valori di temperatura stazionaria che raggiungono entrambi i fili, possono essere convertite in una variazione di resistenza dei fili stessi e quindi opportunamente misurati da un apposito circuito elettronico. Nel cap.3 verrà dimostrato che la variazione di temperatura risultante 𝛿𝑇 è direttamente proporzionale alla velocità delle particelle acustiche, si riporta infatti la relazione di proporzionalità che verrà trovata in seguito (3.72):

𝛿𝑇 ∝ 𝑃 ∙ 𝑣

2 ∙ 𝑘 ∙ 𝑙𝑦 (1.9)

Dove 𝑃 è la potenza dissipata lungo il filo, 𝑣 è la velocità dell’onda, 𝑘 è la conducibilità termica del gas o del fluido nel quale il sensore è immerso, 𝑙𝑦 è la lunghezza del filo. Una differenza importante tra i microfoni a gradiente di pressione e i sensori APV (Acustic Particle Velocity) qui descritti è il fatto che questi ultimi sono sensibili anche a flussi continui, mentre per i microfoni a gradiente di

(14)

11

pressione il segnale in uscita è nullo se la frequenza del segnale acustico è nulla, in seguito cresce linearmente al crescere della sua frequenza. I costruttori garantiscono come minimo segnale (velocità dell’onda acustica) che può essere percepito nella larghezza di banda di 1 𝐻𝑧 centrata ad 1 𝑘𝐻𝑧 quello pari al rumore minimo, ovvero 20 𝑛𝑚

𝑠 . Inoltre oltre i 138 𝑑𝐵 la relazione tra la velocità acustica e la

variazione di temperatura non è più lineare, si assume perciò tale valore come limite di sensibilità. Rispetto ai sensori di pressione presentati in precedenza, i sensori APV hanno il vantaggio di presentare una intrinseca direttività dovuta alla natura vettoriale della velocità delle particelle acustiche. La sensibilità è infatti funzione dell’angolo 𝛼 di incidenza rispetto alla direzione di massima sensibilità, ovvero la direzione ortogonale all’asse dei fili: in generale il sensore risponderà solo alla proiezione della velocità lungo l’asse di sensibilità massima secondo la relazione 𝑆(𝛼) = 𝑆0 cos (𝛼). Il diagramma polare (che descrive la sensibilità del sensore rispetto all’angolo di incidenza dell’onda acustica) di un microfono APV appare quindi selettivo rispetto all’angolo di incidenza (fig.1.11), mentre per un microfono a pressione la sensibilità è indipendente da 𝛼. Questo fenomeno è dovuto al fatto che la pressione è una quantità scalare, volendo quindi confrontare i due diagrammi polari misurati per entrambi i sensori, nell’ipotesi che la sensibilità massima sia la stessa, otterremmo la seguente rappresentazione:

Figura 1.11: Diagramma polare di un microfono a pressione (linea tratteggiata) e di un sensore APV (linea continua)

Un diagramma polare omnidirezionale come quello dei microfoni a pressione può dare problemi ad esempio nella collocazione spaziale di ostacoli, mentre un sensore APV è esente da questo tipo di problematiche data l’intrinseca direttività. Per questo motivo è maggiormente indicato per applicazioni come la misurazione di impedenze acustiche dei materiali o la rilevazione di ostacoli.

1.5 Onde acustiche

Le onde sono una perturbazione del mezzo nella quale si propagano attraverso un moto delle particelle che costituiscono il materiale dalla loro posizione di equilibrio. Nelle onde longitudinali la perturbazione avviene nella stessa direzione di propagazione del moto e quindi dell’onda. È possibile descrivere la forma della perturbazione e la sua dipendenza sia dalla posizione 𝑥 in un sistema cartesiano monodimensionale, che dal tempo 𝑡, attraverso l’equazione di d’Alambert. Una funzione

(15)

12

è una rappresentazione di un’onda se soddisfa tale equazione, che in un dominio monodimensionale può essere scritta come:

𝜕2𝑓(𝑥, 𝑡) 𝜕𝑥2 = 1 𝑣2 𝜕2𝑓(𝑥, 𝑡) 𝜕𝑡2 (1.10)

Si può dimostrare che le soluzioni sono del tipo:

𝑓(𝑥, 𝑡) = 𝑓(𝑥 − 𝑣𝑡) (1.11)

Oppure:

𝑓(𝑥, 𝑡) = 𝑓(𝑥 + 𝑣𝑡) (1.12)

Le soluzioni di questo tipo prendono il nome di onde piane. Un particolare sottoinsieme di onde piane prende il nome di onde piane armoniche poiché vengono espresse dalle funzioni di seno o coseno. Un’onda armonica può essere scritta come:

𝑓(𝑥, 𝑡) = 𝑓0cos(𝑘𝑥 − 𝜔𝑡) (1.13)

Dove 𝑘 =2𝜋

𝜆 con λ la lunghezza d’onda e 𝜔 = 2𝜋

𝑇 con 𝑇 il periodo dell’onda. Se si tratta

specificatamente di onde acustiche in un gas l’onda rappresenta la perturbazione che le molecole del gas subiscono in un moto oscillatorio attorno alla propria posizione di riposo.

Figura 1.12: Elemento infinitesimo di una colonna di gas sottoposta a perturbazione.

A tale scopo si studia come variano le grandezze fisiche di pressione e densità al passaggio dell’onda acustica. Si considera il cilindro infinitesimo di fig. 1.12, facendo le ipotesi che λ ≫ 𝑑𝑥 e 𝑑𝑥 ≫ 𝑠(𝑥, 𝑡) dove 𝑠(𝑥, 𝑡) è lo spostamento derivante dalla perturbazione acustica che varia la distanza tra le facce del cilindro, ovvero il suo volume, con l’ipotesi che non cambi la massa contenuta nel cilindro. In queste condizioni si ricava che:

(16)

13

𝛿𝜌(𝑥, 𝑡) = −𝜌0𝜕𝑠(𝑥, 𝑡)

𝜕𝑥 (1.14)

Dove 𝜌0 è la densità del gas e 𝜌′ è la variazione dal punto di riposo. Derivando in 𝑡 si può scrivere:

𝜕𝛿𝜌(𝑥, 𝑡)

𝜕𝑡 + 𝜌0

𝜕𝑢(𝑥, 𝑡)

𝜕𝑥 = 0 (1.15)

Che rappresenta l’equazione di conservazione della massa, dove 𝑢 è la velocità. La forza applicata al cilindro può invece essere scritta come:

𝑑𝐹 = −𝐹(𝑥 + 𝑑𝑥, 𝑡) + 𝐹(𝑥, 𝑡) = −𝑆[𝑝(𝑥 + 𝑑𝑥, 𝑡) − 𝑝(𝑥, 𝑡)] = = −𝑆[𝛿𝑝(𝑥 + 𝑑𝑥, 𝑡) − 𝛿𝑝(𝑥, 𝑡)] = −𝑆 [𝛿𝑝(𝑥, 𝑡) +𝜕𝛿𝑝 𝜕𝑥 𝑑𝑥 − 𝛿𝑝(𝑥, 𝑡)] = = −𝑆𝜕𝛿𝑝(𝑥, 𝑡) 𝜕𝑥 𝑑𝑥 = 𝜌0𝑆 𝜕2𝑠(𝑥, 𝑡) 𝜕𝑡2 (1.16)

Si ha inoltre che 𝜌𝑉 = 𝐾 con 𝐾 una costante. Quindi 𝑑(𝜌𝑉) = 0 ovvero 𝑑𝜌

𝜌 = − 𝑑𝑉 𝑉. Definendo 𝛽 = −𝑑𝑝𝑑𝑉 𝑉 si ha 𝑑𝑝 = 𝛽𝑑𝜌 𝜌0 = −𝛽 𝜌0 𝜌0 𝜕𝑠(𝑥,𝑡)

𝜕𝑥 e sostituendo alla (1.16) si ottiene l’equazione delle onde:

𝜕2𝑠(𝑥, 𝑡) 𝜕𝑥2 = 1 𝑣2 𝜕2𝑠(𝑥, 𝑡) 𝜕𝑡2 (1.17) Con 𝑣 = √𝜌𝛽

0. Oltre all’onda di spostamento avremo espresse in forma analoga le onde di pressione

𝑝 e di densità 𝜌 con la stessa velocità. La potenza istantanea può essere scritta come:

𝑃(𝑥, 𝑡) = 𝛿𝑝(𝑥, 𝑡)𝑆𝜕𝑠(𝑥, 𝑡) 𝜕𝑡 = −𝛽𝑆 𝜕𝑠(𝑥, 𝑡) 𝜕𝑥 𝜕𝑠(𝑥, 𝑡) 𝜕𝑡 (1.18)

Dove si è scritto la potenza come il prodotto tra forza e velocità. Nel caso di un’onda armonica piana e longitudinale di spostamento 𝑠(𝑥, 𝑡) = 𝑆𝑚 𝑠𝑒𝑛(𝑘𝑥 − 𝜔𝑡) si ricava:

(17)

14

𝛿𝑝(𝑥, 𝑡) = −𝛽𝜕𝑠(𝑥, 𝑡)

𝜕𝑥 = 𝛽𝑘𝑆𝑚 𝑐𝑜𝑠(𝑘𝑥 − 𝜔𝑡) (1.19)

𝛿𝜌(𝑥, 𝑡) = −𝜌0𝜕𝑠(𝑥, 𝑡)

𝜕𝑥 = 𝜌0𝑘𝑆𝑚 𝑐𝑜𝑠(𝑘𝑥 − 𝜔𝑡) (1.20)

Quindi la potenza istantanea può essere scritta come:

𝑃(𝑥, 𝑡) = −𝛽𝑆(𝑘 𝑆𝑚 𝑐𝑜𝑠(𝑘𝑥 − 𝜔𝑡))( −𝜔𝑆𝑚 𝑐𝑜𝑠(𝑘𝑥 − 𝜔𝑡) = 𝛽𝑆𝑘2𝑆

𝑚2𝑣 𝑐𝑜𝑠2(𝑘𝑥 − 𝜔𝑡) (1.21)

Mentre la potenza media, definendo 𝛿𝑝𝑚 = 𝛽𝑘𝑆𝑚:

𝑃̅ =1 2𝛽𝑆𝑘 2𝑆 𝑚2𝑣 = 𝛿𝑝𝑚2 2𝜌0𝑣𝑆 (1.22)

Quindi l’intensità media dell’onda, definita come la potenza trasportata da essa per unità di superficie acustica è data da:

𝐼 =𝑃̅

𝑆 =

𝛿𝑝𝑚2

2𝜌0𝑣 (1.23)

L’intensità dell’onda, dato che 𝜌0 e 𝑣 sono fissate dal mezzo di propagazione, può essere variata solo con l’ampiezza dell’onda. Solitamente l’intensità è una grandezza che viene misurata rispetto ad un valore di riferimento: si definisce quindi una quantità minima di intensità, che corrisponde alla soglia percettiva minima umana, pari a 𝐼0 = 10−12 𝑊

𝑚2 :

𝑆𝐼𝐿 = 10 log (𝐼

𝐼0) (1.24)

Dove SIL sta per sound intensity level e rappresenta il livello sonoro espresso in dB. La tabella seguente, che rappresenta il livello sonoro di alcuni fenomeni comuni, è utile per caratterizzare la sensibilità del sensore oggetto di studio in quanto verrà presa come onda acustica di stimolo massima quella corrispondente a 𝑆𝐼𝐿 = 120 𝑑𝐵 in aria con 𝑢𝑚 =𝛿𝑝𝑚

𝜌0𝑣 = 0.045 𝑚

(18)

15

Figura 1.13: Livelli sonori di alcuni fenomeni data la variazione di pressione 𝑝dallo stato stazionario e la velocità dell’onda 𝑢.

1.6 Equazioni utili allo studio di sensori basati su principi termici

Vengono qui presentate le equazioni necessarie allo studio dei fenomeni termici e fluidodinamici su cui si basa il funzionamento del sensore presentato nei prossimi capitoli: tali equazioni necessitano di un risolutore numerico per la ricerca di soluzioni adeguate, data sia la complessità matematica sia la natura del problema (intesa come le opportune condizioni al contorno che modellino nel modo più accurato possibile il sistema oggetto di studio). Le condizioni al contorno riguardano la conoscenza dell’andamento spaziale delle grandezze fisiche indipendenti (velocità del fluido, temperatura e pressione) nello stato stazionario sui domini di interesse, a queste si aggiunge la dipendenza temporale nota (armonica) delle grandezze incognite: tali grandezze rappresentano variazioni piccole dallo stato stazionario e rappresentano quindi le funzioni incognite da ricercare. Dalla conoscenza di questi dati iniziali si aggiunge una linearizzazione delle equazioni di interesse, dato che effetti del secondo ordine vengono trascurati: in questo paragrafo ci limitiamo a formulare le equazioni nella forma presentata dal simulatore COMSOL Multiphysics. Come già accennato nel paragrafo precedente la sensibilità del sensore è direttamente proporzionale alla velocità dell’aria. Si rende pertanto necessario lo studio del moto del fluido secondo le leggi fluidodinamiche. L’aria infatti può essere considerata un fluido in moto relativo rispetto alle pareti del sensore, pertanto oltre alla trasmissione del calore tramite conduzione avremo anche una trasmissione tramite convezione attraverso la quale l’aria scambia calore con la parete solida. I fenomeni fluidodinamici sono strettamente connessi con quelli termici, nello studio della convezione quindi deve essere tenuto conto di entrambi i fenomeni contemporaneamente. In generale, del fluido, deve essere noto il campo termofluidodinamico sia per ogni punto dello spazio sia (se non siamo in regime stazionario) per ogni istante temporale, in altre parole deve essere noto il vettore velocità del fluido:

𝒖 = 𝒖(𝑥, 𝑦, 𝑧, 𝑡) (1.25)

Sono necessarie cinque equazioni differenziali indipendenti, non solo per descrivere in modo completo il vettore velocità del fluido (3 equazioni scalari sulla quantità di moto) ma anche due equazioni per le variabili termodinamiche: occorrono quindi due equazioni scalari per la massa e l’energia (pressione e temperatura). Per la conservazione della massa di un fluido in moto dovrà essere rispettata la seguente equazione scalare:

(19)

16

𝑑𝜌

𝑑𝑡 + ∇ ∙ 𝜌𝒖 = 0 (1.26)

Dove 𝒖 è come sopra descritto il vettore che associa ad ogni punto dello spazio dove presente il fluido tre componenti di velocità indipendenti (lungo 𝑥, 𝑦 𝑒 𝑧). 𝜌 è invece la densità del gas in questione che può essere espressa in funzione della temperatura e della pressione usando la legge dei gas perfetti: 𝑝 ∙ 𝑉 = 𝑛 ∙ 𝑅 ∙ 𝑇. La perturbazione acustica può essere vista come una piccola variazione intorno alle condizioni stazionarie di velocità, temperatura e pressione del fluido. Imponendo quindi come condizione al contorno un vettore velocità del tipo:

𝑢 = 𝑢0+ 𝑢(𝑥, 𝑦, 𝑧)𝑒𝑗𝑤𝑡 (1.27)

Dove 𝑢0 è imposta nulla, mentre la componente 𝑢(𝑥, 𝑦, 𝑧) è incognita, e dalla (1.27) si vede che è nota la sua dipendenza temporale. Otterremo una variazione dal punto di riposo delle altre due grandezze del tipo:

𝑝 = 𝑝0+ 𝑝(𝑥, 𝑦, 𝑧)𝑒𝑗𝑤𝑡 (1.28)

𝑇 = 𝑇0+ 𝑇(𝑥, 𝑦, 𝑧)𝑒𝑗𝑤𝑡 (1.29)

Nella (1.28), (1.29) 𝑝0 e 𝑇0 sono note ed imposte dall’utente, 𝑝(𝑥, 𝑦, 𝑧) e 𝑇(𝑥, 𝑦, 𝑧) vengono trovate dal risolutore numerico una volta imposte le opportune condizioni al contorno nello spazio occupato dall’aria perturbata dall’onda acustica. Per caratterizzare quindi in modo completo il campo fluidodinamico occorrono altre quattro equazioni differenziali, poiché l’equazione di conservazione della massa fornisce un’unica equazione scalare. Per la conservazione della quantità di moto deve essere rispettata l’equazione di Navier-Stokes che tiene conto anche dell’effetto della dissipazione di energia dovuto alla viscosità del fluido:

𝜌𝜕𝒖

𝜕𝑡 = 𝜌 ∙ 𝒇 − ∇𝑝 + (𝜇 + 𝜆)∇(∇ ∙ 𝒖) + 𝜇∇

2𝒖 (1.30)

Questa fornisce tre equazioni scalari, dove 𝜇 è la viscosità dinamica e 𝜆 la viscosità volumetrica del fluido. Nel modulo di COMSOL adibito alla risoluzione di questa equazione vengono trascurate le forze di volume, inoltre considerando le equivalenze (1.27), (1.28) la (1.30) diventa:

(20)

17

Ricordando inoltre per i gas monoatomici (e per l’aria) che 𝜆 = −2

3𝜇 la (1.31) diventa:

𝑗𝜔𝜌0𝒖 = −∇𝑝 +𝜇

3∇(∇ ∙ 𝒖) + 𝜇∇

2𝒖 (1.32)

che risulta effettivamente il modello analitico applicato dal modulo termoacustico di COMSOL. La legge di conservazione della massa in presenza di una perturbazione acustica si modifica come segue:

𝑗𝜔𝜌 + 𝜌0(∇ ∙ 𝒖) = 0 (1.33)

Per la conservazione dell’energia di un fluido in moto si utilizza un’equazione che è diretta conseguenza del primo principio della termodinamica: la variazione di energia del sistema nel tempo uguaglia la variazione di energia dovuta al calore sommata a quella dovuta al lavoro. In forma differenziale ciò può essere espresso come:

𝑗𝜔𝜌0𝐶𝑝𝑇 = −∇ ∙ (𝑘∇T) − 𝑗𝜔𝑝𝑇0 𝜌0

𝑑𝜌

𝑑𝑇|𝑝0,𝑇0 (1.34)

dove 𝐶𝑝 è il calore specifico a pressione costante. Utilizzando la legge dei gas perfetti la densità del

gas, attraverso l’equazione di stato, può essere espressa come:

𝑝 = 𝜌𝑅𝑇 (1.35)

Dove 𝑅 è la costante specifica del gas. In questo modo si può avere una definizione più esplicita del coefficiente di espansione termica:

𝑇0 𝜌0 ∙𝑑𝜌 𝑑𝑇|𝑝0,𝑇0 = 𝑇0 𝜌0 (− 𝑝0 𝑅0𝑇02) = −1 (1.36) Ed inoltre: 𝑇 ∙𝑑𝜌 𝑑𝑇|𝑝0,𝑇0 + 𝑝 ∙ 𝑑𝜌 𝑑𝑝|𝑝 0,𝑇0 = 𝜌0(𝑝 𝑝0 − 𝑇 𝑇0) (1.37)

(21)

18

L’equazione di conservazione della massa assume la seguente forma:

𝑗𝜔𝜌0(𝑝 𝑝0

𝑇

𝑇0) + (∇ ∙ 𝒖) = 0 (1.38)

L’equazione di conservazione dell’energia diviene invece:

𝑗𝜔𝜌0𝐶𝑝𝑇 = −∇ ∙ (𝑘∇𝑇) + 𝑗𝜔𝑝 (1.39)

La (1.32), (1.38), (1.39) formano un sistema di equazioni differenziali che descrive il comportamento di un gas ideale sottoposto a piccole oscillazioni armoniche [5].

(22)

19

Capitolo 2

Modello fisico per la distribuzione della temperatura statica

Scopo di questo capitolo è ricavare un modello per la distribuzione statica di temperatura tra i due fili riscaldati per effetto Joule. I fili sono di valore resistivo nominalmente identico e polarizzati nelle stesse condizioni, raggiungono pertanto la stessa temperatura che è dell’ordine di qualche centinaio di gradi Kelvin. Per questo motivo verrà considerato il profilo di temperatura di un unico filo, per ottenere la distribuzione di temperatura completa nello spazio sarà sufficiente, data la linearità dell’equazione di Laplace, sommare il contributo del secondo filo. Vengono ricavati due modelli a questo scopo: uno tridimensionale valido a grandi distanze rispetto al filo (molto maggiori delle dimensioni della sua sezione), tipicamente decine di 𝜇𝑚; l’altro a distanze minori (qualche 𝜇𝑚). Il primo modello verrà poi preso in considerazione come punto di partenza per ricavare il comportamento del sensore in presenza di un fluido in movimento (tipicamente aria).

2.1 Equazione di Laplace

Si considera un sistema oggetto di scambio termico per conduzione, nel quale in generale la temperatura può essere espressa in funzione delle coordinate spaziali 𝑥, 𝑦, 𝑧 e dalla variabile temporale t, per cui si potrà scrivere nella forma:

𝑇 = 𝑓(𝑥, 𝑦, 𝑧, 𝑡) (2.1)

Consideriamo un elemento di dimensioni infinitesime di volume 𝑑𝑉 = 𝑑𝑥 ∙ 𝑑𝑦 ∙ 𝑑𝑧, applicando il I principio della termodinamica la somma algebrica delle quantità di calore che coinvolgono il cubo infinitesimo equivale alla variazione di energia interna del sistema (fig. 2.1).

(23)

20

Si ipotizza inoltre che il materiale preso in considerazione sia isotropo e che presenti quindi un unico valore di conducibilità termica 𝑘. Possiamo scrivere in direzione 𝑥:

𝑑𝑄𝑥 = −𝑘 ∙ 𝑑y ∙ 𝑑z ∙𝜕𝑇 𝜕𝑥 (2.2) 𝑑𝑄𝑥+𝑑𝑥 = 𝑑𝑄𝑥+ 𝜕 𝜕𝑥 (𝑑𝑄𝑥)𝑑𝑥 = −𝑘 ∙ 𝑑y ∙ 𝑑z ∙ 𝜕𝑇 𝜕𝑥+ 𝜕 𝜕𝑥 (−𝑘 ∙ 𝑑y ∙ 𝑑z ∙ 𝜕𝑇 𝜕𝑥) 𝑑𝑥 (2.3)

Applicando il bilancio termico lungo 𝑥 si ottiene:

𝑑𝑄𝑥− 𝑑𝑄𝑥+𝑑𝑥 = −𝑘 ∙ 𝑑y ∙ 𝑑z ∙𝜕𝑇 𝜕𝑥− [−𝑘 ∙ 𝑑y ∙ 𝑑z ∙ 𝜕𝑇 𝜕𝑥+ 𝜕 𝜕𝑥 (−𝑘 ∙ 𝑑y ∙ 𝑑z ∙ 𝜕𝑇 𝜕𝑥) 𝑑𝑥] (2.4) 𝑑𝑄𝑥− 𝑑𝑄𝑥+𝑑𝑥 = 𝑘 ∙ 𝑑y ∙ 𝑑z ∙ 𝑑x ∙𝜕 2𝑇 𝜕2𝑥 (2.3)

Analogamente nelle altre due direzioni si ottiene:

𝑑𝑄𝑦− 𝑑𝑄𝑦+𝑑𝑦 = 𝑘 ∙ 𝑑y ∙ 𝑑z ∙ 𝑑x ∙𝜕 2𝑇 𝜕2𝑦 (2.5) 𝑑𝑄𝑧− 𝑑𝑄𝑧+𝑑𝑧 = 𝑘 ∙ 𝑑y ∙ 𝑑z ∙ 𝑑x ∙ 𝜕2𝑇 𝜕2𝑧 (2.6)

Ipotizziamo che internamente al corpo vi sia una generazione di calore pari a 𝑑𝑄𝑖, di densità di potenza termica pari a 𝑄𝑣, possiamo scrivere:

𝑑𝑄𝑖 = 𝑄𝑣 ∙ 𝑑𝑉 = 𝑄𝑣 ∙ 𝑑y ∙ 𝑑z ∙ 𝑑x (2.7)

La variazione di energia interna del singolo cubo infinitesimo ha la seguente espressione:

𝑑𝑈 = 𝜌 ∙ 𝑑𝑉 ∙ 𝑐 ∙𝜕𝑇

𝜕𝑡 = 𝜌 ∙ 𝑐 ∙ 𝜕𝑇

(24)

21

Scrivendo infine il bilancio totale di energia si ottiene:

𝑘 ∙ 𝑑y ∙ 𝑑z ∙ 𝑑x ∙𝜕 2𝑇 𝜕2𝑥+ 𝑘 ∙ 𝑑y ∙ 𝑑z ∙ 𝑑x ∙ 𝜕2𝑇 𝜕2𝑦+ 𝑘 ∙ 𝑑y ∙ 𝑑z ∙ 𝑑x ∙ 𝜕2𝑇 𝜕2𝑧+ 𝑄𝑣 ∙ 𝑑y ∙ 𝑑z ∙ 𝑑x = 𝜌 ∙ 𝑐 ∙𝜕𝑇 𝜕𝑡 ∙ 𝑑y ∙ 𝑑z ∙ 𝑑x (2.9)

Dove 𝜌 è la densità del materiale espressa in [𝑘𝑔

𝑚3], 𝑐 il calore specifico del materiale in [ 𝑘𝐽

𝐾𝑔∙𝐾]. Quella

scritta è l'equazione generale della conduzione che descrive la distribuzione di temperatura ed il flusso termico in un solido con proprietà fisiche uniformi. Risolveremo questa equazione dapprima staticamente, considerando due diverse condizioni iniziali sulla temperatura nel filo: la prima condizione più semplice (in cui i fili sono visti come due delta di Dirach) viene usata per avere una soluzione in tutto lo spazio sulla distribuzione della temperatura nelle tre coordinate spaziali 𝑥, 𝑦, 𝑧. La seconda, risolta solo per le coordinate 𝑥, 𝑧 nello spazio tra i due fili, è usata per avere una soluzione più accurata, ad un’altezza 𝑦 fissata. Come già accennato la prima soluzione sarà poi utilizzata come punto di partenza per capire quali siano gli effetti nella distribuzione della temperatura qualora venga applicata un’onda di pressione.

2.2 Modello di temperatura statica tra i due fili

Costruiamo un modello analitico che ci permetta di ottenere un’espressione della sensitività del sensore che sia utile a scopi ingegneristici. La trattazione è derivata dal modello proposto da Van Honschoten in [6]. Nel modello verranno considerati i due fili posti a distanza 𝑎 l’uno dall’altro: i fili hanno lunghezza 𝑙𝑦, come mostrato in fig 2.2. Assumeremo che l’onda acustica abbia una velocità di modulo costante pari a 𝑣 e che essa non venga influenzata dall’effetto dei fili in prossimità di loro stessi; qualora questo effetto venisse considerato sarà sufficiente tenerne conto variando il modulo di 𝑣 in base a quello realmente atteso, generalmente minore. Come sarà meglio descritto nel cap.5 il segnale di tensione di uscita dal ponte di Wheatstone nella quale il sensore viene inserito è pari a:

𝑉𝑢 = 𝑉𝑑𝑑 ∙ 𝛼 ∙ 𝛿𝑇(𝑣) (2.10)

Dove 𝑉𝑑𝑑 è la tensione applicata al ponte e 𝛼 è il coefficiente di temperatura della resistenza del materiale (TCR). A questo punto è necessario ricavare un’espressione, seppur approssimata, di 𝛿𝑇(𝑣). Verrà inizialmente trovata un’espressione per la distribuzione della temperatura in assenza di movimento da parte del fluido; questo sarà il punto di partenza per trovare poi quali siano gli effetti sulla differenza di temperatura quando invece il fluido è in movimento con velocità costante 𝑣. A tale soluzione iniziale andrà quindi aggiunta una perturbazione di entità, si vedrà, molto minore ma che rappresenta il segnale di interesse. L’equazione di Laplace nel caso statico ma in presenza di una sorgente di calore diventa:

(25)

22

−∇(𝑘∇𝑇) = 𝑄𝑣 (2.11)

Dove 𝑘 rappresenta la conducibilità termica del mezzo, in questo caso aria, e 𝑄𝑣 è la quantità di calore

generata per unità di tempo e volume. Come già detto si suppone che la lunghezza 𝑙𝑦 possa considerarsi molto maggiore rispetto alle altre due dimensioni di spessore e altezza del filo, tanto da considerare puntiformi queste ultime due grandezze rispetto ad 𝑙𝑦. Ipotizzando che 𝑃 sia la potenza dissipata in tutto il filo, il calore si potrà definire come:

𝑄𝑣 = 𝑃

𝑙𝑦𝛿(𝑥)𝛿(𝑧) (2.12)

Dove 𝑃

𝑙𝑦 è quindi la potenza per unità di lunghezza e le delta di Dirach appaiono nella posizione del

sensore (fig. 2.2). Assumere costante la potenza lungo la direzione 𝑦 ha un senso dal punto di vista statico poiché la temperatura è circa costante al centro del filo, mentre i gradienti di temperatura sono concentrati maggiormente alle sue estremità in contatto col substrato [7]. Per questo le perdite conduttive sono piccole rispetto alla potenza generata (il calore perso per conduzione al centro del filo è proporzionale al gradiente di temperatura che è quasi nullo). Assumeremo 𝑘 costante con la temperatura per semplificare la risoluzione. L’equazione precedente in generale diventa:

𝜕2𝑇 𝜕2𝑥+ 𝜕2𝑇 𝜕2𝑦+ 𝜕2𝑇 𝜕2𝑧 = − 𝑃 𝑙𝑦 𝛿(𝑥)𝛿(𝑧) (2.13)

Figura 2.2: Modello fisico del sensore: due fili riscaldati che generano una potenza P posti ad una distanza a, entrambi di lunghezza 𝑙𝑦. Si assume inoltre il substrato a temperatura ambiente 𝑇0.

(26)

23 ∇2= 1 𝜌 𝜕 𝜕𝜌(𝜌 𝜕𝑇 𝜕𝜌) + 1 𝜌2 𝜕2𝑇 𝜕2𝜃+ 𝜕2𝑇 𝜕2𝑦 (2.14) Dove: { 𝜌 = √𝑥2+ 𝑧2 𝑦 = 𝑦 𝜃 = 𝑎𝑟𝑐𝑡𝑎𝑛 (𝑧 𝑥) (2.15)

Ipotizziamo ora che la temperatura possa essere espressa come prodotto di tre funzioni che dipendano da variabili tra loro indipendenti:

𝑇(𝑟, 𝜃, 𝑦) = 𝑇(𝑟) ∙ 𝑇(𝜃) ∙ 𝑇(𝑦) (2.16)

Tenendo poi conto della simmetria cilindrica 𝜕𝑇

𝜕𝜃= 0, l’equazione precedente diventa:

1 𝜌 𝜕 𝜕𝜌( 𝜌 ∙ 𝜕𝑇(𝜌) 𝜕𝜌 ) ∙ 𝑇(𝑦) + 𝜕2𝑇(𝑦) 𝜕2𝑦 ∙ 𝑇(𝜌) = 0 (2.17) .

Portando a destra il termine dipende solo da 𝑦:

1 𝜌( 𝜕𝑇(𝜌) 𝜕𝜌 ) ∙ 𝑇(𝑦) + 𝜕2𝑇(𝜌) 𝜕2𝜌 ∙ 𝑇(𝑦) = − 𝜕2𝑇(𝑦) 𝜕2𝑦 ∙ 𝑇(𝜌) (2.18)

Dividendo entrambi i membri per il prodotto 𝑇(𝜌) ∙ 𝑇(𝑦) si ottiene:

1 𝜌( 𝜕𝑇(𝜌) 𝜕𝜌 ) ∙ 1 𝑇(𝜌)+ 𝜕2𝑇(𝜌) 𝜕2𝜌 ∙ 1 𝑇(𝜌)= − 𝜕2𝑇(𝑦) 𝜕2𝑦 ∙ 1 𝑇(𝑦) (2.19)

Usiamo il metodo della separazione di variabili per risolvere l’equazione. Il primo membro è una funzione della sola variabile 𝜌 mentre il secondo membro è una funzione della sola 𝑦. Variando ad esempio la 𝑦, il membro a destra dell’equazione varia mentre il membro a sinistra rimane invariato,

(27)

24

questo significa che entrambi sono uguali ad una costante che chiameremo 𝑝2. Riscriviamo l’equazione precedente: 1 𝜌( 𝜕𝑇(𝜌) 𝜕𝜌 ) ∙ 1 𝑇(𝜌)+ 𝜕2𝑇(𝜌) 𝜕2𝜌 ∙ 1 𝑇(𝜌)= − 𝜕2𝑇(𝑦) 𝜕2𝑦 ∙ 1 𝑇(𝑦)= 𝑝 2 (2.19)

Si ottengono perciò le equazioni separate:

1 𝜌( 𝜕𝑇(𝜌) 𝜕𝜌 ) ∙ 1 𝑇(𝜌)+ 𝜕2𝑇(𝜌) 𝜕2𝜌 ∙ 1 𝑇(𝜌)= 𝑝 2 (2.20) −𝜕 2𝑇(𝑦) 𝜕2𝑦 ∙ 1 𝑇(𝑦)= 𝑝 2 (2.21)

Concentrandosi sulla (2.21) possiamo scrivere:

𝜕2𝑇(𝑦)

𝜕2𝑦 + 𝑝

2∙ 𝑇(𝑦) = 0 (2.22)

L’equazione ha in generale soluzione:

𝑇(𝑦) = 𝐴 cos(𝑝𝑦) + 𝐵𝑠𝑒𝑛(𝑝𝑦) (2.23)

Si impone come condizioni al contorno la temperatura ambiente 𝑇0 per 𝑦 = ±𝑙

2, cioè:

𝑇 (𝑙

2) = 𝑇 (− 𝑙

2) = 𝑇0 (2.24)

Definiamo ora per comodità:

(28)

25

Si può scrivere:

𝜃(𝑦) = 𝐴′cos(𝑝𝑦) + 𝐵′𝑠𝑒𝑛(𝑝𝑦) (2.26)

E quindi:

𝑇(𝑦) = 𝐴′cos(𝑝𝑦) + 𝐵′𝑠𝑒𝑛(𝑝𝑦) + 𝑇0 (2.27)

Possiamo quindi scrivere: 𝑇 (𝑙 2) = 𝐴 ′cos (𝑝𝑙 2) + 𝐵 ′𝑠𝑒𝑛 (𝑝𝑙 2) + 𝑇0 = 𝑇0 (2.28) Da cui: 𝐴′cos (𝑝𝑙 2) + 𝐵 ′𝑠𝑒𝑛 (𝑝𝑙 2) = 0 (2.29) Ma anche 𝑇 (−𝑙 2) = 𝑇0, cioè 𝜃 (− 𝑙 2) = 0 : 𝐴′cos (−𝑝𝑙 2) + 𝐵 ′𝑠𝑒𝑛 (−𝑝 𝑙 2) = 0 (2.30) Che diventa: 𝐴′cos (𝑝 𝑙 2) − 𝐵 ′𝑠𝑒𝑛 (𝑝𝑙 2) = 0 (2.31)

Sommando la (2.29) e la (2.31) si deve avere 𝐴′cos (𝑝𝑙

2) = 0, quindi troviamo l’espressione:

𝑝𝑛 = 𝜋 2 𝑙 2 (2𝑛 + 1) =𝜋 𝑙 (2𝑛 + 1) (2.32)

(29)

26

La soluzione che si ottiene sarà quindi data dal prodotto della 𝜃(𝑦) con la funzione 𝑇(𝜌) che esprime la dipendenza della temperatura dalle variabili indipendenti 𝑥 e 𝑧. Si trova quindi, considerando che 𝐵′= 0, l’espressione della temperatura:

𝑇(𝑦) = 𝐴 cos(𝑝𝑛𝑦) (2.33)

Avremo quindi come soluzione la serie:

𝑇(𝑥, 𝑦, 𝑧) = ∑ 𝑇𝑛(𝑥, 𝑧) ∙ 𝑛=∞ 𝑛=0 cos(𝑝𝑛𝑦) = ∑ 𝑇𝑛(𝑥, 𝑧) ∙ 𝑛=∞ 𝑛=0 cos (2𝜆𝑛𝑦 𝑙𝑦 ) (2.34) Dove: 𝜆𝑛 =𝜋 2(2𝑛 + 1) (2.35)

Riscrivendo l’equazione (2.20) si ottiene:

1 𝜌( 𝜕𝑇(𝜌) 𝜕𝜌 ) ∙ 1 𝑇(𝜌)+ 𝜕2𝑇(𝜌) 𝜕2𝜌 ∙ 1 𝑇(𝜌)− 𝑝𝑛 2 = 0 (2.36)

Che si ricorda equivalere a risolvere in coordinate cartesiane l’equazione [8]:

𝜕2𝑇 𝜕2𝑥+

𝜕2𝑇

𝜕2𝑧− 𝑝𝑛2𝑇 = 𝐴𝛿(𝑥)𝛿(𝑧) (2.37)

Poiché avevamo trovato:

𝜕2𝑇(𝑦)

𝜕2𝑦 = −𝑝𝑛2∙ 𝑇(𝑦) (2.38)

(30)

27 𝜕2𝑇 𝜕2𝑥+ 𝜕2𝑇 𝜕2𝑧− ( 2𝜆𝑛 𝑙𝑦 ) 2 𝑇 = 𝐴𝛿(𝑥)𝛿(𝑧) (2.39)

Dove A è una costante che sappiamo essere proporzionale a:

𝐴 ∝ 𝑃 𝑘 ∙ 𝑙𝑦 (2.40) E dove si è posto: 𝑝𝑛 =2𝜆𝑛 𝑙𝑦 (2.41)

Resta da trovare l’espressione di 𝑇𝑛(𝑥, 𝑧), ma avendo trovato 𝑝𝑛, si vede che la (2.36) è un’equazione di Bessel di ordine zero, che ha soluzione:

𝑇𝑛(𝜌) = 𝐴 2𝜋𝐾0(𝑝𝑛 ∙ 𝜌) ∝ 𝑃 𝑘 ∙ 𝑙𝑦∙ 𝐾0(𝑝𝑛 ∙ 𝜌) = 𝑃 𝑘 ∙ 𝑙𝑦∙ 𝐾0( 2𝜆𝑛 𝑙𝑦 ∙ 𝜌) (2.42)

Dove 𝐾0 è la funzione di Bessel modificata del secondo tipo di ordine zero. Osservando la soluzione del problema tridimensionale della distribuzione della temperatura statica possiamo osservare che: la temperatura è direttamente proporzionale alla potenza dissipata internamente al filo, inversamente proporzionale alla lunghezza dei fili a parità di potenza 𝑃 dissipata lungo l’intero sensore, inversamente proporzionale alla conducibilità termica dell’aria. Inoltre per 𝜌 ≪ 𝑙𝑦:

𝐾0(2𝜆𝑛

𝑙𝑦 ∙ 𝜌) ≅ 𝑙𝑛 ( 2𝜆𝑛

𝑙𝑦 ∙ 𝜌) (2.43)

Per 𝜌 ≪ 𝑙𝑦, da cui si vede che la temperatura diverge nella posizione del filo 𝜌 = 0. La divergenza

ha un significato fisico: non abbiamo preso in considerazione le dimensioni finite del filo di altezza e spessore, visto che avevamo ipotizzato che la distanza 𝑎 fosse molto maggiore dell’altezza e dello spessore del filo. Poiché si è interessati a distanze 𝜌 dell’ordine di qualche decina o centinaio di 𝜇𝑚, ovvero di ordine comparabile alla lunghezza dei fili, questo caso non è preso in considerazione e per la determinazione della temperatura in prossimità del filo si rimanda al paragrafo successivo. Poiché nella soluzione completa si osserva che la temperatura è presso che costante lungo 𝑦 [7], ovvero lungo 𝑙𝑦, e varia solo vicino alle pareti raggiungendo la temperatura 𝑇0, si può concludere che al centro del filo (𝑦 = 0) e per 𝜌 → 0 [7]:

(31)

28

𝑇(𝑥, 0, 𝑧) ≈ − 𝑃

2𝜋 ∙ 𝑘 ∙ 𝑙𝑦∙ 𝑙𝑛 ( 𝜌

𝑙𝑦) (2.44)

Ad un risultato simile potevamo arrivare considerando solamente il problema bidimensionale del tipo:

𝜕2𝑇 𝜕2𝑥+ 𝜕2𝑇 𝜕2𝑧 = − 𝑃 𝑙𝑦 𝛿(𝑥)𝛿(𝑧) (2.45)

Non considerando quindi la dimensione 𝑦, che equivale ad assumere il filo infinitamente lungo. In altre parole se consideriamo il filo molto lungo nel modello tridimensionale completo vediamo che la temperatura si può considerare piatta per quasi tutta la lunghezza 𝑙𝑦, ovvero:

𝜕𝑇

𝜕𝑦= 0 (2.46)

Ottenendo così la (2.45). Riportando l’equazione in coordinate cilindriche si può scrivere:

1 𝜌( 𝜕𝑇(𝜌) 𝜕𝜌 ) ∙ 1 𝑇(𝜌)+ 𝜕2𝑇(𝜌) 𝜕2𝜌 ∙ 1 𝑇(𝜌)= 0 (2.47)

In cui si vede che la soluzione è:

𝑇(𝜌) = − 𝑃

2𝜋 ∙ 𝑘 ∙ 𝑙𝑦𝑙𝑛 ( 𝜌

𝜌0) (2.48)

Dove 𝜌0 è una costante arbitraria su cui poco si può dire, per questo aver risolto il problema in tre dimensioni consente di poter avere una stima di 𝜌0, concludendo che è proporzionale a 𝑙𝑦. Ricordandosi inoltre che 𝑟 = √𝑥2+ 𝑧2 possiamo riscrivere l’espressione della temperatura

approssimata come:

𝑇(𝑥, 𝑧) = − 𝑃

2𝜋 ∙ 𝑘 ∙ 𝑙𝑦𝑙𝑛 (

√𝑥2+ 𝑧2

(32)

29

Si vede che il modello è preciso per valori di 𝜌

𝑙𝑦 < 0.2, questo valore copre molto casi di interesse

pratico. Tornando alla soluzione del problema tridimensionale:

𝑇𝑛(𝜌) ∝ 𝑃

𝑘 ∙ 𝑙𝑦∙ 𝐾0( 2𝜆𝑛

𝑙𝑦 ∙ 𝜌) (2.50)

È interessante notare come la lunghezza del filo in direzione 𝑦 influenzi la distribuzione della temperatura nel piano perpendicolare all’asse del filo stesso, ovvero sul piano 𝑥 e 𝑧. In particolare ipotizziamo due diverse lunghezze del filo e valutiamo l’andamento della temperatura in direzione 𝜌, dapprima con 𝑙𝑦 = 90 𝜇𝑚 e poi 𝑙𝑦 = 20 𝜇𝑚. Si nota (fig 2.3) che la temperatura decade tanto più lentamente in direzione 𝜌 tanto più è lungo il filo, ciò è in accordo con l’idea intuitiva che tanto più lungo è il filo a parità di densità di potenza dissipata (𝑃

𝑙𝑦), tanto più è facile mantenere una temperatura

più alta vicino al filo.

Figura 2.3: Profilo della temperatura per due diverse lunghezze del filo: in nero 90 𝜇𝑚, in rosso 70 𝜇𝑚.

Ricordandosi inoltre che 𝑟 = √𝑥2+ 𝑧2 si può scrivere infine l’espressione completa della

temperatura in funzione delle coordinate 𝑥, 𝑦, 𝑧 :

𝑇(𝑥, 𝑦, 𝑧) = ∑ 𝑇𝑛(𝑥, 𝑧) ∙

𝑛=∞

𝑛=0

cos (2𝜆𝑛𝑦

(33)

30 𝑇(𝑥, 𝑦, 𝑧) ∝ ∑ 𝑃 𝑘 ∙ 𝑙𝑦∙ 𝐾0( 2𝜆𝑛 𝑙𝑦 ∙ √𝑥2 + 𝑧2) ∙ 𝑛=∞ 𝑛=0 cos (2𝜆𝑛𝑦 𝑙𝑦 ) (2.52)

Durante il calcolo del profilo della temperatura è stato considerato un solo filo riscaldato. Se vogliamo considerare l’effetto che hanno due fili paralleli tra loro e posti ad una distanza 𝑎 tra di loro, dobbiamo considerare l’effetto di sovrapposizione del profilo di temperatura di entrambi i fili:

𝑇𝑡𝑜𝑡𝑎𝑙𝑒(𝑥, 𝑦, 𝑧) = 𝑇𝑓𝑖𝑙𝑜_𝑠𝑖𝑛𝑖𝑠𝑡𝑟𝑎(𝑥, 𝑦, 𝑧) + 𝑇𝑓𝑖𝑙𝑜_𝑑𝑒𝑠𝑡𝑟𝑎(𝑥, 𝑦, 𝑧) (2.53)

Dove è stato posto:

𝑇𝑓𝑖𝑙𝑜_𝑠𝑖𝑛𝑖𝑠𝑡𝑟𝑎(𝑥, 𝑦, 𝑧) = 𝑇(𝑥, 𝑦, 𝑧) (2.54)

𝑇𝑓𝑖𝑙𝑜_𝑑𝑒𝑠𝑡𝑟𝑎(𝑥, 𝑦, 𝑧) = 𝑇(𝑥 − 𝑎, 𝑦, 𝑧) (2.55)

Si ricorda che è stato possibile scrivere la temperatura totale come somma di temperature a causa della linearità dell’equazione di Laplace.

Esempio

Prendiamo il caso che i fili siano distanti 𝑎 = 100 𝜇𝑚, che la potenza dissipata 𝑃 sia 10 𝑚𝑊 e che i fili siano lunghi 𝑙𝑦 = 1500 𝑢𝑚, troviamo:

𝜌 𝑙𝑦

= 𝑎

𝑙𝑦

≈ 0. 067 < 0.2

Possiamo usare l’approssimazione (2.44):

𝑇(𝑥, 0, 𝑧) ≈ − 𝑃

2𝜋 ∙ 𝑘 ∙ 𝑙𝑦 ∙ 𝑙𝑛 ( 𝜌 𝑙𝑦)

(34)

31

Figura 2.4: Distribuzione statica della temperatura intorno ai due fili nell'ipotesi che siano collocati ad una distanza di 100 𝜇𝑚.

Nel modello visto la temperatura diverge in prossimità del filo, questo è dovuto all’aver considerato una potenza finita concentrata in una regione priva di spessore (la potenza è difatti stata concentrata in una delta di Dirach in posizione del filo). Per superare questo limite ed avere un andamento più realistico della distribuzione della temperatura tra i due fili riscaldati utilizzeremo delle condizioni al contorno diverse.

2.3 Temperatura statica tra i due fili sospesi a distanze comparabili alla sezione del filo

Ipotizzando che il regime sia stazionario (𝜕𝑇

𝜕𝑡 = 0), che non ci siano sorgenti interne di calore in aria

(𝑄𝑣 = 0) (supposta ferma trascurando fenomeni di convezione) e considerando solo le coordinate spaziali 𝑥 e 𝑧 l’equazione generale della conduzione (equazione di Laplace) si può scrivere come:

𝜕2𝑇 𝜕2𝑥+

𝜕2𝑇

𝜕2𝑧 = 0 (2.56)

Che risolta con le opportune condizioni al contorno fornisce l’andamento della temperatura 𝑇(𝑥, 𝑧) e quindi il flusso termico nelle direzioni 𝑥 e 𝑧. L’equazione sopra descritta può essere utilizzata per ricavare l’andamento della temperatura tra i due fili conoscendo la temperatura sulle pareti laterali del filo. Vogliamo quindi trovare la soluzione nella porzione di piano 𝑥 − 𝑧 delimitata dalle 𝑥 positive. Se vogliamo delle soluzioni limitate dobbiamo imporre 𝑓 > 0 quindi 𝐶1 = 0. Poiché

nell’esempio −∞ < 𝑧 < +∞ possiamo trasformare attraverso la trasformata continua di Fourier rispetto alla variabile 𝑧. Così facendo si ottiene la seguente uguaglianza:

𝜕2𝑡̅(𝑥, 𝑓)

𝜕2𝑥 − 𝑓2𝑡̅(𝑥, 𝑓) = 0 (2.57)

Dove 𝑡̅(𝑥, 𝑓) è la trasformata continua di Fourier di 𝑇(𝑥, 𝑧) rispetto alla variabile 𝑧. Dobbiamo ora stabilire il valore della funzione nel contorno del dominio in questione. Si assume l’ipotesi che il filo sia a temperatura costante lungo il suo spessore, ipotesi che verrà poi confermata con una buona

(35)

32

approssimazione anche in sede di simulazione. Assunta quindi come 𝑧 la direzione con cui rappresentare lo spessore del filo, possiamo rappresentare il problema con la seguente figura, ricavata attraverso le simulazioni numeriche esposte nei capitoli seguenti:

Figura 2.5: Sistema di riferimento per la risoluzione dell'equazione di Laplace nelle coordinate x e z, in bianco la sezione del filo.

Le linee curve rappresentano le isoterme, in particolare si nota che in prossimità della superficie sono parallele ad essa ovvero la temperatura superficiale dei fili è costante in direzione 𝑧. Questo andamento della temperatura sulle pareti del filo può essere rappresentato con una funzione a gradino positivo in 𝑧 = −ℎ, con un gradino negativo in 𝑧 = +ℎ di valore pari alla temperatura del filo ovvero:

Figura 2.6: Profilo della temperatura lungo l'asse z per x=0.

Quindi per 𝑥 = 0 si potrà scrivere:

𝑇(0, 𝑧) = 𝑇0∙ 𝑟𝑒𝑐𝑡 (

𝑧

2ℎ) (2.58)

(36)

33

𝑢(𝑓) = 𝑡̅(0, 𝑓) = 𝐹{𝑇(0, 𝑧)} (2.59)

Dove la trasformata è effettuata solamente rispetto a 𝑧. Poiché 𝑇(0, 𝑧) si suppone assolutamente integrabile per −∞ < 𝑧 < +∞:

∫ |𝑇(0, 𝑧)|

+∞ −∞

< ∞ (2.60)

E’quindi possibile calcolare la trasformata 𝑢(𝑓). Possiamo, data l’equazione (4), scrivere:

𝑡̅(𝑥, 𝑓) = {𝑢(𝑓)𝑒

𝑓𝑥 𝑝𝑒𝑟 𝑓 > 0

𝑢(𝑓)𝑒−𝑓𝑥 𝑝𝑒𝑟 𝑓 < 0 (2.61)

O in modo più compatto si può scrivere:

𝑡̅(𝑥, 𝑓) = 𝑢(𝑓)𝑒−|𝑓|𝑥 (2.62)

Eseguendo ora la trasformata inversa di Fourier:

𝑇(𝑥, 𝑧) = 1 2𝜋∫ 𝑢(𝑓)𝑒 −|𝑓|𝑥 +∞ −∞ 𝑒−𝑖𝑓𝑧 ∙ 𝑑𝑓 (2.63)

Applicando ora la trasformata alla variabile f:

𝑢(𝑓) = ∫ 𝑓

+∞ −∞

(𝑠)𝑒𝑖𝑓𝑠 ∙ 𝑑𝑠 (2.64)

Si sostituisce ora all’espressione 𝑇(𝑥, 𝑧):

𝑇(𝑥, 𝑧) = 1 2𝜋∫ ∫ 𝑓 +∞ −∞ (𝑠)𝑒𝑖𝑓𝑠𝑒−|𝑓|𝑥 +∞ −∞ 𝑒−𝑖𝑓𝑧∙ 𝑑𝑓 ∙ 𝑑𝑠 (2.65)

(37)

34

Sviluppando l’esponenziale complesso:

𝑇(𝑥, 𝑧) = 1 2𝜋∫ ∫ 𝑓 +∞ −∞ (𝑠)𝑒𝑖𝑓𝑠𝑒−|𝑓|𝑥 +∞ −∞ 𝑒−𝑖𝑓𝑧 ∙ 𝑑𝑓 ∙ 𝑑𝑠 = = 1 2𝜋∫ 𝑓(𝑠) +∞ −∞ ∫ 𝑒−|𝑓|𝑥 +∞ −∞ [𝑐𝑜𝑠(𝑓(𝑠 − 𝑧)) + 𝑖 ∙ 𝑠𝑒𝑛(𝑓(𝑠 − 𝑧))] ∙ 𝑑𝑓 ∙ 𝑑𝑠 (2.66)

Distribuendo il prodotto interno all’integrale:

𝑇(𝑥, 𝑧) = 1 2𝜋∫ 𝑓(𝑠) +∞ −∞ {∫ 𝑒−|𝑓|𝑥 +∞ −∞ 𝑐𝑜𝑠(𝑓(𝑠 − 𝑧))𝑑𝑓 + 𝑖 ∫ 𝑒−|𝑓|𝑥 +∞ −∞ 𝑠𝑒𝑛(𝑓(𝑠 − 𝑧))𝑑𝑓} 𝑑𝑠 (2.67)

Essendo 𝑒−|𝑓|𝑥 una funzione pari il secondo membro della somma è una funzione dispari, pertanto:

∫ 𝑒−|𝑓|𝑥

+∞ −∞

𝑠𝑒𝑛(𝑓(𝑠 − 𝑧))𝑑𝑓 = 0 (2.68) Infine si può quindi scrivere:

𝑇(𝑥, 𝑧) = 1 2𝜋∫ 𝑓(𝑠) +∞ −∞ ∫ 𝑒−|𝑓|𝑥 +∞ −∞ 𝑐𝑜𝑠(𝑓(𝑠 − 𝑧))𝑑𝑓 ∙ 𝑑𝑠 = = 1 𝜋∫ 𝑓(𝑠) +∞ −∞ ∫ 𝑒−𝑓𝑥 +∞ 0 𝑐𝑜𝑠(𝑓(𝑠 − 𝑧))𝑑𝑓 ∙ 𝑑𝑠 = = 1 𝜋∫ 𝑓(𝑠) +∞ −∞ ∙ 𝑥 𝑥2 + (𝑠 − 𝑧)2∙ 𝑑𝑠 (2.69)

Nel nostro caso riscrivendo la (2.58):

𝑓(𝑠) = 𝑇(0, 𝑧) = 𝑇0∙ 𝑟𝑒𝑐𝑡 (𝑧 2ℎ)

(38)

35

Per trovare 𝑇(𝑥, 𝑦) resta ora da risolvere l’integrale (2.69):

𝑇(𝑥, 𝑧) = 𝑇0 𝜋 ∫ 𝑓(𝑠) +∞ −∞ ∙ 𝑥 𝑥2+ (𝑠 − 𝑧)2𝑑𝑠 = = 𝑇0 𝜋 ∫ 𝑥 𝑥2 + (𝑠 − 𝑧)2 +ℎ −ℎ 𝑑𝑠 =𝑇0 𝜋 ∙ arctan ( 𝑠 − 𝑧 𝑥 )|−ℎ +ℎ = = 𝑇0 𝜋 ∙ arctan ( ℎ − 𝑧 𝑥 ) + 𝑇0 𝜋 ∙ arctan ( ℎ + 𝑧 𝑥 ) = 𝑇(𝑥, 𝑧) (2.70)

Abbiamo trovato un andamento più realistico della temperatura tra i due fili, tenendo conto che le pareti del filo non sono puntiformi (come nella precedente soluzione). Questi risultati sono confermati anche in [9]. Si rappresenta ora la funzione (fig. 2.7) per verificarne l’andamento:

Figura 2.7: Profilo della temperatura in prossimità del filo con h=0.2 𝜇𝑚 a una 𝑦 fissata con temperatura sul filo 𝑇0= 543 K. Si nota che le condizioni al contorno vengono rispettate in quanto si ha nel grafico:

lim

𝑥→0𝑇(𝑥, 𝑧) = 𝑇0∙ 𝑟𝑒𝑐𝑡 (

𝑧

2ℎ) (2.71)

Le curve di livello della temperatura (fig. 2.8) hanno il seguente andamento fino ad una distanza 𝑥 = 0.6 𝜇𝑚, tenendo conto dell’effetto di un solo filo riscaldato:

Riferimenti

Documenti correlati

Per le diverse tipologie di suono, le analisi di Fourier delle variazioni di pressione associate alle diverse frequenze dello spettro sonoro forniscono indicazioni del tipo di

Analisi delle caratteristiche di isolamento acustico necessarie (destinazione d’uso, tipologia costruttiva, localizzazione degli impianti di servizio all’edificio,

Un punto materiale P si muove su una circonferenza di raggio R, centrata in O, in modo tale che il suo vettore posizione r, relativo al punto A che giace sulla

Il fenomeno sonoro è caratterizzato dalla propagazione di energia meccanica dovuta al rapido succedersi di compressioni ed espansioni di un mezzo elastico; tale

Durante il passaggio del vagone sotto un ponte, da quest’ultimo viene lasciata cadere nell’interno del vagone una cassa contenente N palle da bowling, ciascuna di massa m.. La cassa

(b) di quanto occorre aumentare l’angolo fra piano inclinato o orizzontale se si vuole che la frequenza fonda- mentale del suono ottenuto dalla corda sia di 120Hz.. Due corde di

Per i calcoli assumere la portata volumetria pari al proprio numero di matricola mentre la costante cinetica deve essere assunta pari ad 1/5 del proprio numero di matricola. Su

Inizialmente si pone il rivelatore in prossimità del generatore di onde e, controllando sull’oscilloscopio, e variando la frequenza del generatore di tensione si massimizza