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Nuovi bersagli molecolari degli inibitori delle tirosin kinasi nella leucemia mieloide cronica: lo studio Athena

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell’Area Critica Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia Corso di Laurea Magistrale in Medicina e Chirurgia

NUOVI BERSAGLI MOLECOLARI DEGLI INIBITORI

DELLE TIROSIN KINASI NELLA LEUCEMIA MIELOIDE CRONICA:

LO STUDIO ATHENA

RELATORE

CANDIDATO

Chiar.mo Prof. Mario Petrini

Francesca Perutelli

Dott.ssa Sara Galimberti

ANNO ACCADEMICO 2016/2017

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Alla mia Nonna

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Indice

RIASSUNTO ... 6 LEUCEMIA MIELOIDE CRONICA ... 8 Epidemiologia ... 8 Patogenesi ... 8 Clinica ... 9 Decorso ... 10 Fase cronica ... 10 Fase accelerata ... 10 Fase blastica ... 11 Diagnosi ... 12 Trattamento ... 13 Trattamento farmacologico ... 13 Trapianto allogenico di cellule staminali ... 16 Monitoraggio ... 17 Monitoraggio citogenetico ... 18 Monitoraggio molecolare ... 19 Discontinuazione della terapia con TKIs ... 21 LA NICCHIA MIDOLLARE ... 22 L’IMPORTANZA DELLA NICCHIA MIDOLLARE NELLA LEUCEMIA MIELOIDE CRONICA ... 26 Come identificare le LSCs ... 26 La nicchia ipossica ... 27 MECCANISMI DI REGOLAZIONE DELL’AUTO-RINNOVAMENTO DELLE LSCs ... 29 Pathways intracellulari nella CML ... 29 Meccanismi epigenetici nella CML ... 30 Interazione delle LSCs con la nicchia ematopoietica ... 33 L’immunità nella CML ... 34 MECCANISMI DI RESISTENZA AI TKIS ... 37 STUDIO ATHENA ... 39 MATERIALI E METODI ... 40

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5 SINTESI DEL C-DNA ... 42 REAL TIME – POLYMERASE CHAIN REACTION (RT-PCR) ... 42 Principi di analisi dei dati ... 45 PIASTRE DI ESPRESSIONE GENICA ... 46 PROTEOMICA SALIVARE ... 48 Preparazione dei campioni ... 52 Analisi nanoLC-MS/MS SWATH. ... 52 ANALISI STATISTICA ... 53 RISULTATI ... 54 PIASTRE DI ESPRESSIONE GENICA ... 54 LA VIA JAK-STAT ... 54 LA VIA JAK-STAT E L’IMMUNITÀ ... 61 LA VIA JAK-STAT E LA NICCHIA MIDOLLARE ... 64 LA VIA JAK-STAT E LA REGOLAZIONE DEL CICLO CELLULARE ... 66 LEUCEMIA MIELOIDE CRONICA ED EPIGENETICA: I GENI POLYCOMB ... 68 PROTEOMICA SALIVARE ... 77 CONCLUSIONI ... 81 INDICE DELLE FIGURE E DELLE TABELLE ... 89 BIBLIOGRAFIA ... 91

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RIASSUNTO

La leucemia mieloide cronica (CML) è un disordine mieloproliferativo derivante dalla trasformazione neoplastica della cellula staminale ematopoietica pluripotente CD34+/CD26+/CD38-/CD90+. Tale trasformazione è dovuta alla traslocazione reciproca t(9;22), da cui si genera l’oncoproteina BCR-ABL1, driver dell’evoluzione neoplastica. Oggi, grazie agli inibitori tirosin-chinasici (TKIs), i pazienti con CML hanno una sopravvivenza superiore al 90%, paragonabile ai soggetti sani; tuttavia, esistono ancora alcune problematiche aperte legate alla generazione di meccanismi di resistenza anche non dipendenti da BCR-ABL1. Lo studio ATHENA è uno studio condotto su 10 pazienti affetti da CML in prima linea di trattamento giunti alla osservazione presso l’ematologia di Pisa dal gennaio 2016. Da questi pazienti sono stati raccolti sangue periferico, midollare e saliva alla diagnosi e dopo 6 mesi di trattamento con TKIs. Scopo dello studio Athena è quello di andare a valutare meccanismi di carattere biologico che rendono la cellula leucemica resistente ai TKIs, in modo da trovare nuovi elementi che possano guidarci verso una migliore definizione della prognosi ed essere al contempo utili nello scenario della target therapy. A tal fine, lo studio consta di diverse parti: 1) studio dell’espressione dei geni coinvolti nel pathway JAK-STAT, con particolare riferimento alle vie intracellulari attivate dall’interferone, allo scopo di valutare il rapporto tra immunità e malattia; 2) studio dell’espressione di geni espressi nella nicchia midollare, con lo scopo di individuare possibili meccanismi coinvolti nella resistenza ipossia-mediata; 3) studio dell’espressione di geni coinvolti nella regolazione epigenetica, con particolare riferimento ai geni del gruppo Polycomb; 4) identificazione di proteine CML-relate in compartimento differente dal sangue periferico o midollare (proteomica salivare).

Dai risultati ottenuti, oltre 150 geni sono risultati differentemente espressi a 6 mesi di terapia rispetto ai loro valori alla diagnosi, suggerendo come l’utilizzo di TKIs vada ad agire su pathways intracellulari diversi da BCR-ABL1. Nonostante la casistica limitata, tali de-regolazioni si sono verificate per tutte le tipologie di TKIs utilizzate. Inoltre, la maggior parte dei geni de-regolati non era stata precedentemente descritta in tale patologia. Tra i vari geni, degni di nota sono quelli implicati nella via JAK/STAT e dell’interferone, altri implicati

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7 riteneva fossero localizzate specificamente nella nicchia midollare; tale dato potrebbe aprire la strada alla valutazione del compartimento salivare in alternativa a quelli già utilizzati per il consueto monitoraggio dei pazienti con CML.

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LEUCEMIA MIELOIDE CRONICA

La leucemia mieloide cronica (Chronic myeloid leukemia, CML) è un disordine mieloproliferativo derivante dalla trasformazione neoplastica della cellula staminale ematopoietica pluripotente CD34+/CD26+/CD38-/CD90+.

Epidemiologia

L’incidenza della CML varia da 10 a 15 casi ogni 100.0000 abitanti all’anno, senza differenze geografiche o etniche. L’età media alla diagnosi è in Europa tra i 60 e i 65 anni. La prevalenza della CML è in costante aumento, in parte grazie al miglioramento della sopravvivenza raggiunto con gli inibitori tirosinchinasici (TKIs) (Baccarani, et al., 2012) (Baccarani, et al., 2013), con una sopravvivenza a lungo termine che si avvicina a quella della popolazione generale. Un recente studio svedese condotto dal 1970 al 2012 (Gunnarson, et al., 2016) ha mostrato come la sopravvivenza a 5 anni dei pazienti con CML sia aumentata da 0.18 a 0.82. Inoltre, la sopravvivenza relativa dei pazienti CML dell’età di 40 anni è risultata essere paragonabile a quella della popolazione generale, mentre i pazienti di età più avanzata (80 anni) risultano avere una prognosi peggiore. La prevalenza è triplicata dal 1985 al 2012, passando da 3.9 a 11.9 casi ogni 100.000 abitanti all’anno; nel futuro è previsto un ulteriore incremento, con proiezioni per il 2060 di una prevalenza di 22 casi ogni 100.000 abitanti all’anno. Patogenesi Nel 95% dei casi di CML è stata dimostrata la presenza del cromosoma Philadelphia (Ph), derivante dalla traslocazione reciproca tra il gene Abelson (ABL1) sul braccio lungo del cromosoma 9 e il gene Breakpoint Cluster Region (BCR) sul cromosoma 22, t(9;22)(q34;q11). I breakpoints all’interno di BCR possono localizzarsi in tre regioni diverse (Castoldi & Liso, 2013). La rottura può avvenire a livello degli esoni 12-16 di BCR. La proteina chimerica che ne deriva pesa 210Kd ed è perciò detta p210. Tale proteina sembra

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9 La rottura può verificarsi anche a livello degli esoni e2’ ed e2 e generare una proteina di 190Kd, chiamata p190. La p190 si associa più facilmente a monocitosi e basofilia, con un difetto di maturazione granulocitaria; si riscontra nelle CML, ALL, Leucemia Mieloide Acuta (AML). Infine, la rottura può avvenire a valle dell’esone e19, generando una proteina di 230Kd, chiamata p230. La p230 comporta un quadro periferico caratterizzato da un’esuberante produzione di granulociti neutrofili e da un decorso clinico variabile. La p230 è associata con la rara leucemia neutrofilica cronica Ph+.

L’oncoproteina che deriva da questa traslocazione è una tirosinchinasi costitutivamente attiva che promuove l’attivazione di una serie di vie di trasduzione del segnale coinvolte nella crescita e nella differenziazione cellulare, in grado, quindi, di trasformare la cellula staminale ematopoietica in senso neoplastico. Le cellule Ph+ sono geneticamente instabili ed inclini a presentare multiple aberrazioni genetiche estremamente eterogenee che potrebbero indurre la trasformazione del fenotipo leucemico da cronico ad acuto, comportando il passaggio della malattia dalla fase cronica alla fase accelerata e poi blastica. Un evento cruciale nel passaggio dalla fase cronica alla fase accelerata sembra essere l’acquisizione di mutazioni nel dominio chinasico del gene BCR-ABL tali da rendere le cellule resistenti ai TKIs (Hehlmann, Hochhaus, & Baccarani, 2007).

Clinica

Nel 40% dei casi la diagnosi di CML è accidentale, basata sul riscontro di anormalità nella crasi ematica.

I sintomi della CML sono aspecifici ed includono astenia, anoressia, calo ponderale, febbricola, dolori ossei e muscolari, sudorazione profusa notturna soprattutto durante la fase accelerata di malattia (Castoldi & Liso, 2013).

Nei casi di leucocitosi spiccata con valori di globuli bianchi superiori a 400000/mm3 si possono riscontrare segni e sintomi da iperviscosità con rallentamento del circolo in vari distretti, possibili segni neurologici (parestesie, vertigini, disturbi del sensorio), oculari (diplopia, edema della papilla), polmonari (tosse, cianosi, dispnea), priapismo per rallentamento del circolo nei vasi penieni. Nelle forme con trombocitosi spiccata si possono avere manifestazioni emorragiche o trombotiche. Può essere presente anche iperuricemia, che si manifesta con manifestazioni gottose (Apperley, 2015).

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I segni della CML sono rappresentati principalmente dalla splenomegalia, presente in più del 50% dei pazienti; nei casi di splenomegalia spiccata si possono avere dolori addominali da compressione della milza sugli organi limitrofi oppure perisplenite, secondaria ad infarti splenici (Apperley, 2015). Decorso

Tradizionalmente la CML evolve dalla fase cronica ad una fase intermedia definita accelerata ed infine alla crisi blastica, rapidamente fatale. Tuttavia, negli ultimi 15 anni, grazie all’introduzione dei TKIs, la storia naturale di questa malattia è stata drasticamente modificata.

Fase cronica

La malattia si presenta con leucocitosi spiccata e splenomegalia più o meno marcata. I pazienti presentano un elevato numero di globuli bianchi in tutti gli stadi di maturazione e meno del 10% di blasti, sia nel midollo osseo, sia nel sangue periferico (Castoldi & Liso, 2013).

La fase cronica è spesso asintomatica e responsiva al trattamento farmacologico, che consente il controllo della leucocitosi.

Fase accelerata

La fase accelerata è una fase intermedia in cui si comincia ad evidenziare una certa resistenza alla terapia. Si è ipotizzato che ciò avvenga in seguito all’acquisizione di anomalie cromosomiche aggiuntive da parte del clone neoplastico, che lo rendono più maligno e resistente alle terapie. Caratteri costanti sono l’anemia, la piastrinopenia, la febbricola e la refrattarietà ai trattamenti standard (Castoldi & Liso, 2013). I criteri per la definizione della CML in fase accelerata sono riportati in Tabella 1.

La fase accelerata dura in media da poche settimane e molti mesi, anche se a volte l’evoluzione a fase blastica può avvenire improvvisamente, senza passaggio alla fase

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11 Tabella 1. Criteri WHO e ELN per la definizione di CML in fase accelerata e blastica. Baccarani et al. Chronic Myeloid Leukemia: ESMO Clinical Practise Guidelines, 2012 Fase blastica

Il progressivo arresto della maturazione e/o differenziazione cellulare porta ad un incremento dei blasti periferici e midollari. Questa fase di trasformazione finale comporta vari fenotipi: linfoblastico (25%), mieloblastico (50%) o indifferenziato. Questi elementi tendono a comprovare l’origine della CML a partire dalle cellule staminali (Apperley, 2015). Il pattern di infiltrazione midollare da parte dei blasti condiziona l’anemia e la piastrinopenia, sempre più accentuate con il decorso di questa fase. I criteri per la fase blastica sono illustrati nella Tabella 1.

La crisi blastica è caratterizzata da un incremento dei sintomi legato al progressivo e grave scompenso della funzione midollare; si ha facile affaticabilità legata all’anemia, complicanze emorragiche legate alla carenza di piastrine e complicanze infettive legate alla progressiva riduzione e scomparsa di globuli bianchi maturi (Castoldi & Liso, 2013). Circa l’80% dei pazienti in crisi blastica sviluppa aberrazioni citogenetiche addizionali nelle cellule Ph+, un’occorrenza nota come evoluzione clonale, che è un riflesso dell’instabilità genomica di questa fase di malattia.

I pazienti in crisi blastica presentano una scarsa risposta al trattamento chemioterapico ed hanno una prognosi pessima. La durata della crisi è in genere breve (6 mesi) e si conclude con l’exitus del paziente. La riconversione a seguito di terapia della crisi blastica nella fase cronica si osserva nel 10-30% dei casi, in particolare nelle crisi blastiche di tipo linfoide. L’introduzione degli inibitori tirosin-chinasici ha sicuramente migliorato la prognosi dei pazienti con CML.

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Diagnosi I punti cardine per la diagnosi sono rappresentati da leucocitosi associata alla presenza di granulociti immaturi, principalmente metamielociti, mielociti e promielociti; la trombocitosi è frequente e l’anemia rara (Baccarani, et al., 2012). La crasi ematica è fondamentale per la stratificazione del rischio (Tabella 2). La diagnosi deve avvalersi anche del mieloaspirato per includere la percentuale di blasti, promielociti, mielociti, eosinofili e basofili presenti nel midollo osseo.

Tabella 2. Stratificazione del rischio in pazienti CML. Il rischio relativo di un paziente con CML può essere calcolando

usando parametri clinici ed ematologici raccolti prima dell’inizio di qualsiasi terapia. Esistono tre sistemi diversi: Sokal et al., sviluppato nel 1984; EURO, sviluppato nel 1998 da pazienti trattati con IFN; EUTOS, sviluppato più recentemente grazie a pazienti trattati con imatinib. La milza è misurata manualmente ed espressa in termini di distanza dal margine costale. NA: not applicable. Baccarani et al. Chronic Myeloid Leukemia: ESMO Clinical Practise Guidelines, 2012

La diagnosi deve essere confermata dalla analisi citogenetica, che deve mostrare la traslocazione t(9;22)(q34;q11) e dalla reazione di polimerizzazione della trascrittasi inversa (Reverse transcriptase PCR, RT-PCR), che deve mostrare il trascritto BCR-ABL (Baccarani, et al., 2012).

L’analisi citogenetica deve essere eseguita con l’analisi di bandeggio dei cromosomi (Chromosome Banding Analysis, CBA) delle cellule di midollo osseo in metafase. Se le cellule di midollo osseo non sono disponibili, la CBA può essere sostituita con l’ibridazione fluorescente in situ delle cellule in interfase (I-FISH) utilizzando il sangue periferico. La CBA è richiesta perché si possono presentare anomalie citogenetiche aggiuntive rispetto al cromosoma Ph; frequenti sono infatti la trisomia dei cromosomi 8 e 19 (+8; +19) e la perdita di un cromosoma sessuale (-X; -Y), indici prognostici negativi. La FISH non è sempre

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13 La RT-PCR qualitativa è eseguita su RNA estratto dalle cellule di midollo osseo o di sangue periferico. Essa identifica il tipo di trascritto, che può essere b3a2 (e14a2) o b2a2 (e13a2), indicando il peso della proteina BCR-ABL (p210, p230 o p190). Uno studio recente effettuato dal GIMEMA CML Working Party (Cagnetti, et al., 2017) ha dimostrato come il tipo di trascritto incida sulla prognosi del paziente; in particolare, il trascritto b3a2 conferisce una risposta più veloce e più profonda ad imatinib. La RT-PCR viene richiesta soltanto nel monitoraggio della risposta al trattamento.

Trattamento

Trattamento farmacologico

Storicamente il trattamento della CML era basato sul busulfano, oggi non più utilizzato; successivamente è stata usata l’idrossiurea, oggi ancora utilizzata per un breve periodo di trattamento pre-TKIs in caso il paziente presenti leucocitosi e trombocitosi spiccate. L’interferone-α (IFNα) è diventato il gold standard negli anni ‘90, prima dell’arrivo dei TKIs. Imatinib è stato il primo TKI introdotto e rappresenta ancora oggi il gold standard come trattamento di prima linea. Più recentemente, nilotinib e dasatinib, TKIs di seconda generazione, sono stati approvati come trattamento prima di seconda e poi anche di prima linea. Bosutinib è indicato come terapia di seconda linea, mentre ponatinib viene utilizzato in caso di insorgenza di resistenza al trattamento con gli altri TKIs (Apperley, 2015). Imatinib Imatinib è un TKI che inibisce la tirosinchinasi BCR-ABL, bloccando quindi la proliferazione cellulare ed inducendo l’apoptosi delle cellule Ph+. Il farmaco occupa il sito di legame della molecola di ATP presente sulla proteina chinasica, inducendo un cambiamento di conformazione della proteina stessa che altrimenti si convertirebbe nella forma attiva. In questo modo viene impedito il trasferimento di un gruppo fosfato alla tirosina presente nel substrato proteico e la successiva attivazione di proteine fosforilate.

In pazienti CML Ph+ di nuova diagnosi imatinib a 400mg/die induce la risposta citogenetica completa nel 70% dei casi; dosi maggiori di 800mg/die inducono una risposta più profonda.

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Gli effetti avversi più comuni sono rappresentati da diarrea (20-33%), nausea (50-60%), vomito (22-40%), dolore muscolare (5-39%), astenia e rash cutaneo (30%); tutti questi sintomi sono in genere lievi e controllabili con terapie di supporto. Altri effetti avversi comuni sono edema periorbitale (26-37%), facciale (7-13%) e declive (12-23%). Raramente (7%) la raccolta di liquido può avvenire a livello polmonare o cardiaco. Nel 2-5% dei casi sono stati riportate anomalie della funzionalità epatica e nello 0,4% il trattamento ha causato insufficienza renale (Savage & Antman, 2002).

Nonostante i benefici raggiunti con imatinib, tra il 20% e il 30% dei pazienti che assumono questo farmaco non riescono a raggiungere una CCyR e altri possono avere effetti collaterali intollerabili o mostrare nel tempo una resistenza di terapia. La perdita di risposta si ha generalmente entro i 3 anni dall’inizio della terapia e il tasso di sopravvivenza in questi casi è scarso. Per cercare di superare questa resistenza sono stati sviluppati altri TKIs caratterizzati da una migliore efficacia (Herrmann, Sadovnik, & Cerny-Reiterer, 2014). Dasatinib Nel 2010 dasatinib è stato approvato dalla FDA nei pazienti CML Ph+ come trattamento di prima linea o come trattamento di seconda linea nei pazienti resistenti o che non tollerano imatinib; la dose raccomandata è di 100mg/die. Dasatinib inibisce ABL attraverso un legame che si forma sia quando il dominio chinasico si trova sia nella forma attiva, sia nella forma inattiva. Il suo ampio spettro d’azione può essere giustificato dall’azione sulle chinasi della famiglia SRC, KIT, PDGFR ed altre.

Dasatinib è generalmente ben tollerato. Le reazioni avverse più frequenti (<10% dei casi) sono di tipo gastro-intestinale, con diarrea, nausea, vomito, cefalea, affaticamento, astenia, rash cutaneo. Dasatinib può essere associato allo sviluppo di versamento pleurico e di ipertensione polmonare. Sono stati riferiti episodi emorragici in un terzo dei casi; le citopenie sono di frequente riscontro. Possono insorgere resistenze a dasatinib, esattamente come a imatinib (Brave, 2008).

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Nilotinib

Nilotinib è stato approvato nel 2007 nei pazienti CML Ph+ come trattamento di prima linea o come trattamento di seconda linea nei pazienti resistenti o che non tollerano imatinib. È un farmaco strutturalmente simile ad imatinib, ma è più selettivo nei confronti di ABL (Abruzzese & Latagliata, 2014). È stato visto che il farmaco può agire anche su altre famiglie di chinasi, come cKIT e PDGFR.

Gli effetti avversi più frequenti sono paragonabili a quelli di imatinib, con trombocitopenia, neutropenia, rash cutaneo, prurito, nausea, astenia, cefalea e diarrea. È stato riscontrato un aumento di amilasi, lipasi e bilirubina nel 11% dei pazienti. La scheda tecnica raccomanda di effettuare una conta ematica completa ogni due settimane per i primi 2 mesi e successivamente mensilmente (Tasigna, INN-nilotinib - Europa EU, s.d.). Nilotinib può agire sul ritmo cardiaco causando una sindrome da QT lungo, di solito asintomatica, ma che può essere fatale. Per questo motivo il paziente che fa terapia con nilotinib necessita di monitoraggio elettrocardiografico con attenzione alla misurazione del QTc (Besa, Chronic Myelogenous Leukemia (CML) Treatment & Management, 2017). Nilotinib è inoltre associato con l’insorgenza di sindrome metabolica, poiché comporta un aumento dei livelli di glicemia, colesterolo, trigliceridi e decremento della mobilità delle cellule endoteliali. Questo può portare ad una progressione delle lesioni aterosclerotiche eventualmente già presenti; si può anche avere insorgenza di diabete mellito ed eventi cardiovascolari durante il periodo di trattamento.

Bosutinib

Bosutinib è un TKI di terza generazione utilizzato come seconda o terza linea dopo fallimento od intolleranza alla terapia con imatinib, nilotinib o dasatinib (Baccarani, et al., 2012).

Bosutinib inibisce le chinasi ABL e SRC, ma presenta anche una modesta attività inibitoria nei confronti di cKIT e PDGFR.

I suoi effetti avversi sono principalmente rappresentati da mielosoppressione, epatotossicità, eventi allergici e rash cutanei, ritenzione di liquidi, diarrea auto-limitante,

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vomito, allungamento del QTc. (Besa, Chronic Myelogenous Leukemia (CML) Treatment & Management, 2017). Ponatinib Ponatinib è il TKI più recentemente sviluppato. A causa dei suoi importanti effetti avversi, viene utilizzato esclusivamente nel trattamento dei pazienti CML Ph+ dopo fallimento degli altri TKIs o nelle forme che possiedono la mutazione T315I. Questa mutazione può non essere presente alla diagnosi ed insorgere durante il trattamento con altri TKIs (Besa, Chronic Myelogenous Leukemia (CML) Guidelines, 2016).

Ponatinib è risultato essere efficace anche come inibitore delle chinasi appartenenti alla famiglia FGFR, SRC, RET, FLT3.

Gli effetti avversi più importanti sono rappresentati da rash cutaneo, mielosoppressione, sintomi costituzionali, allungamento del QTc e amento del rischio cardiovascolare, in parte a causa dell’aumento del rischio tromboembolico, in parte dell’ipertensione arteriosa che va a causare (Besa, Chronic Myelogenous Leukemia (CML) Treatment & Management, 2017).

Trapianto allogenico di cellule staminali

Il trapianto allogenico di cellule staminali (Allo-TMO) fu introdotto negli anni Settanta. L’Allo-TMO risultò essere efficace nella sopravvivenza a lungo termine e anche curativo, soprattutto se eseguito durante la fase cronica di malattia. Permise il raggiungimento della negatività del cromosoma Ph e un miglioramento della sopravvivenza di circa 6-7 anni rispetto alle terapie precedenti (busulfano e idrossiurea). L’associazione però con un’alta mortalità trapianto-relata restringeva la possibilità di esecuzione nei pazienti giovani e a quelli con donatore non totalmente compatibile. Nel 1980 la rimozione prima dell’infusione dei linfociti T del donatore dal prodotto destinato al trapianto riduceva l’incidenza e la gravità della Graft Versus Host Disease (GVHD). Si comprese poi che il successo legato al TMO non era legato solo all’utilizzo di un’alta dose di chemioterapico, ma anche alla

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17 riduzione degli effetti collaterali ed ampliò la gamma di pazienti che potevano beneficiare di Allo-TMO. Questo miglioramento comportò negli anni Novanta il fatto che l’Allo-TMO divenne la prima linea di trattamento nei pazienti in fase cronica e accelerata di malattia. Dopo l’introduzione dei TKIs, l’utilizzo del TMO si è radicalmente ridotto grazie alla presenza di una terapia alternativa e caratterizzata da minore mortalità. Ad oggi il TMO è riservato solo come terapia di quarta linea nei pazienti in cui la terapia con TKIs è fallita o nei pazienti in fase avanzata di malattia (Apperley, 2015).

Monitoraggio

La risposta ai TKIs può essere classificata come ottimale, se la sopravvivenza del paziente in trattamento continuativo con TKIs è paragonabile a quella della popolazione generale, oppure failure, se il farmaco deve essere cambiato con un TKI di seconda generazione o se c’è necessità di un trapianto allogenico. Nella zona grigia tra risposta ottimale e failure è presente la risposta subottimale, oggi definita meglio come warning, raggiunta quando si ha un peggioramento progressivo nella risposta molecolare ed il paziente dovrebbe essere considerato elegibile per nuovo trattamento (Baccarani, et al., 2012).

La scelta del trattamento, in particolare la decisione di cambiare terapia, dipende dalla risposta al trattamento stesso e in particolare dalla risposta citogenetica (CgR) e dalla rilevazione di mutazioni a livello del BCR-ABL.

Gli obiettivi del trattamento della CML con TKIs sono l’ottenimento della risposta ematologica completa (Complete Hematologic Response, CHR), della risposta citogenetica completa (Complete Cytogenetic Response, CCyR) e della risposta molecolare.

Il monitoraggio della terapia deve essere eseguito inizialmente con emocromo ed esami ematochimici ogni due settimane fino al raggiungimento della CHR. È necessario poi eseguire anche monitoraggio della risposta molecolare tramite PCR di tipo quantitativo (RT-Q-PCR) su campioni di sangue periferico. La I-FISH deve essere eseguita al terzo, sesto e dodicesimo mese fino al raggiungimento della CCyR, poi ogni 12 mesi.

In caso di warning è necessario ripetere tutti gli esami con tempi più ravvicinati. In caso di failure o di progressione è necessario eseguire anche l’analisi mutazionale, che potrebbe indirizzare verso nuove terapie specifiche. Le tempistiche e gli esami consigliati sono mostrati in Tabella 3.

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Tabella 3. Indicazioni per il workup di diagnosi e il monitoraggio della terapia. CBA: chromosome banding analysis; I-FISH: interphase fluorescence in situ hybridization; CCgR: complete cytogenetic response; CHR: complete hematologic response; AP: accelerated phase; BP: blastic phase; RT-PCR: reverse transcriptase polymerase chain reaction; RT-Q-PCR: quantitative reverse transcriptase polymerase chain reaction; MMR: major molecular response. Baccarani et al. Chronic Myeloid Leukemia: ESMO Clinical Practise Guidelines, 2012 Monitoraggio citogenetico Il monitoraggio citogenetico deve essere eseguito tramite CBA di cellule di midollo osseo in metafase, riportando il numero di cellule Ph+ relativamente al numero di cellule in metafase analizzate, che deve essere almeno di 20. I criteri per la risposta citogenetica sono illustrati in Tabella 4.

La I-FISH può sostituire la CBA qualora il campione di midollo osseo non possa essere prelevato o qualora il numero di cellule in interfase sia insoddisfacente (<20).

La risposta citogenetica deve essere valutata a 3 e a 6 mesi, poi ogni 6 mesi fino al raggiungimento della CCyR, dopo annualmente, a meno che un adeguato monitoraggio molecolare non possa essere garantito.

meaning that continuing treatment the survival is predicted to

Table 4.Treatment recommendations Chronic phase

First line Imatinib 400 mg, or nilotinib 300 mg × 2, or dasatinib 100 mg

Second line In case of intolerance, switch to another TKI, taking into consideration the side effects of the first TKI, and comorbidities

In case of failure of imatinib, switch to nilotinib, or dasatinib, taking into consideration the presence and the type of BCR-ABL KD mutation

In case of failure of nilotinib or dasatinib, switch to dasatinib or nilotinib, taking into consideration the presence and the type of BCR-ABL KD mutation. Consider alloHSCT

Third line In case of failure of two or three TKI, consider alloHSC Accelerated/blastic phase

TKI naïve Imatinib 600 or 800 mg, or nilotinib 400 mg × 2 or dasatinib 140 mg, and consider alloHSCT TKI

pretreated

Switch to another TKI, consider chemotherapy and alloHSCT

For all recommendations for CP, the level of evidence is I (evidence from at least one large randomized, controlled trial of good methodological quality) and the grade is A (strong evidence for efficacy with a substantial clinical benefit, strongly recommended). However, the choice among the three currently available tyrosine kinase inhibitors (TKI) is based on a low level of evidence, which does not allow any strong recommendation to be made. For all recommendations for AP and BP, the level of evidence is III/IV (prospective and retrospective cohort studies) and the grade is B (strong or moderate evidence for efficacy but with a limited clinical benefit, generally

Table 3.Recommendations for the diagnostic workup and for assessing and monitoring the response to treatment Baseline (diagnostic

workup)

To assess the response To monitor the response and the treatment Blood counts and differential Yes Every 15 days until a CHR has been

achieved

Every 3 months

Bone marrow, cytology Yes No No

Bone marrow, Karyotype (CBA)

Yes At 3 and 6 months, then every 6 months, until a CCgR has been achieved

Every 12 months, once a CCgR has been achieved, only if molecular response cannot be assured

Blood, I-FISH No No Only if CBA of marrow cell metaphases cannot be

performed, and molecular response cannot be assessed

Blood, RT-PCR (qualitative) Yes No No

Blood, RT-Q-PCR (quantitative, BCR-ABL %)

No Every 3 months until a major molecular response has been achieved

Every 6 months, once a MMR has been achieved

Mutational analysis Only in AP or BP No Only in case of failure (seeTable 6)

There are no prospective studies providing evidence for these recommendations, but they are strongly supported by expert opinions and by the design of all main studies [1,6,10,11,14,15,16,19–32,36–39].

CBA: chromosome banding analysis; I-FISH: interphase fluorescence in situ hybridization; CCgR: complete cytogenetic response; CHR: complete hematologic response; AP: accelerated phase; BP: blastic phase; RT-PCR: reverse transcriptase polymerase chain reaction; RT-Q-PCR: quantitative reverse transcriptase polymerase chain reaction; MMR: major molecular response.

Table 5.Assessment of responses CHR

WBC <10 × 109/l, no immature granulocytes, basophils <5%, platelet

count <450 × 109/l, spleen non-palpable

CgR

Complete CgR, no Ph+ metaphases by CBA, or <1% BCR-ABL+ nuclei by I-FISH

Partial CgR, 1%–35% Ph+ metaphases by CBA Minor CgR, 36%–65% Ph+ metaphases by CBA Minimal CgR, 66%–95% Ph+ metaphases by CBA No CgR, >95% Ph+ metaphases by CBA MR

Major MMR when the BCR-ABL transcript level is≤0.1% on the International Scale

Complete MR when the BCR-ABL is undetectable by RT-Q-PCR. The transcript level can be below 0.01% or 0.0032%, or 0.001%, depending on the sensitivity of the assay

The CgR is assessed on marrow cells by standard CBA. The molecular response is assessed on blood, buffy coat, cells, by RT-Q-PCR and is expressed as BCR-ABLIS% according to the International Scale. The

definition of these responses is based on expert consensus [1,6,10,11]. CHR: complete hematologic response; WBC: white blood cell; CgR: cytogenetic response; CBA: chromosome banding analysis; I-FISH: interphase fluorescence in situ hybridization; MR: molecular response; MMR: major molecular response.

(19)

19

Tabella 4. Risposta al trattamento. La risposta citogenetica viene valutata sul midollo osseo utilizzando la CBA standard.

La risposta molecolare viene valutata su sangue periferico, striscio e cellule tramite RT-Q-PCR ed è espressa come BCR-ABLIS % in accordo alla scala internazionale (International Scale). CHR: complete hematologic response; WBC: white blood cell; CgR: cytogenetic response; CBA: chromosome banding analysis; I-FISH: interphase fluorescence in situ hybridization; MR: molecular response; MMR: major molecular response. Baccarani et al. Chronic Myeloid Leukemia: ESMO Clinical

Practise Guidelines, 2012

Monitoraggio molecolare

La quantificazione del trascritto BCR-ABL eseguita tramite RT-Q-PCR è richiesta nel primo anno di trattamento ogni 3 mesi. Questa tecnica misura il livello del trascritto BCR-ABL1 rispetto al gene di controllo ABL1. I risultati sono espressi come rapporto tra le copie del trascritto BCR-ABL1 e quelle del trascritto di controllo moltiplicato per 100; il 10%, 1%, 0,1%, 0,01%, 0,0032% e 0,001% corrispondono rispettivamente ad una riduzione del carico tumorale di 1, 2, 3, 4, 4,5 e 5 logaritmi, in accordo con l’International Scale (IS). Una espressione di BCL-ABL1 <0,1% corrisponde alla risposta molecolare maggiore (MMR o MR3). La risposta molecolare rappresenta il metodo più sensibile per monitorare lo stato della malattia, in particolare il residuo minimo di malattia. I criteri per la risposta molecolare sono mostrati in Tabella 4. L’evidenza che i pazienti in trattamento da tanti anni con imatinib raggiungano livelli profondi di risposta, ma pochi presentino livelli del trascritto undetectable e che i TKIs di seconda generazione portino ad una risposta ancora maggiore ha reso necessario fornire una definizione standardizzata della risposta molecolare profonda (Tabella 5).

meaning that continuing treatment the survival is predicted to be normal or close to normal; and failure, meaning that treatment must be switched to a second-generation TKI, or allogeneic hematopoietic stem cell transplantation (alloHSCT). Between optimal and failure, there is a gray zone that was

Table 4. Treatment recommendations

Chronic phase

First line Imatinib 400 mg, or nilotinib 300 mg × 2, or dasatinib 100 mg

Second line In case of intolerance, switch to another TKI, taking into consideration the side effects of the first TKI, and comorbidities

In case of failure of imatinib, switch to nilotinib, or dasatinib, taking into consideration the presence and the type of BCR-ABL KD mutation

In case of failure of nilotinib or dasatinib, switch to dasatinib or nilotinib, taking into consideration the presence and the type of BCR-ABL KD mutation. Consider alloHSCT

Third line In case of failure of two or three TKI, consider alloHSC Accelerated/blastic phase

TKI naïve Imatinib 600 or 800 mg, or nilotinib 400 mg × 2 or dasatinib 140 mg, and consider alloHSCT TKI

pretreated

Switch to another TKI, consider chemotherapy and alloHSCT

For all recommendations for CP, the level of evidence is I (evidence from at least one large randomized, controlled trial of good methodological quality) and the grade is A (strong evidence for efficacy with a substantial clinical benefit, strongly recommended). However, the choice among the three currently available tyrosine kinase inhibitors (TKI) is based on a low level of evidence, which does not allow any strong recommendation to be made. For all recommendations for AP and BP, the level of evidence is III/IV (prospective and retrospective cohort studies) and the grade is B (strong or moderate evidence for efficacy but with a limited clinical benefit, generally recommended). Experimental treatments are under active investigation in first, second, and third lines.

TKI: tyrosine kinase inhibitors; alloHSCT: allogeneic hematopoietic stem cell transplantation; KD: kinase domain.

Table 3. Recommendations for the diagnostic workup and for assessing and monitoring the response to treatment Baseline (diagnostic

workup)

To assess the response To monitor the response and the treatment Blood counts and differential Yes Every 15 days until a CHR has been

achieved

Every 3 months

Bone marrow, cytology Yes No No

Bone marrow, Karyotype (CBA)

Yes At 3 and 6 months, then every 6 months, until a CCgR has been achieved

Every 12 months, once a CCgR has been achieved, only if molecular response cannot be assured

Blood, I-FISH No No Only if CBA of marrow cell metaphases cannot be performed, and molecular response cannot be assessed

Blood, RT-PCR (qualitative) Yes No No

Blood, RT-Q-PCR (quantitative, BCR-ABL %)

No Every 3 months until a major molecular response has been achieved

Every 6 months, once a MMR has been achieved

Mutational analysis Only in AP or BP No Only in case of failure (seeTable 6)

There are no prospective studies providing evidence for these recommendations, but they are strongly supported by expert opinions and by the design of all main studies [1,6,10,11,14,15,16,19–32,36–39].

CBA: chromosome banding analysis; I-FISH: interphase fluorescence in situ hybridization; CCgR: complete cytogenetic response; CHR: complete hematologic response; AP: accelerated phase; BP: blastic phase; RT-PCR: reverse transcriptase polymerase chain reaction; RT-Q-PCR: quantitative reverse transcriptase polymerase chain reaction; MMR: major molecular response.

Table 5. Assessment of responses

CHR

WBC <10 × 109/l, no immature granulocytes, basophils <5%, platelet

count <450 × 109/l, spleen non-palpable CgR

Complete CgR, no Ph+ metaphases by CBA, or <1% BCR-ABL+ nuclei by I-FISH

Partial CgR, 1%–35% Ph+ metaphases by CBA Minor CgR, 36%–65% Ph+ metaphases by CBA Minimal CgR, 66%–95% Ph+ metaphases by CBA No CgR, >95% Ph+ metaphases by CBA

MR

Major MMR when the BCR-ABL transcript level is≤0.1% on the International Scale

Complete MR when the BCR-ABL is undetectable by RT-Q-PCR. The transcript level can be below 0.01% or 0.0032%, or 0.001%, depending on the sensitivity of the assay

The CgR is assessed on marrow cells by standard CBA. The molecular response is assessed on blood, buffy coat, cells, by RT-Q-PCR and is expressed as BCR-ABLIS % according to the International Scale. The

definition of these responses is based on expert consensus [1,6,10,11]. CHR: complete hematologic response; WBC: white blood cell; CgR: cytogenetic response; CBA: chromosome banding analysis; I-FISH: interphase fluorescence in situ hybridization; MR: molecular response; MMR: major molecular response.

clinical practice guidelines

Annals of Oncology

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Tabella 5. Laboratory recommendations for scoring deep molecular responses following treatment for chronic myeloid leukemia. Leukemia. 2015 (Cross, et al., 2015)

Sono state riportate più di 90 diverse mutazioni nel dominio kinasico di BCR-ABL che impediscono al TKI di legarsi alla tasca, inducendo resistenza a imatinib. Poche invece sono le mutazioni riportate che conferiscono resistenza anche a dasatinib e/o nilotinib; in particolare V299L, T315A e F317L/V/I/C conferiscono resistenza a dasatinib, mentre Y253H, E255K/V e F359V/C/I a nilotinib. T315I conferisce resistenza a entrambi i TKIs ed impone trattamento con ponatinib, unico TKI ad oggi efficace per questo tipo di mutazione (Baccarani, et al., 2012). Anche se queste mutazioni sono responsabili di meno del 50% delle failure, conoscerle è importante, soprattutto nella decisione del trattamento più appropriato. Le raccomandazioni su quando eseguire l’analisi delle mutazioni sono state recentemente redatte dalla European LeukemiaNet (ELN) e riportate sotto: • Durante la prima linea di trattamento con imatinib, l’analisi viene eseguita in caso di failure e in caso di aumento dei livelli di trascritto BCR-ABL e perdita della MMR. • Durante la seconda linea di trattamento con dasatinib o nilotinib, in caso di failure ematologica o citogenetica. • In caso di fase accelerata o blastica di malattia, le mutazioni devono sempre essere eseguite.

• MR4 (⩾4-log reduction from IRIS baseline)=either detectable disease ⩽0.01%

BCR-ABLIS or undetectable disease in cDNA with 10 000– 31 999 ABL1 transcripts or 24 000–76 999 GUSB transcripts.

• MR4.5 (⩾4.5-log reduction from IRIS baseline)=either detectable disease ⩽0.0032% BCR-ABLIS or undetectable disease in cDNA with 32 000–

99 999 ABL1 transcripts or 77 000–239 999 GUSB transcripts.

• MR5 (⩾5-log reduction from IRIS baseline)=either detectable disease ⩽0.001% BCR-ABLIS or undetectable disease in cDNA with

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21 Discontinuazione della terapia con TKIs Il raggiungimento della definizione di risposta molecolare profonda (MR4 e MR4.5) può far sì che i pazienti prendano in considerazione la sospensione del trattamento, treatment-free remission (TFR). Il rischio di perdita di risposta è del 50%. Due studi hanno comparato imatinib 400mg/die con TKIs di seconda generazione (nilotinib, dasatinib) in prima linea nel trattamento di CML di nuova diagnosi, mostrando come i TKIs di seconda generazione inducano una risposta più profonda e più veloce (Saglio, et al., 2010) (Kantarjian, et al., 2010) (Hochhaus, Saglio, Hughes, Larson, & Kim, 2016) (Cortes, et al., 2016). Questi risultati hanno generato l’aspettativa che un più ampio uso di TKIs di seconda generazione potesse portare un maggior numero di pazienti alla risposta molecolare profonda, garantendo quindi la possibilità di TFR. Ovviamente, devono essere considerati anche gli aspetti negativi legati agli effetti collaterali che si possono avere utilizzando farmaci di seconda generazione (Baccarani, Treatment-free remission in chronic myeloid leukemia: floating between expectation and evidence, 2017).

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LA NICCHIA MIDOLLARE

La continua produzione di cellule del sangue è garantita da una popolazione cellulare nota come cellule staminali ematopoietiche (Hematopoietic Stem Cells, HSC), residenti in una nicchia specializzata a livello del midollo osseo. L’esistenza di questa nicchia o di un microambiente che promuova il mantenimento di essa fu inizialmente proposta da Schofield nel 1978 (Schofield, 1978). Già in quegli anni Schofield suggerì come le cellule staminali fossero in stretta associazione con altre cellule tessuto-residenti che prevengono la differenziazione cellulare, assicurando una continua proliferazione delle cellule staminali stesse. Più recentemente numerosi studia hanno contribuito a meglio definire la localizzazione delle HSCs ed a meglio caratterizzare i meccanismi molecolari che regolano la nicchia stessa.

Il midollo osseo è una rete complessa formata da cellule endoteliali (sinusoidi, arteriole e vasi di transizione) e da cellule stromali (cellule staminali mesenchimali, cellule della linea osteoblastica, condrociti ed adipociti). Tradizionalmente si descrivono due nicchie: la nicchia osteoblastica o endosteale, nelle immediate vicinanze dell’osso, composta dalla superficie endosteale e dall’interfaccia tra osso e cavità del midollo osseo ricoperta da osteoblasti e la nicchia vascolare, più distante dall’osso, in una zona centrale del midollo osseo, a livello dei sinusoidi midollari. Quest’ultima è composta da cellule endoteliali vascolari, cellule staminali mesenchimali, cellule stromali perivascolari e cellule di Schwann. La cooperazione tra le due nicchie permette di mantenere la normale omeostasi emopoietica e ripristinare l’emopoiesi dopo un danno (Calvi, et al., 2003) (Zhang & Li, 2008). Tuttavia, questa visione dicotomica della nicchia è stata recentemente rivista (Beerman, 2015) in relazione al ritrovamento di osteoblasti in posizione perivascolare. La nicchia, quindi, risulta essere formata non soltanto da cellule vascolari ed osteoblastiche, ma da un pool di cellule estremamente eterogeneo, che comprende megacariociti, macrofagi e cellule del sistema nervoso simpatico. Da notare che HSCs con un particolare fenotipo sono state ritrovate in prossimità di nicchie contenenti cellule specifiche,

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23 Sia la nicchia vascolare che quella osteoblastica svolgono un ruolo importante nei processi di mobilizzazione e di homing. Il processo di mobilizzazione consiste nell’indirizzare i progenitori emopoietici dal compartimento midollare verso il sangue periferico. Il processo di homing fa riferimento ad una complessa serie di fenomeni che conducono alla migrazione dei progenitori e delle cellule staminali emopoietiche in senso contrario, cioè dal sangue periferico al microambiente midollare. Numerosi sono gli elementi coinvolti in questi due processi. Il Granulocyte Colony-Stimulating factor (G-CSF) risulta essere implicato sia nel processo di mobilizzazione, sia di homing. Il G-CSF induce infatti il rilascio di una serie di proteasi che rompono le interazioni che ancorano le cellule ematopoietiche alla nicchia. Tali proteasi, oltre a degradare la matrice extracellulare (ECM), contribuiscono all’inattivazione dello Stromal derived factor-1 (SDF-1), favorendo così la mobilizzazione delle HSCs. L’SDF-1 (anche detto CXCL-12) è una chemochina costitutivamente espressa da numerose cellule stromali che, attraverso l’interazione con il suo recettore CXCR4 espresso dalle HSCs stesse, induce il meccanismo di homing. In seguito all’interazione di SDF-1 con il proprio recettore, si assiste alla stimolazione dei legami LFA-1/ICAM-1 e VLA-4/VCAM-1, che mediano interazioni e adesioni più forti, favorendo così il richiamo delle cellule staminali all’interno della nicchia. Questo spiega perché la maggior parte delle citochine e dei fattori di crescita inducenti la mobilizzazione agisca su quest’asse inibendo l’espressione del SDF-1 o del suo recettore CXCR4. Anche l’Osteopontina (OPN) è coinvolta nella mobilizzazione delle HSCs. L’OPN è una glicoproteina della matrice prodotta dagli osteoblasti responsabile dell’adesione fra la cellula e l’ambiente extra-cellulare. A livello del microambiente midollare agisce come regolatore negativo della nicchia osteoblastica, limitando la dimensione del pool di cellule staminali (Yin & Li, 2006).

All’interno della nicchia emopoietica le HSCs sono mantenute in uno stato di quiescenza, essenziale per proteggere le cellule staminali nel loro stato di potenziale autorinnovamento. In risposta a segnali specifici, le HSCs possono andare incontro ad un processo differenziativo per produrre le cellule del sangue che successivamente lasceranno la nicchia. In particolare, nella nicchia vascolare le cellule endoteliali sinusoidali favoriscono la sopravvivenza, la proliferazione e la differenziazione dei progenitori mieloidi e dei megacariociti. Le HSCs nella nicchia vascolare sono esposte ad ormoni, fattori di crescita, ossigeno e nutrienti, che vanno a guidare le HSCs verso l’auto-mantenimento, la

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proliferazione e / o la differenziazione cellulare. Al contrario, la nicchia osteoblastica potrebbe agire come un serbatoio, favorendo il mantenimento dello stato di quiescenza (Zhang & Li, 2008) (Yin & Li, 2006). Non tutte le cellule della superficie endosteale svolgono tali funzioni; quelle che definiscono la nicchia osteoblastica sono rappresentate dalla sottopopolazione N-caderina+ e CD45- (cellule SNO). La cellula osteoblastica SNO svolge un ruolo fondamentale nella localizzazione midollare delle HSCs. Il proseguire delle HSCs verso auto-rinnovamento o differenziazione dipende dal tipo di divisione cellulare a cui le cellule staminali vanno incontro; tale divisione può essere asimmetrica o simmetrica. Nella divisione asimmetrica le cellule staminali si dividono in due cellule figlie, di cui una rimane nella nicchia come cellula madre, l’altra lascia la nicchia per produrre un gran numero di progenie. La divisione simmetrica consiste invece nel fatto che le cellule staminali si dividano in due cellule figlie identiche, le quali rimangono entrambe nella nicchia come la cellula d’origine. Il passaggio tra divisione simmetrica e asimmetrica può verificarsi in tutte le cellule staminali che occupano la stessa nicchia in diverse condizioni fisiologiche. L’equilibrio tra quiescenza, auto-rinnovamento e differenziazione delle HSCs è regolato da meccanismi intrinseci ed estrinseci. I meccanismi intrinseci includono quelli che influenzano lo stato epigenetico delle HSCs, in quanto sono controllati da proteine come quelle del gruppo Polycomb (PcG) (Radulovic, de Haan, & Klauke, 2013). Meccanismi estrinseci includono quei cambiamenti nel destino delle cellule staminali che sono dettate dall'ambiente, cioè la nicchia. Una rappresentazione schematica di questi meccanismi regolatori e la loro interazione complementare è mostrata in Figura 1. In un simile modello, l'interazione fisica diretta fra HSCs e la loro nicchia potrebbe essere, ad esempio, mediata da integrine e caderine. Una volta localizzate all'interno della nicchia, le HSCs si situano in prossimità di citochine secrete localmente o legate alla membrana e in prossimità di fattori di crescita che dettano il destino delle HSCs stesse avviando una specifica trasduzione del segnale (Rizo, Vellenga, de Haan, & Schuringa, 2006). Oltre alla componente cellulare, altri fattori fisiologici regolano la nicchia. I ritmi circadiani, ad esempio, in particolar modo l’alternanza luce/buio, hanno un ruolo di primo piano. È stato dimostrato come il cervello in funzione di questi ritmi, attraverso efferenze

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25 suggeriscono che condizioni ipossiche influenzino sia la nicchia, sia direttamente le HSCs, inducendo in quest’ultime uno stato quiescente. Non a caso, un ruolo cruciale nell’induzione della quiescenza lo ricopre il fattore di trascrizione ipossia indotto-1 (HIF1) (Calvi L. , 2013).

Figura 1. Meccanismi intrinseci ed estrinseci

che influenzano lo stato epigenetico delle HSCs.

Signaling pathways in self-renewing hematopoietic and leukemic stem cells: do all stem cells need a niche?, Hum Mol Genet.

2006;15(suppl_2):R210-R219.

In ultima analisi, la nicchia deve garantire una riserva di cellule staminali, fatto che richiede rigidi controlli sull’auto-rinnovamento e sulla divisione cellulare delle HSCs. Non è quindi una sorpresa che la disregolazione dell'auto-rinnovamento delle cellule staminali sia la causa principale delle malattie neoplastiche. Le cellule staminali e le cellule tumorali condividono alcune vie di trasduzione del segnale che regolano il loro auto-rinnovamento, il che suggerisce che normali cellule staminali possano dare origine a cellule tumorali. Questa nozione ha alimentato il concetto che i tumori contengono "cellule staminali del cancro" che mantengono la crescita tumorale a causa del loro potenziale proliferativo e di auto-rinnovamento indefinito. Comprendere le regole genetiche e molecolari del programma di auto-rinnovamento e un apprezzamento di come le perturbazioni di questi

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meccanismi regolatori diano inizio a malattie proliferative come la leucemia è una grande sfida della ricerca medica. L’IMPORTANZA DELLA NICCHIA MIDOLLARE NELLA LEUCEMIA MIELOIDE CRONICA La CML origina da HSCs, precursore di cellule caratterizzate da un’incompleta maturazione in cellule adulte e dall’accumulo della loro forma immatura nel midollo osseo e nel sangue periferico. L’espressione dell’oncoproteina BCR-ABL1 induce una proliferazione cellulare incontrollata e un’inappropriata risposta agli stimoli apoptotici, fenomeni che comportano l’espansione di una popolazione cellulare nota come Cancer Stem Cells (CSCs) o Leukemia Stem Cells (LSCs), studiate per la prima volta da Bonnet e Dick (Bonnet & Dick, 1997). Oggi è ben documentato come la presenza di LSCs sia associata e responsabile della fase di iniziazione della malattia, della chemio-resistenza e della recidiva della CML. Nonostante l’introduzione di TKIs abbia rivoluzionato la prognosi di questi pazienti, ancora il 25% dei pazienti di CML mostra resistenza a questi farmaci, di solito a causa di resistenze insorte a livello della tasca ABL1 (Beerman, 2015). Inoltre, diversi fattori correlati alla recidiva sono da mettere in relazione alla presenza di alterazioni citogenetiche e molecolari, come anche la perdita dell’early response e la persistenza della leucemia dopo il trattamento. L’ipotesi, quindi, di usare come target terapeutico le LSCs potrebbe avere una rilevanza cruciale nello sviluppo di nuove strategie terapeutiche. Come identificare le LSCs

Di base, le LSCs esprimono marker simili a quelli delle HSCs, come CD34, Thy1/CD90, aldeide deidrogenasi. Nonostante ciò, sono stati identificati altri marker che permettono di distinguere le LSCs dalle HSCs.

Di rilevante importanza risulta oggi essere il CD26, conosciuto anche come dipeptil peptidasi IV (DPPIV) (Valent, Sadovnik, & Racil, 2014). In particolare, il CD26 sembra essere un marker specifico per LSC di CML, più precisamente le cellule CD34+/CD38-. Il CD26, infatti, sembra essere un target dell’enzima che interrompe l’asse SDF-1-CXCR4 clivando

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27 Altra caratteristica che permette di distinguere le due popolazioni cellulari sembra essere la capacità delle LSCs di espellere la Rodamina 123 (Rho) e Hoechst 3342, fatto che definisce la cosiddetta Side Population (SP), caratterizzata dalla presenza di diversi tipi di trasportatori della famiglia ABC (ATP- binding cassette): ABCB1/P-gp e ABCG2/BCRP1. In letteratura è stato infatti riportato come le LSCs possiedano un’espressione maggiore dei trasportatori ABC rispetto alle HSCs (Herrmann, Sadovnik, & Cerny-Reiterer, 2014). Altri marker rilevanti sono rappresentati da CD33, IL-3RA/CD123 e altri mostrati in Tabella 6. Tabella 6. Marker cellulari che identificano HSCs e LSCs. Marker HSCs LSCs CD25 (IL-2RA) - + CD26 (DPPIV) - + CD33 (Siglec-3) +/- + CD34 + + CD38 (cyclic ADP ribose hydrolase) - - CD44 (LHR) + + CD47 +/- + CD52 (CAMPATH-1) +/- + CD71 (TfR1) - - CD90 (Thy-1) + + CD117 (c-KIT) + + CD123 (IL-3RA) +/- + CD133 (Prominin-1) + + Specific Lineage Marker (lin) + + Aldehyde Dehydrogenase (ALDH) + +++ Side Population (SP cells) + +++ BCR-ABL1 translocation - + La nicchia ipossica Un fattore importante da tenere in cosiderazione nella resistenza alla terapia con i TKIs è rappresentato dalla cosiddetta nicchia ipossica. Le LSCs sono di solito caratterizzate da alti livelli del trascritto BCR-ABL, la cui espressione è stata correlata con la secrezione autocrina di IL-3 e G-CSF. Questi fattori solubili sono in grado di garantire la proliferazione e la sopravvivenza dei progenitori delle cellule CML e, grazie alla secrezione di chemochine, anche della loro mobilizzazione. Tuttavia, quando le LCSs si nascondono nella nicchia

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ipossica, nonostante gli alti livelli di trascritto, BCR-ABL non viene sintetizzato. Siccome i TKIs agiscono entrando a livello della tasca ATP-asica, in assenza di questa fusione le LSCs diventano resistenti alla terapia tirosinchinasica.

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MECCANISMI DI REGOLAZIONE DELL’AUTO-RINNOVAMENTO DELLE LSCs Pathways intracellulari nella CML

La disregolazione dell’auto-rinnovamento è stata riconosciuta come uno degli eventi più importanti nella progressione della malattia leucemica. L’attivazione aberrante di questa proprietà è spesso correlata ad anomale vie di trasduzione del segnale riconosciute come caratteristiche del tumore.

La via di Wnt risulta attivarsi durante la progressione da fase cronica a fase accelerata o blastica di malattia. Questa via, infatti, induce l’attivazione di una serie di proteine che inibiscono la fosforilazione della β-catenina, inducendone l’accumulo citoplasmatico e la sua traslocazione a livello nucleare; qui la β-catenina guida l’espansione delle HSCs (Reya & Clevers, 2005). Nei pazienti CML in fase blastica è stata riscontrata un’attivazione aberrante della β-catenina; è stato dimostrato come la β-catenina possa indurre il passaggio alla fase blastica tramite l’attivazione di PI3K/AKT (Hu, Feng, Liu, & al., 2016). Sia nelle cellule K562 umane, sia nelle cellule murine, l’inibizione dell’attività chinasica di BCR-ABL1 riduce la β-catenina e la capacità di iniziazione tumorale delle cellule K562, diminuisce il carico leucemico e ritarda la progressione di malattia nel topo (Hu, Feng, Liu, & al., 2016).

Il pathway di Notch è risultato essere correlato alle interazioni presenti tra le cellule leucemiche, metastatiche e normali e il loro microambiente. Notch risulta essere importante negli stadi avanzati della CML: il gene Hairy enhancer of split 1 (Hes1), target di Notch, in combinazione con BCR-ABL1, è in grado di causare il passaggio alla fase blastica in vivo in un modello murino, determinando una rapida morte. Hes1, inoltre, è notevolmente espresso negli stadi avanzati di malattia, prova del suo ruolo chiave nella transizione da fase cronica a fase blastica (Nakahara, Sakata-Yanagimoto, Komeno, & al., 2010).

L’attivazione aberrante del pathway di Sonic hedgehog (Shh) induce l’espansione in vivo delle LSCs interagendo con il pathway di Notch, risultando così partecipe della patogenesi della CML. In particolare, questa via del segnale è necesaria per il mantenimento delle cellule leucemiche staminali nella CML (Kawaguchi-Ihara, Okuhashi, Itoh, & al., 2011). La perdita di Smoothened (Smo), componente essenziale del pathway di Shh, danneggia il rinnovamento delle HSCs e diminuisce l’induzione della CML da parte di BCR-ABL1; al

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contrario, l’attivazione costitutiva di Smo aumenta il numero di LSCs e accelera il decorso della malattia (Zhao, Chen, CH, & al., 2009).

Meccanismi epigenetici nella CML

Diversi studi hanno mostrato come alcuni pathways intracellulari, come le proteine del gruppo Polycomb (PcP) ed in particolare BMI1, siano implicati nella regolazione dell’espansione delle LSCs durante le fasi avanzate di CML (Zhou & Xu, 2015) (Saudy, Fawzy, & Amzy, 2014).

Le proteine PcG sono dei modificatori degli istoni la cui attività risulta in una mancata espressione dei geni coinvolti nella regolazione del ciclo cellulare e nella differenziazione. Le proteine PcG consistono di due complessi multiproteici: il complesso repressivo 1 e 2 di Polycomb (Polycomb Repressive Complex 1 and 2, PRC1 e PRC2). PRC2 è formato dalle subunità Enhancer of zeste (E(z)), Suppressor of zeste 12 (Suz12) e Extra sex combs (Esc); PCR1 è formato da quattro subunità, omologhe a Drosophila Polycomb (Pc), Polyhomeotic (Ph), Posterior sex combs (Psc) and Sex combs extra (Ring/Sce) (Radulovic, de Haan, & Klauke, 2013). Secondo il modello classico, PRC2 induce il silenziamento genico attraverso la trimetilazione dell’istone H3 sulla lisina 9 e 27 (H3K9/H3K27), catalizzata dall’attività istone-metiltransferasica di E(z), che utilizza come donatore di gruppi metili S-adenosyl methionine (SAM) (Figura 2a). L’istone H3K9/H3K27 viene riconosciuto dalle subunità Pc di PRC1; il legame tra PRC1 e la cromatina può poi guidare la repressione di altri geni tramite l’ubiquitinazione dell’istone H2A sulla lisina 119 (H2AK119ub1) grazie alla subunità Sce/Ring (figura 2b). L’esistenza di ortologhi diversi per ogni gene Polycomb fa sì che esistano tantissime possibili combinazioni di PRC1 e PRC2. Cambiamenti nell’espressione dei singoli geni PcG possono portare ad alterazioni nella composizione dei PRC, andando ad influire sulla loro attività enzimatica e sulla loro selettività dei bersagli; in particolare, le proteine PcG risultano essere implicate nelle modificazioni epigenetiche che inducono il passaggio da HSCs a LSCs, e quindi la trasformazione maligna.

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31 Figura 2. Struttura delle proteine Polycomb (Radulovic, de Haan, & Klauke, 2013)

Tra tutti i membri del gruppo Polycomb, BMI1, parte di PRC2, sembra svolgere un ruolo importante nella trasformazione leucemica. Innanzitutto, BMI1 è risultato essere fondamentale nell’auto-mantenimento delle HSCs. Nel topo, l’assenza dell’espressione di BMI1 comporta difetti di proliferazione linfocitaria, mentre una sua over-espressione induce il linfoma (van der Lugt, 1994) (Alkema, Jacobs, van Lohuizen, & Berns, 1997). L’over-espressione di BMI1 induce l’immortalizzazione dei fibroblasti, la down-regolazione di p16 e p19 e, in combinazione con H-Ras, guida la trasformazione neoplastica (Jacobs, Kieboom, Marino, DePinho, & van Lohuizen, 1999). P16 funziona come inibitore della chinasi ciclina-dipendente e ostacola la progressione del ciclo cellulare attivando il percorso Rb, mentre p19 è importante per l'arresto e l'apoptosi del ciclo cellulare mediato da p21/p53 (Kim & Sharpless, 2006). Recentemente è stato dimostrato che BMI1 non solo protegge le HSCs dalla senescenza, ma salvaguardia anche la loro multipotenza (Radulovic, de Haan, & Klauke, 2013). Altro meccanismo attraverso il quale BMI1 può partecipare all’auto-mantenimento delle HSCs è il suo effetto protettivo contro lo stress ossidativo e il danno al DNA. In assenza di BMI1, i reattivi dell’ossigeno raggiungono livelli tali da indurre l’apoptosi nelle HSCs (Liu, et al., 2009). BMI1 agisce anche sui meccanismi di riparazione del

lysine 9 and 27 of histone 3 (H3K9me3, H3K27me3) is stimulated by Eed.10–12 Furthermore, PRC2 can recruit cofactors such as

Aebp2, Mtf2, Pcl3, Jarid2 and Phf1, which can modulate its enzymatic activity and recruitment to target genes.13–19The

well-documented trimethyl modification of H3K27 (H3K27me3) serves as a docking site for PRC1 assembly and subsequent induction of higher chromatin organization (Figure 1).5

PRC1 consists of four core subunits, which are homologous to Drosophila Polycomb (Pc), Polyhomeotic (Ph), Posterior sex combs (Psc) and Sex combs extra (Ring/Sce). Each of these four core components has several orthologs in the mammalian genome,2,20

which compete for incorporation into PRC1.21These orthologs are sorted into families of Cbx, Phc, Pcgf and Ring1 genes. The H3K27me3 repressive mark, established by PRC2, induces binding of PRC1 through the chromodomain-containing Cbx subunit.22,23

Binding of PRC1 to chromatin allows mono-ubiquitination of histone 2A on lysine 119 (H2AK119ub1), which is stimulated by Pcgf and executed by Ring1 proteins.24 H2A ubiquitination is

believed to be the final step in stable gene silencing, as it blocks Pol II transcriptional elongation.3,25–27

Polycomb complex evolution

The emergence of multiple Polycomb-encoding genes during evolution coincided with the requirement for compaction of genetic information as genomes and multicellular organisms became more complex.28,29 PcG genes expanded by multiple

gene duplications and subsequent diversification of the ancestral gene.28,29 In addition, an accumulation of single-nucleotide polymorphisms (SNPs) and the advent of new regulatory elements resulted in small changes in the DNA sequence and the emergence of alternative splice variants.28,29 For example, in

mammals four alternative splice variants exist for the PcG gene Eed,8and recently a new Cbx2 isoform has been discovered that

lacks a polycomb repressor domain.30 The expansion and

divergence of different PcG genes ultimately resulted in large Polycomb gene families in mammals, such as the Pcgf and Cbx gene families. This resulted in multiple PRC sub-complexes, which can consist of various PcG orthologs.

PRC2 first emerged during early eukaryotic specification. It is possible that this occurred in the last common unicellular ancestor of eukaryotes, since several important protein domains of PRC2 members are conserved between plants and animals. RNAi-mediated silencing of the E(z) homolog in unicellular algae Chlamydomonas reinhardtii suggested that one of the primary roles of PRC2 in early eukaryotes was to maintain genome stability by suppressing transposable elements.31 This suppression might have protected cells against adverse horizontal gene transfer. In multicellular organisms, their function might have been adapted to regulate cell identity. The largest expansion of the PRC2 gene family occurred during plant evolution. Plants have up to eight PcG members, which can form an array of PRC2 sub-complexes.32,33 In contrast to plants, PRC2 members underwent

little duplication in animals, with only four genes encoding for the core subunits (Eed, Ezh1, Ezh2 and Suz12).31,34

PRC1 homologs have not been identified in plants. However, PRC1-like complexes (LHP1-AtRING1/LHP1-AtRING2) were shown to be involved in gene repression by binding to H3K27me3. This suggests that PRC1 function might have been conserved as a result of convergent evolution.32,33 In contrast to PRC2 genes,

expansion of PRC1 genes did occur in the animal kingdom, mainly at the invertebrate–vertebrate transition.28,35 Although teleost radiation is accompanied by divergence of PRC1 members, further evolutionary events resulted in both expansion and loss of individual members. A combination of specific PcG genes might have increased the fitness of its carriers under certain environmental conditions and contributed to the evolution of tetrapods (see Figure 2, Whitcomb et al.28; and Table 1, Le Faou

et al.35).29

SPOTLIGHT

Figure 1. The canonical Polycomb-mediated gene silencing model. (a) PRC2 initiates gene repression by methylation of H3 on lysine 9 and 27 (H3K9/H3K27) catalyzed by the histone methyltransferase activity of the SET domain-containing E(z) subunit using the S-adenosyl methionine (SAM) cofactor as a donor for methyl groups. (b) The H3K9/27me3 histone marks are specifically recognized and bound by chromodomain-containing Pc subunits of PRC1 complexes. Binding of PRC1 to chromatin can drive further gene repression by mono-ubiquitination of H2A on lysine 119 (H2AK119ub1) by the Sce/Ring subunit.

PcG proteins in HSC regulation and hematopoietic neoplasms V Radulovic´ et al 524

(32)

danno al DNA, cruciali per mantenere la stabilità genetica delle HSCs (Radulovic, de Haan, & Klauke, 2013).

Recenti studi hanno dimostrato l’importanza di BMI1 nella CML: questo gene risulta significativamente up-regolato nelle cellule CD34+ dei pazienti con CML rispetto ai controlli sani (Bhattacharyya, Mihara, & Yasunaga, 2003); tale up-regolazione diventa ancora più evidente durante le fasi avanzate di malattia (Saudy, Fawzy, & Amzy, 2014). Inoltre, risultati in vitro hanno dimostrato come la up-regolazione di BCR-ABL1 aumenti l’espressione di BMI1, suggerendo che l’attività di BMI1 è controllata da BCR-ABL1 stesso (Bhattacharyya, Mihara, & Yasunaga, 2003) e che BMI1 coopera con BCR-ABL1 nella progressione di malattia (Rizo, Horton, & Olthof, 2010). In ultimo, è stato poi osservato come l’espressione di BMI1 aumenti in tutti i pazienti nelle fasi iniziali di trattamento con TKIs; dopo i primi tre mesi di terapia la down-regolazione di BMI1 correla con una miglior risposta alla terapia e con una migliore event free survival (Crea, Di Paolo, & Liu, 2015; Arrigoni, Galimberti, Petrini, Danesi, & Di Paolo, 2016; Polillo, et al., 2015).

Modificazioni a carico degli istoni come metilazione o acetilazione sono coinvolte nella progressione della CML; numerosi geni pro-apoptotici e anti-apoptotici sono target dell’istone deacetilasi e dell’istone acetil-transferasi nelle cellule maligne. Di particolare rilievo è Sirtuin 1 (SIRT1) deacetilasi, che regola l’acetilazione di fattori trascrizionali come TP53 e Forkhead box class O (FOXOs), promuovendo il mantenimento sia delle HSCs, sia delle LSCs (Brooks & Gu, 2009). Recentemente è stato dimostrato che SIRT1 deacetilasi sia in grado di promuovere l’acquisizione di mutazioni implicate nella resistenza ai farmaci e la sopravvivenza delle CML LSCs (Wang, Yuan, & Roth, SIRT1 deacetylase promotes acquisition of genetic mutations for drug resitance in CML cells., 2013). Wang et al. hanno dimostrato su modelli in vitro come l’inibizione di SIRT1 deacetilasi blocchi l’acquisizione di mutazioni a carico di BCR-ABL1 e la progressione di malattia in pazienti in trattamento con TKIs. Gli stessi autori hanno dimostrato che il silenziamento di SIRT1 riduce il mantenimento delle LSCs.

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