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Sintesi di oligosaccaridi complessi contenenti ?-D-N-acetilmannosammina e ?-D-N-acetiltalosammina stimolatori del sistema immunitario innato e acquisito

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1-Introduzione

La presente Tesi di dottorato è stata mirata alla sintesi di strutture oligosaccaridiche complesse contenenti β-D-mannosammina e β-D-talosammina che mostrano un’attività stimolante sia sul sistema immunitario innato (cellule Natural Killer) che su quello acquisito (stimolazione delle cellule B della memoria). La maggiore problematica affrontata ha riguardato la sintesi stereoselettiva di legami β-D-mannosamminici e β-D-talosamminici, problema, a tutt’oggi, non completamente risolto. E’ stata affrontata anche la problematica della sintesi di strutture glicodendrimeriche presentanti le suddette esosammine con lo scopo di verificare un possibile aumento di attività dovuto ad un effetto multivalenza. La seguente introduzione si prefigge lo scopo di presentare una succinta panoramica a riguardo delle tematiche sia di carattere chimico che biologico affrontate.

1.1-Il sistema immunitario

Il sistema immunitario1

è la parte dell’organismo preposta alla difesa dagli agenti esterni. Esso è in grado di distinguere cellule proprie (self) da quelle estranee (non-self) e di eliminare queste ultime. Tale sistema è diviso in due parti principali (Figura 1):

- Immunità Aspecifica (innata, presente fin dalla nascita)

- Immunità Specifica (acquisita, sviluppata in conseguenza all’esposizione ad agenti patogeni)

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La prima, costituita dalle barriere chimico-fisiche (pelle, mucose), dalle componenti solubili e dalla componente cellulare [fagociti, cellule natural killer (NK) e dalle cellule dendritiche (CD), è responsabile dell’attacco agli agenti patogeni, a prescindere dalla loro natura e non è dotata di memoria. La seconda, invece è costituita dai linfociti e dalle immunoglobuline ed è responsabile di un attacco specifico in dipendenza dalla natura del patogeno ed è dotata di memoria. I linfociti si dividono in T e B; i linfociti T a loro volta si differenziano in T-killer (dotati di attività citotossica) e T-helper i quali stimolano, attraverso la produzione di citochine, i linfociti B causandone la differenziazione in plasmacellule, responsabili della produzione di immunoglobuline (IgM) e cellule B della memoria, responsabili della produzione massiccia di immunoglobuline IgM e IgG una volta che l’organismo viene a contatto una seconda volta con il patogeno in questione. Le risposte che derivano dall’immunità specifica sono quindi di due tipi: umorale o B dipendente e cellulo-mediata o T dipendente.

1.1.1-Le cellule Natural Killer (NK)

Le Natural Killer (NK) sono cellule che possiedono attività citotossica, costituiscono una sottofamiglia di linfociti, distinta dai linfociti T e B, e manifestano la loro principale attività nell’ambito delle risposte innate eliminando le cellule infettate da virus, i microrganismi patogeni oppure le cellule tumorali. Le NK attivano i fagociti mediante la secrezione di citochine (ad esempio IFN-γ), il loro nome deriva dal fatto che in vitro sono in grado di uccidere numerosi tipi di cellule bersaglio senza bisogno di alcun tipo di attivazione. Sono più grandi dei linfociti B e T, hanno un citoplasma relativamente ampio e ricco di granuli azzurrofili, per questo sono definite anche "large granular lymphocytes" e sono rappresentate fenotipicamente dai vari marcatori o recettori che ne caratterizzano la loro specifica attività. La proliferazione delle NK non avviene in maniera autonoma ma dipende, in parte, dalla presenza di citochine secrete dai linfociti T o da altri tipi di cellule. In condizioni normali, esse sono presenti esclusivamente nel sangue, nel midollo osseo e nella milza e migrano nei tessuti sede dell’infiammazione come risposta a mediatori chemiotattici prodotti dalle cellule infiammate. Le NK attivate da citochine sono definite LAK (lymphokine-activated-killer) ed hanno un’attività citolitica più spiccata delle NK semplici che, ad esempio, le rendono in grado di lisare un numero maggiore di cellule

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Le cellule NK, dopo la loro attivazione persistono in circolo per pochi giorni e, diversamente dai linfociti B e T, per sviluppare la loro azione usano strategie di riconoscimento con recettori multipli superficiali realizzando un bilanciamento tra inibizione ed attivazione. Le funzioni specifiche delle cellule NK prevedono un’attività citotossica diretta (lisi cellulare), e l’induzione di apoptosi (morte programmata cellulare). Quest’ultima determina l’attivazione del TNF delle cellule bersaglio, un sistema di regolazione e stimolazione dei processi immunitari mediante la produzione di citochine e chemochine, come IFN-γ, TNF-α, GM-CSF, che induce risposte infiammatorie controllando la generazione di cellule dendritiche (CDs) e l’attivazione dei macrofagi e dei granulociti. Inoltre le NK attivate dimostrano una capacità di stimolazione reciproca, contatto-dipendente, con vari tipi di cellule, in particolare con le cellule dendritiche (CDs).

1.1.2-Relazione tra NK e N-Acetil-D-esosammine

I carboidrati sono riconosciuti da diverse famiglie di proteine come la superfamiglia delle immunoglobuline e la superfamiglia delle lectine C-type degli animali.

Le cellule NK presentano sulla loro superficie sia recettori di attivazione (NKR-P1A) che di inibizione (Ly-49, CD-94) e una modulazione tra attivazione e inibizione può portare all’uccisione di cellule estranee o mutate (cellule tumorali).

Oligosaccaridi naturali in cui sono presenti esosammine si trovano coinvolti in processi di sorveglianza ed eliminazione di cellule tumorali e come costituenti delle capsule batteriche di alcuni microrganismi patogeni. Le esosammine come la N-acetil-D-glucosammina e la N-acetil-D-galattosammina sono risultate agonisti del recettore NKR-P1 di ratto sia nella loro forma libera che sottoforma di cluster.2a,b

Studi sul

rapporto struttura-attività hanno stabilito i requisiti strutturali necessari affinché una struttura saccaridica sia in grado di legare in modo ottimale tale recettore:

1-La presenza di gruppi amminici liberi in posizione C-2, a loro volta protonati a pH fisiologico, deprime la capacità di binding. Necessaria risulta quindi la sostituzione dell’ossigeno in C-2 con un gruppo azotato neutro come quello acetammidico (NHAc), la sostituzione del gruppo acetammidico con gruppi propionilammidici o butirrilammidici non causa alcun aumento della capacità di binding col recettore. 2-La scala di reattività delle più comuni esosammine è la seguente: ManNac > GalNAc > GlcNAc ≥ TalNAc. La più bassa attività di TalNAc è attribuita al fatto che tale monosaccaride è presente in larga misura in forma furanosica la quale è ritenuta non attiva.

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3-La posizione C-6 dello zucchero deve essere dotata di un gruppo accettore di legami ad idrogeno come –OH, -OAc, -CO2

-.

4-La natura del legame glicosidico e il tipo di aglicone presente svolgono un ruolo importante: i β-glicopiranosidi sono più attivi degli analoghi in forma libera e molto più attivi dei corrispettivi α-glicosidi; inoltre i p-nitro glicopiranosidi sono più attivi dei corrispettivi metil glicosidi.

5-Per le strutture disaccaridiche è importante che il legame interglicosidico abbia configurazione β-(1->4).

6-L’oligomerizzazione porta ad un aumento dell’attività in dipendenza del numero delle unità monosaccaridiche. Ad esempio per l’oligosaccaride [β-(1->4)-N-Acetil- D-glucosammina]n si ha un aumento dell’attività fino al tetrasaccaride (n=4) oltre il quale invece si osserva una diminuzione dell’attività.

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1.2-Lo Streptococcus Pneumoniae, vaccinazione e vaccini

Lo Streptococcus Pneumoniae detto anche Pneumococco è responsabile di un gruppo di patologie riassumibili con il nome di malattie pneumococciche le quali possono causare complicazioni come: batteriemia, meningite, polmonite, otite media, sinusite e bronchite. Tale batterio è particolarmente pericoloso per tutti quei soggetti che presentano un sistema immunitario non ancora completamente sviluppato (bambini) o deficitario (persone anziane e soggetti immunodeficienti). Nei paesi in via di sviluppo tale batterio è responsabile ogni anno di 1.2 milioni di decessi di bambini principalmente per polmonite mentre nei paesi industrializzati l’incidenza è notevolmente più bassa, circa 160 casi su 100000 nei bambini con meno di due anni. La principale forma di cura consiste nella terapia antibiotica la quale però ha causato in molti ceppi farmaco-resistenza. La ricerca si è quindi rivolta oltre che alla scoperta di nuove terapie, anche allo sviluppo di vaccini che prevengano l’infezione.

Lo Streptococcus Pneumoniae è un batterio Gram positivo che è circondato da una capsula di natura polisaccaridica che lo protegge dalla fagocitosi da parte del sistema immunitario dell’organismo ospite e dalla lisi osmotica. La classificazione3

delle unità ripetitive della capsula batterica ha permesso di raggruppare il batterio in diversi serotipi, di cui una dozzina (1, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 14, 19, 23) sono responsabili dell’80% delle infezioni, di cui soltanto sette sono responsabili delle infezioni nei pazienti di età inferiore ai sei anni (4, 6, 9, 14, 18, 19, 23).

La capsula è la maggiore causa di patogenicità e fin dal 1923 le sono state attribuite proprietà immunogeniche4

risultando quindi potenzialmente utilizzabile come vaccino. I vaccini di prima concezione erano infatti costituiti dall’intera cellula batterica resa inattiva, o esclusivamente dalla capsula. Successivamente si è cercato di utilizzare polisaccaridi capsulari isolati grazie alla lisi controllata della capsula. Questo ha comportato un notevole miglioramento della qualità di questi vaccini eliminando contaminanti quali i pirogeni. Attualmente in commercio sono presenti diversi vaccini ottenuti per lisi controllata delle capsule batteriche e, dal momento che i ceppi infettanti variano a secondo del fenotipo umano e dell’area geografica, sono tutti multivalenti; alcuni esempi sono il Pnu-Immuna 23

, il Pneumovax 23 .

La vaccinazione è però un processo preventivo che presenta alcune limitazioni, come ad esempio: l’assenza di efficacia nei soggetti di età inferiore ai due anni nei quali non si ha una risposta T-dipendente e di conseguenza non si ha la stimolazione dei linfociti B della memoria. Tale inconveniente può essere superato coniugando il vaccino con una proteina immunogenica. Questo aumenta molto le proprietà del

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vaccino come stimolatore della memoria immunogenica permettendogli di esercitare una efficace risposta T-dipendente. Un esempio efficace di questo è quello che riguarda il vaccino per la profilassi dell’Haemophilus Influenzae.5

L’ultima tendenza nel campo dei vaccini riguarda la sintesi per via chimica che permetterebbe, da un lato la preparazione di vaccini caratterizzati da una struttura chimica ben definita e dall’altro il superamento dei problemi intrinseci della lisi controllata della capsule batteriche.6

1.2.1-Streptococcus Pneumoniae 19F e 19A

Gli streptococchi classificati come 19F e 19A sono una della principali cause di infezioni polmonari nei bambini soprattutto nei primi mesi di vita. La loro capsula è costituita da un polisaccaride le cui unità ripetitive 1 e 2 (Figura 2) possiedono un residuo di N-acetil-D-mannosammina legato con un residuo di D-glucosio attraverso un legame β 1->4, il quale a sua volta è legato tramite un legame α 1->2 (nel 19F) o α 1->3 (nel 19A) con un residuo di L-ramnosio. Ogni unità ripetitiva è legata, sia nel caso del 19F che nel caso del 19A, alla successiva attraverso un ponte fosfodiestereo tra la posizione C-1 del ramnosio e la posizione C-4 dell’unità non riducente.

O O HO NHAc O O HO OH O OH HO O HO HO O P O O HO NHAc O O HO OH OH HO O OH O HO O O O -O P O O -O 1 ->4)-β-D-ManNAcp-(1->4)-α-D-Glcp-(1->2)-α-L-Rhap-(PO4)-(1-> 2 ->4)-β-D-ManNAcp-(1->4)-α-D-Glcp-(1->3)-α-L-Rhap-(PO4)-(1-> Figura 2

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1.3-Multivalenza: generalità, principi termodinamici e utilizzo in natura

I fenomeni della polivalenza e della multivalenza 7

sono stati negli ultimi anni di grande attualità in quanto è stato accertato che molti processi biologici si svolgono impiegando interazioni multivalenti, alcuni esempi sono:

-L’adesione di virus a cellule (Es. virus dell’influenza alle cellule bronchiali tramite l’interazione tra molecole di emoagglutina presenti sulla superficie del virus e molecole di acido sialico sulla superficie cellulare).

-L’adesione di batteri a cellule (Es. Escherichia Coli alle cellule endoteliali dell’uretra, attraverso l’interazione tra le proteine G presenti sulle fimbrie del batterio e gli antigeni Pk presenti sulle cellule endoteliali).

-L’adesione tra cellule (Es. neutrofili a cellule endoteliali delle arterie tramite le interazioni tra glicoproteine esponenti sialil Lewis x

con E e P selectine presenti sulle cellule endoteliali).

-Le adesioni tra cellule e molecole multivalenti (Es. cellule a anticorpi).

-L’adesione tra molecole multivalenti (fattori di trascrizione a siti multipli presenti nel DNA). Recettore Ligando n° Interazioni = 4 complesso tetravalente n° Interazioni = 1 complesso monovalente n° Interazioni = N complesso N-valente ΔG=- RT ln(K) ΔG2= -RT ln(K2) ΔGn= -RT ln(Kn) Figura 3

Il fenomeno della multivalenza consiste nell’interazione tra due entità che

possiedono più siti, complementari tra loro, sulle proprie superfici (Figura 3). Nella nomenclatura chimica di uso comune, per recettore si intende una molecola di natura proteica che possiede una tasca o un qualunque sito di riconoscimento per una molecola chiamata ligando. La valenza in questo tipo di interazioni consiste nella somma algebrica del numero di interazioni monovalenti che si hanno nel complesso. Fin dalla scoperta di questo tipo di interazioni è stato immediatamente intuito che la formazione contemporanea di interazioni monovalenti potesse avere proprietà differenti dalla somma delle singole interazioni monovalenti.

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Le interazioni multivalenti sono descritte termodinamicamente attraverso l’energia libera di formazione del complesso (Figura 3). Il contributo medio (ΔGavg) delle

singole componenti monovalenti è espresso attraverso l’equazione 1, e di conseguenza la costante di equilibrio totale del processo multivalente (KN) è legata a

quella media del monovalente (Kavg) attraverso l’equazione 2:

Eq. 1 ΔGN = ΔGavg N

Eq. 2 KN = (Kavg)

N

Nel caso di N interazioni monovalenti indipendenti l’una dall’altra, l’energia libera sarebbe espressa dall’equazione 3:

Eq. 3 ΔGN = ΔGmono N

In realtà nelle interazioni multivalenti il ΔGavg non è uguale al ΔGmono, questo può

essere spiegato introducendo il concetto di affinità, espresso quantitativamente attraverso la costante di affinità α. Utilizzando tale parametro α possiamo legare il ΔGN, ΔGavg, e il ΔGmono attraverso le equazioni 4-7.

Eq. 4 ΔGavg = α ΔGmono

Eq. 5 ΔGN = ΔGavg N = α ΔGmono N

Eq. 6 KN = (Kavg) N = (Kmono) α N Eq. 7 α = [ln (KN)] / [ln (Kmono) N ]

Il termine α può assumere valori positivi, pari all’unità o negativi; nel primo caso le interazioni si dicono cooperative (sinergistiche, α >1), nel secondo si dicono non-cooperative (addittive, α =1) mentre nell’ultimo caso si dicono negativamente cooperative (interferenti, α <1). Quindi il valore di a può anche essere definito come il grado di cooperatività.8a,b

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supposta essere di tipo cooperativo come l’interazione tra la tossina del colera con il recettore GM1 o il legame dell’O2 all’emoglobina; esempi di casi in cui si ha una cooperatività di tipo negativo sono il legame di un anticorpo bivalente ad un recettore densamente impaccato su una superficie cellulare. Il valore di α, è comunque sia un valore puramente descrittivo e non dà una corretta interpretazione dei fatti, esistono infatti esempi in cui l’affinità è minore di 1 nei quali però la formazione del complesso polivalente è comunque favorita.

E’ stato quindi introdotto un parametro calcolato empiricamente che descrivesse in maniera quantitativa l’aumento della capacità legante nei sistemi polivalenti. Questo termine è l’affinità aumentata espressa dal parametro β. Questo è il rapporto tra la costante di formazione del complesso polivalente misurata nel test E.L.I.S.A. e la costante di affinità misurata per la formazione del complesso monovalente, equazione 8.

Eq. 8 β = (KELISA) / (Kmono)

L’affinità aumentata non tiene conto del numero delle interazioni che esistono nel sistema multivalente e nemmeno della loro natura cooperativa o non cooperativa. Il termine energia libera ΔGN è correlato ai fattori entalpici (ΔHN) ed entropici (ΔSN)

attraverso l’equazione 9.

Eq. 9 ΔGN = ΔHN – T ΔSN

Il ΔHN può essere considerato in prima approssimazione semplicemente come il

prodotto del ΔHmono per il numero delle interazioni N. Questa approssimazione non è

sempre vera, esistono casi in cui il ΔHavg < Δ Hmono e in questo caso si parla di

interazioni favorite entalpicamente, nei casi si ha ΔHavg > ΔHmono si parla invece di

interazioni sfavorite entalpicamente. Il termine entropico ΔSN in un interazione

polivalente è la somma dei contributi traslazionali e rotazionali (ΔStrasl ΔSrot, che nei

sistemi multivalenti vengono persi), conformazionali (ΔSconf) e di solvatazione con le

molecole d’acqua circostanti (ΔSsolv, acq).

Come già precedentemente accennato in natura sono presenti molti esempi di interazioni polivalenti, ma quali sono i vantaggi che hanno le interazioni polivalenti rispetto a quelle monovalenti? I vantaggi sono molteplici: ottenimento di forti legami

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rispetto ad un drastico segnale on-off; efficienza evolutiva; incremento della forza e della specificità del legame attraverso una polivalenza di natura eteromerica; determinazione della forma superficiale; induzione di specifiche geometrie, induzione di grandi cambiamenti conformazionali, prevenzione di interazioni indesiderate.

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1.4-Dendrimeri: generalità

I dendrimeri sono una classe topologica estremamente diffusa in Natura basti pensare alle ramificazioni delle radici e dei rami degli alberi, alle ramificazioni del sistema respiratorio umano, quello vascolare. A livello molecolare (nm) in Natura sono presenti soltanto due architetture dendrimeriche il glicogeno e l’amilopectina. Chimicamente per dendrimeri9

si intendono molecole altamente ramificate che si sviluppano attorno ad un origine centrale chiamata core assumendo una struttura globulare

Figura 4

Si ottengono attraverso processi sintetici di tipo sequenziale e questo comporta una ramificazione altamente organizzata con un elevato grado di monodispersività, una struttura globulare altamente simmetrica e decorata con gruppi reattivi sulla propria superficie, al contrario dei polimeri classici che si ottengono per polimerizzazione e che assumono strutture lineari casuali (random coil).

Il primo ad aver riportato la sintesi di un dendrimero è stato Tomalia nel 198510 con la sintesi di una struttura poliammidoamminica (PAMAM), e successivamente ne sono stati sviluppati diverse tipologie come i dendrimeri a base polipropilenimminica, quelli a base poliarileterea,11

a base peptidica12

(polilisine), a base poliesterea13a,b o quelli che incorporano monomeri di glicerolo.14

La sintesi dei dendrimeri può essere effettuata attraverso due strategie principali

divergente e convergente.15

La prima consiste nello sviluppo delle ramificazioni dal core verso la periferia, la seconda consiste nella sintesi delle unità periferiche chiamate cunei o dendroni, e loro successivo assemblaggio attorno al core (Figura 5).

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Core Z Z Core Z Z Z Z Z Z Core Z Z Z Z Z Z Z Z Z Z Z Z Superficie Divergente X Z Z Z Z Z Z X Z Z Z Z X Z Core Z Z Z Z Z Z Z Convergente Z Z Z Z Z Z Z ZZ Z Z Z Figura 5 1.4.1-PAMAM I PAMAM10,16

sono stati i primi dendrimeri sintetizzati e successivamente sono stati i primi ad essere commercializzati con il nome di STARBURSTTM

. Queste strutture hanno origine da un core di natura amminica (ammoniaca, etilendiammina) attorno al quale si sviluppano le ramificazioni attraverso una sequenza che prevede un’addizione di Michael con acrilato di metile seguita da una amminolisi esaustiva dell’estere intermedio con EDA (Figura 6, step 1 e 2). La sequenza addizione di Michael-amminolisi con EDA porta all’ottenimento di un PAMAM di 1a

generazione (G 1); l’interruzione di questa sequenza allo step 1 conduce ad un PAMAM di mezza generazione (G 0.5) mentre la reiterazione per n volte degli step 1 e 2 porta ad un PAMAM di generazione n (G n). NH3 H2N NH2 CO2Me Core N Generazione G=0.5 Core Generazione G=1 OMe OMe O O N Core N H H N O O NH2 NH2 H2N NH 2 Step 1 step 2

reiterazione degli step 1 e 2 n volte N N N N N N NH2 H2N NH2 NH2 H2N H2N H2N NH2 NH2 NH2 NH2 NH2 Generazione G=n Figura 6

La crescita e, di conseguenza, la monodispersività di un PAMAM sono influenzate da diversi fattori:

-Addizione non completa di acrilato di metile. Questo parametro dipende soprattutto dal solvente di reazione; se la reazione è condotta in presenza di solventi aprotici o con etilendiammina come solvente di reazione si osserva la formazione del tri-addotto rispetto al tetra-addotto, se invece la reazione è condotta in metanolo si ha la completa

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N CO2Me CO2Me O O N MeO2C MeO2C O O NH CO2Me O N MeO2C MeO2C O O Tri-addotto Tetra-addotto Figura 7

-La temperatura. Le reazioni devono essere condotte a temperatura non troppo elevate per evitare reazioni di ciclizzazione intramolecolare (Figura 8) e reazioni retro-Michael (Figura 9). N CO2Me CO2Me O O N MeO2C MeO2C O O NH CO2Me O N MeO2C MeO2C O O N N O CO2Me MeO2C T>120 °C T>50 °C Figura 8 N N H H N O O NH2 NH2 N N H H N O O H2N H2N NH N H O NH2 N N H H N O O H2N H2N Retro-Michael T> 150 °C H2N N H O Figura 9

-Non completa rimozione dell’eccesso di etilendiammina. Questo fenomeno può inficiare la purezza del dendrimero, infatti se rimane dell’etilendiammina dopo lo step 2 questa può fungere da un nuovo core dando origine ad un altro dendrimero.

-Bridging. Questo fenomeno consiste nell’amminolisi dei gruppi esterei dei PAMAM di mezza generazione da parte di gruppi amminici del dendrimero di generazione completa presenti nell’ambiente di reazione.

Una struttura PAMAM è descritta dall’espressione sottostante in cui si ritrovano tutte le componenti del dendrimero.

(unità ripetitiva) (unità terminale) (NrG-1)/(Nr-1) NrG

[core]

Nc

Nc molteplicità del core

Nr molteplicità unità ripetitiva

G n° generazioni

Hanno un aspetto amorfo che varia dallo sciroppo al vetro con l’aumentare delle generazioni. I PAMAM di generazione intera (G = 1.0, 2.0, 3.0…), a causa dei legami ad idrogeno che formano, hanno una viscosità maggiore rispetto ai corrispettivi di mezza generazione (G = 1.5 2.5, 3.5….) e sono solubili nella maggior

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parte dei solventi organici e in acqua, dove i PAMAM di mezza generazione, esibiscono proprietà attive generando schiume.

La caratterizzazione prevede l’utilizzo di varie metodiche come l’analisi elementale, analisi di scattering con luce a basso angolo e FAB-massa, NMR e studi reologici. Le caratteristiche strutturali di queste molecole hanno indotto a compararle a proteine globulari, infatti se pensiamo alle dimensioni di insulina (30 Å), citocromo C (40 Å), emoglobina (55 Å) queste sono paragonabili ai diametri dei PAMAM di generazione G4, G5, G6. Inoltre PAMAM di generazioni da G7 a G10 formano complessi stabili con il DNA analoghi a quelli formati tra il DNA e gli istoni. Nonostante le molte similitudini che si possono riscontrare tra PAMAM e proteine globulari, per quanto riguarda le dimensioni e certi aspetti comportamentali, esistono anche notevoli differenze come ad esempio: l’elevata stabilità dei PAMAM in condizioni denaturanti (pH, temperatura, luce) rispetto alle proteine; la presenza di cavità interne, sia vuote sia invase dal solvente, superfici omogenee per i PAMAM, laddove le proteine globulari hanno interni fortemente impaccati e le superfici ricche di molteplicifunzionalità; l’assenza di risposte immunogeniche da parte dei PAMAM. Inoltre ulteriori interessanti proprietà di strutture poliammidoamminiche riguardano la bassa tossicità se la loro superficie presenta gruppi neutri o caricati negativamente,17

e la capacità di comportarsi da micelle (regolari ed inverse) oppure da liposomi.18

1.4.2-Glicodendrimeri

I glicodendrimeri19

sono macromolecole che possono essere suddivise in due categorie. La prima è costituita da oligosaccaridi assemblati secondo i principi della crescita dendrimerica mentre la seconda da carboidrati legati a strutture dendrimeriche attraverso la formazione di legami stabili come quelli tioureidici, ammidici o mediante la formazione di triazoli (click chemistry). All’interno di questa classificazione generale può essere fatta un classificazione più specifica dividendo i glicodendrimeri in quattro sottoclassi:

1-Carboidrati ancorati su matrici dendrimeriche di natura non zuccherina assemblati per sintesi divergente. (Figura 10a)

2-Carboidrati ancorati su matrici dendrimeriche di natura non zuccherina assemblati per sintesi convergente. (Figura 10b)

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O O O O O O O O O O O O O O O O O O O O O O O O O O O O O O O O O O O O a b c d Figura 10

La prima classe è stata sviluppata traendo ispirazione dalle strutture multiantennari a base glicidica presenti sulle superfici cellulari e dal fatto che la parte importante nelle interazioni con le proteine (lectine20

) aventi domini che riconoscono i carboidrati (CRDs) sono dovute soltanto alle parti terminali di queste strutture (epitopi). I monosaccaridi molto spesso sono sufficienti per formare complessi con le lectine, i disaccaridi si legano ad altri tipi di lectine, alcune particolari lectine (selectine) vengono legate da un tetrasaccaride (sialil-Lewis-x, sLeX

).21

Utilizzando glicodendrimeri di questo tipo si ottengono strutture che presentano un effetto cluster ovvero, hanno la capacità di aumentare il binding tra epitopo e proteina. Tale effetto non è ancora del tutto elucidato e oltretutto non è ancora chiaro se il dendrimero abbia soltanto la funzione di supporto per l’epitopo oppure partecipi attivamente all’aumento dell’affinità. Il primo glicodendrimero sintetizzato aveva un core polilisinico sulla cui superficie erano presenti residui di acido sialico;22

anche oligosaccaridi complessi sono stati supportati su dendrimeri come antigene-T,23

il tetrasaccaride LeX e il suo analogo trisaccaridico.24

Glicodendrimeri di questo tipo sono stati ovviamente preparati anche con core di tipo PAMAM e POPAM (polipropilenammine) attraverso la formazione di legami ammidici25 o la formazione di ponti tioureidici26

tra la matrice e il glicide.

La seconda classe è identica alla prima ma l’approccio di sintesi è diverso. In questo caso i singoli cunei portanti l’epitopo sono sintetizzati indipendentemente l’uno dall’altro e solo successivamente assemblati. Tale metodologia permette l’ottenimento di strutture con un elevato grado di monodispersività. Il primo esempio è stato riportato da Ashton nel 199627

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O AcO AcO O OAc OAc O AcO AcO O OAc OAc O AcO AcO O OAc OAc NH2 HN H N H N O O O OH HO OH O O O HN H N H N O O O O N H O O O O O AcO AcO O OAc OAc O AcO AcO O OAc OAc O AcO AcO O OAc OAc Tris Tris Tris Figura 11

La possibilità di avere su un cuneo portante l’epitopo anche un altro gruppo reattivo fornisce la possibilità di coniugazione con altre strutture come ad esempio fullereni,28 ciclodestrine29

e calixareni.30

La terza classe, i glicodendrimeri con scaffold glicidico, è quella che più assomiglia alle strutture glicidiche presenti sulla superficie cellulare. La sintesi è effettuata a partire da building block che presentano due gruppi funzionali ortogonalmente protetti. Questa metodologia è chiamata di tipo AB2, deproteggendo selettivamente A o B si ottengono rispettivamente I e II, il cui successivo coupling porta alla formazione di un dendrimero di prima generazione G-1. A seconda del tipo di deprotezione e di coupling scelti la crescita può essere divergente oppure convergente (Figura 12). O A B B O A B B O A B B Coupling O A O B B O B B 1-Deprotezione B 2-Coupling con I I II 1-Deprotezione A 2-Coupling con II G-1 Crescita Divergente Crescita Convergente Figura 12

Attraverso questa metodologia, sono stati sintetizzati glicodendroni e glicodendrimeri contenenti 6-deossi-6-amminoglucosidi31a,b

(Figura 13). O AcO AcO O OAc N NHBoc HO2C CO2H O N MeO2C CO2Me O AcO AcO O N NHBoc CONH C ONH O AcO AcO O OAc N MeO2C CO2Me O OAc OAc O AcO N CO2Me MeO2C N CONH C ONH O AcO AcO O OAc N CO C O O OAc OAc O AcO N C O OC O AcO AcO O AcO N NH CO2Me CO2Me O OAc OAc O OAc N NH MeO2C MeO2C O OAc OAc O OAc N NH MeO2C MeO2C O OAc OAc O AcO N N H CO2Me MeO2C HATU DIPEA 1-TFA, Me2S 2-HATU, DIPEA

(17)

Una variante di questo metodo è quella che sfrutta l’amminazione riduttiva per connettere le unità glicidiche32a,b

(Figura 14). O HO HO OH NHCOPh O O HO OH NHCOPh O OH HO OH OH O O HO HO OH H N Me O O HO OH H N Me O O O O O O Me2C C Me2 O HO HO OH N Me O O HO OH N Me O O O O O O Me2C C Me2 O HO HO OH NHCOPh O O HO OH NHCOPh O O HO HO HO NHCOPh O O HO HO NHCOPh O HO OH HO OH OH HO OH HO

NaCNBH3, AcOH, MeOH

Figura 14

La quarta classe è quella dei dendrimeri che hanno come core un carboidrato. Come precedentemente detto il core di un dendrimero ne influenza la crescita e di conseguenza la forma, e nel caso che venga usato un core chirale si influenzano anche le caratteristiche ottiche. Recentemente sono stati impiegati core chirali per la sintesi di dendrimeri utilizzabili come catalizzatori nella sintesi asimmetrica.33

I carboidrati, essendo composti facilmente reperibili nel chirality-pool e offrendo un’ampia varietà strutturale, sono stati tra i primi ad essere utilizzati per la sintesi di tali dendrimeri. Due diverse sottoclassi sono individuabili all’interno di questa categoria: i dendrimeri a simmetria centrale, che hanno origine da un glicoside di tipo octopus e quelli selettivamente funzionalizzati, che hanno invece origine da glicosidi funzionalizzati in posizione anomerica (Figura 15).

(18)

O O O O O O X Y Z X Y Z X Y Z X Y Z X YZ O O O O O O X Y Z X Y Z X Y Z X Y Z X YZ O O O O O O X Y Z X Y Z X Y Z X Y Z X YZ O O O O O O X Y Z X Y Z X Y Z X Y Z X YZ Glicoside octopus Glicoside selettivamente funzionalizzato Dendrimero Simmetrico Dendrimero Selettivamente funzionalizzato Figura 15

Il primo esempio di glicodendrimero avente core glicidico è stato sintetizzato a partire dal 2-amminoetil-2,3,4,6-tetra-O -(2-amminoetil)-D-glucopiranoside e successivamente sottoposto alla sequenza addizione di Michael-amminolisi con EDA fino ad ottenere il PAMAM di seconda generazione G-234

(Figura 16) O O O O O O N N N N N CO2Me CO2Me CO2Me MeO2C MeO2C CO2Me MeO2C CO2MeCO2Me CO2Me O O O O O O NH2 NH2 NH2 NH2 NH2 O O O O O O N N N N N CO OC CO OC OC CO CO CO CO O C N H NH2 N H NH2 N H NH2 N H NH2 NH NH2 HN NH2 HN HN H2N HN H2N NH H2N NH2 MeOH H2N NH2 CO2Me Figura 16

Un esempio di glicodendrimero selettivamente protetto in posizione anomerica è stato riportato per la prima volta da Lindhorst nel 199935

(Figura 17) O O O O O O O Ph O O O O O O O Ph Si Si Si Si Cl Cl Cl Cl Cl Cl Cl Cl O O O O O O O Ph Si Si Si Si HSiMeCl3 MgBr Figura 17

(19)

1.5-Glicosidazioni: generalità

Negli ultimi anni la chimica dei carboidrati ha subito un enorme sviluppo 36 e un posto di rilievo è stato assunto dalle reazioni di glicosidazione.37

Tali reazioni permettono l’introduzione di diverse funzionalità (gruppi alcossidici, tioli, tioeteri etc) in posizione anomerica di uno zucchero e sono, ad oggi, strumento chiave nella sintesi per via chimica di oligosaccaridi. La reazione avviene su uno zucchero avente un gruppo uscente (X) in posizione C-1 (glicosil donatore) che mediante l’attivazione di questo gruppo da parte di un attivante, subisce l’attacco da parte di un nucleofilo (glicosil accettore) portando al glicoside desiderato. Nel caso in cui il nucleofilo sia l’ossidrile di uno zucchero il prodotto di reazione è un oligosaccaride (Figura 18).

O X X= gruppo uscente O Nu O Nu Nu Attivante

beta anomero alfa anomero

O X

O OR HO

glicosil donatore glicosil accettore

O O OR O Attivante oligosaccaride glicosil accettore Figura 18

Il meccanismo della reazione di glicosidazione 38

è a tutt’ora non completamente chiarito ma può essere, in prima approssimazione, semplificato ammettendo che: un promotore favorisca l’uscita del gruppo uscente in posizione anomerica dando luogo ad un carbocatione (ione ossonio) il quale viene successivamente attaccato da un nucleofilo (Nu) attraverso un processo di tipo SN1. E’ stato accertato che l’emivita in acqua di uno ione glicosil ossonio è di circa 10-12

secondi39

un tempo troppo breve per permettere l’equilibrazione con il solvente, quindi la reazione di glicosidazione non può procedere attraverso un tipico meccanismo SN1, inoltre sembra inverosimile che negli usuali solventi usati nelle reazioni di glicosidazione le coppie ioniche possano essere sufficientemente separate per dare origine al catione ossonio. La reazione di glicosidazione sembra procedere attraverso un meccanismo in cui il catione nello stato di transizione è stabilizzato sia dal gruppo uscente che dal nucleofilo40

(Schema 1). Il meccanismo sotto illustrato è stato ipotizzato da Lemieux per spiegare l’α selettività nelle reazioni di alcolisi di bromuri anomerici quando in posizione C-2 è presente un ossidrile con una protezione di tipo etereo. La dissociazione del legame C-Br è promossa dalla donazione del doppietto libero dell’ossigeno dall’orbitale n all’orbitale di antilegame C-O (σ*), la coppia ionica ottenuta (Bα o Bβ) assume una conformazione piatta in cui l’ossigeno assume un’ibridazione sp2

(20)

dell’anomero Aα gli orbitali sono già orientati nella corretta posizione; nel caso dell’anomero Aβ invece, la corretta orientazione degli orbitali è raggiunta attraverso un riarrangiamento conformazionale in una forma twist-boat. La coppie ioniche risultanti sono intercettate successivamente dal nucleofilo con inversione di configurazione (rate determining step) che portano al glicoside protonato. Il glicoside protonato Eβ, derivante da Aα, assume una conformazione a barca laddove il glicoside protonato Eα, proveniente da Aβ, presenta una conformazione e sedia (energeticamente più stabile). Quindi la maggiore stabilità di Eα associata ad una maggiore energia dell’anomero Aβ riesce a compensare l’energia richiesta per il riarrangiamento da Aβ a Aβ’. Questo meccanismo spiegherebbe il perché i β glicosidi risultano infatti più reattivi degli α nelle reazioni di alcolisi e anche perché la distribuzione dei prodotti sia a favore degli α glicosidi rispetto ai β.

O X O X O X R R R R O X -O X -R O X -R X -O X -R Nu O X -R Nu O R Nu O R Nu O Nu R R O Nu H H H H H O Nu R H O Nu R Aα Aβ Aβ' Bα Cαβ Dβ Eβ C Bβ Cβα Dα Eα Schema 1

Il meccanismo ora esposto può anche essere applicato a reazioni di glicosidazione promosse da un catalizzatore (Schema 2), sebbene la specie (α/β-D-Gly+

XMY -) possa essere attaccata direttamente dal nucleofilo dando prodotti a configurazione invertita rispetto al glicosil donatore, questo generalmente non accade e si ha che lo scambio dell’anione avviene prima dell’attacco del nucleofilo.

α-D-Gly-1-X

β-D-Gly-1-X β-D-Gly+ XMY

-α-D-Gly+ XMY -β-D-Gly+ Y -α-D-Gly+ y -Nu Nu β-D-glicopiranoside α-D-glicopiranoside

(21)

Visto il meccanismo di reazione sopra esposto è facile intuire come la formazione della coppia ionica sia influenzata dal tipo di gruppi protettivi attraverso effetti induttivi e torsionali. Gruppi esterei a causa della loro natura elettron attrattrice deprimono, per effetto induttivo, la reattività del donatore interferendo con la formazione della coppia ionica nello stato di transizione. I gruppi benzilici al contrario non destabilizzando la carica positiva dell’incipiente coppia ionica non influenzano in modo significativo con la dipartita del gruppo uscente nel donatore. La stereoselettività è fortemente influenzata dalla natura del gruppo in posizione C-2. La presenza di un gruppo come il C=O (estere, carbonato, ammide o un immide) provoca un attacco dell’incipiente ione ossonio generando un carbocatione ciclico termodinamicamente stabile chiamato acilossonio. L’equilibrio è spostato più o meno verso destra in dipendenza della nucleofilia del carbonile.41

L’attacco da parte del nucleofilo avviene sulla specie più stabile (acilossonio) dando origine a 1,2-trans glicosidi, a meno che non esistano delle “discordanze” steriche tra accettore e donatore che sfavoriscono la formazione dello ione ossonio con una concomitante perdita di selettività. O X O O R O O O R X

-Nel caso in cui in posizione C-2 sia presente un gruppo non in grado di partecipare direttamente alla stabilizzazione dello ione ossonio (gruppi eterei, azide) i due percorsi di attacco (dalla faccia α o dalla faccia β) hanno un’energia di attivazione molto simile rendendo la stereoselettività della reazione di glicosidazione imprevedibile.

1.5.1-Metodi di glicosidazione e glicosildonatori37

O Cl o Br OP PO PO OP O F OP PO PO OP O SR OP PO PO OP O O OP PO PO OP O R O O O PO PO OP R O O OP PO PO OP R R' O O OP PO PO OP NH CCl3 O O OP PO PO OP O O OP PO PO OP P R R'2 O O OP PO PO OP SiR3 O O PO PO OP O OH OP PO PO OP O PO PO OP Bromuri, Cloruri

Koenigs-Knorr Fluoruri TioglicosidiR= alchile o arile

Acili anomerici Ortoesteri

R= OR', CN, SR O, S-CarbonatiR=S, O R'= NR2,SR, OR

Tricloroacetoimmidati Pentenilglicosidi Fosfati

O-sililderivati 1,2-anidrozuccheri Ossidrili anomerici

Glicali

(22)

Esistono differenti sistemi di glicosidazione in funzione del tipo di gruppo uscente presente in posizione anomerica (Figura 20) e, per ognuno, sono stati studiati approfonditamente diversi tipi di catalizzatori e sono state effettuate molte applicazioni. La scelta del tipo di glicosil donatore è dipendente da molteplici fattori come: la stabilità chimica, la reattività, la compatibilità del metodo di attivazione con i gruppi protettivi presenti su donatore e accettore.

Uno dei metodi di glicosidazione più vecchi è quello di Koenigs-Knorr,42 che prevede l’utilizzo di un alogenuro anomerico (Br, Cl) in presenza di sali di metalli pesanti (AgOTf, Ag2O, Ag2CO3, Hg(CN)2, HgBr2, HgCl2) e di uno scavenger per gli acidi. Oltre ai sali di metalli pesanti sono stati introdotti altri metodi di attivazione: Bu4NBr, SnCl4, BF3*Et2O, Sn(OTf)2-base oppure catalizzatori a trasferimento di fase. I fluoruri43

sono alogenuri anomerici chimicamente e termicamente molto stabili e possono venire facilmente convertiti in altri glicosil donatori come i tioglicosidi. Vengono attivati da diversi attivanti come SnCl2-TrClO4, SiF4, TMSOTf, BF3*Et2O e CpZrCl2-AgClO4, CpHfCl2-AgClO4. I fluoruri sono stati impiegati come glicosil-donatori da Nicolaou in diverse sintesi di sfingolipidi.

I tioglicosidi44

sono certamente i glicosil donatori più versatili vista la loro stabilità chimica, che permette l’elaborazione delle funzionalità sul glicosil donatore, l’enorme varietà di sistemi attivanti e la capacità che hanno di poter essere trasformati, praticamente, in ogni tipo di glicosil donatore. Esistono diversi tipi di sistemi attivanti per questa classe, i primi ad essere stati utilizzati sono stati quelli a base di mercurio (HgSO4, HgCl2) e successivamente sono stati impiegati altri tipi di metalli come Pd (PdClO4), miscele di rame ed argento (CuBr2-Bu4NBr-AgOTf) e selenio (PhSeOTf). Sono stati introdotti anche altri attivanti non metallici a base di cationi bromo (AgOTf-Br2, NBS-TfOH), iodio (AgOTf-NIS, NIS-TfOH, IDCP), cationi NO+

, cationi metilici (MeOTf, MeI, DMTST) o cationi silicio (TMSOTf).

Gli esteri carbossilici anomerici, di cui gli acetati sono la classe più rappresentativa, sono i glicosil donatori più facilmente accessibili grazie alla semplicità di sintesi. Esistono diversi metodi di attivazione a base di acidi di Lewis come ZnCl2, SnCl4, FeCl3, BF3*Et2O, TMSOTf, TrClO4. Altri gruppi acilici come i benzoilici e p-nitrobenzoilici, anche se non largamente utilizzati, sono stati impiegati con successo come glicosil donatori.

(23)

Gli ortoesteri sono impiegati per la costruzione di legami 1,2-trans-glicosidici, e sono attivati con: 2,6-dimetilpiridinio perclorato (R=gruppi alcossidici), TrBF4 o TrClO4 (R= CN), AgOTf o NIS-TfOH (R= SR).

I carbonati anomerici sono una classe meno utilizzata di glicosil donatori, gli O-xantati sono stati utilizzati per la prima volta come donatori per attivazione con BF3*Et2O,

45

gli imidazolcarbonati e i tioimidazolcarbonati sono stati attivati rispettivamente con ZnBr2 e AgClO4; inoltre gli ultimi sono stati impiegati nella sintesi dell’avermectina1a.46

Altre varianti degli xantati anomerici sono i tioxantati anomerici attivati con Cu(OTf)2 e DMTST.

I tricloroacetoimmidati (TCA) sono stati utilizzati per la prima volta come glicosil donatori da Sinay nel 197647

ma il loro studio sistematico è stato affrontato da Schmidt.48

Questi sono facilmente sintetizzabili a partire dal corrispettivo ossidrile libero in posizione C-1 in presenza di una base e tricloroacetonitrile. L’attivazione di questi donatori è realizzata con acidi di Lewis come BF3*Et2O, TMSOTf. Indubbiamente i TCA, insieme ai tioglicosidi, sono i glicosil donatori più largamente utilizzati nella sintesi di sostanze naturali, ad esempio amfotericina B49

e allosamidina.50

I pentenil-glicosidi sono stati introdotti per la prima volta come gruppo protettore della posizione anomerica e solo successivamente sono stati utilizzati come glicosil donatori51

per attivazione in presenza di un glicosil accettore, con IDCP, NIS-TfOH, o NIS-EtSiOTf.

I fosfati e tutte le loro varianti (fosforammidati, difenilfosfati, difenilfosfinimmidati) sono stati impiegati come glicosil donatori e sono attivati da BF3*Et2O, TMSOTf portano alla sintesi di glicosidi β 1,2-trans anche nel caso di gruppi non partecipanti in posizione C-2. I donatori difosforodiammino ditioati per attivazione di LPTS-tetrabutilammonio ioduro portano al contrario a glicosidi 1,2-cis. Gli 1-O-sililderivati52

sono impiegati nelle reazioni di glicosidazione per attivazione da parte di acidi di Lewis come BF3*Et2O, TMSOTf.

Gli 1,2-anidro zuccheri (epossidi) sono preparati in maniera efficiente a partire dal corrispettivo glicale in presenza di dimetildiossirano;53 l’apertura dell’epossido è promossa da ZnCl2 in presenza di un alcol e i prodotti che si ottengono sono 1,2-trans glicosidi.

Il metodo di glicosidazione più vecchio è quello introdotto da Fischer54

e si basa sull’attivazione dell’ossidrile anomerico da parte di un catalizzatore acido in presenza

(24)

di un alcol come glicosil accettore. Questa metodica di glicosidazione è utile per ottenere glicosidi semplici come quelli metilici, benzilici, allilici.

I glicali sono glicosil donatori utilizzati nella sintesi di 2-deossi-glicosidi. La reazione di un glicale in presenza di una fonte di I+

oppure Br+

e di un alcol porta all’ottenimento preferenziale di un α-2-deossi-2-alo-glicoside il quale per successiva dealogenazione fornisce il 2-deossi-glicoside.

(25)

1.6-Sintesi di β-D-mannosidi e β-D-mannosammine55

Le β-D-mannosammine nella loro forma N-acetilata sono presenti in natura in diversi polisaccaridi capsulari (Nesseria Meningitidis, Haemophilus Influenzae tipi b e

d, Streptococcus Pneumoniae) e in alcuni lipopolisaccaridi.

Nonostante l’enorme sviluppo delle tecniche di glicosidazione uno dei problemi non ancora soddisfacentemente risolti riguarda la sintesi stereoselettiva di legami β-D-mannosidici e β-D-mannosamminici. La β glicosidazione diretta di glicosil donatori a struttura mannosidica risulta difficoltosa in quanto sia in presenza che in assenza di gruppi partecipanti il prodotto che si ottiene è sempre α. In presenza di un gruppo partecipante in posizione C-2 questo forma uno ione acilossonio che scherma la faccia β e permette l’attacco soltanto dalla faccia α; nel caso invece di un sostituente in C-2 non partecipante l’effetto anomerico favorisce la formazione del prodotto di α glicosidazione a causa della stabilizzazione che esiste tra l’orbitale di antilegame σ* del C-Nu e il doppietto dell’ossigeno (Figura 21).

O W L PO O W PO W= gruppo partecipante O X PO O R O W PO Nu Nu O X PO Nu O R O W PO Nu L= gruppo uscente W= gruppo non-partecipante X=NH, O R= alchile, arile Figura 21

I metodi utilizzati per superare questo problema sono stati diversi 1- Sintesi di Koenigs-Knorr.

2- Epimerizzazione al C-2 di β-D-glucopiranosidi attraverso ossidazione-riduzione. 3- Glicosidazioni di 2-oxo e 2-oximino glicopiranosidi.

4- Epimerizzazione al C-2 di β-D-glucopiranosidi attraverso SN2. 5- Doppia inversione al C-2 e C-4 di β-D-galattoporanosidi. 6- Glicosidazioni intramolecolari (IAD).

7- Glicosidazioni attraverso SN2 di triflati anomerici. 8- Sintesi enzimatica.

9- Estrazione radicalica di idrogeni anomerici. 10- Utilizzo di complessi di dibutilstagno. 11- Utilizzo di mannosil-fluoruri.

(26)

L’impiego della metodica di Knoenigs-Knorr prevede l’utilizzo di alogenuri anomerici in presenza di sali di argento insolubili (AgO, Ag-silicato) e dell’accettore. La reazione si presume che avvenga con un meccanismo tipo push-pull in cui l’argento si coordina con l’alogeno in posizione α e permette il suo spostamento da parte del nucleofilo dalla faccia β (Figura 22) con un meccanismo tipicamente SN2; questa metodologia, pur avvenendo con ottime rese, risulta estremamente lenta e presenta ottime β-selettività soltanto con alcol semplici. Un esempio che racchiude tutte le caratteristiche tipiche della Koenigs-Knorr è la reazione tra il mannoside 3 e il 9-idrossi-nonanoato di metile56 (Figura 23).

Nu O W PO X Ag O W PO Nu Superficie Insolubile Figura 22 O BnO AllO OBn OAc AllO O BnO AllO OBn AllO 1-TiBr4 2-Ag-silicato, HO(CH2)8CO2Me, 3 giorni

O CO2Me 8

3 4, (79%, beta)

Figura 23

L’ epimerizzazione al C-2 di β-D-glucopiranosidi, facilmente ottenibili con ottima

stereoselettività da glicosil donatori gruppo partecipante, è stata sfruttata per la sintesi di diversi oligosaccaridi naturali, ad esempio è stata utilizzata nel passaggio chiave per la sintesi del disaccaride naturale del batterio Klebsiella 4357

(Schema 3) e in questo caso, l’epimerizzazione è condotta attraverso l’ossidazione del glucoside 5 e la riduzione stereoselettiva con NaBH4 del derivato ulosidico intermedio 6.

O O AllO OH O O OBnO OBn OPMB OAll Ph O O AllO O O O OBnO OBn OPMB OAll Ph DMSO, AC2O 5 6 O O AllO OH O O OBnO OBn OPMB OAll Ph NaBH4 7 (62% da 5) Schema 3 Un altro esempio58

prevede l’utilizzo del reagente di Dess-Martin come agente ossidante e dell’L-Selectride come riducente (Schema 4)

(27)

O PMBO O OH O O BnO BnO OTBS BnO O BnOBnO OTBS BnO O OBnO NHSO2Ph OPMB O O BnO OBn O PMBO O O O O BnO BnO OTBS BnO O BnOBnO OTBS BnO O OBnO NHSO2Ph OPMB O O BnO OBn O PMBO O OH O O BnO BnO OTBS BnO O BnOBnO OTBS BnO O OBnO NHSO2Ph OPMB O O BnO OBn Dess-Martin L-Selectride 8 9 10 (83% da 8) Schema 4

L’ inversione di configurazione al C-2 di β-D-glucopiranosidi può essere effettua

anche per spostamento di un triflato in posizione C-2 da parte di un nucleofilo attraverso un meccanismo SN2 (Figura 24).

O PO PO OTf PO OR O PO PO Nu PO OR Nu Nu= -N3, -OAc Figura 24

Esempi interessanti che sfruttano tale metodologia sono stati riportati da Sato59a,b a partire dal derivato 23 a configurazione β-D-galatto; facendo una doppia inversione di configurazione al C-2 e C-4 è stato ottenuto il derivato a configurazione β-D-manno

24 in un unico step. Se, invece, sullo stesso derivato 23 è realizzata un’inversione

controllata, è possibile invertire selettivamente la posizione C-4 e, solo in un secondo momento quella in C-2 con azide per dare luogo a 26 precursore di 27 (Schema 5).

O OTf PivO OTf OPiv OBn O AcO PivO OAc PivO OBn CsOAc Reflux O AcO PivO OTf OPiv OBn O AcO PivO N3 OPiv OBn O AcO PivO NHAc OPiv OBn CsOAc 18-crown-6 reflux Bu4NN3 1-H2/Pd/C 2-AC2O 23 24 25 26 27 Schema 5

Spesso durante la reazione di inversione al C-2 è necessario l’ausilio della sonicazione per vincere lo sfavorevole effetto stereoelettronico dovuto al doppietto assiale dell’ossigeno anulare. Un metodo simile a quello ora descritto e sempre basato

(28)

sull’inversione di configurazione al C-2 attraverso una sostituzione nucleofila SN2 intramolecolare da parte di un carbammato presente sulla molecola60

(Schema 6). O O O OTf O Ph O O BnO NPhth O OBn O BnO NPhth N3 OMp PhHN O O O HO OH O Ph O O BnO NPhth O OBn O BnO NPhth N3 OMp 1- Py, DMF 2-AcOH, diossano, H2O 3-NaOMe 28 29 Schema 6

La doppia inversione di configurazione al C-2 e al C-4 di β-D-galattopiranosidi è

un metodo recente e particolarmente innovativo che permette l’ottenimento di β- D-mannosidi e β-D-mannosammine.61a,b

Questo protocollo prevede, l’inversione al C-2 attraverso l’ossidazione dell’ossidrile libero seguita da riduzione stereoselettiva dell’uloside intermedio seguita dall’inversione al C-4 per formazione del 3-esenopiranoside il quale viene idroborato in maniera regio e stereoselettiva (Schema 7). O OH PO OP OR OP O PO OP OR PO O HO PO OP OR OP O OP PO OH OR OP <O> 1-BH3 2-<O> P= gruppo protettio O OP PO O OR OP 1- <H> 2-dep. selettiva C-4 O OP PO NOR' OR OP O OH PO NH2 OR OP O PO NHAc OR PO O HO PO NHAc OR OP 1-BH3 2-<O> 1- <H> 2-dep. selettiva C-4 NaH, Im2SO2 DMF 1-Ac2O 2-NaH, Im2SO2 DMF Ossimazione Schema 7

L’utilizzo di derivati α-bromo-ulosidici come glicosil donatori è la combinazione della metodologia di Koenigs-Knorr con l’epimerizzazione al C-2 di derivati β- D-glucopiranosidici. La β-selettività è attribuita ad un meccanismo sempre di tipo SN2 promosso dai sali insolubili di argento e favorito dalla presenza del C=X (dove X= O; NOR) elettron attrattore in C-2. Questa metodologia sintetica è stata utilizzata sia per ottenere derivati contenenti β-mannosio62a,b

come 14 che β-mannosammine come 18 e

2263

(29)

O BzO BnO O BzO 11 Br n-ottanolo Ag2CO3 O BzO BnO O BzO O n=7 O BzO BnO OH BzO O n=7 HO O O OH O O HO HO OH HO O HOHO OH HO O n=7 12 (77%) 13 (87%) 14 O AcO AcO N MeO2C Br OBz O AcO AcO N MeO2C OBz O NHCOR O AcO AcO NHAc MeO2C O NHCOR O HO HO NHAc NaO2C O NHCOC15H31 O BnO BnO OBn O SiMe3 HO O AcO AcO N MeO2C OBz O BnO BnO OBn O SiMe3 O O R1 R1 NHAc R2OC O R3 R3 R3 O SiMe3 O 15 16 17 Promotore 1-BH3*THF 2-AC2O 18 19 1-BH3*THF 2-AC2O 20 21 R1=R2=OAc, R3=OBn 22 R1=R3=OH, R2=ONa Schema 8

Le reazioni I.A.D. (intramolecular aglicon delivery) sono particolari reazioni di glicosidazione che prevedono l’utilizzo di un glicosil donatore legato covalentemente al glicosil accettore attraverso uno spaziatore (Figura 25). In questo modo risulta bloccata la libertà di orientamento relativo del donatore e dell’accettore consentendo la possibilità di attacco soltanto dalla faccia dove è formato il legame tra i due, cosiddetto tethered. O O O O L O HO O O spaziatore Figura 25

I primi lavori sulla sintesi di β-mannosidi attraverso l’impiego di questa metodologia si servivano dell’utilizzo di complessi tethered a base di silicio e di glicosil donatori tioglicosidici, ed erano realizzate preparando il complesso tethered seguita da conversione del tioglicoside in solfossido anomerico. Questa sequenza è stata poi anche invertita attivando prima il tioglicoside in solfossido e effettuando dopo la reazione di tethering con l’accettore64 (Figura 26)

O BnO BnO BnO O S Si O O Ph R O BnO BnO BnO OH OR Figura 26

(30)

Un’altra tipologia di I.A.D. prevede l’utilizzo di complessi tethered ottenuti impiegando acetali della p-metossibenzaldeide,65

l’impiego di questa tecnica ha permesso di ottenere il derivato pentasaccaridico 31 ( Figura 27).

O BnO O O O O BnO BnO OBn BnO O HOBnO OBn BnO SMe OMe O O BnO NPhth O OBn O BnO NPhth OMp OBn O HO O OH O O HO HO OH HO O HOHO OH HO O OHO NHAc O OH O HO NHAc OMp OH 30 31 Figura 27

L’impiego di complessi tethered p-metossibenzilici è stato utilizzato anche per la sintesi di β-mannosidi in fase solida66

(Figura 28). O PO PO O PO L O O Polimero O O PO PO O PO O O Polimero O PO O PO OH PO O O Promotore Rilascio da polimero CHO O Polimero Figura 28

La glicosidazione diretta di glicosil donatori a configurazione D-manno è stata sviluppata da Crich67

utilizzando solfossidi anomerici e triflato di metile come attivante. La metodologia fornisce ottime rese ed elevate β–stereoselettività soltanto per glicosil donatori armati68

e conformazionalmente rigidi, mentre rese e stereoselettività calano drasticamente se il donatore è conformazionalmente flessibile o se in posizione C-2 si trovano sostituenti ad elevato ingombro sterico. Con questa metodica sono state effettuate β-mannosilazioni con glicosil-accettori scarsamente reattivi come N-acetilglucosammina (posizione C-4 libera). Studi spettroscopici hanno dimostrato che la reazione avviene attraverso la formazione di un triflato anomerico il quale viene successivamente sostituito dal nucleofilo con meccanismo SN2.

La sintesi enzimatica, di pari passo con lo sviluppo della biotecnologia, ha subito dei notevoli miglioramenti. Questa tecnica è stata utilizzata anche per la formazione di legami β-mannosidici soprattutto per la sintesi del disaccaride β-D-Man-(1->4)-D-GlcNAc. Queste reazioni sono completamente regio e stereoselettive ma richiedono uno studio elevato per l’ottimizzazione e le rese sono molto modeste.

(31)

dell’idrogeno anomerico da parte di un radicale presente sulla molecola in posizione C-2 generato a sua volta dal tributil stagno radicale. Il radicale generato riequilibra dalla posizione equatoriale a quella assiale e successivamente viene intercettato da una molecola di tributil stagno idruro che gli cede il protone (Figura 29).

O O OR Y XBr O O OR Y X H Bu3Sn. O O OR Y XH O O OR Y XH O O OR Y XH H Bu3SnH Figura 29

Un metodo interessante ma non molto utilizzato prevede l’utitilizzo di dibutil stagno

acetali per la formazione di β-mannosidi per reazione con triflati come glicosil

accettori di tipo elettrofilo. Questo metodo è stato utilizzato inizialmente per la sintesi con mannosil donatori non protetti ed era ristretto all’utilizzo di glicosil-accettori primari.69

L’ossidrile in posizione equatoriale funziona da nucleofilo nei confronti del triflato in posizione C-6; è da notare che in questo metodo esiste un’inversione di polarità rispetto alle più comuni reazioni di glicosidazione precedentemente schematizzate. Gli inconvenienti di questo metodo risiedono nel fatto che esiste un equilibrio tra gli stanniliden acetali nelle posizioni 1,2 a quella 2,3 e quindi il nucleofilo può risultare oltre che l’ossigeno anomerico (quello che porta al prodotto desiderato) ma anche l’ossigeno in posizione C-2 (quello che porta al prodotto indesiderato) (Schema 9). Questi inconvenienti possono essere superati proteggendo la posizione C-3 (impedendo così la formazione dell’acetale in 2-3). Inoltre tramite questo metodo è anche possibile la sintesi di disaccaridi uniti mediante legame glicosidico che coinvolge i rispettivi centri anomerici.

O HO HO O HO O Sn n-Bu n-Bu O BnO BnO OBn OTf OMe O HO O O OH OH Sn n-Bu n-Bu O HO HO OH HO O BnO BnO OBn O OMe O HO OH HO O BnO BnO OBn O OMe OH 33 32 (2,3) 32 (1,2) 34 35 Schema 9

(32)

1.7-Sintesi dell’unità ripetitiva del polisaccaride capsulare dello Streptococcus

Pneumoniae 19 F

Sin dalla elucidazione della struttura dell’unità ripetitiva dello Streptococcus

Pneumoniae 19F70

diversi gruppi di ricerca si sono cimentati con la sintesi per via chimica di tale unità. La struttura, come già precedentemente illustrato, è composta da un trisaccaride contenente un’unità di N-acetil-D-mannosammina legata attraverso un legame β-(1->4) ad un glucosio il quale a sua volta è legato ad un’unità di L-ramnosio attraverso un legame α-(1->2); ogni unità ripetitiva è legata ad un’altra per mezzo di un ponte fosfodiestereo (Figura 30)

O O HO NHAc O O HO OH O OH HO O HO HO O P O O -O 1 ->4)-β-D-ManNAcp-(1->4)-α-D-Glcp-(1->2)-α-L-Rhap-(PO4)-(1-> Figura 30

Gli approcci alla sintesi di questa unità sono molteplici, tutti basati su reazioni di glicosidazione e raggruppabili in due grandi categorie: la prima prevede la formazione del frammento [A-B] (o un suo precursore) e la sua successiva glicosidazione con il frammento [C] (o un suo precursore), mentre la seconda prevede l’accoppiamento di [A] con il frammento [B-C] (Figura 31).

O HO O O HO OH OH NHAc O OH O HO HO OPO3 -O A B C Figura 31

La prima sintesi è stata sviluppata nel laboratorio del Prof. Russo nel 1987 71 e prevede l’utilizzo della strategia di sintesi B]+[C]. La sintesi del frammento [A-B]72

è effettuata per glicosidazione dei monosaccaridi 36 e 37 e conduce al disaccaride 38 che presenta un ossidrile (in C-2’) protetto come acetato; la rimozione di questo gruppo e la successiva ossidazione-ossimazione porta al derivato ossimminico 39 come miscela di isomeri E/Z. La riduzione della miscela e la successiva acetilazione dell’ammino derivato intermedio porta all’ottenimento di 40.

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