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Benessere animale, disciplinari tecnici volontari su aspetti strutturali e di management aziendale: il CReNBA

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UNIVERSITA' DI PISA

DIPARTIMENTO DI SCIENZE VETERINARIE

Corso di Laurea Magistrale in

SCIENZE E TECNOLOGIE DELLE PRODUZIONI ANIMALI

TESI DI LAUREA

BENESSERE ANIMALE, DISCIPLINARI TECNICI VOLONTARI SU ASPETTI

STRUTTURALI E DI MANAGEMENT AZIENDALE: il CReNBA

Candidato: Relatore:

Martina Orlandini Dott. ssa Roberta Moruzzo

Correlatore:

Dott. ssa Maria Chiara Ferrarese

(2)

Alla mia famiglia e a ciò che eravamo,

che siamo,

e che saremo,

perché non è spiegabile.

Alle tre donne più importanti della mia vita:

Mia Nonna, con la quale ho imparato a muovere i primi passi nel mondo.

Mia Sorella, che questo mondo lo ha reso e lo rende migliore ogni giorni.

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INDICE

1. INTRODUZIONE

………....….4

2. BENESSERE ANIMALE

……….………..9

2.1 Il concetto di Benessere animale……….…..………..……..9

2.2 Breve excursus storico sul concetto, evoluzione ed aggiornamento delle normative……….……

13

3. LA SITUAZIONE ITALIANA: IL CReNBA ...………....…

16

3.1 Il centro di referenza nazionale per il benessere animale: compiti e funzioni………..……….……16

3.2 Procedure per la valutazione del benessere e della bio-sicurezza nell’allevamento del bovino da carne: lo standard………..…...

20

3.2.1 Check-list e applicazione in campo……….…...…..24

3.2.2. Calcolo del punteggio e cut-off………...….…49

3.3. Il riconoscimento del MIPAAF al disciplinare CReNBA……….……….….…..53

3.3.1 Comunicare il CReNBA ai consumatori………..…..53

3.3.2 Il Disciplinare di etichettatura facoltativa IT010ET e i relativi controlli………...……….…...……

56

4. METODOLOGIA………..………..…….…..…..….

61

4.1

Desk analysis………..…………...….

61

4.2

Analisi di un caso di studio………...………....….

62

5. RISULTATI………..………..…….

66

5.1

Analisi dei punteggi ottenuti dagli allevamenti certificati da CSQA……….….……....

66

5.2

Questionario ai valutatori……….………..……….

73

6. CONCLUSIONI……….……..

77

7. BIBLIOGRFIA………...………...…..

79

8.

SITOGRAFIA……….…….

83

9.

ALLEGATI………

84

(4)

4

1.

INTRODUZIONE

Il benessere animale è una tematica ormai consolidata da tempo a livello europeo, non solo in ambito scientifico, ma anche dal punto di vista legislativo. Superata infatti, la necessità di dare una definizione del concetto di benessere animale (Broom, 1986; Dawkins, 1990; Duncan e Petherick, 1991), la comunità scientifica internazionale ha iniziato a sviluppare degli schemi di valutazione del benessere in allevamento, supportata e incentivata dal fatto che negli ultimi decenni il rispetto e la protezione degli animali da reddito hanno assunto un interesse sempre maggiore da parte dell’opinione pubblica e dunque dei consumatori (Canali, 2006). Nel 2015 l’Eurobarometro ha condotto una ricerca sull’atteggiamento dei consumatori europei ed italiani nei confronti del benessere animale, da cui è emerso che per il 94% degli italiani è molto o abbastanza importante tutelare il benessere animale; solo per il 3% è non molto importante; mentre il restante 3% è spalmato tra chi non sa e chi non lo ritiene importante (Fig. 1).

(Fig. 1. Percezione del benessere animale da parte dei consumatori italiani. Fonte: Eurobarometro, 2015)

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L’86% degli stessi consumatori ritiene che il benessere animale andrebbe maggiormente tutelato e l’80% sottolinea il fatto che gradirebbe ricevere maggiori informazioni su come vengono trattati gli animali nel nostro paese (dato in aumento del 3% nel 2015 rispetto al periodo 2006-2015) (Fig. 2).

(Fig. 2. Richiesta di informazioni su come vengono trattati gli animali. Fonte: Eurobarometro, 2015)

Inoltre vediamo come il 47% degli intervistati ricerchi l’indicazione di benessere in etichetta (Fig. 3) (il 21% attivamente ed il 26% occasionalmente), mentre il 53% si divide tra chi lo ricerca molto raramente (14%), chi non lo ricerca mai (23%) e chi non sapeva dell’esistenza del claim sul benessere in etichetta (14%). Il restante 2% non sa.

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(Fig. 3. Il benessere animale in etichetta. Fonte: Eurobarometro, 2015)

In tale panorama in cui, dunque, il rispetto e la protezione degli animali da reddito hanno assunto un interesse sempre maggiore da parte dell’opinione pubblica, questa non può essere ignorata dagli attori coinvolti nelle diverse filiere produttive (Butterworth e Kjaernes, 2007; Veissier et al., 2008; Angelucci et al., 2014). Ecco perché negli ultimi anni abbiamo assistito ad una vera e propria proliferazione di standard privati e schemi di certificazione in un vasto range di ambiti, compresi la salute ed il benessere animale (More et al., 2017). Gli standard privati sono definiti come degli standard sviluppati da un organismo diverso dal governo (ISO, 2010), e sono generalmente volontari piuttosto che obbligatori (WTO, 2014); ciò significa che prevedono requisiti minimi obbligatori previsti per legge (prerequisiti) e requisiti aggiuntivi, più restrittivi rispetto a quelli di legge o non previsti dalla stessa.

Essi pongono grande enfasi su questioni rilevanti a livello sociale, come quelle relative alla qualità e sicurezza del prodotto, all'ambiente e anche al benessere degli animali e sono generalmente associate a particolari tipi di etichettatura e claim finalizzati alla comunicazione al consumatore (Main et al., 2014; More, 2017).

La diversa percezione riguardo al tema del benessere animale registrata per i diversi cittadini europei (Eurobarometro, 2005; Eurobarometro, 2015), ha comportato anche lo sviluppo di un grande varietà di standard da parte dei big player e delle catene di distribuzione

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7

internazionali (Es: The Freedom food Scheme–UK; Beter Leven-NL; Welfur-DK; Certified Human–USA, ecc.) che hanno causato però una grande confusione per i consumatori.

Da parte loro Unione Europea, OIE, EFSA, il progetto Welfare Quality ecc. hanno cercato di uniformare il panorama. L’OIE, producendo il Terrestrial Animal Health, ha provveduto a redigere degli standard internazionali circa il benessere animale, il trasporto degli animali, la macellazione, la macellazione d’urgenza e/o l’eutanasia ecc.; l’Unione Europea, invece, inserendo la protezione e il benessere animale all’interno della strategia comunitaria 2012-2015, ha proposto uno schema legislativo semplificato per il benessere animale, con il fine di garantire trasparenza e adeguatezza di informazioni ai consumatori sul benessere degli animali per la loro scelta di acquisto (EC, 2012).

A tutti gli effetti, però, ad oggi non è ancora presente sul mercato europeo uno standard volontario certificabile e condiviso in materia di benessere animale. Esiste soltanto la Norma ISO/TS 34700: Animal welfare management and General Requirements and Guidance for

Organizations in the Food Supply Chain, che però rappresenta più una base da cui partite per

implementare standard pubblici o privati (Fig.4). Ecco spiegata, dunque, la causa di questa frammentazione e la difficolt{, se non l’impossibilit{, per la grande distribuzione organizzata (GDO), di commerciare prodotti ottenuti nel rispetto del benessere animale, laddove i diversi paesi usano diversi schemi di certificazione privata variabili l’uno rispetto all’altro e con diversi livelli di specializzazione.

Il panorama risulta essere frammentato anche a livello italiano, dove un gran numero di standard privati sono nati, in seno ai diversi enti di certificazione, associazioni allevatori, consorzi e così via (Progetto RIBECA-Asprocarni Piemonte e UNICARVE; Standard Araer-Associazione allevatori dell'Emilia Romagna; IBA (Indice di benessere dell’allevamento)-CRPA; Indice di Benessere Animale-AIA).

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(Fig. 4. La Norma ISO/TS 34700 come base per l’implementazione di standard pubblici e privati. Fonte: Nostra elaborazione)

Per ovviare al rischio che ogni azienda/organizzazione definisse proprie regole/procedure/definizioni con il risultato di moltiplicare gli standard e complicare la comunicazione sul benessere animale al consumatore, per la prima volta, il Centro di Referenza Nazionale per il Benessere Animale di Brescia, afferente all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia-Romagna (autorità scientifica pubblica e consulente del Ministero della Salute con la funzione di sostegno scientifico sui temi del benessere animale) ha cercato di mettere a punto un sistema di valutazione del benessere e della bio-sicurezza per l’allevamento dei bovini, basato sulle più recenti acquisizioni in materia di valutazione del rischio prodotte dall’EFSA, sul progetto di ricerca Welfare Quality, sulla bozza normativa per il benessere bovino in sede a Strasburgo e sulla normativa vigente in materia (D. L.vo 146/2001 e 126/2011). Da questo tentativo è scaturito lo standard CReNBA, il quale è stato riconosciuto anche dal MIPAAFT che ha previsto e autorizzato l’informazione “Garanzia di benessere animale in allevamento valutato secondo lo standard del Centro di Referenza Nazionale” a diverse Organizzazioni in base al Reg. CE 1760, al Decreto MIPAAF 16 Gennaio 2015 e alla Circolare 7770 del 13/04/2015.

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9

pubblica riconosciuta, specializzata e competente sull’argomento, con l’obiettivo di armonizzare una comunicazione al consumatore che risponda ad una reale e concreta esigenza di mercato.

Tenendo in considerazione dunque l’importanza crescente del benessere animale e il peso sempre maggiore che questo riveste anche nelle scelte d’acquisto dei consumatori, oltreché della centralità della figura dell’allevatore, in questo lavoro di tesi ci siamo posti l’obiettivo di andare ad analizzare lo standard CReNBA, con il fine di comprendere quanto questo standard sia implementabile dagli allevatori, quali siano le sue criticità applicative e quali siano i suoi punti di forza e di debolezza così da evidenziare eventuali proposte di miglioramento.

2. BENESSERE ANIMALE

2.1 Il concetto di Benessere Animale

La multidimensionalità del concetto generale di benessere rende difficile, se non addirittura inappropriata, un’unica definizione dello stesso. Ecco perché lo studio del benessere presenta un approccio pluridisciplinare, ed è appannaggio della fisiologia, della genetica, della nutrizione, della sociologia ecc… Ѐ chiaro dunque che, in virtù di questa pluridisciplinarit{, ci risulti oggettivamente difficoltoso andare a fornire una definizione univoca del concetto, pur restringendo il campo al solo benessere dell’animale in allevamento (Brake et al., 1999). In particolare si evidenzia la presenza di due scuole di pensiero. La prima ritiene che il benessere dipenda dalle sensazioni e dalle esperienze che l’animale coscientemente prova, considerando solo le situazioni di cui l’animale è conscio come capaci di contribuire positivamente o negativamente al suo benessere (Dawkins, 1990; Duncan e Petherick, 1991). Questa concezione è, ovviamente, poco applicabile dal punto di vista pratico, dato che non ci sono metodi scientifici con cui misurare le sensazioni degli animali.

La seconda definisce il benessere come lo stato dell’animale relativo ai suoi sforzi per far fronte alle condizioni ambientali cui va incontro (Broom, 1986). In questo caso il benessere dell’animale viene strettamente messo in correlazione all’ambiente in cui vive.

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Tra le definizioni di benessere più citate, ed appartenenti alla medesima scuola di pensiero, abbiamo quella di Lorz (1973), che sostiene che un soggetto si trovi in uno stato di benessere quando è in armonia con l’ambiente e con se stesso, dal punto di vista fisico e mentale; in generale, dunque, il benessere ha a che fare con la qualità di vita di un animale, così come essa viene vissuta da un singolo esemplare (Brake et al., 1999).

In condizioni di allevamento, l’ambiente in cui l’animale viene a trovarsi è legato all’azione umana; da qui l’importanza di una definizione che la vede coinvolta e che va a identificare il concetto di benessere animale come: il soddisfacimento dei bisogni fisici, ambientali, nutritivi, comportamentali e sociali dell’animale o di gruppi di animali sotto la cura, la supervisione o l’influenza delle persone (Appleby, 1996).

Per affrontare il problema del benessere in allevamento bisogna passare da un concetto di benessere animale a quello di benessere zootecnico che in accordo con Zoccarato e Bettaglini (1999) potrebbe essere definito come “la condizione nella quale l’animale da reddito può esplicare la massima capacità produttiva, quantitativa e qualitativa, senza andare incontro a manifestazioni patologiche e a turbe comportamentali in grado di alterare il suo equilibrio fisiologico”.

Più o meno negli stessi anni (1997), David Fraser ha introdotto un concetto secondo il quale per parlare di benessere animale è necessario considerare tre aspetti:

- Fisico - Mentale

- Rispetto della naturalezza

Dal punto di vista fisico si ha il rispetto del benessere animale, quando, come sostenuto da Broom (1986), l’animale è in grado di far fronte ai cambiamenti del suo ambiente; non è invece rispettato il benessere quando, come invece sostiene McGlone (1993), il sistema fisiologico dell’animale è disturbato al punto tale da compromettere sia la riproduzione che la sopravvivenza stessa. In termini più semplicistici, questo primo aspetto è molto familiare ai veterinari; infatti con fattori fisici intendiamo infezioni, tumori, manifestazioni patologiche varie, che possono portare problemi fisici senza che l’animale abbia problemi mentali.

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Generalmente è questo l’aspetto a cui ci riferiamo quando parliamo di benessere fisico, quello che il proprietario dell’animale nota quando chiede un intervento medico veterinario per risolverlo.

Per quanto riguarda l’aspetto mentale, che si sovrappone inevitabilmente a quello fisico, Duncan (1993) dichiara che né la salute, né la mancanza di stress, né lo studio della fitness sono necessari e/o sufficienti per concludere che un animale sia in stato di benessere o meno. Il benessere dipende da ciò che prova l’animale; può succedere, infatti, che un animale presenti una condizione di malessere, senza per questo avere manifestazioni evidenti. In generale, tuttavia la maggior parte delle malattie e delle lesioni cliniche provocano sia danni fisici all’organismo che un certo grado di dolore e disagio mentale. Da ciò deduciamo che essere preoccupati per il benessere degli animali è come preoccuparsi dei sentimenti soggettivi degli animali, in particolare degli spiacevoli sentimenti soggettivi di sofferenza e dolore (Dawkins, 1988). Attualmente vari soggetti (ricercatori, veterinari, proprietari ecc.) sono concordi nell’affermare che l'assenza di sentimenti negativi non significhi necessariamente che il benessere di un animale sia buono, dal momento che per avere un buon livello di benessere è importante avere sentimenti positivi come felicità, sicurezza, soddisfazione, ecc. (Yeates & Main, 2008; Mellor et al., 2009). In ogni caso, pensare di impedire ad un animale di avere sentimenti negativi è irrealistico ed innaturale, dal momento che anche i sentimenti negativi hanno un valore adattativo, perché motivano l'animale ad evitare o sfuggire a situazioni dannose.

Il terzo aspetto, ovvero il rispetto della naturalezza, si sovrappone a sua volta agli altri due, in particolare al benessere mentale, dal momento che riguarda i comportamenti tipici delle diverse specie animali ed i loro ambienti. È più appannaggio dell’etologia, che non della veterinaria tradizionale, e tratta, di fatto, l’analisi dell’ambiente in cui viene allevato un animale e l’adeguatezza dello stesso, poiché, in mancanza di esso l’animale può sviluppare stereotipie e comportamenti anormali e può soffrire di frustrazione e altre emozioni negative. Inoltre, le restrizioni sul comportamento e sull'ambiente possono portare a effetti fisici, a volte gravi, come recensito anche da Widowski (2010), il quale sostiene che la necessità di

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mostrare un comportamento abbia origine nel cervello; di conseguenza, se gli animali non vivono in un ambiente che consente questi comportamenti, è probabile che provino emozioni negative e quindi soffrano. Ciò ha dato origine all'idea che gli animali abbiano esigenze comportamentali e che vivere in un ambiente che consente loro di esprimere i comportamenti naturali possa essere una fonte di emozioni positive (Widowski, 2010). L’Organizzazione Mondiale della Sanità Animale - OIE, tenendo in considerazione questi tre aspetti ed integrandoli, ha definito nel suo libro Terrestrial Animal Healt Code, che un animale è in condizione di benessere quando esso “è sano, a suo agio, ben nutrito, sicuro, capace di esprimere un comportamento innato e se non soffre di stati spiacevoli come il dolore , paura e angoscia. Un buon livello di benessere degli animali richiede la prevenzione delle malattie, quindi adeguati trattamenti veterinari, la presenza di rifugi adeguati; una corretta gestione della nutrizione e conduzione da parte dell’uomo, oltre ad una corretta gestione dell’animale al macello”.

Il benessere dell’animale si riferisce allo stato dell’animale stesso, mentre i trattamenti che un animale riceve sono affiliati ad altri termini (zootecnia, cura degli animali ecc.) e si riferiscono esclusivamente ai trattamenti ricevuti dall’uomo (OIE, 2010); questi termini non sono però scindibili laddove, come nel caso del CReNBA, lo standard redatto dal Centro di Referenza italiano per il Benessere Animale che analizzeremo nei prossimi paragrafi, ci riferiamo ad animali in condizione di allevamento.

In questo caso il termine benessere animale prende più la forma di concetto che descrive la qualità della vita di un animale in maniera misurabile, assumendo quindi valenza scientifica (Broom, 2011).

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2.1 Breve excursus storico sul concetto, evoluzione ed aggiornamento delle normative

Anche se può sembrare una problematica di recente comparsa, l’approccio al benessere degli animali in allevamento ha radici lontane e, nonostante il primo articolo nel quale compare il termine benessere animale sia stato pubblicato nel 1983, il suo studio è iniziato almeno un ventennio prima. Infatti nel 1964 fu pubblicato il libro “Animal Machines” di Ruth Harrison, che raccontava come, chi lavorava nel settore delle produzioni animali, tendesse a trattare gli animali come macchine inanimate piuttosto che come esseri animati e senzienti e sottolineava la mancanza di naturalezza nel sistema stesso (es: mancanza di aria fresca, luce solare, e spazio) (Broom, 2011; von Keyserlingk e Weary, 2017).

La reazione negativa che suscitò questa pubblicazione nel pubblico britannico motivò il governo del Regno Unito a commissionare un rapporto intitolato "Report of the Technical

Committee to Enquire into the Welfare of Animals Kept Under Intensive Livestock Husbandry”;

fu così che fu istituito il Brambell Commitee, una commissione presieduta dal Professor F. Roger Brambell, con il compito di redigere una relazione in merito alla questione.

Negli stessi anni il Dott. Thorpe, conducendo studi sul comportamento animale, sottolineò come lo studio dei comportamenti e della biologia degli animali fosse fondamentale. Questo è tanto più vero laddove sappiamo che alcuni particolari comportamenti animali hanno base biologica e che, quindi, il soggetto ha la necessit{ di mostrarli, poiché un’eventuale impossibilità di espletare questi bisogni provocherebbe frustrazione e malessere (Thorpe, 1965). Unendo i punti di vista di Brambell e di Thorpe si giunse alla conclusione che gli animali dovrebbero disporre di 5 libertà:

1.

Libertà di alzarsi (“stand up”).

2.

Libertà di sdraiarsi (“lie down”).

3.

Libertà di girarsi (“turn around”).

4.

Libertà di prendersi cura del proprio corpo (“groom themselves”).

5.

Libertà di stiracchiare le gambe (“stretch their limbs”)

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“Farm Animal Welfare Council” (FAWC) da parte del governo inglese nel luglio del 1979, che la

formulazione delle cinque libertà fu rivista ed in seguito aggiornata, come di seguito riportato.

1.

Libertà dalla Fame e dalla Sete – fornendo pronto accesso ad acqua fresca e ad una dieta che garantisca piena salute e vigore.

2.

Libertà dal Disagio – fornendo un ambiente di vita appropriato, inclusi ripari e aree di riposo confortevoli.

3.

Libertà da Dolore, Ferite o Malattie – attraverso la prevenzione o la rapida diagnosi e trattamento.

4.

Libertà di Esprimere un Comportamento Normale – fornendo sufficiente spazio, strutture adeguate e la compagnia di altri animali della stessa specie.

5.

Libertà dalla Paura e dal Distress – assicurando condizioni e trattamenti che evitano la sofferenza mentale.

Negli anni 60 dunque l’attenzione delle persone era sulla protezione degli animali, più che sul loro benessere; tra gli anni 70 ed 80 iniziò invece a diffondersi l’utilizzo del termine benessere animale, senza tuttavia avere una definizione specifica e senza essere considerato un termine scientifico da molti studiosi del settore, che lo accettarono come tale solo nel 1986 quando Broom presentò ufficialmente la definizione di benessere in cui sosteneva che esso fosse la capacità di un animale di far fronte ai cambiamenti del suo ambiente.

Dobbiamo in ogni caso ringraziare i suddetti scienziati se attualmente la tematica del benessere animale sta riscontrando largo consenso e se l’apparato normativo europeo relativo al benessere, si è ampliato sempre più fra Convenzioni, Direttive e Regolamenti, spostandosi da una mera prospettiva etica a quelle più ampie di sicurezza alimentare e salvaguardia ambientale.

Risale al 1974 la prima Direttiva CE sulla “Protezione in macellazione”, n.577/74, recepita in Italia con la Legge 439/1978, anno in cui molte associazioni europee ed internazionali presentavano a Bruxelles (26 gennaio) ed a Parigi (15 ottobre) la Dichiarazione dei Diritti

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degli Animali.

Nel 1997 il Trattato di Amsterdam, con il Protocollo sulla Protezione e Benessere degli animali fissa i principali ambiti d’azione istituzionali rispetto al benessere animale e rappresenta un momento chiave in quanto riconosce gli animali come essere senzienti, concetto ribadito nel Trattato di Lisbona entrato in vigore il 1° dicembre 2009.

È dunque questo il momento nel quale, con l’introduzione del termine “protezione” si definisce il passaggio ad una concezione di tipo etico che va oltre le esigenze di redditività dei comparti zootecnici, ponendosi anzi come un vincolo all’intensificazione produttiva (Macrì, 2009).

Dagli anni 2000 in poi è la Politica Agricola Comunitaria a fare da padrone; tanto è vero che con l’approvazione nel 2003 della riforma della PAC si è assistito a modifiche importanti per quanto riguarda la regolamentazione e le modalità di sostegno al comparto agroalimentare (Reg. CE 1782/2003 ). Il Reg. CE 73/2009 “Norme comuni relative al sostegno agli agricoltori nell’ambito della PAC”, prevede (art.4 e 6 ed allegati II e III) il concetto di “Condizionalit{”, ovvero vincola il pagamento dei premi “disaccoppiati” agli agricoltori non più alla quantità, ma ad una qualit{ “ambientale”.

Una qualità differenziata da un livello obbligatorio distinto in due grosse branche: i Criteri di Gestione Obbligatori (CGO) legati prevalentemente alla sanità pubblica, salute degli animali e delle piante, ambiente e benessere animale; le Buone Condizioni Agronomiche e Ambientali (BCAA) mirate alla gestione dei terreni agricoli. Il benessere animale è uno dei Criteri di Gestione Obbligatori, nel quale sono definite soglie minime di partenza, ma allo stesso tempo è parte di una politica volontaria di miglioramento esplicitata in parte nei programmi di sviluppo rurale (misura 215-specifica per benessere animale) ed in parte nelle politiche di indirizzo dell’Unione Europea relative alla sicurezza alimentare ed al benessere animale. Il benessere animale, quindi, da una parte è inserito all’interno di criteri obbligatori attraverso i quali si cerca di definire uno standard minimo uguale per tutti i sistemi produttivi europei, dall’altra è parte di politiche volontarie volte al miglioramento e superamento degli standard minimi. Tali politiche sono legate a strumenti di incentivo

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pubblico e di etichettatura, che ha come obiettivo quello di permettere una differenziazione di tali prodotti nei mercati (www.reterurale.it).

3. LA SITUAZIONE ITALIANA: il CReNBA

3.1 Il centro di referenza nazionale per il benessere animale: compiti e funzioni I Centri di Referenza Nazionale (CdRN), localizzati presso gli Istituti Zooprofilattici Sperimentali (IZS), rappresentano uno strumento operativo di elevata e provata competenza, nei settori della sanit{ animale, dell’igiene degli alimenti e dell’igiene zootecnica. Le loro funzioni, in base all’art.2 del D. M. 4 ottobre 1999, sono finalizzate, tra l’altro, a:

 confermare, ove previsto, la diagnosi effettuata da altri laboratori;  attuare la standardizzazione delle metodiche di analisi;

 avviare idonei “ring test” tra gli IZS;

 utilizzare e diffondere i metodi ufficiali di analisi;  predisporre piani d’intervento;

 collaborare con altri centri di referenza comunitari o di paesi terzi;  fornire al Ministero della Salute assistenza e informazioni specialistiche.

I CdRN sono veri e propri centri di eccellenza per l’intero sistema sanitario nazionale e per le Organizzazioni Internazionali con le quali collaborano. Essi partecipano anche a programmi di cooperazione allo sviluppo con quei paesi che desiderano incrementare le conoscenze scientifiche e migliorare la gestione manageriale e tecnico-scientifica delle proprie strutture veterinarie. A questo fine, sono spesso realizzate e finanziate visite di studio di tecnici provenienti da ogni parte del mondo.

Questi centri rappresentano, inoltre, punti di riferimento di organizzazioni internazionali, come l’Organizzazione Mondiale della Sanit{ (OMS), Organizzazione Mondiale della Sanità Animale (OIE), Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO), che richiedono la messa a disposizione di tecnologie, servizi, prodotti diagnostici e

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profilattici, oltre che la promozione della formazione per sostenere la crescita dei paesi membri (www.salutegov.it, 2018).

All’interno di un gruppo di 18 centri di referenza dislocati sul territorio nazionale (Tab. 1) trova spazio anche il Centro di Referenza Nazionale per il Benessere Animale, con sede presso l’ Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna "B. Ubertini”.

ISTITUTO

SEDE QUALIFICA

Piemonte, Liguria, Valle d'Aosta

Centrale: Torino

Sezione regionale: Genova Sede periferica: Aosta

Torino

studio e le ricerche sulle encefalopatie degli animali e neuropatologie comparate sorveglianza e il controllo degli

alimenti per animali Genova

oncologia veterinaria e comparata Aosta

malattie degli animali selvatici

Lombardia, Emilia Romagna

Centrale: Brescia Sezione provinciale

Pavia Piacenza

Brescia

 studio e diagnosi dell’afta

epizootica e malattie vescicolari   Centro di referenza nazionale per i

metodi alternativi, benessere e cura degli animali da Laboratorio   tubercolosi da Mycobacterium bovis 

 leptospirosi 

 malattie virali dei lagomorfi   qualità del latte bovino 

 malattia di Aujeszky-Pseudorabbia   benessere animale

formazione in Sanità pubblica veterinari  Pavia tularemia clamidiosi Piacenza paratubercolosi Venezie Centrale di Legnaro (PD) Sezione provinciale: Basaldella di Campoformio

Sezione Territoriale: Verona Vicenza

Legnaro (PD)

influenza aviare e la malattia di Newcastle

salmonellosi rabbia  apicoltura

ricerca scientifica sulle malattie infettive nell’interfaccia uomo-animale

Basaldella di Campoformio

studio e la diagnosi delle malattie dei pesci, molluschi e crostacei (Centro di referenza per l’ittiopatologia) Verona - Vicenza

interventi assistiti dagli animali-Pet therapy

Marche, Molise Centrale: Perugia

Sezione provinciale: Ancona

Perugia

leucosi bovina enzootica studio e la diagnosi delle pesti suine

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controllo microbiologico e chimico dei molluschi bivalvi vivi

Lazio, Toscana

Centrale: Roma Sezione provinciale: Pisa Sezione territoriale: Grosseto

Roma

anemia infettiva equina malattie degli equini OGM

Antibiotico-resistenza

qualità del latte e prodotti derivati degli ovi-caprini

Grosseto

medicina forense veterinaria

Abruzzo e Molise Centrale: Teramo

Teramo

malattie esotiche

epidemiologia, programmazione informazione e analisi del Rischio brucellosi

Sicilia Centrale: Palermo

Palermo

Anaplasma, Babesia, Rickettsia e Theileria

Leishmaniosi Toxoplasmosi anisakiasi

Puglia e Basilicata Centrale: Foggia

Foggia Antrace

ricerca della radioattività nel settore zootecnico - veterinario

Sardegna Centrale: Sassari

Sassari

Zootecnia biologica Echinococcosi – idatidosi

Mastopatie degli ovini e dei caprini

Mezzogiorno Sezione provinciale: Salerno

Salerno

igiene e tecnologia dell’ allevamento e delle produzioni bufaline

(Tabella 1. Fonte: http://www.salute.gov.it)

L’istituzione di quest’ultimo è stata attuata con il D.M. 13-02-2003 “Istituzione di nuovi centri di referenza nazionali nel settore veterinario”, G.U. 7 aprile 2003, n. 81 (www.salutegov.it, 2018). Esso svolge attività di ricerca scientifica di base ed applicata, divulgazione di informazioni e formazione degli operatori relativamente alla protezione degli animali.

Il Centro di Referenza Nazionale per il Benessere Animale è particolarmente attento al benessere degli animali di interesse zootecnico, per cui diversi specialisti si occupano singolarmente o in team delle diverse specie di interesse zootecnico, oltre che degli animali da compagnia, degli animali selvatici a vita libera o detenuti in cattività. Il fine principale dei suoi studiosi è quello di promuovere lo sviluppo di parametri oggettivi, che consentano di valutare in modo accurato e omogeneo lo stato di benessere degli animali in tutte le fasi della loro vita.

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Il campo di indagine interessa quindi la fase di allevamento, oltre che il trasporto e la macellazione, eventi più circoscritti da un punto di vista temporale, ma senza dubbio molto stressanti per l'animale.

Molto importante per il centro risulta anche l’attivit{ di istruzione, con cui il centro forma Medici Veterinari e tutti gli operatori del settore zootecnico coinvolti nelle varie fasi, dall’allevamento, dal trasporto, alla macellazione.

Esso svolge, inoltre, attività di supporto tecnico-scientifico per il Ministero della Salute e per l’Autorit{ Competente, con la quale collabora. Il Ministero della Salute, annualmente, sulla base dei risultati dei controlli dell’anno precedente, in collaborazione con un apposito gruppo di lavoro e con il Centro di Referenza Nazionale per il Benessere Animale, effettua infatti, nell’ ambito dei controlli ufficiali previsti dal Piano Nazionale Benessere Animale (PNBA), una valutazione e una categorizzazione dei rischi, riprogrammando l’attivit{ di controllo e fornendo, se necessario, ulteriori strumenti operativi quali check-list e linee guida (www.salute.gov.it, 2018).

Le attività di ricerca e formazione dello staff del centro di referenza si sono concretizzate nella formulazione di tre manuali comprendenti le procedure per la valutazione del benessere e della bio-sicurezza nell’allevamento della bovina da latte, del bovino da carne e del vitello a carne bianca.

Il caposaldo dei tre regolamenti è stato quello riguardante il benessere e la bio-sicurezza nell’allevamento della bovina da latte, presentato ufficialmente a Roma il 21 Gennaio 2014. Il tutto è risultato essere necessario per colmare una lacuna editoriale a favore di una materia, il benessere animale, in continua evoluzione e di conseguenza per favorire tutti coloro che ne trattano per funzione e per studio, ponendo così un punto fermo nella speculazione interpretativa della nozione scientifica e della sua applicazione nel mondo produttivo (www.izsler.it, 2018), dal momento che il benessere animale e la bio-sicurezza negli allevamenti da reddito è un argomento che sta diventando sempre più pressante e stringente, a causa del vistoso interesse che suscita nell’opinione pubblica e per la grande attenzione che i media gli riservano. In particolare, a seguito delle grandi emergenze sanitarie

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degli ultimi anni (es. pollo alla diossina, BSE, influenza aviaria), l’attenzione dei consumatori si è focalizzata dapprima sulla qualità e salubrità dei prodotti di origine animale, e in seguito sulla sostenibilità ed eticità delle produzioni, soprattutto se di tipo intensivo (Bertocchi e Fusi, 2014, pp. 8).

Laddove la richiesta arriva direttamente dal consumatore, non si può far altro, dunque, che cercare il modo migliore per andargli incontro, considerando le sue esigenze, paure e percezioni e cercando un metodo opportuno di comunicazione del nostro impegno, in modo tale da farlo arrivare direttamente al punto vendita e ritrovarlo sul banco frigo del macellaio o sulla vaschetta che troviamo nei supermercati. È con lo stesso obiettivo che hanno poi preso vita altri due standard, quello sul vitello a carne bianca e quello sul bovino da carne, oggetto del presente lavoro di tesi.

3.2 Procedure per la valutazione del benessere e della bio-sicurezza nell’allevamento del bovino da carne: lo standard

Lo schema di valutazione del benessere e della bio-sicurezza nell’allevamento del bovino da carne che sta alla base del sistema CReNBA si rivolge alla popolazione di bovini da ristallo presenti sul territorio nazionale, cioè a quella popolazione di vitelli generalmente provenienti da una linea vacca-vitello effettuata al pascolo in altre nazioni, quali Francia, Irlanda, Austria, Polonia ecc., che arrivano in Italia per le fasi di accrescimento, ingrasso e macellazione. È stato elaborato a partire dalle acquisizioni esistenti sul benessere animale e sulla valutazione del rischio presenti al momento della sua stesura.

Come sostenuto dagli autori si pone, infatti, due obiettivi: quello di andare oltre i requisiti minimi previsti dal Decreto Legislativo n. 146 del 26 Marzo 2001 e dal Decreto Legislativo n. 126 del 7 Luglio 2011, ritenuti troppo generici e generali in primis dal consumatore stesso, facendo capo ai modelli TGI 35L e TGI 200 di Bartussek e tenendo conto delle indicazioni contenute in:

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- Bozza normativa in discussione a Strasburgo riguardante il benessere del bovino adulto (2009);

- Opinione della Commissione Europea attraverso la sua Scientific Commitee on Animal Health and Animal Welfare (SCAHAW);

- Opinione dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) sul benessere del bovino allevato per la produzione di carne;

- Progetto di ricerca European Welfare Quality;

- Varie pubblicazioni risalenti ai 10 anni precedenti la pubblicazione dello standard, tra cui il Terrestrial Animal Health Code dell’OIE,

e quello di selezionare, sempre rifacendosi a questa bibliografia, una serie di condizioni utili a misurare il livello di benessere degli animali presenti in un allevamento, registrandole e valutandole con un metodo il più possibile obiettivo e scientifico (poiché è possibile confondere la reale condizione di vita degli animali con le proprie aspettative e/o con le specifiche conoscenze che ognuno ha nel campo).

“La valutazione del benessere animale è un difficile esercizio di astrazione dal consueto e quotidiano approccio sanitario, zootecnico o affettivo che ogni persona può mettere in atto quando a vario titolo si relaziona con gli animali da reddito” (Smulders e Algers, 2009; Grandin, 2010; CESE, 2011); è tuttavia fondamentale staccarsi dal concetto antropico di benessere per riuscire a valutarlo in maniera opportuna.

Nella scelta degli aspetti da sottoporre a valutazione gli autori hanno puntato su quelli a cui era stata data una maggiore rilevanza anche dai documenti che sono stati precedentemente citati, privilegiando rilevazioni oggettive e facilmente misurabili nella quasi totalità degli allevamenti di bovini da carne presenti sul territorio italiano. L’obiettivo principale è stato, infatti, quello di poter confrontare i diversi allevamenti sulla base delle stesse valutazioni, garantendo la maggiore oggettivit{ della valutazione fornita; “i dati, infatti, devono essere pubblici e paragonabili” (Bertocchi, 2019).

“Non è possibile giudicare il benessere di un animale in allevamento basandosi soltanto sulle strutture e sul management, ovvero sulle “non-animal based measures- N-ABMs, ma è

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fondamentale anche l’analisi delle reazioni degli animali in queste condizioni di vita, ovvero l’osservazione delle “animal based measures- ABMs, le quali devono essere eseguite secondo schemi di osservazione precisi e definiti in maniera preventiva, onde evitare giudizi di tipo soggettivo” (Bertocchi et al., 2017, pp.7).

Lo standard prevede dunque la valutazione dell’analisi di due gruppi distinti di dati:

1. Non-animal based (resource- e management-based) ossia quelli derivati dalle condizioni ambientali, correlati, come suggerisce il nome stesso, al management, alle strutture, alle attrezzature e alle condizioni microclimatiche, nonché alla gestione dell’allevamento. Sono fondamentali per andare a valutare i pericoli (stimoli negativi) e i benefici (stimoli positivi) che possono derivare quotidianamente dall’ambiente di vita di un animale (EFSA, 2012).

2. Animal-based, necessari per valutare il grado di adattamento all’ambiente dell’animale, la sua risposta psicofisica. Sono indicatori che valutano lo stress negativo inflitto all’animale (di stress) che comporta la comparsa di: disturbi fisici e sanitari (aumento delle patologie e infettive, zoppie, dimagrimento, lesioni cutanee); turbe comportamentali (paura, aggressività, stereotipie); alterazione della normale routine quotidiana (ruminazione, riposo, deambulazione, alimentazione, ecc…) (Welfare Quality, 2009; EFSA, 2012).

All’interno dei protocolli di valutazione CReNBA, gli autori (Bertocchi et al., 2017) raggruppano gli indicatori non-animal based in due aree:

 AREA A  management aziendale e personale

 AREA B  strutture ed attrezzature

Gli indicatori animal based sono stati raccolti poi in un’ulteriore area:

AREA C  animal based measures

E a queste tre ne aggiungono altre due (per un totale, quindi, di 5 aree di pertinenza) considerate utili per l’analisi del livello di bio-sicurezza e di preparazione dell’allevamento a

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prevenire e gestire eventi improvvisi e/o grandi rischi, come ad es. un incendio, rappresentate da:

 BIO-SICUREZZA

 GRANDI RISCHI E SISTEMI D’ALLARME

Il CReNBA ha individuato per ogni indicatore (in tutto 56 item) due o tre risposte possibili, che sono rispettivamente: accettabile/inaccettabile o accettabile/inaccettabile/ottimale. Ogni risposta, a sua volta, corrisponde ad un livello:

- Livello 1: corrisponde all’inaccettabile. È la condizione in cui una parte degli animali vive una situazione negativa, di stress o di pericolo; si verifica quando vengono a mancare una o più delle 5 libertà.

- Livello 2: corrisponde all’accettabile. Si evidenzia quando gli animali possono esaudire tutti le 5 libertà e non vivono condizioni di stress negativo.

- Livello 3: corrisponde alla situazione migliore, ottimale, positiva e di beneficio. Si ha quando tutta la mandria riesce a soddisfare le 5 libertà; è perfettamente adattata al suo ambiente e gli animali possono vivere anche situazioni piacevoli.

Per gli indicatori non-animal based (area A e B, Bio-sicurezza e Grandi Rischi) non è stato possibile identificare sempre tre livelli; in alcuni item è venuta a mancare la condizione di beneficio, per cui sono stati proposti soltanto le risposte accettabile o inaccettabile. Per gli

animal-based (area C), invece, vengono sempre utilizzati tutti e tre i livelli.

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Qualora il valutatore fosse indeciso tra due scelte, dovrà considerare il fatto che i due estremi, “inaccettabile” e “ottimale”, rappresentano chiare e conclamate evidenze negative o positive.

3.2.1 Check-list e applicazione in campo

La raccolta dati si effettua mediante compilazione di una check-list composta da 56 quesiti, item o elementi di verifica, divisi nel seguente modo (Tab. 2):

AREE DI VALUTAZIONE TEMATICA OSSERVAZIONI

Area A Management aziendale e personale 13 item Area B Strutture ed attrezzature 16 item Area C Animal Based Measures 13 item Area Bio-sicurezza Bio-sicurezza 10 item Area Grandi rischi e Sistemi d’Allarme Grandi rischi e sistemi d’allarme 4 item

TOTALE ITEM VALUTAZIONE 56 ITEM

(Tab. 2. Suddivisione degli item per area tematica. Fonte: Manuale/Procedure per la valutazione del benessere e della bio-sicurezza nell’allevamento del bovino da carne. Bertocchi et al., 2017, pp.12).

La check-list può essere cartacea (in tal caso il valutatore dovrà entrare nella propria area riservata presente sul sito del CReNBA inserendo username e password, scaricarla e stamparla) oppure può essere presente su supporto tablet. In questo ultimo caso non sarà necessaria la stampa, ma inserendo username e password sul sito del CReNBA ed in seguito il codice stalla sarà possibile compilare la check-list relativa a quel determinato allevamento direttamente sul supporto mobile.

La check-list è ulteriormente divisa ed identificata per colore, in modo tale da rendere più agevole il lavoro del veterinario. I colori scelti sono 4, e identificano quattro aree di lavoro:

 Colore giallo: domande da porre all’allevatore e a chi si occupa dell’azienda (generalmente questa parte viene compilata in ufficio, prima ancora della verifica in stalla, dal momento che richiede la visione e verifica di una consistente parte documentale).

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 Colore azzurro: osservazioni che vanno mediate con le risposte dell’allevatore (si pongono all’allevatore mentre si svolge la verifica aziendale al fine di verificare la correttezza e veridicità delle risposte dello stesso).

 Colore bianco: osservazioni da fare sulle strutture (le N-ABMs) o sugli animali (ABMs). In questa fase il veterinario si allontana dall’allevatore e valuta autonomamente, in modo tale da evitare di essere influenzato.

 Colore rosso: osservazioni relative ai requisiti minimi previsti dal D.L. 126/2011 per i vitelli con meno di 6 mesi d’et{.

Al fine di garantire l’oggettivit{ della valutazione e tenendo conto dell’importanza della reperibilità puntuale delle valutazioni, del contenimento dei tempi di lavoro necessari allo svolgimento dell’audit (comprendenti visita aziendale + compilazione check-list + invio della stessa al CReNBA) e degli impegni dell’allevatore e del veterinario stesso, gli autori (Bertocchi

et al., 2017) hanno permesso la possibilità di utilizzare le procedure presenti nel manuale e di

accedere al programma di elaborazione dei dati soltanto ai veterinari che hanno frequentato e superato un corso specifico per Valutatori del benessere della bovina da latte. Si è perciò puntato molto sulla preparazione del soggetto incaricato a svolgere tale valutazione, sottolineando l’importanza della formazione teorica e pratica del veterinario.

Il veterinario qualificato è tenuto a svolgere la visita aziendale in quegli allevamenti che richiedono al CReNBA di essere qualificati, e di poter comunicare al consumatore di allevare i loro animali mediante l’adempimento di procedure volte al rispetto del benessere degli stessi, una volta all’anno.

Ogni dato richiesto dalla check-list si ottiene svolgendo le seguenti azioni:

 Porre domande al gestore dell’allevamento in merito alle attività gestionali principali (è importante che il valutatore interagisca con il titolare o con il manager dell’allevamento solo laddove questo risulti essere necessario per lo svolgimento delle attività previste dal protocollo, altrimenti rischia di essere influenzato nel giudizio);

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di spazi, volumi, ecc.);

 Osservare gli animali e rilevare gli atteggiamenti o le condizioni corporee indicatori di benessere, ABM (pulizia, lesioni cutanee, stereotipie, zoppie, ecc.).

È importante che la visita del veterinario ispettore avvenga lontano dalle principali attività di routine dell’allevamento, quindi almeno due ore dopo la somministrazione della razione e le normali attivit{ dell’allevamento. Infatti, qualsiasi operazione straordinaria potrebbe alterare l’attivit{ giornaliera e quindi disturbare la normale attivit{ dell’animale, falsando il risultato del certificato.

Dovranno inoltre eseguire le valutazioni delle ABMs soltanto sui capi presenti in allevamento da almeno 8 giorni, dal momento che prima di questo periodo potrebbero essere riscontrabili delle conseguenze di benessere non imputabili all’allevamento e alla sua conduzione, bensì allo stress da trasporto.

Qualora in allevamento, dove con allevamento indichiamo una struttura identificata da un determinato codice sanitario, siano presenti bovini da carne di età diverse, o, più probabilmente, bovini arrivati in allevamento in date diverse, alcune valutazioni dovranno essere eseguite su 3 sottopopolazioni:

1. Vitelli: bovini con meno di 6 mesi d’et{, come indicato dal D.L.vo 126/2011. 2. Bovini arrivati in allevamento da meno di 41 giorni, fino alla vendita.

3. Bovini arrivati in allevamento nel lasso di tempo compreso tra gli 8 ed i 40 giorni.

Se, una o due delle tre sottopopolazioni non fosse presente in allevamento al momento della visita del valutatore, allora esso dovrà compilare comunque i quesiti relativi agli animali, attribuendogli però un punteggio intermedio in quegli item a triplice risposta e un punteggio migliorativo in quelli a duplice risposta; tutto ciò al fine di poter concludere il questionario ed ottenere il giudizio finale di benessere e bio-sicurezza.

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Area A: MANAGEMENT AZIENDALE E PERSONALE

Fondamentale per il benessere animale. In questa area si vanno a valutare tutte quelle operazioni quotidiane che devono essere svolte dagli operatori addetti in maniera routinaria, poiché influenzano le condizioni di benessere degli animali molto più del semplice aspetto strutturale dell’allevamento.

Item 1. Numero di addetti che si occupano di animali

Per addetti si intende coloro che lavorano a tempo pieno o parziale in allevamento e si prendono cura degli animali, degli ambienti e delle operazioni di alimentazione; non si considerano addetti alla cura degli animali coloro che lavorano nei campi.

Poiché il D.L.vo 146/2001 al punto 1 specifica che “gli animali devono essere accuditi da un numero sufficiente di addetti aventi adeguate capacità, conoscenze e competenze professionali”, senza però specificarne il numero minimo per capi, allora gli autori (Bertocchi et al., 2017) hanno stabilito, sulla base delle proprie esperienze e di quelle degli esperti consultati, come migliorativo il rapporto di un operatore per meno di 400 capi, sufficiente il rapporto di un operatore per un numero di animali compreso tra 400 e 800 e peggiorativa la presenza di un solo operatore per più di 800 capi. Tutto ciò tenendo conto ovviamente anche delle differenze di strutture ed attrezzature che ci possono essere tra un allevamento ed un altro.

Item 2. Formazione degli addetti

La formazione degli addetti è molto importante, lo sostiene anche l’OIE, nel suo Terrestrial

Animal Health Code (2014, cap 7.9), “tutte le persone che si occupano dei bovini da carne

dovrebbero essere competenti circa le loro responsabilità e dovrebbero conoscere l’allevamento bovino, il comportamento degli animali, la bio-sicurezza, i segni generali di malattia e gli indicatori di scarso benessere, come lo stress, il dolore e il disagio, e modi in cui alleviarli. La competenza può, pertanto, essere acquisita attraverso corsi di formazione o attraverso una lunga esperienza pratica”.

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routine giornaliera, in modo tale da incrementare le condizioni generali di benessere animale, da cui dipendono, tra l’altro, le performance produttive degli stessi. Per questo motivo il personale deve essere ben informato, formato e motivato, al fine di prevenire e, in caso, gestire nel migliore dei modi e nei minori tempi possibili eventuali problemi.

In considerazione di quanto sostenuto dall’OIE, avvalorato dallo Scientific Commitee on

Animal Heath and Animal Welfare (SCAHAW), ed in linea con l’esperienza maturata dagli

autori (Bertocchi et al., 2017) nell’assegnazione del punteggio si è ritenuta: sufficiente una lunga esperienza (> 10 anni) nel settore anche in assenza di specifici corsi di formazione; migliorativa un’esperienza > 10 anni se gli addetti hanno anche titoli di studio inerenti o hanno frequentato corsi di formazione (almeno 1 ogni 3 anni almeno per 1 addetto); peggiorativa un’esperienza nell’attivit{ < 10 anni laddove manchino anche titoli di studio e/o corsi di formazione.

Item 3: Gestione dei gruppi

La gestione del gruppo di bovini all’ingrasso è fondamentale per il rispetto del benessere animale, essi dovranno essere il più possibile stabili ed omogenei, con particolare attenzione alla suddivisione degli animali in base al sesso, all’età, alla taglia e alla tipologia di soggetto (EFSA Journal, 2012). È necessario evitare di mescolare gruppi già esistenti con nuovi bovini durante il periodo di ingrasso, in modo tale da evitare l’insorgenza di comportamenti competitivi e quindi eventuali lesioni dovute agli stessi (SCAHAW, 2011; EFSA Journal, 2012). Inoltre, sarebbe necessario evitare di mescolare tori con corna e senza corna e considerare il fatto che la dimensione massima del gruppo dovrebbe essere di 40 animali (dal momento che sopra a questo limite pare che gli animali abbiamo più frequentemente comportamenti di lotta dovuti ad una maggiore difficoltà nel mantenimento della struttura sociale) (CE draft 8/09; SCAHAW, 2011; OIE, 2014).

Pertanto nell’attribuzione del punteggio si considerano migliorative situazioni con meno di 20 animali per gruppo, omogenie tra loro per età e tipologia di soggetto; sufficienti situazioni in cui abbiamo un numero di animali compreso tra 20 e 40 soggetti; e peggiorative situazioni in cui si abbiano più di 40 animali per gruppo, ci sia promiscuità di animali con e senza corna,

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siano presenti animali di taglie differenti o animali legati alla posta (situazioni che si ritrovano difficilmente e in genere in piccoli allevamenti di montagna. In questi casi il benessere è compromesso molto di più che non in un animale libero in gruppi numerosi o eterogenei per dimensione).

Item 4. Numero di ispezioni

Secondo quanto riportato dalla Commissione Europea, dall’OIE e dallo Scientific Commitee on

Animal Heath and Animal Welfare ogni animale dovrebbe essere ispezionato almeno una volta

al giorno, al di là delle attività di routine (distribuzione alimenti e gestione quotidiana). Per ispezione in questo caso si intende un giro della stalla con il solo scopo di verificare box per box le condizioni psicofisiche dell’animale, “ponendo la massima attenzione nell’individuare possibili pericoli per il benessere e qualsiasi anomalia comportamentale o fisiologica” (Betocchi et al., 2017, pp.24).

In questo caso è da considerarsi migliorativa la situazione in cui l’addetto, oltre ad osservare gli animali, scrive e registra, su supporto cartaceo o informatizzato, i comportamenti anomali, i segni clinici o le lesioni presenti; oppure verifica sistematicamente i dati forniti dai sistemi automatici di misurazione delle attivit{ dell’animale, registrati su supporto informatico.

Item 5. Tipologia di movimentazione

Durante la movimentazione non è consentito:

 L’utilizzo di percosse o calci.

 Applicare pressioni su parti del corpo sensibili con causa di dolore o sofferenze inutile.

 Sollevare o trascinare l’animale dalla testa, orecchie, coda, corna o gambe; o effettuare manipolazione che causa dolore o sofferenza inutile.

 Utilizzare pungoli o strumenti appuntiti (i pungoli elettrici dovrebbero essere utilizzati solo occasionalmente durante il carico e lo scarico degli animali, mentre i pungoli sono concessi solo su animali che hanno più di 12 mesi di età che si rifiutano di muoversi anche con gli spazi adeguati per farlo). Le scariche non devono comunque

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mai durare più di un secondo, essere distanziate nel tempo ed essere applicate solo ai quarti posteriori; non dovrebbero essere inoltre ripetute le scosse ad animali che non riescono a reagire.

 Ostacolare volontariamente il movimento di un animale che è stato spinto o condotto verso una determinata area.

Tutto ciò comporta l’attribuzione di valutazione inaccettabile, mentre di strumenti non offensivi, quali voce, mani o aste di plastica non contundenti, risultano essere accettabili.

Item 6. Gestione della razione

Secondo quanto riportato sul D. L. 146/2012, ai punti 14 e 15, “agli animali dev’essere fornita un’alimentazione adeguata alla loro et{ e specie ed in quantit{ sufficiente a mantenerli in buona salute ed a soddisfare le loro esigenze nutrizionali…..Tutti gli animali devono avere accesso ai mangimi ad intervalli adeguati alle loro necessit{ fisiologiche”. Ad essi dovrebbe, tuttavia, essere anche garantita una sufficiente quantità di fibra fisicamente efficace quotidianamente (15%), in modo tale da assicurare una corretta funzionalità ruminale e garantire l’esigenza del comportamento di foraggiamento. Laddove, come nel nostro caso, la dieta si basa su concentrati o su insilato di mais con poca fibra, importante è dare almeno un 10% di fibra lunga, in modo tale da evitare disordini dell’apparato digerente, più nello specifico meteorismo, acidosi ruinale sub-acuto e sue conseguenze (SCAHAW, 2012; EFSA

Journal, 2012; OIE, 2014). È per questi motivi che si è ritenuta ottimale la presenza in azienda

di un alimentarista che calcoli la razione in base al peso corporeo, all’et{ e allo sviluppo dell’animale, utilizzando alimenti di qualit{ ed origine conosciuta che siano conservati in maniera adeguata e in ambienti idonei, (trincee, silos, magazzini, fienili ecc..) per evitare contaminazione con sostanze tossiche o nocive, e che siano poi preparati e distribuiti da specifici addetti.

Si considera invece inadeguata una razione basata su calcoli empirici, dunque imprecisa e con indicazioni sommarie e/o datate; oltre ad una conservazione inadeguata degli alimenti.

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Item 7. Fasi alimentari

Nel caso di animali da ristallo, ossia animali immessi in allevamento dopo lo svezzamento, è importante prevedere almeno due fasi alimentari, in modo da garantire un adeguato e graduale passaggio dall’alimentazione utilizzata in precedenza ed il nuovo regime. Pertanto si considerano sufficiente almeno due fasi: una per l’arrivo dei soggetti e una per le successive fasi di accrescimento, ottimali più di due fasi alimentari; insufficiente risulta essere una sola fase alimentare.

Item 8. Tipologia di alimentazione

“L’alimento dovrebbe essere somministrato ad libitum per garantire al bovino di alimentarsi secondo le sue esigenze” (Bertocchi et al., 2017, pp.28). Si valuta quindi insufficiente la presenza di un’alimentazione non garantita nelle 24h e frazionata; al frazionamento si attribuisce un valore sufficiente se gli alimenti, sia quelli fibrosi che i concentrati, sono garantiti costantemente nel corso delle 24h e sono somministrati almeno in due occasioni. Si valuta in maniera ottimale l’utilizzo del carro unifeed.

Item 9. Concentrati nella razione (dose giornaliera)

Gli animali devono avere un apporto fibroso tale da garantire la fisiologica ruminazione ed evitare l’insorgenza di acidosi. Per questo motivo non si ritiene in linea con il benessere animale una percentuale di concentrati superiore al 70% della sostanza secca, ma anzi si consiglia una razione che contenga almeno 1 kg fieno di graminacee o di paglia, o una quota equivalente di alimenti insilati.

Per valutare adeguatamente il quesito è necessario chiedere all’allevatore la razione tal quale; esso è infatti tenuto ad avere un foglio scritto con annotati gli alimenti che somministra quotidianamente almeno al gruppo di bovini più numeroso, in caso ne abbia più di uno. Si procederà poi al calcolo della sostanza secca di ciascun alimento e si farà infine il calcolo della sostanza secca totale ingerita dai bovini. Sarà successivamente necessario rapportare la SS da concentrato a quest’ultima, secondo i valori percentuali riportati in Tab. 3.

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ALIMENTI S.S. %

Silomais 32

Fieni 87-90

Insilati d’erba in trincea 25 Insilati d’erba in rotoballe 45 Erba tal quale 20 Concentrati 87-90 Pastone di mais 60 Sottoprodotti umidi 23-25

(Tab. 3. Percentuale di sostanza secca convenzionalmente attribuita agli alimenti più diffusi per l’alimentazione dei bovini. Bertocchi et al., 2017, pp. 30).

Se la percentuale che otteniamo è al limite tra due giudizi si ritiene per convenzione migliorativa la presenza di concentrati derivanti da sottoprodotti di lavorazione, che contengano almeno il 6% di fibra grezza (pastazzo d’agrumi, crusca, polpe secche di barbabietola ecc..).

Item 10. Disponibilità di acqua

Dopo le due settimane di età ogni animale deve avere libero accesso ad una quantità adeguata di acqua in relazione alla fase fisiologica nella quale si trova, che deve essere anche di adeguata qualità, secondo quanto ritenuto dal D.L. vo 146/2011, il Terrestrial Animal Health

Code dell’OIE (2014) ed il CE draft 8/09. Questi testi in materia di benessere animale

prevedono inoltre che gli animali possano immergere con facilit{ la bocca nell’acqua abbassando la testa.

Il CReNBA non ritiene possibile stabilire però quali siano le quantità e la qualit{ dell’acqua da somministrare ad ogni bovino, in quanto le necessità variano in relazione al soggetto, alle caratteristiche climatiche e ai fabbisogni fisiologici. Pertanto fornisce ai valutatori le seguenti informazioni: non è conforme la somministrazione di acqua frazionata, né la presenza anche di un solo animale allevato senza acqua. La disponibilità di acqua rappresenta un requisito legislativo, previsto dal D.L. vo 146/2011, dunque in caso di valutazione peggiorativa, essa verrà riportata come non conformità legislativa nella stesura del certificato.

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caso di abbeveratoio a spinta e superiori, in caso di abbeveratoi a vasca con acqua sempre a livello.

Item 11. Pulizia degli abbeveratoi

Secondo la SCAHAW (2001) “la carenza di acqua e di cibo, così come una loro scadente qualità, possono essere causa di gravi stress per gli animali e provocare diversi disordini metabolici” (Conclusione 64). Sempre la SCAHAW, in accordo con quanto riportato anche sulla CE draft 8/09 (articolo 12, punto 2) suggerisce di controllare e pulire gli abbeveratoi almeno giornalmente, in modo da rimuovere sia la sporcizia che le eventuali ostruzioni al normale flusso idrico.

Il CReNBA impone il controllo di tutti gli abbeveratoi, in modo da attribuire giudizio migliorativo laddove l’acqua sia limpida all’interno di ogni abbeveratoio a vasca o a tazza e non contenga sporcizia (fango, cibo o feci) né in superficie, né sul fondo, né sulle pareti. Il giudizio intermedio verrà dato in caso di poco alimento presente sulla superficie o sul fondo, con conseguente presenza di acqua non limpida.

In caso di situazioni con tipologie di abbeveratoi miste sarà necessario considerare la condizione in cui vive la maggioranza dei soggetti.

Item 12. Igiene, Pulizia e Gestione degli ambienti di stabulazione e della lettiera

L’item 12 si pone l’obiettivo di valutare l’igiene osservabile, la pulizia, comprese le operazione di routine per mantenere la stessa, e la gestione dello spazio adibito al decubito degli animali. Non va considerato il tipo di materiale utilizzato per la realizzazione della lettiera, ma constatare piuttosto la pulizia e se viene effettuata una corretta gestione con rabbocco settimanale e sostituzione a fine ciclo.

Nel caso in cui il materiale da lettiera sia assente e gli animali si debbano coricare sul grigliato, anche se esso si mostra pulito, potremmo dare al massimo una valutazione intermedia, dal momento che la superficie sarà comunque bagnata.

Item 13. Bio-sicurezza

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della bio-sicurezza. È un item che viene completato automaticamente dal sistema web del CReNBA dopo aver analizzato i vari risultati ottenuti dai quesiti presenti nell’area BIO-SICUREZZA. Il CReNBA ha pensato che inserirla nell’area A “dal momento che con insufficiente o assenti procedure di bio-sicurezza gli animali risultano essere maggiormente a rischio di subire il disagio correlato a nuove infezioni o alla maggiore diffusione di quelle presenti” (Bertocchi et al., 2017, pp.40).

Area B: STRUTTURE ED ATTREZZARURE

Spesso anche strutture ed attrezzature zootecniche possono rappresentare un pericolo per benessere animale. Sar{ sempre necessario comunque considerare che, più che l’aspetto architettonico della stalla, occorre valutare l’adeguatezza della struttura e ricordare che in questa fase è fondamentale anche la capacità del bovino di adattarsi.

Sarà indispensabile per benessere degli animali, in ogni caso, la possibilità di socializzare e relazionarsi con i propri simili, oltre che la presenza di strutture per la quarantena e l’isolamento. Si valutano in questa fase anche le attrezzature necessarie al controllo e al mantenimento del microclima di stalla.

Item 14. Tipologia di stabulazione degli animali oltre i 16 mesi di età

Escluso i casi in cui sia il veterinario a richiederlo, per motivi specifici e per periodi di tempo limitati, gli animali non devono essere legati, ma devono essere liberi di muoversi e di manifestare i propri comportamenti specie-specifici. Sarà ritenuta negativa la presenza di un gruppo di animali tenuto costantemente legato, così come anche la mancanza di ripari naturali o artificiali in soggetti allevati costantemente all’aperto (raccomandazione sottolineata dalla SCAHAW (2014) e confermata da studi sul comportamento al pascolo di bovini di Legrand et al. (2009) e Brscic et al. (2015)).

Si attribuirà, invece, valutazione intermedia se tutti i soggetti sono in stabulazione libera per tutto l’anno o, valutazione migliorativa se tutti gli animali o la maggior parte di essi possono accedere ad un’area di esercizio all’aperto di 4-5 mq a capo o se è previsto un periodo di 60 gg al pascolo, in accordo con il D.L. vo 146/2011, la SCAHAW (2001) e l’EFSA (2012).

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Item 15. Superficie disponibile per il decubito

L’area di decubito del bovino dev’essere adeguatamente dimensionata al fine di garantire il massimo confort ed igiene, oltre alla possibilit{ di “consentire il decubito ed i normali movimenti di alzata e coricata, senza nessun impedimento a tutti i bovini contemporaneamente” (CE draft 8/09, Art.11, punto 1; Jensen Per, 2009). Sono da escludere dal calcolo della superficie disponibile la mangiatoia e la corsia di accesso al cibo (CE draft 8/09, Appendice B, Punto 7). Dunque secondo quanto previsto dalla SCAHAW (2001) e confermato nella Bozza Normativa in discussione a Strasburgo nell’anno 2009, nel calcolo delle superfici a disposizione degli animali andrà sottratto 1,5 mq in caso di bovini di peso >= a 450-500kg con box di forma più o meno quadrata o con fronte mangiatoia nel lato più corto. Nel caso invece di animali di dimensioni < o in box rettangolari con fronte mangiatoia lungo 1,5 volte la profondità, si dovrà sottrarre solo 1m.

Pertanto, il giudizio sarà: sufficiente con superficie disponibile per il decubito compresa tra 2,5 e 4,5 mq per animali di 400 kg di peso; migliorativo laddove si possa avere un’area di riposo di 4,5 mq/capo per 400 kg di peso vivo + altri 0,5 mq/capo ogni 100 kg fino ad 800 kg di peso vivo. Superfici intermedie tra i due valori avranno giudizio medio.

Item 16. Pavimentazione e Superficie di decubito

Alcuni studi (EFSA, 2012; OIE, 2014) evidenziano che la tipologia di pavimentazione ha importanti ricadute sul benessere dei bovini da carne; gli animali allevati su pavimento grigliato, presentano talvolta maggiori problematiche agli arti, bursiti, alopecie cutanee e gonfiori articolari, oltre a presentare aumento del numero di posture e comportamenti anomali. È per questi motivi che l’utilizzo del grigliato dovrebbe prevedere sempre rivestimento in gomma o materiale simile per aumentarne il confort.

La migliore lettiera per i bovini da carne si ritiene essere quella costituita da materiale organico correttamente gestito (paglia, segatura, pula di riso e altre sostanze che non si impaccano), sul quale il bovino cammina meglio poiché si sente più aderente al terreno. Per ottenere giudizio migliorativo l’allevatore dovr{ avere materiale organico in quantit{ elevata, di qualità, non abrasivo, ben conservato e molto assorbente.

Riferimenti

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