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‘Provare’, ‘giudicare’, ‘decidere’: brevi note sulla prima colonna del ‘codice’ di Gortina

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Academic year: 2021

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Collana del Dipartimento di Giurisprudenza

dell’Università di Milano-Bicocca

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Direttore:

Loredana Garlati

Comitato editoriale:

Patrizia Borsellino

Chiara Buzzacchi

Marta Cartabia, Giudice della Corte Costituzionale

Paolo Casella

Adolfo Ceretti

Diana Cerini

Giovanni Chiodi

Filippo Danovi

Costanza Honorati

Gioacchino La Rocca

Natascia Marchei

Oliviero Mazza

Claudia Pecorella

Margherita Ramajoli

Nicola Sartori

Franco Scarpelli

Tullio Scovazzi

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G. Giappichelli Editore – Torino

Kállistos Nómos

Scritti in onore di Alberto Maffi

a cura di

(5)

© Copyright 2018 - G. GIAPPICHELLI EDITORE - TORINO VIA PO, 21 - TEL. 011-81.53.111 - FAX 011-81.25.100 http://www.giappichelli.it

ISBN/EAN 978-88-921-1910-9

Questo volume è pubblicato con il contributo del Dipartimento di Giurispruden-za dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca

Stampa: Stampatre s.r.l. - Torino

Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941, n. 633.

Le fotocopie effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da CLEARedi, Centro Licenze e Autorizzazioni per le Riproduzioni Editoriali, Corso di Porta Romana 108, 20122 Milano, e-mail autorizzazioni@clearedi.org e sito web www.clearedi.org.

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Indice V

INDICE

pag. Gli Autori IX Prefazione XI Barbara Biscotti Dialogo XIII

Quarant’anni di studio e insegnamento dei diritti dell’antichità. Barbara Biscotti dialoga con Alberto Maffi

Συκοφαντῶν προβολὰς τῶν Ἀθηναίων καὶ τῶν μετοίκων.

Ancora su Aristotele, Costituzione degli Ateniesi 43, 5 1 Cinzia Bearzot

Identifying Athenian slaves:

“corrective interpretations” ancient and modern 15 Edward E. Cohen

Riflessioni sulla possibilità di utilizzare il pegno

e trarne frutti in diritto greco 35 Andrea Colorio

La notion juridique de clérouquie/clérouchie:

d’Athènes à Alexandrie 55

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VI Indice

pag.

The decree of Mytilene for the return of the exiles 71 Athina Dimopoulou

Il ruolo della figlia ereditiera nelle successioni reali spartane

(o del perché Leonida fu nominato re) 83 Marcello Lupi

La privatisation du culte d’Apollon à Gytheion 93 Léopold Migeotte

The crime of defeat 103

Fred S. Naiden

Disputes, magic and the Athenian navy 121 Zinon Papakonstantinou

‘Provare’, ‘giudicare’, ‘decidere’:

brevi note sulla prima colonna del ‘codice’ di Gortina 133 Carlo Pelloso

Aristotele e la legge: il tema del mutamento 153 Elisabetta Poddighe

La tortura degli schiavi in Grecia e a Roma negli scrittori comici.

Alcuni spunti 177

(8)

Indice VII pag.

La “riscoperta” del decreto ateniese sui pesi e misure. Nuove notae 185 Mariagrazia Rizzi

Epicheirotonia and the so-called ‘euthynai of generals’ 199 Adele C. Scafuro

Basanos-Rhetorik in Isokrates’ Trapezitikos (or. 17) 221 Gerhard Thür

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AUTORI

Cinzia Bearzot, Professore ordinario di Storia greca, Università Cattolica del

Sa-cro Cuore di Milano.

Edward E. Cohen, Professor of Classics and Ancient History (adjunct),

Universi-ty of Pennsylvania.

Andrea Colorio, Dottore di ricerca in Diritti antichi e cultura giuridica europea,

Università degli Studi di Milano Bicocca/Docteur en Histoire, Université Pa-ris 1 Panthéon-Sorbonne/PhD Doktor, Szegedi Tudományegyetem, Avvoca-to del Foro di Bolzano.

Jean-Christophe Couvenhes, Maître de conférences d’histoire grecque, Faculté

des Lettres, Sorbonne Université, UMR 8210 ANHIMA (Anthropologie et Histoire des Mondes Anciens).

Athina Dimopoulou, Associate Professor, Law School, National and Kapodistrian

University of Athens.

Bernard Legras, Professeur d’histoire grecque, Université Paris 1

Panthéon-Sor-bonne, UMR 8210 ANHIMA (Anthropologie et Histoire des Mondes An-ciens).

Marcello Lupi, Ricercatore di Storia greca, Università degli Studi della

Campa-nia “Luigi Vanvitelli”.

Léopold Migeotte, Professeur émérite d’Histoire ancienne à l’Université Laval

(Québec).

Fred S. Naiden, Professor of History, University of North Carolina at Chapel

Hill.

Zinon Papakonstantinou, Associate Professor of Classics, University of Illinois at

Chicago.

Carlo Pelloso, Professore associato di Diritto romano e diritti dell’antichità,

Università degli Studi di Verona.

Elisabetta Poddighe, Professore associato di Storia greca, Università degli Studi

di Cagliari.

Francesca Reduzzi Merola, Professore ordinario di Istituzioni di diritto romano,

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X Autori

Mariagrazia Rizzi, Ricercatore e Professore aggregato di Diritto romano e diritti

dell’antichità, Università degli Studi di Milano-Bicocca.

Adele C. Scafuro, Professor of Classics, Brown University, Providence, Rhode

Island, USA.

Gerhard Thür, emeritierter ordentlicher Professor für Römisches Recht und

An-tike Rechtsgeschichte, Universität Graz; Institut für Kulturgeschichte der Antike, Österreichische Akademie der Wissenschaften, Wien.

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‘PROVARE’, ‘GIUDICARE’, ‘DECIDERE’:

BREVI NOTE SULLA PRIMA COLONNA

DEL ‘CODICE’ DI GORTINA

* Carlo Pelloso

SOMMARIO: 1. La prima colonna del Codice di Gortina. – 2. CdG I, 15 ss.: alcune premesse. – 3. Prova e sentenza. – 4. Il regime consacrato in CdG I, 20-24 ha portata generale?

1.

La prima colonna del Codice di Gortina

Dopo l’invocazione agli dèi, la prima colonna della “Queen of Inscrip-tions” 1, ossia il cd. Codice di Gortina (CdG) 2, si apre con l’enunciazione di una

*Riassumo, in questa sede, quanto da me già sostenuto in due precedenti scritti che, nono-stante talune differenze di lettura della prima colonna del codice, molto devono alla lucidità pene-trante e al solido rigore degli scritti di colui che – non ritengo di esagerare – è il più grande stu-dioso e conoscitore del diritto di Gortina, il prof. Alberto Maffi: ‘Astreintes’ e regime probatorio

nel processo gortinio: considerazioni in margine a IC ΙV 72, Ι 15-35, in Dike, XII-XIII, 2009-2010,

99 ss.; Fase istruttoria e modalità di giudizio nella prima colonna del ‘codice’ di Gortina, in C.P EL-LOSO (ed.), Atene e oltre. Saggi sul diritto dei Greci, Napoli, 2016, 481 ss.

1 R.F.WILLETTS, The Law Code of Gortyn, Berlin, 1967, VII.

2 Cfr. A.MAFFI, Studi recenti sul Codice di Gortina, in Dike, VI, 2003, 215 ss.; ID., Processo di

‘status’ e rivendicazione in proprietà nel Codice di Gortina: ‘diadikasia’ o azione delittuale?, in Dike,

V, 2002, 111 ss.; ID., Processo di libertà e rivendicazione in proprietà dello schiavo a Gortina e ad

Atene, in Symposion 1995, Köln-Weimar-Wien, 1997, 17 ss.; ID.,Studi di epigrafia giuridica greca,

Milano, 1983, 25 ss.; G.THÜR, Eigentumsstreit und Statusprozess in der grossen Gesetzesinschrift

aus Gortyn, in Dike, V, 2002, 95 ss.; ID., Sachverfolgung und Diebstahl in den griechischen Poleis

(Dem. 32, Lys. 23, IC IV 72 I, IPArk 32 u. 17), in Symposion 1999, 2003, 57 ss.; ID., Kannte das

altgriechische Recht die Eigentumsdiadikasie?, in Symposion 1977, 1982, 55 ss. Contro la posizione

eterodossa assunta da Rosén (H.B.ROSÉN, Questions d’interpretation de textes juridiques grecs de

la plus ancienne époque, in Symposion 1977, 1982, 9 ss.) e, in un primo momento, da van

Effenter-re (H. VAN EFFENTERRE, Le droit et la langue. A propos du Code de Gortyn, in Symposion 1979, 1983, 113 ss.), nonché, seppur ‘parenteticamente’ da Sealey (R.SEALEY, Women and Law in

Clas-sical Greece, Chapel Hill-London, 1990, 50 ss.) nel senso di una legittimazione processuale anche

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134 Carlo Pelloso

regola di carattere in apparenza generale 3, ossia il divieto di ‘sequestro’ del-l’¥ntropov ¢mp…molov, ossia della persona litigiosa, ‘prÒ d…kav’ 4, vale a dire – secondo la più persuasiva delle varie interpretazioni proposte – ‘prima dell’eser-cizio dell’azione’. E tale azione, secondo il principio della domanda di parte, un uomo libero deve e può promuovere 5 vuoi al fine dell’accertamento dello stato di libero di detto ¥ntropov ¢mp…molov, vuoi al fine dell’accertamento del suo stato servile.

Più precisamente, onde meglio comprendere la portata della disposizione consacrata in CdG I, 2-3, si può rimarcare che nella prima sezione del Codice 6

3 CdG I, 1-3. Cfr. M.FARAGUNA, Tra oralità e scrittura: diritto e forme della comunicazione dai

poemi omerici a Teofrasto, in Dike, IX, 2007, 78; contra, v. H.B.ROSÉN, Questions d’interpretation,

cit., 9 ss. (che ritiene che i righi si riferiscano a un processo contro un libero o uno schiavo). In verità, le considerazioni che verranno dispiegate nel presente studio militano a favore di una re-strizione dell’ambito di operatività del divieto di CdG I, 2-3 (in sintonia, seppur per vie diverse, con quanto già sostenuto sia da A.MAFFI, Studi di epigrafia giuridica, cit., 83 s., sia da M.G AGA-RIN, The First Law of Gortyn Code, cit., 335 ss.): non tanto un divieto generale, quindi, quello di CdG I, 2-3, ma solo un divieto di ¥gen in relazione a casi in cui sia oggetto di una effettiva con-troversia o lo status di una persona o il potere dominicale sopra uno schiavo. Sulla generalità del divieto, cfr., per tutti, A. KRÄNZLEIN, Eigentum und Besitz im griechischen Recht des fünften und

vierten Jahrhunderts v. Chr., Berlin, 1963, 148; v., altresì, K.LATTE, Beiträge zur griechischen

Straf-recht, in Hermes, LXVI, 1931, 273 (che, addirittura lo ritiene ‘assoluto’), nonché F. BÜCHELER-E. ZITELMANN, Das Recht von Gortyn, Frankfurt, 1885, 82 e nt. 19 (che considerano il divieto gene-rale, ma non assoluto) e R.DARESTE-B.HAUSSOULLIER-T.REINACH, Recueil des inscriptions

juri-diques greques, I, Paris, 1891, 395 s. (che seguono sostanzialmente lo Zitelmann).

4 Che qui d…ka sia da intendere come processo risulterà più chiaramente nel corso dell’espo-sizione: comunque, cfr. A.MAFFI, Studi di epigrafia giuridica, cit., 25 ss.; di contro, v. A. K RÄNZ-LEIN, Eigentum und Besitz, cit., 148, nt. 9, che traduce “vor einem Urteil”.

5 Sulla opportunità di rendere la perifrasi di CdG I, 2, composta dal verbo mšllein seguito dall’infinito ¢npimolšn, con espressioni che indichino l’idea della doverosità, cfr. A.MAFFI,

Pro-cesso di ‘status’, cit., 113; ID., Studi di epigrafia giuridica, cit., 36 ss.; altri hanno invece inteso

ri-chiamarsi alla volontarietà (cfr. F. BÜCHELER-E.ZITELMANN, Das Recht von Gortyn, cit., 80 ss.). A

me, dato il contesto, paiono compenetrate entrambe le sfumature nel verbo in questione; ad una accezione puramente ‘temporale’ del nesso mšllei ¢npimolšn pensa M.L.ZUNINO, Tempo

del-l’¥gen, tempo della d…ka, tempo della ‘polis’. Sulla prima colonna del grande codice di Gortina (IC IV 72, I 1-II 2; XI 24-25), in RIDA, LVI, 2009, 28 (a cui avviso il verbo mšllein “tradizionalmente inteso come ‘stare per’, ‘essere in procinto di’, ha … unicamente il compito di indicare il lasso di tempo – quello appunto precedente alla contesa processuale a partire dal momento in cui, volon-tariamente o obbligatoriamente, ci si è rivolti alla giustizia pubblica – in cui vige il divieto”); la studiosa, peraltro, assume che il divieto di autotutela scolpito in CdG I, 2 sia duplice, ossia ritiene che esso sia rivolto “a entrambe le parti che stanno per contendere processualmente” (ma ciò, come emergerà nel testo, data la natura delle singole species processuali di cui a CdG I, 15 ss., ol-tre al giudizio delittuale di cui a CdG I, 2 ss., pare implausibile).

6 Una volta abbandonata la tesi che vedeva in CdG una “satura legum” (R.DARESTE-B.H

AUS-SOULLIER-T.REINACH, Recueil des inscriptions juridiques greques, I, cit., 441), circa il dibattito concernente la opportunità (o meno) di parlare di ‘codice’, v. K.R.KRISTENSEN, Codification,

(14)

‘Provare’, ‘giudicare’, ‘decidere’: brevi note sulla prima colonna del ‘codice’ di Gortina 135 (sezione, secondo quanto comunemente rilevato in dottrina, dedicata al ‘proces-so di stato’ e a quello ‘di proprietà’), l’enunciazione del principio per cui ‘chi de-ve agire in giudizio con riguardo allo stato di un libero o ad uno schiavo, non deve impossessarsene prima del processo’ è subito precisata dalla specificazione dell’ammontare delle pene da applicare in caso di violazione e delle modalità con cui il giudice deve stabilire l’entità della multa, nonché da una serie di plu-rime norme procedurali di carattere assai più puntuale 7.

A mente della sequenza normativa della prima colonna, al frazionare in tre parti il tratto di cui a CdG I, 1-35, non pare sussistere alcun ostacolo. In primis, quanto a CdG I, 2-3, con tale disposizione il legislatore gortinio – pur limitata-mente ai giudizi direttalimitata-mente o indirettalimitata-mente riconducibili, come già sopra os-servato, alla figura dei c.d. “Status und Eigentumsprozesse” 8 – ha dato formal-mente vita a quel postulato fondamentale della vita socialformal-mente organizzata che prende il nome di ‘divieto dell’autodifesa’ e, sotto il profilo teleologico dell’at-tività giurisdizionale, ha sancito – seppur solo implicitamente – la natura ‘secon-daria’ e ‘sostitutiva’ della tutela giudiziaria 9. Tant’è che, a mente dell’incipit del-la Grande Iscrizione, suldel-la scia di Zitelmann e di Gernet (che addirittura profes-savano apertamente la ‘maggior modernità’ e la ‘maggior liberalità’ dell’ordina-mento di Gortina rispetto a quello attico e a quello romano arcaico) 10, non si è esitato anche più di recente ad affermare che a Gortina i predetti tipi di giudizio “ohne die in Athen nötigen vorprozessualen Akte des formalen ‘Wegführens’

impropriamente e solo per pura praticità il complesso normativo di IC IV 72 sarebbe definibile unitariamente in termini di ‘Code’. Critico circa l’impiego (non consapevole) del termine tecnico di ‘codificazione’ è G.THÜR, Gesetzeskodizes im archaischen und klassischen Athen, in Mélanges

en l’honneur P. Dimakis: Droits antiques et sociétés, Athens, 2002, 397 ss.; cfr., inoltre, K.-J.H ÖL-KESKAMP, What’s in a code? Solon’s Laws between Complexity, Compilation and Contingencies, in

Hermes, CXXXIII, 2005, 280 ss.; ID., (In)schrift und Monument. Zum Begriff des Gesetzes im

ar-chaischen und klassischen Griechenland, in ZPE, CXXXII, 2000, 280 ss.; ID., Schiedsrichter,

Ge-setzgeber und Gesetzgebung im archaischen Griechenland, Stuttgart, 1999, passim; ID., Arbitrators,

Lawgivers and the ‘Codification of law’ in Archaic Greece, in Metis, VII, 1995, 49 ss.; ID., Written

Laws in Archaic Greece, in PCPhS, XXXVIII, 1992, 87 ss. Sull’organizzazione interna e la

struttu-ra del CdG, v. M.GAGARIN, Writing Greek Law, Cambridge, 2008, 122 ss., 145 ss. 7 M.FARAGUNA, Tra oralità e scrittura, cit., 86.

8 G.THÜR, Eigentumsstreit und Statusprozess, cit., 99.

9 V., implicitamente (e attraverso l’attribuzione alla preposizione prÕ di un significato inusua-le, ossia quello di ‘invece di, in luogo di’, M.L.ZUNINO, Tempo dell’¥gen, cit., 30; secondo la stu-diosa il nesso prÕ d…kav induce a pensare “che la contesa processuale di per sé esclude, come al-ternativa, qualunque ricorso all’autotutela”, e che l’infrazione del divieto di ¥gen prÕ d…kav esclude “la celebrazione di quest’ultima, almeno finché la vittima del sequestro non sia stata rila-sciata e il trasgressore non sia stato punito”.

10 F. BÜCHELER-E.ZITELMANN, Das Recht von Gortyn, cit., 81 s.; L.GERNET, L’institution des

arbitres publics a Athènes, in Droit et société dans la Grèce ancienne, Paris, 1955, 116; cfr., inoltre,

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136 Carlo Pelloso

und formalen ‘Entreissen’ (mit Bürgenstellung) geführt werden” 11.

Di poi, proseguendosi nella lettura della prima colonna, si nota come le linee successive (ossia dalla 4 alla 14) 12 siano dedicate, in un concatenarsi serrato di puntuali previsioni, alle sanzioni cui va incontro il trasgressore del divieto di ¥gen, vale a dire chi, invece di metter in moto la macchina processuale (nei casi in cui il legislatore gortinio ha ritenuto, onde far valere un diritto, quale unica via percorribile quella ‘sostitutiva’ e ‘secondaria’, ossia quella del ricorso alla pronuncia dicastica), ha immediatamente agito in ‘autotutela’ ed è stato conve-nuto in giudizio, per l’appunto, in quanto si è perfezionata la fattispecie dell’im-possessamento vietato 13.

Indi il legislatore gortinio si profonde in una densa giustapposizione di sinte-tiche disposizioni di natura processualistica (ll. 15-24) 14, trattando unitariamen-te del merito delle plurime tipologie di giudizi le cui parti controvertono ora

cir-11 G.THÜR, Eigentumsstreit und Statusprozess, cit., 99. Sulla opposta scia tracciata da U.E. PAOLI, L’antico diritto di Gortina, in Antologia giuridica romanistica ed antiquaria, I, Milano, 1968, 17 ss. (nonché in Altri studi di diritto greco e romano, Milano, 1976, 481 ss., da cui cito), v. A. MAFFI, Processo di ‘status’, cit., 123; cfr., altresì, ID., Studi di epigrafia giuridica, cit., 37 ss.,

secon-do cui “pensare che Gortina sia diversa da Atene, nel senso che a Gortina è vietata l’agoge che invece è consentita ad Atene” sarebbe un “equivoco”, anzi “un errore di prospettiva”.

12 CdG I, 4-14.

13 Cfr. F. BÜCHELER-E.ZITELMANN, Das Recht von Gortyn, cit., 84. Qui Óti è congiunzione che non introduce una proposizione causale pleonastica rispetto alla protasi del periodo ipotetico (così, invece, R.F.WILLETTS, The Law Code of Gortyn, cit., 53): se, infatti, qualcuno sottrae contra

ius e non iure ad altri una cosa o uno schiavo, la conseguenza negativa della sua condotta non è

concepibile esclusivamente in termini di ‘sanzione penale dell’illecito’, ma – a fronte della mede-sima sottrazione – è altresì ipotizzabile l’esperimento (anche immediato) da parte di chi subisce l’¥gein di un’azione con cui si fa valere in giudizio non tanto l’illecito in sé, quanto una pretesa restitutoria in forza del titolo dominicale asseritamente leso (cfr., implicitamente, nel senso da me prediletto, D.COMPARETTI, Leggi antiche della città di Gortina in Creta, Firenze, 1885, 25; H. VAN

EFFENTERRE-F.RUZÉ, Nomima: recueil d’inscriptions politiques et juridiques de l’archaïsme grec, II, Roma, 1996, 42; v., altresì, J.KOHLER-E. ZIEBARTH, Das Stadtrecht von Gortyn und seine

Bezie-hungen zum Gemeingriechischen Rechte, Göttingen, 1912, 3, nonché R.KOERNER, Inschriftliche

Gesetzestexte der frühen griechischen Polis, Köln-Weimar-Wien, 1993, 460). Atteso, di poi, che la

proposizione Óti ¥gei dal contesto mi pare riferirsi tanto all’impossessamento illecito dello schia-vo, quanto a quello del libero, non persuade la visione di Willetts, secondo cui Óti sarebbe un ge-nitivo del pronome relativo indefinito (corrispondente al classico oá tinov), in dipendenza solo dal sostantivo in accusativo ‘tÕn doàlon’, sicché la frase sarebbe da intendere “a slave of whom-soever he does seize” (R.F.WILLETTS, The Law Code of Gortyn, cit., 39, 53). Non convince nep-pure l’interpretazione avanzata da Maffi, secondo cui Óti ¥gei potrebbe tradursi con “(a seconda di) ciò che uno sequestra” (A.MAFFI, Studi di epigrafia giuridica, cit., 51): è vero che in CdG III, 3-4 si rinviene la proposizione ‘Óti pšrei’, con Óti quale pronome relativo indefinito neutro e non quale congiunzione causale (sicché essa significherebbe ‘tutte le cose che uno porta via’); tuttavia, quanto a CdG I, 6, atteso che l’oggetto dell’¥gein è o un ™leÚqerov o un doàlov, mi pare arduo spiegare la presenza di un pronome in caso accusativo di genere neutro (e non maschile), avente come impliciti antecedenti due sostantivi entrambi di genere maschile.

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‘Provare’, ‘giudicare’, ‘decidere’: brevi note sulla prima colonna del ‘codice’ di Gortina 137 ca lo status dibattuto di una data persona (giudizio di libertà) – assumendo po-sizioni dialettiche eterogenee –, ora circa la proprietà dello schiavo litigioso (giu-dizio petitorio) – assumendo posizioni, quanto a petitum, omogenee e, pertanto,

inter se incompatibili 15 –, per poi concentrarsi sulla puntuale previsione delle conseguenze negative cui il condannato va incontro nell’ipotesi di mancato ot-temperamento dell’ordine, impartito dal dicasta, di rilascio dell’uomo libero ov-vero di restituzione dello schiavo altrui (ll. 24-35) 16.

Dunque, due tipologie di processo distinte “sotto il profilo sia cronologico che teleologico” 17 sono disciplinate rispettivamente in CdG I, 2-14 e in CdG I, 15-24. Una volta ciò precisato, concentrandosi esplicitamente sulla seconda del-le due tipologie appena menzionate, nel prosieguo del presente contributo verrà affrontato ex professo il problema attinente alle diverse modalità di giudizio gor-tinio in dipendenza dalla fase istruttoria del processo.

2. CdG I, 15 ss.: alcune premesse

La struttura della procedura disciplinata in CdG I, 15 ss. (in una con la stessa natura della sentenza del dicasta in cui detta procedura culmina) risulta ben di-versa da quanto emerge dallo ‘schema di persecuzione delittuale’ impresso al-l’azione ateniese nota con il nome edittale di d…kh ¢fairšsewv 18. Il rito di

15 Per le principali ricostruzioni comprendenti le ll. 1-27, v. F. BÜCHELER-E.ZITELMANN, Das

Recht von Gortyn, cit., 80 ss.; J.KOHLER-E. ZIEBARTH, Das Stadtrecht von Gortyn, cit., 80; R.R.

METZGER, Untrsuchungen zur Haftungs- und Vermoegens- Recht von Gortyn, Basel, 1973, 8; H.

VAN EFFENTERRE-F.RUZE, Nomima, II, cit., 46; G.THÜR, Eigentumsstreit und Statusprozess, cit., 99 ss.; R.KOERNER, Inschriftliche Gesetzestexte, cit., 460.

16 CdG I 24-35.

17 In questo senso v. A.MAFFI, Processo di libertà, cit., 20.

18 Di contro, dal divieto di CdG I, 2 Thür ha inferito la necessità processuale di un ¥gen da parte del vindicante dinanzi al dicasta (cfr. G.THÜR, Eigentumsstreit und Statusprozess, cit., 95 ss.; ID., Sachverfolgung und Diebstahl, cit., 57 ss.): e attorno a questo perno ha costruito una singolare tesi che, per i processi in questione, ne sostiene la natura delittuale, oltre a respingere la configu-rabilità di una autonoma “Freiheitsklage”. Il solo ‘Statusstreit’ ipotizzabile sarebbe, per Thür, quello iniziante con una vindicatio in servitutem che, poi, a parti invertite (avvenuto l’¥gen proces-suale), muta in un ‘Deliktprozess’; quanto all’‘Eigentumsstreit’, Thür ritiene che il ‘Vindikant’ convenga in giudizio il possessore e che, di poi, questi “vor dem Dikastas vollzieht … das ‘Weg-führen im Prozess’ mit Eigentumsbehauptung (Z. 19/20), worauf ihm der Gegner, der den Besitz soeben verloren hat, ebenfalls mit Eigentumsbehauptung (Z. 19/20) wegen des unberechtigten Wegführens verklagt”; indi, “bis zum Abschluss des Beweisverfahrens bleibt der Vindikant im vorläufigen Besitz des umstrittenen Sklaven (Z. 24)”: G.THÜR, Eigentumsstreit und Statusprozess, cit., 108. In ogni caso, la sentenza del dicasta gortinio, per lo studioso, sarebbe da concepire o come di assoluzione del ‘Vindikant’ (divenuto convenuto) o come di condanna dello stesso sia alla consegna ovvero al rilascio, sia all’eventuale pagamento di “Büßen”, sia a sanzioni pecuniarie equivalenti a quelle previste in CdG I, 2-14. L’incontestabile assenza di qualsivoglia riferimento,

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138 Carlo Pelloso

quest’ultimo mezzo processuale presuppone, in primo luogo, una ¢gwg» stra-giudiziale da parte di chi si afferma titolare di un diritto dominicale vuoi su chi, quale schiavo, si trova presso altri (vindicatio in servitutem servi), vuoi su chi, quale libero, non è nei fatti dipendente da alcuno (vindicatio in servitutem

libe-ri); di poi, a tale ¢gwg» viene opposta, quale ‘interdetto di natura privata’, la ¢fa…resiv (o ™xa…resiv) 19, ossia un “atto formale” avente “natura non violen-ta”, posto in essere rispettivamente dall’attuale possessore e dal terzo adsertor

libertatis, con cui si intima all’autore della ¢gwg» di desistere dal proseguire nel-l’atto di autotutela (consistente, appunto, nel perfezionamento della presa di possesso o dello schiavo o del libero) 20; solo dopo tale scansione procedimentale extragiudiziale il vindicante ¥gwn risulta legittimato ad instaurare un’azione privata penale (concernente, esplicitamente, la delittuosità, o meno, della ¢fa…resiv del convenuto e, implicitamente, la conformità a diritto della ¢gwg» attorea stragiudiziale), laddove qualora, non ottemperando l’interdetto del-l’¢fairoÚmenov, continuasse nella ¢gwg» sarebbe passibile, assai verisimilmen-te, di una d…kh bia…wn 21.

per quanto minimo, in CdG all’atto formale dell’¥gen “im Prozess”, in una con l’esplicita men-zione in CdG I, 56-II, 2 di un ¥gen che, a seconda del titolo esecutivo su cui si basa, è ora post

iudicatum ora pro iudicato, attesta la implausibilità del ritenere che “nachdem ein Wegführen ‘vor

dem Prozess’ unerlaubt ist … muss es – unter den Augen des Dikastas – ‘im Prozess’ zulässig gewesen sein”(G.THÜR, Eigentumsstreit und Statusprozess, cit., 108); tale ricostruzione mi pare poi destinata a infrangersi (anche a voler prescindere dalle aporie testuali a supporto del preteso ‘Wegführen im Prozess’) dinanzi il muro di talune osservazioni logiche: come concepire un’azione processuale di tipo delittuale che non trova fondamento nella commissione di un delitto perfezio-nato ante iudicium, ma in iudicio?

19 Cfr. Lys. 23.12.

20 Cfr. U.E.PAOLI, La difesa del possesso nel diritto attico, in Altri studi di diritto greco e

roma-no, cit., 451, nonché in Studi in memoria di A. Alberoni, II, Padova, 1937, 311 ss.

21 Tale trafila è del tutto assimilabile a quella che si avvia con la ™mb£teusiv, atto introduttivo della procedura esecutiva privata prodromico alla eventuale d…kh ™xoÚlhv esperibile – per l’ap-punto – da colui che, in attuazione di una propria pretesa ritenuta incontrovertibile nel merito, si sia visto opporre dall’esecutato la ™xagwg». Paoli – convinto della intima corrispondenza tra ¢fa…resiv ed ™xagwg», in adesione ad alcune intuizioni di E.RABEL, D…kh ™xoÚlhv und

Ver-wandtes, in ZSS, XXXVI, 1915, 380 ss.) – ritiene che l’atto dell’¢fairoÚmenov, a differenza della ¢gwg» e della ™mb£teusiv, pur facendo parte dei mezzi con cui la polis disciplina e limita l’au-totutela, non rappresenti né un “momento originario”, né una “conseguenza necessaria” del ricor-so a forme giuridicizzate di ‘self-help’, “ma lo presuppone e ne è condizionata” (U.E.PAOLI, La

difesa del possesso nel diritto attico, cit., 451, nt. 36); cfr., inoltre, J.H.LIPSIUS, D…kh ™xoÚlhv, in

ZSS, XXXVII, 1916, 1 ss.; ID., Nochmals zur d…kh ™xoÚlhv, in ZSS, XXXIX, 1918, 36 ss.; A.R.W. HARRISON, Il diritto ad Atene, I, La famiglia e la proprietà, trad. it., Alessandria, 2001, 223 ss.; R. MARTINI, Diritti greci, Bologna, 2005, 112 ss.; E.M.HARRIS, Who Enforced the Law in Classical

Athens?, in Symposion 2005, Wien, 2007, 161, 169 ss.; E.M.HARRIS, The Rule of Law in Action in

Democratic Athens, Oxford, 2014, 57; sulla pretesa desuetudine che in Atene l’esecuzione

perso-nale del condannato avrebbe conosciuto, v. E.RUSCHENBUSCH, Untersuchungen zur Geschichte

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‘Provare’, ‘giudicare’, ‘decidere’: brevi note sulla prima colonna del ‘codice’ di Gortina 139 Di tutto contro, alle ll. 15-24 (prescindendosi dalla precedente ipotesi di re-pressione della presa di possesso illegittima in quanto prÒ d…kav), il testo del Codice delinea un genus processuale affatto eterogeneo. Questo, infatti, non presuppone un precedente atto di ¢gwg», presenta – ferme le indubbie diffe-renze circa il tipo di pretesa mediata e immediata fatta valere – una struttura in-timamente unitaria assimilabile a quella della procedura – non penale – della diadikas…a attica 22, e, quanto a concrete e singole species, si delinea sia come vindicatio in libertatem esperibile da chi assume che una persona versante in

sta-to materiale di schiavitù sia libera, sia come vindicatio in servitutem esperibile da chi pretende di essere il proprietario di un individuo che, non assoggettato ad alcun potere altrui, si atteggia a uomo libero ed è almeno da un terzo, parimenti libero, riconosciuto come tale, sia come vindicatio in servitutem esperibile da chi pretende di essere il proprietario di un individuo che si trova attualmente in sta-to servile presso altri (e ciò a prescindere da come sia fuoriuscista-to dalla assunta sfera di controllo dominicale) 23. Tuttavia, la consueta bipartizione tra ‘Status-streit’ (processo in cui, o nella forma della vindicatio in libertatem dello schiavo o nella forma della vindicatio in servitutem del libero, è controverso lo status di un soggetto) e ‘Eigentumsstreit’ (processo in cui, quale vindicatio dello schiavo, non lo status è sub iudice, ma della proprietà si chiede l’accertamento) pare un modello dicotomico non perfettamente collimante con la ratio sottesa alla topo-grafia della serie di disposizioni giustapposte e accorpate dal legislatore gortinio.

Anzitutto, l’intero complesso di disposizioni è percorso dalla cifra comune dell’¥ntropov ¢mp…molov: le plurime controversie ipotizzabili, in altre parole, sono assimilate e accostate, in relazione all’oggetto materiale, dalla costante ver-tenza su una ‘persona’. Di poi le ll. 15-18 disciplinano come un unicum (e

quin-22 Secondo Maffi “la struttura sintattica del testo lascia aperta anche la possibilità che, pre-scindendo da un precedente processo relativo ad una agoge illegittima, un soggetto possa agire contro colui che appare proprietario dello schiavo affermando che si tratta di una persona libera, oppure di un proprio schiavo”; sicché, sempre stando all’autore, “l’azione disciplinata alle ll. 15-24, avendo la struttura di una diadikasia, può essere intentata direttamente per rivendicare la li-bertà di uno schiavo o la proprietà su di esso, a prescindere da una precedente agoge” (A.MAFFI,

Processo di libertà, cit., 21,nonchéID., Processo di ‘status’, cit., 111 ss.; v., diversamente,ID., Studi

di epigrafia giuridica, cit., 37 ss., 42 s.). Il processo di cui alle ll. 15 ss. della prima colonna del

CdG, quindi, sarebbe instaurabile sia ‘immediatamente’ e ‘in prima battuta’, ossia senza l’in-staurazione di un previo procedimento stragiudiziale analogo a quello ateniese, ovvero anche sen-za l’ottemperamento di una precedente condanna al rilascio a seguito di ¢gwg» illecita, all’esito del processo di cui a CdG I, 2-14; sia ‘in seconda battuta’, ossia da parte di chi, effettuata una ¢gwg» è stato costretto o a desistere dall’agoge o a liberare l’agomenos. In altre parole secondo Maffi, da un lato, “il Codice ammette che atti di autotutela possano aver luogo” e “si preoccupa di reprimere l’agein … solo in quanto abbia illegittimamente superato la resistenza di un

aphairou-menos”, dall’altro, esso “non considera né agoge né aphairesis come atti preparatori necessari

per-ché possa instaurarsi il processo tendente ad accertare il diritto sulla persona conteso” (A.MAFFI,

Processo di ‘status’, cit., 132 s.).

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140 Carlo Pelloso

di a prescindere dal fatto che, formalmente, la prima vindicatio sia in libertatem o in servitutem) quei processi in cui ciascuna parte mole‹ chiedendo una pro-nuncia del giudice che, anzitutto, accerti positivamente pro se un rapporto giu-ridico de eodem homine litigioso incompatibile con quello oggetto dell’etero-genea domanda di controparte (in un sistema, pertanto, in cui ciascuna parte, in virtù del fenomeno dell’inversione, assume al contempo le vesti di attrice e di convenuta rispetto all’altra). In altre parole, ciascuna parte sostanzialmente ‘agi-sce in vindicatio’ (vindicatio-contravindicatio); ciascuna domanda giudiziale verte sul medesimo oggetto materiale del contendere (de eodem homine litigioso); cia-scuna domanda giudiziale differisce dall’altra sia per petitum sia per causa

pe-tendi (se l’una, infatti, è in servitutem, l’altra è necessariamente in libertatem,

pur essendo indifferente, ai fini dell’unitaria regolamentazione del Codice, con quale delle due vindicationes il rito dianzi al dicasta vada a principiare). Si tratta, insomma, di un processo previsto dal legislatore, sotto il profilo della struttura, come ‘necessariamente simultaneo’ e a ‘parti invertite’: più precisamente, le di-sposizioni di CdG I, 15-18 delineano un processo oggettivamente cumulativo, caratterizzato cioè da un ‘cumulo’ di distinte domande giudiziali (tra loro in-compatibili), tanto per connessione circa l’oggetto materiale, quanto per con-nessione soggettiva, oltre che, come già poc’anzi detto, a inversione, atteso che ciascuna parte, avanzando una domanda nei confronti dell’altra, è altresì onera-ta di provare il fondamento della propria vindicatio.

Analogamente si può dire del processo disciplinato in CdG I, 18-24: tuttavia, qui, se si ripresenta simultaneamente un cumulo oggettivo di cause (svolte in uno stesso alveo processuale, tra le stesse parti e de eadem persona), e se rimane la sopraddetta inversione, le due domande (vindicatio-contravindicatio) sono

in-ter se incompatibili – a differenza di quanto accade per CdG I, 15-18 – in

quan-to contengono, ciascuna, un identico petitum mediaquan-to (e, in concrequan-to, ben po-trebbero essere equivalenti anche sotto il profilo della causa petendi) 24: ciascun vindicante, infatti, agisce nei confronti di controparte in servitutem. Per farsi brevi, alla luce di tali considerazioni, il discrimine tra CdG I, 15-18 e CdG I, 18-24 mi parrebbe non tanto da ricercare nella contrapposizione tra due genera, os-sia ‘processo di stato’ (‘Statusstreit’) e ‘processo di proprietà’ (‘Eigentums-streit’), ma – entro una cornice di intima unitarietà resa evidente dalla comune vertenza dei plurimi giudizi su una ‘persona litigiosa’ e dalla sintesi onnicom-prensiva di CdG I, 24 ss., che fanno propendere per un solo genus – nello iato tra una prima species (consistente nei processi simultanei tra le stesse parti vin-dicanti con svolgimento contestuale di due domande contrapposte che differi-scono sia per pretesa mediata che per titolo), e una seconda species (data dai

24 Identità di petitum immediato non significa altresì identità di conseguenze derivanti dalla sentenza: le conseguenze dell’accertamento sono, come è ovvio, differenti a seconda che soccom-bente sia il possessore o meno dello schiavo (cfr. A.MAFFI, Processo di ‘status’, cit., 125 ss.).

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‘Provare’, ‘giudicare’, ‘decidere’: brevi note sulla prima colonna del ‘codice’ di Gortina 141 processi in cui l’antitesi è tra due domande di rivendica omogenee almeno circa la pretesa mediata) 25.

A mente delle pregresse considerazioni, in CdG I, 15-24 risultano emergere tre specifiche ipotesi processuali. Anzitutto, con riguardo a CdG I, 15-18, si profila l’ipotesi di chi, quale adsertor libertatis, convenga in giudizio Ñ œkon (CdG I, 24), ossia chi già da prima dell’instaurazione del processo abbia presso di sé in stato di materiale schiavitù, a prescindere dal titolo, l’¥ntropov ¢mp…molov 26 (atteso, peraltro, che nella colonna non v’è alcuno specifico riferi-mento a poteri del dicasta circa l’attribuzione del possesso interinale) 27 e che, se soccombente, viene condannato, in via principale, a rilasciare l’homo litigiosus riconosciuto come libero nel termine di cinque giorni decorrenti dalla pronun-cia della sentenza (ll. 25-26). Circa CdG I, 18-24, si tratta del piano caso di due pretese vindicatorie contrapposte, ma di pari segno, circa la proprietà di uno schiavo: anche qui è configurabile, ovviamente, una condanna nei confronti del possessore soccombente alla restituzione dello schiavo alla parte vittoriosa,

pa-25 Cfr. M.GAGARIN, The First Law of Gortyn Code Revisited, in GRBS, XXXVI, 1995, 10. 26 Cfr., sul punto, A.MAFFI, Processo di ‘status’, cit., 116, che qui prende in considerazione la sola ipotesi di chi sia “entrato nel possesso prima del processo della persona rivendicata come li-bera, in modo formalmente legittimo, ad esempio per averla acquistata”. Tuttavia credo che il ti-tolo in forza del quale possiede il formale convenuto (ma contestualmente, come sappiamo, anche attore) sia irrilevante per controparte (rivendicante in libertà), essendo ciò essenziale (soprattutto sotto il profilo probatorio), invece, dal punto di vista di chi, possessore, a sua volta rivendica in

servitutem. Sulla identificabilità dell’œkon solo con chi abbia presso di sé una persona che tratta come schiavo (e da controparte rivendicata vuoi come libero, vuoi come schiavo), già si era pro-nunciato D.COMPARETTI, Leggi antiche della città di Gortina, cit., col. 145 (ritenendo, tuttavia, che il solo caso compendiato in ll. 15-18 fosse quello di una vindicatio in libertatem servi); contra, cfr. F. BÜCHELER-E.ZITELMANN, Das Recht von Gortyn, cit., 79 (che, nonostante alcuni dubbi,

ritenevano che potesse comunque essere œkon anche l’adsertor libertatis presso cui riparava una persona in stato servile). Sul punto, cfr. A.MAFFI, Studi di epigrafia giuridica, cit., 64 ss.; ID.,

Pro-cesso di libertà, cit., 21 e nt. 4.

27 Tale caso (ossia quello di colui che agisce contro il preteso proprietario possessore di uno schiavo asserendo la libertà di quest’ultimo) era il solo considerato ipotizzabile per CdG I, 15 ss. da D.COMPARETTI, Leggi antiche della città di Gortina, cit., col. 145; v., altresì, R.KOERNER,

In-schriftliche Gesetzestexte, cit., 459 (ma, avverso tale pensiero, cfr. A.MAFFI, Processo di libertà, cit., 21, nt. 4); una tale fattispecie sarebbe stata inconcepibile a Gortina secondo G.THÜR,

Eigen-tumsstreit und Statusprozess, cit., 98 e nt. 3. Ma l’interpretazione sistematica di ll. 15-18 e ll. 24-27,

come ha rilevato Maffi, non può disconoscere quanto segue: da un lato, “siccome la legge prevede che vi sia un possessore tenuto a riconsegnare uno schiavo a colui che la sentenza ha riconosciuto come legittimo proprietario, l’ipotesi più semplice e naturale (in assenza di ogni indicazione diver-sa nel testo della col. I) è che il soccombente possedesse lo schiavo già prima del processo, che sia stato convenuto in giudizio da chi ne rivendica la proprietà (o comunque avanza un titolo pozio-re) e che abbia conservato il possesso dello schiavo conteso durante il processo”; dall’altro, “an-che nel caso in cui o ekon sia tenuto a rilasciare la persona riconosciuta come libera, non può “an-che trattarsi di colui che possedeva quella persona già prima del processo come schiavo, a prescindere da qualsiasi agoge” (A.MAFFI, Processo di ‘status’, cit., 117).

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142 Carlo Pelloso

rimenti entro cinque giorni 28. Vero è che la succinta conceptio di CdG I, 15-18, sottende anche l’ipotesi ulteriore di colui che rivendichi come proprio schiavo, convenendo un adsertor libertatis, chi si atteggia a libero (ancorché, atteso che non pare affatto lecito vedere nell’adsertor libertatis soccombente un œkon tenu-to alla restituzione, è giocoforza ritenere che non siano direttamente applicabili a questa peculiare fattispecie le ll. 24 ss. in tema di sentenza) 29.

3. Prova e sentenza

Una volta delineata nella sua essenza la struttura processuale emergente da CdG I, 15 ss., va indagato l’ostico rapporto intercorrente tra CdG I, 20-24 e CdG XI, 26-31 30.

Con esplicito riguardo al secondo dei due segmenti di testo appena ricordati, va rilevato come il legislatore gortinio abbia inteso condensare un principio car-dine del regime istruttorio nonché delle modalità di giudizio 31: ma si tratta di un

28 V., amplius, C.PELLOSO, ‘Astreintes’, cit., 99 ss.

29 Cfr., amplius, C.PELLOSO, ‘Astreintes’, cit., 107 ss., 110 ss.

30 Cfr. A.MAFFI, Giudice e mezzi di prova, cit., 1 ss.; M.TALAMANCA, Dik£zein e kr…nein nelle

testimonianze greche più antiche, in Symposion 1974, Köln-Wien, 1979, 105 ss., 120 ss.; cfr., in

ge-nerale, oltre ai sopraccitati contributi di Maffi e Talamanca, il fondamentale studio sistematico di F. BÜCHELER-E.ZITELMANN, Das Recht von Gortyn, cit., 68 ss.; ma v., altresì, R.F. WILLETTS, The

Law Code of Gortyn, cit., 33 ss.; M. GAGARIN, The Function of Witnesses at Gortyn, in Symposion

1985, 1989, 29 ss.; ID., Oaths and Oath-Challenges in Greek Law, in Symposion 1995, 1997, 125 ss.; ID., The Gortyn Code and Greek Legal Procedure, in Symposion 1997, Köln-Wien, 2001, 41 ss.; A.MAFFI,Studi recenti sul Codice di Gortina, cit., 21, che lamenta come i problemi scaturenti da

CdG XI, 26-31 non abbiano destato una adeguata attenzione da parte dei più recenti editori. 31 CdG XI, 26-31 (“allgemeine Regel” per F. BÜCHELER-E.ZITELMANN, Das Recht von

Gor-tyn, cit., 68). Cfr., da ultimi, in generale, M.GAGARIN-P.PERLMAN, The Laws of Ancient Crete, c.

650-400 BCE, Oxford, 2016, 136 ss., 421 ss. Circa tali linee, va anzitutto premesso che

l’undi-cesima colonna del Grande Codice conterrebbe, insieme alla dodil’undi-cesima, ‘emendamenti’ e ‘inte-grazioni’ alle norme pregresse del CdG (J.K.DAVIES, Deconstructing Gortyn: When is a Code a

Code?, in L.FOXHALL-A.D.E.LEWIS, Greek Law in its Political Setting. Justifications not Justice,

Oxford, 1996, 33 ss.; ID., The Gortyn Laws, in M.GAGARIN-D.COHEN [ed.], The Cambridge

Companion to Ancient Greek Law, cit., 308; ma v. M.GAGARIN, The Organization of the Gortyn

Code, in GRBS, XXIII, 1982, 131, che discorre di “amendments”, eccezion fatta proprio per CdG

XI, 26-31; K.R.KRISTENSEN, Codification, cit., 164). Cfr. le importanti puntualizzazioni di A. MAFFI, Chronique du Droit Grec, in RHD, LXXV, 1997, 495 ss., nonché quelle di A.L.DI LELLO

FINUOLI, Trasmissione della proprietà per successione ereditaria femminile e sistema di parentela nel

‘Codice di Gortina’, in La transizione dal Miceneo all’alto Arcaismo. Dal palazzo alla città, Roma,

1991, 221: questi autori sottolineano opportunamente il rapporto di ‘coerenza’ e non di ‘antino-mia’ tra le colonne XI e XII e quelle precedenti. CdG XI, 26-31 potrebbe concepirsi come una “clausola di chiusura” (M.TALAMANCA, Dik£zein e kr…nein, cit., 119), la quale tuttavia né deve essere intesa come espressione di una posteriore volontà novellatrice, né deve essere elevata a principio ‘generalissimo’ assorbente tutte le precedenti disposizioni gortinie in tema di rapporto

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‘Provare’, ‘giudicare’, ‘decidere’: brevi note sulla prima colonna del ‘codice’ di Gortina 143 principio “chiaro” e facilmente intelligibile solo se non si vuole andare oltre “una semplice parafrasi del suo contenuto letterale” 32, essendo incontestabile che esso sia teso primariamente a distinguere due ‘modalità di esercizio dell’atti-vità giudicante’, ossia quella del dik£dden e quella del kr…nen ÑmnÚnta 33. Quali siano le implicazione di tale distinzione tra le due summenzionate ‘Prozessarten’ è ben più complessa questione: dalla disposizione di CdG XI, 26-31, infatti, sca-turisce un duplice ordine di problemi interpretativi, in forza dei quali emerge da un lato la necessità “di comprenderne il tenore letterale”, dall’altro quella “di comprendere in quale relazione logica si trovi con le numerose regole del Codi-ce e delle iscrizioni coeve che prevedono un determinato regime probatorio in relazione a singole fattispecie, o che comunque fanno riferimento alle modalità con cui il giudice dovrà pronunciare la sentenza” 34.

Una volta abbandonate tutte quelle ricostruzioni 35 viziate a monte da quel-l’idea preconcetta 36 che – già ad una prima valutazione metodologica – non

per-tra prova e giudizio dicastico (cfr. H. VAN EFFENTERRE-F.RUZÉ, Nomima, II, cit., 36; A.MAFFI,

Studi di epigrafia giuridica, cit., 53).

32 A.MAFFI, Giudice e mezzi di prova, cit., 1.

33 Ossia quella di “urteilen” e quella di “entscheiden”, secondo F. BÜCHELER-E.ZITELMANN,

Das Recht von Gortyn, cit., 68 (cfr., altresì, J.KOHLER-E.ZIEBARTH, Das Stadtrecht von Gortyn, cit., 27; R.F. WILLETTS, The Law Code of Gortyn, cit., 34; H. VAN EFFENTERRE-F.RUZÉ, Nomima, II, cit., 36; M.GAGARIN, The Gortyn Code and Greek Legal Procedure, cit., 48). Secondo R.S EA-LEY, The Justice of the Greeks, Ann Arbor, 1994, 51 s., la decisione “under oath according to the pleas” va connessa alla “theory of gaps”, ossia alla necessità per il giudicante di decidere secondo il proprio convincimento a fronte di lacune di diritto sostanziale.

34 A.MAFFI, Giudice e mezzi di prova, cit., 1.

35 H.B.ROSÉN, Questions d’interpretation, cit., 21; H.J.WOLFF, The Origin of Judicial

Litiga-tion among the Greeks, in Traditio, V, 1946, 31 ss. Cfr., sulla scorta di A.PRIMMER, Homerische

Gerichtsszene, in Wiener Studien, LXXXIII, 1970, 5 ss., G.THÜR, Zum dik£zein bei Homer, in

ZSS, LXXXVII, 1970, 426 ss.; ID., Zum dik£zein im Urteil aus Mantineia (IG V 2, 262), in

Sympo-sion 1985, 1989, 55 ss.; ID., Oaths and Dispute Settlements in Ancient Greek Law, in L.FOXHALL

-A.D.E.LEWIS, Greek Law in ist Political Setting, cit., 57 ss.; ID., Discussione, in Symposion 1974,

1979, 133 s.; seguito da R.SEALEY, The Justice of the Greeks, cit., 92 ss.; contra, cfr. M.T ALAMAN-CA, Dik£zein e kr…nein, cit., 106 ss.; E.CANTARELLA, Norma e sanzione in Omero. Contributo alla

protostoria del diritto greco, Milano, 1979, 219, nt. 19; M.GAGARIN, Early Greek Law, Berkeley, 1986, 26 ss.;C.PELLOSO, The myth of the priority of procedure over substance in the light of early

Greek epos, in RΔE, III, 2013, 253 s. e nt. 117. Sulla contrapposizione dei due verbi in oggetto, quali indicanti due diverse modalità di giudizio, l’una fondata su un procedimento probatorio for-male, l’altra sul principio del libero apprezzamento delle prove, v., ex plurimis, V. EHRENBERG,

Die Rechtsidee im frühen Griechentum: Untersuchungen zur Geschichte der werdenden Polis,

Leipzig, 1921, 96 ss.; J.W.HEADLAM, The Procedure of the Gortynian Inscription, in JHS, XIII, 1892-1983, 43 ss., 50 s.; F. BÜCHELER-E.ZITELMANN, Das Recht von Gortyn, cit., 68 ss.; R.F. WILLETTS, The Law Code of Gortyn, cit., 33; A.STEINWENTER, Die Streitbeeningung durch Urteil,

Schiedsspruch und Vergleich nach griechischem Rechte, München, 1925, 45 ss.; K.LATTE, Heiliges

Recht. Untersuchungen zur Geschichte der sakralen Rechtsformen in Griechenland, Tübingen, 1920,

39 ss.; E.RUSCHENBUSCH, FÒnov. Zum Recht Drakons und seiner Bedeutung für das Werden des athenischen Staates, in Kleine Schriften zur griechischen Rechtsgeschichte, Wiesbaden, 2005, 32 ss.

(23)

144 Carlo Pelloso

suade in quanto “costringe le esperienze giuridiche greche in sovrastrutture dogmatiche che sono loro estranee”, sia volendo i suoi patrocinatori assolutizza-re la contrapposizione tra dik£zein e kr…nein con l’attribuzione ai due verbi di una “precisa e costante connotazione tecnico-giuridica”, sia ritenendo gli stessi di poter dedurre solo “dal dato filologico” e “dall’impiego di una determinata terminologia”, ossia “al di là delle diversità dei contesti linguistici, espressivi, so-ciali e giuridici” e senza alcun accertamento “in contesti argomentativi più am-pi”, delle strutture rilevanti sub specie iuris 37. A mente della condividibile consi-derazione secondo cui il significato di dik£dden, così come emerge nelle dispo-sizioni del Grande Codice, non è acriticamente generalizzabile, atteso che esso – sulla base dell’analisi delle testimonianze greche più antiche, in primo luogo, l’epos omerico – si impone quale vocabolo semanticamente generico indicante l’accertamento delle spettanze soggettive di ciascuna parte 38 (in assenza di qual-sivoglia riferimento alle modalità ovvero ai contenuti del provvedimento giudi-ziale), il punto da cui partire credo sia il seguente: la seconda parte di CdG XI, 26-31, nel prevedere il kr…nen previo giuramento dicastico quale modalità di ‘giudizio generale’, verisimilmente può leggersi non come volontà legislativa di estendere – innovativamente – la ‘Prozessart’ del kr…nen alle ipotesi in cui era stata precedentemente indicata solo la forma del dik£dden, ma – ricognitiva-mente – come enunciazione in termini di ‘principio generale’ di ciò che era già stato sancito a livello di singole specifiche disposizioni 39, nonché come sintomo della progressiva transizione verso l’affermarsi del principio del libero convin-cimento del giudice 40 su un sistema formalistico ancora emergente da più di un ‘relitto’ storico del diritto processuale gortinio del quinto secolo a.C. 41.

Il sintetico periodare del legislatore gortinio in CdG XI, 26-31 sembrerebbe – almeno da un esame di superficie – di non ardua ‘decifrazione’, atteso che es-so, come si ricordava poco sopra, stabilisce solo che “when the judge gives jud-gement, he does not take an oath; when he decides, he always does” 42. L’intro-duzione, nella fase istruttoria nel processo, delle deposizioni dei testimoni ovve-ro del giuramento (purgatorio) vincola il giudice, secondo le disposizioni di leg-gi, a rendere un provvedimento conforme alle risultanze probatorie: la sentenza dicastica, in questi casi, si risolve in un atto di mera registrazione, legata conte-nutisticamente al regime probatorio imposto dal diritto, in quanto il giudice non è ammesso a valutare liberamente l’esito della prova formale introdotta nel

pro-37 M.TALAMANCA, Dik£zein e kr…nein, cit., 132.

38 Cfr., sul punto, C.PELLOSO, Themis e dike in Omero. Ai primordi del diritto dei Greci, Ales-sandria, 2012, 125 ss.

39 Cfr., ad esempio, CdG I, 12-14; CdG I, 18-24; IC IV 41 V, 4-11. 40 Cfr., in questi termini, M.TALAMANCA, Dik£zein e kr…nein, cit., 120 s. 41 Cfr., ad esempio, CdG II, 16-20 e CdG X, 25-32.

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‘Provare’, ‘giudicare’, ‘decidere’: brevi note sulla prima colonna del ‘codice’ di Gortina 145 cesso e assunta. Di contro, in assenza di testimonianze ovvero di giuramento, il giudice, dopo aver pronunciato egli stesso un giuramento, deciderà secondo una personale valutazione sulla base delle dichiarazioni di parte e delle eventuali ri-sultanze istruttorie liberamente prodotte dalla parte su cui incombe l’onus

pro-bandi 43. A fronte di queste pur sommarie osservazioni, si può ritenere che la de-cisione vincolata a testimonianze e a giuramento sia espressione di uno stadio risalente a una fase più antica rispetto a quella della decisione giurata del giudi-ce, sicché è giocoforza concordare con l’opinione secondo cui là ove la legge gortinia non abbia previsto espressamente il kr…nen previo giuramento dicastico, tale modus decidendi non può affatto essere sottinteso 44. In altre parole, nella ‘consolidazione’ sincronica del Codice, verrebbero attestati ‘stratigraficamente’ i singoli passi di un processus ‘diacronico’ che il legislatore ha ricondotto, conte-stualmente, ad un unitario ‘sistema aoristico’ di disposizioni, peraltro senza che ciò, a mio avviso, pregiudichi la tendenziale coerenza ed unitarietà del Codice 45. Se, quindi, è vero che “the judge will give an automatic verdict only when the law explicitly directs him to do so”, laddove “in all other cases he will decide on his own”, allora, “the free judicial decision-making is the default procedure at Gortyn, taking precedence over the automatic procedures” 46.

4. Il regime consacrato in CdG I, 20-24 ha portata generale?

Con precipuo riguardo al rapporto intercorrente tra il regime probatorio e il tipo di sentenza, alla luce delle considerazioni svolte nel pregresso paragrafo sul principio emergente, in termini generali, da CdG I, 26-31, paiono davvero “spe-culari” le due concrete formulazioni ricorrenti nel Codice, ossia “omnunta

kri-nen a meno che non ci sia un testimone”, e “dikazen se un testimone rende

te-stimonianza” 47. Ma, ciò detto, come si atteggia il regime gortinio degli onera probandi in rapporto alla struttura processuale?

A mente di tale domanda, in uno dei pochi argomentati contributi che in let-teratura si rinviene sul tema, Maffi ha affrontato il “dilemma” scaturente dal ca-so in cui la parte processuale su cui incombe l’onere probatorio non riesca (o

43 Si tratta di risultanze, a mio credere, necessariamente diverse da quelle costituenti ‘prova decisoria’, sicché non mi pare da seguire, almeno circa il solo CdG XI, 30-31, M. GAGARIN,The

Function of Witnesses at Gortyn, cit., 54.

44 M.TALAMANCA, Dik£zein e kr…nein, cit., 121; A.MAFFI, Studi di epigrafia giuridica, cit., 37. 45 Cfr., sul punto, a favore di una lettura che parta dal postulato “che il Codice e le iscrizioni coeve ci facciano conoscere un sistema di norme coerente e non stratificato”, A.MAFFI, Giudice e

mezzi di prova,cit., 2; ma v., altresì, A.MAFFI, Studi recenti sul Codice di Gortina, cit., 173 s. 46 M.GAGARIN, The Gortyn Code, cit., 48.

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non voglia) assolvere quest’ultimo, configurando due possibili conseguenze al-ternative in astratto: quella secondo cui “il giudice assegna automaticamente la vittoria alla controparte” e quella secondo cui egli “passa dal ‘dikazen’ al-l’‘omnunta krinen’ e valuta liberamente le dichiarazioni delle parti” 48. Indi, per risolvere ‘in concreto’ il summenzionato problema, si richiama, oltre che alla “logica del sistema”, allo “spiraglio rivelatore” 49 di CdG I, 20-24, passo que-st’ultimo che, come è noto, concerne il processo instaurato per risolvere liti sulla proprietà di uno schiavo, fornendo un quadro dettagliatissimo di possibili situa-zioni probatorie: la prima è quella in cui una sola delle parti presenta (almeno) un testimone; la seconda è quella in cui entrambe le parti presentano testimoni; l’ultima è quella in cui nessuna delle due parti presenta testimoni. Giusta una tale puntuale ed esaustiva schematizzazione, lo studioso inferisce i seguenti co-rollari: 1) “il caso in cui una sola delle parti (non importa quale) presenti un te-stimone dà luogo sicuramente a un ‘dikazen’ vincolato da una prova formale” 50; 2) “se la controparte è in grado di presentare anch’essa almeno un testimone, il valore vincolante per il giudice dell’unico testimone, già presentato dall’altra parte, viene meno, e il giudice passerà dal ‘dikazen’ all’‘omnunta krinen’” 51; 3) “lo stesso passaggio si avrà se nessuna delle due parti presenta testimoni” 52. Indi – e qui inizia il mio dissenso – all’interrogativo se “dobbiamo pensare che il legi-slatore abbia inteso dettare una disciplina speciale della prova testimoniale per le controversie relative alla proprietà di uno schiavo”, lo studioso risponde che “non se ne vede il motivo”, concludendo, pertanto, che “siamo autorizzati a ge-neralizzare il disposto di c. I 18-24”, sicché “il giudice sarà tenuto a ‘dikazen’ in conformità alla testimonianza, se una sola parte presenta uno (o più testimoni)”, laddove “giudicherà … in base al proprio libero convincimento, dopo aver giu-rato, se entrambe le parti presentano testimoni o se non ne presentano alcu-no” 53.

Con tale generalizzazione Maffi si pone, dunque, “in una prospettiva diversa da quella comunemente accolta dalla dottrina”, secondo la quale “se la prova legale, prevista nel singolo caso dalla legge, non viene fornita, il giudice dovreb-be rendere una sentenza orientata dal fatto che la prova richiesta dalla legge non è stata fornita, cioè condannare la parte che non è stata in grado di fornirla” 54. Invero, l’estensione di regime così supposta, seppur in abstracto plausibile, a

48 A.MAFFI, Giudice e mezzi di prova,cit., 2. 49 A.MAFFI, Giudice e mezzi di prova,cit., 2. 50 A.MAFFI, Giudice e mezzi di prova,cit., 2. 51 A.MAFFI, Giudice e mezzi di prova,cit., 3. 52 A.MAFFI, Giudice e mezzi di prova,cit., 2. 53 A.MAFFI, Giudice e mezzi di prova,cit., 3. 54 A.MAFFI, Giudice e mezzi di prova,cit., 3.

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‘Provare’, ‘giudicare’, ‘decidere’: brevi note sulla prima colonna del ‘codice’ di Gortina 147 mio credere, in concreto è da escludere: e ciò in ragione del peculiare regime dell’onere probatorio dispiegato in CdG I, 20-24 (passo di cui è tuttavia innega-bile, anche fermo quanto si dirà immediatamente, la conformità al dettato di CdG XI, 26-31) 55. Se, infatti, è corretto interpretare il processo delle ll. 15-24 (quanto a struttura) come un processo sia oggettivamente cumulativo sia a in-versione, in quanto ciascuna parte è, rispetto all’altra, attrice de eadem re in ac-certamento positivo, allora è giocoforza ritenere che ciascuna parte, avanzando in giudizio una propria pretesa, sia stata gravata dal legislatore gortinio – come è fisiologico che sia – dall’onere di provare il proprio petitum. In siffatto sistema parrebbe operare contestualmente tanto il principio della ‘disponibilità delle prove’ (atteso che ogni parte, quale attrice in senso sostanziale, è sì onerata a provare, ma non è altresì vincolata a dedurre mezzi probatori predeterminati ex

lege), quanto quello della ‘decisorietà della prova formale’ (atteso che la parte

che provi la poziorità della propria pretesa per il tramite di un testimone, allor-ché controparte non si comporti parimenti, vincola il giudice a un dik£dden a suo vantaggio). In altre parole, a mente delle precedenti osservazioni, sarei pro-penso a sostenere che la triplice articolazione di CdG I, 20-24 sia giustificata so-lamente dalla peculiarità del giudizio ivi disciplinato: giudizio, per l’appunto, contraddistinto, da un lato, dalla confluenza in un unico alveo processuale di due contrapposte domande giudiziali entrambe di segno positivo sul medesimo oggetto (e quindi di più cause contestualmente), dall’altro, dalla insorgenza in capo ad ambo i soggetti processuali dell’onere di provare quanto positivamente affermato.

Ciò detto, il sistema istruttorio gortinio, quale è chiaramente dipinto in CdG I, 20-24, ispirato – oltre che ai due principi poc’anzi ricordati – all’evidenza an-che a quello secondo cui ‘onus probandi incumbit ei qui dicit et non ei qui negat’, non pare suscettibile, data la sua particolare conformazione di tipo ‘diadicasi-co’ 56, di alcuna generalizzazione a eterogenee forme di processo (previste tanto nel primo quanto nel secondo Codice), ossia là ove si abbia una dialettica inter

partes non riducibile all’antitesi ‘vindicatio - contravindicatio’ 57. A tal riguardo, infatti, non può essere passato sotto silenzio il seguente dato: in relazione a quei giudizi gortinii in cui è configurabile non tanto una contrapposizione tra due domande de eadem re di accertamento positivo inter se incompatibili (come è, invece, in CdG I, 15 ss.), quanto un modello rudimentale in virtù del quale l’una

55 Cfr., in questi termini, A.MAFFI, Giudice e mezzi di prova,cit., 2; contra, v. M.GAGARIN,

Le-gal Procedure at Gortyn, in Symposion 2009, Wien, 2010, 127 ss.; M.GAGARIN-P.PERLMAN, The

Laws of Ancient Crete, cit., 422.

56 Come è ovvio, quanto qui sostenuto implica la conformazione dell’‘Eigentumsstreit’ e dello ‘Statusstreit’ al modello ‘cognitorio’ elaborato compiutamente da Maffi (A.MAFFI, Processo di

li-bertà, cit., 22; ID., Processo di ‘status’, cit., 131 s.).

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parte ‘afferma’ (domandando giudizialmente, quale petitum immediato, una pronuncia del dicasta anzitutto di accertamento), mentre l’altra ‘nega’ (limitan-dosi a opporre alla pretesa dell’avversario ciò che oggi potrebbe essere definito in termini di ‘mera difesa’ e non facendo valere in giudizio alcuna domanda comportante una pronuncia cognitiva che faccia stato), non è mai previsto dal legislatore come possibile un contrasto tra testimoni, a differenza di quanto ac-cade in CdG I, 20-24 58.

Se le riflessioni svolte sono corrette, allora, il silenzio legislativo di cui s’è ap-pena detto potrebbe addirittura essere spiegato ipotizzandosi l’operare, nel mo-do più rigoroso, del principio probatorio da ultimo citato, ossia quello in forza del quale, se è unicamente la parte che afferma, e non quella che nega, ad essere onerata o a provare liberamente o a introdurre una data prova, al fine di ottene-re l’emissione di un provvedimento giudiziale favoottene-revole, allora è inconcepibile, e pertanto non è né deve essere contemplata legislativamente, una fase istrutto-ria in cui sia l’una che l’altra parte introducono in giudizio un proprio testimone (atteso, peraltro, che il testimone del convenuto sarebbe chiamato a provare un fatto negativo) 59.

Ciò detto, non mi parrebbe peregrino supporre che il legislatore gortinio, ogniqualvolta disciplini processi in cui non vi sono, al contempo, cumulo di cause e inversione delle parti, senza codificare il principio delle armi pari in fase istruttoria, pre-determini più o meno esplicitamente la parte sulla quale incom-be l’onus di ‘prova liincom-bera’ ovvero l’onus di ‘prova decisoria’ (ossia, come poc’an-zi detto, quanto alla dedupoc’an-zione di uno o più testimoni, solo la pars quae dicit e giammai ea quae negat), dando vita, così, ad uno schema processuale che si arti-cola, essenzialmente, tanto nell’antitesi ‘petitum in accertamento positivo -

de-fensio negativa del petitum’, quanto nell’onere unilaterale della prova. Si tratta

di uno schema a mio credere rinvenibile assai sovente nelle disposizioni legisla-tive di Gortina: esso opera con riguardo alle ipotesi in cui il decidere dicastico, previo giuramento, viene indotto ex lege unicamente dall’assenza dell’espleta-mento della prova testimoniale. Un esempio si ha in CdG I, 12-14, ossia nelle tre righe che concludono la prima sezione della prima colonna, ove, dopo la prescrizione del celeberrimo divieto di impossessamento, viene disciplinato il processo che mira a sanzionare detto divieto, perseguendo la condotta illecita che non lo rispetti 60: entro tale schema processuale il legislatore detta una

pun-58 Prescindo qui in toto dall’ulteriore problematica concernente un contrasto di testimoni in numero dispari, su cui v. A.MAFFI, Studi di epigrafia giuridica, cit., 75 s.

59 Entro siffatto sistema, potrebbe supporsi altresì come pienamente vigente nel diritto proces-suale gortinio il principio consacrato nel celeberrimo brocardo latino ‘negativa non sunt

proban-da’, sia per ‘formal witnesses’, sia per ‘accidental witnesses’ (cfr., M.GAGARIN, The Function of

Witnesses, cit., 29 ss.

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‘Provare’, ‘giudicare’, ‘decidere’: brevi note sulla prima colonna del ‘codice’ di Gortina 149 tuale disciplina del regime probatorio in cui, a ben vedere, sia non è fatto alcun accenno a possibili contrasti tra testimoni (divisi tra le due parti in lite), sia è impiegato al singolare il sostantivo ma‹tuv, sia il modo di giudicare consistente nel kr…nen è espressamente previsto in caso di negazione da parte del convenuto della condotta vietata di ¥gen e, contestualmente, in assenza di deposizione te-stimoniale 61. Ora, se il contrasto di testimoni è previsto solo in CdG I, 15 ss. (in quanto, in tale tipo di giudizio che abbiamo definito ‘oggettivamente cumulati-vo’ e ‘a parti invertite’, entrambi gli avversari sono posti pariteticamente sullo stesso piano, sia sotto il profilo della ‘domanda’, sia sotto quello dell’‘onere pro-batorio’, chiedendo sia l’attore che il convenuto in senso formale un accerta-mento di segno positivo), allora, con riguardo a CdG I, 12-14 (trattandosi, inve-ce, di un rapporto processuale in cui v’è, da un lato, la sola domanda di accerta-mento avanzata da chi è attore sia in senso formale che in senso sostanziale, dal-l’altro, la difesa del convenuto limitata alla negazione dell’impossessamento), l’as-senza di una analoga disposizione legislativa (in una con il dato linguistico rap-presentato dall’uso del singolare ma‹tuv) non credo debba indurre l’interprete a ritenere che pure qui sia implicitamente configurabile un contrasto di testi e, inoltre, che questo contrasto sia assimilabile all’ipotesi, implicante libera valuta-zione del giudice, della non deduvaluta-zione in giudizio di testimoni 62. Ben più logico mi pare – argomentando e dal regime espresso di CdG I, 20-24 e dal silenzio di CdG I, 12-14 – che, ove lo schema processuale sia non quello di contrapposte

vindicationes, ma quello dell’antitesi ‘petitum-defensio’, solo chi afferma (vale a

dire l’attore) sia onerato di provare e, quindi, di dedurre, ove non voglia suscita-re la libera decisione giurata dicastica, almeno un testimone dell’avvenuta psuscita-resa di possesso illecita 63.

WILLETTS, The Law Code of Gortyn, cit., 39; H.VAN EFFENTERRE-F.RUZÉ, Nomima, II, cit., 42 s. Come ha più volte ribadito Maffi (A.MAFFI, Processo di libertà, cit., 20; ID., Processo di ‘status’,

cit., 131 s.; ID., Studi di epigrafia giuridica, cit., 50 ss.), qui, a prescindere dall’accertamento dello

status della persona oggetto dell’¥gein da parte del convenuto, il giudice gortinio è chiamato a de-cidere se quest’ultimo abbia o meno violato il divieto di cui a CdG I, 2-3 di sequestrare o sottrarre ad altri la persona qua de agitur; il giudice, quindi, in caso di accertamento favorevole all’attore è chiamato a condannare sia al pagamento di una pena privata sia al rilascio dell’¢gÒmenov nel ter-mine di tre giorni. Lo schema del processo complessivamente delineato nelle ll. 2-14 della prima colonna è affatto altro rispetto a quello di cui alle ll. 15-24: quanto al primo tipo processuale, in-fatti, l’una parte, quale attore, in primis chiede al dicasta di accertare l’integrazione degli estremi dell’illecito di ¥gein prÕ d…kav; l’altra parte, quale convenuto, invece, è espressamente ammessa a difendersi unicamente negando l’asserita ¢gwg».

61 Cfr. A.MAFFI, Giudice e mezzi di prova, cit., 1; M.TALAMANCA, Dik£zein e kr…nein, cit., 121.

62 Così, invece, seppure in termini dubitativi, M.TALAMANCA, Dik£zein e kr…nein, cit., 121, nt. 52; nonché, senza esitazioni, M.GAGARIN, The Function of Witnesses, cit., 38 s., e A.MAFFI,

Giu-dice e mezzi di prova, cit., 2.

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