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Matematichese? No, Thymiese!”

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Academic year: 2021

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LAVORO DI DIPLOMA DI

FRANCESCO MASCIOVECCHIO

MASTER OF ARTS IN INSEGNAMENTO PER IL LIVELLO SECONDARIO I

ANNO ACCADEMICO 2017/2018

“MATEMATICHESE? NO, THYMIESE!”

ESPLORANDO LE CONNESSIONI TRA LINGUAGGIO NATURALE,

LINGUAGGIO DI PROGRAMMAZIONE DI UN ROBOT E LA

MATEMATICA

RELATORE

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Ringraziamenti – Ringrazio di cuore la professoressa Rossana Falcade per i preziosi consigli ed indicazioni, per la sua grande disponibilità e per il sostegno offertomi in questo intenso percorso. Ringrazio i colleghi della scuola media di Pregassona, per la pronta disponibilità nel mettere a disposizione le strutture e gli strumenti della scuola. Ringrazio il collega e amico Diego Santimone, senza il quale questo progetto avrebbe avuto una forma certamente più povera e modesta. Ringrazio Giulia, per il suo costante sostegno. Infine, ringrazio la mia famiglia, gli amici, i compagni di corso e tutte le persone che mi sono state accanto in questo impegnativo, ma appassionante cammino.

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Francesco Masciovecchio

Master of Arts in Insegnamento per il livello secondario I

“Matematichese? No, Thymiese!”

Rossana Falcade

Il linguaggio della matematica, quello naturale e quello di programmazione di un robot sono i protagonisti di questo lavoro di ricerca. Si tratta infatti di tre linguaggi che hanno un forte legame tra loro, ma anche sostanziali differenze. A tal proposito si è voluto indagare in che modo l’acquisizione di alcune competenze, non solo linguistiche, nel campo della programmazione di un piccolo robot, il Thymio, potesse favorire la costruzione di competenze anche in ambito matematico. La ricerca è stata prevalentemente di tipo qualitativo e si è concentrata su un campione di allievi di una classe prima media. Nello specifico essa ha preso in considerazione, da un lato, il costrutto condizionale “se…allora…”, dall’altro, i quantificatori della logica matematica "almeno uno", “tutti” e “nessuno”. Dapprima si sono indagate le forme linguistiche scelte dagli allievi per esprimere delle relazioni di consequenzialità causale. In secondo luogo, all’interno di un percorso di robotica educativa specificamente dedicato, si è sviluppato l’utilizzo dei diversi termini e si è osservato come gli allievi li mobilitassero. Infine, si è analizzato se gli allievi fossero in grado di estendere tale utilizzo anche all’ambito della geometria. I dati ottenuti hanno mostrato che all’interno del percorso proposto, gli allievi sono riusciti a sviluppare un uso più consapevole di tali termini e costrutti e sono stati capaci di trasferire questa competenza in altri ambiti.

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Sommario

1 Introduzione ... 1

2 Quadro teorico... 3

2.1 La robotica educativa ... 3

2.1.1 Cos’è un robot? ... 3

2.1.2 Il pensiero computazionale e la robotica educativa ... 4

2.2 Il robot come artefatto e come strumento di mediazione semiotica ... 6

2.3 Linguaggio naturale, della logica matematica e linguaggio di programmazione ... 8

2.3.1 Strutture condizionali nei diversi linguaggi ... 9

3 Domande e ipotesi di ricerca ... 13

3.1 Le domande di ricerca ... 13

3.2 Le ipotesi di ricerca ... 14

4 Quadro metodologico ... 15

4.1 Tipologia di ricerca e campione di riferimento ... 15

4.2 Interventi didattici e modalità di raccolta dati ... 16

4.2.1 Scelte didattiche significative in funzione delle domande di ricerca ... 17

4.3 Modalità di analisi dati ... 19

5 Analisi e Risultati ... 21

5.1 Interventi 1, 2, 3 e 4 e risposta alla prima domanda di ricerca ... 21

5.2 Interventi da 5 a 12 e risposta alla seconda domanda di ricerca ... 25

5.2.1 Almeno uno, tutti, nessuno – Analisi intervento 7 ... 25

5.2.2 Almeno uno, tutti, nessuno – Analisi intervento 12 ... 29

5.2.3 “Se…, allora...” ... 31

5.3 Analisi interventi 12 e 13 e risposta alla terza domanda di ricerca... 34

5.3.1 Transfer – Almeno uno, tutti, nessuno ... 34

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6.1 Conclusioni della ricerca ... 39

6.2 Limiti della ricerca e spunti di miglioramento ... 40

6.3 Riflessioni sullo sviluppo personale e professionale ... 41

7 Bibliografia e sitografia ... 43

8 Allegati ... 47

8.1 Comportamenti preprogrammati di Thymio ... 47

8.2 Attività 2 – Manuale dei comportamenti preprogrammati di Thymio ... 48

8.3 Attività 3 – Esempio di manuale dei comportamenti preprogrammati di Thymio ... 49

8.4 Attività 4 - Avvicinamento al Visual Programming Language (VPL) di Thymio ... 50

8.5 Attività 5 – Prima esercitazione di programmazione ... 59

8.6 Attività 6 – Esercizi di ripasso della lezione precedente e nuova esercitazione ... 60

8.7 Attività 7 - esercizi di ripasso della lezione precedente e nuova esercitazione ... 62

8.8 Attività 8 – Problemi da risolvere con Thymio... 65

8.9 Attività 10 – Creazione di un problema ... 68

8.10 Attività 11 – Esempio di problema inventato dagli allievi ... 69

8.11 Attività 12 – Verifica delle competenze relative al costrutto “se…, allora…” ... 70

8.12 Attività 13 – Verifica delle competenze relative ai quantificatori ... 74

8.13 Trascrizione videoregistrazione dell’intervento 7 ... 75

8.14 Trascrizione videoregistrazione dell’intervento 8 ... 79

8.15 Analisi attività 2 ... 81

8.16 Analisi attività 4 ... 82

8.17 Analisi attività 12 ... 83

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1 Introduzione

“Il vero problema non è se le macchine sappiano pensare, ma se gli uomini lo facciano” (Burrhus Frederic Skinner)

Il presente lavoro di diploma nasce dalla passione per gli artefatti tecnologici che mi accompagna dal momento in cui ho deciso di intraprendere la strada di docente di scuola media. L’artefatto (non necessariamente di tipo tecnologico), infatti, può agire come uno strumento di mediazione semiotica dei saperi potenzialmente in esso incorporati, a patto però che il tutto avvenga nell’interazione sociale all’interno di una specifica attività (Bartolini Bussi & Mariotti, 2008). Se a questo si aggiunge la componente di nuove tecnologie, alle quali la scuola ha il compito di preparare ed educare all’uso critico e consapevole (DECS, 2015, p. 44) il quadro diventa ancora più completo ed interessante. Nato inizialmente come un possibile percorso didattico con il software di geometria dinamica GeoGebra, questo lavoro di ricerca si è trasformato strada facendo arrivando ad utilizzare come strumento un piccolo robot, il Thymio, sviluppato in collaborazione tra l'Ecole Polytechnique Fédérale de Lausanne (EPFL) e l'Ecole Cantonale d'Art de Lausanne (écal).

L’obiettivo del lavoro è stato infatti quello di esplorare tre tipologie di linguaggio tra loro legate, ma con essenziali punti di differenza: il linguaggio della matematica, il linguaggio naturale e il linguaggio di programmazione. Ciò che si è voluto indagare in questa analisi è in che modo l’acquisizione di competenze linguistiche in un campo (nello specifico, quello della programmazione del Thymio) potesse favorire la costruzione di competenze in un altro a questo legato (la matematica). Tutto ciò tenendo come chiave di lettura due filoni principali: il costrutto condizionale “se…, allora” e i quantificatori della logica matematica almeno uno, tutti e nessuno.

Per fare questo, dapprima si sono indagate le forme linguistiche scelte dagli allievi per esprimere delle relazioni di consequenzialità causale. In secondo luogo, si è osservato come gli allievi hanno mobilitato i termini sopra citati, all’interno di un percorso di robotica educativa su questi incentrato. Infine, si è analizzato quanto il percorso abbia permesso di trasferire le conoscenze linguistiche acquisite, nell’ambito della geometria.

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2 Quadro teorico

2.1 La robotica educativa

2.1.1 Cos’è un robot?

Cercando sull’Oxford Dictionary la parola robot, si trova la seguente definizione: una macchina

programmabile da un computer capace di eseguire una complessa serie di azioni automaticamente

(2018).

Figura 1: robot indossabile sviluppato da Hyundai (maggio 2016).

Tali dispositivi sono così largamente utilizzati a livello industriale (Fig. 2) che, alcuni prodotti prima di essere commercializzati non sono mai stati toccati dall’uomo, ma solo ed esclusivamente da (altri) robot.

Figura 2: fornitura annuale dell’industria dei robot nel mondo: dati 2008 – 2016 e stime 2017-2020 (International Federation of Robotics, 2017)

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La loro diffusione si è spinta fino al nostro quotidiano, tramite robot tagliaerba, robot per cucinare, ecc. Nonostante questo però, intuire come queste macchine siano fatte e come operino non è sempre facile, specialmente per i non addetti ai lavori. In generale, per avere un’idea primitiva ma efficace del funzionamento di un robot è possibile fare un parallelismo con il corpo umano: il computer ed il software sono assimilabili al cervello, i motori ed il telaio giocano il ruolo di muscoli e scheletro, infine i sensori rappresentano gli organi di senso (Baldi, 2015).

Da qualche tempo ormai i robot hanno fatto il loro ingresso anche tra i banchi di scuola con percorsi, dispositivi e caratteristiche specifiche per le diverse fasce d’età. Al di là della loro sempre più capillare diffusione, risulta quindi ancor più doveroso e interessante interrogarsi sui motivi per cui può valere la pena inserire i robot nel lavoro in classe e in che modo questo sia didatticamente utile per sviluppare competenze che non siano solo strettamente legate all’ambito dell’informatica. È proprio a partire da questi interrogativi generali che è stato sviluppato questo lavoro di ricerca.

2.1.2 Il pensiero computazionale e la robotica educativa

La risposta alla prima domanda del paragrafo precedente può essere trovata in quello che è stato per la prima volta chiamato computational thinking da Seymour Papert (1980) e definito in maniera più rigorosa da Jeannette Wing (2006). Tipico dell’informatica e della robotica, il computational thinking si presenta come un modo di pensare, una sorta di forma mentis basata sui concetti fondamentali del calcolo volta alla risoluzione di problemi, a concepire sistemi e comprendere il comportamento umano (Wing J. M., 2008). Esso prevede, ad esempio, che nell’affrontare un problema, lo si analizzi prima di risolverlo, lo si scomponga in sotto problemi, progettando sistemi risolutivi, formulando euristiche, ecc. In altre parole, come sintetizzano Luca Botturi e Lucio Negrini, “affrontare un problema pensando come un informatico” (2016). Ciò che risulta di fondamentale interesse è che questo modo di ragionare è in realtà indipendente dalla tecnologia e può essere utilizzato in moltissime situazioni concrete anche da persone completamente a digiuno di informatica. Gli stessi Botturi e Negrini (ibidem, p.2) ad esempio evidenziano come “preparare la cartella per la scuola possa essere interpretato come pre-fetching1, cercare un gattino che si è perso come

1 Pre-fetching: Il prefetch (dal latino pre, "prima" e fetch, in inglese "andare a prendere") è una tecnica volta a ridurre le

attese utilizzata nei microprocessori. Con un’estrema semplificazione, si potrebbe dire che essa consista nel precaricaricare l’istruzione successiva che un programma dovrebbe svolgere al fine, appunto, di risparmiare tempo.

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tracking2, decidere se affittare o comprare un paio di sci è un algoritmo, ecc.”. L’introduzione dei

robot a scuola quindi va nella direzione di sviluppare questo tipo di pensiero. Non a caso il PSSO della scuola ticinese (DECS, 2015, p. 44) riporta nei contesti di formazione generale la voce “tecnologie e media” e il rapporto di Economiesuisse (2017) afferma la centralità di questo tema. Convinti quindi che la direzione da prendere sia questa, resta tuttavia da chiarire come introdurre nella scuola la robotica e l’informatica per poter sviluppare significativamente il computational

thinking.

Una maniera interessante e certamente accattivante per gli allievi di qualsiasi età è la robotica

educativa. Come ben spiegato in Moro, Menegatti, Sella e Perona (2001) per un lungo periodo con il

termine robotica educativa si è inteso lo studio di come insegnare la robotica agli allievi. In realtà (ibidem, p. 12):

la robotica educativa ha una valenza più ampia del solo studio delle metodologie più efficaci per trasferire agli studenti le competenze tecnico-scientifiche di cui abbisognano per costruire e programmare dei robot affidabili. Infatti, noi propugniamo l’uso della robotica educativa

soprattutto come strumento per stimolare i ragazzi allo studio attivo non solo delle discipline

scientifiche, ma in generale di tutto il sapere. [L’idea che soggiace a tutto ciò] è che il robot sia il mezzo e non il fine delle avvincenti esperienze che gli studenti possono vivere.

Data per acquisita la validità di un percorso di robotica educativa, in cui il robot sia il mezzo e non il fine, in questo lavoro di ricerca ci si è occupati di declinare tutto ciò all’interno di un percorso di insegnamento-apprendimento in una classe di prima della scuola media che coinvolgesse lo sviluppo di competenze non solo in ambito informatico, ma anche matematico e trasversali. Per fare questo dapprima si è guardato al robot considerandolo come un artefatto e uno strumento e in seguito si è studiato un percorso specifico fondato sulle diversità e complementarietà del linguaggio naturale, quello di programmazione e quello della matematica.

2 Back tracking: in informatica e in ricerca operativa, metodo di ricerca esaustiva delle soluzioni di un problema di natura

combinatoria. Consiste nel partire da soluzioni parziali che si estendono o si restringono, ritornando sui propri passi, in base all’esito, positivo o negativo, del confronto tra la soluzione parziale e i vincoli posti dal problema alla natura delle soluzioni. (Treccani)

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2.2 Il robot come artefatto e come strumento di mediazione semiotica

Molto spesso gli artefatti rappresentano un prodotto assai raffinato di un’attività sociale dell’uomo e della sua stessa storia. Questi oggetti, infatti, arrivano ad incorporare componenti considerevoli del sapere. Nell’ambito specifico della matematica, la relazione con gli artefatti è antica (si pensi ad abachi, compassi, ecc.) e, legandosi a questo stesso discorso, è facile intuire come questa relazione assuma ancora più rilevanza con l’introduzione delle nuove tecnologie. Ciò che interessa maggiormente di questi oggetti è la loro doppia natura (Norman, 1993) ovvero l’aspetto pragmatico o esperienziale orientato verso l’esterno che consente di modificare l’ambiente circostante e l’aspetto

riflessivo orientato verso l’interno che permette ai soggetti di sviluppare l’intelligenza (Bartolini

Bussi & Mariotti, 2009). Nel suo testo Les hommes et les technologies, Rabardel (1995) propone un’interessante distinzione tra artefatto e strumento. Secondo la sua terminologia infatti l’artefatto è l’oggetto materiale o simbolico che fa parte della realtà oggettiva. Lo strumento invece si configura come

un’entità mista composta sia da componenti legate alle caratteristiche dell’artefatto che da componenti soggettive (schemi d’uso). Questa entità mista tiene conto dell’oggetto e ne descrive l’uso funzionale per il soggetto (Rabardel & Samurcay, 2001).

Gli schemi d’uso sono via via costruiti ed elaborati nel corso dell’utilizzo volto al compimento di una particolare azione. L’uso di un determinato artefatto non è dunque neutro. Esso determina sempre una riorganizzazione di strutture cognitive grazie a schemi d’uso che hanno nel contempo una

dimensione sociale e una dimensione individuale (Rabardel, 1997).

Rabardel affronta questo tema esclusivamente da un punto di vista cognitivo. Non si interroga sui possibili risvolti didattici e su come poter utilizzare efficacemente un artefatto in classe. Invece, questa problematica è importante per chi si occupa di didattica. Infatti, non basta utilizzare un artefatto (tecnologico e non tecnologico) per accedere al sapere incorporato: la conoscenza incorporata nell’artefatto rischia di restare celata a chi lo usa e di rimanere relegata esclusivamente “negli occhi di chi guarda” (Bartolini Bussi & Mariotti, 2010). A tal proposito, Bartolini Bussi e Mariotti hanno recuperato in parte il quadro teorico sviluppato da Rabardel interpretandolo e collocandolo all’interno del paradigma didattico di ispirazione vigotskiana della mediazione semiotica (2008). Secondo questo paradigma, per l’allievo, l’artefatto serve semplicemente per risolvere un compito (strumento esteriormente orientato). Dal punto di vista dell’insegnante invece, lo stesso artefatto può agire come uno strumento di mediazione semiotica dei saperi potenzialmente in esso incorporati, a patto però che

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il tutto avvenga nell’interazione sociale all’interno di una specifica attività (Bartolini Bussi & Mariotti, 2008). Per fare ciò l’insegnante deve (Falcade, 2006):

- garantire l’indispensabile processo di strumentazione;

- organizzare delle particolari consegne a seconda dell’artefatto introdotto in classe;

- attivare negli allievi un forte processo semiotico, ad esempio tramite la produzione di testi scritti, rappresentazioni grafiche, linguaggio verbale e gestuale, ecc.;

- favorire discussioni collettive.

Figura 3: Processo di mediazione semiotica (Falcade, 2006).

Questo processo è proprio ciò che si è voluto mettere in atto in un percorso di robotica educativa. Come già detto, il robot si è configurato come strumento di mediazione semiotica. Attraverso la sua programmazione orientata a far svolgere al robot un dato compito, si è cercato di sviluppare negli allievi una maggiore consapevolezza e padronanza di alcuni termini specifici della matematica: i connettivi logici “se”, “allora” e alcuni quantificatori, “almeno uno”, “tutti” e “nessuno”3. Tali termini rivestono un ruolo fondamentale non solo nella matematica ma, ovviamente, anche nella lingua naturale e nel linguaggio di programmazione.

A questo proposito, nel paragrafo seguente si approfondiscono tematiche legate alle diverse forme di linguaggio (matematico, naturale e di programmazione) e alcuni aspetti ad esse connesse.

3 Tali quantificatori sono considerati nella loro accezione all’interno della logica dei predicati. Per un approfondimento

sul loro significato si rimanda alla consultazione delle dispense ad opera del professor Palladino (materiale didattico: www.dif.unige.it/epi/hp/pal/dispense.htm )

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2.3 Linguaggio naturale, della logica matematica e linguaggio di programmazione

Secondo Pier Luigi Ferrari (2004, p. 11), il linguaggio della matematica si configura come un “sistema multimodale” che include testi verbali, espressioni simboliche e rappresentazioni figurali. Nello sviluppare la sua riflessione, P. L. Ferrari riprende quanto affermato da Raymond Duval. In primo luogo, invoca il paradosso cognitivo del pensiero matematico (Duval, 1993) secondo cui gli oggetti matematici non sono direttamente accessibili attraverso i sensi e la percezione, ma solo attraverso delle rappresentazioni. Per Duval infatti non vi può essere conoscenza (noésis) senza rappresentazione (sémiosis) (1993, p. 40). Da qui scaturisce la fondamentale importanza del linguaggio nella matematica, come sistema di segni che rappresentano oggetti non direttamente accessibili. Tuttavia, questo può portare a numerose problematiche nella didattica. Ad esempio, riprendendo nuovamente Duval (1993), P. L Ferrari ricorda il rischio di confondere l’oggetto con le sue rappresentazioni (es. confondere la funzione con il suo grafico).

In generale i legami tra il linguaggio matematico e quello “naturale” sono molteplici. Tuttavia, sono altrettante le possibilità d’inciampo e le difficoltà connesse. Infatti, vi sono parole che adoperate nel linguaggio naturale e in quello matematico assumono significati differenti (es. corda, potenza, spigolo, ecc.) (Ferrari P. L., 2004). Questo non vale solo per le parole tipiche della matematica ma anche per alcuni costrutti logici, come il periodo ipotetico che assume significati e funzioni diverse nella lingua naturale, rispetto al linguaggio matematico.

In aggiunta a tutto ciò, l’introduzione di un artefatto tecnologico come un robot educativo nella didattica della matematica porta un ulteriore elemento di complessità. Oltre al linguaggio naturale e al linguaggio matematico, interviene un ulteriore tipo di linguaggio, quello di programmazione. Esso ha costrutti e segni propri, ma condivide in parte alcuni segni e costrutti con gli altri tipi di linguaggio. Infatti, più nello specifico, un linguaggio di programmazione è il mezzo con cui si comunica con i calcolatori, istruendoli su ciò che vogliamo che questi svolgano. Ne esistono dei più disparati (Pascal, Prolog, C++, Java, ...), e, a seconda dell’utilizzo e del livello di comunicazione, hanno caratteristiche e complessità differenti. Come nel caso degli altri due linguaggi sopra citati, anche tra linguaggio di programmazione e linguaggio naturale esistono differenze sostanziali. Una tra le più importanti, come sottolinea S. Ronchi Della Santa (2003, p. 3), è l’ambiguità semantica che permette che “una frase abbia più di un significato, a seconda del contesto in cui si viene a trovare”. Riprendendo un esempio della stessa autrice, la frase “la vecchia porta la sbarra” presenta ambiguità semantica in quanto questa proposizione può essere interpretata in diversi modi in funzione del contesto (es. il vecchio uscio blocca la strada ad una persona di sesso femminile, oppure la donna anziana trasporta un’asta). Va da sé che nei linguaggi di programmazione tale ambiguità non può essere ammessa.

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Senza pretendere di esaurire il discorso sulle relazioni complesse tra i diversi linguaggi, questo lavoro, in maniera esplorativa ha voluto indagare in particolare le relazioni tra i connettivi logici quali se,

allora e i quantificatori tipici della logica matematica quali almeno uno, tutti, nessuno, ecc. che

rivestono un ruolo chiave anche negli altri linguaggi, pur assumendo significati o funzioni diverse. Tutto ciò è stato fatto tenendo come focus particolare il costrutto della struttura condizionale.

2.3.1 Strutture condizionali nei diversi linguaggi

Nel linguaggio naturale la struttura condizionale prende il nome di periodo ipotetico. Consultando l’enciclopedia Treccani alla voce periodo ipotetico troviamo (2012):

Il periodo ipotetico è un periodo attraverso il quale si esprime un’ipotesi da cui può derivare una conseguenza. È formato dall’unione di una proposizione reggente, o apodosi, con una subordinata condizionale, o protasi. La reggente esprime la conseguenza che deriva o deriverebbe dal realizzarsi della condizione indicata nella subordinata.

Es. Se avessi tempo (protasi), verrei volentieri (apodosi).

A seconda del grado di probabilità dell’ipotesi nella protasi, il periodo ipotetico può essere di tre tipi: • periodo ipotetico della realtà, quando l’ipotesi è reale o molto probabile (es. Se c’è forte vento,

copriti la bocca con la sciarpa);

• periodo ipotetico della possibilità, quando l’ipotesi è possibile, ma non sicura (es. Se Paolo ti chiedesse qualcosa, digli che non ne sai nulla);

• periodo ipotetico dell’irrealtà, quando l’ipotesi è impossibile e irrealizzabile (es. Se fossi nei tuoi panni, mi licenzierei);

La proposizione subordinata condizionale (quella che forma la protasi del periodo ipotetico) può essere in forma esplicita o implicita (Serianni, 1997). Nel caso in cui sia esplicita, essa è introdotta dalla congiunzione se con il verbo all’indicativo o al congiuntivo a seconda della possibilità o meno dell’ipotesi. Al posto del se, può essere introdotta anche da qualora, purché, nel caso in cui, ecc. (es. “Nel caso in cui il treno fosse in ritardo, perderemmo la coincidenza”).

Nella costruzione implicita invece il verbo può presentarsi al gerundio presente (es. “Continuando così finiremo molto presto”), al participio passato (es. “Ogni lavoro riesce meglio, eseguito con calma”) oppure all’infinito presente preceduto da a (es. “A giudicare dall’aspetto sembra ottimo”). Da notare inoltre che in alcuni casi la protasi può essere sostituita da altre preposizioni, quali la finale, la temporale, ecc. Ad esempio, la frase:

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“Occorrerebbero pagine e pagine per elencare tutte le opere in cui compare almeno un gatto" è equivalente a:

“Occorrerebbero pagine e pagine se volessimo elencare tutte le opere in cui compare almeno un

gatto”

e in questo caso “per elencare…” è una proposizione finale. Questi costrutti sono stati di grande importanza nell’analisi della prima parte di questa ricerca.

Spostando l’attenzione sul linguaggio di programmazione, le strutture condizionali vengono largamente utilizzate per far controllare delle condizioni ad un calcolatore e per far eseguire azioni differenti a seconda che la condizione sia o meno verificata (Figura 4).

Figura 4: diagramma di flusso if – then – else (Wikipedia)

I comandi fondamentali per fare ciò sono proprio le particelle if (se) then (allora). Riferendosi alla classificazione precedente, se si dovesse tradurre il costrutto if - then del linguaggio di programmazione in termini di linguaggio naturale, ci si riduce solo a periodi ipotetici della realtà. Questo costituisce una differenza sostanziale nell’uso di tali parole nei due linguaggi. È per questo motivo che in questo contesto ci si concentrerà maggiormente sul periodo ipotetico della realtà. Nel linguaggio matematico infine queste particelle risultano fondamentali per quello che è lo sviluppo del ragionamento ipotetico-deduttivo. Come ci ricorda Duval (1993), tale ragionamento è centrale in geometria e si basa sul modus ponens4:

4 In logica, regola di deduzione (indicata sinteticamente con MP) che permette di dedurre da una implicazione (per

esempio, «se Socrate è un uomo allora è mortale») e dalla premessa di tale implicazione («Socrate è un uomo») la sua conseguenza («Socrate è mortale»). (Treccani, 2013)

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A è vero;

A implica B è vero; dunque B è vero.

Figura 5: schema dell'organizzazione ternaria di un passo di deduzione - (Duval, 1993, p. 44).

Da questo punto di vista, l’ingresso nella scuola media segna, spesso, anche l’entrata degli allievi in questo nuovo modo di ragionare. Si tratta pian piano di far comprendere loro che le proprietà che essi riconoscono o identificano negli oggetti della geometria, non discendono più da dati percettivi né da nessi causali ma da nessi logici dentro un impianto assiomatico organizzato gerarchicamente. Ad esempio, in seno alla geometria euclidea, si può affermare che:

se il triangolo ABC è equilatero, allora altezze, mediane e bisettrici concorrono in un solo punto

Oppure, in simboli:

il triangolo ABC è equilatero altezze, mediane e bisettrici concorrono in un solo punto

A ⇒ B

Il segno ⇒ è detto “segno di implicazione” e si legge “implica”.

In questo senso potremo quindi dire che, in seno ad una certa teoria, A implica B è vera se A è vero e se dall'essere vera A segue che è vera anche B.

Sempre in ambito matematico all’interno della logica delle proposizioni si può definire l’implicazione materiale (detta anche condizionale materiale) (Pagina & Patri, 2014). Questa si indica con il simbolo

p → q che si legge “se p allora q” oppure “p implica q”, ma ha un significato differente. Infatti, l’implicazione materiale si ha quando i termini che la costituiscono, ad esempio p e q in “p → q”, sono proposizioni che non hanno connessioni causali (De Santis, 2011). L’implicazione materiale quindi afferma che q è vera quando (ma non necessariamente solo quando) p è vera e non dichiara

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nulla sulla causalità tra p e q. In questo senso, la frase “se 3 è un numero primo, allora Parigi è la

capitale della Francia” risulta essere vera secondo le regole dal condizionale materiale (Tabella 1).

p q p → q

V V V

F V V

V F F

F F V

Tabella 1: tavola di verità - implicazione materiale

Seppur certamente non esaustiva, l’analisi sopra proposta fa trasparire i nessi tra i tre linguaggi. Oltre a questo inoltre emergono chiaramente anche delle sostanziali differenze che, di nuovo, a causa delle stesse forme di espressione (se… allora...) possono trarre facilmente in inganno.

Dato il taglio propriamente didattico della ricerca, non si è interessati ad una trattazione profonda ed esauriente di questi temi. Alla scuola media, infatti, si tratta di avvicinare gli allievi al ragionamento ipotetico deduttivo, ad esempio attraverso attività legate alla classificazione dei quadrilateri, o alla classificazione di insiemi, ecc. Come già accennato inoltre, in questo ambito termini certamente interessanti e in qualche modo afferenti alla stessa sfera sono i quantificatori tipici della logica matematica almeno uno, tutti, nessuno. Ciò su cui si vuole focalizzare l’attenzione sono, come si è già anticipato, alcune connessioni che vi sono tra i tre linguaggi. Spingendosi ancora più in là, in questo lavoro di ricerca ci si è chiesti se lo sviluppo di questi costrutti e termini in uno di questi tre ambiti– nel nostro caso il linguaggio di programmazione di un piccolo robot, il Thymio – possa o meno favorire lo sviluppo negli altri due e in particolare nell’ambito matematico.

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3 Domande e ipotesi di ricerca

3.1 Le domande di ricerca

Riassumendo in breve, lo scopo principale del presente lavoro è quello di sviluppare negli allievi di una classe prima media una maggior consapevolezza nell’utilizzo dei connettivi (se, allora) e dei quantificatori tipici della logica matematica (almeno uno, tutti, nessuno) mediante l’utilizzo di un artefatto tecnologico, un robot programmabile. Le domande di ricerca che guidano questo lavoro sono le seguenti:

D1.

Quali forme linguistiche scelgono gli allievi all’ingresso della prima media per esprimere delle relazioni di consequenzialità causale o logica?

D2.

È possibile sviluppare e rafforzare negli allievi le competenze linguistiche legate all’utilizzo esplicito e corretto del costrutto “se…, allora…” e ai quantificatori tipici della logica almeno uno, tutti,

nessuno attraverso un percorso di robotica educativa su questi incentrato?

D3.

In quale misura gli allievi trasferiscono la competenza nell’uso di tali termini e costrutti, che hanno sviluppato all’interno di un percorso di robotica educativa, in attività afferenti all’ambito della geometria?

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3.2 Le ipotesi di ricerca

I1.

Si ipotizza che gli allievi di prima media abbiano competenze linguistiche atte ad esprimere relazioni di consequanzialità causale e/o logica in quanto queste si fondano sui costrutti condizionali tipici del linguaggio naturale. Tuttavia, ci si aspetta che questa conoscenza non sia approfondita, né tanto meno consapevole e strutturata e che quindi le forme utilizzate non siano rigorose e precise. A tal proposito si prevede l’utilizzo di forme quali: gerundio, subordinate temporali, ecc., piuttosto che periodi ipotetici meticolosamente impostati (“se…, allora…”). Si ipotizza inoltre che le capacità in questo ambito siano differenti all’interno del gruppo classe perché legate alle attitudini e all’esperienza individuale.

I2.

Si ipotizza che grazie ad una scelta oculata delle attività con il robot Thymio gli allievi siano in grado di sviluppare e mobilitare in maniera più strutturata, sistematica e consapevole il costrutto “se…,

allora…” e i quantificatori tipici della logica (almeno uno, tutti, nessuno). Infatti, come visto nel

quadro teorico (par. 2.3), il linguaggio di programmazione è fortemente incentrato su tali elementi linguistici.

I3.

Si ipotizza che gli allievi siano in grado di trasferire la maggiore competenza linguistica acquisita nel percorso di robotica educativa a un ambito diverso, quello della geometria. Ci si aspetta tuttavia che questo passo, per le innumerevoli connessioni dei diversi saperi in gioco, sia il più difficile da compiere.

(23)

4 Quadro metodologico

4.1 Tipologia di ricerca e campione di riferimento

Per rispondere alle domande sopra poste si è sviluppata una ricerca qualitativa del tipo ricerca-azione. Richiamando Coggi e Ricchiardi (2008) una ricerca qualitativa ha lo scopo di “comprendere la realtà educativa indagata e approfondirne le specificità, mediante il coinvolgimento e la partecipazione personale del ricercatore” (ibidem, p. 26). Andando nello specifico della ricerca-azione poi, “una volta individuato un problema, [si] prevede l’introduzione di un cambiamento, al fine di verificarne gli effetti, per risolvere, attraverso l’intervento, la situazione problematica” (Coggi & Ricchiardi, 2008, p. 22).

Il campione scelto per la ricerca è composto da una classe prima della scuola media di Pregassona della quale sono docente di matematica (22 allievi). Il percorso sviluppato è frutto degli sforzi congiunti miei e del collega docente in formazione Diego Santimone. Le attività sono state sviluppate insieme e poi analizzate da due punti di vista differenti. Santimone ha svolto il suo lavoro di ricerca (2018) in una classe prima della scuola media di Losone tenendo come focus quello della comunicazione interpersonale (questo giustifica alcuni passaggi degli interventi proposti in classe che non risultano centrali ai fini di questa ricerca, ma che lo sono per la ricerca del collega).

Il lavoro si è svolto in tre fasi. La prima è stata dedicata alla scoperta dell’artefatto tecnologico, il robot Thymio5 sviluppato dal Politecnico di Losanna, che ha permesso di rilevare “in entrata” le modalità linguistiche scelte dagli allievi per esprimere delle relazioni causali o dei periodi ipotetici e di raccogliere evidenze sulla competenza degli allievi nell’uso di alcuni connettivi logici (se, allora) e di alcuni quantificatori (tutti, nessuno, almeno uno). Nella seconda fase ci si è concentrati sul familiarizzare con lo strumento tecnologico per impararne l’utilizzo e la programmazione e contemporaneamente per sviluppare un uso più consapevole di quei termini del linguaggio sopracitati e delle relazioni di consequenzialità causale propedeutiche per il ragionamento ipotetico-deduttivo. Infine, al termine dell’itinerario, sono state sottoposte agli allievi delle attività mirate a valutare la capacità di quest’ultimi di estendere e trasferire questo uso all’esterno dell’ambito della robotica

(24)

educativa. Coerentemente con il programma di prima media, gli allievi, infatti hanno mobilitato questi termini in attività legate alla logica insiemistica e alla geometria.

4.2 Interventi didattici e modalità di raccolta dati

Come sopradetto, il percorso è stato concepito in collaborazione con il collega Diego Santimone (ad eccezione delle attività 12 e 13). Le rispettive classi hanno lavorato in parallelo, interagendo a distanza e scambiandosi elaborati per le attività 3 e 11. L’intervento in classe si è protratto per circa 4 mesi (non consecutivi) e si è articolato in 13 lezioni. Di seguito si riporta una breve descrizione dell’itinerario. Per una trattazione più approfondita di ciascun intervento, si rimanda agli allegati segnalati in tabella.

STEP BREVE DESCRIZIONE ALLEGATO SCOPO RACCOLTA DATI

1 Scoperta di 3 dei 5 comportamenti preprogrammati del robot Thymio6. Allegato 8.1

Introduzione a Thymio e raccolta preconoscenze su forme linguistiche utilizzate per relazioni di consequenzialità causale Protocolli scritti 2

A ciascun gruppo di lavoro viene richiesto di scrivere un manuale che descriva il

comportamento di Thymio osservato nella lezione precedente e ripreso in questo. Al termine della lezione, i manuali vengono scambiati tra le due classi.

Allegato 8.2

3

A ciascun gruppo di lavoro viene fornito un manuale del rispettivo gruppo nella classe del collega. Confrontando quanto scritto con l’effettivo comportamento di Thymio, agli allievi viene chiesto di verificare la correttezza del manuale redatto dall’altra classe.

Esempio di manuale compilato in allegato 8.3

4

Attività di avvicinamento al Visual

Programming Language (VPL) di Thymio e prima esperienza di programmazione al computer. Partendo da alcune carte raffiguranti dei simboli grafici (quelli che saranno poi effettivamente utilizzati nella programmazione visuale al PC) si costruiscono i primi comandi da dare a Thymio. Dalla verifica della correttezza o meno di questa primitiva programmazione, si attua un progressivo avvicinamento al computer e al linguaggio di programmazione di Thymio

Allegato 8.4

Primo approccio con il linguaggio di programmazione visuale di Thymio. Video e protocolli scritti

6 Il robot Thymio ha già preimpostati 5 tipi di comportamenti. Ciascuno è identificato da un colore (verde, giallo, rosso, azzurro,

viola e blu). A titolo di esempio, il comportamento verde è soprannominato “amichevole”, in quanto, se posto ad una certa distanza, il robot segue l'oggetto che gli sta di fronte. Se l’oggetto invece è troppo vicino ai sensori, Thymio arretra.

(25)

STEP BREVE DESCRIZIONE ALLEGATO SCOPO RACCOLTA DATI

5 Esercitazioni di difficoltà crescente. Vengono presentati esercizi la cui forma e consegna sono curate in maniera particolare, in modo da favorire il più possibile il contatto e l’utilizzo negli allievi delle forme condizionali e dei quantificatori della logica. Allegato 8.5 Ulteriore familiarizzazione col linguaggio di programmazione e sviluppo di consapevolezza nell’utilizzo del costrutto (se…, allora…), dei quantificatori tipici della logica (almeno uno, tutti,

nessuno). Video e protocolli scritti 6 Allegato 8.6 7 Allegato 8.7 8

Risoluzione di problemi aperti 1 – Agli allievi vengono presentati dei problemi da risolvere (es. fai comportare Thymio come se fosse un tagliaerba automatico). Da notare che in questo caso le consegne non sono più necessariamente formulate secondo la forma “Se…, allora …”, ma risultano molto più aperte.

Allegato 8.8 Video

9 Risoluzione di problemi aperti 2 – come intervento 8. Allegato 8.8 Video

10

Creazione di un problema – Agli allievi viene richiesto di creare un problema risolvibile da sottoporre poi ai rispettivi compagni che lavorano in parallelo nella classe del collega. Anche in questo caso non sono più

direttamente presenti le formulazioni del costrutto “se…, allora …”.

Allegato 8.9

Video e protocolli scritti

11

Scambio e risoluzione dei problemi – Le due classi si scambiano i problemi precedentemente ideati e tentano di risolverli. Esempio di problema inventato da un gruppo di allievi in allegato 8.10 12 Lavoro di verifica delle competenze acquisite sul costrutto “se…, allora…”

tramite attività di geometria. Allegato 8.11

Verificare competenze acquisite e del loro

transfer in altri ambiti Protocolli scritti

13 Lavoro di verifica delle competenze acquisite sui termini almeno uno, tutti,

nessuno tramite attività di geometria Allegato 8.12

Verificare competenze acquisite e del loro

transfer in altri ambiti Protocolli scritti

Tabella 2 – Descrizione, scopo e metodo di raccolta dati degli interventi in classe.

4.2.1 Scelte didattiche significative in funzione delle domande di ricerca

In questo paragrafo si vogliono approfondire alcune scelte didattiche significative legate alle domande di ricerca e agli scopi di questo lavoro.

Nella progettazione delle lezioni dalla 4 alla 7, insieme alla familiarizzazione col linguaggio di programmazione visuale del robot Thymio, si sono tenuti, come chiavi principali di lettura, il costrutto del periodo ipotetico “se…, allora” e i quantificatori logici “almeno uno, tutti, nessuno”. A questo

(26)

proposito, spostando momentaneamente l’attenzione sul primo di questi due aspetti, negli interventi 4 e 5 (i primi in cui gli allievi si sono effettivamente trovati davanti al computer per programmare il robot) le indicazioni dei comportamenti da implementare sono state sempre e volutamente presentate nella forma “canonica” del periodo ipotetico della realtà ovvero:

Se premo la freccia “avanti”, allora Thymio avanza

Se premo il tasto rotondo centrale, allora Thymio si ferma.

Se premo la freccia “indietro”, allora Thymio si illumina di rosso superiormente.

(Esempi da allegato 8.5, Scheda: Robot Thymio: allenamento 1).

Questo per permettere agli allievi una prima familiarizzazione e strutturazione di questo costrutto fondando delle solide basi per quanto affrontato in seguito.

Successivamente, negli interventi 6 e 7, oltre alla formulazione canonica sono state introdotte delle formulazioni di significato analogo, ma che prevedessero l’inversione della protasi rispetto all’apodosi, o che non riportassero esplicitamente la particella allora o che utilizzassero una subordinata temporale al posto della condizionale. Di seguito sono riportati alcuni esempi significativi:

Thymio comincia ad avanzare se premo la freccia “avanti” Thymio si ferma quando schiaccio il tasto rotondo centrale.

(Esempi da allegato 8.6, Scheda: Robot Thymio: allenamento 2).

Thymio comincia ad avanzare se rileva un oggetto dietro di sé Thymio si ferma se la mano non viene più rilevata.

Quando i sensori posteriori non rilevano più l’oggetto, Thymio si ferma

(Esempi da allegato 8.7, Scheda: Robot Thymio: allenamento 3).

Tutto ciò è stato progettato e portato avanti parallelamente ad un’accurata discussione in classe, al fine di sviluppare negli allievi le competenze linguistiche legate a questi costrutti, fondamentali per questo lavoro di ricerca.

(27)

4.3 Modalità di analisi dati

I dati raccolti dagli elaborati sono stati analizzati tenendo come riferimento il quadro teorico, e sono stati messi in relazione alle domande di ricerca al fine di cercare delle risposte che consentissero di comprendere la realtà indagata.

Per rispondere alla prima domanda di ricerca si è fatto riferimento agli interventi 1, 2, 3 e 4 (Tabella 2). I protocolli degli allievi sono stati analizzati sia da un punto di vista qualitativo che quantitativo. Nello specifico, sono state identificate e conteggiate le modalità utilizzate dagli allievi per esprime dei periodi ipotetici, legati alla programmazione del Thymio.

Per rispondere alla seconda domanda di ricerca, si è fatto riferimento agli interventi da 4 a 12 (Tabella 2). Attraverso la somministrazione di schede mirate e attività specifiche, infatti, sono state rivolte agli allievi delle richieste che favorissero lo sviluppo e la consapevolezza nell’utilizzo del costrutto “se…,

allora…” e dei quantificatori tipici della logica almeno, uno, tutti e nessuno. Data la natura della

domanda di ricerca, si è scelta una modalità di analisi dei dati squisitamente qualitativa: attraverso i protocolli raccolti e le trascrizioni video, si sono indagate le modalità con cui gli allievi hanno mobilitato tale costrutto e i termini sopracitati.

Infine, per quanto riguarda la terza domanda di ricerca, ci si è concentrati sugli ultimi due interventi (Tabella 2) per sondare in che misura gli allievi trasferissero ad altri ambiti le conoscenze relative ai costrutti e termini considerati. Per questa terza domanda si è proceduto sia ad una analisi di tipo qualitativa che quantitativa. Dal punto di vista quantitativo, si sono conteggiate le risposte corrette nelle schede di verifica di ciascuna competenza linguistica. Dal punto di vista qualitativo, nel caso del costrutto condizionale si sono rilevate le tipologie di costrutto condizionale utilizzate (se…, allora..., quando…, subordinate implicite, ecc.) nelle stesse schede di verifica del transfer. A titolo di esempio, si riportano per completezza negli Allegati da 8.15 a 8.18 alcuni estratti che diano l’idea della tipologia di analisi effettuata.

Nelle attività e nelle analisi, i gruppi di allievi sono stati numerati da 1 a 10 e, per comodità di trattazione, sono richiamati nel testo utilizzando la sigla G.1, G.2, ecc.

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(29)

5 Analisi e Risultati

5.1 Interventi 1, 2, 3 e 4 e risposta alla prima domanda di ricerca

Come già accennato in par. 4.3 e par. 4.2 Tabella 2, del primo blocco di interventi (1, 2 e 3) sono stati analizzati in maniera particolare i manuali descrittivi di tre dei comportamenti preimpostati di Thymio redatti dai 10 gruppi di allievi (8 coppie e 2 triplette). Per poter rispondere alla prima domanda di ricerca, si sono analizzati gli elaborati degli allievi e si sono identificate le diverse modalità scelte per descrivere i comportamenti di Thymio (allegato 8.1). Tali comportamenti (associati ognuno a un diverso colore assunto dal robot) sono fondati su una programmazione ad eventi, quindi risultano fortemente legati ad una logica di consequenzialità causale (es. se il sensore anteriore di destra del robot rileva qualcosa, gira a sinistra). Per questo motivo si è ritenuto che fossero validi per rispondere alla domanda di ricerca 1. Nel corso di queste attività non è stato imposto agli allievi nessun vincolo linguistico particolare, se non quello di descrivere i diversi comportamenti del robot. Dal punto di vista quantitativo, si sono suddivisi gli elaborati in tre gruppi e si è operata la seguente distinzione: le coppie/triplette che per descrivere il comportamento del robot hanno utilizzato esclusivamente il costrutto “se…, allora...” (anche con l’omissione della particella allora), quelle che hanno utilizzato esclusivamente altre forme (es. subordinate temporali o finali, gerundio, ecc..) e quelle hanno utilizzato sia la prima che la seconda modalità. I risultati sono riportati nella tabella seguente:

Comportamento del

Robot Thymio Utilizzo esclusivo di “se…, allora…” Utilizzo esclusivo di altre forme Utilizzo forme miste Totale gruppi

Verde 5 3 2 10

Giallo 2 5 3 10

Rosso 5 4 1 10

Tabella 3 - Analisi espressioni linguistiche per descrizione comportamento Thymio. Esempi dell’utilizzo esclusivo del costrutto “se…, allora…” sono i seguenti:

(30)

Della tabella 3 risulta interessante andare ad indagare quali sono le altre forme, rispetto al costrutto

se…, allora…, utilizzate per descrivere i comportamenti del robot (Tabella 3, colonna 2 e 3 – Utilizzo esclusivo di altre forme e Utilizzo forme miste). La tabella seguente dà un’idea rapida di quanto scritto

dai gruppi di lavoro che hanno scelto questa modalità:

Comportamento

Gruppi che utilizzano subordinate esplicite temporali o finali

Gruppi che utilizzano il gerundio

Gruppi che utilizzano una descrizione tramite forme riconducibili a costrutti condizionali

Gruppi che utilizzano una descrizione tramite proposizioni non direttamente riconducibili a costrutti condizionali. Verde 2 1 3 0 Giallo 4 1 2 2 Rosso 3 1 3 1

Tabella 4 – Sotto-tabella di Tabella 3 - Analisi espressioni linguistiche per descrizione comportamento Thymio.

È importante notare che tra i gruppi che hanno utilizzato forme differenti rispetto al costrutto condizionale “se…, allora…”, la maggior parte ha utilizzato subordinate temporali o finali. Esempi di queste sono:

Descrizione Giallo, G.7 – Subordinata temporale Descrizione Giallo, G.8 – Subordinata finale

Interessante il secondo dei due protocolli sopra proposti, in quanto presenta ciò che nell’analisi (tabella 3) è stata denominata “forma mista”, ovvero l’utilizzo di due costrutti differenti per la descrizione del comportamento del robot.

Per quanto riguarda il gerundio e le altre forme, si riportano di seguito tre esempi esplicativi che rendano l’idea del tipo di costrutto utilizzato.

Descrizione Rosso, G.1 - Gerundio Descrizione Verde, G.3 – Descrizione non riconducibile a costrutto condizionale

Descrizione Rosso, G.1 – Descrizione riconducibile a costrutto cond. (“Se gli metto la mano davanti, Thymio la segue”)

Sempre ai fini della risposta alla prima domanda di ricerca è interessante l’analisi dei protocolli della lezione 4, scheda “Un linguaggio comune per comunicare” (allegato 8.4). In questa attività, volta alla

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familiarizzazione con la programmazione del robot, gli allievi si sono trovati a dover utilizzare delle carte che rappresentassero il linguaggio di programmazione visuale di Thymio. Tutto ciò senza tuttavia averne ancora fatto esperienza diretta al computer. Inoltre, nella prima fase (pag. 1 della scheda), gli allievi non avevano la possibilità di testare sul robot quanto programmato con le carte. La mancanza di un riscontro effettivo del comportamento causa-effetto, che invece era presente nell’attività descritta in precedenza, ha in qualche modo scollegato gli allievi dal costrutto condizionale “se…, allora…” e ha favorito l’utilizzo di tutte le altre forme più implicite e meno formali e strutturate. Di seguito è proposta la Tabella 5 che sintetizza le forme linguistiche utilizzate:

Gruppi che hanno svolto l’attività “se…, allora…” Subordinata esplicita temporale o finale Gerundio Gruppi che utilizzano una descrizione tramite forme riconducibili a costrutti condizionali Gruppi che utilizzano una descrizione tramite proposizioni non direttamente riconducibili a costrutti condizionali. Descrizione 1 9 0 4 2 1 2 Descrizione 2 7 1 2 0 0 4

Tabella 5 - Analisi espressioni linguistiche lezione 4, scheda “Un linguaggio comune per comunicare”.

Le immagini seguenti (Figura 6 e Figura 7) riportano due protocolli relativi all’attività considerata.

(32)

Figura 7: descrizione 2, G.9 – “Se…, …”

Per concludere l’analisi di questa prima parte del percorso, dai protocolli emerge un quadro piuttosto variegato che conferma quanto ci si aspettava. Tutti i gruppi di lavoro sono stati in grado di utilizzare delle forme condizionali, o comunque dei costrutti ad esse riconducibili, siano questi subordinate esplicite temporali o finali, subordinate implicite che adoperano il gerundio o semplici descrizioni riconducibili ai costrutti condizionali. Le subordinate temporali vengono nella quasi totalità delle volte introdotte dalla particella quando (es. quando metti la mano davanti, va indietro). Un solo gruppo, utilizza la particella mentre con una struttura non del tutto corretta dal punto di vista sintattico (“che mentre si muove in base a dove mettiamo la mano il robottino si muove”).

L’utilizzo di tutte queste forme risulta generalmente poco consapevole e debolmente strutturato. Questo risultato è proprio ciò che ci si aspettava, dato che agli allievi non era stato posto nessun vincolo in tal senso. È interessante tuttavia notare come il comportamento del robot, programmato con una logica ad eventi, vada a stimolare proprio le forme di linguaggio tipiche del costrutto condizionale.

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5.2 Interventi da 5 a 12 e risposta alla seconda domanda di ricerca

Per quanto riguarda la risposta alla seconda domanda di ricerca, come descritto nel paragrafo 4.3, si è tenuto conto degli interventi da 4 a 12 (Tabella 2). Data la natura della domanda di ricerca, si è scelta una modalità di analisi dei dati esclusivamente qualitativa: attraverso i protocolli raccolti e le trascrizioni video, si sono indagate le modalità con cui gli allievi hanno mobilitato il costrutto condizionale e i quantificatori della logica. Le attività da 4 a 7 hanno avuto come focus principale quello di far sviluppare le competenze di programmazione del robot, tenendo sempre come chiave i termini e i costrutti sopra citati. Nelle attività da 8 a 11 si è chiesto agli allievi di risolvere piccoli problemi (es. fai comportare Thymio come se fosse un’tagliaerba automatico – Allegato 8.8). Per osservare l’effettiva mobilitazione dei quantificatori almeno uno, tutti, nessuno, si è fatto particolare riferimento all’intervento 7 e all’intervento 12 dei quali viene proposta un’analisi più dettagliata al paragrafo 5.2.1. Per quanto riguarda invece il costrutto condizionale “se…, allora…”, in seguito alle attività di programmazione (5, 6, 7) in cui, come già spiegato (paragrafo 4.2.1), tutti gli esercizi delle schede richiamavano esplicitamente questa forma di linguaggio, si è passati ai lavori successivi. Nei testi relativi a questi ultimi, il costrutto condizionale e i quantificatori della logica non sono più stati richiamati esplicitamente, ma risultavano comunque coinvolti visto il naturale legame tra questi e il linguaggio di programmazione del robot. In questi, non avendo più un diretto collegamento fornito da schede già preimpostate, si è osservato, tramite registrazione video, il lavoro di alcuni gruppi. Si riporta al paragrafo 5.2.3 un’analisi più dettagliata.

5.2.1 Almeno uno, tutti, nessuno – Analisi intervento 7

Nel corso di questa lezione agli allievi è stato chiesto di programmare il robot Thymio seguendo delle istruzioni. Si riportano nella Tabella 6 quelle concernenti l’esercizio 1 e l’esercizio 2 (per la scheda completa, si veda l’allegato 8.6) delle quali è stata poi portata avanti un’analisi approfondita della registrazione video. Di particolare importanza è il quesito 2.2 poiché propone agli allievi per la prima volta il termine “almeno uno”. L’osservazione e la trascrizione della registrazione video è stata di centrale importanza per poter rispondere alla domanda di ricerca 2.

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Sfida Descrizione 2.1

1. Se premo la freccia “avanti” allora Thymio comincia ad avanzare;

2. Se il sensore anteriore centrale rileva un ostacolo davanti a lui allora Thymio si ferma; 3. Se schiaccio il tasto rotondo centrale allora Thymio si ferma.

2.2

1. Thymio comincia ad avanzare se premo la freccia “avanti”;

2. Se ALMENO UNO dei sensori anteriori rileva un ostacolo allora Thymio si ferma; 3. Thymio si ferma quando schiaccio il tasto rotondo centrale.

Tabella 6 - Esercizi 1 e 2, intervento 7, scheda Robot Thymio: allenamento 2

Le tabelle dalla Tabella 7 alla Tabella 10 riportano l’analisi dei passaggi più significativi (per la trascrizione dell’intera registrazione video, si faccia riferimento all’allegato 8.13). Il gruppo scelto per la registrazione è composto da tre allievi, Alessia, Luca e Simona che nella trascrizione sono stati rispettivamente indicati con A, L e S. La parte di conversazione riportata ha luogo nel momento in cui gli allievi, dopo aver risolto con successo l’esercizio 1, si trovano a doversi misurare col quesito 2.2 (Tabella 6). Dopo qualche istante di lavoro individuale, in cui essi realizzano quanto riportato in Tabella 7, arriva il docente a chiedere spiegazioni.

Figura 8: programmazione visuale di Thymio nel momento in cui arriva il docente.

Tempo Trascrizione

5:39 Ins.: “Quale state facendo?”

5:40 A: “Stiamo facendo il secondo” (riferito all’esercizio di Tabella 6) 5:42 Ins.: “Mi fate vedere cosa state facendo?”

5:43 A: “Sore, ma il primo [esercizio] e il secondo sono praticamente uguali, soltanto che questo puoi sceglierlo te il sensore…” (riferito agli esercizi 2.1 e 2.2 di Tabella 6) Tabella 7 - Trascrizione del video relativo all'intervento 7. Parte 1.

Da questa prima risposta emerge come per questo gruppo di allievi il concetto di almeno uno non sia immediatamente chiaro. A maggiore supporto di questo, si riportano ulteriori passaggi della conversazione (Tabella 9) nei quali, attraverso errori, correzioni e interazioni col docente, gli allievi arrivano a comprenderne il significato.

Tempo Trascrizione

5:44 Ins.: “Fatemi vedere come avete fatto. Spiegatemi il ragionamento” 5:46 A: “Perché…”

(35)

Pausa

5:48 Ins.: “Cosa vuol dire questo se ALMENO UNO, ve l’ho messo in maiuscolo” 5:49 A: “E…il minimo!”

5:50 Ins.: “Benissimo. Quindi al minimo uno. Quindi?” 5:52 S: “Cioè, possiamo farne di più di uno…”

5:54 Ins.: “Possiamo farne più di uno, ma come lo traduciamo? Perché qua è scritto in italiano e dobbiamo tradurlo in...” 5:55 S: “Matematichese!”

5:56 Ins.: “No, non matematichese, in Thymiese.” 5:57 A: “Si possono aggiungere dei sensori…” 6:20 […]

6:22 Ins.: “Ok, fammi vedere quali. Mettiamoli”

6:25 A e S: “Questi, questi” (indicando i sensori davanti con il mouse - Figura 9)

Figura 9: programmazione visuale di Thymio

6:28 Ins.: “Sì, vai.” Selezionano i sensori anteriori. il risultato è riportato in Figura 10.

Figura 10: programmazione visuale di Thymio -

Tutti i sensori anteriori vengono selezionati.

6:32 Ins.: “Schiaccia play ora”

Ins.: “Bene, fermi un attimo. Prima cerchiamo di tradurre in italiano quello che abbiamo scritto. Traducete voi” 6:43 […]

6:46 A e S: “Con tutti i sensori davanti, Thymio si ferma” 6:48 Ins.: “Benissimo! Ripensate a cosa avete detto. Riditelo.” 6:20 A: “Con tutti i sensori…”

Tabella 8 - Trascrizione del video relativo all'intervento 7. Parte 2.

Particolarmente significativo questo passaggio in cui gli allievi utilizzano il termine tutti, al posto di

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programmazione visuale li porta a mobilitare questi termini e a rifletterci su, aspetto tutt’altro che superficiale e scontato.

Tempo Trascrizione

6:51 Ins.: “Cosa vuol dire?”

6:58 L: “Che se…, cioè, tu devi fare…, devi tipo coprire tutti i sensori” 7:05 Ins.: “Benissimo! Attenzione però. Che parola avete usato?” 7:08 […]

7:10 A: “Tutti?”

7:14 Ins.: “Tutti! Ovvero, se tutti i sensori sono coperti, ovvero vedono qualcosa, Thymio si ferma. Ma cosa c’è scritto nella consegna? C’è scritto tutti?” 7:17 A: “Almeno uno”

7:30 Ins.: “Almeno uno! Come fa ad essere almeno uno? Perché così, guardiamolo un po’. Allora, gli do il play. Lui inizierà ad avanzare se schiaccio avanti. Per fermarsi abbiamo detto che tutti i sensori devono essere coperti. Vediamo.”

7:33 Ins.: “Tutti (Figura 11). Funziona. Però sono tutti! Io vi chiedo quando almeno uno è coperto, che si fermi. Almeno uno. Ok? Ragionate su questo.”

Figura 11: interazione con Thymio - il docente mostra il significato dell'aver selezionato tutti i sensori anteriori del robot.

Tabella 9 - Trascrizione del video relativo all'intervento 7. Parte 2.

A questo punto il docente si allontana per far lavorare gli allievi in maniera autonoma. Di nuovo, come già sopra detto, il significato delle parole almeno uno non è pienamente chiaro al gruppo. Infatti, pur avendolo letto sulla scheda ed utilizzato nella conversazione, ne sfugge il vero senso. Il termine viene mobilitato dagli allievi, ma questi non lo possiedono ancora pienamente.

Dopo il lavoro autonomo e dopo un’ulteriore interazione col docente, si arriva al punto chiave in cui, con un po’ difficoltà, il termine ha acquistato il suo effettivo significato linguistico (Tabella 10).

Tempo Trascrizione

10:50 A: “Aaaaaaah! […] Non tutti insieme, ma separatamente!”

10:53 A: “Separatamente perché se no dopo devi coprirlo tutto e (invece) se ne hai diversi puoi coprirlo…” 10:58 Ins.: “Ci sei, ci sei! Andate avanti così! Seguite quello che vi sta dicendo Alessia perché è corretto.”

[…]

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11:12

Ins.: “eh sì! Andate in ordine. Siete partiti da questo…” Indica la prima riga di codice visuale

(Figura 12)

Figura 12: programmazione visuale di Thymio. 11:14 A: “Ora metti ancora questo.”

11:17 Ins.: “Benissimo! Gli dovete dare di volta in volta questo comando, ma dovete cambiare di volta in volta quel sensore” 11:19 L: “Aaaaaaaah!”

11:21 Ins.: “ok?” 11:22 A: “ok”

Gli allievi lavorano ancora un po’

autonomamente e poi testano il risultato (Figura 13) mettendo un solo dito davanti a ciascun sensore

Figura 13: programmazione visuale di Thymio. 13:08 A: “Sì, funziona”

Tabella 10 - Trascrizione del video relativo all'intervento 7. Parte 3.

In seguito all’analisi di questo passaggio, si può concludere che certamente vi è una mobilitazione dei termini almeno uno, tutti e nessuno (anche se quest’ultimo in maniera indiretta, vista la relazione linguistica e logica con i due termini precedenti). Ciò che risulta di maggiore interesse ai fini della risposta alla domanda di ricerca 2, è che questi termini, pur venendo utilizzati dagli allievi, non vengano immediatamente colti nel loro senso profondo. È la programmazione del robot e la discussione con il docente che porta gli allievi a riflettere sul significato di questi quantificatori. È interessante rimarcare il fatto che questo processo avvenga grazie alla presenza del robot, del docente e del tipo di esercizio che gli allievi sono chiamati a svolgere.

5.2.2 Almeno uno, tutti, nessuno – Analisi intervento 12

In questo intervento è stata proposta agli allievi una scheda (allegato 8.11) in cui sono presenti 4 serie di quesiti a risposta multipla. La prima serie (pag. 1) richiama il funzionamento del robot Thymio con

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focus sui termini almeno uno, tutti, nessuno. Le altre tre (pagine 2, 3 e 4) indagano se vi sia effettivamente stato un transfer di competenza nell’ambito della geometria. Di queste si tratterà nel paragrafo 5.3.1. Ai fini della risposta alla domanda di ricerca 2, risulta interessante analizzare le risposte al quesito 1 e quale sia stato il tasso di errore. Nella pag. 1 della scheda vengono presentate delle immagini rappresentanti diversi stati dei sensori anteriori del robot Thymio (per chiarezza di trattazione è riportato un esempio in Figura 14) e agli allievi viene richiesto di associare tre opzioni:

a) almeno un sensore anteriore rileva qualcosa; b) tutti i sensori anteriori rilevano qualcosa; c) nessuno sensore anteriore rileva qualcosa.

Figura 14: esempio di figura da classificare presente nel quesito 1

Il più interessante ai fini dell’analisi risulta però l’item 7 (allegato 8.11, pag. 1), in quanto presenta tutti i sensori evidenziati. Ciò vuol dire che ad esso si dovrebbero associare le due opzioni a) e b), cosa prevista in nessuno degli altri item la cui risposta esatta era esclusivamente una delle tre. In Tabella 11 sono riportati i risultati.

Item 1 Item 2 Item 3 Item 4 Item 5 Item 6 Item 7 Item 8

Corretto 22 22 22 22 22 21 13 21

Parzialmente corretto 0 0 0 0 0 0 9 0

Errato 0 0 0 0 0 0 0 0

n. a. 0 0 0 0 0 1 0 1

Tabella 11 – analisi quesito 1 dell’intervento 13 (Tabella 2)

Come si può notare, il tasso di riuscita degli item è molto alto. Ciò può essere interpretato in maniera positiva, segno che le attività con il robot hanno effettivamente portato gli allievi a mobilitare e a lavorare su questi quantificatori. Per quanto riguarda l’item 7, si è considerata parzialmente corretta la presenza non contemporanea delle risposte a) e b). Nonostante 9 allievi non siano riusciti a cogliere la doppia risposta, nessuno di essi ha dato una risposta errata.

A conclusione di questa analisi, riprendendo e rispondendo a parte della domanda di ricerca 2, si può concludere che i quantificatori tipici della logica (almeno uno, tutti, nessuno) sono stati effettivamente mobilitati dagli allievi in questo percorso di robotica educativa. In un primo momento (par. 5.2.1)

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certamente in maniera non raffinata e poco consapevole. Lezione dopo lezione, grazie all’interazione col robot, agli esercizi proposti, alle discussioni in classe e alle interazioni col docente e con i compagni, la consapevolezza del significato di questi termini si è strutturata e consolidata, fino a portare ai risultati mostrati in Tabella 11. Sicuramente questo non basta per affermare che, per tutti gli allievi coinvolti, questi termini siano chiari in tutte le loro sfaccettature, tuttavia, si può certamente affermare che la mobilitazione sia avvenuta e che abbia portato, in misure e modi diversi da allievo ad allievo, ad una maggiore strutturazione e consapevolezza nell’utilizzo di questi quantificatori.

5.2.3 “Se…, allora...”

In questo paragrafo si analizza come gli allievi hanno mobilitato e sviluppato l’uso del costrutto condizionale “se…, allora…” in relazione alla seconda domanda di ricerca. Il punto di partenza, descritto nel par. 4.2.1, è costituito dalla presentazione di esercizi (attività dalla 4 alla 7 – Tabella 2) in cui sono stati tenuti come chiave principali di lettura i costrutti condizionali nelle diverse strutturazioni. In un primo momento (attività 4 e 5) le indicazioni dei comportamenti da implementare sono state formulate nella forma “canonica” del periodo ipotetico della realtà. Negli interventi 6 e 7 sono state introdotte delle formulazioni di significato analogo, ma che prevedevano l’inversione della protasi rispetto all’apodosi, o che non riportassero esplicitamente la particella allora o, ancora, che utilizzassero una subordinata temporale al posto della condizionale. Tutto ciò, come già spiegato nel par. 4.2.1, al fine di sviluppare le competenze linguistiche legate a questi costrutti, fondamentali per questo lavoro di ricerca. Ai fini dell’analisi, di queste attività è importante tenere conto del fatto che ciascun gruppo si è effettivamente misurato con le richieste dei diversi quesiti e che quindi tutti gli allievi hanno dovuto decifrare e mettere in atto ciò che nelle indicazioni veniva espresso attraverso questi costrutti.

Di maggiore interesse, ai fini della risposta alla seconda domanda di ricerca, risultano l’ultima attività della scheda 7 (Tabella 2, allegato 8.7) e gli interventi 8 e 9. In queste lezioni, infatti, sono state proposte agli allievi delle schede (allegato 8.8) in cui sono presentati alcuni problemi da risolvere, la cui formulazione non risulta più legata al costrutto condizionale, ma lo è ancora necessariamente la programmazione ad eventi del robot. A titolo d’esempio, si riporta uno di questi quesiti in Tabella 12 (primo problema proposto agli allievi – allegato 8.7).

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• Thymio rimane all’interno della zona bianca (vedi immagine a fianco) girando in senso orario.

Tabella 12 - primo problema presentato agli allievi nel corso dell'intervento 7 e 8 (allegato 8.7).

In Tabella 13 sono riportati alcuni estratti della trascrizione (per il testo completo si rimanda all’allegato 8.14) della registrazione video di un gruppo di tre ragazze, Maria, Isabella e Letizia. Nella trascrizione si è preso nota esclusivamente dei costrutti facenti capo al periodo ipotetico nelle sue diverse forme: se…, allora…, subordinata esplicita temporale o finale, subordinata implicita che utilizza il gerundio, ecc. Per comodità di trascrizione, le tre allieve vengono indicate utilizzando le inziali dei loro nomi.

Tempo Trascrizione Programma VPL a cui si fa riferimento

1:22 M: “No, però se succede questo lui va in avanti, non è che sta fermo”

Figura 15: programma VPL sviluppato dal gruppo […]

14:49 I: “Quando non trova ostacoli va in linea retta, e se no, si colora di verde”

Figura 16: programma VPL sviluppato dal gruppo […]

15:24 M: “quando non vede niente va in avanti e se trova qualcosa da questa parte (destra), va da questa parte (sinistra)

Figura 17: programma VPL sviluppato dal gruppo Tabella 13 – estratti della trascrizione relativa alla registrazione video dei primi problemi sottoposti agli allievi.

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