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SINTESI DI LIGANDI MULTITARGET PER IL TRATTAMENTO DEL TUMORE DELLA PELLE NON-MELANOMA

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(1)

DIPARTIMENTO DI FARMACIA

Corso di Laurea Magistrale in

Chimica e Tecnologia Farmaceutiche

TESI DI LAUREA:

SINTESI DI LIGANDI MULTITARGET PER IL TRATTAMENTO

DEL TUMORE DELLA PELLE NON-MELANOMA

Relatori: Candidata:

Prof.ssa Clementina Manera Jasmine Esposito Salsano Dott.ssa Maria Digiacomo

Settore Scientifico Disciplinare: CHIM-08 Anno Accademico 2017/2018

(2)
(3)

I

INDICE

INTRODUZIONE 1

1 LA PELLE ... 2 1.1 EPIDERMIDE ... 4 1.2 DERMA ... 7 1.3 IPODERMA ... 9

2 TUMORI DELLA PELLE ... 10

2.1 MELANOMA ... 10

2.2 TUMORI DELLA PELLE NON MELANOMA ... 12

3 NMSC ... 13

3.1 CARCINOMI DELLE CELLULE BASALI BCC ... 13

3.2 CARCINOMI DELLE CELLULE SQUAMOSE SCC ... 14

3.3 FATTORI DI RISCHIO ... 14 3.4 SINTOMI ... 15 3.5 CHERATOSI ATTINICA ... 16 3.6 PATOGENESI ... 18 3.6.1 EGFR ... 18 3.6.2 CICLOSSIGENASI 2 (COX-2) ... 20 3.6.3 HEDGEHOG ... 21 3.6.4 P-53 ... 22 3.6.5 RADIAZIONI UV ... 23 3.6.6 ROS ... 27 3.7 TRATTAMENTO ... 31 3.7.1 CHIRURGIA... 31 3.7.2 CRIOTERAPIA ... 31 3.7.3 TERAPIA FOTODINAMICA ... 32 3.7.4 TRATTAMENTI FARMACOLOGICI ... 33 3.7.5 ANTIOSSIDANTI ... 36 3.7.5.1 POLIFENOLI ... 36 3.7.5.2 VITAMINE ... 46

(4)

II

PARTE SPERIMENTALE 69

4 PARTE CHIMICA ... 70 4.1 MATERIALI E METODI ... 70 4.2 SCHEMA 1 ... 71 4.3 SCHEMA 2 ... 76 4.4 SCHEMA 3 ... 80 4.5 SCHEMA 4 ... 85 5 PARTE BIOLOGICA ... 88 5.1 MATERIALI E METODI ... 88 5.1.1 COLTURE CELLULARI ... 88 5.1.2 MEZZO DI COLTURA ... 88 5.1.3 SCONGELAMENTO ... 89 5.1.4 MANTENIMENTO IN COLTURA ... 90

5.1.5 CONTA DELLE CELLULE ... 91

5.1.6 SEMINA E TRATTAMENTO ... 92

5.1.7 ANALISI DELLA VITALITA’ CELLULARE ... 93

(5)

INTRODUZIONE

SPERIMENTALE

(6)

2

1

LA

PELLE

La pelle è l’organo più sottile e più esteso del nostro corpo (da 0.5 a 4 mm di spessore e 2 m2 circa di superficie), con un peso che può andare dagli 8 ai 10 kg

(circa il 10% del peso anatomico).

Il suo colore deriva dalla somma di tre colori:

• Grigio: derivante dalla cheratina dello strato corneo; • Bruno: derivante dalla melanina;

• Rosso: derivante dal sangue che circola nel derma.

La pelle svolge contemporaneamente varie funzioni fondamentali per la nostra salute:

1. Regolazione della temperatura: la produzione di sudore da parte delle ghiandole sudoripare serve a raffreddare la temperatura corporea, mentre la contrazione del sistema vascolare nel derma porta a riscaldamento.

2. Controllo delle sensazioni: nella pelle sono presenti numerose terminazioni nervose che rendono la pelle stessa sensibile a fenomeni come pressione, vibrazione, tocco, dolore e temperatura.

3. Fonte di nutrimento: gli adipociti immagazzinano nutrienti che vengono rilasciati all’occorrenza nei vasi sanguigni limitrofi e trasportati, da questi, nei siti di bisogno.

4. Rigenerazione: la pelle è in grado di rigenerarsi e guarire dalle ferite subite.

Inoltre, ha l’importante funzione di agire da barriera fra l’ambiente esterno e l’interno del corpo ed è una delle nostre principali difese contro diversi fattori quali:

• Perdita di acqua: lo strato corneo gioca un ruolo fondamentale nel limitare la quantità di acqua persa dall’epidermide. Contiene infatti dei fattori idratanti naturali derivati da olii sebacei, che si legano all’acqua ed aiutano a mantenere l’elasticità della pelle, la sua compattezza e la sua morbidezza. Se questi fattori venissero a mancare la pelle perderebbe di idratazione. • Radiazioni solari: grazie alla produzione di melanina nello strato basale, la

pelle tende ad inspessirsi per proteggersi e si può manifestare iperpigmentazione.

(7)

3

• Caldo/freddo: le cellule del sottocute isolano il corpo.

• Pressioni/colpi/abrasioni: le cellule adipose del sottocute costituiscono un’imbottitura che agisce da cuscinetto proteggendo il tessuto muscolare. Quando la pelle viene esposta a certi stimoli esterni (esempio ripetuti sfregamenti) lo strato corneo si inspessisce (ad esempio si ha la formazione di calli).

• Sostanze chimiche: il film idrolipidico è un mantello protettivo acido che aiuta a proteggere il corpo dalle dannose sostanze chimiche alcaline.

• Microrganismi: lo strato corneo dell’epidermide ed il suo mantello acido protettivo formano una barriera contro i microrganismi. La pelle rappresenta infatti una prima linea di difesa nei confronti di agenti patogeni.

La pelle è costituita da tre tessuti, aventi differenti caratteristiche e funzioni, posizionati l’uno sull’altro (Figura 1).

Dall’esterno verso l’interno ritroviamo l’epidermide, il derma e l’ipoderma.

Figura 1 – Struttura della pelle.

Completano poi la struttura della pelle gli annessi cutanei che comprendono le ghiandole sebacee, sudoripare ed i follicoli piliferi (Figura 1).

(8)

4

1.1 EPIDERMIDE

Il suo ruolo principale è quello di fungere da barriera: da un lato, impedisce la penetrazione dall’esterno di acqua, sostanze estranee e microrganismi, dall’altro evita la perdita di acqua ed elettroliti dall’organismo. È un tessuto spesso circa 0.2 mm, formato da più strati di cellule cheratinocitiche, costituite principalmente da cheratina. I cheratinociti prodotti nello strato più interno, lo strato basale, migrano verso la superficie della pelle e, mentre migrano, maturano e vengono sottoposti ad una serie di trasformazioni che determinano le differenze morfologiche caratteristiche dei vari sotto-strati dell’epidermide. Questo processo è noto come cheratinizzazione o corneificazione.

L’epidermide può essere quindi distinta in più sotto-strati (Figura 3). Dall’interno verso l’esterno ritroviamo:

• Strato Basale: è lo strato più interno, detto anche strato germinativo. È formato principalmente da cellule in continuo stato di proliferazione da cui originano i cheratinociti, che in questo strato sono anche chiamati cellule basali. Queste cellule hanno una forma colonnare e sono ancorati al derma mediante fibre di collagene. Questo strato contiene anche altre cellule, come i melanociti, le cellule di Langerhans e le cellule di Merkel.

I melanociti sono cellule di forma triangolare, presentano un corpo centrale costituito da diversi rami e dendriti e producono la melanina (Figura 2). La melanina viene immagazzinata all’interno di specifici organelli detti melanosomi. I melanosomi migrano nei cheratinociti

vicini dello strato basale attraverso i dendriti dei melanociti e poi, insieme ai cheratinociti, attraverso i vari strati dell’epidermide, arrivano allo strato corneo dove si disintegrano o vengo sparsi sulla superficie.

La melanina protegge la pelle dalle radiazioni UV in quanto le assorbe ed inertizza i radicali liberi prodotti dall’interazione delle radiazioni con i lipidi [1]. I melanociti possono dar luogo ad agglomerati scuri visibili sulla superficie della pelle: i nevi (comunemente chiamati nei).

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5

• Strato Spinoso: è costituito da diversi strati di cellule che sintetizzano attivamente la maggior parte delle proteine epidermiche, tra cui la cheratina. I cheratinociti in questo strato assumono una forma poligonale ed i loro nuclei hanno dimensione ridotta, prendono il nome di cellule squamose.

• Strato Granuloso: è lo strato in cui inizia la cheratinizzazione. Le cellule producono granuli duri che, quando vengono spinti verso l’alto, si modificano e si trasformano in cheratina e lipidi epidermici, i quali costituiscono importanti vie di trasporto. Lo strato granuloso è anche sito di sintesi di un’importante proteina intracellulare, la filaggrina, la cui funzione principale è quella di aggregare i fasci di filamenti di cheratina.

Questi primi tre strati insieme vengono definiti come strati vivi dell’epidermide e danno origine all’epidermide vitale, poiché sono costituiti da cellule metabolicamente attive.

• Strato Lucido: costituisce uno strato di giunzione tra strato granuloso e strato corneo. In questo strato le cellule sono strettamente legate, appiattite ed indistinguibili l’una dall’altra. Questo strato è presente soltanto nel palmo della mano e nella pianta del piede.

• Strato Corneo: è lo strato più esterno dell’epidermide. È costituito, in media, da 20 sottostrati di cellule epidermiche “morte”, cioè cellule che non sono più in grado di riprodursi e che hanno perso il loro nucleo ed i mitocondri. Le cellule morte vengono poi regolarmente eliminate in un processo noto come desquamazione. Questo strato è inoltre costituito da molteplici proteine e lipidi, contiene i pori delle ghiandole sudoripare e l’apertura delle ghiandole sebacee. Le cellule dello strato corneo sono tenute insieme da lipidi epidermici che sono essenziali per la salute della pelle e creano una barriera protettiva. Quando vengono a mancare, la pelle può diventare secca ed apparire tesa e ruvida. Lo spessore di questo strato varia a seconda delle diverse regioni corporee: è massimo in regioni come il palmo della mano e la pianta del piede (circa 600 µm); medio nella maggior parte del corpo; minimo a livello dello scroto (5 µm), del viso e della superficie retrostante il padiglione auricolare.

(10)

6

Lo strato corneo è la principale barriera che regola l’assorbimento percutaneo dei farmaci e la fuoriuscita di acqua dall’organismo. Il suo spessore è una delle variabili che influisce sulla penetrazione del farmaco nelle diverse regioni del corpo.

Figura 3 – Struttura dell’epidermide.

Nelle affezioni dell’epidermide troviamo infiltrati di cellule immunitarie, tra cui linfociti e leucociti polimorfonucleati.

L’epidermide è ricoperta da un’emulsione di acqua e lipidi (film idrolipidico) che è alimentato dalle secrezioni delle ghiandole sebacee e sudoripare. Questo aiuta la pelle a rimanere morbida ed agisce come ulteriore barriera contro i microrganismi. L’epidermide non è vascolarizzata, quindi il suo nutrimento dipende dalla diffusione di metaboliti ed ossigeno dallo strato più superficiale del derma.

(11)

7

1.2 DERMA

Il derma è lo strato della cute posto inferiormente all’epidermide, costituito da tessuto connettivo riccamente vascolarizzato ed innervato. Tra derma ed epidermide vi è un plesso superficiale di capillari e una rete di vasi linfatici. È composto da due sotto-strati (Figura 4).

Dall’interno verso l’esterno ritroviamo:

• Strato reticolare o profondo: un’area profonda e spessa di confine con il sottocute (ipoderma);

• Strato papillare o superficiale: un’area a contatto con l’epidermide.

Figura 4 – Strati del derma.

Le papille del derma (Figura 5), si insinuano nello strato sovrastante dell’epidermide, favorendo il turn over cellulare.

(12)

8

Il derma è costituito principalmente da fibre di collagene e di elastina (Figura 6). • Collagene: è una glicoproteina fibrosa

prodotta dai fibroblasti (le principali cellule del derma). Le fibre di collagene si organizzano in modo tale da costituire un fitto intreccio molto resistente alla trazione. Il collagene ha infatti funzione di sostegno e resistenza.

• Elastina: è anch’essa una glicoproteina prodotta dai fibroblasti e dotata di notevoli proprietà elastiche. Queste fibre sono

meno numerose e più sottili rispetto a quelle di collagene e formano un reticolo. La sua funzione è quella di assicurare la giusta flessibilità della cute. Le fibre di elastina si intrecciano con quelle di collagene.

Le fibre sono avvolte da una sostanza gelatinosa (ricca di acido jaluronico) che ha un’elevata capacità di legare l’acqua ed aiuta a mantenere il volume della pelle. Un altro costituente importante del derma, oltre a collagene ed elastina, è la sostanza fondamentale che ha funzione cementante.

Il derma, in generale, è uno strato molto elastico, che resiste a forti trazioni, ma non al taglio. Nel derma passano molti annessi cutanei quali: ghiandole sebacee, che forniscono sebo e grasso alla superficie della pelle; ghiandole sudoripare, che forniscono acqua ed acido lattico alla superficie della pelle; follicoli piliferi e recettori sensoriali. Entrambe le secrezioni ghiandolari, contribuiscono alla formazione del film idrolipidico. Essendo uno strato ricco di vasi sanguigni e linfatici, il derma ha anche un’importante funzione trofica.

In questo strato sono inoltre presenti diverse tipologie di recettori: termocettori, nocicettori e meccanocettori (i corpuscoli tattili o corpuscoli di Meissner).

Il derma, a differenza dello strato corneo, non offre molta resistenza alla penetrazione dei farmaci [1].

(13)

9

1.3 IPODERMA

L’ipoderma, chiamato anche sottocute, è il più profondo strato cutaneo a contatto con il derma, da un lato e con i tessuti adiposi e muscolari sottocutanei, dall’altro (Figura 1). È costituito principalmente da cellule adipose o adipociti (cellule preposte alla biosintesi dei grassi), particolari fibre di collagene, che vanno a costituire un tessuto connettivo morbido e spugnoso che tiene insieme le cellule adipose e vasi sanguigni. Grazie alla presenza degli adipociti, all’ipoderma sono ascrivibili tre importanti funzioni:

• Riserva energetica • Isolante termico • Cuscinetto per gli urti

(14)

10

2

TUMORI

DELLA

PELLE

I tumori della pelle rappresentano la più comune forma di cancro per la popolazione Caucasica [1] e derivano da un’anormale divisione delle cellule della pelle o da una loro mutazione. Esistono tre tipi di tumore della pelle.

1. Carcinoma delle cellule squamose (SCC) 2. Carcinoma delle cellule basali (BCC) 3. Melanoma

I primi due (SCC e BCC) rientrano in una macro-categoria di tumori definiti tumori della pelle non-melanoma (NMSC).

2.1 MELANOMA

Il melanoma (Figura 7) è un tumore spesso molto aggressivo, che si manifesta nella cute, o più raramente negli occhi o nelle mucose e si sviluppa dai melanociti. Il melanoma deriva da una mutazione genetica a livello delle cellule che producono la melanina, che tendono perciò a proliferare in maniera disordinata [1] [2].

Figura 7 – Melanoma.

Il melanoma è meno comune rispetto al carcinoma delle cellule squamose o basali e rappresenta infatti solo una piccola percentuale (circa il 5% [3]) dei tumori che colpiscono la pelle. Tuttavia, il rischio di sviluppare il melanoma è in continuo aumento. È più raro nei bambini e colpisce soprattutto adulti con età media attorno ai 45-50 anni (anche se questa età media si è abbassata negli ultimi anni). È molto più comune nelle persone con cute chiara ed è sempre più frequente in età

(15)

11

giovanile. Secondo i dati dell’AIRTUM (Associazione Italiana Registri TUMori) ogni anno ci sarebbero circa 3.000 nuovi casi tra gli uomini e 2.800 tra le donne, inoltre l’incidenza è in continuo aumento ed è quasi raddoppiata negli ultimi 10 anni [4]. Il principale fattore di rischio è rappresentato dall’eccessiva esposizione alla luce ultravioletta sotto forma di raggi UVA e UVB che possono danneggiare il DNA delle cellule della pelle ed innescare la trasformazione tumorale. Circa il 65% dei melanomi sono stati attribuiti alle radiazioni UV [5]. Altre fonti di raggi UV rappresentate dalle lampade e dai lettini solari, divenuti molto popolari, soprattutto tra i giovani, hanno, negli ultimi anni, contribuito ad un aumento dell’incidenza dei tumori della pelle.

Esistono poi altri fattori di rischio: insufficienza del sistema immunitario, malattie ereditarie (esempio lo xeroderma pigmentoso, malattia per la quale il DNA non riesce a riparare i danni causati dalle radiazioni), fumo di sigaretta, HPV (Papilloma Virus), caratteristiche fenotipiche particolari, quali pelle e capelli chiari o persone con molte lentiggini e nei.

È stata osservata nel 40-50% dei casi di melanoma una mutazione a carico del gene BRAF e nel 15-20% dei casi di melanoma metastatico, una mutazione a carico del gene NRAS [1].

La terapia chirurgica è ad oggi il trattamento di prima scelta più utilizzato per la cura del melanoma [1].

Esistono diverse tipologie di melanomi con diversa percentuale di incidenza (Figura 8): a diffusione superficiale; nodulare; tipo lentigo maligna; acrale lentigginoso; senza un’origine primaria; oculare [1].

(16)

12

2.2 TUMORI

DELLA

PELLE

NON

MELANOMA

I tumori della pelle non-melanoma (NMSC) rappresentano la forma più comune di cancro della pelle nell’uomo, la cui incidenza aumenta di anno in anno [6], associati ad una bassa mortalità.

A questa categoria appartengono principalmente due tipi di tumore che sono il carcinoma delle cellule basali (BCC) ed il carcinoma delle cellule squamose (SCC), così classificati in base alle cellule da cui hanno origine.

Esistono altre tipologie di tumore cutaneo quali il carcinoma delle cellule di Merkel, il sarcoma di Kaposi (malattia sistemica causata da HHV8 [1]) ed il linfoma cutaneo [4].

Secondo i registri AIRTUM, gli NMSC sono al primo posto fra gli uomini e al secondo fra le donne (dopo il tumore al seno), rispetto a tutti gli altri tipi di tumori. Escludendo i melanomi, 8 tumori della pelle su 10 sono BCC mentre i rimanenti 2 sono SCC [4]. Esistono fra questi due tipi di carcinomi diverse differenze legate all’eziopatogenesi, decorso clinico, e trattamento.

A differenza di BCC, SCC deriva dall’evoluzione di una lesione precancerosa cutanea: la Cheratosi Attinica [6].

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13

3

NMSC

3.1 CARCINOMI DELLE CELLULE BASALI BCC

Sono detti anche carcinomi basocellulari, poiché originano dalle cellule basali (Figura 9).

BCC è la forma più comune di tumore della pelle (rappresenta circa l’80% degli NMSC [3]). Questi carcinomi possono rappresentare una patologia altamente deturpante, considerata la loro tendenza a crescere localmente. Si sviluppano lentamente, nell’arco di mesi o anni [5] e quasi mai metastatizzano al di fuori della sede iniziale del tumore. Presentano buone aspettative di guarigione.

Si manifestano prevalentemente sul viso e sul dorso delle mani [1], circa l’80% si sviluppa a livello del collo e della testa ed il 15% a livello del tronco [7]. Ne esistono diversi sottotipi e questo influenza la scelta e la risposta al trattamento [5].

(18)

14

3.2 CARCINOMI DELLE CELLULE SQUAMOSE SCC

Sono detti anche spinocellulari poiché originano da cellule più superficiali dell’epidermide, in particolare a livello dello strato spinoso (Figura 10). A differenza di BCC, SCC è recidivo, tende a metastatizzare, si sviluppa prevalentemente a livello della testa e del collo [1] e cresce rapidamente, nell’arco di settimane o mesi [5]. Esistono due diversi sottotipi di SCC [1]: SCC superficiale in cui i cheratinociti atipici non si infiltrano nel derma e SCC invasivo in cui i cheratinociti atipici si infiltrano nel derma. Con l’aumentare dell’infiltrazione, il rischio di metastasi è sempre più alto.

Figura 10 - Carcinoma delle cellule squamose.

3.3 FATTORI

DI

RISCHIO

I principali fattori di rischio (Tabella 1) sono riconducibili, come per il melanoma, all’esposizione ai raggi ultravioletti (UVB e UVA) che derivano principalmente dal sole, ma anche da lettini e lampade solari. Questi carcinomi si sviluppano quindi a livello di parti del corpo più esposte al sole: orecchie, collo, viso, cuoio capelluto, spalle e dorso. La relazione fra patogenesi ed esposizione solare è evidente e dimostrata per SCC, mentre rimane ancora ambigua per l’insorgenza di BCC [6]. Altri fattori di rischio sono dovuti al contatto con l’arsenico, esposizione a radiazioni ionizzanti, alcune anomalie genetiche, ereditarietà, insufficienza a carico del

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15

sistema immunitario (a seguito di terapie, trapianti o malattie come AIDS), fumo e l’infezione da parte del papillomavirus (HPV). Tra i fattori di rischio sono inclusi anche l’età, il sesso (è più frequente tra gli uomini piuttosto che fra le donne) ed il colore della pelle. Avere una pelle molto chiara significa avere una bassa quantità di melanina e, quindi una maggiore predisposizione a sviluppare il carcinoma, dal momento che la melanina è il pigmento cutaneo che protegge la pelle dalle radiazioni UV [6] [8].

FATTORI DI RISCHIO TIPOLOGIA DI NMSC

Radiazione solare UV BCC/SCC HPV SCC/BCC Immunocompromissione iatrogena SCC/BCC HIV/AIDS BCC/SCC Terapia PUVA SCC/BCC Farmaci fotosensibili SCC/BCC Radiazioni UVB SCC/(BCC) Radiazioni ionizzanti BCC Fattori occupazionali BCC/SCC Arsenico SCC/BCC Fumo di sigaretta SCC

Tabella 1 – Fattori di rischio.

3.4

SINTOMI

I sintomi sono legati soprattutto alla comparsa o al cambiamento di aspetto di qualche lesione o macchia sulla pelle (Figura 11). Le lesioni SCC appaiono come noduli o aree con bordi più alti e una depressione centrale, talvolta sono ulcerati, sanguinano raramente e, di solito, hanno margini poco definiti [1]. Nel caso del BCC possiamo avere piccoli noduli di aspetto perlaceo oppure chiazze di colore rosa che aumentano lentamente di dimensione e qualche volta possono essere pigmentati ed essere scambiati per melanomi [1].

(20)

16

Figura 11 – Comparazione lesione BCC e SCC.

3.5 CHERATOSI

ATTINICA

La cheratosi attinica (AK) è la più comune precancerosi cutanea. Sebbene la maggior parte delle AK rimanga benigna, una parte può evolversi in NMSC ed in particolare in SCC. Più cheratosi presenta un paziente, maggiori saranno le probabilità che una o più di esse si evolva in cancro della pelle.

La AK, conosciuta più comunemente come cheratosi solare, è una lesione cutanea squamosa o crostosa [1]. Appare solitamente nelle aree della pelle maggiormente esposte al sole come viso, spalle, collo, labbra, orecchie e cuoio capelluto.

Nonostante sia piuttosto comune, non esiste ad oggi una definizione universalmente accettata [9]. Ad ogni modo, gli scienziati sono concordi nel definire AK come una lesione dovuta a displasia delle cellule cheratinocitiche derivante da una ripetuta e prolungata esposizione a radiazione ultraviolette, con la capacità aggiuntiva di evolversi nell’invasivo SCC.

In qualità di lesione precancerosa, molti distinguono AK da SCC per la sua capacità di regredire e di non essere invasiva [9]. Altri, invece, identificano AK come una forma superficiale di SCC in situ in quanto è possibile riscontrare delle somiglianze morfologiche, qualitative e quantitative tra le cellule cheratinocitiche dell’AK e di SCC. [9]

AK deriva da un’anormale modificazione dei cheratinociti che può andare incontro a remissione spontanea, ad uno stato di quiescenza oppure si può trasformare in carcinoma maligno con possibilità di dare origine a metastasi [9].

AK è più frequente negli uomini, piuttosto che nelle donne, poiché essi passano più tempo al sole e fanno meno uso di filtri e creme solari; sono inoltre più frequenti in

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17

popolazione con carnagione chiara piuttosto che in popolazioni con la carnagione scura.

Inizialmente le lesioni sono piccole, tanto che sono riconosciute maggiormente al tatto che alla vista. Queste lesioni hanno poi lento sviluppo e raggiungono dimensioni tra i 3 ed i 6 mm. La maggior parte sono rossastre, ma alcune possono avere un colore marrone o rosa. Occasionalmente possono associarsi a prurito, inoltre possono infiammarsi ed essere circondate da rossore. In casi molto rari possono sanguinare.

Una volta che la lesione diventa palpabile, si indurisce o si ulcera, significa che sta subendo una trasformazione maligna [10].

AK può progredire a SCC con due modalità diverse [9]. In un caso, secondo la via classica, si possono avere inizialmente cheratinociti atipici nel primo terzo dell’epidermide (KIN I = keratinocyte intraepidermal neoplasia), che poi raggiungono il secondo terzo dell’epidermide (KIN II), ed infine il completo spessore dell’epidermide (KIN III), prima di diventare SCC. In un altro caso, secondo la via differenziale, che rappresenta la via più comune ed anche più aggressiva, SCC può svilupparsi direttamente da cellule basali atipiche nel terzo più basso dell’epidermide, senza coinvolgere gli strati superiori, e avanzare successivamente lungo i follicoli piliferi ed i dotti delle ghiandole sudoripare.

Generalmente la progressione della AK nell’invasivo SCC avviene per lo 0.1% ed il 20% dei casi, attraverso uno stadio intermedio definito carcinoma intraepidermico (IEC) oppure SCC in situ [11].

In Figura 12 è mostrata la progressione della AK in SCC, attraverso l’utilizzo di una tecnica non invasiva, la dermatoscopia, normalmente utilizzata per la diagnosi precoce del melanoma [11].

La cheratosi attinica viene classificata in tre tipologie a seconda della localizzazione dei cheratinociti atipici [1]:

• Grado 1: i cheratinociti sono presenti a livello dello strato basale; • Grado 2: sono presenti nei due terzi più bassi dell’epidermide;

• Grado 3: sono presenti in più di due terzi dell’epidermide e coinvolgono anche i follicoli piliferi.

(22)

18

Figura 12 - Modello di Progressione della cheratosi attinica (AK) in carcinoma intraepidermico (IEC) e quindi nel carcinoma delle cellule squamose invasivo (SCC), da un punto di vista dermatoscopico [11].

3.6 PATOGENESI

L’epidermide è un tessuto molto dinamico caratterizzato da cellule in continua crescita e differenziazione. Questo incessante rinnovamento è regolato, in maniera fine, da diverse vie che, interagendo reciprocamente, mantengono la corretta omeostasi tessutale. Uno squilibrio di queste vie può portare alla propagazione di tumori.

Le principali vie coinvolte sono di seguito riportate.

3.6.1 EGFR

Il recettore per il fattore di crescita epidermico, EGFR, conosciuto anche come HER1 o Erb1, è un recettore-enzima, facente parte della grande famiglia dei recettori tirosin-chinasici ErbB. Questo recettore presenta un dominio extracellulare coinvolto nel legame con un ligando ed un dominio citoplasmatico avente attività enzimatica. Il legame con il ligando determina la omodimerizzazione o

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l’eterodimerizzazione del recettore promuovendo così l’attività chinasica nel dominio intracellulare con conseguente autofosforilazione di molti residui di tirosina a livello del dominio C-terminale e la fosforilazione di altri substrati portando all’attivazione di numerose vie di trasduzione del segnale, tra cui le più importanti sono (Figura 13) [8]:

• Ras/Raf/MEK/ERK che stimola la proliferazione e la migrazione cellulare • JAK/STAT che promuove principalmente la proliferazione cellulare

• PI3K/AKT/mTOR che induce la sopravvivenza cellulare attraverso l’inibizione di segnali pro-apoptotici

Figura 13 – Principali vie attivate dal legame con EGFR.

EGFR (HER1) e HER2 rappresentano i principali recettori della famiglia ErbB espressi ed attivi a livello dell’epidermide. Sono localizzati nei cheratinociti dello strato basale, ove determinano proliferazione e migrazione cellulare e, in misura minore, nello strato cellulare sovra-basale dove ritardano l’apoptosi dei cheratinociti che hanno perso legame con la membrana basale.

Negli NMSC (soprattutto in SCC, ma anche in AK) è stata osservata un’amplificazione del gene che codifica per EGFR, con conseguente

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20

sovraespressione del recettore. Questo conduce ad un forte incremento della cascata di segnali prodotta dal recettore stesso, soprattutto della via Ras/Raf/MEK/ERK [8].

Inoltre, mutazioni a carico di RAS sono state osservate nel 10-40% dei casi di NMSC [10].

3.6.2 CICLOSSIGENASI 2 (COX-2)

Le COX-2 sono enzimi coinvolti nella sintesi delle prostaglandine e diversi studi hanno dimostrato un loro coinvolgimento nella patogenesi di NMSC [12].

Non sono presenti normalmente nella maggior parte dei tessuti sani (a differenza delle ciclossigenasi 1 (COX-1) che sono invece costitutive), ma la loro produzione viene indotta a seguito di numerosi stimoli quali fattori di crescita, citochine e promotori tumorali. Anche le radiazioni UV rappresentano uno stimolo per l’espressione delle COX-2 a livello dell’epidermide. Questo porta, come conseguenza, ad un aumento della produzione della prostaglandina PGE2 da parte di COX-2 indotte dai raggi UVB. La PGE2 è considerata ad oggi il principale prodotto delle ciclossigenasi coinvolto nello sviluppo di NMSC. La PGE2 interagisce con quattro tipi diversi di recettori accoppiati a proteine G (EP1, EP2, EP3, EP4) situati sulla superficie delle cellule, compresa quella dei cheratinociti. Il legame con EP1, EP2 ed EP4, a livello dei cheratinociti, porta ad un aumento della proliferazione delle cellule tumorali, inibizione dell’apoptosi, stimolo di una risposta infiammatoria, immunosoppressione e aumento dell’invasione tumorale (Figura 14) [12].

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Figura 14 – Interazione tra PGE2 ed i recettori EP.

3.6.3 HEDGEHOG

Hedgehog costituisce una famiglia di ligandi a cui appartengono tre membri: Sonic Hedgehog Homolog (SHH), Desert Hedgehog (DHH) ed Indian Hedgehog (IHH) in grado di legarsi a recettori della famiglia PTCH. SHH è il ligando più studiato. Questa via di segnalazione è fondamentale, in quanto è implicata nel controllo della differenziazione dei tessuti durante lo sviluppo embrionale, tuttavia è silenziata nelle cellule sane dell’adulto.

PTCH è un recettore transmembrana avente attività di tumore-soppressore che inibisce l’attivazione di una proteina ad esso associata (Smo) (Figura 15-A).

Il legame di SHH con il suo recettore transmembrana PTCH determina la disinibizione di Smo (la proteina G associata al recettore) che, a sua volta, è in grado di attivare fattori di trascrizione della famiglia GLI (Gli1, Gli2, Gli3). Questi fattori di trascrizione sono, perciò, liberi di traslocare nel nucleo ed attivare l’espressione di diversi geni target che portano a proliferazione cellulare (Figura 15-B). L’attivazione di GLI avviene a seguito dell’inibizione, operata da Smo, del legame tra GLI e SUFU (un inibitore della via di trasduzione) [8] [13].

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Evidenze scientifiche hanno dimostrato che nel 68% dei casi di BCC [6] è presente un’alterazione a carico di questa via, dove si osserva prevalentemente una perdita di funzionalità a carico del recettore PTCH [13].

Trattamenti a livello di questa cascata di segnali prevedono l’impiego di inibitori Smo come il Vismodegib (Figura 15-C). [8]

Figura 15 – A. In assenza del legame tra SHH ed il recettore, Smo è inattiva, e quindi non può rompere il legame fra SUFU e le proteine GLI, che non possono quindi traslocare nel nucleo. B. Il legame fra SHH e PTCH promuove l’attivazione di Smo, che quindi impedisce il legame SUFU/GLI. A questo punto le proteine GLI sono libere di traslocare nel nucleo. C. Vismodegib impedisce l’attivazione di Smo, prevenendo l’inibizione del legame fra SUFU e GLI, inibendo così la proliferazione cellulare [14].

3.6.4 P-53

Il gene P-53 è un gene tumore-soppressore. Una mutazione a carico di questo gene porta alla sua inattivazione con conseguente aumento della sopravvivenza e della proliferazione cellulare.

Il gene codifica per una proteina, p-53, che è in grado di inibire la trascrizione di proteine anti-apoptotiche e ridurre la sintesi di proteine oncogene [13]. La proteina p-53 interviene anche quando sono presenti danni al DNA: arresta infatti il ciclo cellulare permettendo la riparazione del DNA danneggiato e promuovendo apoptosi di quelle cellule il cui DNA è danneggiato irreparabilmente [15].

Spesso la mutazione avviene anche a seguito dell’interazione con le radiazioni UV [10]. Mutazioni a carico di questo gene sono state riscontrate in più del 50% dei tumori umani [13].

Approssimativamente nel 90% degli SCC e nel 50% dei BCC si riscontra una mutazione a carico del gene P-53 [6].

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Figura 16 – Vie attivate dalla proteina p-53.

3.6.5 RADIAZIONI UV

Le radiazioni UV vengono distinte in radiazioni UVA (320-400 nm), UVB (290-320 nm) e UVC (100-290 nm). Le radiazioni UVC vengono quasi completamente assorbite dall’ozono atmosferico e non raggiungono la superficie terrestre. La radiazione UVB è considerata la più mutagenica [6] ed è quella che maggiormente causa ustioni solari, abbronzatura, tumori cutanei e foto-invecchiamento [1]. La radiazione UVA è in grado di penetrare più profondamente rispetto alle radiazioni UVB, contribuendo principalmente al foto-invecchiamento ed alle malattie da fotosensibilità (Tabella 2).

Figura 17 – Penetrazione delle radiazioni UVA e UVB

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UVA

UVB

Bassa energia Alta energia

Elevata capacità di penetrazione Bassa capacità di penetrazione Pigmentazione immediata Pigmentazione ritardata

Causano fotoinvecchiamento Causano eritema

Stimolano la produzione di radicali liberi

Svolgono azione diretta sul DNA cellulare (tumori cutanei) Responsabili di reazioni di

fotosensibilità

Non responsabili di reazioni di fotosensibilità

Tabella 2 - Differenze tra radiazioni UVA e UVB.

Le radiazioni UVB hanno quattro effetti principali:

1. Causano direttamente danni al DNA e all’RNA inducendo la formazione di legami covalenti tra due pirimidine adiacenti, portando così alla formazione di foto-prodotti tra cui dimeri di cilclopirimidine e addotti pirimidina-pirimidina [6] (Figura 18 e Figura 19).

Figura 18 - Formazione dell'anello ciclobutanico che comprende gli atomi C5 e C6 di due residui adiacenti di pirimidina (sinistra); Formazione del fotoprodotto 6-4 con formazione del legame fra gli atomi C6 di un residuo e C4 del residuo sottostante (destra) [16].

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2. Causano mutazioni a carico del gene P-53 [15]. La mutazione è stata osservata nel 53% dei casi di AK e nel 69% dei casi di SCC [10].

3. Possono causare immunosoppressione [15]. Le cellule del sistema immunitario svolgono un importante ruolo nel rintracciare cellule che potenzialmente potrebbero determinare NMSC, perciò una soppressione di questo sistema può portare a cancerogenesi più facilmente [5].

Pazienti che hanno subito trapianti, sono più suscettibili a sviluppare NMSC, in particolare SCC, probabilmente a causa di una terapia immunosoppressiva effettuata a lungo termine [17].

4. Concorrono, insieme alle radiazioni UVA, alla formazione di specie reattive dell’ossigeno (ROS).

I raggi UVA sono meno mutageni dei raggi UVB e causano indirettamente danni al DNA [6] [1]. Attraverso lo stress ossidativo, portano alla formazione di ROS che interagiscono con lipidi, proteine e DNA generando intermedi che si legano al DNA stesso (Figura 20) [5] [6].

Figura 19 - La formazione del dimero ciclobutanico determina la formazione di una piega nella catena di DNA [16].

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Sia le radiazioni UVA che UVB determinano un aumento di ossido nitrico (NO) nella pelle poiché attivano la NO sintasi. Quando NO è combinato con i ROS determina la formazione del perossinitrito, composto altamente tossico per il DNA [5] (Figura 21). Inoltre, è stato osservato che le radiazioni UV riducono i livelli di ATP e NAD+ nella pelle, privando le cellule di energia, compresa l’energia necessaria per mettere in atto i processi di riparazione [10].

Figura 21 - Danni dell'ossido nitrico. Figura 20 - Formazione di ROS indotta da radiazioni UV.

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Circa il 90% dei tumori della pelle non melanoma sono ascrivibili alle radiazioni UV [5] [18].

È possibile utilizzare contro gli effetti di queste radiazioni, schermi solari i cui principali ingredienti attivi comprendono [19]:

1. Sostanze in grado di assorbire la radiazione (UVA e/o UVB); 2. Sostanze in grado di riflettere o bloccare la radiazione; 3. Una miscela di entrambe le sostanze.

Tra i principali schermi solari contro UVA ritroviamo bisoctrizole (UE), bemotrizinol (UE), ossido di zinco (USA), biossido di titanio (USA), avobenzone (USA), ossibenzone (USA) ed ecamsule (USA). Mentre, tra gli schermi solari contro UVB, abbiamo esteri del PABA, cinnamati, octocrilene e salicilati [19].

Gli schermi solari sono considerati un ottimo metodo di protezione della pelle dai danni indotti da radiazioni solari. Evidenze scientifiche hanno infatti dimostrato che l’utilizzo regolare di schermi solari possa ridurre il rischio di AK e quindi di NMSC [19].

Sembrerebbe inoltre che un regolare utilizzo di schermi solari possa portare benefici riguardo la prevenzione di SCC, mentre non ci sono ancora evidenze chiare dei benefici nelle forme di BCC [20]. L’utilizzo degli schermi solari, comunque, negli ultimi anni, ha ridotto il numero di AK del 24% e di SCC del 38% [10].

3.6.6 ROS

Le specie reattive dell’ossigeno (ROS) sono coinvolte in numerosi processi fisio-patologici che includono danno al DNA e perossidazione dei lipidi (LPO) e sono considerati un fattore centrale nella progressione tumorale [21].

I ROS sono costantemente prodotti a bassi livelli a seguito del normale metabolismo cellulare ed includono l’anione superossido (O2•‾), il perossido di idrogeno (H2O2)

ed il radicale idrossilico (OH•). A seguito dell’interazione con NO, si può ottenere, inoltre, il perossinitrito (ONOO‾), una specie molto tossica per il nostro organismo. Altre fonti di ROS nella pelle sono costituiti da infiltrati leucocitari in grado di generare ROS [22], o fonti esogene come le radiazioni ultraviolette (Figura 22).

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28

Figura 22 - Ruolo dei ROS: Carenza/Omeostasi/Eccesso. Meccanismi di produzione e di inertizzazione dei ROS.

I ROS vengono normalmente inertizzati da diversi sistemi presenti nell’organismo (Figura 23). Questi sistemi includono l’enzima superossido dismutasi (CuZnSOD quando usa Cu-Zn come cofattori e MnSOD quando usa manganese come cofattore) e la catalasi (che sfrutta ferro come cofattore). SOD trasforma l’anione superossido in perossido di idrogeno, che viene trasformato dalla catalasi in acqua (H2O). Il perossido di idrogeno può, tuttavia, essere trasformato, via reazione di Fenton, nel pericoloso radicale ossidrilico, responsabile dei maggiori effetti indesiderati dei ROS. Altri sistemi di inertizzazione sono rappresentati da molecole come il glutatione (GSH), la vitamina E (a livello delle membrane cellulari), la vitamina C (a livello del citosol) ed enzimi come glutatione perossidasi, glutatione reduttasi, glutatione S-transferasi (GSTs) e chinone reduttasi (Figura 23).

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Figura 23 - Stress ossidativo e sistemi di inertizzazione [22].

In condizioni fisiologiche i ROS possono rappresentare anche una forma di difesa nei confronti di patogeni o in situazioni di crescita cellulare incontrollata. Tuttavia, quando la produzione dei ROS diventa troppo elevata, per diverse cause, i sistemi di inertizzazione non sono più efficaci, ne derivano quindi danni a diversi livelli (es. al DNA ed ai lipidi di membrana). Lo stress ossidativo a carico dei lipidi di membrana determina la formazione di MDA (malondialdeide), una specie con potenzialità mutageniche e cancerogeniche [21].

È stato dimostrato che la produzione incontrollata di ROS determina mutazione a carico di diversi livelli di vie di trasduzione del segnale, coinvolte nel controllo della crescita cellulare (Figura 24

)

[22]. I ROS attivano MAPK, tra cui ERK, JNK e p-38 chinasi. ERK e JNK inducono la trascrizione del fattore AP-1, mentre l'attivazione di p38 e l'inibizione di IKK determina l'attivazione di NF-κB. Tutto ciò induce infiammazione, tramite l'attivazione delle COX-2 e di iNOS (NO sintasi inducibile), e la regolazione della proliferazione cellulare, del ciclo cellulare e dell’apoptosi (Figura 24) [22].

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Figura 24 – Attivazione da parte dei ROS di diverse vie di trasduzione del segnale. [22].

Studi hanno dimostrato che l’espressione di enzimi antiossidanti, in grado di inertizzare i ROS (soprattutto CuZnSOD e MnSOD), è fortemente ridotta nelle forme di NMSC (SCC e BCC) (Figura 25) [21].

Figura 25 - Analisi densitometrica basata sull'intensità di colorazione [21]. Control = pelle normale; Naevi = lesione benigna a livello dei melanociti; SSM = melanoma; AK = cheratosi attinica; SCC = carcinoma delle cellule squamose; BCC = carcinoma baso-cellulare.

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3.7 TRATTAMENTO

Lo scopo del trattamento è quello di ottenere un’eradicazione completa del tumore preservando le caratteristiche funzionali ed estetiche della pelle [23]. La scelta del trattamento contro NMSC dipende dalla tipologia, dalla grandezza, dalla localizzazione della lesione e dall’età del paziente [1]. Richiede inoltre attente valutazioni correlate alle possibilità di recidive e/o rischi metastatici. In generale si parte da una valutazione visiva delle lesioni sospette.

3.7.1 CHIRURGIA

È il trattamento di prima scelta seguito per NMSC e generalmente ne permette la cura nel 90% dei casi [23]. I trattamenti chirurgici includono:

• Currettage ed elettro-essiccazione (EDC);

• Rimozione chirurgica e controllo post-operatorio dei margini (POMA); • Chirurgia di Mohs;

Generalmente la chirurgia di Mohs viene scelta per il trattamento di lesioni ad alto rischio, mentre EDC e POMA vengono scelte per lesioni a basso rischio [8] [6].

3.7.2 CRIOTERAPIA

È una tecnica semplice, rapida e poco costosa, che sfrutta l’utilizzo di azoto liquido. Con la crioterapia, il tessuto neoplastico viene distrutto attraverso l’utilizzo di basse temperature (inferiori ai -25°C). Questo è possibile perché le cellule cancerose, a differenza dei cheratinociti sani, sono molto sensibili alle basse temperature, come conseguenza del loro elevato contenuto di acqua, metabolismo ed infiltrazione nei vasi sanguigni [8] [23].

Gli effetti avversi più comuni riguardano reazioni all’azoto liquido ed includono la formazione di vesciche, eritemi, edema ed ipopigmentazione.

È una tecnica ad oggi poco sfruttata in virtù degli elevati effetti collaterali rapportati agli scarsi risultati estetici [23].

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3.7.3 TERAPIA FOTODINAMICA

La terapia fotodinamica (PDT) rappresenta un trattamento poco invasivo, che restituisce ottimi risultati anche dal punto di vista estetico. È un trattamento utilizzato contro la AK e alcune tipologie di NMSC [23] essendo specifico per il trattamento del carcinoma baso-cellulare (BCC) [6] [8]. In questo trattamento viene applicato un agente fotosensibilizzante, attivato da una luce con specifica lunghezza d’onda, che porta alla formazione di ROS, con conseguente danno cellulare (apoptosi/necrosi) e distruzione del tumore.

L’effetto antitumorale deriva da tre meccanismi:

1. Azione citotossica diretta contro le cellule tumorali;

2. Effetto indiretto legato al danno causato al sistema di vasi che irrorano il tumore;

3. Attivazione di una risposta immunitaria che porta ad un aumento delle citochine e l’accumulo di leucociti nell’area tumorale, favorendo la distruzione del tumore [18].

La forma superficiale di BCC è quella che ha dimostrato maggiore responsività a questo tipo di trattamento (tra il 75% ed il 90% dei casi), mentre non ne è raccomandato l’utilizzo contro la forma invasiva di SCC [23].

È un trattamento ben tollerato i cui effetti collaterali sono rappresentati da eventuale formicolio o bruciore nella zona interessata durante il trattamento. Restituisce risultati estetici migliori rispetto alla rimozione chirurgica, ma non è efficace come quest’ultima nel trattamento vero e proprio [23].

È stato dimostrato, attraverso studi scientifici, che la terapia fotodinamica può essere combinata con altri trattamenti al fine di ottenere migliori effetti nella cura contro NMSC [18].

In Figura 26 sono mostrati i trattamenti che possono essere combinati, con buoni risultati, alla terapia fotodinamica.

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Figura 26 - Trattamenti e procedure che sono state combinate con la terapia fotodinamica per il trattamento del carcinoma della pelle non-melanoma (NMSC) [18].

3.7.4 TRATTAMENTI FARMACOLOGICI

Il diclofenac (Figura 27) rientra nei farmaci antiinfiammatori non steroidei (FANS) ed è utilizzato principalmente contro la AK. La sua attività è dovuta all’inibizione delle COX [8].

Gli effetti collaterali tipici sono effetti locali come eritema, prurito, edema ed esfoliazione della pelle [23].

Il 5-fluorouracile (Figura 28) è una molecola citotossica generalmente utilizzata contro diverse forme tumorali. Agisce in qualità di analogo pirimidinico, il cui metabolita (Figura 29) viene incorporato nel DNA e nell’RNA (antimetabolita). Questo porta all’arresto del ciclo cellulare e morte della cellula per apoptosi (Figura 29) [8]. Viene normalmente utilizzato contro AK ed alcune forme superficiali di BCC risolvendo il problema nel 56-75% dei casi [23].

Figura 27 - Struttura del Diclofenac.

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I tipici effetti avversi includono eritema, prurito, dermatiti sensazione di bruciore e fotosensibilità nel sito di applicazione. Rara è la tossicità sistemica [23].

Figura 29 - Meccanismo d'azione del 5-FU.

L’imiquimod è una molecola appartenente alla famiglia delle imidazochinoline avente funzione immuno-modulatrice (Figura 30). È infatti in grado di stimolare una risposta immunitaria a seguito dell’interazione con particolari recettori determinando la produzione di interferoni alfa e di altre citochine [13]. È utilizzato in forma di crema al 5% contro AK e forme superficiali di BCC per cui ha dimostrato efficacia nel 43-94% dei casi [8] [23].

Può determinare effetti collaterali sia locali, come eritema, che sistemici, come sintomi da raffreddamento, vertigini, mal di testa e, raramente, ritenzione urinaria [23].

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35 L’ingenolo mebutato (Figura 31) è una molecola estratta da una pianta di origine australiana: Euphorbia peplus. Il preciso meccanismo d’azione non è ad oggi ancora chiaro [1]. Si pensa agisca attraverso diversi meccanismi d’azione tra cui l’induzione diretta della morte cellulare e la generazione di una risposta infiammatoria mediata dall’attivazione di una proteina chinasi C, promuovendo quindi necrosi e

citotossicità mediata da neutrofili. È stato approvato dall’FDA per il trattamento di AK nel 2012. Attualmente si sta studiando la sua attività su forme superficiali di BCC e di SCC. Gli effetti collaterali principali riguardano reazioni locali come eritema [23].

Il vismodegib (Figura 32) è un inibitore di Smo, proteina facente parte della cascata di segnalazione SHH/PTCH/Smo/GLI. Rappresenta uno dei primi farmaci approvati in terapia con questo target per il trattamento di forme metastatiche di BCC [8].

È stato approvato negli USA nel 2012 ed in Europa ed altri Paesi nel 2013 [13].

Il cetuximab è un anticorpo monoclonale di tipo chimerico in grado di agire a livello del recettore per il fattore di crescita epidermico (EGFR). Si lega al recettore interagendo con la sua porzione extracellulare ed impedendo il legame con i ligandi naturali, di conseguenza viene inibita la dimerizzazione del recettore, la fosforilazione dei residui di tirosina ed i segnali derivanti da queste modificazioni. Inoltre, è in grado di indurre internalizzazione del recettore con conseguente minore espressione di quest’ ultimo (Figura 33) [8].

Figura 31 - Struttura dell'ingenolo mebutato.

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Figura 33 - Meccanismo d'azione del cetuximab.

3.7.5 ANTIOSSIDANTI

Gli antiossidanti sono sostanze chimiche in grado di difendere l’organismo dall’azione dei radicali liberi e prevenire disordini degenerativi derivanti da stress ossidativo [3]. La maggior parte degli antiossidanti ha origine naturale, sono, infatti, presenti in piante dove rivestono numerosi ruoli difensivi.

3.7.5.1 POLIFENOLI

Sono una classe di composti ampiamente utilizzati in dermatologia. I polifenoli hanno mostrato azioni antiangiogeniche, antinfiammatorie, antimicrobiche, antitumorali ed antiossidanti.

Molti di essi hanno mostrato risultati soddisfacenti, in vitro e/o in vivo, per la cura del melanoma e del NMSC [24].

Come suggerisce il nome, presentano diversi gruppi fenolici associati in strutture più o meno complesse ad alto peso molecolare.

In questa categoria rientrano numerosi composti, suddivisi in diverse classi come mostrato in Figura 34. Alcuni di essi rientrano già nella preparazione di creme solari.

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Figura 34 - Suddivisione dei Polifenoli.

La curcumina (Tabella 3) è un pigmento giallo che si trova nella Curcuma longa, esplica azioni antinfiammatorie, antiossidanti, anticancro ed antimicrobiche.

In modelli animali, usata per via topica o per via sistemica, la curcumina riduce le dimensioni di SCC [24]. In particolare, sembrerebbe che la curcumina diminuisca gli effetti causati sia dai raggi UVA che dei raggi UVB, in quanto riduce la formazione dei dimeri di pirimidina, inibisce la produzione di COX-2 e quindi di PGE-2 ed inibisce la produzione di ROS e di NO. La sua azione è stata studiata su cellule A431 [24].

L’acido ellagico (Tabella 3) lo ritroviamo in differenti tipologie di frutti, come bacche (mirtilli, ribes, lamponi), melograno e semi.

Studi scientifici hanno dimostrato che l’acido ellagico presenta proprietà antiproliferative e antitumorali. Manifesta anche un effetto antinfiammatorio, probabilmente legato al suo metabolita l’urolitina A, che inibisce il fattore NF-κB, la

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proteina MAPK e la COX-2 con conseguente riduzione di PGE-2. Ha mostrato inoltre di ridurre la produzione di ROS in cellule HaCaT esposte alle radiazioni UVA, probabilmente per l’aumento della produzione dell’enzima superossido dismutasi [24].

L’epigallocatechina gallato (Tabella 3) deriva dalla Camellia sinensis e rappresenta il composto più abbondante tra i polifenoli presenti nel tè verde. Presenta proprietà antiinfiammatorie, antiossidanti, antimutageniche, antitumorali e proapoptotiche. Ha mostrato effetti contro i danni ossidativi promossi dalle radiazioni UVA e UVB in cellule HaCaT, tuttavia ad elevate concentrazioni può stimolare la sopravvivenza delle cellule tumorali [24].

L’onochiolo (Tabella 3) è un composto presente nelle foglie e nella corteccia della Magnolia officinalis ed altre piante del genere Magnolia.

Ha dimostrato effetti antinfiammatori, antibatterici, antifungini, antitumorali ed antiossidanti. Sembra essere in grado di inibire la proliferazione cellulare attraverso diversi meccanismi, tra cui l’incremento dell’attività delle caspasi (proteasi coinvolte dell’induzione dell’apoptosi) e l’inibizione diretta dei ROS.

In studi in vivo ha mostrato attività contro il melanoma e l’NMSC. È in grado di ridurre il volume e la crescita tumorale, a seguito dell’esposizione alle radiazioni UVB, soprattutto attraverso l’inibizione di COX-2, PGE-2 e citochine pro-infiammatorie [24].

Il resveratrolo (Tabella 3) è presente in bacche (come mirtilli, lamponi, ribes), uva e semi. Presenta attività antinfiammatoria ed antitumorale ed è in grado di ridurre la proliferazione dei cheratinociti sani [24]. Ha inoltre una spiccata attività antiossidante in quanto è in grado di indurre la produzione dell’enzima superossido dismutasi e glutatione perossidasi, coinvolti nell’inertizzazione dei ROS. Studi condotti su cellule HaCaT, hanno mostrato la sua utilità per controllare l’NMSC. In SCC, il resveratrolo induce l’apoptosi poiché determina una up-regulation di p-53 ed ERK ed una down-regulation della survivina (SVV) e del fattore m-TOR, in modo

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da promuove invecchiamento precoce della cellula ed apoptosi. È inoltre in grado di inibire il fattore di crescita dell’endotelio vascolare (VEGF), la COX-2, oltre che di prevenire i danni indotti dalle radiazioni UVB (dimeri di pirimidine) e UVA (formazione di ROS) [24].

Poiché il resveratrolo presenta delle proprietà chemiopreventive e chemioprotettive, ne è stato studiato l’uso in creme solari, per migliorare le proprietà fotoprotettive di composti normalmente usati in queste formulazioni, come l’avobenzone ed il metossicinnamato (Figura 35), attraverso la formazione di molecole ibride (Figura 35) [25].

L’avobenzone ed il metossicinnamato sono in grado di proteggere la pelle rispettivamente dalle radiazioni UVA e UVB, tuttavia presentano delle limitazioni, se utilizzati da soli, correlate alla loro fotosensibilità, alla scarsa efficacia e permeabilità, assenza di effetto antiossidante, potenziali effetti allergici ed incompatibilità con altri composti comunemente utilizzati nelle creme solari [25]. Il resveratrolo, coniugato a queste molecole, ha mostrato la capacità di migliorare la sicurezza delle formulazioni, la penetrazione a livello dell’epidermide [24] ed inoltre ha conferito proprietà antiossidanti [25].

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Figura 35 - Molecole ottenute dall'ibridazione fra t-resveratrolo (1), avobenzone (3) e octil-metossicinnamato (2) [25].

L’acido salicilico (Tabella 3) si trova nella corteccia del salice (Salix alba) e viene utilizzato per diverse patologie a livello cutaneo da oltre 2000 anni. Ha proprietà cheratolitiche, batteriostatiche, fungicide e fotoprotettive. Usato topicamente è in grado di ridurre la sensibilità cutanea alle radiazioni, riducendo eritemi, danni al DNA e scottature. È utilizzato nel trattamento della AK da solo, o in associazione col 5-fluorouracile [24].

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L’acido tannico si ritrova nei frutti e nelle cortecce di numerose piante (Tabella 3). È una fonte di acido gallico, potente agente proapoptotico. L’acido tannico presenta proprietà antiossidanti, soprattutto poiché è in grado di ridurre la perossidazione dei lipidi, la COX-2 e l’enzima ossido nitrico sintasi-inducibile (i-NOS), di conseguenza presenta un buon profilo antitumorale. Recenti studi hanno dimostrato che l’acido tannico è in grado di prevenire i danni cutanei causati dalle radiazioni UVB [24].

Tabella 3 - Strutture dei polifenoli.

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Le antocianidine sono pigmenti presenti nelle piante i cui colori possono andare dal rosso al blu. Costituiscono la porzione non zuccherina (aglicone) degli antociani e svolgono un importante azione antiossidante nelle piante, in quanto le proteggono dai danni causati dalle radiazioni ultraviolette grazie alla loro capacità di assorbire specifiche lunghezze d’onda. Studi scientifici hanno dimostrato che una dieta regolare a base si semi d’uva, contenenti proantocianidine (grape seed proanthocyanidins (GSP)), prevenga i danni causati dalle radiazioni UVB, riducendo di conseguenza il rischio di NMSC [17]. Questi GSP non solo sembrerebbero avere degli ottimi benefici sulla patologia, ma presentano anche scarsa, se non nulla, tossicità e sono di facile reperibilità. Sono composti naturali presenti in verdura, frutta, semi, fiori, cortecce e noci. I semi dell’uva (Vitis vinifera), rappresentano una fonte importantissima di questi composti, che costituiscono circa il 60-70% del peso dei semi. Le GSP sono composte da dimeri, trimeri, tetrameri o oligomeri di monomeri di catechina o epicatechina (Figura 37).

Nei semi ritroviamo le GSP in forma di dimeri per il 6,6%, trimeri per il 5,0%, tetrameri per il 2,9% e oligomeri per il 74,8% di monomeri di catechina.

Figura 37 - Struttura chimica dei monomeri, dimeri e trimeri [17].

Studi effettuati su animali da laboratorio (topi), hanno dimostrato che le GSP prevengono i danni indotti dalle radiazioni UV riducendo l’incidenza, la crescita e l’estensione del tumore. Infatti, GSP stimola la riparazione dei dimeri di timidina (CDP) indotti dalle radiazioni UVB.

L’assunzione di GSP inoltre è in grado di ridurre tutti quei fattori proinfiammatori, come COX-2 e prostaglandine, indotte dall’esposizione alle radiazioni UVB.

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È opinione quindi comune tra i ricercatori, a seguito di studi effettuati sia in vivo che in vitro, che una dieta ricca in GSP possa essere una valida opzione complementare e/o alternativa per la prevenzione e/o il trattamento di disturbi cutanei, incluso NMSC. L’uso di GSP in combinazione con farmaci anticancro può migliorarne l’efficacia e ridurre la resistenza al farmaco [17].

Inoltre, sostanze estratte dai semi di Vitis vinifera presentano un importante effetto citotossico osservabile in cellule A431 [26].

Figura 38 - Effetti della radiazione UV (in blu) e della dieta a base di GSP (in verde) [17].

Gli acidi idrossicinnamici sono molecole ubiquitariamente distribuite nel regno vegetale, li ritroviamo in frutta, verdura, cereali e caffè (Figura 39). Solo una piccola percentuale esiste in forma libera in natura, la maggior parte si trova in forma esterificata con acidi organici o glicosidi, o ancora legati a proteine. Tra gli acidi fenolici, sono quelli che manifestano il potere antiossidante più alto. L’effetto antiossidante è esplicato attraverso diversi meccanismi che includono l’inertizzazione dei ROS, la chelazione di metalli, il legame con le proteine e l’inibizione della perossidazione dei lipidi (LPO). Presentano anche un effetto pro-ossidante ad alte percentuali che potrebbe essere sfruttato come meccanismo anticancro [27]. Secondo studi scientifici l’acido caffeico è in grado di inertizzare

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meglio i ROS rispetto all’acido ferulico, che invece ha un potenziale antiossidante migliore contro l’ossido nitrico [27].

Figura 39 - Principali acidi idrossicinnamici.

Il tirosolo e l’idrossitirosolo sono presenti principalmente nelle olive, nell’olio d’oliva e nel vino, soprattutto quello rosso (Figura 40).

Figura 40 - Strutture del Tirosolo e dell'idrossitirosolo.

Sono entrambe molecole aventi una spiccata attività antiossidante [28] . È stato dimostrato che l’idrossitirosolo esplica la sua attività di antiossidante attraverso l’inertizzazione diretta dei ROS o attivando diverse vie di segnale che portano ad un incremento delle difese durante lo stress ossidativo. Inoltre, presenta proprietà cardioprotettive, antitumorali, antimicrobiche, antidiabetiche e neuroprotettive [29]. Infatti, è in grado di indurre apoptosi e inibire la crescita tumorale in differenti tipologie di tumori in modelli in vivo ed in vitro [30] [31] [32]. Il tirosolo presenta un minore effetto antiossidante rispetto all’idrossitirosolo, ma ha un effetto protettivo contro la lesione ossidativa e potenzia i sistemi difensivi propri della cellula contro i ROS. Particolarmente interessante è la sua azione contro il danno provocato da H2O2 [33].

Sono due molecole che possono anche essere sintetizzate in maniera endogena dall’organismo: il tirosolo viene prodotto attraverso il metabolismo ossidativo della tiramina (Figura 41), mentre l’idrossitirosolo attraverso il metabolismo ossidativo della dopamina (Figura 42).

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Figura 41 - Metabolismo ossidativo della tiramina [28]. MAO = Monoammino Ossidasi; ALDH = Aldeide Deidrogenasi; ADH = Alcol Deidrogenasi; ALR = Aldeide Reduttasi.

Figura 42 - Metabolismo ossidativo della dopamina [28]. MAO = Monoammino Ossidasi; ALDH = Aldeide Deidrogenasi; ADH = Alcol Deidrogenasi; ALR = Aldeide Reduttasi; COMT = Catecol-O Metil-trasferasi.

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3.7.5.2 VITAMINE

La Vitamina E è anche chiamata α-tocoferolo (Figura 43). Presenta nella struttura l’anello del cromano 5,7,8 trimetil-sostituito con un ossidrile in posizione 6. Reca in posizione 2 una catena alchilica e presenta tre centri asimmetrici (2, 4’, 8’) che la rendono una molecola otticamente attiva. La vitamina E propriamente detta ha configurazione assoluta 2R, 4’R, 8’R.

Figura 43 – Struttura della Vitamina E.

È una vitamina liposolubile che ritroviamo maggiormente nei semi (mandorle, noccioline, ecc.) e soprattutto nel germe di grano.

Il ruolo principale della vitamina E è quello di antiossidante. Va a dislocarsi a livello dei lipidi di membrana, prevendendo il loro irrancidimento a causa dell’interazione con i ROS. I lipidi di membrana sono normalmente costituiti da PUFA (acidi grassi poli-insaturi), importanti poiché assicurano la fluidità di membrana. Presentano molte insaturazioni, rappresentando perciò un utile punto di attacco per i radicali liberi dell’ossigeno che vanno alla ricerca di densità elettroniche a cui potersi legare. La vitamina E riesce ad inertizzare i ROS grazie all’OH fenolico presente sull’anello del cromano. Questo gruppo per rottura omolitica, cede il radicale idrogeno (-H•) ai ROS. La specie radicalica, sufficientemente stabile, viene ossidata per ottenere una specie carbocationica che può subire l’attacco di OH‾. Questa struttura si evolve per dare l’α-tocochinone una molecola chinoide 1,4 dicarbonilica, in cui l’anello del cromano ha subito una apertura del ciclo a 6 termini. Il tocochinone viene quindi prima ridotto in diidrotocochinone e poi il diidrotocochinone si richiude, perdendo una molecola di acqua, per dare la molecola di partenza, pronta per inertizzare nuovamente una specie ROS (Figura 44).

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Figura 44 - Meccanismo d'azione della Vitamina E.

Studi in vivo hanno dimostrato che l’applicazione topica di vitamina E è in grado di prevenire il tumore della pelle nei topi e ridurre l’immunocompromissione indotta dalle radiazioni ultraviolette (UVB) [34].

La Vitamina A è detta retinolo tutto-trans (Figura 45). Presenta un anello a 6 termini trimetil-sostituito (l’anello del β-ionone) a cui è legata una catena a 9 atomi di carbonio. Contiene 5 insaturazioni tutte a geometria trans.

È una vitamina liposolubile che ritroviamo in alimenti di origine animale (fegato, pesce, latte scremato ecc.), sotto forma di retinolo tutto trans, e in alimenti di origine vegetale (frutta, verdura, olio d’oliva), come provitamine A. Un esempio di provitamina è rappresentato dai carotenoidi (𝛼-carotene, β-carotene, γ-carortene), che forniscono vitamina A in seguito al metabolismo (Figura 46).

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Figura 46 – Metabolismo del β-carotene.

La vitamina A è coinvolta in numerose funzioni, quali differenziazione cellulare, risposta immunitaria, emopoiesi, meccanismo della visione e azione antiossidante. Per quanto riguarda quest’ultima azione, le numerose insaturazioni della vitamina A diventano facile punto di attacco da parte di radicali liberi dell’ossigeno. La vitamina A si comporta quindi da protettivo nei confronti di altre strutture cellulari (acidi nucleici, proteine, lipidi) che, se aggredite dai ROS, porterebbero ad una perdita di funzionalità cellulare.

La Vitamina C, o Acido Ascorbico, può esistere in due forme enantiomeriche, ma solo l’acido L-ascorbico (5S, 1’S) corrisponde alla vitamina C vera e propria (Figura 47). È una vitamina idrosolubile che ritroviamo in alimenti di origine vegetale: verdura a foglia verde e frutta, soprattutto agrumi. La sua attività biologica è legata alla sua capacità di ossidarsi ad acido deidroascorbico (Figura 48).

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Figura 48 - Meccanismo di ossidazione dell'acido L-ascorbico ad acido deidroascorbico.

La vitamina C presenta diverse funzioni:

• Interviene nella conversione in vivo dell’acido folico in acido tetraidrofolico; • È importante nella respirazione cellulare in quanto agente riducente;

• È implicata in attività quali la formazione delle ossa e la sintesi dei corticosteroidi;

• È implicata nella rigenerazione della vitamina E [35];

• Le è attribuita un’attività di potenziamento delle difese immunitarie in caso di patologie da raffreddamento;

• Ha una spiccata attività antiossidante.

Diversi studi hanno dimostrato che l’acido ascorbico (AA) è in grado di inertizzare le specie reattive dell’ossigeno e prevenire i danni indotti da H2O2 a livello dei lipidi

(perossidazione lipidica). Inoltre, ad alte concentrazioni ha mostrato attività pro-ossidante che può essere sfruttata per indurre apoptosi in tumori umani, come il glioblastoma [35].

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INTRODUZIONE

ALLA PARTE

SPERIMENTALE

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Il cancro della pelle comprende essenzialmente il melanoma, il carcinoma delle cellule squamose (SCC) ed il carcinoma delle cellule basali (BCC) (Figura 49). BCC ed SCC a loro volta rientrano nella macro categoria dei carcinomi della pelle non-melanoma (NMSC). Gli NMSC rappresentano la forma prevalente di tumore della pelle (circa il 96%), di questi l’80% è rappresentato dal carcioma delle cellule basali (BCC) ed il 16% dal carcinoma delle cellule suamose (SCC) [3].

Gli NMSC si sviluppano a livello dei cheratinociti. In particolare BCC origina da mutazioni dei cheratinociti dello strato basale, si sviluppa lentamente e quasi mai metastatizza; rappresenta una patologia altamente deturpante vista la sua tendenza a crescere localmente, nel complesso, però, presenta buone aspettative di guarigione [5]. SCC deriva da mutazioni dei cheratinociti dello strato spinoso (o squamoso), ha un decorso rapido e tende a metastatizzare [5]. Si è osservato che questa forma di NMSC si sviluppa da una lesione precancerosa, la cheratosi attinica, che tende ad evolversi in forma tumorale per lo 0.1% ed il 20% dei casi [11].

Figura 49 - Tipologie di tumori della pelle.

L’esposizione alle radiazioni UV costituisce la causa più importante per l’insorgenza di NMSC, infatti circa il 90% è ascrivibile a questa causa [36]. Le radiazioni UV attivano diverse tipologie di oncogeni e, al contempo, inattivano geni tumore-soppressori, portando a sopravvivenza e proliferazione incontrollata dei cheratinociti, inoltre determinano una compromissione del sistema immunitario esacerbando la patologia (Figura 50) [36].

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