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Tra prevenzione e punizione. Il sequestro e la confisca nel c.d. codice antimafia (d. lgs. n. 159/2011)

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UNIVERSITA‘ Dì PISA

Dipartimento di giurisprudenza

CORSO Dì LAUREA MAGISTRALE IN

GIURISPRUDENZA

TRA PREVENZIONE E PUNIZIONE

IL SEQUESTRO E

LA CONFISCA NEL C.D. CODICE ANTIMAFIA

(D. LGS. N. 159/2011)

Il candidato I relatori

La Rocca Emanuele Maria Prof. Domenico Notaro Prof. Emma Venafro

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2 Sommario

PREMESSE STORICO – INTRODUTTIVE ... 7 CAPITOLO I ... 11 EVOLUZIONE STORICO – LEGISLATIVA DELLE MISURE DI PREVENZIONE ... 11

1. Le misure di prevenzione. Generalità ... 11 2. Le misure di prevenzione: le origini ... 15 2.1. Segue, dal TUPLS del 1865 alle leggi del 1894 contro il terrorismo anarchico ... 19 2.2. Segue, le misure preventive durante il fascismo ... 22 2.3. Segue, la legge del 27 Dicembre 1956 n. 1423 ... 22 3. L‘intervento nei confronti della mafia. La c.d. pericolosità qualificata ... 25 3.1. Segue, un allargamento della legislazione antimafia ... 26 4. L‘introduzione delle misure di prevenzione patrimoniali ... 27 4.1. Segue, il rapporto tra le misure di prevenzione patrimoniali e la c.d. legge Reale ... 30 5. La ―nuova‖ pericolosità comune ... 33 6. Il principio dell‘applicazione disgiunta delle misure personali e patrimoniali (cenni e rinvio) ... 35 7. Il c.d. codice antimafia: il d.lgs. n. 159/2011, una

riorganizzazione del sistema di prevenzione ... 37 7.1. Segue, i soggetti destinatari delle misure di prevenzione ... 39 8.Una materia in continua evoluzione, verso una nuova riforma . 42 CAPITOLO II ... 44 LE MISURE DI PREVENZIONE PERSONALI... 44 1. Introduzione ... 44 2. La Costituzione italiana e le misure di prevenzione personali.. 46 2.1. Problemi di costituzionalità ... 47

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3 2.2 La dottrina ... 49 2.2.1. Segue, la dottrina e i tentativi di legittimazione

costituzionale ... 55 2.3. La Corte Costituzionale e le misure di prevenzione. Un lungo percorso iniziato nel 1956 ... 63 2.4. Segue, la Sentenza della Corte Cost. n. 23/1964 ... 68 2.5. Segue, la sentenza della Corte Costituzionale n.177/1980 .... 70 2.6. Segue, i principi della ―minor incidenza possibile‖ delle misure di prevenzione e della pubblicità delle udienze ... 73 3. I presupposti di applicabilità delle misure di prevenzione

personali ... 75 3.1. Segue, le categorie (o fattispecie) di pericolosità ... 76 3.2. Segue, la pericolosità sociale e l‘inammissibilità di

presunzioni ... 81 3.3. Segue, il giudizio sull‘attualità e l‘inammissibilità di

presunzioni ... 84 4. Il tentativo di estendere, nel sistema preventivo, i principi propri del diritto penale (cenni) ... 87 5. La Corte europea dei diritti dell‘uomo e le misure di

prevenzione personali ... 88 5.1. Segue, la sentenza De Tommaso. Una possibile svolta per il sistema di prevenzione italiano? ... 92 6. Nuove idee per il futuro: verso una logica prevalentemente assistenziale ... 96 7. Misure di prevenzione, misure di sicurezza e sanzioni penali .. 99 CAPITOLO III... 106 MISURE DI PREVENZIONE PATRIMONIALI ... 106 SEZIONE I ... 106 PROFILI GENERALI DELLE MISURE DI PREVENZIONE PATRIMONIALI ... 106

1. Premesse ... 106 2. Sequestro e Confisca nel 1982: un duro colpo per gli affari di ―cosa nostra‖ ... 109

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4 3. I rapporti tra processo penale e procedimento di prevenzione: il

sistema del c.d. ―doppio binario‖. ... 111

4. I rapporti tra le misure di prevenzione personali e quelle patrimoniali: il principio di accessorietà ... 116

4.1. Segue, il tentativo di superare il principio di accessorietà ... 118

5. I presupposti di applicabilità delle misure di prevenzione patrimoniali ... 121

5.1. Segue, la disponibilità del bene da parte del proposto ... 122

5.2. Segue, la provenienza illecita dei beni ... 126

6. La natura delle misure patrimoniali (cenni e rinvio)... 128

6.1. La c.d. corrispondenza temporale ... 134

7. Le misure di prevenzione patrimoniali e la Costituzione Italiana ... 136

8. Le misure di prevenzione patrimoniali e la Cedu ... 140

9. La prossimità del sistema preventivo a quello punitivo ... 144

SEZIONE II ... 146

LE INDAGINI PATRIMONIALI ... 146

1. Introduzione ... 146

2. Il potere di proposta delle misure di prevenzione ... 148

3. Le indagini patrimoniali: svolgimento ... 151

4. I mezzi di indagine ... 155

4.1. Segue, le indagini bancarie: uno strumento indispensabile . 156 5. Le garanzie dell‘indiziato... 160

CAPITOLO IV ... 164

IL SEQUESTRO ... 164

1. La natura del sequestro ... 164

2. Diverse tipologie di sequestro ... 166

2.1. Segue, il sequestro ordinario ... 167

2.2. Segue, il c.d. sequestro anticipato o precauzionale ... 170

3. Le impugnazioni ... 174

(5)

5 5. Uno strumento fondamentale per la gestione delle aziende

sequestrate: l‘amministrazione giudiziaria... 178

5.1. Segue, la nomina e la revoca dell‘amministratore giudiziario ... 178

5.2. Segue, attività inerenti all‘amministrazione giudiziaria ... 181

5.3. Segue, la relazione dell‘amministratore giudiziario ... 183

CAPITOLO V ... 185

LA CONFISCA ... 185

SEZIONE I ... 185

LE DIVERSE FIGURE DI CONFISCA PRESENTI NELL‘ORDINAMENTO ITALIANO ... 185

1. Introduzione ... 185

2. La confisca penale classica o tradizionale (ex art. 240 c.p.) e le più importanti ipotesi di confisca obbligatoria ... 190

2.1. Segue, la confisca facoltativa ... 194

2.2. Segue, le figure di confisca obbligatoria ex art. 240 c.p. (e non solo) ... 202

3. La confisca per equivalente... 209

4. Confisca ai danni dell‘Ente ... 217

5. Confisca allargata ... 222

6. Confisca – misura di prevenzione ex art. 24 d.lgs. n. 159/2011 (c.d. confisca antimafia) ... 230

7. La confisca (in generale) e il suo rapporto con la Cedu... 237

7.1. La confisca antimafia e la Cedu ... 240

7.2. L‘applicazione retroattiva ... 246

SEZIONE II ... 250

LA CONFISCA ANTIMAFIA E LA TUTELA DEI TERZI CREDITORI ... 250

1. Premesse ... 250

2. Le decisioni della Corte Costituzionale ... 251

3. I terzi titolari di diritti di credito e la confisca di prevenzione. ... 255

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6 3.2. Segue, la lacuna normativa e gli orientamenti della

giurisprudenza ... 257

3.2.1. I creditori privi di garanzia reale ... 258

3.2.2. I creditori titolari di diritti reali di garanzia ... 261

4. I terzi titolari di diritti di credito e la confisca di prevenzione. Il titolo IV del codice antimafia ... 263

4.1. L‘art. 52: diritti dei terzi ... 264

4.2. Il sistema di tutela dei terzi e i suoi rapporti con la Cedu .... 268

5. I terzi titolari di diritti di credito e la confisca di prevenzione. La legge 228/2012 e la sentenza n. 10532/13 delle Sezioni Unite civili ... 270

5.1. Segue, l‘ambito temporale di applicazione ... 270

5.2. Segue, i presupposti della tutela ... 271

5.3. Segue, gli effetti della disciplina ... 272

6. La confisca allargata e tutela dei terzi creditori ... 274

CONSIDERAZIONI FINALI ... 276

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7 PREMESSE STORICO – INTRODUTTIVE

―È meglio prevenire i delitti che punirgli. Questo è il fine principale d‘ogni buona legislazione, che è l‘arte di condurre gli uomini al massimo di felicità o al minimo d‘infelicità possibile, per parlare secondo tutti i calcoli dei beni e dei mali della vita. Volete prevenire i delitti? Fate che le leggi sian chiare, semplici, e che tutta la forza della nazione sia condensata a difenderle, e nessuna parte di essa sia impiegata a distruggerle. Fate che le leggi favoriscano meno le classi degli uomini che gli uomini stessi‖1

.

Abbiamo scelto di introdurre la presente trattazione facendo riferimento alle parole di C. Beccaria, il quale, nel testo più noto dell‘Illuminismo italiano, si pone con spirito innovativo delle domande circa le modalità di accertamento dei delitti e circa le pene allora in uso. Dalle parole sopracitate emerge l‘interesse dell‘Autore verso il sistema preventivo, il quale deve rivolgersi a fenomeni e situazioni di possibile pericolo, dati da condotte soggettive di cui si sospetta la liceità.

Di tali fenomeni e di dette situazioni, gli storici del diritto iniziano a parlarne e ad individuarne le cause proprio alla fine del Settecento – inizi dell‘Ottocento (ad esempio, in materia, si parla di vagabondaggio e oziosità)2.

La funzione preventiva e il mancato previo accertamento della commissione di un reato costituiscono le caratteristiche essenziali delle misure di prevenzione. Per assicurare le esigenze di prevenzione dello Stato si impongono, indipendentemente dalla commissione di un reato, misure che, seppur prive dell‘applicazione

1 C. BECCARIA, Dei delitti e delle pene”, Livorno, 1764. 2

G. FIANDACA, Misure di prevenzione (Profili sostanziali), in Dig. pen., VII, Torino 1994, p.110.

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8 di una sanzione penale, incidonosulla libertà della persona attraverso l‘imposizione di numerose prescrizioni dirette ad agevolare il controllo e la vigilanza degli organi preposti alla tutela della sicurezza pubblica.

Per lungo tempo tali misure sono state confinate in un ambito esclusivamente amministrativo. Da un lato, la funzione di tutela della collettività, rimessa alla mera ―polizia di sicurezza‖, giustificava l‘intervento della sola autorità amministrativa; dall‘altro, l‘esclusione dal procedimento dell‘autorità giudiziaria consentiva di ―controllare‖ le persone sospettate di essere pericolose per l‘ordine costituito senza riconoscere loro alcuna garanzia.

―La tentazione di svincolare gli strumenti di ―controllo della devianza‖ dai binari classici del giudizio penale (tassatività e determinatezza delle previsioni regolatrici, giurisdizionalità piena dell‘accertamento fattuale, onere della prova sull‘accusa, rivedibilità della prima decisione con effetto sospensivo sulla eseguibilità, ecc.) è sempre stata coltivata anche dal legislatore repubblicano (il testo originario della legge n.1423 del 1956 ne rappresenta il paradigma) e corrisponde ad esigenze di rassicurazione immediata della collettività su cui si fonda il consenso elettorale, alimentato da campagne mediatiche tese a far emergere da un lato l‘imponenza dei fenomeni dall‘altro l‘adeguatezza delle forme di contrasto offerte da chi governa (campagne alimentate da interessi propagandistici che, per il vero, non appaiono coltivati esclusivamente dalla classe politica in senso stretto)‖3

.

Non poche volte si è ripreso a discutere su tali misure, considerando, infatti, che il nostro legislatore, con varie riforme, è tornato sul punto, per rivedere e modificare la disciplina legislativa: si pensi alle

3

R. MAGI, Per uno statuto unitario dell‟apprezzamento della pericolosità sociale, nella rivista Diritto Penale Contemporaneo, 13 Maggio 2017.

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9 riforme del 1965, del 1975, 1982, 1988 e infine l‘ultima nel 2011, che ha persino aggiunto nuovi soggetti all‘elenco dei destinatari delle misuredi prevenzione. È giusto ricordare che un‘ulteriore riforma è alle porte; infatti la Camera dei deputati ha approvato, l‘11 novembre del 2015, un disegno di legge, attualmente all‘esame del Senato, che prevedere numerose modifiche all‘attuale codice antimafia (d.lgs. n. 159/2011).

La nostra analisi partirà dalla evoluzione storico – legislativa delle misure di prevenzione, dalla loro origine ad oggi. Vedremo la loro presenza nel sistema antecedente alla Costituzione per giungere alla normativa dettata dal codice antimafia del 2011. Nonostante i numerosi interventi, culminati con la redazione di un vero e proprio codice atto a riorganizzare il caos precedente, alcuni aspetti appaiono ancora non risolti. Non è un caso che a distanza di pochi anni dalla sua promulgazione sia sorta l‘esigenza di ―mettervi mano‖ e di migliorare gli aspetti più problematici.

Focalizzeremo l‘attenzione sulle pesanti critiche avanzate dalla dottrina nei confronti delle misure di prevenzione. Infatti,il sistema preventivo è stato per lungo tempo considerato materia estranea al diritto penale, ―diritto di serie B‖,spesso accusato di incostituzionalità. Gli articoli presi a riferimento sono gli articoli 3, 13, 16, 25 e 27 Cost.;i motivi sono molteplici e saranno analizzati con attenzione. Vedremo quali sono i ragionamenti sui quali si fondano le accuse di illegittimità Costituzionale e quali sono, invece, gli argomenti avanzati dalla Corte per respingere tali accuse.

Nel contesto storico – giuridico in cui viviamo non potremmo non analizzare gli aspetti riguardanti i rapporti tra il nostro sistema preventivo e le garanzie contenute nella Convenzione Europea dei Diritti dell‘Uomo (Cedu). Interessanti risultano, sul tema, i lavori e le interprestazioni fornite dalla Corte EDU; queste ultime hanno

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10 costretto, in qualche caso, il legislatore italiano a rendere attuali le decisioni modificando il nostro precedente assetto normativo. Molto importante è, come sarà illustrato, la distinzione tra le misure preventive personali e quelle patrimoniali. Ci occuperemo dei presupposti necessari per l‘applicazione delle une e delle altre. In passato vigeva il principio di accessorietà, sostituito, a partire dal 2008, dal principio di applicazione disgiunta (o principio di separabilità).

Prima di concentrare l‘attenzione sulle specifiche misure di prevenzione patrimoniali, il sequestro e la confisca (oggetto della nostra trattazione), andremo ad analizzare le norme che disciplinano le indagini patrimoniali. In particolare affronteremo i temi che riguardano i soggetti cui è attribuito il potere di proporre le misure preventive, lo svolgimento delle indagini patrimoniali, i mezzi di indagine (con uno sguardo particolare rivolto alle indagini bancarie), le garanzie dell‘interessato (il proposto).

Gli ultimi due capitoli saranno dedicati al sequestro e alla confisca. Individueremo le varie tipologie dell‘uno e dell‘altro istituto presenti nell‘ordinamento italiano, cercando di chiarire le differenze principali tra la confisca di prevenzione (o antimafia) e le altre figure di confisca. Il nostro lavoro si concluderà con l‘approfondimento di un tema delicato ed importante: la tutela del terzo creditore.

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11

CAPITOLO I

EVOLUZIONE STORICO – LEGISLATIVA DELLE

MISURE DI PREVENZIONE

1.Le misure di prevenzione. Generalità

L‘ordinamento giuridico italiano sanziona l‘individuo, quando commette un reato, attraverso la pena, che deve essere adeguata e proporzionata al fatto commesso. Analizzando la struttura delle misure di prevenzione vedremo che il loro fondamento, anche se incerto, sicuramente si discosta da quello riguardante le pene c.d. ordinarie o principali. Nonostante le misure di prevenzione dispongano limitazioni, generalmente, per qualità ed intensità meno afflittive rispetto a quelle che costituiscono classicamente la conseguenza giuridica del reato e, dunque, pena e misura di sicurezza, ciò non toglie che, in singoli casi specifici, le stesse possano importare anche vincoli e compressioni della sfera personale di eguale portata di quelle classiche.

Le misure di prevenzione costituiscono dei provvedimenti con i quali, da un lato, si incide in varia guisa sulla libertà personale e, dall‘altro, vengono asportati beni di proprietà di taluni soggetti pericolosi per la sicurezza pubblica. Le misure di prevenzione sono quindi legate a una forma di pericolosità, così come lo sono le misure di sicurezza, ma si tratta di una pericolosità che ha per oggetto un ambito ancor meno definito di quanto non sia quello che caratterizza le ultime.

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12 Le misure di prevenzionesono,secondo alcuni,provvedimenti special – preventivi diretti ad evitare la commissione di reati da parte di determinate categorie di soggetti considerate socialmente pericolose. Principale caratteristica è la loro applicazione indipendentemente dalla commissione di un precedente reato. Mentre per le misure di sicurezza si parla di pericolosità criminale, la quale si identifica nella probabilità che il soggetto commetta nuovi reati, nel caso delle misure di prevenzione, non si può parlare di pericolo della commissione di nuovi reati, perché il presupposto della loro applicazione (lo vedremo ampiamente), a differenza che nelle misure di sicurezza, non è la commissione di un reato. E quindi ci si riferisce a un contesto più labile: la sicurezza pubblica.

Quindi, le misure di prevenzione sono tradizionalmente identificate come provvedimenti adottati in funzione della tutela preventiva della sicurezza pubblica: ante o praeterdelictum. Si tratta cioè di provvedimenti legati a situazioni che precedono la commissione di un reato (ante delictum) oppure che non riguardano la commissione del reato (praeterdelictum), ma tuttavia si riferiscono a comportamenti variamente ―disfunzionali‖ rispetto alle esigenze di disciplina collegabili alla sicurezza pubblica.

―In realtà questa impostazione tradizionale, alla prova del dato normativo, è priva di un solido fondamento. Esistono certamente misure qualificabili come ante delictum, nel senso che assumono come proprio presupposto il compimento di atti preparatori che non avrebbero i requisiti tipici di un delitto tentato. Molto più complesso è rinvenire invece, soprattutto nel contesto attuale, misure di prevenzione praeterdelictum, cioè legate a comportamenti che non possono considerarsi in alcun modo legati all‘area del reato‖4

.

4

T. PADOVANI, Giustizia criminale. Radici, sentieri, dintorni, periferie di un

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13 Esistono anche impostazioni dottrinali che ravvedono nelle misure preventive personali un ibrido, in cui le conseguenze sono assai assimilabili a quelle della pena e delle misure di sicurezza, distaccandosi tuttavia da queste parzialmente in ordine ai presupposti, che sono costituiti, salvo limitatissime eccezioni, dalla commissione di un fatto previsto dalla legge come reato, e dal relativo accertamento giurisdizionale5. Sulla base di tale argomento c‘è chi ha attribuito alle misure di prevenzione personali, facendo leva sulle conseguenze rispetto alla libertà individuale, natura (prevalentemente) sanzionatoria6.

Ovviamente non è questa la sede opportuna per affrontare il tema della natura delle misure di sicurezza, che costituisce oggetto di un antico dibattito ancora non sopito, e per ricostruire i motivi addotti da coloro che ne sostengono fermamente la natura (prevalentemente) sanzionatoria. Possiamo soltanto affermare che quelle motivazioni, sviluppate attorno all‘esame dell‘elemento della pericolosità, divengono ancor più forti nell‘ambito delle misure di prevenzione, che in qualche modo condividono questo elemento portante con le misure di sicurezza.―Tale impostazione non sembra peraltro contraddetta dal fatto che tali misure trovino applicazione, in diversi contesti, indipendentemente dall‘accertamento della responsabilità penale. Difatti, si potrebbe obiettare che le misure preventive trovino comunque origine da fatti che generalmente costituiscono un illecito penale, pur se non accertato. E che quindi esse si collocano rispetto a

5Cfr. S. FIORE, Diritto penale, Torino, 1996, 260 ss.

6 Sul punto Cfr. M. PAVARINI, in G. A. De Francesco, G. Fornasari, G. Insolera,

M. Pavarini ed altri, Introduzione al sistema penale, Vol. II, Torino, 2001, 482 ss. L‘autore ha segnalato la similitudine tra le misure di prevenzione e le misure di sicurezza, rilevando che le preventive costituiscono una ―presenza alquanto imbarazzante nel nostro sistema giuridico: fin troppo evidenti i profili di incostituzionalità‖. L‘autore inoltre ha criticato aspramente il sistema preventivo, con particolare riferimento a quello di natura personale, rilevando l‘insussistenza di elementi che possano attestarne la reale efficacia. Anche T. PADOVANI ha rilevato che le misure preventive a carattere personale sono ad effetto evidentemente limitativo della libertà individuale, e ne ha sottolineato le affinità con le misure di sicurezza (Diritto penale, Milano, 2012, 357).

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14 (presunti) comportamenti antisociali in un rapporto di azione/reazione caratteristico del classico sistema penale, ove il presupposto della pericolosità sociale, specie in ordine all‘accezione del tutto sfumata che assume nello specifico contesto, non pare snaturane la funzione. Nella dinamica delle previsioni, corroborata da quella applicativa, infatti, l‘elemento della pericolosità sociale appare cedevole rispetto a quello della sospetta responsabilità illecita, e spesso rappresenta una conseguenza automatica di quest‘ultima‖7. È opinione abbastanza diffusa in dottrina ―che si tratti talora di misure che costituiscono una sorta di protesi dell‘avambraccio dello Stato, che servono a giungere in luoghi ove la mano del processo penale non è arrivata, e quindi a supplire all‘inadeguatezza del sistema, o all‘incapacità della macchina giudiziaria di colpire i responsabili nelle forme ordinarie‖8. Il che consente dunque di attribuire alle stesse, generalmente, natura in prevalenza sanzionatoria. In altri termini, ed in estrema sintesi, le misure di prevenzione condividono con le misure di sicurezza il cardine logico/operativo della pericolosità. Ma se la pericolosità sociale costituisce nelle misure di prevenzione un elemento non adeguatamente delineato e comprovato (stante la carenza definitoria delle classi pericolose e la leggerezza degli elementi dimostrativi della pericolosità, e quindi della riconducibilità del soggetto alla classe pericolosa) non può che concludersi con l‘affermare che l‘elemento prevalente della fattispecie è costituito dalla sanzione del comportamento antisociale, o presunto tale.

In questo paragrafo di apertura abbiamo anticipato molti temi sui quali, inevitabilmente, torneremo nel proseguo della trattazione.

7A. DE LIA, La sconfinata giovinezza delle misure di prevenzione, in Archivio

Penale 2017 n. 1.

8Cfr. D. PETRINI, La natura giuridica delle misure di prevenzione, in Cisterna,

Gialanella, Petrini e altri, Nuove forme di prevenzione della criminalità

organizzata: gli strumentidi aggressione dei profitti di reato e le misure di prevenzione, in Quad. CSM, 1998, n.104, 11 ss.

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15 Prima di addentrarci sulle origini del sistema preventivo, è importante segnalare che si tratta di una materia molto dibattuta, cui si rivolge, oltre che l‘attenzione dei penalisti, anche quella dei costituzionalisti. Anticipiamo che lo studio di tali misure, della loro portata e degli effetti che esse dispiegano sui soggetti che ne sono di volta in volta destinatari, si rivela in realtà estremamente utile, se non essenziale, per la ricostruzione stessa del concetto di libertà personale9.Sarà interessante vedere come, sulle misure di prevenzione, si mescolano costantemente le critiche avanzate della dottrina, le decisioni pronunciate dalla Corte Costituzionale e gli interventi (a volte―poco lucidi‖) del legislatore. Per quanto possibile, si cercherà di affrontare il difficile tema tenendo in considerazione i tre angoli visuali sopra citati.

2. Le misure di prevenzione: le origini

La storia delle misure di prevenzione è assai lunga e affonda in radici estremamente profonde. Dobbiamo sapere da dove vengono, perché solo così potremo capire a che cosa davvero servono. A tal scopo ripercorriamo, molto sinteticamente, la loro evoluzione storica,a partire dalle origini.

Le misure di prevenzione vengono dalla repressione penale degli oziosi e dei vagabondi, la quale nasce col codice Napoleonico del 1810, che poi sarà esportato in Italia in tutte le codificazioni di stampo francese: quella del Regno delle Due Sicilie, del Ducato di Parma, soprattutto negli Stati Sardi, il cui codice penale del 1859 sarà

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L. ELIA, Libertà personale e misure di prevenzione, Milano, 1962, p.1, osserva: ―L‘ostacolo più serio ad una netta definizione del diritto di libertà personale, così come è preso in considerazione dall‘art. 13, deriva proprio dalla necessità di ricomprendere tra le sue restrizioni le misure di prevenzione ed in particolare la sorveglianza speciale ed il soggiorno obbligato‖.

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16 destinato ad essere anche uno dei primi codici dell‘Italia Unita, insieme con il codice del Granducato di Toscana.

Nell‘Ottocento si parla esclusivamente di oziosi e di vagabondi. Ben presto il discorso si amplierà, ma intanto il nucleo primigenio è quello degli oziosi e dei vagabondi. Il codice Napoleonico prevedeva, all‘art. 269, il delitto di vagabondaggio. L‘art. 270 definiva i vagabondi: ―I vagabondi, o persone che non diano conto di sé, sono coloro che non hanno domicilio certo, né mezzi di sussistenza e che non esercitano abitualmente alcun mestiere o professione‖. L‘art. 271 poi chiudeva il cerchio affermando che ―ove fosse legalmente dichiarato tale, il vagabondo doveva subire una detenzione da tre a sei mesi‖. E successivamente, dopo l‘esecuzione della pena, ―doveva essere posto a disposizione del governo per il tempo che esso determinerà‖.

Il meccanismo creato dagli articoli appena menzionati, successivamente introdotto con il codice Albertino del 1839 in Piemonte e poi riprodotto, con qualche modifica, nel codice Sardo del 1859, si sviluppa in tre momenti: ―innanzitutto serve la dichiarazione legale di vagabondaggio, che è affidata all‘autorità amministrativa. Poi, una volta dichiarato il soggetto come vagabondo — dichiarazione che implica una serie di prescrizioni che lo vincolino ad abbandonare tale stato, in cui non ha domicilio certo, non ha mezzi di sussistenza e non esercita abitualmente alcuna professione —, se queste prescrizioni si rivelano, scatta la detenzione, che risulta costituire la pena per la inosservanza delle prescrizioni connesse alla dichiarazione di vagabondo e, dopo l‘esecuzione della pena, il passaggio a disposizione del governo per il tempo che esso determinerà. In altre parole, una sorveglianza

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17 successiva sulla sua condotta‖10

. Si sottopone l‘ozioso a un percorso che passa da un‘ammonizione, a una punizione, a un controllo successivo.

―In questo in modo, molto chiaro emerge che l‘oggetto della punizione non è propriamente una condotta, ma un modo di essere. Si punisce un soggetto non per quel che ha fatto, ma per quello che egli propriamente è. L‘oggetto della punizione si risolve in una condizione personale. Nella sostanza, ciò che si punisce è una condizione personale‖11.

Particolarmente interessante, ai fini della trattazione, è la prima legge di pubblica sicurezza sardo-piemontese, proposta dal ministro Galvagno nel 1852, in cui già affiorano alcuni dei problemi tipici delle misure di prevenzione. In particolare, il problema della giurisdizionalizzazione (si veda oltre). Il sistema preventivo originario è caratterizzato da una sorta di commistione tra il profilo penale e il profilo di polizia, nel senso che vi è, da un lato, una dichiarazione di oziosità o di vagabondaggio cui si accompagnano delle prescrizioni, che determinano poi, dall‘altro lato, la criminalizzazione del soggetto per mezzo di una disposizione del codice penale, con il subentro infine di un meccanismo di sorveglianza, nuovamente affidato alla polizia. Questo sistema è inaugurato con il codice Albertino del 1839,il quale, al Capo III, tra i delitti contro la tranquillità, stabiliva all‘art. 450 che dovevano considerarsi come oziosi ―coloro i quali, sani e robusti e non provveduti di sufficienti mezzi di sussistenza, vivono senza esercitare professione, arte o mestiere e senza darsi ad altro lavoro‖. I vagabondi, invece, sono coloro i quali non hanno né domicilio certo né mezzi di sussistenza e non esercitano abitualmente un mestiere o

10T. PADOVANI, Giustizia criminale. Radici, sentieri, dintorni, periferie di un sistema assente. Misure di sicurezza e misure di prevenzione. cit. pag. 198.

11

T. PADOVANI, Giustizia criminale. Radici, sentieri, dintorni, periferie di un

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18 una professione: siamo sostanzialmente sulla falsariga del codice napoleonico. L‘art. 451 poi aggiungeva alla categoria dei vagabondi ―coloro che vagano da un luogo all‘altro aspettando l‘esercizio di una professione e di un mestiere, ma insufficiente per sé a procurare la loro sussistenza‖. Quindi ci si riferiva a mestieri apparenti e tra questi era ricompreso anche ―il mestiere di coloro che fanno il mestiere di indovinare, pronosticare o spiegare sogni per retrarre guadagno dall‘altrui credulità‖. Il codice Albertino viene reiterato e ribadito con il codice Sardo – piemontese del 1859, che sarà anche uno dei due codici unitari, insieme con il codice Toscano del 1853. È importante sottolineare l‘introduzione (nel 1859), di una nuova legge di pubblica sicurezza, che sostituisce la precedente legge Galvagno: mediante questo provvedimento, l‘istituto delle misure di prevenzione, ormai stabilmente insediato nell‘ambito dell‘ordinamento giuridico sardo e di lì a poco italiano, si perfezionano, ed è introdotto un particolare potere, assegnato al prefetto, di negare al condannato per oziosità e vagabondaggio la dimora in certi specifici luoghi: è il primo nucleo di quello che sarà il domicilio coatto, successivamente definito confino di polizia.

Quel che deve attirare particolarmente la nostra attenzione, in questo rapido panorama circa le origini delle misure di prevenzione, è la legge 15 agosto 1863, n. 1409, più comunemente nota come legge Pica: secondo la dottrina, si tratta della ―madre di tutte le leggi di emergenza‖12

. Essa fu approvata in occasione di eventi molto particolari, quelli connessi alla manifestazione, nel sud dell‘Italia appena unificata, di un imponente fenomeno definito ―brigantaggio meridionale‖. Infatti il titolo della legge era ―Procedura per la

repressione del brigantaggio e dei camorristi nelle province infette‖.

La legge Pica agisce su due versanti: uno penale e uno legato alle

12

G. FIANDACA, Misure di prevenzione (Profili sostanziali), in Dig. pen., VII, Torino 1994, p.17.

(19)

19 misure di prevenzione. Con riferimento al secondo, la legge Pica inventa il domicilio coatto. Il 5° comma dell‘art. 1 stabilisce che il governo avrà facoltà di assegnare, per un tempo non maggiore di un anno, un domicilio coatto agli oziosi, ai vagabondi, alle persone sospette secondo la designazione del codice penale, nonché ai camorristi e ai sospetti manutengoli, dietro parere di una giunta composta dal prefetto, dal presidente del tribunale, del procuratore del re e da due consiglieri provinciali.Si veda come, con la legge in esame, le misure di prevenzione abbiano compiuto un piccolo grande balzo in avanti, assumendo un connotato dai contenuti tipicamente parapenali. Il domicilio coatto, in fondo, è una forma di pena, perché costringe la libertà di un individuo in uno spazio predefinito che a volte è anche molto ristretto. Inoltre, non possiamo esimerci dal segnalarlo, la stessa legge modifica l‘area dei soggetti destinatari, la quale improvvisamente subisce una dilatazione. Infatti, non si parla più solo di oziosi e di vagabondi, ma di persone sospette, di camorristi e di manutengoli. Si parla, cioè, di soggetti che in varia guisa sono raggiunti da indizi di reità, anche se non è ben definito di quali reati si tratti.

2.1.Segue, dal TUPLS del 1865 alle leggi del 1894

contro il terrorismo anarchico

È a partire dalla legge del 1865 (TULPS) che, da un lato, si assiste — sul piano dell‘utilizzazione politico – criminale, o, se si preferisce, politico tout court — alla espansione ulteriore delle misure di prevenzione e, dall‘altro, si sviluppano anche le critiche all‘istituto che ancora oggi accompagnano ―la presenza di meccanismi così privi di agganci reali e, al contempo, così

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20 intrinsecamente rischiosi per la libertà personale‖13. Il fenomeno delle misure di prevenzione si è espanso a tal punto che, nel 1875, il procuratore generale del Re a Napoli, Giuseppe Vacca, nel suo discorso di inaugurazione del novello anno giudiziario, affermava che, con le misure di prevenzione, si era instaurato un quarto potere accanto a quelli tradizionali (legislativo, esecutivo e giudiziario), un potere che lui chiamava ―preventivo‖ e che definiva ―odioso‖. Dobbiamo segnalare che gli oziosi e i vagabondi oramai contavano poco e ci si rivolgeva già a nuove frange di devianza. Dunque, il riferimento all‘ozio e al vagabondaggio non aveva più molta ragione d‘essere e altrettanto insensato era questo sistema misto, che affidava al diritto penale, per così dire, il braccio punitivo di una qualifica che veniva poi riservata all‘amministrazione.

―Riesaminando la questione parve a me che le norme intorno all‘ozio e al vagabondaggio mal si convenissero al codice penale, così per la difficoltà di definirne con criteri positivi gli elementi, come per il bisogno di subordinare il trattamento degli oziosi e dei vagabondi alle peculiari esigenze dell‘ambiente sociale e per la convenienza di coordinarle a quelle stabilite per altri fatti congeneri. E perciò mi convinsi dell‘opportunità di abbandonare alla legge di pubblica sicurezza e ad altra legge particolare il discorso intorno all‘ozio e al vagabondaggio con quelle norme che i tempi e le circostanze suggeriranno‖14

. Le parole appena riportate sono un esempio di ciò che iniziano a pensare i penalisti del tempo. Essi cominciano a volersi sbarazzare di questo materiale ―infetto‖, che attiene alla polizia. L‘ozio e il vagabondaggio sono due condizioni personali, che sfuggono alla razionalità di un diritto penale legato alla identificazione di un‘offesa. Questi sono modi di essere di cui

13T. PADOVANI, Giustizia criminale. Radici, sentieri, dintorni, periferie di un sistema assente. Misure di sicurezza e misure di prevenzione. cit. pag. 211.

14Queste le parole dell‘Onorevole Savelli, durante la discussione sulla riforma del

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21 bisogna che il diritto penale si liberi. E in effetti, il codice penale del 1889 — il codice Zanardelli — non conosce più né l‘ozio né il vagabondaggio; essi scompaiono dal codice penale.

La materia è disciplinata interamente dalla legge di pubblica sicurezza del novembre 1889. Essa prevede un meccanismo consistente in tre gradini fondamentali. Il primo gradino è l‘ammonizione (ai ―diffamati‖ – persone assolte nel processo penale ma indicate come colpevoli di certi reati dalla ―voce pubblica‖). All‘ammonizione segue poi la vigilanza speciale dell‘Autorità di pubblica sicurezza. E infine si profila, disciplinato organicamente, il domicilio coatto. La novità principale rispetto al sistema precedente è data dai destinatari dei provvedimenti: la misura di prevenzione si rivolge non più solo a comportamenti che, di per sé, non sono lesivi (ozio e vagabondaggio), ma anche nei confronti dei soggetti che la giustizia non è riuscita a colpire, ma che tuttavia sono gravati da un‘aura di sospetto.

Si assiste poi alla stagione della legislazione antianarchica a partire dal 1894, originata dall‘attentato a Francesco Crispi, alla uccisione del presidente della Repubblica francese Carnot da parte di un anarchico italiano e da una serie di attentati che finirono con l‘attribuire agli anarchici una fama piuttosto rumorosa. Alla fine del 1894 tre leggi furono emanate per la repressione del terrorismo anarchico: la 314, la 315 e la 316. La 316 era una legge dedicata esclusivamente agli esplosivi: ampliava la categoria dei diffamati fino a ricomprendervi i condannati per i delitti contro l‘ordine pubblico e l‘incolumità pubblica commessi con esplosivi e, soprattutto, chi avesse manifestato il proposito di commettere fatti contro gli ordinamenti sociali. La 315 disciplinava esclusivamente i reati ideologici commessi col mezzo della stampa (apologia di delitti, istigazione a delinquere, istigazione militari a disobbedire alle leggi, esposizione dell‘esercito all‘odio della cittadinanza).

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22

2.2. Segue, le misure preventive durante il fascismo

Col Testo Unico di Pubblica Sicurezza del novembre del 1926 le misure preventive diventano uno strumento cardine del controllo poliziesco del regime fascista. Il confino poteva essere disposto, attraverso un procedimento di carattere amministrativo, a tutela dell‘ordine pubblico in presenza di una sola trasgressione alle prescrizioni dell‘Autorità di P.S. a coloro che commettevano o manifestavano ―il deliberato proposito di commettere atti diretti a sovvertire violentemente gli ordinamenti nazionali, sociali ed economici costituiti nello Stato o a menomarne la sicurezza ovvero a contrastare od ostacolare l‘azione dei poteri dello Stato, in modo da recare comunque nocumento agli interessi nazionali, in relazione alla situazione interna o internazionale dello Stato‖. Viene introdotta, in sostanza, una ―pena per un reato rimasto nella sfera del pensiero‖15

. Dal Testo Unico di Pubblica Sicurezza del 1931 si evince un‘ulteriore estensione della possibilità di ammonire gli avversari politici e di destinarli al confino.

Nel 1948, come sappiamo, entra in vigore la Costituzione. Le norme che disciplinano le misure di prevenzione si pongono in contrasto col nuovo ordinamento ed è dunque necessario un intervento mirato da parte del legislatore.

2.3. Segue, la legge del 27 Dicembre 1956 n. 1423

La l. n. 1423/1956, recante ―Misure di prevenzione nei confronti

delle persone pericolose per la sicurezza e la pubblica moralità‖, ha

introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento le misure di prevenzione contro le persone socialmente pericolose. Lo scopo di

15

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23 questa legge è stato quello di prevenire la commissione di possibili o futuri reati da parte di soggetti socialmente pericolosi (si tratta della c.d. pericolosità comune che, come vedremo, sarà ridefinita nel 1988). La citata legge attribuisce all‘autorità giudiziaria la competenza di applicare, attraverso un procedimento ―parzialmente garantito‖, le misure limitative della libertà personale proposte dal questore nei confronti di persone pericolose riconducibili alle categorie descritte all‘art. 1.

Le categorie previste sono 5:

1) gli oziosi e i vagabondi abituali, validi al lavoro;

2) coloro che sono abitualmente e notoriamente dediti a traffici illeciti;

3) coloro che, per la condotta e il tenore di vita, debba ritenersi che vivano abitualmente, anche in parte, con il provento di delitti o con il favoreggiamento o che, per le manifestazioni cui abbiano dato luogo, diano fondato motivo di ritenere che siano proclivi a delinquere;

4) coloro che, per il loro comportamento siano ritenuti dediti a favorire o sfruttare la prostituzione o la tratta delle donne o la corruzione dei minori, ad esercitare il contrabbando, ovvero ad esercitare il traffico illecito di sostanze tossiche o stupefacenti o ad agevolare dolosamente l‘uso;

5) coloro che svolgono abitualmente altre attività contrarie alla morale pubblica e al buon costume.‖

Dalla portata della normasi evince che la determinazione della pericolosità di tali soggetti non si basa sulla verifica di prove certe e determinate ma soltanto su elementi pre – indiziari, che individuano un tipo di comportamento che possa probabilmente portare ad una

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24 futura condotta delittuosa. Vengono utilizzate fondamentalmente formule ambigue che individuano condotte, alle quali sono connesse misure punitive e afflittive per reati, in realtà, non ancora commessi. Infatti ―anche qui il giudizio è sostanzialmente di sospetto, determinato dal comportamento: la prova, quindi non ha per oggetto il reato, ma una condotta da cui possa ragionevolmente concludersi nel senso che le persone sono dedite a quei reati senza che, peraltro, vi siano elementi sufficienti per promuovere l‘azione penale‖16. Inoltre, merita sottolineare che tali misure sono applicate attraverso un‘autorità amministrativa, il che dimostra ―la volontà del legislatore di condizionare tale scelta più a ―fattori di polizia‖ che non di reinserimento sociale‖17. Si aggiunga che, se il sorvegliato speciale dovesse contravvenire alle prescrizioni adottate dal questore riguardo alla misura, ciò integrerebbe la violazione dell‘art. 9 della legge n. 1423/1956, per la quale è stabilito ―l‘arresto da tre mesi ad un anno‖, oppure nel caso di condanna a penadetentiva non inferiore a 6 mesi, che è stata disposta successivamente alla misura determinata dal questore, ―la libertà vigilata per un tempo non inferiore a due anni‖. Possiamo dunque evidenziare come la violazione delle prescrizioni impartite dal questore determini una modalità di misura che persegua più scopi afflittivi che rieducativi.

Sulle tematiche relative alla legittimità costituzionale delle misure di prevenzione e sugli aspetti problematici di tali provvedimenti torneremo, più approfonditamente, nei capitoli successivi. Per una ricostruzione dell‘iter legislativo delle misure preventive sarà necessario analizzare il contenuto degli interventi risalenti al 1965, al 1975 eal 1982, per poi concludere l‘argomento focalizzando l‘attenzione sulle principali novità introdotte nel 2008 e nel 2011,

16P. NUVOLONE,Le misure di prevenzione e le misure di sicurezza, cit., p.639. 17

F. BRICOLA, in Forme di tutela <<ante-delictum>> e profili costituzionali

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25 accennando, dove necessario,alle proposte di riforma approvate dalla Camera dei Deputati nel 2015 e attualmente all‘esame del Senato.

3. L‟intervento nei confronti della mafia. La c.d.

pericolosità qualificata

Il nostro ordinamento giuridico, a partire dal secondo dopoguerra, vede il susseguirsi di una serie di provvedimenti volti a contrastare il fenomeno della criminalità organizzata. Tra questi, dobbiamo segnalare la l. n. 575/1965, recante ―Disposizioni contro la mafia‖,la quale, in ragione della pericolosità dei soggetti indiziati di appartenere ad associazioni mafiose, estende l‘applicabilità delle misure di prevenzione personali previste dalla legge n. 1423/1956. In particolare, il legislatore del 1965 prevede che per i soggetti indiziati di appartenere ad associazioni mafiose possano essere applicate le misure della sorveglianza speciale e del soggiorno obbligato. Anche qui, lo anticipiamo, emergono problematiche di non poco conto. Infatti, per individuare un soggetto socialmente pericoloso in tale ambito, bisogna presumere attraverso l‘elemento del ―sospetto‖ che egli appartenga ad associazione mafiosa18, elemento non sempre accertabile con facilità. Sarebbe, invece, opportunobasarsi su accertamenti che denotano precise circostanze relative alla personalità, descritte da una norma penale come delittuose19, tali da consentire allo Stato un legittimo intervento.

Vedremo, nel capitolo successivo, che il problema verrà superato con l‘affermazione di un fondamentale principio: l‘inammissibilità di presunzioni, che porta con séla conseguente necessità di

18P. NUVOLONE, Misure di prevenzione e misure di sicurezza.,cit., p. 645. 19

E. GALLO, Misure di prevenzione, in Enciclopedia Giuridica Treccani XX, Roma, 1990, p.15.

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26 ―accertare‖la pericolosità del soggetto per poter applicare nei suoi confronti un provvedimento di prevenzione.

3.1. Segue, un allargamento della legislazione

antimafia

Un allargamento della legislazione antimafia da un punto di vista meramente soggettivo si ha dieci anni più tardi, con la legge 22 maggio 1975, n. 152, recante ―Disposizioni a tutela dell‟ordine

pubblico‖, meglio nota come ―legge Reale‖.

Gli articoli 1820 e 1921 stabiliscono che le norme della legge 575/1965 vengano applicate sia ai soggetti responsabili di atti preparatori diretti alla commissione di reati di sovversione e terrorismo, sia alle varie classi di soggetti socialmente pericolosi già indicati nella citata legge del 1956.

20Riportiamo di seguito il testo: ―Le disposizioni della legge 31 maggio 1965, n.

575, si applicano anche a coloro che: 1) operanti in gruppi o isolatamente, pongano in essere atti preparatori, obiettivamente rilevanti, diretti a sovvertire l‘ordinamento dello Stato, con la commissione di uno dei reati previsti dal capo I, titolo VI, del libro II del codice penale o dagli articoli 284, 285, 286, 306, 438, 439, 605 e 630 dello stesso codice nonché alla commissione dei reati con finalità di terrorismo anche internazionale; 2) abbiano fatto parte di associazioni politiche disciolte ai sensi della legge 20 giugno 1952, n. 645, e nei confronti dei quali debba ritenersi, per il comportamento successivo, che continuino a svolgere una attività analoga a quella precedente; 3) compiano atti preparatori, obiettivamente rilevanti, diretti alla ricostituzione del partito fascista ai sensi dell'articolo della citata legge n. 645 del 1952, in particolare con l‘ esaltazione o la pratica della violenza; 4) fuori dei casi indicati nei numeri precedenti, siano stati condannati per uno dei delitti previsti nella legge 2 ottobre 1967, n. 895, e negli articoli 8 e seguenti della legge 14 ottobre 1974, n. 497, e successive modificazioni, quando debba ritenersi, per il loro comportamento successivo, che siano proclivi a commettere un reato della stessa specie col fine indicato nel precedente n. 1)‖.

21 Il testo afferma: ―Le disposizioni di cui alla legge 31 maggio 1965, n. 575, si

applicano anche alle persone indicate nell‘ articolo 1, numeri 1) e 2) della legge 27 dicembre 1956, n. 1423. Nei casi previsti dal presente comma, le funzioni e le competenze spettanti, ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, al procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto sono attribuite al procuratore della Repubblica presso il tribunale nel cui circondario dimora la persona. Nelle udienze relative ai procedimenti per l‘ applicazione delle misure di prevenzione di cui al presente comma, le funzioni di pubblico ministero possono essere esercitate anche dal procuratore della Repubblica presso il tribunale competente‖.

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27 Il testo normativo introduce, senza dubbio, un duro inasprimento della legislazione penale, allo scopo di contrastare e combattere i fenomeni di terrorismo italiano che misero a dura prova l‘ordinamento democratico del paese durante gli anni di piombo;ma, dalla lettura dei due articoli, si evince chiaramente la volontà del legislatore di incidere anche sulla lotta alla criminalità organizzata, allargando appunto la legislazione antimafia.

4. L‟introduzione delle misure di prevenzione

patrimoniali

Durante l‘attività di contrasto alle organizzazioni mafiose emergono importanti limiti degli strumenti giudiziari a disposizione della magistratura. Emerge la necessità di aggredire le organizzazioni criminali nella loro componente economico – finanziaria, connessa all‘esercizio di attività illegali, al riciclaggio di denaro sporco e al reimpiego dei proventi illeciti. Un simile intervento non può che avvenire attraverso provvedimenti tendenti al sequestro (prima) ed alla confisca(dopo) del patrimonio illegalmente ottenuto.

Le misure di prevenzione patrimoniali sono state introdotte nel nostro ordinamento per la prima volta con l‘art. 22 della legge n.152/1975, che prevede la ―sospensione provvisoria‖ dall‘amministrazione dei beni personali. Detta misura poteva essere aggiunta ad una delle misure di prevenzione previste dall‘articolo 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 oppure essere applicata da sola, se ritenuta sufficiente ai fini della tutela della collettività, nei confronti delle persone indicate negli articoli 18 e 19 della legge n. 152/1975, (la c.d. ―legge Reale‖), la quale individuava, in tal modo, una nuova fattispecie soggettiva di pericolosità sociale, espressa dai soggetti rientranti nelle maglie della criminalità politico – eversiva.

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28 Essa, però, ha avuto scarsa applicazione pratica essenzialmente perché dalla sospensione provvisoria dall‘amministrazione dei beni risultavano esclusi quelli destinati all‘attività professionale o produttiva. Le prime misure di prevenzione antimafia, introdotte dalla legge n.575/1965, tentavano di compensare la sperimentata impotenza del processo penale nella risposta giurisdizionale alla criminalità mafiosa. A fronte della debacle giudiziaria dei processi di mafia quasi tutti destinati a naufragare nella formula dell‘insufficienza di prova, il legislatore inaugurava di fatto con l‘applicazione delle misure di prevenzione antimafia personali una politica di controllo della criminalità mafiosa che liberava i giudici e le forze di polizia dai vincoli dogmatici che ne limitavano l‘operato nel diritto penale vero e proprio. Constatata l‘impossibilità di accertare la responsabilità per specifici fatti di reato, cioè per condotte storicamente definite in termini spazio temporali, si surrogavano le prove sulle condotte con ‗indizi‘ di appartenenza alla mafia: elementi generici per lo più attinenti allo status della persona (aspetti che attengono il suo profilo ambientale, familiare, lavorativo, precedenti penali, tenore di vita) sulla cui base si formulava la diagnosi di appartenenza all‘associazione mafiosa e la conseguente prognosi di pericolosità sociale praeterdelictum. Si trattava di una forzatura dei principi costituzionali vissuta dalla dottrina penale garantista come una spina nel fianco e dalla dottrina più sensibile alle esigenze di difesa sociale come una sorta di ―male necessario‖. Quella fu una stagione sterile sotto il profilo dei risultati perché le generiche prescrizioni in cui si concretavano le misure di prevenzione personali erano e restano tuttora pannicelli caldi nei confronti degli esponenti della criminalità mafiosa22.

22R. SCARPINATO, Le indagini patrimoniali, in Le misure di prevenzione

patrimoniali dopo il “pacchetto sicurezza”, a cura di F. CASSANO, Roma, 2009,

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29 Il punto di svolta si ha nel 1982, con la legge n.646 (c.d. legge Rognoni – La torre), recante ―Disposizioni in materia di misure di

prevenzione di carattere patrimoniale‖. Con questa legge si

introducono due elementi fondamentali che definiscono il cambiamento di strategia nel contrastare la criminalità organizzata e modificano sostanzialmente la fisionomia della legge sulle misure di prevenzione.

Con l‘emanazione di tale legge viene introdotto nel codice penale l‘art. 416-bis, che, per la prima volta nell‘esperienza giuridica nazionale, sanziona l‘associazione di tipo mafioso. A tale tipo di associazione si riconosce autonoma rilevanza penale. Se ne individuano sia i metodi operativi, rappresentati dalla forza d‘intimidazione del vincolo associativo e dalla condizione di assoggettamento e omertà che ne deriva, sia i fini specifici, cioè la commissione di delitti, la gestione o il controllo, in modo diretto o indiretto, di attività economiche, concessioni, autorizzazioni, appalti e servizi pubblici, la realizzazione di profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri. Si tratta di una vera e propria svolta perché, da questo momento in poi, la mafia viene inquadrata nell‘ordinamento come un‘associazione particolare.

Per ciò che a noi interessa maggiormente, la legge Rognoni – La Torre è fondamentale sotto un altro aspetto: grazie ad essa vengono introdotte nel nostro ordinamento, accanto alle misure di prevenzione personali, quelle a carattere patrimoniale. Si prevede infatti il sequestro e la confisca dei beni dei quali non sia stata dimostrata la legittima provenienza, rinvenuti nella disponibilità diretta o indiretta dell‘indiziato di appartenere ad una associazione di stampo mafioso. Si consente di sequestrare i beni nella disponibilità dell‘indiziato di mafia, anche se intestati a prestanome, e, all‘esito del contraddittorio, di confiscarli, purché si accerti, sia pure su base indiziaria, la loro provenienza illecita. Scopo ditali misure di prevenzione è

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30 l‘impoverimento delle organizzazioni criminali e delle persone che sono comunque implicate in fatti delinquenziali. L‘imprenditoria mafiosa, infatti, attraverso il controllo economico del territorio, impedisce lo sviluppo di energie economiche legali, finoad influenzare negativamente l‘intero sistema produttivo nazionale. L‘azione dello Stato si esplica così in termini di indagini patrimoniali, di sequestro e confisca dei beni riconducibili a soggetti indiziati di appartenere ad associazioni di tipo mafioso.

4.1. Segue, il rapporto tra le misure di prev enzione

patrimoniali e la c.d. legge Reale

Dall‘intervento riformatore del legislatore del 1982 emerge subito la necessità di verificare se le nuove misure patrimoniali del sequestro e della confisca siano o meno applicabili anche alle persone pericolose previste dagli articoli 18 e 19 della ―legge Reale‖ del 1975. Dunque, ―entrata in vigore la legge Rognoni – La Torre, ci si chiede fin da subito se il riferimento23 contenuto nella legge 152/1975per la

23

Secondo la teoria generale del diritto, il fenomeno del rinvio è caratterizzato dalla presenza di una disposizione normativa che non procede alla diretta determinazione della disciplina dei rapporti giuridici, ma li rimette ad altre fonti o disposizioni. Il legislatore non ha ancora fornito, a tutt‘oggi, alcuna definizione delle varie tipologie di rinvio. Si ritiene, pertanto, in dottrina che vada distinto, in primo luogo, il rinvio interno da quello esterno. Possono essere considerati rinvii interni quelli che si riferiscono ad un‘altra parte del medesimo provvedimento ( ad esempio ad un altro articolo, ovvero ad un altro comma); possono essere, invece, qualificati come rinvii esterni quelli che rimandano proprio ad un altro provvedimento (eventualmente anche di un diverso legislatore). Ulteriore distinzione viene, inoltre, effettuata tra rinvio formale, dinamico, non recettizio, o mobile e il rinvio materiale, statico, redazionale, recettizio o fisso. Secondo la più classica dottrina, la distinzione tra i due concetti si basa proprio sull‘alternativa che la disposizione rinviante rimetta a diverse fonti o unicamente ad una diversa ed ulteriore disposizione normativa. Il rinvio alla fonte ha l‘effetto di dare rilevanza a tutte le norme che la fonte, di volta in volta , è in grado di produrre e, quindi, a tutte le modifiche che queste subiscono, ragione per la quale viene anche definito rinvio ‗ dinamico‘. Il rinvio alla disposizione, al contrario, comporta una sorta di incorporazione della disposizione oggetto del rinvio in quella rinviante e viene qualificato statico proprio per evidenziare che le vicende della disposizione oggetto di rinvio non si riflettono sul rinvio stesso. (G. ABBATTISTA, Misure di

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31 persecuzione dei fatti di terrorismo sia rivolto solo alle misure di prevenzione personali previste nella legge 575/1965, ovvero, se esso possa estendersi anche alle misure patrimoniali introdotte dalla l. n. 646/1982 per la criminalità mafiosa‖24.La risposta non è univoca.Infatti, alla tesi restrittiva sostenuta dalla dottrina e dalla giurisprudenza di merito, si contrappone la posizione assunta dalla Cassazione, la quale si orienta verso una interpretazione più estensiva.

Il giurista palermitano G. Fiandaca25, esponente della tesi restrittiva, analizza la questione focalizzando l‘attenzione sulle ragioni politico – criminali che hanno spinto il legislatore ad introdurre le misure patrimoniali, le quali si riferiscono esclusivamente a situazioni soggettive caratterizzate da una pericolosità qualificata (indizi di appartenenza ad associazione di stampo mafioso) e non generica. Tesi avvalorata dal fatto che, in sede di lavori preparatori, un apposito emendamento, contenente una espressa applicabilità dell‘art. 19 a tutte le persone pericolose, era stato respinto.

La giurisprudenza di merito26, anch‘essa favorevole ad una soluzione di tipo restrittivo, fa levasu ulteriori aspetti: ritiene inapplicabili le misure del sequestro e della confisca anche ad altre categorie di

prevenzione patrimoniali antimafia e “pacchetto di sicurezza” del 2008: un equilibrio instabile tra efficienza del sistema e recupero delle garanzie, in Le misure di prevenzione patrimoniali dopo il “pacchetto sicurezza”, a cura di F.

CASSANO, Roma, 2009, p. 295, nota n. 27, ove si richiamano: DICKMANN,

procedimento legislativo e coordinamento delle fonti, Padova, 1997; GUASTINI, Teoria e dogmatica delle fonti, Milano, 1998; RESCIGNO, L‟atto normativo,

Bologna, 1998; SORRENTINO, Le fonti del diritto, Genova, 2002).

24Per un approfondimento del tema si veda il sito:

http://www.altrodiritto.unifi.it/ricerche/law-ways/tancredi/cap1.htm. pp. 3 e ss.

25G. FIANDACA, Osservazioni a decreto sez. I, 11 novembre 1985, Nicoletti, in

Foro it., 1986, II, 69, il quale spiega che il rinvio operato dall‘art. 19 della legge n. 152 del 1975 rappresenta un mero espediente pratico per evitare la trascrizione dell‘intero testo richiamato ed aggiunge la considerazione secondo la quale le ragioni politico-criminali che avrebbero suggerito l‘emanazione delle misure ablative della ‗legge Rognoni – La Torre‘ non sussistevano per altre situazioni soggettive, caratterizzate da pericolosità generica.

26

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32 soggetti, poiché tali misure ablative non erano normativamente previste al momento dell‘entrata in vigore della legge 152/1975; inoltre, sostiene che la stessa legge 646/1982 ha introdotto le suddette misure di prevenzione patrimoniale riferendosi espressamente ai soli indiziati di appartenenza ad associazione mafiosa, e non anche ad altri soggetti.

Come detto, la Cassazione si orienta su una interpretazione più estensiva, sostenendo che, in mancanza di una espressa disposizione contraria, le misure patrimoniali siano applicabili anche ai soggetti individuati dagli articoli 18 e 19 della ―legge Reale‖27.

Il 19 Marzo 1990 viene emanata la legge n. 55, recante ―Nuove

disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazioni di pericolosità sociale‖.Essa ha il

merito di risolvere tali dubbi interpretativi grazie ad una ridefinizione dell‘ambito soggettivo di applicazione delle misure di prevenzione di carattere patrimoniale. Infatti, l‘art. 1428 prevede che le misure preventive patrimoniali siano applicabili non più nei confronti di tutte le persone pericolose di cui all‘art. 1, nn. 1) e 2), della legge 1423/1956, ma solo nei confronti di quelle che vivono col provento del delitto del sequestro di persona a scopo di estorsione (art. 630 c. p), e degli indiziati di appartenere ad associazioni dedite allo spaccio di stupefacenti.

27 Corte di Cassazione penale, sez. I, n. 2773, 11 novembre 1985.

28L‘art. 14, L. n. 55/1990, testualmente afferma:―salvo che si tratti di procedimenti

di prevenzione già pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge, da tale data le disposizioni della legge 31 maggio 1965, n. 575, concernenti le indagini e l‘ applicazione delle misure di prevenzione di carattere patrimoniale, nonché quelle contenute negli articoli da 10 a 10-sexies della medesima legge, si applicano con riferimento ai soggetti indiziati di appartenere alle associazioni indicate nell‘ articolo 1 della predetta legge o a quelle previste dall‘ articolo 75 della legge 22 dicembre 1975, n. 685, ovvero ai soggetti indicati nel numero 2) del primo comma dell‘articolo 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, quando l‘ attività delittuosa da cui si ritiene derivino i proventi sia quella prevista dall‘ articolo 630 del codice penale‖. Articolo abrogato dall‘art. 11-ter, L. n. 125/2008.

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33 Nel corso degli anni assistiamo ad una serie di interventi normativi che rimodulano, sotto diversi aspetti, le misure personali e patrimoniali e disciplinano organicamente l‘amministrazione dei beni sequestrati, la quale risulterà uno strumento efficace, tra le altre cose, per il riutilizzo a fini sociali dei beni (immobili) confiscati. Sugli aspetti inerenti all‘amministrazione giudiziaria ci soffermeremo più avanti. Focalizziamo ora l‘attenzione sugli interventi normativi più significativi. Il nostro obiettivo è quello di fare chiarezza sulla disciplina attuale, con particolare interesse sull‘aspetto riguardante i destinatari delle misure di prevenzione personali e patrimoniali.

5. La “nuova” pericolosità comune

Nel 1988, la legge n. 327 porta una effettiva modifica del noverodei soggetti destinatari delle misure preventive29, eliminando due voci dall‘art.1 della legge 1423/1956: si trattadelle vocidi cui al n.1, che riguardava i soggetti ―oziosi e vagabondi‖ e degli ―abitualmente dediti ad attività contrarie alla morale pubblica e al buon costume‖, di cui al n. 5. Si ritiene inutile considerare un comportamento immorale come oggetto di prevenzione, perché si tende ad escludere che un comportamento soltanto immorale possa essere considerato potenzialmente criminoso. Dalla revisione della vecchia legge sulle misure preventive30, divenuta doverosa in seguito ai principi affermati dalla Corte Costituzionale nella famosa sent. n. 188/1980, si arriva all‘emanazione della legge 327/1988. Essa, all‘art. 2 stabilisce i nuovi destinatari di tali misure:

a) coloro che debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono abitualmente dediti a traffici delittuosi;

29Dato inconfutabile considerando che il decreto legislativo emanato il 6 settembre

2011 n.159 ha lasciato questo articolo invariato.

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34 b) coloro che per la condotta ed il tenore di vita debbaritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente,anche in parte, con i proventi di attività delittuose;

c) coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l‘integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità o la tranquillità pubblica.

Tale legge è innovativa perché, in primo luogo, ridefinisce la c.d. pericolosità comune e, aspetto non trascurabile, aggiunge che la verifica di tali presupposti deve essere effettuata attraverso un accertamento e ―una oggettiva valutazione degli elementi di fatto da cui risulti la condotta abituale e il tenore di vita della persona‖31

. Adesso, infatti, il legislatore vuole porre maggiore attenzione alla disciplina degli indizi, che, come la giurisprudenza ha più volte ripetuto, devono essere gravi, precisi e concordanti; gli stessi devono essere tali da fugare i dubbi sulla condotta del soggetto e, sebbene non tali da portare alla conclusione che il soggetto abbia commesso il delitto (poiché le prove sono insufficienti per dimostrarlo), sufficienti però a testimoniare le situazioni concernenti i n.1, 2 e 3 del nuovo articolo 2 della citata norma. Se, invece, ci fossero delle prove sufficienti a dimostrare che il fatto sia stato commesso e che si è già in presenza di un reato, il giudice potrebbe instaurare legittimamente un procedimento penale. In questo modo, però, autorevole dottrina sostiene che ―nell‘intento, pur giustificato e lodevole, di svecchiare ed emendare la tipizzazione legislativa delle cerchie di soggetti previste dalla legge n. 1423 del 1956, la nuova disciplina ha in realtà finito col configurare soltanto ―fattispecie di sospetto‖ di commesso reato, così (inconsapevolmente?) riducendo il ruolo del sistema di prevenzione alla sola – criticabilissima – funzione di surrogato di una

31

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35 repressione penale inattuabile per mancanza dei normali presupposti probatori‖32

.

6. Il principio dell‟applicazione disgiunta delle

misure personali e patrimoniali (cenni e rinvio)

Il D. L 92/2008, convertito con la l. n.125/2008, recante ―Misure

urgenti in ambito di sicurezza pubblica‖,conferma la volontà del

legislatore di migliorare il funzionamento delle misure preventive, in particolar modo di quelle patrimoniali. Le novitàassolutamente rilevanti sono due:

a) estensione della legge antimafia e, dunque, delle misure patrimoniali, agli indiziati della commissione di uno dei delitti previsti dall‘art. 51, comma 3-bis, c.p.p e alle persone dedite a traffici illeciti o che vivono abitualmente col provento di attività delittuosa (di cui all‘art. 1, nn. 1) e 2), l. n.1423/1956;

b) introduzione di un importante principio che regola i rapporti tra le misure personali e patrimoniali. Si tratta del principio dell‘applicazione disgiunta delle seconde, indipendentemente dall‘irrogazione delle prime, che rimuove i limiti derivanti dal previgente principio di accessorietà. Sul punto torneremo in seguito, nei paragrafi dedicati all‘analisi dei rapporti tra le misure di prevenzione personali e quelle patrimoniali.

La disorganicità della legislazione e le intuibili conseguenze negative derivanti da essa sono i motivi che spingono il legislatore a prevedere l‘adozione di un codice (antimafia), in cui raccogliere l‘intera normativa, sia penale – sostanziale e processuale – contenuta in codici e leggi speciali, sia delle misure di prevenzione.Da tempo si

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36 registra una maggiore attenzione verso gli strumenti di contrasto all‘accumulazione illecita dei patrimoni nella consapevolezza che una seria politica di repressione (e prevenzione) di pericolosi fenomeni criminali, rappresentati principalmente dalle associazioni di tipo mafioso comunque denominate, richiede (anche) l‘aggressione del potere economico alimentato dall‘azione delittuosa. ―Nei trent‘anni trascorsi dall‘approvazione della legge Rognoni – La Torre (n. 646 del 1982) si registrano plurimi interventi legislativi, non di rado approssimativi e frettolosi (oltre che emergenziali), che hanno richiesto una costante attività della giurisprudenza diretta a colmare vuoti normativi e a tentare di rendere coerente il sistema. Sono emersi anche limiti delle disposizioni in materia di amministrazione dei beni sequestrati e di destinazione dei beni confiscati. A ciò si aggiunge la particolarità della materia della prevenzione che, sia per le origini storiche sia per le continue spinte di esigenze di politica criminale, ha imposto spesso interpretazioni costituzionalmente orientate e compatibili con la Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell‘Uomo (CEDU)‖33.

33F. MENDITTO, Lo schema di decreto legislativo del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione: esame, osservazioni e proposte, nella rivista Diritto Penale Contemporaneo, 1 luglio 2011.

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