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Il fenomeno del mixing per l'equazione di continuità

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Academic year: 2021

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(1)

Il fenomeno del mixing per l’equazione di

continuità

(2)

Indice

Introduzione 3

1 Preliminari 7

1.1 Teoria astratta della misura . . . 7

1.2 La funzione massimale . . . 11

1.3 Funzioni BV . . . 13

1.4 Curve e domini dipendenti dal tempo . . . 15

2 Risultati di buona positura per il porblema di Cauchy asso-ciato all’equazione di continuità 21 2.1 Caso regolare . . . 22

2.2 Caso di bassa regolarità . . . 27

2.2.1 Un limite superiore . . . 30

2.2.2 Risultati di buona positura . . . 31

2.2.3 Una regolarità debole . . . 34

(3)

3 Costruzione di esempi che realizzano il mixing 42 3.1 Definizioni introduttive . . . 42 3.2 Un primo esempio . . . 44 3.3 Secondo esempio . . . 46

(4)

Introduzione

Sia b : [0, T ] × Rd→ Rdun campo vettoriale. Se b è limitato e liscio possiamo

definire il suo flusso come quella mappa liscia X : [0, T ] × Rd → Rd tale che

           dX dt (t, x) = b(t, X(t, x)) X(0, x) = x.

Il precedente problema è strettamente connesso al seguente problema di Cauchy per l’equazione di continuità:

           ∂tu(t, x) + ∇x(b(t, x)u(t, x) = 0 u(0, ·) = ¯u.

Gli argomenti della teoria di DiPerna - Lions mostrano (attraverso la teoria delle caratteristiche) la connessione tra i due problemi.

Il presente lavoro di tesi affronta il fenomeno del mixing per l’equazione di continuità.

Supponiamo t ∈ [0, 1] e x ∈ T2 = R2/Z2. Poniamo A = {x = (x 1, x2) :

0 ≤ x2 ≤ 1/2} ⊂ T2. Fissiamo un campo b e sia X(t, x) il flusso associato a b.

(5)

che il flusso sia quasi incomprimibile, cioè che per qualche k0 > 0 abbiamo

k0|Ω| ≤ |X(t, Ω)| ≤ 1

k0|Ω|

per ogni Ω ⊂ T2 ed ogni t ∈ [0, 1]. Per un fissato 0 < k < 1/2 diciamo che Φ

mescola l’insieme A fino alla scala  se per ogni palla B(x) si ha

k|B(x)| ≤ |B∩ Φ(A)| ≤ (1 − k)|B(x)|.

Azione del flusso X sull’insieme A.

È data la seguente congettura di Bressan (vedi [4]): sotto le ipotesi precedenti esiste una costante C dipendente solo da k e k0 tale che, se Φ mescola l’insieme A fino alla scala , allora

Z 1

0

Z

K

(6)

La prima parte di questo lavoro di tesi è dedicata al risultato ottenuto da G. Crippa e C. De Lellis [5], che risolve in senso positivo la congettura dimostrando che vale

Z 1

0

||∇b||Lp(K)dt ≥ C| log | per ogni 0 <  < 1/4,

per p > 1. Resta, ad oggi, irrisolto il caso in cui p = 1.

La seconda parte del presente elaborato, invece, è dedicata alla costruzione di due campi vettoriali b che realizzano il mixing.

Più analiticamente, gli argomenti di questa tesi sono così suddivisi: Capitolo 1: vengono riassunti alcuni concetti base di teoria astratta della misura, richiamati alcuni fondamentali risultati sulla funzione massimale e sulle funzioni a variazione limitata. Lo scopo di questo capitolo è quello di definire le notazioni e di chiarire il contesto.

Capitolo 2: è presentato il lavoro di G. Crippa e C. De Lellis. Dapprima è risolto il problema della buona positura per il problema di Cauchy associato all’equazione di continuità in un contesto di bassa regolarità del campo b. Il problema è risolto con nuove stime a priori per le soluzioni che estendono quelle classiche della teoria di Cauchy-Lipschitz. Successivamente si mostra come un’applicazione di queste stime porti alla risoluzione in positivo della congettura di Bressan per ogni p > 1.

Capitolo 3: è dedicato alla costruzione di due esempi di campi b che realizzano il mixing. La prima costruzione permette di ottenere un campo

(7)

b ∈ BV . La seconda, invece, permette di costruire un campo b limitato in

˙

(8)

Capitolo 1

Preliminari

Per questo capitolo si è seguiti [11], [3]. Possibili altri riferimenti sono [12], [7].

1.1

Teoria astratta della misura

In questo primo paragrafo richiamiamo alcuni strumenti di teoria astratta della misura, utili nel resto dell’elaborato. Dei principali teoremi forniremo solo l’enunciato, per definire il contesto e le notazioni.

Iniziamo con le principali definizioni.

Definizione 1.1.1 (σ-algebre e spazi di misura). Sia X un insieme non

vuoto e sia A una collezione di sottoinsiemi di X. A viene detta σ-algebra

se gode delle seguenti proprietà:

(9)

2. se C ∈ A allora Cc∈ A, dove Cc è il complementare di C in X;

3. se C = ∪i=1Ci e se Ci ∈ A per ogni i = 1, 2, . . . allora C ∈ A.

La coppia (X, A) è detta spazio di misura.

Definizione 1.1.2 (Misure positive). Sia (X, A) uno spazio di misura e

µ : A → [0, +∞]

• µ è additiva se per E1, E2 ∈ A disgiunti, si ha µ(E1∪ E2) = µ(E1) +

µ(E2).

• µ è una misura positiva se µ(∅) = 0 e se è σ-additiva, cioè se data (Ei) ∈ A una famiglia numerabile disgiunta, si ha µ(∪iEi) =Piµ(Ei).

µ è finita se µ(X) < +∞.

Una misura positiva µ è di probabilità se µ(X) = 1, σ-finita se esiste una

famiglia numerabile (Xi) ⊂ A tale che X = ∪iXi e µ(Xi) < +∞ per ogni i.

Definizione 1.1.3(Misure reali o vettoriali). Sia (X, A) uno spazio di misura

e sia m ∈ N, m ≥ 1. Una funzione µ : A → Rm σ-additiva e tale che µ(∅) = 0 è detta misura. Se m = 1 µ è anche chiamata misura reale, se m > 1 misura

vettoriale.

Definizione 1.1.4 (Variazione totale). Data una misura (reale o vettoriale)

µ per ogni insieme E ∈ A definiamo la variazione totale |µ| come

|µ|(E) = sup  ∞ X h=0 |µ(Eh)| : Eh ∈ A disgiunti, E = ∪h=0Eh  .

(10)

Definizione 1.1.5 (Push-forward). Siano (X, A) e ( ˜X, ˜A) due spazi di

mi-sura e sia f : X → ˜X tale che f−1(E) ∈ A per ogni E ∈ A. Per ogni misura

(positiva, reale o vettoriale) µ su (X, A) definiamo la misura f]µ su ( ˜X, ˜A)

secondo la formula

f]µ(E) = µ(f−1(E)) per ogni E ∈ ˜A.

f]µ è detta push-forward di µ tramite f .

Definizione 1.1.6 (Funzioni misurabili). Sia µ una misura positiva su (X, A)

e sia (Y, d) uno spazio metrico. Allora diciamo che f : X → Y è A-misurabile

se f−1(A) ∈ A per ogni A ⊂ Y aperto.

Passiamo ora ai principali risultati di teoria geometrica della misura. Ampiamente utilizzati nei capitoli successivi.

Disuguaglianza di Chebyshev. Sia f ∈ L1(X, µ) positiva e sia t > 0. Allora µ({x ∈ X : f (x) > t}) ≤ 1 t Z X f dµ.

Teorema 1.1.1 (Di compattezza sequenziale debole in Lp). Sia 1 < p ≤

∞ e sia (fh) una successione equilimitata in Lp(X, µ). Allora esiste una

sottosuccessione che converge debolmente in Lp(X, µ) (debolmente-∗ se p =

∞).

Definizione 1.1.7 (Convergenza in misura). Siano fn e f misurabili su

(X, µ) e quasi ovunque finite. Diciamo che fn → f in misura se per ogni

δ > 0 vale

lim

(11)

Definizione 1.1.8 (Punto di Lebesgue). Sia µ una misura positiva in Ω ⊂ Rn

e sia f ∈ L1loc(Ω, µ). Un punto x del dominio di f è detto punto di Lebesgue

o punto di continuità approssimata se

lim

ρ→0

Z

Bρ(x)

|f (y) − f (x)| dµ(y) = 0.

Teorema 1.1.2 (Criterio di compattezza di Riesz-Fréchet-Kolmogorov). Sia F un sottoinsieme limitato di Lp(Rd) per qualche 1 ≤ p < ∞. Supponiamo

che

lim

|h|→0||f (· − h) − f ||p = 0 uniformemente in f ∈F .

Allora F è relativamente compatto in Lploc(Rd).

Teorema 1.1.3 (Besicovitch.). Esiste un numero intero ξ, dipendente solo

dalla dimensione n dello spazio, tale che, se F è una famiglia di palle chiuse

il cui insieme A dei centri è limitato, allora esistono ξ sottofamiglie disgiunte

Fi tali che A ⊂ ξ [ i=1 [ Fi.

Teorema 1.1.4 (di ricoprimento di Besicovitch.). Sia A ⊂ Rn un insieme

limitato e sia ρ : A → (0, ∞). Allora esiste S ⊂ A al più numerabile tale che

A ⊂ [

x∈S

Bρ(x)(x)

e ogni punto di Rn appartiene al più a ξ palle B

ρ(x)(x) centrate in punti di S,

(12)

Definizione 1.1.9. Sia F una famiglia di palle chiuse e sia A ⊂ Rn. Diciamo che F0 è un ricoprimento fine di A se

inf{ρ > 0 : ¯Bρ(x) ∈ F } = 0

per ogni x ∈ A.

Teorema 1.1.5. Sia A ⊂ Rn un boreliano limitato, sia F un ricoprimento

fine di A e sia µ una misura positiva localmente finita in Rn. Allora esiste

una sottofamiglia numerabile e disgiunta F0 tale che

µ  A \[F0  = 0.

1.2

La funzione massimale

In questo paragrafo definiamo ed enunciamo le principali proprietà della funzione massimale. Un utile strumento proveniente dal contesto dell’analisi armonica.

Iniziamo con le principali definzioni. Definizione 1.2.1. Data f ∈ L1

loc(Rd; Rm), definiamo la sua funzione

mas-simale come M f (x) = sup r>0 Z B(x,r)|f (y)| dy, x ∈ Rd. (1.1)

Definizione 1.2.2. Similmente, quando µ è una misura in Rd a valori in

Rm, con variazione totale localmente finita, definiamo

M f (x) = sup

r>0

|µ|(B(x, r))

Ld(B(x, r)), x ∈ R

(13)

Notiamo che poiché |fLd| = |f |Ld, le due definizioni sono consistenti,

infatti M (fLd) = M f . Se, invece, f ∈ L1(Rd; Rm), o se µ è una misura

con variazione totale globalmente finita in Rd, allora la funzione massimale è

Ld-q.o. finita.

Una questione fondamentale è quella di fornire limiti per questo operatore. Poiché non possiamo prendere la media di una funzione limitata ed ottenere un valore più grande del massimo valore assunto dalla funzione, è immediato che

||M f ||L≤ ||f ||L. (1.3)

Notevolmente, l’analoga proprietà per L1 non sussiste poiché la funzione

f → M (f ) non è limitata su L1. Ciò può essere visto osservando che

M f (x) ≥ c|x|−d, per |x| ≥ 1. Solo la stima debole

|||M f |||M1 ≤ Cd,1||f ||L1 (1.4)

sussiste, dove lo spazio Lebesgue debole M1(Rd) è definito come lo spazio di

tutte le funzioni misurabili g su Rd tali che

|||g|||M1 = sup

λ>0

n

λLd({x : |g(x)| < λ})o< ∞.

La quantità |||g|||1

M non è una norma.

Interpolando la (1.3) con la (1.4) possiamo ottenere la stima forte

||M f ||Lp ≤ Cd,p||f ||Lp, (1.5)

(14)

1.3

Funzioni BV

In questo paragrafo descriviamo le principali proprietà delle funzioni a variazione limitata, focalizzandoci solo su quelle necessarie al presente lavoro.

Consideriamo un aperto Ω ⊂ Rn e poniamo D(Ω) = C

c (Ω) (spazio delle

funzioni test). Definiamo innanzitutto la nozione di convergenza delle funzioni test. Diciamo che ϕn → 0 in D(Ω) se esiste un compatto K ⊂ Ω tale che

sptϕn ⊂ K per ogni n e Dαϕn → 0 uniformemente per ogni multiindice α.

Lo spazio delle distribuzioni su Ω è lo spazio dei funzionali lineari e continui su D(Ω), e viene indicato con D0(Ω). Su D0(Ω) si considera la convergenza debole-∗, che viene detta convergenza nel senso delle distribuzioni:

Tn→ T in D0(Ω) se hTk, ϕi → hT, ϕi per ogni ϕ ∈ D(Ω).

Per ogni T ∈ D0(Ω) si può definire la derivata nel senso delle distribuzioni di T , ponendo per dualità

hDαT, ϕi = (−1)|α|hT, Dαϕi

per ogni multiindice α. Grazie alla formula di integrazione per parti, le nozioni di derivata distribuzionale e di derivata classica coincidono quando quest’ultima esiste.

Definizione 1.3.1. Sia Ω ⊂ Rn aperto, sia u ∈ L1(Ω). Diciamo che u è

una funzione a variazione limitata in Ω se la derivata distribuzionale di u è

rappresentabile con una misura di Radon finita in Ω, cioè se

Z Ω u∂ϕ ∂xi dx = − Z Ω

(15)

per qualche misura Du = (D1u, ..., Dnu) a valori in Rn. Lo spazio vettoriale

delle funzioni a variazione limitata in Ω sarà denotato con BV (Ω).

Definizione 1.3.2. Sia u ∈ [L1loc(Ω)]m. Allora definiamo la variazione di u

in Ω come V (u, Ω) = sup    m X α=1 Z Ω uαdiv ϕαdx : ϕ ∈ [L1loc(Ω)]mn, ||ϕ|| : ∞ ≤ 1    .

Osserviamo che, se u ∈ C1(Ω), allora V (u, Ω) = |∇u| (dove |∇u| indica la

norma euclidea della matrice ∇u) e che la mappa u → V (u, Ω) ∈ [0, +∞] è

semicontinua inferiormente rispetto alla topologia di [L1loc(Ω)]m.

Definizione 1.3.3. Sia u ∈ [L1loc(Ω)]m. Diciamo che u ha limite approssimato

in x ∈ Ω se esiste z ∈ Rm tale che

lim

ρ→0

Z

Bρ(x)

|u(y) − z| dy = 0.

L’insieme Su dei punti in cui u non ha limite approssimato viene detto insieme

di discontinuità approssimata di u. Inoltre, se x ∈ Ω \ Su, il valore z = ˜u(x)

(univocamente) definito sopra è detto limite approssimato di u in x.

Diremo anche che una funzione u (definita ovunque in Ω) è approssima-tivamente continua in x se x /∈ Su e ˜u(x) = u(x). Osserviamo che, per il

teorema di derivazione di Lebesgue, Ln(Su) = 0. Inoltre, ˜u : Ω \ Su → Rm è

una funzione boreliana e ˜u = u Ln-quasi ovunque in Ω \ Su.

Lemma 1.3.1. Sia u ∈ [BV (Br(x))]m e supponiamo che u abbia limite

approssimato in x. Allora Z Br(x) |u(y) − ˜u(x)| y − x dy ≤ Z 1 0 |Du|(Btr(x)) tn dt.

(16)

Osservazione 1.3.1. Se

Z r

0

|Du|(Bt(x))

tn dt < ∞

allora u ha limite approssimato in x.

Nel contesto delle funzioni BV possiamo enunciare una notevole proprietà della funzione massimale.

Assumiamo che f ∈ BV (Rd). Allora esiste un insieme N ⊂ Rd, Lebesgue

trascurabile, tale che

|f (x) − f (y)| ≤ C|x − y|M Df (x) + M Df (y) ∀x, y ∈ Rd\ N, (1.6) dove C è una costante dimensionale. Infatti:

|f (x) − f (y)| = 1 Ld(B(x, r) ∩ B(y, r)) Z B(x,r)∩B(y,r) |f (x) − f (y)| dz ≤ 1 Ld(B(x, r) ∩ B(y, r)) Z B(x,r)∩B(y,r) |f (z) − f (x)| + |f (z) − f (y)| dz ≤ C|x − y|M Df (x) + M Df (y).

Nell’ultima disuguaglianza si è usato il Lemma 1.3.1 e l’Osservazione 1.3.1.

1.4

Curve e domini dipendenti dal tempo

Infine, in quest’ultimo paragrafo introduttivo, forniamo gli strumenti di geometria differenziale, utili soprattutto per il capitolo conclusivo del presente elaborato.

(17)

Definizione 1.4.1 (Curva piana chiusa). Una curva piana chiusa è una

funzione continua γ : T1 → R2. Richiederemo, inoltre, che γ sia iniettiva, di

classe C1, e tale che ˙γ(t) 6= 0 per ogni t ∈ T1. Indicheremo con Γ = γ(T1) il

suo sostegno.

Definizione 1.4.2 (Curva propria chiusa). Una curva piana propria è una

funzione continua γ : R → R2 tale che lim

t→±∞|γ(t)| = +∞. Richiederemo,

come prima, che γ sia iniettiva, di classe C1, e tale che ˙γ(t) 6= 0 per ogni

t ∈ R. Indicheremo con Γ = γ(R) il suo sostegno.

Definizione 1.4.3 (Sotto arco). Sia γ : J → R2 una curva, J = T1oR2, e

Γ il suo sostegno. Un sotto arco di Γ è ogni insieme della forma γ(J0), con

J0 ⊂ J. Un sotto arco è proprio se strettamente contenuto in Γ.

Indichiamo con τ (x) e η(x) rispettivamente il vettore normale unitario ed il vettore unitario tangente, cioè

τ := ˙γ

| ˙γ|, η := −τ

= − ˙γ

| ˙γ| ,

dove γ= (−γ2, γ1) indica una rotazione di 90in senso antiorario.

Osservazione 1.4.1. Se | ˙γ|(t) = l per ogni t allora τ = γl˙, η = − ˙γl, e la curvatura κ(x) al punto x = γ(t) è data da κη = −l¨γ2.

Definizione 1.4.4 (Raggio tubolare). Il raggio tubolare di Γ è il più grande

r ≥ 0 tale che la funzione Ψ data da

Ψ(t, y) = γ(t) + y η(t) (1.7)

(18)

Osservazione 1.4.2. Se Γ è di classe C2 allora il raggio tubolare è più piccolo

del raggio di curvatura κ(x)1 per ogni x ∈ Γ. Se Γ è di classe Ck, k ≥ 2, ed il

raggio tubolare r è strettamente positivo, la funzione Ψ è un diffeomorfismo

di classe Ck−1 da J × (−r, r) all’intorno tubolare B(Γ, r).

Definizione 1.4.5 (Velocità normale). La velocità normale vn= vn(t, x) di Γ

al tempo t nel punto x = γ(t, s) è la componente normale del vettore ∂tγ(t, s),

cioè

vn= ∂tγ · η.

Definizione 1.4.6 (Domini dipendenti dal tempo). Un dominio dipendente

dal tempo è una funzione E che ad ogni t, nell’intervallo di tempo I, associa

un sottoinsieme aperto E(t) di R2.

Diciamo che E è di classe Ck se esistono un numero finito di sostegni

indipendenti dal tempo Γi(t), parametrizzati dalle curve γi : I × Ji → R2 di

classe Ck, tali che, per ogni t ∈ I il bordo ∂E(t) può essere scritto come

unione disgiunta di sostegni Γi(t).

Definizione 1.4.7 (Campi di velocità compatibili). Sia b un campo di velocità

continuo, dipendente dal tempo, su R2. Diciamo che b è compatibile con un

sostegno Γ, dipendente dal tempo, se per ogni tempo t ed ogni punto x ∈ Γ(t),

la velocità normale vn di Γ concorda con la componente normale di b, cioè

(19)

Analogamente, b è compatibile con dominio dipendente dal tempo E di

classe C1, se la componente normale di b concorda con la velocità normale

esterna vn di E ad ogni tempo t e in ogni punto x ∈ ∂E(t).

Fissiamo t0 ∈ I, e sia

{Φ(t, ·) : t ∈ I}

il flusso (se esiste) associato a b con tempo iniziale t0, ciò significa che ogni

Φ(t, ·) è un omomorfismo da R2 in R2, e che per ogni x

0 ∈ R2 la funzione

t 7→ Φ(t, x0) risolve l’ODE ˙x = b(t, x) con condizione iniziale x(t0) = x0.

Allora la compatibilità di b e Γ significa che Γ(t) = Φ(t, Γ(t0)) per ogni t ∈ I;

in particolare la compatibilità di b ed E significa che ∂E(t) = Φ(t, ∂E(t0)),

che da

E(t) = Φ(t, E(t0)) per ogni t ∈ I.

Infine, è ben noto che l’ultima identità implica che la funzione caratteristica

µ(t, x) = 1E(t)(x) è una soluzione nel senso delle distribuzioni per l’equazione

del trasporto

µt+ b · ∇µ = 0. (1.9)

Osservazione 1.4.3. Quando b è a divergenza nulla, la (1.9) concorda con

la (2.1) del capitolo successivo e, di conseguenza, il campo di velocità b è

compatibile con il dominio dipendente dal tempo E, se e solo se la funzione

caratteristica µ(t, x) = 1E(t)(x) è una soluzione nel senso delle distribuzioni

(20)

Definizione 1.4.8 (Curve omotetiche). Diciamo che una curva (sostegno) Γ

sull’intervallo di tempo I è omotetica nel tempo se è possibile rappresentarla

come

Γ(t) = λ(t)¯Γ = {λ(t)x : x ∈ ¯Γ} (1.10)

per qualche curva (sostegno) ¯Γ e qualche funzione λ : I → (0, +∞).

Analogamente, sia ¯γ : J → R2 una curva con sostegno ¯Γ. Allora la curva

dipendente dal tempo γ : I × J → R2 data da

γ(t, s) = λ(t)¯γ(s) (1.11)

è una curva con sostegno Γ; quindi Γ è di classe Ck quando ¯Γ e λ sono di

classe Ck.

Sia, ora, ¯η la normale di ¯Γ e sia ¯v : ¯Γ → R una funzione definita da

¯

v(x) = x · ¯η(x). (1.12)

Allora un semplice calcolo, utilizzando la (1.11), ci dice che il vettore normale e la velocità normale di Γ (al tempo t ∈ I e nel punto x ∈ Γ(t)) sono date da

η(t, x) = ¯η(x/λ(t)), vn(t, x) = λ0(t)¯v(x/λ(t)). (1.13)

Infine, sia ¯b un campo di velocità autonomo su R2 tale che

¯b(x) · ¯η(x) = ¯v(x) (1.14)

per ogni x ∈ ¯Γ. Allora, usando la (1.13), otteniamo che il campo di velocità dipendente dal tempo b : I × R2 → R2 definito da

(21)

è compatibile con la curva (sostegno) dipendente dal tempo Γ.

Definizione 1.4.9 (Potenziale di un campo di velocità). Sia b : R2 → R2

un campo di velocità continuo, e sia φ : R2 → R2 una funzione di classe C1.

Diciamo che φ è un potenziale per b se

b = ∇φ,

dove ∇= (−∂2, ∂1). Osserviamo che b ammette un potenziale se e solo se è

(22)

Capitolo 2

Risultati di buona positura per

il porblema di Cauchy associato

all’equazione di continuità

In questo capitolo seguiremo essenzialmente il lavoro di G. Crippa e C. De Lellis [5]. Utile sarà anche [2].

Cominciamo ora a descrivere uno degli argomenti centrali di questa tesi, cioè il rapporto tra l’equazione del trasporto (o di continuità) e il problema di Cauchy nel caso in cui il campo vettoriale non sia regolare.

In questo paragrafo enunciamo i risultati della teoria nel caso regolare e mostriamo il legame fra i due problemi.

(23)

2.1

Caso regolare

Consideriamo la seguente equazione di continuità omogenea.

d

dtµt+ Dx· (bµt) = 0 (t, x) ∈ I × R

d (2.1)

per famiglie di misure di probabilità µt in Rd dipendenti dal tempo. Qui

b(t, x) = bt(x) è una dato campo di vettori dipendente dal tempo in Rd, e

I ⊂ R è un intervallo. Dopo questo paragrafo saremo interessati al caso in

cui bt(·) non sia necessariamente Lipschitziano ed abbia, per esempio, una

regolarità di tipo Sobolev. La necessità di occuparsi di un caso simile nasce dal fatto che un campo di vettori con questa bassa regolarità compare in diverse equazioni differenziali alle derivate parziali che descrivono il moto dei fluidi, e nella teoria delle leggi di conservazione.

Consideriamo anche il sistema di equazioni differenziali ordianrie

           dX dt (t, x) = b(t, X(t, x)), t ∈ [0, T ] X(0, x) = x. (2.2)

Incominciamo, però, ad analizzare il caso in cui b sia sufficientemente regolare.

Innanzitutto, notiamo che nel caso in cui b sia a divergenza nulla la (2.1) è equivalente all’equazione del trasporto

d

dtut+ b · ∇x(ut) = 0.

Se b è sufficientemente regolare, regolare quanto basta per giustificare le seguenti operazioni, abbiamo i seguenti risultati.

(24)

Definizione 2.1.1. Una caratteristica per la (2.1), o per l’equazione del

trasporto è una funzione X(s) di classe C1 su un intervallo di R a valori in

Rd tale che

dX

dt = b(s, X(s)).

In ipotesi di regolarità e limitatezza del campo le caratteristiche esistono sempre. In particolare, per ogni t ∈ [0, T ] e ogni x ∈ Rd, esiste un’unica

caratteristica definita su tutto [0, T ] e tale che X(t) = x. Tale caratteristica sarà indicata con

X(s, t, x) ∈ C1([0, T ]s× [0, T ]t× Rdx).

Dalla definizione di X e dall’unicità nel problema di Cauchy segue subito che, per ogni t1, t2, t3 ∈ [0, T ] e ogni x ∈ Rd, vale la proprietà di semigruppo:

X(t3, t2, X(t2, t1, x)) = X(t3, t1, x). (2.3)

Se poi definiamo J (s, t, x) = det(∇xX(s, t, x)), si può facilmente mostrare

che J è sempre strettamente positivo e verifica l’equazione

∂J

∂s = (Dxb)(s, X(s, t, x))J.

Infine, osservando che per ogni s, t ∈ [0, T ] la mappa x → X(s, t, x) è un diffeomorfismo di Rd con inversa X(t, s, ∆), si deduce che le caratteristiche

verificano la seguente coppia di equazioni:

           ∂sX(s, t, x) = b(s, X(s, t, x)) ∂tX(s, t, x) + (b(t, x) · ∇x)X(s, t, x) = 0. (2.4)

(25)

A questo punto siamo in grado di enunciare il teorema di esistenza e unicità per i problemi di Cauchy relativi alla (2.1) o all’equazione del trasporto.

Teorema 2.1.1. Supponiamo che b(t, x) sia limitato e di classe C1.

(i) Se u0 ∈ C1(Rd), allora esiste un’unica soluzione u ∈ C1([0, T ] × Rd) per

l’equazione del trasporto con dato iniziale u(0, x) = u0(x), e inoltre u è

data da

u(t, x) = u0(X(0, t, x)). (2.5)

(ii) Se µ0 ∈ C1(Rd), allora esiste un’unica soluzione µ ∈ C1([0, T ] × Rd)

per la (2.1), con dato iniziale µ(0, x) = µ0(x), e inoltre µ è data da

µ(t, x) = µ0(X(0, t, x))J (0, t, x). (2.6)

Dimostrazione. (i) Per mostrare che la (2.5) definisce una soluzione per

l’equazione del trasporto è sufficiente moltiplicare la seconda equazione in (2.4) per ∇xu0(X(0, t, x)). Viceversa, sia u ∈ C1 soluzione per

l’equazione del trasporto. Allora per ogni coppia (t0, x0) vale

d

dsu(s, X(s, t0, x0)) = ∂tu(s, X(s, t0, x0))+∇xu(s, X(s, t0, x0))·b(s, X(s, t0, x0)) = 0,

quindi

u(s, X(s, t0, x0)) = u0(X(0, t0, x0)).

Ponendo X(s, t0, x0) = x abbiamo

(26)

(ii) Sia µ una soluzione della (2.1). Allora d dsµ(s, X(s, t0, x0)) = ∂tµ(s, X(s, t0, x0)) + ∇xµ(s, X(s, t0, x0)) · b(s, X(s, t0, x0)) = −(divxb)(s, X(s, t0, x0))µ(s, X(s, t0, x0)) = −µ(s, X(s, t0, x0)) ∂sJ (s, t0, x0) J (s, t0, x0) . Quindi µ(s, X(s, t0, x0)) = µ0(X(0, t0, x0)) J (0, t0, x0) J (s, t0, x0) .

Differenziando la (2.3) rispetto a x e prendendone i determinanti si ottiene J (t3, t2, X(t2, t1, x))J (t2, t1, x) = J (t3, t1, x), che per t3 = 0, t2 = s, t1 = t0 e x = x0 dà J (0, t0, x0) J (s, t0, x0) = J (0, s, X(s, t0, x0)),

da cui si ricava immediatamente la (2.6). Viceversa, supponiamo che µ definita dalla (2.6) verifica, per ogni (t0, x0),

(∂tµ + divx(bµ))(s, X(s, t0, x0)) = 0

e quindi è soluzione della (2.1).

Osservazione 2.1.1. L’equazione del trasporto e la (2.1) hanno un’unica

so-luzione anche se i dati iniziali (in senso distribuzionale) u0 e µ0 appartengono

(27)

Osservazione 2.1.2 (Soluzioni misure per la (2.1)). La (2.6) ha

un’imme-diata generalizzazione nel caso in cui si cerchino soluzioni dell’equazione di

continuità che siano misure, nel senso del problema di Cauchy per la (2.1).

Adottando per semplicità la notazione X(t, x) = X(t, 0, x), risulta che la

soluzione µt è il push-forward del dato iniziale ¯µ secondo il flusso del campo

b, cioè

µt= X(t, ·)]µ.¯

Verifichiamo che µt è soluzione per la (2.1) nel senso delle distribuzioni in

(0, T ) × Rd. Poiché è sufficiente considerare funzioni test del tipo ψ(t)φ(x), con ψ ∈ Cc((0, T )) e φ ∈ Cc(Rd), basta verificare che

Z R [−ψ(t)µt, φ − ψ(t) hbµt, ∇φi] dt = 0. Ciò è equivalente a d dtµt, φ = hbµt, ∇φi in D 0((0, T )), per ogni φ ∈ Cc∞(Rd).

Dato che la mappa t → hµt, φi è continua per ogni φ, possiamo verificare

questa identità distribuzionale puntualmente in t. Ma allora abbiamo

d dthµt, φi = d dt Z Rd φ(X(t, x))d¯µ(x) dt = Z Rd ∇φ(X(t, x)) · ∂tX(t, x)d ¯mu(x) = Z Rd ∇φ(X(t, x)) · b(t, X(t, x))d¯µ(x) = Z Rd

∇φ(y) · b(t, y)dµt(y)

(28)

Quindi possiamo reinterpretare la (2.6) nella seguente maniera:

µ(t, x)Ld = X(t, ·)]µ0(x)Ld.

A questo punto è chiaro il legame fra la (2.2) e la (2.1), almeno nella direzione (2.2) → (2.1).

2.2

Caso di bassa regolarità

Analizziamo ora le principali proprietà che si possono dedurre nel caso in cui

b non abbia le proprietà di regolarità del paragrafo precedente.

Incominciamo con la seguente definizione, che fuori dai contesti di suffi-ciente regolarità, è una comune definizione di flussi generalizzati per campi di vettori soltanto integrabili.

Definizione 2.2.1 (Flussi Lagrangiani regolari). Diciamo che una funzione

X : [0, T ] × Rd→ Rd è un flusso Lagrangiano regolare per il campo di vettori

b se

(i) per quasi ogni x ∈ Rd la funzione t 7→ X(t, x) è una soluzione integrale

assolutamente continua di ˙γ(t) = b(t, γ(t)) per t ∈ [0, T ], con γ(0) = x,

(ii) esiste una costante L indipendente da t tale che

Ld(X(t, ·)−1

(A)) ≤ LLd(A) per ogni insieme boreliano A ⊆ Rd.

(29)

La costante L in (ii) è chiamata costante di compressibilità di X (qui Ld(A)

denota la misura di Lebesgue di A).

Se b ∈ L1([0, T ]; W1,∞(Rd; Rd)) è ben noto che le soluzioni X(t, ·)

del-la (2.2) sono uniche e stabili (si veda [6]). Informazioni quantitative possono essere ottenute per differenziazione:

d

dt|X(t, x) − X(t, y)|

2

= 2 hbt(X(t, x)) − bt(X(t, y)), X(t, x) − X(t, y)i

≤ 2Lip(bt)|X(t, x) − X(t, y)|2

(qui Lip(bt) denota la più piccola costante di Lipschitz per bt), il lemma di

Gronwall ldà immediatamente Lip(X(t, ·)) ≤ exp Z t 0 Lip(bs) ds ! . (2.8)

Una variante della precedente può essere ottenuta usando le seguenti stime per il logaritmo della derivata spaziale del flusso:

d dtlog|∇X| ≤ 1 |∇X| d dt∇X = 1 |∇X||∇(b(X))| = |∇b|(X). (2.9) Naturalmente, se b è lipschitziano scopriamo che anche il flusso lo è, con una costante di Lipschitz che dipende esponenzialmente dalla costante di Lipschitz di b. L’importanza della (2.9) è che ammette una versione integrale, che funziona bene anche fuori dal caso lipschitziano. fissiamo due flussi Lagrangiani regolari X1 e X2, associati, rispettivamente, ai campi di vettori

b1 e b2, con costanti di compressibilità L1 e L2. Dato un parametro δ > 0

(30)

(dipendente dal tempo): Φδ(t) = Z BR log 1 + |X1(t, x) − X2(t, x)| δ ! dx. (2.10)

Incominciamo stabilendo una semplice ma utile stima dal basso per Φδ. Dato

un γ > 0 arbitrario, possiamo calcolare Φδ(t) ≥ Z BR∩{|X1−X2|>γ} log 1+γ δ ! dx =Ld(BR∩{|X1−X2| > γ}) log  1+γ δ  . (2.11) In particolare, nel caso speciale b1 = b2 = b (in cui Φδ(t) è in una certa maniera

la “misura di non unicità”), deduciamo che per non avere l’unicità, Φδ(t)

deve andare all’infinto come log(1/δ) per δ → 0. Più in generale, notiamo che limiti dall’alto per Φδ(t) possono fornire stime superiori per la misura dei

superlivelli {|X1− X2| > γ}.

Dal momento in cui si esce dal contesto di regolarità lipschitziano, i rapporti incrementali

|b(x) − b(y)| |x − y|

non sono più uniformemente limitati. Nella dimostrazione per il limite superiore per il funzionale Φδ(t), avremo a che fare di nuovo con rapporti

incrementali, ma saremo avvantaggiati dal fatto che essi compaiono sempre sotto il segno di integrale. Stime opportune possono essere fornite usando la classica funzione massimale.

La stima (1.6) fornisce un controllo dei rapporti incrementali con la funzione massimale della derivata. Abbiamo intenzione di sfruttare questa proprietà invece dell’assunzione Lipschitz nelle stime per Φδ.

(31)

2.2.1

Un limite superiore

Ora ricaviamo un limite superiore per Φδ, stima che ci consentirà di ottenere

i principali risultati di questo elaborato.

Partiamo sfruttando il fatto che X1 e X2 sono flussi Lagrangiani regolari.

Le seguenti stime si basano sulla regolarità W1,p (p > 1) dei campi di vettori b 1

e b2, e sulle costanti di compressibilità dei flussi Lagrnagiani regolari. Notiamo

anche che, se x ∈ BR, allora Xi(t, x) ∈ BR+T ||bi||∞ per ogni t ∈ [0, T ].

I seguenti calcoli possono essere giustificati usando la definizione di flussi Lagrangiani regolari: la differenziazione del flusso rispetto al tempo da il campo di vettori (calcolato col flusso stesso), grazie alla condizione (i) della Definizione 2.2.1; la condizione (ii), invece, implica che tutti i cambi di variabile avranno una L davanti all’integrale. Stimiamo la derivata temporale di Φδ come segue: Φ0δ ≤ Z BR |b1(X1) − b2(X2)| δ + |X1− X2| dx ≤ Z BR |b1(X2) − b2(X2)| δ + |X1− X2| dx + Z BR |b1(X1) − b1(X2)| δ + |X1− X2| dx ≤ 1 δ Z BR |b1(X2) − b2(X2)| dx + Z BR min ( 2||b1||∞ δ ; |b1(X1) − b1(X2)| |X1− X2| ) dxL2 δ ||b1− b2||L1(BR+T ||b2||∞)+ Z BR min ( 2||b1||∞ δ ; C  M ∇b1(X1) + M ∇b1(X2) ) dx. (2.12) Nell’ultima disuguaglianza L2 è la costante di compressibilità di X2, ed

(32)

abbiamo usato la (1.6). Ora possiamo stimare Z BR M ∇b1(Xi) dx ≤ Li Z BR+T ||b1||∞ M ∇b1(x) dx ≤ C||M ∇b1||Lp ≤ C||∇b1||Lp.

Nell’ultima disuguaglianza abbiamo usato la (1.5). La costante C dipende da Li, p, ||bi||∞, R e T . Con un po’ più di cura questa stima può essere

fatta localmente, così da dipendere solo dalla norma di ∇b1 su un insieme

compatto. Quindi, per un campo di vettori b1 ∈ W1,p con p > 1 deduciamo

Φ0δ(t) ≤ C

δ||b1− b2||L1x + C||∇b1||Lpx,

e così, poiché Φδ(0) = 0, abbiamo

Φδ(t) ≤

C

δ||b1− b2||L1t(L1x)+ C||∇b1||L1t(L p

x). (2.13)

mettendo insieme ciò con la (2.11) concludiamo Ld(B R∩ {|X1(t, ·) − X2(t, ·)| > γ})C δ log  1 + γ δ ||b1− b2||L1 t(L1x)+ C log  1 + γ δ ||∇b1||L1 t(L p x). (2.14)

Questa è la stima fondamentale, che ci permetterà di dedurre molti risultati di buona positura per il sistema di ODE.

2.2.2

Risultati di buona positura

Incominciamo con l’unicità, che è un’immediata conseguenza della (2.14). Teorema 2.2.1 (Unicità). Sia b un campo di velocità limitato appartenente

a L1(W1,p) per qualche p > 1. Allora il flusso Lagrangiano regolare associato

(33)

Dimostrazione. Dal momento che guardiamo al caso b = b1 = b2, la sti-ma (2.14) diventa: Ld(B R∩ {|X1(t, ·) − X2(t, ·)| > γ}) ≤ C log  1 + γ δ ||∇b||L1 t(L p x)

per ogni δ > 0 ed ogni R > 0. È sufficiente far tendere δ → 0.

Vediamo ora la stabilità del flusso, migliorando un po’ la stima (2.14).

Teorema 2.2.2 (Stabilità). Siano b1 e b2 due campi di velocità limitati e

appartenenti a L1(W1,p) per qualche p > 1. Siano X

1 e X2 i flussi Lagrangiani

regolari associati, rispettivamente, a b1 e b2, e denotiamo con L1 e L2 le

corrispondenti costanti di compressibilità dei flussi Lagrangiani. Allora, per

ogni t ∈ [0, T ], abbiamo

Z

BR

|X1(t, x) − X2(t, x)| dx ≤ C3(2C1| log(||b1− b2||L1)|−1+ (||b1− b2||L1)1/2)

≤ C| log(||b1− b2||L1)|−1.

Dimostrazione. Fissiamo un parametro η > 0 da definire in seguito. Usando

la disuguaglianza di Chebyshev possiamo trovare un insieme misurabile K ⊂

Br(0) tale che |Br(0) \ K| ≤ η e log 1 + |X1(t, x) − X2(t, x)| δ ! ≤ Φδ(t) η per ogni x ∈ K,

e, ricordando la stima (2.13) (con ||b1 − b2||L1

t(L1x) = δ) si ha log 1 + |X1(t, x) − X2(t, x)| δ ! ≤ C1 η

dove la costante C1 dipende da t, R, ||b1||∞, ||b2||∞, L1, L2, e ||∇b1||L1

t(L p x).

(34)

Quindi possiamo stimare Z BR |X1(t, x) − X2(t, x)| dx ≤ ≤ η||X1(t, ·)||L(BR)+ ||X2(t, ·)||L(BR)  + Z K |X1(t, x) − X2(t, x)| dx ≤ ηC2+ cdRdδ(exp(C1/η)) ≤ C3(η + δ exp(C1/η)), (2.15) con C1, C2e C3che dipendono solo da T , r, ||b1||∞, ||b2||∞, L1, L2, e ||∇b1||L1

t(L p x).

Senza perdere in generalità possiamo assumere δ < 1 (ricordando che abbia-mo assunto δ = ||b1− b2||L1

t(L1x)). Ponendo η = 2C1| log δ|

−1 = −2C

1(log δ)−1,

otteniamo exp(C1/η) = δ−1/2. Quindi, possiamo concludere

Z BR |X1(t, x) − X2(t, x)| dx ≤ ≤ C3(2C1| log(||b1− b2||L1 t(L1x))| −1+ ||b 1− b2||1/2L1 t(L1x)) ≤ C| log ||b1− b2||L1 t(L1x)| −1 , (2.16)

dove C dipende solo da t, R, ||b1||∞, ||b2||∞, L1, L2, e ||∇b1||L1

t(L p x).

Osservazione 2.2.1 (Compattezza). Applichiamo il Teorema 2.2.2 ai flussi

X(t, x) = X1(t, x) e X(t, x + h) − h = X2(t, x) relativi ai campi di velocità

b1(t, x) = b(t, x) e b2(t, x) = b(t, x + h), dove h ∈ Rd è fissato. Otteniamo,

così:

||X(t, ·) − X(t, · + h) − h||L1 ≤ C| log(||b(t, x) − b(t, x + h)||)|L1|−1 ≤

C

(35)

Quindi abbiamo un controllo uniforme sugli spostamenti nello spazio, e

possiamo dedurre un risultato di compattezza applicando il Teorema 1.1.2.

La compattezza è la proprietà chiave per dimostrare l’esistenza del flusso Lagrangiano regolare associato ad un campo di vettori limitato b ∈ L1

t(Wx1,p).

Teorema 2.2.3 (Esistenza). Sia b un campo di velocità limitato appartenente

a L1

t(Wx1,p) per qualche p > 1 e tale che div b ∈ L

. Allora esiste un flusso

Lagrangiano regolare associato a b.

Dimostrazione. È sufficiente regolarizare b per convoluzione ed applicare il

risultato precedente.

2.2.3

Una regolarità debole

Sappiamo che per campi vettoriali lipschitziani il flusso eredita la regolarità rispetto alla variabile spaziale: x → X(t, x) è Lipschitz, con costante di Lipschitz che dipende esponenzialmentedal tempo e dalla costante di Lipschitz del campo di vettori (scrivere la (2)). Vogliamo ottenere un simile risultato per campi di vettori con regolarità di tipo Sobolev. Per far ciò consideriamo il funzionale Ψδ, strettamente correlato al funzionale Φδ(t) in (2.14),

Ψ(X) = sup 0≤t≤T sup r>0 Z B(x,r) − log 1 + |X(t, x) − X(t, y)| r ! dy L1 x(BR) , (2.17) dove R > 0 è fissato.

(36)

Vogliamo ottenere un limite superiore per il funzionale Ψ(X). Incomincia-mo differenziando rispetto al tempo l’integrale

d dt Z B(x,r) − log 1 + |X(t, x) − X(t, y)| r ! dy ≤ Z B(x,r)|b(X(t, x)) − b(X(t, y))| |X(t, x) − X(t, y)| dy ≤ C Z B(x,r)(M ∇b(X(t, x)) + M ∇b(X(t, y))) dy = CM ∇b(X(t, x)) + C Z B(x,r)(M ∇b(X(t, y)) dy, dove, nell’ultima disuguaglianza, abbiamo usato la (1.6).

Integrando rispetto al tempo

Z B(x,r) − log 1 + |X(t, x) − X(t, y)| r ! dy ≤ ≤ C Z t 0 M ∇b(X(s, x)) ds + C Z t 0 Z B(x,r)(M ∇b(X(s, y)) dy, ds. Prendendo il sup su 0 ≤ t ≤ T e su r > 0 deduciamo

Ψ(X) ≤ C Z BR Z T 0 M ∇b(X(s, x)) ds dx + C Z BR Z T 0 M (M ∇b(X(s, y)) ds dx = C Z T 0 Z BR M ∇b dx ds + C Z T 0 Z BR M (M ∇b(X(s, y)) dx ds ≤ C||∇b||L1 T(L p x)+ C Z T 0 ||∇b||Lpds ≤ C||∇b||L1 T(L p x), (2.18) nella penultima disuguaglianza è stata usata la stima (1.5), e la costante

C dipende solo dal limite su b e dalla costante di compressibilità del flusso

(37)

Ora utilizziamo la disuguaglianza di Chebyshev. Otteniamo l’esistenza di un insieme K ⊂ BR con Ld(BR\ K) ≤ η tale che

sup 0≤t≤T sup r>0 Z B(x,r) − log 1 + |X(t, x) − X(t, y)| r ! dy ≤ Ψ η

per ogni x ∈ K, r > 0, e per ogni 0 ≤ t ≤ T . Applichiamo questo per ottenere la stima Lipschitz per il flusso Lagrangiano regolare X. Siano x ed x0 due punti di K, e poniamo r = |x − x0|. Definiamo

Cx,x0 = B(x, r) ∩ B(x0, r).

Notiamo che Ld(C

x,x0) = cdrd, per una costante dimensionale positiva cd.

Possiamo stimare log 1 + |X(t, x) − X(t, x 0)| r ! = Z Cx,x0 − log 1 + |X(t, x) − X(t, x 0)| r ! dy ≤ Z Cx,x0 − log 1 + |X(t, x) − X(t, y)| r ! dy + Z Cx,x0 − log 1 + |X(t, x 0) − X(t, y)| r ! dy ≤ C Z B(x,r) − log 1 + |X(t, x) − X(t, y)| r ! dy + C Z B(x,r) − log 1 + |X(t, x 0) − X(t, y)| r ! dyC||∇b||L1T(L p x) η .

Come conseguenza otteniamo

|X(t, x) − X(t, x0)| ≤ |x − x0| exp C||∇b|| L1 T(L p x) η 

per ogni x ed x0 appartenenti a K, cioè

Lip X(t, ·)|K ≤ exp C||∇b|| L1 T(L p x) η  . (2.19)

(38)

2.3

La congettura di Bressan

Possiamo riscrivere la Definizione 3.1.4 per il mixing nel seguente modo:

Definizione 2.3.1. Sia K = R2/Z2 = T2. Fissiamo delle coordinate x =

(x1, x2) ∈ [0, 1[×[0, 1[ su K e consideriamo il seguente insieme

A = {(x1, x2) : 0 ≤ x2 ≤ 1/2} ⊂ K.

Sia b : [0, 1] × K → R2 un campo di velocità dipendente dal tempo. Denotiamo

come al solito con X(t, x) il flusso associato a b e con Φ : K → K il valore

del flusso al tempo t = 1. Assumiamo che il flusso sia quasi incomprimibile,

cioè che per qualche k0 > 0 abbiamo

k0|Ω| ≤ |X(t, Ω)| ≤ 1

k0|Ω| (2.20)

per ogni Ω ⊂ K ed ogni t ∈ [0, 1]. Per un fissato 0 < k < 1/2 diciamo che Φ

mescola l’insieme A fino alla scala  se per ogni palla B(x) si ha

(39)

Azione del flusso X sull’insieme A.

Allora è data la seguente congettura (vedi [4]).

Congettura 2.3.1 (Congettura di Bressan). Sotto le ipotesi precedenti esiste

una costante C dipendente solo da k e k0 tale che, se Φ mescola l’insieme A

fino alla scala , allora

Z 1

0

Z

K

|∇b| dx dt ≥ C| log | per ogni 0 <  < 1/4.

Utilizzando i risultati fin qui esposti è possibile dimostrare il seguente teorema.

Teorema 2.3.1. Sia p > 1. Sotto le precedenti ipotesi esiste una costante C

(40)

, allora

Z 1

0

||∇b||Lp(K)dt ≥ C| log | per ogni 0 <  < 1/4.

Dimostrazione. Poniamo M = ||∇b||L1([0,1];Lp(K)) e A0 = K \ A. Ricordando

la (2.19), e notando che il flusso è limitato, poiché siamo nel toro, per ogni costante η > 0 possiamo trovare un insieme B, con |B| ≤ η, tale che

Lip(Φ−1|K\B) ≤ exp

CM

η



.

Poiché Φ, mescola l’insieme A fino alla scala , per ogni x ∈ A abbiamo

|B(Φ(x)) ∩ Φ(A0)| ≥ k|B(Φ(x))|. (2.21)

Definiamo

˜

A = {x ∈ A : B(Φ(x)) ∩ [Φ(A0) \ B] = ∅}.

Da questa definizione e dalla 2.21 abbiamo che per ogni x ∈ ˜A

|B(Φ(x)) ∩ B| ≥ k|B(Φ(x))|. (2.22)

Dalla (2.22) e dal teorema di ricoprimento di Besicovitch (Teorema 1.1.4) deducaimo che per una costante assoluta c, abbiamo

|Φ( ˜A)| ≤ c k|B| ≤

k .

Dalla condizione (2.20) deduciamo

| ˜A| ≤ kk0.

(41)

Quindi, sempre per la condizione (2.20)

|Φ−1(B)| ≤ |B|

k0 ≤

η k0,

possiamo scegliere η > 0, dipendente solo da k e k0, in modo che

| ˜A| + |Φ−1(B)| ≤ 1 6.

Ciò implica l’esistenza di un punto ¯x ∈ A \ [ ˜A ∪ Φ−1(B)] con dist(¯x, A0) ≥ 1/6.

Sia ¯y = Φ(¯x). Poiché ¯x /∈ ˜A, possiamo trovare un punto ¯z ∈ By)∩[Φ(A0)\B].

Chiaramente abbiamo |¯y − ¯z| ≤  e (poiché Φ−1(z) ∈ A0) abbiamo anche

x − Φ−1(¯z)| ≥ 1/6.

Poiché ¯y, ¯z /∈ B, possiamo applicare la (2.19) 1 6 ≤ Lip(Φ −1| K\B) ≤  exp(CM/η). Quindi M = ||∇b||L1([0,1];Lp(K)) ≥ 1 ηlog 1 6  .

Perciò possiamo trovare un 0 > 0 tale che

M ≥ 1

2η| log | per ogni 0 <  < 0.

Abbiamo così mostrato la tesi per 0 <  < 1/4. Infatti, supponiamo che la tesi sia falsa. Allora possiamo trovare una successione {bh} di campi di

vettori ed una successione {h} con 0 < h < 1/4 in modo che

||∇bh||L1([0,1];Lp(K))

1

h| log h| ≤

1

(42)

A meno di estrarre una sottosuccessione possiamo supporre che h → ¯

e che Φh → Φ fortemente in L1(K). Per questo applichiamo il risultato di

compattezza ottenuto nel capitolo 2, notando che la (2.20) dà un controllo uniforme sulle costanti di compressibilità dei flussi e che non è necessaria nessun’altra assunzione sul comportamento dei campi poiché siamo sul toro. Ora notiamo che la proprietà di mixing è stabile rispetto alla convergen-za forte: ciò significa che Φ mescola fino alla scala ¯ ≤ 1/4. Ma poiché

||∇b||L1([0,1];Lp(K)) → 0, deduciamo che Φ è nient’altro che una traslazione su

K, quindi non è possibile mescolare l’insieme A fino ad una scala più piccola

(43)

Capitolo 3

Costruzione di esempi che

realizzano il mixing

3.1

Definizioni introduttive

In questo capitolo lavoreremo nel caso bidimensionale. Tuttavia, tutte le definizioni ed i risultati possono essere estesi al caso di spazi di più alta dimensione. Considereremo l’intero piano R2 ed il toro due-dimensionale

T2 := R2/Z2. La trasformata di Fourier di una distribuzione temperata

f ∈ S0(R2) è denotata con ˆf . Data una distribuzione f ∈ D0

(T2), per k ∈ Z2,

denotiamo con ˆf (k) il suo k-esimo coefficiente di Fourier.

Introduciamo gli spazi di Sobolev omogenei, cruciali per la definizione di mixing.

(44)

una distribuzione f ∈ D0(T2) sul toro appartiene allo spazio ˙Hs(T2) se ||f ||2H˙s(T2) = X k∈Z2 |k|2s| ˆf (k)|2 < ∞. Se f ∈ S0(R2), f ∈ ˙Hs(R2) se ˆf ∈ L1loc(R2) e se ||f ||2 ˙ Hs(R2) = Z R2 |ξ|2s| ˆf (ξ)|2dξ < ∞.

Definizione 3.1.2 (Spazi di Sobolev omogenei ˙Ws,p). Diciamo che una

distribuzione f ∈ D0(T2) sul toro appartiene allo spazio ˙Ws,p(T2) se

X

k∈Z2

|k|s| ˆf (k)|eikx ∈ Lp

(T2), (3.1)

ed indichiamo con ||f ||W˙s,p(T2) la norma Lp(T2) della funzione in (3.1). Se

f ∈ S0(R2), f ∈ ˙Ws,p(R2) se ˆf ∈ L1

loc(R2) e se

F−1(|ξ|sf (ξ)) ∈ Lˆ p(R2), (3.2)

ed indichiamo con ||f ||W˙s,p(R2) la norma Lp(R2) della funzione in (3.2).

La condizione che ˆf ∈ L1loc(R2) garantisce che questa quantità sia una norma.

Proprietà 3.1.1. Dato λ > 0, poniamo

fλ(x) = f

x

λ



.

Se f è definita sul toro, e se 1/λ è un intero, allora la funzione fλ è ben

definita sul toro e si ha

||fλ||W˙s,p(T2)= λ

−s||f || ˙

(45)

Se f è definita sul piano, allora la funzione flambda è ben definita per ogni λ > 0 e si ha ||fλ||W˙s,p(R2) = λ 2 p−s||f || ˙ Ws,p(R2). (3.4)

A questo punto possiamo definire il concetto di mixing, sia dal punto di vista funzionale che geometrico.

Definizione 3.1.3 (Scala di mixing funzionale (si veda [8])). La scala di

mixing funzionale per la soluzione della (2.1) è ||µt||H˙−1(T2).

La scelta dell’esponente −1 è conveniente da un punto di vista fisico in quanto la norma in ˙H−1 scala come una lunghezza.

Definizione 3.1.4 (Scala di mixing geometrica (si veda [4])). Dato 0 < k < 1,

la scala di mixing geometrica per la soluzione della (2.1) è il minimo (t) fra

tutti gli  > 0 tale che per ogni x ∈ T2 si ha

1 ||µt||∞ − Z B(x) µt(y) dy ≤ k.

Questa definizione richiede che la media della soluzione µt su ogni palla

di raggio (t) sia essenzialmente zero.

Le due definizioni appena esposte per non essendo equivalenti sono strettamente correlate (vedi [10] o [1]).

3.2

Un primo esempio

In questo capitolo costruiremo un esempio di mixing ottimale di una soluzione per la (2.1) sotto l’azione di un flusso incomprimibile, in particolare

(46)

analizze-remo i tassi di decadimento nel tempo sotto un mixing di tipo self-similar, cioè assumiamo che la soluzione subisca un’evoluzione costruita partendo da un passo base e successivamente, ad ogni successivo intervallo temporale, viene riscalata in porzioni dello spazio sempre più piccole.

L’equazione (2.1) preserva tutte le norme Lp della soluzione. Tuttavia è

possibile per la soluzione µt della (2.1) convergere a 0 debolmente. Infatti,

l’annullarsi della norma di Sobolev omogenea negativa ˙H−1 di µtè equivalente

alla convergenza di µt a 0 debolmente in L2 (vedi [9]).

Diremo che un flusso mixa in modo ottimale se raggiunge il più grande tasso di decadimento nel tempo per la norma ˙H−1 di µt.

Consideriamo l’equazione (2.1). Come campo di vettori scegliamo

b(t, x1, x2) =            (12, 0) se [2x2] è disapri, (0, 0) se [2x2] è pari, t ∈ [0, 1], mentre per n ≥ 1, b(t, x1, x2) =            (0, 1 2n, ) per [2 n+1x 1] disapri, (0, 0) per [2n+1x 1] pari, t ∈]2n − 1, 2n], b(t, x1, x2) =            (2n+11 , 0) per [ 1 2 + 2 nx 2] pari, (0, 0) per [1 2 + 2 nx 2] disapri, t ∈ [2n, 2n + 1],

(47)

3.3

Secondo esempio

Ora esponiamo un secondo esempio di mixing presentato in [1]. Sia s ≥ 0, e 1 ≤ p ≤ ∞, assuiamo:

Assunzione 3.3.1 (Passo base). Esiste un campo di velocità b0 e una (non

identicamente nulla) soluzione µ0 di (2.2) entrambi definiti per 0 ≤ t ≤ 1 e

x ∈ T2, tali che:

• b0 è limitato uniformemente nel tempo in Ws,p(T2) ed è a divergenza

nulla;

• µ0 è limitata ed ha media zero;

• esiste λ, una costante positiva, con 1/λ un intero più grande o uguale

di 2, tale che µ0(1, x) = µ0  0,x λ  .

Introduciamo, ora, una definizione che tornerà utile nel seguito.

Definizione 3.3.1. • Dato λ > 0, con 1/λ intero, denotiamo con Tλ il

(48)

in T2 della forma

{(x, y) ∈ T2 : kλ < x < (k + 1)λ e hλ < y < (h + 1)λ},

per k, h = 0, . . . , 1/λ − 1.

• Denotando con Q il quadrato aperto unitario (−1/2, 1/2)2

⊂ R2 il

tassellamento Tλ di Q è definito analogamente. Dato ogni quadrato

Q ∈ Tλn, denotiamo con rQ il suo centro, in maniera tale da avere

Q = λnQ + rQ.

Costruzione 3.3.1. Fissiamo un parametro positivo τ (da determinare in

seguito). Per ogni intero n = 1, 2, . . . e per ogni t ∈ [0, τn] poniamo

bn(t, x) = λn τnb0  t τn, x λn  , µn(t, x) = µ0  t τn, x λn  .

Osserviamo che µn è una soluzione della (2.1) corrispondente al campo di

velocità bn. Inoltre, grazie al terzo punto dell’assunzione

µn(τn, x) = µn+1(0, x). (3.5) Poniamo b(t, x) = bn(t − Tn, x), µ(t, x) = µn(t − Tn, x) per Tn ≤ t < Tn+1, e n = 1, 2, . . . , dove Tn= n−1 X i=0 τi, per n = 1, 2, . . . , ∞.

Osserviamo che b e µ sono definiti per 0 ≤ t < T. Usando la (3.3) possiamo

calcolare ||bn(t, ·)||W˙s,p(T2) = λ1−s τ n ||b0(t/τn, ·)||W˙s,p(T2)

(49)

Se poniamo τ = λ1−s, la formula precedente ci dice che b è limitato in ˙Ws,p(T2)

uniformemente nel tempo. Inoltre,

||µn(t, ·)||H˙−1(T2) = λn||µ0(t/τn, ·)||H˙−1(T2)≤ M λn,

dove

M = sup

0≤t≤1

||µ0(t, ·)||H˙−1(T2).

Questo può essere scritto come

||µ(t, ·)||H˙−1(T2)≤ M λn, per Tn ≤ t < Tn+1. (3.6)

Ora possiamo considerare tre differenti scenari:

1. s < 1, allora τ = λ1−s < 1. In questo caso T

∞ è finito e

||µ(t, ·)||H˙−1(T2) → 0,

per t → T∞. Cioè abbiamo mixing perfetto in tempo finito;

2. s = 1, allora τ = 1. In questo caso T= ∞ e Tn = n, di conseguenza

la disuguaglianza t < Tn+1 nella (3.6) diventa t − 1 < n. Quindi la

stima nella (3.6) da il seguente decadimento esponenziale per la scala di mixing funzionale:

||µ(t, ·)||H˙−1(T2) ≤ M λt−1;

3. s > 1, allora τ > 1. In questo caso, T∞= ∞ e

Tn=

τn− 1

τ − 1 =

λ(1−s)n− 1

(50)

In questo caso la stima nella (3.6) da il seguente decadimento polino-miale: ||µ(t, ·)||H˙−1(T2) ≤ M [1 + t(λ1−s− 1)]− 1 s−1 λ ' C(M, λ, s)t − 1 s−1.

Pertanto sotto l’Assunzione 3.3.1 vale

Teorema 3.3.1. Dato s ≥ 0 e 1 ≤ p ≤ ∞, esiste un campo di velocità b a

divergenza nulla ed una soluzione debole µ della (2.1), tali che b è limitato in

˙

Ws,p(T2) uniformemente nel tempo, e la scala di mixing funzionale per µ ha

il seguente comportamento dipe)ndente da s:

1. s < 1: mixing perfetto in tempo finito;

2. s = 1: decadimento esponenziale;

3. s > 1: decadimento polinomiale.

Infatti, tutte le norme omogenee negative di Sobolev ||µ(t)||H˙−r (con r > 0)

avrebbero lo stesso comportamento, con la sola differenza nella costante per il decadimento esponenziale e l’esponente per il decadimento polinomiale, che dipende da r.

Il seguente lemma prove che anche la scala di mixing geometrico (t) ha lo stesso comportamento della scala di mixing funzionale.

Lemma 3.3.1. Sia µ una funzione limitata tale che

Z

(51)

per ogni quadrato Q ∈ Tλn. Allora la scala di mixing geometrico di µ è minore

o uguale di

4√2λn

k . (3.8)

Dimostrazione. Fissiamo B(x) una palla arbitraria. Usando la (3.7) possiamo

stimare 1 ||µ||∞ Z B(x) µ dy ≤ 1 ||µ||∞ X Q∈Tλn Q∩∂B(x)6= ≤ 1 ||µ||∞ Z B+2λn(x)\BB−2λn |µ| dy ≤ π[( +2λn)2− ( −2λn)2] = 4√2πλn. Quindi 1 ||µ||∞ Z B(x) µ dy ≤ 4 √ 2λn  ,

e la quantità a destra della disuguaglianza è minore o uguale di k per ogni  maggiore o uguale della quantità in (3.8).

Osservazione 3.3.1. Sotto l’Assunzione 3.3.1, la costruzione descritta

prece-dentemente assicura la regolarità di tipo Sobolev del campo di velocità rispetto

alla variabile spaziale, uniformemente nel tempo. Non è provata una regolarità

rispetto alla variabile temporale.

Infatti, nell’esempio presentato, il campo di velocità è liscio a tratti rispetto

ad entrambe le variabili spaziale e temporale. Se il campo di velocità è liscio

rispetto al tempo su due intervalli temporali contigui, e se è possibile estenderlo

(52)

bordo dei due intervalli può essere eliminata. È sufficiente sostituire in ogni

intervallo b e µ con

˜

b(t, x) = η0(t)b(η(t), x), µ(t, x) = µ(η(t), x),˜

dove η è una funzione liscia, crescente, suriettiva in ogni intervallo e costante

in ogni intorno (sinistro o destro) di ogni punto finale dell’intervallo. È

immediato che ˜µ risolve la (2.1) con il campo di velocità ˜b, che ˜b è liscio

sull’unione delle chiusure di due intervalli temporali, e che il valore della

soluzione negli estremi di entrambi gli intervalli non cambia.

Ora mostreremo che dato un insieme regolare E nel piano che evolve in maniera Cnel tempo, possiamo costruire un campo di velocità b liscio, a divergenza nulla, tale che la funzione carattaristica di E risolve la(2.1) associata a µ. Con questo risultato sarà possibile costruire un esempio di mixing perfetto.

Prima di ciò dimostriamo il seguente Lemma

Lemma 3.3.2. Sia Γ il supporto di una curva e v una funzione su Γ, entrambe

di classe Ck con k ≥ 2. Dato un numero positivo ¯r ed un sotto arco compatto

G di Γ, contente il supporto di v, assumiamo che

Z

Γ

v dσ = 0. (3.9)

Allora esiste un campo di velocità b a divergenza nulla su R2 di classe Ck−2,

la cui componente normale su Γ, cioè b · η, si comporta come v, ed ha supporto

(53)

Dimostrazione. Consideriamo il caso in cui il dominio della curva sia R. Il

caso in cui sia T1 è simile. È sufficiente, per dimostrare il Lemma, trovare un

potenziale φ : R2 → R di classe Ck−1 e tale che abbia il supporto contenuto

in B(G, ¯r) e che

∂tφ = v su Γ, (3.10)

dove τ è il vettore tangente a Γ. Dopodiché si conclude ponendo b = −∇φ.

Sia γ : R → R2 una curva con sostegno Γ. Per costruire φ scegliamo

• un punto x0 = γ(s0) ∈ Γ e, se G è un sotto arco proprio di Γ, richiediamo

inoltre che x0 non appartenga a G;

• una funzione liscia g : R → R con supporto contenuto in [−1/2, 1/2] tale che g(0) = 1;

• un numero 0 < r < ¯r più piccolo del raggio tubolare di Γ.

Ora consideriamo il diffeomorfismo Ψ : R × (−r, r) → B(Γ, r) definito nella (1.7), e per ogni x = Ψ(s, y) ∈ B(Γ, r), poniamo

φ(x) = φ(Ψ(s, y)) := g(y/r)

Z s

s0

v(γ(s0))| ˙γ(s0)| ds0. (3.11)

Se x appartiene a Γ allora x = γ(s) = Ψ(s, 0), e di conseguenza φ(x) è l’integrale di v lungo il sotto arco (orientato) di Γ da x0 a x. Perciò la

restrizione di φ a Γ è una primitiva di v, e di conseguenza soddisfa la (3.10). Ora la (3.11) ci dice che se φ ◦ Ψ è una funzione di classe Ck su R × (−r, r)

con supporto contenuto in R × [−r/2, r/2], e poiché Ψ è un diffeomorfismo di classe Ck−1 e mappa R × [−r/2, r/2] nella chiusura di B(Γ, r/2), deduciamo

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