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Efficacia e sicurezza di Adalimumab in una coorte di pazienti con spondiloartrite assiale non radiografica

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Academic year: 2021

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SEDE AMMINISTRATIVA UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA SEDE AGGREGATA UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SIENA

__________________

SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN REUMATOLOGIA

EFFICACIA E SICUREZZA DI ADALIMUMAB IN UNA COORTE

DI PAZIENTI CON SPONDILOARTRITE ASSIALE NON

RADIOGRAFICA

Relatore:

Prof. Mauro Galeazzi

Coordinatore della sede aggregata di Siena:

Prof. Mauro Galeazzi

Direttore della Scuola di Specializzazione:

Prof.ssa Ombretta Di Munno

Candidato:

Dr.ssa Maria Giuseppina Brizi

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Sommario

1. LE SPONDILOARTRITI _________________________________________________ 2 1.1 CRITERI CLASSIFICATIVI _____________________________________________________ 2 1.2 EPIDEMIOLOGIA __________________________________________________________ 7 1.3 EZIOPATOGENESI __________________________________________________________ 8 1.4 ANATOMIA PATOLOGICA __________________________________________________ 10 1.5 MANIFESTAZIONI CLINICHE ________________________________________________ 11

1. 5.a. Manifestazioni articolari ________________________________________________________ 11 1. 5.b. Manifestazioni extra- articolari __________________________________________________ 16

1.6 ITER DIAGNOSTICO _______________________________________________________ 19 1.6.a Manovre semeiologiche __________________________________________________ 19

1.6.b Indagini di laboratorio __________________________________________________________ 21 1.6.c. Indagini strumentali ____________________________________________________________ 21

1.7 MISURE DI OUTCOME _____________________________________________________ 30 2. SPONDILOARTRITI ASSIALI NON RADIOGRAFICHE _________________________ 32

2.1 EPIDEMIOLOGIA _________________________________________________________ 32 2.2 DECORSO E PROGNOSI ____________________________________________________ 32 2.3 CARATTERISTICHE CLINICHE ________________________________________________ 33 2.4 CARATTERISTICHE ALLA RISONANZA MAGNETICA ______________________________ 34 2.5 TERAPIA ________________________________________________________________ 37 3. PARTE SPERIMENTALE _______________________________________________ 43

3.1 SCOPO DELLO STUDIO _____________________________________________________ 43 3.2 PAZIENTI E METODI _______________________________________________________ 43 3.3 ANALISI STATISTICA _______________________________________________________ 45 3.4 RISULTATI_______________________________________________________________ 46 3.5 DISCUSSIONE ____________________________________________________________ 47 3.6 CONCLUSIONI ___________________________________________________________ 49 4. BIBLIOGRAFIA ______________________________________________________ 51

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1. LE SPONDILOARTRITI

Le spondiloartriti (SpA) o entesoartriti sono un gruppo di patologie infiammatorie articolari, tra loro correlate per la condivisione di quadri anatomopatologici, clinici, sierologici e radiologici comuni il cui aspetto caratterizzante è l’entesite, ovvero l’interessamento flogistico delle inserzioni tendinee, fibrose e fibrocartilaginee sulla superficie ossea. Con il termine spondilo-entesoartrite viene sottolineato il tipico interessamento di queste patologie a carico del rachide, delle entesi e delle articolazioni periferiche. Gli aspetti comuni più caratteristici di queste malattie sono rappresentati da:

1. sieronegatività cioè assenza del fattore reumatoide 2. assenza di noduli reumatoidi

3. artrite infiammatoria asimmetrica 4. sacroileite

5. manifestazioni extra articolari (cutanee, oculari, mucose, uretrite, cervicite, tromboflebiti, enteropatiche , polmonari, etc…)

6. familiarità per psoriasi, sacro ileite, spondilite, uveite, enterite e sindrome di reiter

1.1 CRITERI CLASSIFICATIVI

La Spondilite Anchilosante (SA) è considerata la forma più tipica e potenzialmente grave di SpA. Questo gruppo di patolgie, tuttavia, comprende altre varianti di malattia differenziate secondo la Società Italiana di Reumatologia (SIR) in base all’impegno articolare ed extra-articolare (Tab.1) (1). Nelle fasi d’esordio delle SpA, non è sempre agevole differenziarle tra loro perchè sono molti gli aspetti clinici in comune. Sono state proposte negli anni diverse classificazioni delle SpA tra le quali quella dell’European Spondyloarthropathy Study Group (ESSG) nel 1991 basata sugli aspetti clinici della malattia (Tab 2), con un’alta specificità e sensibilità, ma non sufficiente a classificare pazienti con manifestazioni isolate (artrite periferica, dattilite, entesite o rachialgia imfiammatoria). Secondo questa classificazione un paziente può essere definito come affetto da spondiloartriti se presenta: almeno uno dei due criteri maggiori e uno dei criteri minori con una sensibilità e specificità dell’87% in presenza di sacroileite e una sensibilità del 77% e specificità del 89% in assenza di sacroileite (2). Altri criteri classificativi ancora

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3 di un certo valore clinico per le SpA sono i criteri di Amor (Tab 3) (3). Questa classificazione ha il vantaggio rispetto a quella dell’ESSG di poter individuare anche SpA in forma indifferenziata, ma non è in grado di includere pazienti con manifestazioni isolate, poichè nessun criterio raggiunge il punteggio minimo di 6.

Per moltissimo tempo sono stati utilizzati i criteri di New York modificati per la SA (4) come entità a sè stante. La malattia è definita in caso di presenza del criterio radiologico (criterio 4) più almeno un criterio clinico (criteri 1-3) (Tab 4). Recentemente i criteri di New York sono stati aggiornati e sostituiti nella pratica clinica con i nuovi criteri ASAS del 2009 per le forme di spondiloartrite assiale (Tab 5) (5,6) e del 2011 per le forme di spondiloartrite ad interessamento periferico. (Tab 6) (7)

Tab. 1 - Classificazione delle SpA secondo la SIR (1999)

I. Spondilite anchilosante II. Artrite psoriasica

III. Artrite enteropatiche (associata a malattia di Crohn o colite ulcerosa) IV. Artriti reattive

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4 Tab. 2 - Criteri diagnostici delle SpA secondo l’ESSG (1991). Da: Dougados M et al Arthritis Reum 1991; 34:1218-27

CRITERI MAGGIORI

1. Dolore infiammatorio rachideo (cervicale, dorsale o lombare) con almeno 4 delle seguenti caratteristiche:

a) durata superiore a 3 mesi b) esordio insidioso

c) associato a rigidità mattutina d) miglioramento con il movimento

e) insorto in soggetti di età inferiore ai 40 anni. 2. Artrite asimmetrica localizzata soprattutto agli arti inferiori

CRITERI MINORI

1. Presenza di una familiarità per Artrite Psoriasica, spondilite anchilosante, artrite reattiva, uveite anteriore e malattie infiammatorie croniche intestinali.

2. Psoriasi (pregressa o presente diagnosticata da un medico)

3. Malattia infiammatoria intestinale (Morbo di Crohn o colite ulcerosa pregressa o presente diagnosticata da un medico e confermata con radiografia o endoscopia)

4. Dolore alternante a sede glutea

5. Uretrite o cervicite (non gonococcica) o diarrea acute (entro un mese dall’insorgenza dell’artrite)

6. Entesite (passata o presente a livello del tendine d’ Achille o del tendine plantare) 7. Sacro ileite (grado 2 se bilaterale o grado superiore a 3 se monolaterale)

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5 Tab. 3 - Criteri Classificativi delle SpA secondo Amor

Sintomi clinici o storia di Punteggio

a) Dolore notturno e/o rigidità mattutina del rachide lombare o dorsale

1 b) oligoartrite asimmetrica 2 c) dolore gluteo mal localizzato ed alternante 1 d) dolore gluteo alternante 2 e) dita delle mani o dei piedi “a salsicciotto 2 f) talalgia o altra entesopatia ben definita 2

g) uveite 2

h) uretrite non gonococcica o cervicite entro un mese dall’esordio dell’artrite 1 i) diarrea acuta entro un mese dall’esordio dell’artrite 1 j) psoriasi e/o balanite e/o malattia infiammatoria

intestinale in atto o pregressa

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Reperti radiologici

k) sacroileite (stadio 2 o più se bilaterale, stadio 3 o più se unilaterale)

2

Predisposizione genetica

l) positività dell’antigene HLA-B27 e/o storia familiare di spondilite anchilosante, artrite reattive, psoriasi, uveite o malattia infiammatoria cronica.

2

Risposta al trattamento

m) miglioramento del dolore entro 48 ore

dall’assunzione di un FANS e/o rapida(48 ore) ricomparsa dopo la sospensione.

2

Tab. 4 - Criteri classificativi per la SA (criteri di New York Modificati)

1. Lombalgia di durata superiore a 3 mesi che recede con il movimento e non migliora con il riposo

2. Limitazione funzionale del rachide lombare nel piano sagittale e frontale 3. Ridotta espansione toracica corretta per sesso e età

4. Sacro-ileite bilaterale di grado 2-4 o monolaterale di grado 3-4

Spondilite anchilosante definita in caso di presenza del criterio radiologico (criterio 4) più almeno un criterio clinico (1-3)

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6 Tab. 5 - Nuovi criteri ASAS per la diagnosi delle SpA assiali ( in pazienti con dolore lombare >=3mesi ed età all’esordio <45 anni)

Tab. 6 criteri ASAS 2011 per la diagnosi delle SpA periferiche

Artrite o Entesite o Dattilite

1 o più delle seguenti 2 o più delle seguenti

 Psoriasi

 Malattia Infiammatoria cronica intestinale  Precedenti infezioni  HLA-B27  Uveiti  Sacroileite all’imaging (RX o RM)  Artriti  Entesiti  Dattiliti  Lombalgia Infiammatoria  Anamnesi familiare positiva per

Spondiloartrite Sacro-ileite confermata alla RM o Rx

+

almeno un criterio clinico per SpA oppure

HLA-B27 +

due o più criteri clinici per SpA

Criteri clinici per SpA sacroileite all’imaging

 Dolore lombare infiammatorio  Artrite

 Entesite  Uveite  Dattilite  Psoriasi

 M. di crohn / colite ulcerosa  Buona risposta ai FANS  Storia familiare di SpA  HLA-B27

 PCR aumentata

presenza di infiammazione attiva alla RMN,

altamente suggestivo di sacroileite associata a SpA

sacroileite definita all’RX secondo i criteri di New York modificati

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1.1b CLASSIFICAZIONE RADIOLOGICA DELLE SPONDILOARTRITI

Nell’ambito della diagnosi precoce delle SpA, negli ultimi anni è stata messa in evidenza la possibilità di identificare i pazienti affetti da tale patologia ancor prima che essa determini lesioni strutturali a carico del rachide e delle sacroiliache evidenziabili alla radiologia convenzionale. Pertanto, è di recente descrizione il concetto di SpA pre-radiografica, evidenziabile sulla base di criteri clinici e di reperti RM suggestivi di interessamento infiammatorio delle articolazioni sacroiliache, che allo stato attuale rappresentano la prima sede assiale coinvolta. Da qui la distinzione sul piano radiologico delle SpA in preradiografiche (nr-axSpA) e radiografiche (axSpA). In particolare, in base ai criteri ASAS del 2009, nell’ambito delle nr-axSpa possono essere inclusi tutti quei pazienti con caratteristiche cliniche compatibili con un quadro di spondiloartrite associate a reperti RM compatibili con infiammazione ossea a carico delle articolazioni sacroiliache o, in alternativa, positività per l’aplotipo HLA-B27 (Tab 5).

1.2 EPIDEMIOLOGIA

La prevalenza delle spondiloartriti nel mondo e in particolare in Europa non è la stessa (Tab 7) (8) perché questa dipende dalla frequenza nella popolazione della presenza dell’antigene B27. Una prevalenza molto alta la troviamo nella popolazione Haida degli indiani del Nord America dove la spondiloartriti sono malattia frequentissime e il fenotipo B27 è presente nel 50% della popolazione. In Europa e particolarmente nell’ Europa del sud, che comprende anche l’Italia, la frequenza del B27 è fra il 2 e il 6%. In Italia un recente studio condotto nelle Marche ha mostrato una prevalenza dell’1% per le SpA, tra le quali l’artrite psoriasica (ARPs) risulta la più frequente con una prevalenza pari allo 0.42%.

Tab. 7 - Prevalenza delle SpA in Europa (%)

ITALIA FRANCIA SVEZIA GERMANIA GRECIA ISLANDA

SpA 1.06 0.30 0.45 1.9 0.49

SA 0.37 0.08 0.86 0.24 0.13

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1.3 EZIOPATOGENESI

La precisa eziopatogenesi delle SpA non è ancora stata chiarita, ma l’ipotesi eziologica attualmente più accreditata rimane quella caratterizzata dalla stretta associazione tra fattori genetici e fattori ambientali. L’associazione genetica maggiormente significativa è quella con il complesso maggiore di istocompatibilità (MHC) che nell’uomo prende il nome di HLA. Si tratta di un gruppo di geni, localizzati nell’uomo sul cromosoma 6, che possono combinarsi a formare proteine espresse sulla membrane cellulari coinvolte nella risposta immunitaria oppure anche come molecole proteiche ad azione citochinica, come il Tumor Necrosis Factor alpha (TNFα) che rappresenta l’agente maggiormente coinvolto nell’infiammazione sistemica di queste malattie. L’aggregazione più stretta è con l’antigene di istocompatibilità HLA B27 presente in oltre il 90% dei soggetti affetti dalla malattia. L’HLA B27 si riscontra in circa il 7% della popolazione, ma soltanto il 5% dei soggetti portatori di tale allele sviluppano la malattia. Il rischio aumenta fino al 20% nei parenti di primo grado dei soggetti affetti, quindi appare chiaro il ruolo di una predisposizione genetica sulla quale agirebbe poi una noxa ambientale probabilmente infettiva: possiamo quindi ritenere che la malattia sia innescata da antigeni derivanti dalla proteolisi intracellulare di batteri con azione “artritogenica”. Tali antigeni presenterebbero un’omologia di sequenza (mimetismo molecolare) con peptidi self (forse derivante dalle cartilagini articolare e entesale) che, una volta presentati sulla superficie cellulare tramite l’interazione con molecole di istocompatibilità (HLA B27) attiverebbero cellule T cross-reattive che a loro volta innescherebbero un’autoreattività delle cellule T citotossiche. Una volta instauratosi il processo, un ruolo chiave nel mantenimento dell’infiammazione sembra essere svolto dal TNFα e interleuchina 6 (IL 6).

Vi sono numerose evidenze che suggeriscono un rapporto tra SpA e infezioni, e in particolare tra artrite reattiva e infezioni sostenute da batteri intracellulari facoltativi o obbligati. Tra queste vi è quella legata alla distribuzione geografica della malaria, presente da secoli soprattutto nei paesi del Sud Europa: pare che essa abbia esercitato dal punto di vista evolutivo una pressione negativa nei confronti dell’antigene HLA B27. L’infezione malarica sembra, infatti, colpire soprattutto gli individui B27 positivi contribuendo così alla loro eliminazione e questo spiegherebbe il minor numero di soggetti B27 positivi in queste regioni. Un’altra ipotesi di origine inglese è quella batterica immuno-mediata della

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9 SA, secondo la quale alcune sequenza amminoacidiche della superficie cellulare del batterio della Klebsiella sono simili a quelle dell’HLA B27: pertanto il sistema immunitario, nel corso di una semplice infezione sostenuta dal germe, riconoscerebbe come estranea sia la Klebsiella che successivamente anche il B27, che diventa pertanto bersaglio della risposta immunitaria.

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1.4 ANATOMIA PATOLOGICA

Come precedentemente detto, la maggior parte delle alterazioni patologiche scheletriche delle SpA possono essere spiegate dai cambiamenti che si attuano a carico delle entesi. Il termine di entesi osteotendinea è utilizzato per contrassegnare i settori nei quali i fasci di fibre più o meno ordinate dei legamenti intrinseci ed estrinseci, delle strutture miotendinee, delle capsule fibrose articolari, degli anelli fibrosi dei dischi intervertebrali, di aponeurosi, di retinacoli e di fascie muscolari ed interossee, si inseriscono nelle ossa scheletriche o sesamoidi. Nella sua etimologia greca, “entesi” significa, infatti, “punto di unione”: in realtà esse rappresentano delle zone di graduale trasformazione di un tessuto di origine mesenchimale di tipo connettivale fibroso in altro tessuto di origine mesenchimale, quello dello scheletro osseo. Anche le componenti fibrocartilaginee endoarticolari di forma pseudolegamentaria (es. legamento triangolare del polso), oppure di forma discale o meniscale, sono collegate al rigido scheletro osseo da “entesi osteofibrocartilaginee”. Le entesi non vanno considerate come dei semplici punti di aggancio allo scheletro rigido di muscoli e fasci fibrosi o di trasformazione delle formazioni connettivali in tessuto osseo. Esse rappresentano, invece, delle strutture ad elevata sensibilità, capaci di ricevere e trasmettere informazioni propriocettive fondamentali nella regolazione cibernetica e nel coordinamento funzionale degli atteggiamenti posturali e della motricità corporea. Un’altra importante funzione delle entesi è quella di comportarsi da segnalatori di allarme, a protezione della integrità delle articolazioni, dei tendini, dei legamenti e delle capsule fibrose articolari quando il movimento si fa troppo ampio o le trazioni troppo potenti. Nelle suddette condizioni scattano meccanismi neurogeni misti, riflessi e volontari, in grado di determinare contratture muscolari che bloccano per tempi più o meno prolungati l’attività di quei gruppi di muscoli che sono responsabili del movimento di quella o di quelle articolazioni. Per tale ragione, gli organi enteseali sono particolarmente ricchi di fibre nervose, di meccanocettori e di nocicettori. Il tratto istopatologico caratteristico delle SpA è l’entesite (Fig.1) nella cui sede si evidenziano inizialmente infiltrati di linfociti, plasmacellule, polimorfonucleati e condrociti. L’adiacente spazio midollare è interessato da fenomeni di tipo edematoso ed erosivo con impegno della corticale ossea dovuto ad un incremento dell’attività osteoclastica. Seguirà poi una fibrosi da metaplasia cartilaginea e

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11 proliferazione di tessuto osseo reattivo che sostituirà l’entesi fino alle successive fasi di erosione e neoformazione ossea (osteite).

Fig. 1 – Entesite (freccia). L’entesi è l’inserzione di legamenti, tendini o capsule articolari sull’osso. Esso è un organo che comprende i tendini adiacenti, il periostio e l’osso sottostante ai siti di inserzione. Lìentesite generalmente si associa a infiammazione e riassorbimento dell’osso subcondrale, proliferazione delle cellule entesali con formazione di nuovo osso ad evoluzione anchilosante.

1.5 MANIFESTAZIONI CLINICHE

Il quadro clinico è caratterizzato da manifestazioni articolari (spondilite, sacroileite, entesite e artriti periferiche) ed extra-articolari (cutanee, oculari, cardiache, polmonari, neurologiche, gastroenteriche, renali).

1.5.a. Manifestazioni articolari

Il tipico sintomo di presentazione della SpA è rappresentato da una lombalgia cronica e/o da un dolore gluteo “sciatica mozza” di tipo infiammatoria. È un dolore a esordio insidioso, profondo e mal definito monolaterale o alternante che poi diventa persistente e bilaterale; viene localizzato in sede sacroiliaca, a volte riferito vicino alla regione della cresta iliaca o del grande trocantere e che può irradiarsi sino alla regione posteriore della

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12 coscia, al cavo popliteo senza superare la metà prossimale del polpaccio (“sciatica mozza”), anche in maniera alterna (“sciatica mozza alterna o a bascula”). Questo dolore si associa a rigidità mattutina prolungata superiore a 30 minuti. Tuttavia è di grande importanza distinguere la lombalgia infiammatoria da quella meccanica o posturale (responsabile solo del 5% di tutte le lombalgie) (Tab. 8) secondo i criteri diagnostici per la lombalgia infiammatoria (Tab 9) (6).

Tab. 8 - Differenze tra lombalgia infiammatoria e meccanica

LOMBALGIA MECCANICA INFIAMMATORIA

Esordio Acuto Insidioso

Durata Anche breve Lunga

Età Da 15 a 90 anni < 40anni

Dolore notturno Più o meno apprezzabile Si

Rigidità mattutina Assente o di breve durata (<30 minuti)

Molto prolungata (>30 minuti)

Con il riposo Migliora Peggiora

Con il movimento Peggiora Migliora

Risposta ai fans + +++

Tab. 9 - Criteri diagnostici per la lombalgia infiammatoria In soggetti con lombalgia cronica cioè con:

 durata <3mesi

 esordio dei sintomi a un’età inferiore a 50anni,

il dolore può essere definito “infiammatorio” se sono presenti almeno 2 dei seguenti 4 criteri: 1. Rigidità mattutina di almeno 30 minuti

2. Miglioramento del dolore con il movimento e non con il riposo 3. Risveglio per via del dolore nella seconda metà della notte 4. Presenza di una sciatica mozza alternante

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13 L’interessamento delle sincondrosi sacroiliache può essere evidenziato semeiologicamente con la pressione diretta o con manovre dinamiche dirette o indirette che sollecitano l’articolazione.

Se due o più di queste manovre evocano dolore, è altamente possibile che sia presente una sacroileite. Sempre a livello del bacino è caratteristico il coinvolgimento della sinfisi pubica ed entesitico a livello delle creste iliache, delle branche ischiopubiche e dei trocanteri.

Può essere presente anche una rachialgia cervicale, prevalente nelle donne, sempre di tipo infiammatorio, migliorata dal movimento. Nelle fasi tardive della malattia, è presente una limitazione dei movimenti del collo legata ai possibili esiti anchilosanti.

Le manifestazioni assiali delle SpA sono spesso da condurre ad una esuberante produzione di tessuto calcificato che progressivamente si estende lungo i legamenti della colonna con formazione di ponti ossei, chiamati sindesmofiti, che fissano le vertebre adiacenti fino all’anchilosi. Tutto ciò può indurre varie manifestazioni cliniche determinate dall’impegno delle radici dei nervi spinali. In particolare, l’impegno del rachide dorsale e delle articolazioni della gabbia toracica (costo-vertebrali, sterno-costali, manubrio-sternale o sterno-clavicolari) possono essere responsabili di un dolore toracico che mima un’angina atipica o una pericardite. Un segno precoce all’esame obiettivo è la perdita della lordosi lombare con limitazione dei movimenti sul piano sagittale e frontale, mentre il progressivo irrigidimento del rachide con l’inversione della lordosi cervicale, l’accentuata cifosi dorsale e l’appiattimento della lordosi lombare determinano la tipica deformità posturale della malattia nel suo stadio tardivo da cui deriva la definizione “l’uomo che non guarda più il cielo” (Fig 2). Ne consegue che i classici segni semeiologici utilizzati nelle SpA assiali (segno della freccia, distanza occipite- muro, distanza trago-muro) sono di scarso aiuto nelle fasi precoci. Sempre nelle fasi tardive, possono presentarsi delle complicanze come le spondilodisciti (infiammazione della vertebra e dischi), le fratture secondarie a demineralizzazione ossea e la sublussazione atlo-epistrofea. Le fratture sono più frequenti a livello dorsale e cervicale e vanno sospettate in caso di dolore vertebrale in sedi prima silenti, durante particolari movimenti, in pazienti con anchilosi e osteoporosi (Fig.3). Le sublussazioni cervicali sono dovute ad instabilità secondaria al processo infiammatorio cronico.

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14 Fig. 2 – Deformità posturale in stadio avanzato di SA

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15 È possibile anche il coinvolgimento delle articolazioni coxofemorali (Fig. 4) con dolore riferito in regione inguinale e irradiato al ginocchio. Può essere precoce, quindi presente nei primi anni di malattia, talora simmetrico e rappresenta un fattore prognostico negativo potendo esitare spesso in anchilosi e necessità di protesizzazione precoce.

Fig. 4-Sacroileite e coxartrosi bilaterale in SA, a sinistra; sacroileite in fase iniziale con articolazioni coxofemorali sane, a destra.

L’artrite periferica delle SpA è presente in circa il 20-25% dei casi, ha carattere asimmetrico, colpisce prevalentemente gli arti inferiori, infatti le sedi più spesso interessate sono le ginocchia e le caviglie. Nell’ARPs l’impegno artritico delle articolazioni periferiche può presentarsi come un’oligoartrite asimmetrica con interessamento predominante delle interfalangee distali e dei tendini flessori ed estensori con la tipica lesione clinica definita dattilite con aspetto a “dito a salsicciotto” (Fig.5).

Fig. 5 - Dattilite e poliartrite simmetrica. La dattilite si manifesta con gonfiore omogeneo di un dito della mano o del piede per infiammazione dei tendini e delle articolazioni del dito interessato

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16 L’entesite, oltre che a livello assiale e del bacino, può interessare lo scheletro periferico e in particolare l’inserzione calcaneare della fascia plantare o del tendine di Achille (Fig.1), con dolore al risveglio appena il paziente poggia il piede e miglioramento con il movimento.

1.5.b. Manifestazioni extra- articolari

Tra le manifestazioni extra-articolari della SpA, quella più frequente è rappresentata dall’uveite anteriore acuta (o iridociclite) (Fig.6). Tale manifestazione è presente nel 20-30% dei pazienti affetti da malattia specie in quelli HLA B27 positivi ed è legata all’infiammazione della camera anteriore dell’occhio. L’attacco è tipicamente acuto e monolaterale, anche se può essere alternante. L’occhio è arrossato, dolente; vi sono disturbi visivi, fotofobia e aumentata lacrimazione. Il paziente può avere diversi episodi, l’infiammazione non è granulomatosa, non ci sono addensati, la durata va da uno a sei mesi. La risoluzione è in alcune settimane con trattamento specifico; può essere causa di cicatrici e deficit del visus se non curata in maniera adeguata.

L’interessamento intestinale è rappresentato dalla presenza di enteropatia flogistica cronica ed è presente in circa il 60% dei pazienti in assenza di manifestazioni cliniche specifiche. In circa il 6% di questi pazienti può svilupparsi una vera e propria malattia infiammatoria cronica intestinale rappresentata dal morbo di Crohn o dalla rettocolite ulcerosa (Fig.7-8).

L’impegno polmonare in corso di SpA è legato in gran parte al progredire della malattia con la tipica rigidità del rachide e coinvolgimento di tutta la gabbia toracica con insufficienza funzionale polmonare e ridotta capacità ventilatoria (9). Può essere presente anche un impegno dell’interstizio polmonare con fibrosi (Fig. 9) o lesioni nodulari prevalenti all’apice del polmone, che devono essere poste in diagnosi differenziale con la malattia tubercolare.

Le complicanze cardiovascolari sono rappresentate da aortite ascendente, insufficienza aortica e mitralica e da anomalie di conduzione del ritmo cardiaco che divengono più frequenti con l’aumentare della durata di malattia (10).

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17 Il coinvolgimento renale è caratterizzato dalla presenza di nefropatia da IgA o dalla comparsa di amiloidosi con proteinuria (molto tardiva). Abbiamo poi i sintomi clinici legati all’infiammazione sistemica come astenia, febbre, inappetenza e calo ponderale. Nonostante ciò questi pazienti sono più spesso colpiti da osteoporosi e presentano un elevato rischio di fratture. La concomitanza di osteoporosi e di rigidità rachidea sono responsabili dell’aumento di 6-8 volte del rischio di fratture vertebrali (Fig.3). Le complicanze neurologiche della SpA sono causate da fratture o fenomeni compressivi (ossificazione del legamento longitudinale posteriore, lesioni distruttive del disco intervertebrale, stenosi del canale vertebrale e dei forami di coniugazione) più frequenti a livello del tratto cervicale distale (C5-C6 e C6-C7). Inoltre sono descritte sublussazioni delle prime vertebre cervicali con esordio insidioso di dolore nucale e cervicale, accompagnato da tremori, parestesie e da iper-riflessia agli arti superiori. La sindrome della cauda equina rappresenta una rara complicanza della malattia di lunga durata che riguarda la compressione delle radici nervose lombo-sacrali. Essa si presenta con dolore e perdita della sensibilità della regione perineale (anestesia a sella), a cui frequentemente si associano disturbi sfinterici.

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18 Fig. 7 – Colite Ulcerosa

Fig. 8 – Morbo di Crohn

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1.6 ITER DIAGNOSTICO

1.6.a Manovre semeiologiche

Tra le manovre semeiologiche più frequentemente usate per valutare il dolore infiammatorio in sede sacroiliaca vi è il “FABER test” (Flexion, Abduction External Rotation test) (Fig.10) dove il paziente è in posizione supina e l’esaminatore flette l’anca, abduce e ruota verso l’esterno una gamba fino a portare il tallone ipsilaterale al ginocchio opposto. Il test risulta positivo se il dolore è percepito a livello dell’articolazione sacroiliaca esaminata o della sinfisi pubica. Effettuiamo anche una pressione diretta sulle spine iliache superiori forzando le spine iliache lateralmente e poi flettendo un’anca verso la spalla opposta con ipertensione dell’anca omolaterale e evocazione del dolore, se è presente, in sede sacroiliaca (Fig. 11)

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20 Fig. 11 - Test di provocazione del dolore

Il Test di Schober che verifica la rigidità della colonna nella flessione; si esegue con il paziente in posizione eretta, segnando il punto mediano della linea che unisce le due spine iliache postero-superiori e un punto posto verticalmente 10cm più in alto, e si invita il paziente a flettersi in avanti senza piegare le ginocchia: la distanza tra i due punti sarà inferiore a 15cm in caso di ridotta motilità vertebrale. E’, inoltre, utile valutare la distanza occipite-muro con il paziente in posizione eretta, con dorso e talloni contro la parete, con la linea dello sguardo orizzontale (evitando movimenti di estensione del collo), facendo il massimo sforzo per toccare con la testa la parete e misurando la distanza tra la protuberanza occipitale e il muro. Per quanto riguarda la valutazione dell’espansibilità toracica, si misura la circonferenza del torace a livello del IV spazio intercostale o al di sotto delle mammelle nella donna con un’inspirazione massimale dopo una espirazione forzata. La normale espansione respiratoria della gabbia toracica è di > 5 cm ed è sesso ed età dipendente. Valori <2.5 cm in uomini giovani con una lombalgia a esordio insidioso sono molto suggestivi di SA. Risulta importante anche la misura della distanza intermalleolare: il paziente sdraiato su un lettino è invitato a divaricare al massimo gli arti inferiori e in questa posizione viene misurata la distanza tra i due malleoli interni.

Di fronte a questi quadri clinici complessi e di difficile inquadramento, soprattutto nelle fasi iniziali della malattia, è di fondamentale importanza avviare il paziente verso un corretto iter clinico assistenziale. Da questo punto di vista il medico di medicina generale ha un ruolo fondamentale per la valutazione di primo livello e la diagnosi precoce delle SpA che dovrebbe essere fondata essenzialmente sulla capacità clinica di riconoscere il dolore infiammatorio, a livello sia del rachide sia delle articolazioni periferiche e di

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21 inquadrare correttamente le manifestazioni extra-scheletriche. Successivamente l’approfondimento diagnostico con lo specialista permetterà di diagnosticare il tipo di SpA e di avviare il paziente alla terapia più idonea, farmacologica e riabilitativa.

1.6.b Indagini di laboratorio

Non esistono indagini bioumorali specifiche per la diagnosi e il follow-up delle SpA. E’ necessario ricercare l’eventuale presenza di segni sistemici di flogosi, un incremento della velocità di eritrosedimentazione (VES) che è elevata nell’ 80% dei casi in fase precoce della SpA, anche se correla scarsamente con l’attività clinica della malattia. Mentre un rialzo della proteina C reattiva (PCR) si osserva in circa la metà dei pazienti e sembra un indice migliore di attività della malattia. VES e PCR correlano più con l’interessamento periferico rispetto a quello assiale, ma nella SA la normalità di questi indici non esclude la presenza di malattia attiva. Possono osservarsi anche una lieve anemia normocromica normocitica, un moderato aumento delle Ig A sieriche e della fosfatasi alcalina ossea. Nonostante l’importanza del sistema HLA nella patogenesi delle SpA, la ricerca dell’HLA-B27 dovrebbe essere riservata a quelle forme in cui la diagnosi è incerta, considerando che la sua positività non permette di distinguere una SA dalle altre SpA e che la sua tipizzazione a scopo preventivo è inutile. Un’altra caratteristica è la sieronegatività per il fattore reumatoide. In presenza di versamento articolare l’analisi del liquide sinoviale evidenzierà caratteristiche di tipo infiammatorio. Infine nelle SpA reattive sarà necessario cercare ed identificare il microrganismo responsabile dell’artrite mediante accertamenti che possono comprende tamponi uretrali, coprocolture, dosaggio degli anticorpi specifici.

1.6.c. Indagini strumentali

La diagnostica per immagini ha il compito di confermare la diagnosi clinica, per poter instaurare in tempo i provvedimenti terapeutici, di valutare la risposta alla terapia e l’insorgenza di complicanze. La conferma del sospetto diagnostico fa molto affidamento sul riscontro all’imaging (radiografia, risonanza magnetica, tomografia computerizzata) di lesioni tipiche che consentano di porre diagnosi e definire l’impegno della malattia e di valutarne l’evolutività. L’entesite può interessare tanto lo scheletro assiale quanto quello periferico e di regola, la positività del quadro radiologico convenzionale è tardiva rispetto all’epoca di esordi dei sintomi (Fig. 12).

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22 Nell’evoluzione cronologica del danno anatomico possiamo distinguere una fase preradiografica, una radiografica e una tardiva. La fase preradiografica o “stadio early” ci consente di identificare i segni precoci o d’esordio del coinvolgimento entesitico; la fase radiografica permetterà di ricercare o evidenziare i segni patognomonici di ogni singola spondiloartrite; nella fase tardiva o conclamata, avremo la definizione degli esiti e delle complicanze di malattia.

L’interessamento assiale in corso di SpA è caratterizzato da sacroileite (di grado superiore o uguale a 2 bilateralmente oppure di grado 3-4 unilateralmente) valutata come indicato in (Tab 10) (11). La sacroileite bilaterale e simmetrica è un reperto molto frequente nella SA e nelle artriti enteropatiche, mentre nelle ARPs e nelle artriti reattive è spesso monolaterale ed asimmetrica.

Fig. 12 - Entesite calcaneare (freccia)

Tab. 10 - Classificazione del grado di impegno radiografico delle sacroiliache nella SA

grado 0 Normale Margini e rima normali

grado 1 Sospetta Perdita di definizione della rima

grado 2 Sacroileite minima Sclerosi e erosioni iniziali

grado 3 Sacroileite moderata Sclerosi bilaterale, erosioni e riduzioni della rima

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23 Le lesioni del rachide riscontrate alla valutazione radiografica nella SA variano in base all’evoluzione della malattia. I segni iniziali sono rappresentati dallo “squaring”, ossia l’osteite dei margini anteriori dei corpi vertebrali, che determina erosione e sclerosi con perdita della normale concavità del profilo anteriore del corpo vertebrale (Fig.13)

Fig. 13 “Squaring vertebrale”: squadratura delle vertebre con perdita della normale concavità dei corpi vertebrali.

Il “segno di Romanus” è un’altra lesione radiografica tipica, precoce, caratterizzata dall’erosione degli angoli vertebrali anteriori, a seguito dell’osteite (Fig. 14). I segni radiografici tardivi sono rappresentati dallo “shiny corner”, ossia da accentuate opacità degli angoli vertebrali a cause della sclerosi marginale secondaria ad osteite vertebrale e dai “sindesmofiti”, ovvero sottili prolungamenti verticali del margine antero-laterale della vertebra che, pure rimanendo adiacenti al bordo del disco intervertebrale, tendono ad unirsi con quello proveniente dalla vertebra adiacente (Fig.15), esitando nella formazione di ponti intervertebrali (Fig. 16).

Una tipica lesione radiografica di avanzata malattia spondiloartritica è la discite, ossia l’alterazione distruttiva circoscritta o diffusa del disco inter-somatico e delle limitanti vertebrali ad esso contrapposte.

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24 I segni avanzati della malattia sono caratterizzati dalla cosidetta “colonna a canna di bambù” cioè la fusione dei sindesmofiti, bilaterali e simmetrici, a tutto il rachide il che dà origine a un profilo vertebrale ondulante del tutto tipico (Fig.17)

Fig. 14 - Segno di Romanus (frecce): erosioni degli angoli vertebrali anteriori.

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25 La fusione e l’ossificazione capsulare diffusa delle articolazioni interapofisarie produce un’anchilosi bilaterale evidenziabile come due bande verticali radioopache, dette “segno del binario”. Quando tale processo si estende anche ai legamenti interspinosi compare in aggiunta una striscia radioopaca centrale detta “segno del pugnale”, dando luogo all’immagine del triplice binario.

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26 Fig. 16 - Sindesmofiti (frecce) in fase tardiva: sottili prolungamenti verticali del margine antero-laterale dei corpi vertebrali, più frequentemente lombari, connessi alla giunzione disco vertebrale che si rincorrono con tendenza a congiungersi.

Fig. 17 - Colonna a canna di bambù

Non raramente è possibile riscontrare anche un interessamento infiammatorio della sinfisi pubica con l’evidenza di erosioni articolari, successiva sclerosi subcondrale sino alla possibile anchilosi ossea.

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27 Il coinvolgimento delle articolazioni periferiche è dato dalla presenza di artrite delle mani e piedi con coesistenza di lesioni erosive e reazione osteoproliferativa circostante, a volte particolarmente esuberante e che si manifesta su entrambi i lati della base della falange distale detta ad “orecchie di topo”. La testa della falange intermedia può appuntirsi per effetto delle erosioni e la base della falange distale può espandersi “a coppa” o ad “ali di gabbiano”, in virtù della reazione periostale. Nelle fasi terminali e/o a carattere rapidamente progressivo è possibile osservare il riassorbimento delle apofisi falangee distali con acroosteolisi (Fig. 18).

Fig. 18 - Aspetti radiologici dell'artrite psoriasica

L’entesite è caratterizzata radiologicamente da erosioni corticali e proliferazione ossea nei siti di inserzione dei tendini e legamenti con aspetto astrutturato, cotonoso, con profilo irregolare e sfrangiato. Nelle fasi avanzate è presente un accentuazione della osteoproliferazione che in parte maschera il danno erosivo coesistente.

Riassumendo possiamo vedere gli aspetti radiologici distintivi delle spondiloartriti nella tabella seguente (Tab.11)

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28 Tab. 11 - Aspetti radiologici distintivi delle spondiloartriti

Nelle fasi iniziali della SpA, prima della comparsa delle alterazioni radiografiche, la risonanza magnetica (RM) potrebbe essere utile per dimostrare la presenza di infiammazione attiva a livello delle articolazioni sacro-iliache e/o vertebrali (Fig 19). In queste sedi la tomografia assiale computerizzata dovrebbe essere riservata come integrazione dell’esame radiografico nei casi di dubbia interpretazione. La scintigrafia scheletrica, sebbene rappresenti uno strumento in grado di evidenziare una condizione

Artrite psoriasica Artrite reattiva Spondilite anchilosante Artrite enteropatica Tumefazione tessuti molli periarticolari (dattilite) +++ ++- --- ++- Interessamento delle IFD ++- ++- --- +-- Acroosteolisi delle falangi distali ++- +-- -- +-- Entesopatia Vertebrale Periferica ++- ++- ++- ++- +++ ++- +++ ++- Interessamento delle art. interapofisarie +-- +-- +++ ++- Sacroileite Monolaterale Bilaterale ++- +-- ++- ++- +-- +++ +-- +++ Erosioni con reazione proliferativa +++ ++- +-- ++-

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29 infiammatoria, non aggiunge elementi utili da un punto di vista diagnostico, considerando che essa è caratterizzata da una bassa sensibilità e specificità nel sospetto di una SpA. L’ecografia articolare è sicuramente una metodica utile per la valutazione dell’interessamento artritico ed entesitico periferico.

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1.7 MISURE DI OUTCOME

Le nuove terapie, che hanno modificato sostanzialmente l’approccio alla malattia e il suo decorso, la possibilità di una diagnosi precoce e l’inizio di un trattamento tempestivo nell’obiettivo di limitare il danno funzionale hanno stabilito degli indici che consentono di valutare in maniera riproducibile e standardizzata l’attività della patologia, l’entità dell’eventuale compromissione funzionale e/o strutturale e di poterne seguire l’andamento nel tempo. L’indice clinimetrico più utilizzato è il BASDAI (Bath Ankylosing Spondylitis Disease Activity Index), indice composito di attività di malattia, costituito da sei domande che indagano l’intensità del dolore a livello del collo, della schiena, delle anche e delle articolazioni periferiche, il dolore provocato dal contatto/pressione, nonché l’intensità della rigidità mattutina. Le risposte vengono riportate su NRS (Numerical Rating Scale) e generano un punteggio compreso in un range di 0-10, dove 0 corrisponde ad una “attività assente” e 10 ad una “massima attività”. Il paziente impiega mediamente 4-5 minuti per la compilazione del questionario (12). Lo score BASDAI si calcola mediante la seguente formula: [Q1+Q2+Q3+Q4+(Q5+Q6/2)] /2.

Oltre al BASDAI abbiamo il BASMI (Bath Ankylosing Spondylitis Metrology Index) (13, 14) che è un indice composito e comprende cinque misurazioni cliniche riguardanti la motilità assiale: rotazione cervicale, distanza trago-muro, test di schober modificato, flessione laterale del rachide lombare, distanza intermalleolare con uno score totale di 0-10. Poi vi è il BASFI (Bath Ankylosing Spondylitis Functional Index) (15), sviluppato da un gruppo multidisciplinare di reumatologi, fisiatri, fisioterapisti e pazienti (16). Esso è costituito da 10 “items” presentati su scale analogiche visive (VAS) di 100 mm (range 0-100). Il questionario a disposizione esplora il grado di difficoltà riscontrato nello svolgimento di specifiche attività della vità quotidiana, mediante domande strutturate secondo la formula: “È in grado di…?”. Gli estremi delle VAS (scala visiva) per le risposte ai quesiti sono strutturati come “Facilmente” (score 0) o “È impossibile” (score 100) (16). La compilazione del questionario, eseguita sia dal paziente stesso che per l’intervista faccia a faccia, richiede 3-4 minuti. Il punteggio della scala viene calcolato come media dei punteggi dei 10 items ed è compreso, pertanto, in un range di 0-100 corrispondente, rispettivamente, al migliore ed al peggiore stato funzionale.

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31 Gli indici utilizzati per valutare l’efficacia dei trattamenti sono il BASDAI50 (50% di miglioramento dello score BASDAI), l’ASAS 20 o 40 (20% o 40% di miglioramento ai criteri ASAS) o ASAS 5/6 (miglioramento in almeno 5 dei 6 criteri ASAS).

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2. SPONDILOARTRITI ASSIALI NON RADIOGRAFICHE

2.1 EPIDEMIOLOGIA

Il termine spondiloartrite assiale non radiografica identifica quei pazienti che presentano un quadro clinico compatibile con una spondilite anchilosante ma in uno stadio precoce di malattia, quando non sono ancora evidenti le alterazioni radiologiche evidenziabili con la radiografia convenzionale.

Molto c’è ancora da chiarire sull’epidemiologia delle nr-axSpA. Secondo un recente studio retrospettivo condotto su pazienti statunitensi, la prevalenza delle nr-axSpA diagnosticate in accordo ai criteri ASAS era dello 0,35% (17). In un precedente studio basato su dati provenienti dal National Health and Nutrition Survey e che utilizzava i criteri Amor ed ESSG, la prevalenza delle nr-axSpA era compresa tra lo 0,4% e lo 0,9% (18), mentre la prevalenza complessiva delle ax-SpA era compresa tra lo 0,9% e l’1,4%.

La malattia generalmente esordisce nella terza decade e circa 5 anni prima nei pazienti HLA B27 positivi (19,20).

2.2 DECORSO E PROGNOSI

La storia naturale delle nr-axSpA mostra diversi tipi di evoluzione clinica. In primo luogo è stato dimostrato che molti pazienti possono evolvere nel tempo verso una forma di spondiloartrite assiale radiografica o in spondilite anchilosante. A due anni dall’esordio, la percentuale di progressione da una forma nr-axSpA alla SA è di circa il 10% e del 20% in quei pazienti con valori di PCR persistentemente elevati o segni RM di coinvolgimento delle sacroiliache. Oltre alla PCR, il fumo di sigaretta ed il sesso maschile sono fattori prognostici negativi di progressione radiografica in pazienti con SpA di recente insorgenza (21). In altri casi, la nr-axSpA può persistere come forma priva di evoluzione radiografica anche per decenni o per tutta la vita, senza che si verifichino alterazioni radiologiche (22). Allo stato attuale non è possibile ricavare una chiara spiegazione sul perché solo alcuni pazienti vanno incontro ad una progressione radiografica nel tempo, e andrebbe ricercata l’esistenza di fattori protettivi nei confronti della “patologica neoformazione ossea”. Ad esempio, in considerazione della maggiore prevalenza delle nr-axSpA negli individui di

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33 sesso femminile, l’assetto ormonale del paziente potrebe giocare un ruolo nel determinare la neofrmazione ossea nei pazienti con SpA/ nr-axSpA.

Infine, vi è poi una percentuale di pazienti con nr-axSpA che possono occasionalmente andare incontro a remissione spontanea, ma attualmente mancano studi sulla frequenza e sui fattori predittivi di remissione spontanea.

2.3 CARATTERISTICHE CLINICHE

Diversi studi di coorte hanno esaminato le caratteristiche demografiche e cliniche dei pazienti con nr-axSpA confrontandole con quelle dei pazienti con SA ed hanno concluso che entrambe le patologie fanno parte di uno stesso spettro di malattia (19, 23-26). Da tali studi si evidenziava che gli aspetti clinici in comune più rilevanti sono: simile intensità del dolore, attività di malattia, manifestazioni extrarticolari (psoriasi, uveite, malattie infiammatorie intestinali), associazione con l’HLA B27, impatto sulla qualità di vita dal punto di vista della compromissione funzionale (valutata con le stesse misure di outcome). Le differenze principali nelle coorti di pazienti con SA rispetto a quelle con nr-axSpA erano una più lunga durata di malattia, una percentuale maggiore di pazienti con danno radiografico e una ridotta mobilità del rachide. Nelle nr-axSpA si registra invece una prevalenza maggiore nel sesso femminile, a differenza di quanto accade nella SA (25,26).

In aggiunta a questi riscontri e soltanto in alcuni studi nei pazienti con SA sono stati riportati livelli più alti di PCR ed un maggior grado di infiammazione alla RMN delle sacroiliache rispetto ai soggetti con nr-axSpA. Una possibile spiegazione di queste differenze potrebbe dipendere dal fatto che i soggetti di sesso femminile mostrano un minor grado di neoformazione ossea e che pazienti con un minor grado di infiammazione alle sacroiliache progrediscono più lentamente verso la fase radiografica della malattia (27).

I pazienti con nr-axSpA si presentano con lombalgia cronica e rigidità prevalentemente a carico del cingolo pelvico e lombare, anche se può interessare anche altri segmenti del rachide. La lombalgia esordisce tipicamente in maniera insidiosa prima dei 45 anni d’età e si presenta con caratteristiche infiammatorie: dolore notturno, rigidità mattutina prolungata, miglioramento con il movimento ma non con il riposo, buona risposta alla terapia con FANS.

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34 L’artrite e l’entesite sono le manifestazioni periferiche di più frequente riscontro (30-50% dei pazienti con ax-SpA al momento della diagnosi o in passato) e possono insorgere in qualunque fase della malattia. Interessano prevalentemente gli arti inferiori e sono di tipo asimmetrico. Una localizzazione tipica è l’inserzione del tendine d’Achille o della fascia plantare al calcagno, anche se è possibile riscontrare coinvolgimento in tutte le altre sedi entesali. Di più raro riscontro nelle nr ax-SpA sono invece le dattiliti. L’attività di malattia è valutata attraverso gli indici BASDAI o l’ASDAS.

Tra le manifestazioni extra-articolari che possono accompagnare le nr ax-SpA la più frequente è l’uveite, che si presenta generalmente come uveite anteriore acuta, di breve durata, monolaterale e alternante. L’associazione con le malattie infiammatorie croniche intestinali, l’artrite reattiva o la psoriasi è invece meno frequente e si registra in circa il 15-20% dei pazienti (19,28,29).

2.4 CARATTERISTICHE ALLA RISONANZA MAGNETICA

L’evidenza di sacroileite alla risonanza magnetica è un elemento chiave nella diagnosi delle nr-axSpA (5); infatti la RM è un esame sensibile nell’evidenziare infiammazione attiva (edema osseo) e di conseguenza rende possibile identificare i pazienti in una fase precoce della malattia, la fase pre-radiografica, quando cioè non si sono ancora prodotte a livello osseo le alterazioni irreversibili che caratterizzano le ax-SpA.

Dunque, la RM rappresenta la metodica di prima istanza nello studio delle articolazioni sacroiliache, in quanto non solo consente, in condizioni normali, la corretta visualizzazione delle strutture articolari, ivi compresi i comparti sinoviale e legamentoso, la cartilagine, lo spazio articolare, l’osso subcondrale e la capsula articolare, ma anche le alterazioni precoci che si verificano in seguito al processo infiammatorio. L’utilizzo di sequenze appropriate e del mezzo di contrasto paramagnetico consente la visualizzazione delle lesioni acute, quali la sinovite, il versamento articolare, l’edema osseo intraspongioso, l’enhancement contrastografico midollare e capsulare e l’eventuale coinvolgimento dei tessuti molli periarticolari. I vantaggi principali della RM nello studio della sacroileite sono, pertanto, rappresentati dalla sua elevata sensibilità nelle fasi precoci della malattia, dalla possibilità di discriminare il tessuto fibroso (lesioni inattive) dall’edema infiammatorio (lesioni

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35 attive), fornendo importanti informazioni riguardo l’attività di malattia e la risposta al trattamento.

Le alterazioni evidenziabili alla RM possono essere di due tipi: strutturali e infiammatorie. Fanno parte di quelle strutturali le erosioni, la sclerosi subcondrale, la deposizione di tessuto adiposo in sede periarticolare, la fibrosi, la presenza di neoproduzione ossea (ponti ossei) e l’anchilosi focale e diffusa; al gruppo delle lesioni infiammatorie attive appartengono invece l’edema osseo periarticolare/intraspongioso, l’entesite, la sinovite e la capsulite.

In accordo ai criteri ASAS, le lesioni elementari tipiche della sacroileite attiva in corso di spondiloartriti sono rappresentate dall’edema osseo/osteite, dalla sinovite, dalla capsulite e dall’entesite. La sola presenza delle altre lesioni elementari caratteristiche del processo infiammatorio attivo, quali la sinovite, l’entesite o la capsulite, senza la concomitante presenza dell’edema osseo intraspongioso/osteite non è sufficiente per porre diagnosi di sacroileite attiva. Le lesioni strutturali, quali la deposizione di tessuto adiposo, la sclerosi subcondrale, le erosioni o l’anchilosi, sono espressione di un pregresso processo infiammatorio. Per quanto riguarda l’intensità del segnale richiesta per la definizione di sacroileite, è necessario che l’edema osseo intraspongioso sia apprezzabile in almeno due strati consecutivi; se in un singolo strato sono apprezzabili più aree di alterato segnale, un solo strato può essere sufficiente.

L’edema osseo intraspongioso identifica un aumentato contenuto di acqua, in relazione a flogosi, con ipointensità nelle sequenze T1 pesate ed iperintensità in STIR. In particolare, il riscontro di edema osseo ha una elevata sensibilità (65,1%) nella diagnosi delle axSpA, ma una specifcità relativamente bassa (74,3%) (30). Pertanto, una valutazione complessiva della presenza di edema osseo associato ad entesite, capsulite ed erosioni potrebbe aumentare la specificità (30) e permetterebbe di raggiungere valori di sensibilità e specificità maggiori rispetto ai soli criteri ASAS (31).

L’osteite viene definita come un area di enhancement contrastografico dopo mezzo di contrasto ed esprime un’aumentata vascolarizzazione, dovuta all’infiammazione.

Le aree di iperintensità di segnale in STIR e/o nelle sequenze T1 pesate con mezzo di contrasto e soppressione del grasso, espressione di edema osseo e/o di osteite, devono

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36 essere localizzate nelle sedi tipiche, ed in particolare in sede subcondrale o periarticolare. Più forte è l’iperintensità di segnale, più verosimilmente riflette lo stato infiammatorio attivo. L’edema osseo/osteite può essere associato ad alterazioni strutturali, come le erosioni.

La sinovite si manifesta come un’iperintensità di segnale a livello della porzione sinoviale dell’articolazione sacroiliaca nella sequenza T1 pesata con soppressione del grasso e mezzo di contrasto, in relazione ad enhancement contrastografico. Le sequenze STIR non sono in grado di differenziare la sinovite dal versamento articolare; il riscontro di sinovite come singola manifestazione è raro e non è pertanto sufficiente per poter formulare diagnosi di sacroileite atttiva.

La capsulite si manifesta con caratteristiche di segnale simili alla sinovite (iperintensità di segnale nella sequenza T1 pesata con soppressione del grasso e mezzo di contrasto), ma l’iperintensità di segnale riguarda la capsula articolare, sia anteriormente che posteriormente e può estendersi al periostio del sacro e dell’ileo ed i legamenti, assumendo l’aspetto di un’entesite.

L’entesite si manifesta infatti come iperintensità di segnale nelle sequenze STIR e/o T1 pesate con mezzo di contrasto e soppressione del grasso a livello della sede d’inserzione ossea dei tendini e dei legamenti, incluso lo spazio retroarticolare (legamento interosseo). L’iperintesnità del segnale può estendersi al midollo osseo ed ai tessuti molli.

La sclerosi subcondrale si manifesta come un’area di bassa intensità di segnale in tulle le sequenze (T1, T2, STIR, T1 con mezzo di contrasto), priva di rinforzo di segnale dopo somministrazione di mezzo di contrasto; la sclerosi dovrebbe estendersi per almeno 5 mm dall’articolazione sacroliaca; è importante ricordare che piccole aree di sclerosi possono essere riscontrate anche nei soggetti sani o in altre condizioni patologiche.

Le erosioni si manifestano come difetti del margine osseo articolare e possono essere singole o confluire e determinare uno pseudoallargamento della rima articolare; esse appaiono come immagini a bassa intensità di segnale nelle sequenze T1 pesate e, se attive, presentano alta intensità di segnale nella sequenza STIR; più utili per identifcare le erosioni potrebbero essere le sequenze gradient echo T2 o T1 con soppressione del grasso.

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37 La deposizione di tessuto adiposo rappresenta la prima lesione cronica che insorge dopo un processo infiammatorio e consegue all’esterificazione degli acidi grassi del midollo giallo nelle aree sede di flogosi, spesso periarticolare, ed appare come aree di iperintensità di segnale nelle sequenze T1 pesate e di ipointensità nelle sequenze con soppressione del grasso.

I ponti ossei o l’anchilosi delle articolazioni sacroliache presentano bassa intensità di segnale in tutte le sequenze; con la formazione di ponti ossei le cavità articolari diventanto via via meno distinguibili.

In base si criteri ASAS la diagnosi di sacroileite alla RMN si basa unicamente sul riscontro alla RMN di lesioni indicative di infiammazione attiva e particolarmente dell’edema osseo, che deve essere presente in due strati consecutivi o in due diversi quadranti delle sacroliache (32). Invece la presenza di danni strutturali senza edema osseo non è attualmente sufficiente per la diagnosi delle nr-axSpA, sebbene sempre più dati suggeriscono di considerare come sacroileite anche il riscontro di erosioni.

Poiché un certo grado di edema osseo periarticolare può essere riscontrato anche nel paziente con lombalgia aspecifica e persino nella popolazione sana (5), diventa pertanto fondamentale l’esecuzione e l’interpretazione delle immagini di RM da parte di personale altamente esperto e qualificato.

Ad oggi, il ruolo della RM del rachide nella diagnosi dei pazienti con nr-axSpA non è del tutto chiaro, anche perché non si è rivelata in grado di agggiungere ulteriori informazioni rispetto alla sola RM delle sacroiliache (33).

2.5 TERAPIA

Per quanto riguarda la gestione e la terapia del paziente con axSpA, ad oggi sono state proposte le raccomandazioni ASAS/EULAR (34) e ACR/SAA/SPARTAN (35). In aggiunta aifarmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS), alla salazopirina e agli agenti anti-TNF, recentemente è stato aggiunto nel repertorio farmacologico per le SpA l’inibitore dell’interleuchina (IL)-17 secukinumab, proposto anche dalle recenti raccomandazioni ASAS/EULAR (34). Il concetto di treat-to-target nelle SpA, invece, è stato formulato già nel 2014 da una task force internazionale di esperti (36). In generale, l’obiettivo principale della terapia è rappresentato dalla remissione clinica, mentre quello secondario mira ad una

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38 bassa attività di malattia. A tale proposito, nei pazienti con ax-SpA è definita da un punteggio al BASDAI minore di 4,0 in aggiunta a normali valori di PCR oppure da un punteggio dell’ASDAS minore di 2,1 (37). L’ASDAS già include la valutazione della PCR o della VES.

FARMACI ANTINFIAMMATORI NON STEROIDEI (FANS)

La terapia con i FANS si è rivelata efficace nel controllare la lombalgia e la rigidità nei pazienti con ax-SpA ed è attualmente raccomandata come terapia di prima linea. Non vi è una chiara differenza di efficacia tra i vari tipi di FANS, che in aggiunta risultano parimenti efficaci nei pazienti con SA e nr-axSpA. I pazienti in genere rispondono nelle prime due settimane di terapia e, in caso di efficacia, la risposta aumenta progressivamente nell’arco delle prime 24 settimane (38). L’uso dei FANS deve essere commisurato ai sintomi riferiti dai pazienti e può essere presa in considerazione anche una riduzione del dosaggio o una sospensione della terapia in caso di remissione. I FANS sembrano essere maggiormente efficaci se il trattamento è iniziato in una fase precoce della malattia, permettendo di raggiungere un tasso di remissione clinica del 35% in soggetti con una durata di malattia inferiore a 3 anni (38); al contrario, tale percentuale si riduce al 12-15% in pazienti con malattia di lunga durata (voci 94,95). La sicurezza a lungo termine della terapia con FANS nei pazienti con axSpA rappresenta una questione ancora aperta poiché i dati della letteratura sono limitati; infatti, ad oggi disponiamo di studi basati essenzialmente sull’artrite reumatoide o l’osteoartrosi (39).

Il trattamento con FANS nei pazienti con ax-SpA è associato ad una riduzione dell’infiammazione e ad un recupero della mobilità, fattori che possono contribuire a ridurre la mortalità legata a problemi cardiovascolari. Nonostante ciò, i pazienti devono essere adeguatamente informati dei potenziali rischi legati alla terapia a lungo termine, tra cui gli effetti sul sistema gastrointestinale e sulla funzionalità renale, nonché sullo stesso sistema cardiovascolare (39). Per ciò che riguarda gli eventi avversi, in base ai dati provenienti da due metanalisi condotte su trial randomizzati (40) in pazienti che assumevano terapia con FANS per varie patologie, non sono state riscontrate differenze in termini di rischio cardiovascolare tra COX-2 inibitori e FANS tradizionali.

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DMARDS e CORTICOSTEROIDI

I DMARDs (disease modifying antirheumatic drugs) tradizionali, tra cui Methotrexate, Salazopirina o Leflunomide, non si sono rivelati efficaci nel trattamento delle manifestazioni assiali delle SpA, anche se possono avere un ruolo, seppure limitato, nel controllo delle manifestazioni periferiche, quando presenti nel contesto di una ax-SpA (34,35). Non è ancora chiaro se l’associazione tra un DMARD e un farmaco biologico possa prevenire il formarsi di anticorpi anti-farmaco (ADAs: anti drug antibodies) diretti contro il farmaco biologico e se la combinazione possa migliorare la drug retention rate, quindi la persistenza dei pazienti in terapia con farmaci biologici sul lungo tempo. Ad ogni modo, l’efficacia dell’associazione tra un DMARD e un farmaco biologico anti-TNF su pazienti con ax-SpA è stata dimostrata per Methotrexate (41,42), ma non per altre molecole (43-45). Pertanto tale associazione non fa parte al momento delle raccomandazioni terapeutiche esistenti (34 e 35).

La terapia a lungo termine con corticosteroidi per via sistemica non è al momento raccomandata, a causa degli elevati dosaggi di prednisolone (50 mg/die o equivalenti) necessari per ottenere un effetto terapeutico (46).

FARMACI BIOLOGICI ANTI-TNF

Attualmente sono approvati per il trattamento della ax-SpA cinque farmaci biologici anti-TNF: infliximab (47), etanercept (48), adalimumab (49), golimumab (50) e certolizumab (51).

La terapia con farmaci biologici si è dimostrata efficace nel controllo di tutte le manifestazioni articolari, nel ridurre i valori di PCR ed il grado di infiammazione evidenziabile alla RM delle sacroiliache e del rachide in pazienti con SA in fase attiva e non rensponsivi alla terapia di prima linea con FANS.

Più nello specifico, in merito alle affzioni extrarticolari, al contrario degli altri biologici Etanercept pare non essere effcace sul controllo delle manifestazioni intestinali. Allo stesso modo, gli altri biologici sono maggiormente efficaci nel controllo della psoriasi e dell’uveite (34,35).

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40 Sulla base dei risultati di trial clinici di fase 3, ad eccezione dell’Infliximab, gli anti-TNF sono stati approvati nell’Unione Europea anche per il trattamento delle nr-axSpA (51,52-54), ma non ancora negli Stati Uniti. I dati europei riguardano pazienti con segni oggettivi di infiammazione, come valori elevati di PCR o riscontro di infiammazione attiva alla RM delle sacroiliache o del rachide. La presenza di incremento della PCR o di infiammazione alla RM non è indispensabile per iniziare il trattamento con anti-TNF nei pazienti con SpA, anche se la loro presenza è un indice predittivo di una migliore risposta alla terapia.

Quanto alle differenze di risposta tra ax-SpA e nr ax-SpA, confrontando i dati sulla risposta alla terapia con anti-TNF in pazienti con SA e nr ax-SpA, è stato dimostrato che non vi sono significative diffeerenze (55). Inoltre, nei pazienti con ax-SpA l’aumento della PCR, una breve durata di malattia o una giovane età e la presenza di infiammazione alla RM sembrano essere i migliori fattori predittivi di buona risposta clinica alla terapia con anti-TNF (55).

In merito alla possibilità di scalare o sospendere la terapia anti-TNF nel tempo, la sospensione è generalmente associata ad una ripresa di malattia nel 75-90% dei pazienti con ax-SpA (46,56,57), indipendentemente dalla concomitante terapia con FANS (58). Una riduzione del dosaggio dell’anti-TNF è risultata essere invece ben tollerata nel 52-86% dei pazienti (59, 60). Ad ogni modo, questi dati sono stati ottenuti da studi basati su piccoli gruppi di pazienti e necessitano pertanto di essere confermati da trial condotti su campioni più ampi di pazienti.

ALTRI BIOLOGICI

Anakinra, un inibitore del recettore dell’interleuchina 1, e Abatacept, un modulatore delle cellule T, sono stati studiati in piccoli studi prospettici (34, 35) che includevano pazienti con SA e non hanno mostrato efficacia superiore al placebo. Un simile studio prospettico è stato condotto con Rituximab, anticorpo monoclonale antiCD20 e non ha prodotto risultati conclusivi (61, 62).

Recentemente sono stati condotti due studi in doppio cieco placebo controllati su pazienti con SA naive per ogni precedente terapia con anti-TNF allo scopo di valutare l’efficacia di Tocilizumab (63) e Sarilumab (64), entrambi anticorpi monoclonali anti-IL6, che non hanno mostrato efficacia superiore al placebo.

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41 Invece, nei pazienti con ax-SpA sembra molto promettente il trattamento con farmaci che hanno come target l’asse interleuchina-23-interleuchina-17. Ad oggi, sono stati condotti studi su pazienti con SA, ma sono tutt’ora in corso studi su pazienti con nr ax-SpA. In due trial di fase 3, l’inibitore dell’IL-17 Secukinumab si è dimostrato efficace nei pazienti con SA (65) e, sulla base di questo trial, ha ricevuto l’approvazione per la SA in Europa, negli Stati Uniti e altre parti del mondo. La risposta al trattamento si manteneva per 52 settimane in entrambi gli studi. Ad ogni modo, non è ancora stato sperimentato nella SA il dosaggio di 300 mg, che è risultato essere invece più efficace nel trattamento della psoriasi. Sebbene non siano stati ancora condotti studi comparativi tra Secukinumab e anti-TNF, l’efficacia dimostrata da Secukinumab sembra essere simile a quella osservata nei trial condotti per gli anti-TNF in gruppi simili di pazienti. Inoltre, Secukinumab ha dimostrato la sua efficacia anche in un sottogruppo di pazienti che non aveva risposto alla terapia con anti-TNF o nei quali si era resa necessaria la loro interruzione (66).

Nonostante ciò, il ruolo degli inibitori dell’IL-17 nel trattamento delle ax-SpA resta ancora da chiarire. Ad esempio, l’efficacia di Secukinumab dopo il fallimento di un primo anti-TNF andrebbe confrontata con la risposta alla terapia con un secondo anti-anti-TNF. Resta ancora non chiaro il ruolo degli inibitori dell’IL17 nel ridurre la neoapposizione ossea, come emergeva dai risultati di uno studio non controllato sulla SA (67).

È stato intrapreso anche un trial prospettico open-label sull’utilizzo di Ustekinumab, un anticorpo monoclonale diretto contro la sub-unità p40 dell’interleuchina-12 e interleuchina-23, nei pazienti con SA. Ustekinumab ha mostrato una buona efficacia (68), ma tali dati dovranno essere confermati mediante ulteriori trial placebo controllati su pazienti con SA e nr-axSpA.

Tofacitinib, inibitore orale della Janus kinasi, è stato testato su pazienti con SA in uno studio di fase 2 placebo controllato mirato alla valutazione del dosaggio ottimale. Lo studio ha messo in evidenza risultati incoraggianti per quanto riguarda l’efficacia clinica e i dati di RM, ma necessita di ulteriori conferme da parte di trial su più larga scala (69).

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IL RUOLO DELLE “SMALL MOLECULES”

Apremilast, un inibitore orale della fosfodiesterasi di tipo 4 (PDE4), è stato testato in un trial di picccole dimensioni in pazienti con SA in fase attiva che venivano trattati per 12 settimane con il farmaco o con placebo ed i risultati dello studio hanno mostrato una moderata riduzione dell’attività di malattia (70); tuttavia in un trial di fase 2 placebo controllato di più grandi dimensioni condotto sempre su pazienti con SA, Apremilast non ha dimostrato di avere efficacia superiore al placebo (71).

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