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Utilizzo dei nutraceutici nel trattamento delle patologie della pelle: ruolo del sistema immunitario e del pathway infiammatorio.

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(1)

D

IPARTIMENTO DI

F

ARMACIA

Corso di Laurea Magistrale in Scienze della Nutrizione Umana

TESI DI LAUREA

UTILIZZO DEI NUTRACEUTICI NEL TRATTAMENTO DELLE PATOLOGIE DELLA PELLE: RUOLO DEL SISTEMA IMMUNITARIO E

DEL PATHWAY INFIAMMATORIO

Relatore: Candidata:

Prof.ssa Lara Testai Beatrice Della Rocca

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Alla mia famiglia. “le tempeste non finiscono mai, ma nemmeno

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INDICE

1. Anatomia e Funzioni del tessuto cutaneo 1

1.1 La pelle 1

1.2 Le ghiandole della pelle 5

2. Fisiopatologia delle più comuni manifestazioni cutanee 7

2.1 Dermatite Atopica 9

2.2 Dermatite Seborroica 14

2.3 Rosacea 16

2.4 Acne volgare 20

2.5 Psoriasi 22

3. Patologie dermatologiche infiammatorie: ruolo del sistema

immunitario innato 26

4. Nutraceutici in chiave preventiva: ruolo nella

immunomodulazione e nel pathway infiammatorio 29 4.1 Acidi grassi polinsaturi Omega 3 e Omega 6 29

4.2 Vitamina D 39

4.3 Probiotici e Prebiotici: Asse intestino-pelle 43

5. Nutraceutici emergenti 51

6. Conclusioni 58

(4)

1

1. Anatomia e Funzioni del Tessuto cutaneo

1.1 La Pelle

La pelle, o cute è un tessuto di rivestimento appartenente all’apparato tegumentario. E’composta da tre strati principali che dall’esterno verso l’interno sono denominati: Epidermide, Derma e Ipoderma (o strato sottocutaneo). E’ l’organo più esteso del nostro corpo e può infatti arrivare fino a circa 2 metri.

L’Epidermide è lo strato più superficiale della pelle ed è rappresentato a sua volta da cinque stratificazioni distinte e caratterizzate da diversi elementi

cellulari, di cui circa il 95% è rappresentato da Cheratinociti. Questi ultimi hanno origine negli strati più profondi dell'epidermide, in particolare dallo strato basale (o

germinativo), che possiede una spiccata attività proliferativa,

generando continuamente nuove cellule responsabili della sintesi di cheratina, una proteina fibrosa, molto resistente e insolubile in acqua.

Figura 1 - Rappresentazione della stratificazione dell'Epidermide.

(5)

2 Le cellule cheratiniche, mano a mano che maturano, subiscono

una spinta verso l’alto da parte di quelle neoformate nello strato basale, in direzione dello strato corneo, il più esterno, e durante questo passaggio che dura circa 14 giorni, perdono il nucleo e formano una barriera che impedisce la perdita di liquidi ed elettroliti e ci difende da possibili insulti esterni, quali traumi, radiazioni ultraviolette e microrganismi. Il restante 5% è rappresentato da tre tipologie di cellule non cheratinocitiche; le

cellule di Langerhans, implicate nel sistema immunitario in

quanto considerate cellule presentanti l’antigene (APC), le

cellule di Merkel, efferenti di fibre nervose sensitive

mielinizzate danno origine a complessi cellula-neurite che funzionano come meccanocettori dotati anche di immunoreattività, sono infatti capaci di secernere sostanze di tipo neurocrino. Le terze e ultime cellule presenti sono i

Melanociti, identificabili nello strato basale e dotati di lunghi

processi ondulati che si estendono dalla superficie cellulare entro gli spazi intercellulari dello strato spinoso. Producono un enzima nel loro reticolo endoplasmatico (RER), la tirosinasi, che viene poi immagazzinata nel golgi sottoforma di granuli noti con il nome di melanosomi, questi vengono poi esocitati tramite i lunghi prolungamenti nelle cellule dello strato spinoso e si dispongono attorno alla regione sovra nucleare così da formare una barriera protettiva tra il nucleo e i raggi

(6)

3 ultravioletti del sole. Questi infatti, determinano la conversione

della tirosina in melanina, un pigmento che determina la colorazione scura della pelle e il nostro meccanismo di foto protezione.

Lo strato lucido e lo strato granuloso, interposti tra il corneo e lo spinoso sono due strati sottili, contenenti granuli di cheratoialina, eleidina e filamenti di cheratina che vengono progressivamente rilasciati nello spazio extracellulare, determinando un rivestimento di tipo lipidico, impermeabile che impedisce alle cellule più superficiali di essere nutrite dal liquido extracellulare ricco di nutrienti, accelerando così i processi di morte cellulare.

Il derma, lo strato sottostante all’epidermide, di derivazione mesenchimale e ricco di tessuto connettivo fibroso, è l’impalcatura di sostegno all’epidermide e agli annessi cutanei. Si divide in due strati, il primo e più superficiale è lo strato

papillare che presenta una trama irregolare e si intreccia con

l’epidermide. In questo modo, si formano delle papille dermiche ricche di fibre collagene tipo III e fibre elastiche, disposte in modo lasso che si ancorano a fibrille collagene di tipo VII. Sono presenti inoltre abbondanti capillari, cellule del connettivo e meccanocettori. Il secondo strato invece è denominato strato reticolare, formato da un connettivo denso,

(7)

4 ricco di intrecci tra fibre collagene di tipo I e fibre elastiche in

grado di mantenere una impalcatura resistente per gli annessi cutanei; troviamo infatti ghiandole sudoripare con i loro dotti, i follicoli piliferi e i muscoli erettori del pelo, ghiandole sebacee e meccanocettori.

La pelle quindi, oltre a rivestire i tessuti molli sottostanti svolge molte funzioni quali la protezione dai traumi, dalla penetrazione dei batteri alla disidratazione, partecipa alla termoregolazione e riceve stimoli sensoriali e meccanici provenienti dall’ambiente circostante e permette l’assorbimento della radiazione ultravioletta (UV), utile per la sintesi di vitamina D.

(8)

5

1.2 Ghiandole della pelle

Le ghiandole del tessuto cutaneo hanno origine nello strato del derma, che gli offre una solida impalcatura grazie alla trama di fibre collagene. Due sono le tipologie maggiormente rappresentate, le ghiandole sudoripare e quelle sebacee, le prime si suddividono a loro volta in ghiandole sudoripare merocrine, di struttura tubulare semplice glomerulare e con un dotto escretore alla estremità che guarda verso l’esterno. Sono denominate merocrine per il modo in cui riversano il loro prodotto senza però disintegrarsi durante questo procedimento. Hanno una importantissima funzione di termoregolazione, sono presenti infatti su tutta la superficie corporea e sono innervate da fibre post gangliari del sistema nervoso simpatico. La porzione secernente di questa ghiandola è costituita da un epitelio semplice con cellule che assumono un aspetto scuro se contenenti granuli secretori ricchi di materiale glicoproteico mucoso, mentre sono di un aspetto chiaro se accumulano glicogeno e rilasciano una secrezione acquosa che va a mischiarsi assieme alla precedente sulla superficie cutanea. Le ghiandole sudoripare apocrine invece si trovano solamente nelle ascelle, nelle areole del capezzolo e nella regione anale e potrebbero rappresentare dei residui di ghiandole odorifere.

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6 della pianta dei piedi, troviamo le ghiandole sebacee,

distribuite in tutto il corpo, immerse anch’esse nel derma e in parte nell’ipoderma. Sono più abbondanti a livello del viso, soprattutto sulla fronte e sul cuoio capelluto. Il loro prodotto secretorio è il sebo, sostanza grassa acida a pH medio di circa 3,5, composta da trigliceridi (30-40%), cere (20-25%), acidi grassi liberi (15-20%), squalene (9-12%), idrocarburi ramificati (4-8%) e colesterolo libero ed esterificato (2-4%). Ha l’importante funzione di contribuire, con il sudore, alla formazione del film idrolipidico di superficie, un’emulsione acqua/olio che protegge la cute dalle aggressioni esterne chimiche e batteriche; inoltre lubrifica e impermeabilizza la superficie del capello man mano che questo esce durante la sua crescita. La produzione di sebo è di circa 600-700 mg nelle 24h e dopo lavaggio con un detergente, il film idrolipidico impiega circa 3-6 ore per essere totalmente ricostituito. Il sebo non ha la capacità di spostarsi in modo autonomo lungo il fusto del capello e pertanto la sua velocità di migrazione è dovuta allo spostamento meccanico. La secrezione delle ghiandole sebacee è regolata dagli ormoni steroidei circolanti o prodotti localmente dal follicolo pilosebaceo a partire da precursori di origine gonadica o surrenalica (REF).[1]

(10)

7

2.

Fisiopatologia

delle

più

comuni

manifestazioni cutanee

Le malattie dermatologiche sono centinaia, ma alcune di esse possono presentarsi come manifestazione clinica secondaria di un disturbo più profondo e meno evidente. Una diagnosi differenziale consente al dermatologo, lo specialista di riferimento, di individuare segni e sintomi descrittivi della patologia, intervenendo prontamente per evitare tutta una serie di possibili cronicizzazioni e ripercussioni sulla componente emotiva del paziente. Nonostante sia spesso possibile tenerle sotto controllo grazie a tutta una serie di protocolli per uso interno e/o topici, molte di queste cronicizzano e il paziente non trova alcun giovamento con le terapie farmacologiche convenzionali. Inoltre, il paziente che si trova a dover intraprendere una cura di tipo farmacologico dovrà affrontare una serie di problematiche invalidanti dovute agli effetti collaterali delle terapie proposte. Perciò, nonostante i possibili interventi, sappiamo che molte di queste patologie sono ancora di origine sconosciuta perché non riconducibili ad un singolo agente eziologico, bensì alla concausa di molti fattori. Per questo motivo affronteremo in questa tesi alcune possibili strategie di tipo nutrizionale e nutraceutico al fine di trattare i vari disequilibri che si traducono nel sintomo stesso. Sarà

(11)

8 affrontata inizialmente una disamina sulle principali malattie

dermatologiche a carattere infiammatorio e i loro singoli pathway fisiopatologici per poter poi descrivere alcune possibili strategie di intervento a comune.

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9

2.1 Dermatite Atopica

La dermatite atopica è una malattia infiammatoria della pelle il cui esordio è tipico nella prima infanzia. Questa patologia tende a cronicizzare intervallandosi con momenti di remissione e momenti di riacutizzazione. Il termine “atopica”, deriva dal greco ed è un attributo utilizzato per definire l’assenza di una collocazione specifica delle sue manifestazioni.

Il suo esordio avviene tipicamente nel lattante, presentandosi come rossore e prurito prima attorno al viso, poi sul tronco e sulle pieghe di gambe e avambracci. Le chiazze tendono a seccarsi ed inspessirsi soprattutto nell’età adolescenziale e nell’adulto interessando altre aree del corpo. Il prurito è il sintomo maggiormente invalidante perché viene riferito come feroce ed insopportabile, soprattutto nelle ore serali. Colpisce fino al 15-20% dei bambini nei paesi sviluppati e l'incidenza è in aumento [2]. La condizione migliora o si risolve con la crescita nella maggior parte dei pazienti; tuttavia molti richiederanno un trattamento intermittente per esacerbazioni fino alla prima età adulta.

La sua eziologia è complessa e comprende fattori genetici, immunologici e ambientali che causano anomalie della barriera cutanea, disfunzioni immunitarie e possibili concomitanti

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10 alterazioni del microbiota cutaneo, con superinfezioni

batteriche e fungine. Inoltre, non è ancora chiaro se la patologia inizi con una disfunzione della barriera cutanea, ipotesi “out side in” o da una deregolazione immunitaria, ipotesi “inside out”.

La dermatite atopica può essere classificata in due tipologie, che nonostante la loro diversità mostrano manifestazioni sintomatiche sovrapponibili. La prima, intrinseca, mostra un aumento delle sole IgE totali e non di quelle specifiche contro particolari allergeni. La sua insorgenza è tardiva e non vi è un’alterazione della barriera cutanea.

La seconda, denominata estrinseca o allergica, mostra elevati livelli di IgE sieriche totali e un aumento di IgE specifiche per allergeni ambientali e alimentari. In questa tipologia si manifesta la distruzione della barriera cutanea a fronte di una mutazione genetica a carico della fillagrina (FLG), proteina importante per la formazione del corneocita, oltre che per la generazione dei suoi metaboliti intracellulari. Essi contribuiscono alla produzione dei peptidi antimicrobici e al mantenimento del fattore di idratazione naturale (NMF) e al pH [3]. In questa tipologia di dermatite, le disfunzioni del sistema immunitario si verificano quindi a causa degli allergeni che riescono ad attraversare la barriera cutanea e ad interagire con

(14)

11 le cellule dendritiche (cellule di langherans) poste nello strato

basale. Queste si comportano come cellule presentanti l’antigene (APC) nei confronti dei linfociti Th2, e la conseguenza è una iperproduzione di citochine infiammatorie (IL-4, IL-13, IL-31) causando un richiamo chemiotattico di granulociti eosinofili e mastociti, che andranno incontro a degranulazione rilasciando istamina. Questo meccanismo eziopatogenico permette di spiegare molti aspetti della dermatite atopica tra cui gli alti valori di IgE, le manifestazioni respiratorie, gastrointestinali e le lesioni cutanee [4].

Nella fase cronica invece, a causa dello sfregamento continuo sulla barriera cutanea, si creano lesioni che appaiono secche e lichenificate, con reclutamento di cellule Th1 e produzione di citochine specifiche (interferone gamma, IL-12) [4][5].

Figura 2 - Meccanismi patogenetici nella Dermatite Atopica estrinseca. Si evidenzia il polimorfismo genetico per la Filaggrina (FLG), il ruolo degli agenti esterni irritanti (cosmetici, alterazioni pH cutaneo, allergeni), Attivazione dei TLR a causa di agenti batterici (Staphilococcus aureus).

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12 Negli ultimi anni è stato riportato in letteratura anche un

possibile ruolo dei linfociti Th17, solitamente associati allo sviluppo di altre patologie autoimmuni come l’artrite reumatoide, la sclerosi multipla e la psoriasi. Producono principalmente citochine IL-17 e IL-22, tuttavia il rapporto risulta a favore di quest’ultimo, meccanismo esattamente contrario a quello che avviene nella fisiopatologia della psoriasi. La riduzione di questa citochina sembra indurre una ridotta produzione di peptidi antimicrobici, il che può essere la ragione per cui l’infezione batterica è più frequente in questo tipo di manifestazione cutanea [6].

In una review molto recente viene messa in luce anche la segnalazione svolta dai Toll-Like Receptor (TLR2), recettori di membrana che fanno parte dell’immunità innata. Svolgono un ruolo essenziale nella difesa dell'ospite contro i segnali di pericolo, producendo una vasta gamma di citochine, chemochine e peptidi antimicrobici indispensabili per l'attivazione della più specifica immunità adattativa per una protezione a lungo termine. È una superfamiglia, rappresentata da un gran numero di recettori diversi specializzati nel riconoscere porzioni specifiche di agenti esterni potenzialmente patogeni.

(16)

13 È stato dimostrato un preciso fattore eziologico nella dermatite

atopica rappresentato dallo Staphylococcus aureus, il quale innesca una risposta infiammatoria con produzione di citochine IL-6. Durante questo processo, viene prodotta abbondantemente una sostanza, la catelicidina peptidica antimicrobica (CAMP), che conferisce resistenza all'ospite, suggerendo quindi che sono necessari ulteriori studi per definire il ruolo dei TLR2 nella patogenesi della dermatite atopica [7].

Anche i lipidi di membrana hanno da sempre un ruolo cruciale nella protezione cutanea, infatti un altro motivo per cui la pelle atopica si presenta secca e pruriginosa sembra essere la ridotta attività dell’enzima delta 6 desaturasi, implicato nel metabolismo degli acidi grassi omega 6 e dunque nel mantenimento del corretto rapporto acido diomo-gammalinolenico (DGLA)/ acido arachidonico (AA), bilanciando l’infiammazione e contribuendo al mantenimento del film idrolipidico della pelle [8].

(17)

14

2.2 Dermatite Seborroica

La dermatite seborroica è una patologia cronico-recidivante che si manifesta solitamente al viso e sul cuoio capelluto ma può anche interessare altre parti del corpo. Si manifesta con prurito, cute eritematosa, produzione di squame da grigiastre a giallastre, untuose (variante grassa) e che possono diventare secche dopo alcuni giorni dalla loro comparsa (variante secca). Al viso la seborrea oleosa può manifestarsi anche in associazione con acne (acne sebacea) o a rosacea (rosacea seborroica).

L’eccesso di sebo è alla base della patologia in quanto crea un microambiente favorevole alla proliferazione di alcuni lieviti normalmente presenti sul microbiota cutaneo, il genere Malassenzia. Sono funghi lipofili che si nutrono di acidi grassi a lunga catena presenti nel sebo e grazie ai loro enzimi sono in grado di generare acidi grassi pro-infiammatori, come l’acido oleico, e sottoprodotti irritanti quali malassezine e pitiacitrine. A seguito dell’interazione di queste sostanze con i recettori TLR2 vengono liberate citochine della serie IL-6, IL-1 e TNF alfa. Questo stimola la proliferazione e differenziazione dei cheratinociti con conseguente rottura della barriera cutanea, perdita dell’acqua trans epidermica e desquamazione con prurito; per questo motivo spesso la pelle viene addirittura

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15 percepita come secca. Episodi di dermatite seborroica sono

anche associati a deficit di vitamina B6 (piridossina) e/o biotina, che possono essere dipendenti da carenze nutrizionali o da periodi di forte stress. Concorrono alla patologia anche quei fattori ormonali che possono provocare un eccesso di sebo, come l’aumento della sintesi degli androgeni circolanti e una loro maggiore conversione periferica [9].

Figura 3 - Meccanismo fisiopatologico della Dermatite Seborroica. Tratta da Experimental dermatology, Volume 29, Numero 5, Maggio 2020

(19)

16

2.3 Rosacea

La rosacea è un disturbo multifasico caratterizzato da infiammazione cronica del microcircolo cutaneo superficiale, che colpisce prevalentemente il naso, il mento, la fronte centrale e in alcuni casi le aree perioculari. È una patologia diffusa che colpisce in tutto il mondo con una stima di circa 5 – 10%, inoltre la sua incidenza è in aumento nei paesi sviluppati probabilmente a causa dell’invecchiamento della popolazione. È diffusa nelle persone di carnagione chiara, in particolare tra i caucasici europei, con una predilezione per la fascia di età compresa tra i 45 e i 60 anni [10].

La rosacea può essere innescata o aggravata da diversi fattori esterni, come freddo, caldo, irradiazione ultravioletta ed esposizione cutanea a sostanze chimiche [11].

Inizialmente la patologia si presenta con dei “flushing” intermittenti, ovvero si alternano fasi in cui la pelle è normale a fasi di arrossamento con sensazione di calore, bruciore e prurito, arrivando poi all’età adulta, dove l’eritema centro-facciale diventa fisso, si manifestano le teleangectasie e può progredire fino ad includere papule e pustole.

Sulla base delle caratteristiche morfologiche può essere classificata in quattro sottotipi:

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17 Sottotipo 0: pre-rosacea con episodi di flushing, assenza di

teleangectasie, edema, pustole o ipertrofia.

Sottotipo I: rosacea eritematosa con eritema occasionale e teleangectasie visibili a livello delle regioni centrali del viso, specie dopo i pasti, negli sbalzi di temperatura o situazioni di tensione emotiva.

Sottotipo II: rosacea edematosa con eritema persistente ed edema.

Sottotipo III: rosacea papulo-pustolosa con eritema persistente e la presenza concomitante di papule e pustole non follicolari. In alcuni casi si può osservare blefarite e congiuntivite (rosacea oftalmica)

Sottotipo IV: rosacea ipertrofica situazione più rara delle altre, caratterizzata da fibrosi dermica e deformazione del naso (rinofima), del mento, delle palpebre e delle orecchie.

I sintomi descritti nell’attuale sistema di classificazione possono presentarsi in momenti diversi e in diverse combinazioni, la ricerca suggerisce infatti che vi sia un continuum infiammatorio sottostante tale da far progredire la malattia non solo in gravità ma includendo anche fenotipi aggiuntivi [10].

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18

La rosacea, infatti, è una dermatosi con fisiopatologia complessa e gli studi mostrano una risposta immunitaria innata (TLR2) conseguente agli stimoli ambientali, che favorisce l’infiammazione e l’angiogenesi. Alla base si osserva la secrezione di peptidi antimicrobici (AMP), da parte di cheratinociti, sebociti e dai mastociti, e tra questi, il gruppo delle catelicidine ha ricevuto una attenzione speciale. Vediamo infatti che nella pelle sana, questo peptide è poco rappresentato, mentre nella pelle affetta da rosacea, a causa degli stimoli termici, dell’irraggiamento solare e della presenza di acari del genere Demodex, la catelicidina viene processata dalla proteasi serinica (kallikreina 5) in catelicidina LL-37, i cui frammenti stimolano il processo infiammatorio e disturbi vascolari. Nei pazienti con la forma eritematoso – teleangectasica si verifica anche un infiltrato perivascolare infiammatorio, costituito da linfociti, macrofagi e mastociti associato ad un aumento del fattore di crescita endoteliale vascolare (VEGF). Questi meccanismi contribuiscono ad un aumento della perdita di acqua transepidermica generando prurito e bruciore.

Interessante notare che esiste anche un coinvolgimento del sistema neurale associato alla stimolazione del recettore vanilloide TRPV1, canali recettoriali ampiamente espressi a livello delle fibre sensoriali, ma presenti anche a livello del

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19

sistema nervoso centrale (REF). Questi canali contribuiscono alla percezione del dolore somatico-viscerale e sono normalmente attivati dai cibi piccanti, speziati, dallo stress emotivo e da cambiamenti di temperatura causando la liberazione di ossido nitrico (NO) e bradichinina con conseguente vasodilatazione. La loro espressione è maggiore nei pazienti affetti da rosacea, aiutando a spiegare la sensazione di disagio che si crea dopo il contatto o l’ingestione di molecole in grado di attivare questi canali, come ad esempio alcuni profumi o estratti di erbe [11][12].

Figura 4 – Meccanismo fisiopatologico alla base della Rosacea. Tratto da Rosacea: Part I. Introduction, categorization, histology, pathogenesis, and risk factors Two A.M., Wu W., Gallo R.L., Hata T.R. (2015) Journal of the American Academy of Dermatology, 72 (5) , art. no. 9762 , pp. 749-758.

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2.4 Acne Volgare

L’Acne vulgaris (AV) è una malattia infiammatoria cronica dell’unità pilosebacea, ed è il disturbo cutaneo più pervasivo indipendentemente dal sesso, dal colore della pelle o dall’etnia.

Sebbene i livelli di ormoni androgeni siano considerati il principale fattore scatenante l’acne nella pubertà, recenti evidenze suggeriscono che il ruolo chiave appartenga alfattore di crescita insulino-simile (IGF1).

In particolare, IGF1 agisce principalmente tramite induzione della sintesi androgenica a livello dei surreni e delle gonadi, incrementando al tempo stesso anche l’espressione dell’enzima cutaneo alfa 5 reduttasi, capace di convertire gli androgeni nella loro forma attiva, diidrotestosterone. E’ in grado di attivare al tempo stesso la proteina chinasi citosolica (AK) capace di inibire il fattore di trascrizione FoxO1 attivando SREBP, elemento regolatorio per la sintesi degli steroli, al contempo è in grado di attivare anche il complesso mTORC1, con la diretta conseguenza di ottenere una maggiore sintesi dei lipidi sebacei e la loro desaturazione, portando ad un profilo di acidi grassi

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monoinsaturi proinfiammatori e comedogenici.

Le variazioni nella quantità e nella composizione del sebo favoriscono proliferazione di Propionibacterium acnes e la stimolazione dei TLR2 sui monociti, innescando così la produzione di citochine proinfiammatorie IL-1beta e IL-18. Inoltre, le modificazioni a carico della composizione del sebo stimolano una risposta adattiva, inducendo la produzione di cellule Th17 con rilascio di citochine IL-17 e attirando i neutrofili nelle lesioni infiammatorie [13].

Figura 5 – Meccanismo fisiopatologico dell’acne vulgaris. Tratto da Plewig G., Melnik B., Chen W. (2019) Pathogenesis of acne. In: Plewig and Kligman's Acne and

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2.3 Psoriasi

La psoriasi è una malattia infiammatoria cronica della pelle, con una genesi multifattoriale a cui concorrono fattori di ordine genetico e variabili esterne (variazioni stagionali, infezioni batteriche e virali, farmaci, stress). L’insorgenza del quadro morboso è stato più volte indagato e correlato allo stato di fumatore e al consumo di alcool, che sono risultati fattori di rischio statisticamente significativi per la malattia [14].

La psoriasi può presentarsi in ogni zona del corpo e le aree variano in base alla forma clinica con cui si manifesta. Si classifica poi in base all’aspetto delle lesioni:

Psoriasi volgare o a placche: questa tipologia è la più frequente (circa l’80%) e si manifesta con placche rosse, circoscritte e coperte da scaglie bianco-argentee. Tipica delle zone del gomito, le ginocchia e il cuoio capelluto.

Psoriasi guttata: in questa forma, che rappresenta solo il 10% dei casi, le placche sono rotondeggianti, di dimensione e inspessimento ridotto. E’ più frequente nella psoriasi conseguente a episodi infettivi, in genere di origine streptococcica, come le tonsilliti o le faringiti, per questo motivo si presenta più frequentemente in età infantile o adolescenziale.

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23 Psoriasi inversa: ha una frequenza del 4% e si manifesta con

cute liscia, molto arrossata e assenza di squame. Le zone colpite sono prevalentemente quelle in corrispondenza delle ascelle e intorno ai genitali.

Psoriasi pustolosa (palmo-plantare): è una variante della psoriasi pustolosa dove le pustole amicrobiche si presentano con andamento cronico e le remissioni sono più rare, è presente una condizione di intenso prurito.

La patologia mostra un elevato turn-over cellulare, infatti si osserva nel reperto istologico un mantenimento dei nuclei nello strato corneo, e un riarrangiamento del derma, dove avviene un incremento della deposizione di matrice extracellulare. Da sottolineare anche un aumento dell’angiogenesi, con vasi sanguigni dilatati e la presenza di numerosi infiltrati neutrofili in tutte le componenti della cute. La malattia infatti, deriva da una deregolazione del sistema immunitario, che si traduce in produzione di citochine infiammatorie, chemochine e molecole di adesione che perpetuano il meccanismo richiamando altre cellule immunitarie.

Il meccanismo fisiopatologico nella psoriasi è regolato da una serie di fattori, in primis da una predisposizione genetica distribuita su differenti cromosomi: ad oggi 9 sono quelli correlabili alla malattia e vengono designati con l’acronimo di

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24 PSORS (PSORiasis susceptibility). Corrispondono a regioni in

cui sono presenti geni coinvolti nei processi infiammatori e nelle fasi di differenziamento dell’epidermide. Esiste associazione tra psoriasi e il locus Human Leucocyte Antigen Cw6 (HLA-Cw6) denominato PSOR1, presente nella regione dove sono situati i geni HLA, ed è considerato l’antigene responsabile nella maggioranza dei casi di questa malattia.

Il ruolo del sistema immunitario nella patogenesi della psoriasi è sicuramente di primo piano ed è anche il bersaglio farmacologico attuale. L’attivazione dell’immunità innata tramite TLR2 porta alla produzione di citochine infiammatorie (IL-1 beta, IL-6 eTNF alfa), le quali reclutano le cellule presentanti l’antigene (APC). L’interazione di queste ultime con le cellule T naive porta da un lato alla produzione di TNF alfa e interferone con attivazione di Th1, dall’altro alla produzione di IL-23, citochina attivante i Th17, che entrano nel torrente circolatorio e giungono ai siti infiammatori dove rilasciano due citochine locali, IL-17 e IL-22 che permettono di aumentare la produzione di β defensine e peptidi antimicrobici, indispensabili per il mantenimento dell’immunità mucocutanea

(28)

25 [15].

Figura 6 – Meccanismo fisiopatologico della psoriasi, tratto da Mahajan R, Handa S. Pathophysiology of psoriasis. Indian J Dermatol Venereol Leprol 2013;79, Suppl S1:1-9

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26

3. Patologie dermatologiche infiammatorie:

ruolo del sistema immunitario innato.

Il sistema immunitario rappresenta la seconda e la terza linea di difesa contro i patogeni invasori. La prima linea di difesa è la barriera epiteliale, cioè la pelle e le mucose, che formano un rivestimento continuo della superficie corporea.

Quando questa barriera fisica viene danneggiata da un taglio, una lacerazione, o anche quando sostanze estranee possono essere in grado di penetrarla, vengono attivate la seconda e la terza linea di difesa, e precisamente il sistema immunitario innato e quello acquisito.

In questa tesi ci concentreremo sul sistema immunitario innato, chiamato anche naturale o aspecifico, capace di rispondere in poche ore ad una invasione antigenica, attraverso l’attivazione di specifici recettori per innescare la reazione infiammatoria e immunologica con un meccanismo comune in tutte le patologie dermatologiche citate in precedenza.

Normalmente, quando un batterio invasore riesce a superare la prima barriera fisica, vediamo che interviene un sistema di difesa formato da peptidi antimicrobici (AMP), dagli enzimi antibatterici e dalle lectine, sintetizzati e rilasciati dalle cellule epiteliali per difendere il corpo dagli agenti esterni.

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27 A seguito dei segnali di danno verrà attivata la risposta

infiammatoria, che deriva sia dal reclutamento di cellule competenti, sia dalla produzione da parte delle cellule epiteliali di DAMPs e PAMPs, i primi sono segnali molecolari rilasciati dai cheratinociti danneggiati, e possono essere costitutivi o prodotti attivamente dalle cellule come richiamo chemiotattico, ovvero TNFα e IL-1β, mentre i secondi sono relativi ai patogeni.

Questi segnali vengono captati da alcune categorie di recettori, che possono trovarsi sulla membrana cellulare o nello scomparto intracellulare, e vengono chiamati tutti insieme recettori del pattern (PRR). Tra questi, i recettori Toll-like (TLR) sono quelli che interessano maggiormente il pathway fisiopatologico associato alle patologie dermatologiche studiate e rappresenta l’inizio della risposta infiammatoria.

Essi sono in grado di trasdurre il segnale in singolo o dimerizzando, acquisendo quindi specificità che normalmente non hanno quando non sono associati. Inoltre, sono spesso associati a proteine che permettono a questi recettori di inviare segnali sia di attivazione che di proliferazione cellulare.

I recettori TLR, dopo la loro attivazione trasducono il segnale attraverso una proteina citosolica denominata myd88, che induce la cascata metabolica intracellulare e attiva il fattore di

(31)

28 trascrizione nucleare NF-kb. Questa serie di eventi provoca non

solo il rilascio di appropriate citochine per il patogeno riconosciuto, ma anche la potenziale attivazione delle cellule B e T responsabili della risposta immunologica. Pertanto, in ambito clinico, una ipoattività dei TLR è associata ad una maggiore suscettibilità verso i patogeni, mentre l’iperattività può essere responsabile di alcune malattie autoimmuni ma anche delle patologie dermatologiche prese in esame [16].

Lo scopo di questa tesi è quello di analizzare i nutraceutici che potrebbero avere un ruolo nel blocco del fattore di trascrizione NF-kb, correlato alla produzione di citochine, fattori di crescita endoteliali e molecole di adesione, al fine di regolare la risposta infiammatoria.

(32)

29

4. Nutraceutici in chiave preventiva: ruolo nella

immunomodulazione e nell’infiammazione.

4.1 Acidi grassi polinsaturi Omega 3 e Omega 6

Nel 1929, George e Mildred Burr, descrissero per la prima volta una sindrome causata da una forte riduzione del grasso con la dieta, la quale si manifestava principalmente con sintomi cutanei, come eritema, desquamazione, prurito e aumento della perdita di acqua transepidermica. Divenne chiaro che il grasso perduto avesse un ruolo “essenziale” nella struttura della pelle ed era necessario reintrodurlo con l’alimentazione. Il termine di acidi grassi essenziali è stato creato in riferimento a due acidi polinsaturi (PUFA), acido linoleico (LA) e acido α-linolenico (ALA), rispettivamente omega 6 e omega 3 con effetti antagonistici sulle funzioni metaboliche nell’organismo umano. I PUFA sono di grande importanza a livello nutraceutico in quanto hanno particolari funzioni biologiche indispensabili per la salute cellulare, inserendosi nella composizione lipidica della membrana cellulare e svolgendo funzione protettiva e preventiva nei confronti di moltissime malattie, con potenziale di applicazione nel trattamento delle infiammazioni croniche della pelle più comuni, come la dermatite atopica, la psoriasi e l’acne.

(33)

30 Visto che gli acidi grassi essenziali ω-3 e ω-6 hanno effetti

antagonistici sulle funzioni metaboliche dell’organismo umano, è indispensabile riconoscere una eventuale carenza per intervenire in modo mirato ed evitare uno sbilanciamento nel loro rapporto. Ad oggi è possibile studiare la composizione lipidica della membrana cellulare attraverso tecniche di lipidomica, metodologie che forniscono dati importanti per la scelta del trattamento più appropriato.

Tecnica utile, in quanto nella dieta occidentale, prevale spesso la serie ω-6 perché presente in alimenti a base di cereali, oli vegetali e semi, a discapito degli ω-3 che si trovano prevalentemente nelle verdure a foglia verde, semi di lino, noci e soia, mentre i loro derivati, acido eicosapentaenoico (EPA) e acido docosaesaenoico (DHA), sono ottenuti attraverso il pesce azzurro.

La loro assunzione con la dieta avviene per lo più sottoforma di trigliceridi, che vengono sottoposti a digestione nell'intestino tenue con conseguente liberazione di acidi grassi e assorbimento nel flusso sanguigno, per giungere ai tessuti in cui vengono incorporati. L'alimentazione, il metabolismo e lo stile di vita possono provocare stress di tipo ossidativo e provocare conseguentemente dei cambiamenti nell’omeostasi della membrana cellulare.

(34)

31 I PUFA più importanti e metabolicamente significativi derivati

da acido linoleico LA (serie ω-6) sono acido gamma-linolenico (GLA), acido diomo-gamma-linolenico (DGLA) e acido arachidonico (ARA). Dall'altra parte, la serie ω-3 ha come capostipite ALA e i derivati più importanti sono EPA e DHA, nonostante la conversione sia particolarmente impegnativa e con una bassa resa, infatti è fondamentale la loro introduzione con la dieta.

In generale i PUFA producono tramite cascate enzimatiche gli eicosanoidi, molecole di segnalazione bioattiva con caratteristiche pro-infiammatorie (se prodotti dalla serie ω-6) e antinfiammatorie (se prodotti dalla serie ω-3). LA e ALA competono nella sintesi di queste sostanze prendendo di mira gli stessi enzimi, desaturasi ed elongasi, determinando una prevalenza di eicosanoidi tipici del substrato quantitativamente maggiore.

Sebbene gli ω-6 e i loro derivati siano generalmente considerati omega "cattivi" principalmente a causa dell'acido arachidonico (ARA) e dei suoi prodotti che innescano l'infiammazione, il substrato di ARA, DGLA, è stato a lungo considerato un potente PUFA antinfiammatorio grazie ai suoi derivati ossigenati, le prostaglandine della serie 1, in particolare PGE1.

(35)

32 nella modulazione della risposta immunitaria innata, inibendo i

recettori Toll-like (TLR) presenti sui cheratinociti. Specificatamente sia EPA che DHA inibiscono TLR-4, il recettore del lipopolisaccaridi (LPS), con un effetto inibitorio sul fattore NF-kb indotto da LPS e la successiva produzione di citochine infiammatorie [17] [18].

Da una review molto recente sono emersi dati interessanti circa l’uso dei PUFA nelle malattie dermatologiche, tra queste è stata esaminata la correlazione con dermatite atopica, psoriasi e acne. Dallo studio si evince che la dermatite atopica può beneficiare dell'olio di pesce, che contiene specificatamente EPA e DHA, ed è utile per migliorare i sintomi associati alla malattia, con effetto antinfiammatorio complessivo dato dalla capacità di modulare la proliferazione linfocitaria e la produzione di citochine e molecole di adesione. Gli studi elencati hanno dimostrato che l’integrazione con olio di pesce ha dato buoni risultati in gravidanza, per prevenire la dermatite atopica nel neonato e per consentire il corretto sviluppo del sistema immunitario del bambino. C’è infatti correlazione negativa tra consumo di latte materno ricco di grassi saturi e povero di grassi omega 3, per questo motivo anche il latte di crescita viene spesso addizionato specificatamente con DHA [19].

(36)

33 In un modello animale, è stato dimostrato che la produzione

epidermica di eicosanoidi, in particolare resolvine, ha ridotto lo sviluppo di lesioni cutanee indotte, simili all'AD, diminuendo la produzione di citochine infiammatorie, l’infiltrazione di mastociti ed eosinofili, oltre alla soppressione dei livelli sierici totali di IgE [20]. Sono stati effettuati anche tentativi di integrazione con PUFA ω-6, principalmente con GLA, derivato da olio di borragine. Questo acido grasso deriva normalmente dall’acido linoleico (LA) e per la sua biosintesi necessita dell’enzima Δ-6 desaturasi, successivamente subisce elongazione tramite elongasi per diventare DGLA, poi rapidamente convertito nei suoi metaboliti con ruolo prevalentemente antinfiammatorio.

Figura 7 – Pathway metabolico di omega 3 e omega 6, tratto da Haggarty P. Fatty acid supply to the human fetus. Annu Rev Nutr. 2010;30:237-255.

(37)

34 Uno studio clinico ha coinvolto 30 soggetti con AD lieve a cui

è stato somministrato olio ricco di GLA per un periodo di quattro settimane, tempo necessario per raggiungere concentrazioni adeguate nella pelle. Il risultato ha mostrato un miglioramento della capacità di idratazione transepidermica e un indice di strato corneo più alto rispetto al controllo [21].

Poiché la supplementazione con GLA mostra effetti positivi sulla riduzione dei mediatori lipidici pro-infiammatori e sul miglioramento dei sintomi clinici dei disturbi infiammatori, ci sono strategie promettenti per mantenere questi effetti antinfiammatori senza un conseguente aumento marcato di acido arachidonico (ARA) con il suo potenziale effetto dannoso. Queste strategie si basano sulla integrazione di GLA in aggiunta agli ω-3 (EPA e DHA), perché questi ultimi sono in grado di inibire la conversione del metabolita DGLA in ARA, ridurre al tempo stesso il fattore NF-Kb e la produzione di citochine infiammatorie permettendo anche alle cellule della pelle di arricchirsi ulteriormente di preziosi metaboliti antinfiammatori. Uno degli oli più preziosi è l’olio di Echium, estratto da Echium plantagineum, pianta conosciuta anche come erba viperina, della famiglia delle Borraginaceae, è diffusa in tutto il mondo ed è diventata specie infestante in Australia. I suoi semi contengono un’elevata quantità di GLA

(38)

35 (19%), ma anche di ALA (10%) e acido stearidonico SDA

(13%), classificandosi come ottima alternativa per le persone che non tollerano l’olio di pesce o per i vegetariani per beneficiare degli effetti dei PUFA ω-3 e ω-6. [22]

Gli effetti benefici della supplementazione con PUFA vengono mostrati anche nei pazienti affetti da psoriasi. I risultati emersi dallo studio di Quin et al. sono promettenti in quanto la malattia è caratterizzata da iperproliferazione anormale di cheratinociti che si verifica a causa dell’attivazione dei linfociti T, portando successivamente alla produzione di acido arachidonico (ARA) e alla generazione dei suoi mediatori pro-infiammatori e chemiotattici per i neutrofili. In particolare, ha messo in evidenza che gli ω-3 agiscono modulando i recettori TLR2 e TLR4, riducendo la produzione di linfociti Th17 e delle citochine associate, tra cui IL-17, IL-22, IL-23 e stimolato al contempo le cellule Treg per produrre più alti fattori antinfiammatori [23].

Anche Clark et al. hanno recentemente condotto una metanalisi per valutare l’efficacia degli acidi grassi ω-3 come monoterapia nel trattamento dei pazienti psoriasici. Gli studi inclusi sono stati dieci, per un totale di 278 individui nel gruppo di intervento a cui sono stati somministrati dosaggi a partire da 240 fino a 3600 mg al giorno di EPA. Per valutare l’influenza

(39)

36 della supplementazione sulle complicanze della psoriasi, gli

studi sono stati suddivisi in due sottogruppi distinti in base al dosaggio (< o > di 1800mg) e per durata di trattamento (< 8 vs > di 8 settimane). I risultati hanno mostrato riduzioni significative del punteggio PASI, un indice dermatologico che permette di monitorare i miglioramenti del soggetto psoriasico utilizzando come strumenti valutativi alcuni parametri quali,

estensione, desquamazione, eritema, ispessimento e severità delle manifestazioni psoriasiche fornendo poi un punteggio, variabile da 0 (assenza di psoriasi) a 72 (valore massimo,

psoriasi grave). Più precisamente nel sottogruppo in cui i

dosaggi erano maggiori di 1800mg/die e una durata inferiore alle 8 settimane sono stati associati a risultati migliori, con una riduzione del punteggio PASI tra il 50 e il 75%. Nonostante questo, l’integrazione non ha migliorato il prurito e la desquamazione.[24]

Ulteriori benefici della supplementazione di PUFA ω-3 in pazienti con psoriasi sono i loro possibili effetti ipolipidici e la prevenzione dello sviluppo di obesità e insulino-resistenza. Ciò si basa sul fatto che la segnalazione del complesso 1 della rapamicina (mTORC1), cruciale nella segnalazione pro-infiammatoria dei cheratinociti attraverso l'attivazione della via NF-kb viene attivata attraverso un aumento delle citochine

(40)

37 infiammatorie correlate all'obesità come TNF-α, IL-6 e

adiponectina rilasciate dal grasso viscerale [25].

L’attività degli ω-3 è stata riconosciuta per decenni e il loro effetto terapeutico, in particolare quello del DHA, è dovuto all’inibizione della dimerizzazione della segnalazione TLR1-TLR2, la cui espressione risulta indotta da C. acnes, portando all’attivazione delle vie NF-Kβ con aumento delle citochine pro-infiammatorie IL-6, IL-8, IL-1, TNFα e produzione di β-defensina2, peptide antimicrobico prodotto in risposta al patogeno che induce il rilascio di citochine e stimola la formazione delle cellule immunocompetenti. [26]

Uno studio di Jung JY et al, condotto in doppio cieco, ha incluso 45 pazienti con acne da lieve a moderata e assegnato questi pazienti a tre gruppi, al primo veniva somministrato 2000mg/die di EPA e DHA, al secondo gruppo veniva somministrato 400mg/die di GLA e infine il terzo gruppo di controllo che non ha ricevuto alcun trattamento. Dopo dieci settimane, sia il gruppo che aveva ricevuto omega 3 che quello trattato con GLA hanno mostrato una riduzione significativa della conta delle lesioni acneiche infiammatorie e non infiammatorie e la valutazione istologica ha rilevato una ridotta espressione della IL-8, causa di ipercheratinizzazione follicolare e iperplasia epidermica. I ricercatori hanno concluso

(41)

38 che dosi moderate di ω-3 e GLA potrebbero migliorare le

lesioni dell’acne. [27]

In conclusione, il trattamento combinato di ω-3 e GLA, potrebbe dare benefici nella gestione delle malattie infiammatorie della pelle.

Figura 8 – Meccanismi attraverso i quali gli acidi grassi influenzano i quattro principali fattori nell’acne. Tratto da Balić, Anamaria et al. “Omega-3 Versus Omega-6

Polyunsaturated Fatty Acids in the Prevention and Treatment of Inflammatory Skin Diseases.” International journal of molecular sciences vol. 21,3 741. 23 Jan. 2020, doi:10.3390/ijms21030741

(42)

39

4.2 VITAMINA D

La vitamina D è una vitamina liposolubile che si presenta in due forme principali: ergocalciferolo (vit. D2) prodotta dalle piante, e colecalciferolo (vit. D3) presente inalimenti di origine animale. La fonte principale è rappresentata dalla sintesi cutanea in presenza di luce solare, e si forma a partire dal 7-deidrocolesterolo con la formazione della provitamina D, un intermedio che deve subire due idrossilazioni, prima nel fegato per formare 25-idrossicolecalciferolo e quindi nel rene per formare il metabolita attivo, l’1,25-diidrocolecalciferolo, con emivita molto breve. I livelli di vitamina D nel siero sono regolati da un meccanismo di feedback di calcio, fosforo, ormone paratiroideo, fattore di crescita dei fibroblasti e vitamina D stessa. Una sua carenza è definita in un range di intervallo che sta al di sotto dei 20 ng/ml e la sufficienza compresa tra 21 e 29 ng/ml.

Le funzioni della vitamina D sono da sempre state rappresentate da quelle del metabolismo fosfocalcico, ma negli ultimi decenni sono diventati evidenti gli effetti extra scheletrici e i suoi ruoli nella proliferazione cellulare, differenziazione e modulazione immunitaria. Queste azioni sono mediate dal recettore della vitamina D (VDR), che dopo l’attivazione interagisce con il recettore X del retinoide (RXR)

(43)

40 per formare un complesso etero dimerico VDR-RXR, capace

di legare specifici elementi potenziatori presenti nella regione promotrice di geni, denominati VDRE (elementi di risposta alla vitamina D), attivando così l’espressione di specifici geni target. La VDR si trova anche nella membrana plasmatica e legandosi alla vitamina D, attiva una trasduzione di segnalazione intracellulare non genomica coinvolta in molte azioni fisiologiche.

Prove emergenti indicano che questa vitamina può svolgere un ruolo importante nella modulazione dell’infiammazione e che un adeguato livello nel sangue è cruciale per mantenere la risposta antinfiammatoria ottimale nell’uomo [28]. Il meccanismo alla base del controllo infiammatorio è la capacità di modulare i TLR2 e TLR4 ed inibire la via NF-kβ, di conseguenza evitare che questo fattore di trascrizione riesca a traslocare nel nucleo dove promuove l’espressione di citochine pro-infiammatorie e del fattore di necrosi tumorale TNFα, noto per promuovere la disfunzione endoteliale. E’ stato anche dimostrato che la vitamina D può indurre direttamente la produzione di importanti peptidi antimicrobici come le catelicidine e le β-defensine nei monociti e nelle cellule epiteliali umane.

(44)

41

della pelle, e questo è stato dimostrato in molti studi che hanno riportato una carenza o insufficienza sierica inferiore a 14 ng/ml nei pazienti affetti. Una metanalisi recente mostra che nei soggetti con dermatite atopica vi sono livelli significativamente ridotti di vitamina D, specialmente nel campione pediatrico; e che la supplementazione di 1500-2000 IU per tre mesi è stata clinicamente rilevante in termini di riduzione dello SCORAD e

nella produzione delle citochine infiammatorie. Negli studi di

intervento, l’indice utilizzato per valutare la misura di efficacia è chiamato Minimal Clinical Important Difference o MCID, ovvero il più piccolo cambiamento che il paziente può ritenere importante ai fini della sua patologia, offrendo un valore soglia oltre il quale il risultato è vissuto da quest’ultimo come rilevante. Nel trattamento della dermatite atopica, l'MCID minimo deve essere di almeno 9 punti per essere significativo, e difatti c’è stata una riduzione dello SCORAD di 21 punti dalla media per gli studi di intervento in cui si utilizzava una dose di 1500 IU/al giorno, e una riduzione di 11 punti in quelli randomizzati dove erano utilizzate invece 1600 IU [29].

(45)

42

Inoltre, la revisione sistematica della letteratura ha indicato che

la maggior parte degli studi di intervento documenta una riduzione dell'infezione cutanea dopo l'integrazione di VitD, suggerendo anche un'associazione tra basse concentrazioni di 25 (OH) D e un aumento della colonizzazione secondaria cutanea di S. aureus, suggerendo che possa favorire la riduzione e la prevenzione di infezioni cutanee, anche se questo si basava su un numero limitato di studi e non c'erano dati sufficienti per eseguire una meta-analisi. [29]

Figura 9 – Meta-analisi degli studi di intervento sulla vitamina D nella dermatite atopica: confronto dell'indice clinico SCORAD al basale e integrazione post-vitamina D [29].

(46)

43

4.3 Probiotici e Prebiotici: Asse intestino-pelle

Da un punto di vista microbiologico, la pelle è un luogo affollatissimo e pieno di vita, riserva naturale di ospiti tutt’altro che indesiderati. Il termine microbiota cutaneo si riferisce quindi all’insieme dei microrganismi che popolano la cute e gli annessi cutanei ed è possibile identificarli in tre principali habitat: umido, sebaceo e secco. La pelle sebacea comprende il viso, il torace e la schiena e presenta una comunità batterica relativamente semplice, composta da diverse specie di Cutibacterium (precedentemente Propionibacterium), batteri Staphylococcus e lieviti Malassenzia [30].

L’escrezione di sebo sembra essere la principale forza trainante nello sviluppo e nella maturazione del microbiota sebaceo, poiché il loro equilibrio cambia drasticamente durante la pubertà, periodo in cui queste secrezioni aumentano o cambiano di composizione.

Siti di pelle secca come braccia e gambe sono dominati dalle specie Cutibacterium acnes (C.acnes) e Staphylococcus, ma con presenza di Gammaproteobacteria e Betaproteobacteria.

I siti umidi invece presentano una maggiore variabilità, ad esempio la pianta dei piedi, che costantemente umida favorisce la crescita del Corynebacterium e degli Stafilococchi [31].

(47)

44 Il microbiota cutaneo è importantissimo nel mantenere

l’omeostasi cutanea, soprattutto attraverso la modulazione del sistema immunitario locale. Il microbiota dell'acne è stato

studiato per diversi decenni, e C

acnes (precedentemente Propionibacterium acnes) è probabilmente l’agente causale dell'acne vulgaris. Mentre Staphylococcus epidermidis (S.epidermidis) è noto come patogeno opportunistico dei tessuti molli, e il suo ruolo potenziale nella patologia dell'acne è stato ignorato per molto tempo nonostante numerosi studi dimostrano che è più abbondante nei soggetti con lesioni attive, innescando la produzione di interleuchina IL-17 attraverso la via NF-kβ [38]. Anche le specie Malassezia, e più recentemente le specie Candida, sembrano essere implicate nella patologia dell'acne ma necessitano ancora di ulteriori studi [39].

Nel caso della dermatite atopica invece le citochine prodotte inibiscono la produzione dei peptidi antimicrobici β-defensina e catelicidina entrambe le quali vietano la colonizzazione di organismi patogeni come S. aureus, mantenendo l’omeostasi, ma nel corso della malattia la flora cutanea viene alterata, colpendo siti che normalmente ospitano comunità microbiche simili al patogeno come gambe e braccia e riducendo così anche la diversità complessiva in quella zona.

(48)

45 Il microbiota cutaneo nella rosacea è stato oggetto di numerose

ricerche scientifiche, sappiamo infatti che Demodex folliculorum, un acaro che vive normalmente nelle ghiandole sebacee della pelle sana, in condizioni favorevoli può moltiplicarsi, colonizzando il follicolo pilifero creando infiammazione cutanea. Inoltre, nella pelle affetta è stata riscontrata anche la presenza di S. epidermidis nella variante beta-emolitica con possibile aumento della sua virulenza [42]. Attraverso lo studio del microbiota cutaneo è stato possibile analizzare anche il ruolo della disbiosi cutanea nella psoriasi [44]. È interessante notare che Chang et al. hanno trovato un'abbondanza di S. aureus nella pelle lesionata, e per comprendere il significato, hanno usato un modello murino per esplorarne gli effetti sulla differenziazione delle cellule T scoprendo che i topi colonizzati da questo batterio mostravano una sovra regolazione di Th17 rispetto ai topi colonizzati con S. epidermis [45].

Infine, per quanto riguarda la dermatite seborroica, i cambiamenti ormonali e la produzione di sebo svolgono un ruolo attivo nella sua patogenesi. E’ normalmente associata al genere Malassezia, funghi che normalmente fanno parte del microbioma della pelle umana. In uno studio di pazienti con dermatite seborroica (SD), hanno scoperto che questi avevano

(49)

46 una colonizzazione significativamente più alta di S.

epidermidis rispetto a quelli senza SD [46].

Recentemente sta emergendo anche il coinvolgimento della flora batterica intestinale nel mantenere lo stato di salute della pelle. E’ altresì noto che diverse patologie dermatologiche possono variare il loro decorso in relazione alle condizioni di salute dell’appartato digerente [32].

Il tratto gastrointestinale e la sua flora batterica svolgono diverse funzioni, tra cui la modulazione del sistema immunitario, infatti molti dei prodotti derivanti dal metabolismo dei batteri commensali agiscono tramite l’inibizione della via NF-kβ regolando i pathway infiammatori. [33]. In riferimento a questo aspetto, i prebiotici introdotti con l’alimentazione, quando fermentati da parte del microbiota intestinale, possono produrre gli SCFA, ovvero acidi grassi a catena corta capaci di modulare il sistema immunitario e la risposta infiammatoria regolando la produzione di citochine, chemochine e l’espressione di molecole di adesione con proprietà antinfiammatorie e antiallergiche [34]. Nella revisione di Schley et al, viene mostrata la capacità immunomodulatorie di inulina e oligofruttosio, due tipologie di fibre alimentari solubili che attraverso la loro fermentazione ad opera della flora batterica intestinale, sono in grado di produrre

(50)

47 SCFA [35]. Questo particolare aspetto è noto in uno studio di

Gibson e Roberfroid del 1995, dove è dimostrato che una dieta arricchita di 15g al giorno di oligofruttosio o inulina e protratta per 45 giorni ha modificato significativamente la produzione degli SCFA e ha fatto diventare il Bifidobacterium il genere numericamente predominante nelle feci [36].

Il microbiota intestinale quindi è importante per la modulazione del sistema immunitario e può avere indirettamente benefici sulla pelle riducendo l’infiammazione sistemica. Quello che emerge dalla letteratura è, non solo la capacità di produrre metaboliti a partire da fibre solubili, ma la sua variabilità in termini qualitativi piuttosto che quantitativi tra le popolazioni e le culture umane. Varia significativamente nel tempo nei soggetti sani lungo l’arco di tutta la vita; ad esempio cambia nei primi tre anni dopo la nascita ed è altamente influenzato dai fattori ambientali come l'allattamento al seno e l’uso di antibiotici [37].

Negli adulti si nota una predominanza di due phyla, Bacterioidetes e Firmicutes, mentre la porzione più piccola è rappresentata da Actinobacteria e Proteobacteria. Recentemente è stata evidenziata un’associazioni tra pelle e microbiota intestinale e un ruolo significativo di quest’ultimo nelle condizioni dermatologiche, come dermatite atopica, acne,

(51)

48 rosacea e psoriasi [32].

Ad esempio, nonostante la DA sia considerata un disturbo della pelle, si ritiene che anche il microbiota intestinale abbia un ruolo nella patogenesi della malattia. I ricercatori hanno esplorato la prevalenza di vari tipi di batteri intestinali nei pazienti con e senza eczema, evidenziando una maggiore prevalenza di Clostridium difficile e Faecalibacterium prausnitzii [40] [41].

Anche nella rosacea sono documentate alterazioni nel microbiota intestinale, non tanto nella diversità batterica quanto in una sovraccrescita delle popolazioni già presenti. Il batterio intestinale più studiato nella sua relazione con la rosacea è l'Helicobacter pylori, un organismo che risiede nello stomaco, e sebbene la sua colonizzazione sia di solito asintomatica, è anche una causa ben nota di dispepsia, ulcere gastriche e duodenali [43].

Recenti studi hanno dimostrato l‘efficacia dei probiotici nel trattamento della dermatite atopica soprattutto nei bambini e sembra esserci un’associazione tra somministrazione di integrazione probiotica e riduzione del rischio di sviluppo della patologia. Nonostante questo, le prove a sostegno sono ancora scarse ed effettuate su campioni troppo piccoli e poco rappresentativi.

(52)

49 Vi è però un caso segnalato di utilizzo di probiotici nel trattare

con successo una psoriasi pustolosa grave utilizzando Lactobacillus sporogenes e biotina. Il soggetto trattato è una donna di 47 anni, con diagnosi di psoriasi da 15 anni e che presentava pustole infiammate su tutto il corpo, soprattutto schiena e gambe, da oltre 20 giorni. Sono seguiti esami ematici che hanno confermato dislipidemia e positività alla proteina C reattiva, indice di infiammazione sistemica. Nonostante le più potenti terapie i sintomi non miglioravano, ma anzi, nell’arco di due settimane i sintomi erano peggiorati e mostrava dolori artritici e febbre. Pertanto, è stata cercata una soluzione alternativa nel trattamento con probiotici, e la paziente ha ricevuto tre bustine al giorno di Lactobacillus sporogenes e 10mg di biotina una volta al giorno. Dopo 15 giorni di trattamento la febbre si è placata, dopo 6 mesi, al follow up era completamente libera da lesioni. Sebbene non sia chiaro il meccanismo d’azione è probabile che la modulazione immunitaria intestinale possa aver influenzato direttamente quella a livello cutaneo [46].

All’orizzonte quindi vediamo che gli studi si stanno direzionano sui meccanismi dell'asse "cervello-intestino-pelle", già ipotizzato nel 1930, correlando stati emotivi negativi come la depressione e l'ansia ad una alterazione della funzione

(53)

50 gastrointestinale, traducendosi in modificazioni a carico della

flora batterica intestinale, aumentata permeabilità dell’epiteliale intestinale e attivazione dei linfociti T presenti nel tessuto linfoide associato alla mucosa (GALT). In questo modo viene interrotta la produzione di cellule T regolatorie (Treg) responsabili di stabilire la tolleranza, portando a un'infiammazione sistemica che può interrompere l'omeostasi cutanea. Sebbene sia evidente che esiste un legame tra il microbiota intestinale e la malattia dermatologica, l'esatto meccanismo è scarsamente compreso, e le prove attuali suggeriscono che è probabilmente dovuto a una combinazione di risposte neurologiche e immunologiche ai cambiamenti ambientali, con conseguente infiammazione sistemica cronica che può in definitiva influenzare la pelle.

(54)

51

5. Nutraceutici emergenti

I nutraceutici sono molecole biologicamente attive, presenti negli alimenti che possono migliorare la salute e il benessere dell’uomo. Alcuni di questi, come visto in precedenza, hanno il potenziale di essere utilizzati al fine di coadiuvare il trattamento dermatologico nelle più comuni patologie infiammatorie della pelle.

Questo capitolo della tesi si concentra su una categoria di nutraceutici di cui non c’è ancora correlazione con il trattamento delle malattie cutanee, ma ci sono evidenze scientifiche riguardo la capacità di prevenire o bloccare l’attivazione del sistema immunitario innato e di conseguenza l’infiammazione che ne deriva.

Partendo dalla premessa che la pelle e i suoi annessi cutanei riflettono lo stile di vita e le scelte alimentari, alla base del successo dermatologico c’è sicuramente un buon apporto di macro e micronutrienti. In questo contesto si inserisce lo zinco, micronutriente utile al mantenimento della membrana cellulare perché interviene come cofattore per le catalasi, migliorando il sistema antiossidante e agendo direttamente sul funzionamento del sistema immunitario innato e adattivo. Il 5% dello zinco presente nel corpo si trova nella pelle, con la più alta

(55)

52 concentrazione nello strato spinoso dell’epidermide, dove

promuove la normale differenziazione dei cheratinociti. Da una recente meta-analisi è emerso che alcune patologie cutanee, specialmente la dermatite atopica, risultano essere associate a livelli di zinco significativamente bassi [48][49].

Secondariamente, ma non di meno importanza è il ruolo che rivestono alcuni fitonutrienti nel modulare il signaling intracellulare inibendo il fattore NF-kb, come ad esempio l’acido carnosico, diterpene isolato dalle foglie fresche di Rosmarino officinale (Rosmarinus officinalis L.), il quale esibisce attività antiossidante, antitumorale, antiangiogenica, epato- e neuro-protettiva, ma soprattutto in questo studio è stata esaminata la sua capacità antinfiammatoria su varie condizioni della pelle. In particolare, l’acido carnosico ha dimostrato di bloccare la traslocazione del fattore NF-kb e quindi inibire la produzione di citochine IL-6, IL-8 e chemochine da parte dei cheratinociti precedentemente sottoposti ad insulto infiammatorio. Inoltre, ha dimostrato di poter bloccare il rilascio di ossido nitrico, che come mostrato nei meccanismi fisiopatologici è uno dei problemi maggiori nella gestione della rosacea. Ha inibito anche il (TNFα) e il rilascio di prostaglandina pro-infiammatoria (PGE 2) indotta

(56)

53 batterico (LPS).

Inoltre, l’acido carnosico è stato capace di arrestare la crescita di microrganismi Gram-positivi e Gram-negativi che inducono dermatiti come P. acnes, Pseudomonas aeruginosa e S. aureus.

I risultati di questo studio indicano che concentrazioni di acido carnosico fino a 20μg/ml non sono tossiche ed esso è in grado di ridurre eventi infiammatori presenti nello strato cutaneo, che in questo caso erano indotti dalla somministrazione di sostanze irritanti da contatto quali acido retinoico (RA) e dal lauril solfato di sodio (SLS). Interessante notare come concentrazioni crescenti di acido carnosico, specie a 10 μg/ml abbiano ridotto notevolmente la produzione di citochine e chemochine fino a livelli basali, superate solamente dall’idrocortisone, utilizzato come controllo. Per questi motivi, l’acido carnosico, necessita di ulteriori studi in vivo per testarne l’efficacia [50].

(57)

54 Allo stesso modo, anche l’estratto etanolico di Origano

(Origanum vulgaris L.) ha dimostrato proprietà antinfiammatorie e antibatteriche. Nello studio seguente è stato esaminato l’effetto soppressivo in vitro e in vivo sull’infiammazione della pelle causata dal patogeno P. acnes, batterio imputato nella patogenesi dell’acne.

A seguito dell’estrazione in etanolo dalle foglie fresche di origano, si sono evidenziati maggiormente quattro composti fenolici; due presenti in quantità superiore, acido rosmarinico e carvacrolo, mentre in misura minore quercetina e apigenina.

Per lo studio in vivo, è stato utilizzato un modello ben consolidato in cui si usa come parametro l’edema indotto all’orecchio di topo, da parte del batterio P.acnes per valutare

Figura 8 - Effetto dell’acido carnosico sulla produzione di citochine infiammatorie e chemochine nelle cellule di cheratinociti. I livelli di IL-6, IL-8 e MCP-1 sono stati determinati da ELISA da supernatanti di coltura di cellule trattate con acido carnosico (da 0 a 10 μg mL) o idrocortisone (HC, 1 μg/mL) in presenza o in assenza di sodium lauril solfate, SLS (1 μg/mL) o acido retinoico RA (5 μM) per 24 ore e rispetto al controllo.∗𝑃 < 0.05 ; ∗∗𝑃 < 0.01

(58)

55 l’effetto dell’estratto di origano sull’infiammazione cutanea.

La coiniezione del batterio con 2 mg di estratto di origano ha ridotto significativamente lo spessore dell’orecchio del 32%, e il peso del 37% dimostrando l’effetto soppressivo.

In uno studio separato, per confermare l’esperimento precedente, è stata utilizzata la co-coltura di P. acnes e una linea di monociti umani a cui erano somministrate diverse concentrazioni di estratto etanolico di origano (0, 25, 50, 100 o 200 μg/ml), dimostrando una riduzione di IL-8, IL-1β e TNFα fino al 40%, 37% e 18%, rispettivamente e in modalità dose-dipendente. Inoltre, l’estratto ha inibito la traslocazione di NF-kb nel nucleo, probabilmente disattivando il recettore Toll-like (TLR2). Questo effetto potrebbe essere dovuto, in parte, alle proprietà antinfiammatorie e in parte a quelle antiossidanti, e solo secondariamente a quelle antibatteriche. E’ dimostrato infatti che i radicali liberi (ROS) hanno la capacità di attivare la traslocazione di NF-kb nel nucleo, pertanto, la funzione scavenger dei derivarti dell’origano porta alla disattivazione della cascata infiammatoria [51].

Numerosi studi hanno messo in evidenza anche gli effetti antinfiammatori dei chiodi di garofano (Syzygium aromaticum L.) e in particolare del suo principale composto fenolico, l’eugenolo, riferendo che questi sono stati in grado di modulare

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