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Sviluppo di un sistema di localizzazione di sorgenti sonore basato su sensori di velocità delle particelle acustiche CMOS compatibili

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Academic year: 2021

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Informatica, Elettronica e Telecomunicazioni

Corso di studi in

Ingegneria Elettronica

Tesi di Laurea Magistrale

Sviluppo di un sistema di localizzazione di

sorgenti sonore basato su sensori di velocità

delle particelle acustiche CMOS compatibili.

Candidato:

Irene Brunetti

Relatori:

Massimo Piotto

Paolo Bruschi

Anno accademico: 2018/2019

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2

Indice

Introduzione ... 4

1

Sensori acustici ... 6

1.1 Il suono ... 9

1.1.1 Definizione delle grandezze acustiche ... 10

1.2 Acustica lineare ... 15 1.2.1 Monodimensionale ... 15 1.2.2 Tridimensionale ... 20 1.3 Campi acustici ... 21 1.3.1 Campo lontano ... 21 1.3.2 Campo vicino ... 22

1.3.3 Campo molto vicino ... 24

1.4 Tipologie di sensori acustici ... 25

1.4.1 Microfoni di pressione ... 26

1.4.2 Microfoni a gradiente di pressione ... 31

1.4.3 Sensori di velocità Microflown ... 33

1.5 Applicazioni dei sensori acustici... 37

1.5.1 Applicazione dei sensori di velocità delle particelle ... 37

1.5.2 Misura dell’intensità acustica confronto tra il metodo p-u e il metodo p-p ... 38

1.5.3 Misure direzionali ... 39

(3)

3

2.1 Descrizione del chip ... 43

2.2 Simulazioni Comsol ... 50

2.3 Setup di misura ... 52

3

Metodi di calibrazione sensori APV ... 56

3.1 Tecnica di calibrazione: Tubo a onde stazionarie, SWT (Standing Wave Tubes) 57 3.2 Programmi python ... 68

4

Caratterizzazione dei sensori APV ... 70

4.1 Misure delle resistenze ... 70

4.2 Caratteristiche I-V ... 72

4.3 Confronto tra la sensibilità delle strutture ... 78

4.3.1 Misure tubo corto ... 79

4.3.2 Misure tubo lungo ... 84

4.4 Confronto tra le misure ottenute e le simulazioni Comsol ... 96

5

Misure di direttività e localizzazione ... 100

5.1 Misure direzionali all’interno dello SWT ... 100

5.1.1 Direttività dei sensori APV ... 100

5.1.2 Sensore a direttività programmabile ... 101

5.2 Localizzazione di una sorgente sonora in campo aperto ... 105

5.2.1 Selezionare la frequenza del suono ricevuto ... 115

Conclusioni ... 118

(4)

4

Introduzione

La determinazione della posizione di una sorgente sonora è utile per molteplici applicazioni quali, ad esempio, il miglioramento dell’acustica degli ambienti utile nel settore edilizio e l’individuazione di un malfunzionamento di un prodotto utile nel settore industriale. In questi tipi di applicazioni sono solitamente usati degli array di microfoni, dispositivi omnidirezionali in grado di misurare la pressione del suono, grandezza scalare. Tali sistemi risultano ingombranti e molto onerosi dal punto di vista del calcolo.

Ad oggi esiste solamente una sonda compatta in grado di identificare la posizione di una sorgente sonora formata da sensori APV, trasduttori che misurano la velocità delle particelle acustiche, grandezza vettoriale. Questa è prodotta dall’azienda Microflown, ed è considerata lo stato dell’arte per questo tipo di misura. Per realizzare questi sensori l’azienda Microflown utilizza tecniche di Micromachining dedicate; inoltre la struttura del sensore stesso risulta molto fragile. I sensori utilizzati in questa tesi sono CMOS compatibili e sono più resistenti, ma dalle simulazioni sembrano avere una sensibilità ridotta e una risposta frequenziale con una bassa frequenza di cut-off.

Nell’ambito di questa tesi sarà sviluppato un sistema formato da un microfono MEMS e due sensori APV in grado di identificare la direzione di una sorgente acustica su un piano (l’angolo di Azimuth). I sensori APV utilizzati per tale sistema utilizzano un principio di trasduzione termico. Nel capitolo 1, dopo una breve trattazione teorica dell’acustica, saranno descritti i sensori acustici disponibili oggi, con particolare attenzione all’unico sensore di velocità delle particelle commercialmente disponibile: il sensore Microflown. Verranno inoltre descritti i sistemi di localizzazione disponibili: gli array di microfoni e le sonde Microflown.

Nel capitolo 2 sarà descritto il chip a disposizione, formato da 10 campioni con caratteristiche leggermente diverse, le strutture dei singoli sensori e il set-up di misura.

Essendo sensori prototipo questi avranno bisogno di una caratterizzazione completa in laboratorio per misurare la sensibilità delle strutture che andrà,

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5

successivamente, confrontata con i risultati delle simulazioni. Per realizzare il sistema di localizzazione sarà necessario scegliere due campioni con l’asse di sensibilità ortogonale. La caratterizzazione dei sensori sarà effettuata utilizzando la tecnica del tubo ad onde stazionarie (SWT) che richiede l'impiego di alcuni strumenti di misura che verranno controllati mediante un software sviluppato nel linguaggio python. La trattazione teorica di questo metodo e i programmi saranno descritti nel capitolo 3, mentre i risultati ottenuti saranno descritti nel capitolo 4. Una volta selezionati i due sensori verrà implementato il sistema di localizzazione da utilizzare in campo aperto, grazie alla costruzione di una nuova struttura di sostegno ed alcuni programmi python.Infine, nel capitolo 5, verranno svolte le misure in campo aperto per dimostrare la capacità del sistema di identificare la presenza e la posizione di una sorgente sonora ad una determinata frequenza e verranno introdotte le possibili evoluzioni per incrementare le prestazioni del sistema proposto.

Questo lavoro di tesi sarà un punto di partenza per il futuro sviluppo di questa nuova tipologia di sensori APV.

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6

1 Sensori acustici

Il suono è un aspetto importante della vita dell’uomo, e per questo risulta essere oggetto di molteplici studi. Negli ultimi anni la localizzazione di una sorgente acustica nello spazio 2D o 3D ha suscitato grande interesse nella comunità scientifica.

Localizzando una sorgente acustica è possibile rilevare particolari eventi e/o descrivere dettagliatamente la distribuzione spaziale del suono, aspetto importante sia per controllare la qualità dei prodotti sia per monitorare gli ambienti. La possibilità di realizzare tali azioni permetterebbe lo sviluppo di nuove applicazioni utili per numerosi settori: edilizio, militare, dei trasporti, industriale, aeronautico, sanitario, delle comunicazioni ecc. Ad oggi sono state sviluppate numerose tecniche che identificano la posizione della sorgente sonora, ma tutte si basano sull’utilizzo di array di microfoni che acquisiscono la pressione acustica (grandezza scalare). Questi metodi risultano molto onerosi dal punto di vista del calcolo e spesso, utilizzando ritardi per identificare la posizione, non permettono applicazioni in tempo reale; inoltre per avere una buona risoluzione i microfoni dell’array devono essere distanti l’uno dall’altro e questo fa sì che la sonda non possa avere dimensioni compatte. L’unica eccezione riguarda le sonde dell’azienda Microflown composte da un microfono che misura la pressione sonora e da sensori innovativi che misurano la velocità delle particelle acustiche (grandezza vettoriale). L’azienda Microflown immettendo questo nuovo sensore sul mercato mondiale ha rivoluzionato il campo delle misure acustiche. Un’ applicazione possibile grazie a questa particolare sonda è la rappresentazione del campo acustico in un’immagine, di cui si riporta un esempio nelle Figure 1-1 e 1-2.

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Figura 1-1: visualizzazione del campo sonoro in ambiente industriale.

Figura 1-2: visualizzazione del campo sonoro di un’autovettura, test utile per controllare sia il livello del rumore dell’autovettura stessa, sia per identificare un malfunzionamento.

Questa applicazione è molto utile ad esempio per monitorare la salubrità degli ambienti di lavoro, per migliorare l’acustica di ambienti quali teatri cinema o aule conferenze e per valutare la qualità del prodotto fabbricato (per valutare l’impatto acustico dell’oggetto e/o per individuare malfunzionamenti).

Grazie alle dimensioni compatte delle sonde formate da sensori di velocità delle particelle acustiche, queste possono essere utilizzate anche per

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8

migliorare la qualità degli strumenti acustici per persone con disabilità come mostrato in Figura 1-3.

Figura 1-3: apparecchi acustici in grado di migliorare le capacità uditive delle persone con difficoltà uditive.

L’utilizzo di queste sonde apre la strada anche ad applicazioni nel settore della robotica, in quanto potrebbero essere utilizzate per migliorare le capacità interattive dei robot utilizzati per fornire assistenza a persone non autosufficienti, come mostrato in Figura 1-4.

Figura 1-4: robot utile per fornire assistenza a persone non autosufficienti. L’utilizzo di questo nuovo sensore oltre a permettere la localizzazione della sorgente acustica rende possibile la misura, in campo aperto, di alcune caratteristiche dei materiali come la fonoassorbenza.

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Le applicazioni riportate rappresentano solo alcuni esempi illustrativi, non sono tutte quelle possibili.

Per comprendere il comportamento di questi sensori è necessario studiare i fenomeni fisici legati all’acustica. Per questo motivo è stato riportato in questo capitolo un approfondimento teorico. Inoltre visto l’utilizzo di microfoni nel sistema di localizzazione sarà descritto anche il comportamento di questi trasduttori, oltre a quello dei sensori che misurano la velocità delle particelle acustiche.

1.1 Il suono

Il suono è un fenomeno fisico che esiste grazie ad una sorgente vibrante, e ad un mezzo elastico che permette la propagazione delle onde acustiche. L’acustica è divisa in due grandi rami: lo studio del suono che può essere identificato come ciò che è effettivamente udibile, e lo studio delle vibrazioni nei solidi che producono il suono stesso. Questi due ambiti molto spesso tendono a sovrapporsi, perché essendo uno la causa dell’altro sono molto correlati, nonostante siano diversi sia dal punto di vista teorico, sia per gli strumenti di misura adoperati. Generalmente per rilevare il suono vengono utilizzati sensori di pressione, di gradiente di pressione e di velocità delle particelle, mentre come strumenti di misura per rilevare le vibrazioni vengono utilizzati laser o accelerometri.

Per comprendere meglio l’origine e la propagazione del suono possiamo far riferimento ad un pistone che oscilla periodicamente come è mostrato in Figura 1-2. Il movimento del pistone provoca un susseguirsi di compressioni concatenate ad espansioni. Le singole particelle si muovono intorno ad una posizione di riposo, ed hanno una certa velocità, mentre l’onda si muove con una velocità costante caratteristica del mezzo, definita come velocità del suono. Il moto delle particelle stimolato dal movimento del pistone si propaga lungo tutto il mezzo elastico generando onde meccaniche longitudinali. L’onda acustica si propaga nella direzione di oscillazione delle particelle nel mezzo, che potrebbe essere aria, acqua, legno o qualsiasi altro materiale, escluso il vuoto in cui il suono non può diffondersi.

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Il suono può essere definito come la variazione della pressione statica, oppure come la velocità delle particelle di aria. Quest’ultima definizione necessita, per essere compresa, della descrizione di alcune grandezze tipiche dell’acustica.

1.1.1 Definizione delle grandezze acustiche

Una particella acustica è un volume di aria piccolo rispetto alle dimensioni dello strumento di misura e alla lunghezza d’onda, λ, e grande in relazione al cammino libero medio delle molecole, che in aria è 5 ×10 m [1]. Sapendo che la lunghezza d’onda, la frequenza e la velocità del suono c, che in aria è pari a 344 m/s, sono legate dalla relazione:

𝜆 = 𝑐

𝑓 (1. 1)

è necessario definire il volume della particella acustica, valutando la lunghezza d’onda minore, che è quella che si ha in corrispondenza della frequenza d’interesse maggiore.

La velocità istantanea, u(t), con cui si muovono queste particelle per effetto di un’onda acustica è chiamata velocità di una particella acustica o velocità acustica. In analogia con il mondo elettrico possiamo far corrispondere la Figura 1-2: La rotazione del pistone genera onde longitudinali, alternando zone rarefatte e zone compresse.

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pressione sonora alla tensione elettrica, la velocità delle particelle alla corrente elettrica e il loro prodotto alla potenza sonora.

La pressione sonora, in un punto, è una quantità scalare e non permette di individuare la direzione di propagazione dell’onda sonora, per avere una caratterizzazione completa del suono dovremmo conoscere contemporaneamente anche le tre componenti della velocità acustica. Avendo però informazioni sulla pressione acustica in più punti, riusciamo a ricavare la velocità delle particelle, senza misurarla direttamente, è questo il caso dell’udito umano. Un singolo orecchio può misurare solamente la pressione, ma servendosi di entrambi l’uomo può individuare sia la direzione di propagazione dell’onda sonora, sia l’emisfero in cui si trova la sorgente (frontale o posteriore). Le orecchie possono essere considerate come due microfoni di pressione posti ad una ventina di centimetri; grazie alla differenza di volume percepito e al ritardo, o meglio alla differenza di fase del suono rilevato nei due punti, riusciamo a localizzare la sorgente. Come mostrato in Figura 1 l’orecchio umano può udire suoni con una frequenza tra i 20 Hz e i 20 kHz, per frequenze più alte la lunghezza d’onda diventa più corta della distanza tra le due orecchie e la testa diventa un ostacolo per l’onda acustica, perturbando ciò che dovrebbe misurare.

La pressione acustica viene quindi misurata in due differenti punti. È questo un semplice esempio di misura di gradiente di pressione, concetto che verrà ripreso in seguito, perché utilizzato anche in ambiente sensoristico.

Figura 1-6: sulla sinistra fig. A l'uomo ascolta onde a bassa frequenza, sulla destra fig. B ad alta frequenza.

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Conoscendo sia velocità delle particelle sia la pressione acustica possiamo ricavare alcune grandezze utili per la caratterizzazione dell’onda acustica e del mezzo nel quale si propaga l’onda stessa. Come prima grandezza definiamo l’impedenza acustica specifica che è il rapporto tra due numeri complessi quali la singola componente frequenziale della pressione acustica e la singola componente frequenziale della velocità delle particelle in un punto:

𝑍 =𝑝(𝜔)

𝑢(𝜔) (1. 2)

L’impedenza acustica specifica non è un vettore, ma un numero complesso, dal quale possiamo ottenere informazioni riguardo al mezzo in cui l’onda acustica si propaga, come l’assorbimento e la riflessione. Qualora il mezzo fosse estremamente riflettente la velocità delle particelle in corrispondenza della superficie sarebbe praticamente nulla, e conseguentemente si avrebbe una condizione di alta impedenza.

Nel caso di onde acustiche piane e progressive, ovvero quelle che esistono in campo lontano, e quindi in un mezzo molto esteso o in una camera anecoica, possiamo definire anche l’impedenza caratteristica. Questa è pari al prodotto tra la densità del mezzo 𝜌 e la velocità del suono nel mezzo c:

𝑍 = 𝜌𝑐 (1. 3)

Se il mezzo in cui si propaga l’onda acustica piana progressiva è l’aria, come nel nostro caso, l’impedenza caratteristica vale circa 435 N*s/𝑚 , a temperatura ambiente. Possiamo notare come quest’ultima grandezza sia indipendente sia dalla frequenza sia dal punto nel quale viene misurata. L’impedenza acustica rappresenta la possibilità di trasportare l’energia acustica nel mezzo.

Un’altra importante grandezza è la densità di energia acustica che non è altro che la somma dell’energia potenziale U per unità di volume, legata alla pressione acustica:

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13

𝑈 = |𝑝|

2𝜌 𝑐 (1. 4)

e l’energia cinetica K sempre per unità di volume, legata alla velocità delle particelle acustiche:

𝐾 = 𝜌 |𝑢| (1. 5) Questa grandezza è correlata alla quantità di energia immagazzinata nell’onda.

Infine definiamo l’intensità sonora come l’energia che attraversa una superficie posta perpendicolarmente rispetto alla direzione di propagazione dell’onda acustica, nell’unità di tempo:

𝐼(𝑡) = 𝑢(𝑡)𝑝(𝑡) (1. 6)

e l’intensità sonora media come: 𝐼[𝑊/𝑚 ] = lim

1

𝑇 𝑢(𝑡)𝑝(𝑡)ԁ𝑡 (1. 7)

grandezza vettoriale, indipendente dal tempo.

L’intensità sonora è legata alla quantità di energia che è trasportata dall’onda, e quindi anche al volume del suono percepito.

Per poter confrontare i valori di queste grandezze acustiche sono stati introdotti alcuni parametri universali:

 La pressione acustica di riferimento 𝑝 = 20 μPa, che corrisponde al limite udibile dall’uomo alla frequenza di un 1 kHz.  La velocità delle particelle acustiche di riferimento 𝑢 = 50

nm/s, che non è altro che la velocità che si ha quando l’onda sonora è un’onda piana e progressiva e il mezzo in cui si propaga il suono è l’aria ad una temperatura ambiente (20 μPa/𝜌𝑐 ≈ 46 nm/s). Anche questa si trova in corrispondenza del minimo udibile dall’uomo alla frequenza di 1 kHz.

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 L’intensità acustica di riferimento, pari al prodotto: 𝑝 × 𝑢 = 1 pW

Grazie a questi parametri possiamo introdurre quantità utili per quantificare i valori delle grandezze sonore quali SPL sound pressure level, PVL particle velocity level e SIL sound intensity level, tutte espresse in dB, per gli ampi range di interesse delle grandezze acustiche:

𝑆𝑃𝐿 = 20 log 𝑝 𝑝 (1. 8) 𝑃𝑉𝐿 = 20 log 𝑢 𝑢 (1. 9) 𝑆𝐼𝐿 = 10 log 𝐼 𝐼 (1. 10)

Nel caso in cui l’impedenza acustica caratteristica valga quanto l’impedenza acustica specifica, ovvero nel caso di propagazione dell’onda in campo lontano, che verrà trattata più avanti, SPL PVL e SIL assumono gli stessi valori. Riportiamo in seguito la Tabella 1.1 che descrive i livelli acustici di alcuni suoni.

Tabella 1.1 livelli acustici di alcuni fenomeni sonori

Possiamo notare come il livello zero della pressione sonora non corrisponda effettivamente all’assenza totale di pressione, ma alla soglia Descrizione Livello [dB] (SPL,PVL,SIL) p [Pa] u [m/s] I [𝐖 𝐦𝟐] Fuoco di artiglieria, decollo di un areoplano 140 200 0.45 100 concerto rock 120 20 0.045 1 riferimento 94 1 2.5× 10 2.5× 10 aspirapolvere 80 0.2 4.5× 10 1× 10 Conversazione faccia a faccia 60 0.02 4.5× 10 1× 10 sussurro 40 2× 10 4.5× 10 1× 10 Dentro ad un teatro vuoto 20 2× 10 4.5× 10 1× 10 Soglia udibile 0 2× 10 4.5× 10 1× 10

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udibile dall’uomo alla frequenza di 1 kHz, come introdotto precedentemente. Dobbiamo inoltre precisare che la pressione che deve avere un suono per essere percepito con un certo volume, e quindi un certo livello sonoro, non è la stessa per ogni frequenza e che nel range di frequenze udibile dall’uomo, dai 20 Hz ai 20 kHz, il livello sonoro cresce con l’aumento della pressione, ma non in maniera lineare.

Nella Tabella 1.1 il livello acustico più alto è quello prodotto dal decollo di un aeroplano, o da un’arma da fuoco e raggiunge i 140 dB. Sotto i 135 dB, le perturbazioni legate ai fenomeni acustici possono essere considerate piccole, e quindi le variazioni delle grandezze in gioco sono infinitesime; questo ci permette di linearizzare le equazioni che descrivono questi fenomeni, e di poter considerare il modello acustico lineare.

1.2 Acustica lineare

1.2.1 Monodimensionale

L’onda acustica perturba le particelle del mezzo in cui si propaga che si muovono intorno alla loro posizione di equilibrio, creando zone in cui il mezzo è meno denso e zone in cui il mezzo è più denso, come visto precedentemente nell’esempio del pistone (Figura 1-2). Le grandezze legate al mondo acustico pressione, velocità e densità del mezzo subiscono una variazione, Δp Δu Δ𝜌, nel punto, rispetto alla condizione statica, 𝑝 𝑢 𝜌 :

𝑝 = 𝑝 + 𝛥𝑝

𝑢 = 𝑢 + 𝛥𝑢 (1. 11) 𝜌 = 𝜌 + 𝛥𝜌

Prendendo come riferimento il caso statico, 𝑢 è da considerare nulla, poiché le particelle del mezzo in assenza di perturbazione hanno una velocità pari a zero, sono ferme. Sotto il livello sonoro di 135 dB, le variazioni delle grandezze sono trascurabili:

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𝛥𝑝 ≪ 𝑝

(1. 12) 𝛥𝜌 ≪ 𝜌

Prendendo come riferimento un volume di aria pari a 𝑆 ∙ ԁ𝑥, mostrato in Figura 1-3 consideriamo un flusso netto di particelle, che si propaga in direzione x, limitando la trattazione ad un problema monodimensionale, per semplicità.

Le particelle entrano nel volume d’aria in corrispondenza di un’ascissa x, con una certa velocità u(x,t), ed escono in corrispondenza di un ascissa x+dx, con un’altra velocità u(x+dx,t). Sapendo che il mezzo ha una certa densità 𝜌(x,t) di particelle, che dipende sia dal tempo sia dalla posizione, il flusso netto di massa nel volume è pari a:

Figura 1-3: particella di aria perturbata dal passaggio di un'onda acustica.

(17)

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𝑆 ∙ 𝜌(𝑥, 𝑡) ∙ 𝑢(𝑥, 𝑡) − 𝑆 ∙ 𝜌(𝑥 + 𝑑𝑥, 𝑡) ∙ 𝑢(𝑥 + 𝑑𝑥, 𝑡) = = −𝑆 𝜕

𝜕𝑥 𝜌(𝑥, 𝑡)𝑢(𝑥, 𝑡) 𝑑𝑥 (1. 13) Per il principio di conservazione della massa possiamo affermare che la massa nel tempo deve essere uguale al flusso netto di massa che entra in x ed esce in x+dx, descritto dall’equazione 1.13:

−𝑆 𝜕

𝜕𝑥𝜌(𝑥, 𝑡) ∙ 𝑢(𝑥, 𝑡)𝑑𝑥 = 𝑑

𝑑𝑡𝑆 ∙ 𝑑𝑥 ∙ 𝜌(𝑥, 𝑡) (1. 14) Sapendo che la densità del mezzo perturbato dall’onda acustica può essere espressa come 𝜌 = 𝜌 + 𝛥𝜌, e che grazie all’ipotesi fatta nella 1.12 la variazione della densità del mezzo può essere trascurabile rispetto alla densità statica, il prodotto 𝜌(x,t)∙u(x,t), può essere semplificato in u(x,t)∙ 𝜌 . Inoltre possiamo notare come la densità statica sia indipendente dal tempo e che quindi l’equazione 1.14 possa essere riscritta come:

𝜕

𝜕𝑡𝛥𝜌(𝑥, 𝑡) + 𝜌 𝜕

𝜕𝑥𝑢(𝑥, 𝑡) = 0 (1. 15)

che non è altro che l’equazione della conservazione della massa linearizzata. Integrando la 1.15 nel tempo otteniamo:

𝛥𝜌(𝑥, 𝑡) = −𝜌 𝜕

𝜕𝑥𝑢(𝑥, 𝑡)𝑑𝑡 ≈ −𝜌

𝑢(𝑥 + 𝛥𝑥, 𝑡) − 𝑢(𝑥, 𝑡)

𝛥𝑥 𝑑𝑡 (1. 16)

La 1.16 ci permette di ricavare la pressione acustica, a partire dalla conoscenza, in due differenti punti, della velocità delle particelle. La distanza tra i due punti Δx deve essere molto più piccola della lunghezza d’onda corrispondente alla frequenza di interesse.

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Sotto i 135 dB di livello sonoro, la densità del mezzo e la pressione acustica variano linearmente secondo un coefficiente 𝑐 , 𝑝(𝑥, 𝑡) = 𝑐 𝛥𝜌(𝑥, 𝑡). Utilizzando quest’ultima ipotesi possiamo riscrivere la 1.16 come:

𝑝(𝑥, 𝑡) = −𝜌 𝑐

𝛥𝑥 𝑢(𝑥 + 𝛥𝑥, 𝑡) − 𝑢(𝑥, 𝑡)𝑑𝑡 (1. 17) Questo metodo per ricavare la pressione avendo a disposizione la velocità delle particelle in due punti differenti, viene chiamato metodo u-u, duale rispetto al metodo p-p che spiegheremo in seguito.

Riprendendo la Figura 1-3, possiamo proseguire con l’analisi ed utilizzare la seconda legge di Newton 𝐹 = 𝑚 ∙ 𝑎. Sapendo che l’accelerazione non è altro che la derivata della velocità nel tempo, e che la velocità dipende sia dal tempo sia dalla posizione otteniamo:

𝑑 𝑑𝑡𝑢(𝑥, 𝑡) = 𝜕𝑢(𝑥, 𝑡) 𝜕𝑥 𝜕𝑥 𝜕𝑡 + 𝜕 𝜕𝑡𝑢(𝑥, 𝑡) = =𝜕𝑢(𝑥, 𝑡) 𝜕𝑥 𝑢(𝑥, 𝑡) + 𝜕 𝜕𝑡𝑢(𝑥, 𝑡) (1. 18)

Il primo termine risulta trascurabile rispetto al secondo, in quanto ipotizzando che le particelle si muovano seguendo un moto armonico si ha 𝑢 ≪ 𝑐. Sotto questa ipotesi tutto si riduce a:

𝑑𝑢(𝑥, 𝑡)

𝑑𝑡 ≈

𝜕𝑢(𝑥, 𝑡)

𝜕𝑡 (1. 19)

A questo punto possiamo scrivere la seconda legge di Newton, rispettando queste particolari condizioni:

𝑆 ∙ 𝑝(𝑥, 𝑡) − 𝑆 ∙ 𝑝(𝑥 + 𝑑𝑥, 𝑡) = − 𝜕

𝜕𝑥𝑝(𝑥, 𝑡) ∙ 𝑆 ∙ 𝑑𝑥 = = 𝑆 ∙ 𝑑𝑥 ∙ 𝜌 𝜕

(19)

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Questo perché la forza netta lungo la direzione x può essere ricavata utilizzando la pressione 𝑆 ∙ 𝑝(𝑥, 𝑡) − 𝑆 ∙ 𝑝(𝑥 + 𝑑𝑥, 𝑡). Facendo le dovute semplificazioni l’equazione 1.20 diventa:

𝜌 𝜕

𝜕𝑡𝑢(𝑥, 𝑡) + 𝜕

𝜕𝑥𝑝(𝑥, 𝑡) = 0 (1. 21)

Anche l’equazione 1.21 è valida solamente se l’ipotesi 𝑢 ≪ 𝑐 è verificata, ed è conosciuta come l’equazione linearizzata della conservazione del momento.

Utilizzando questa relazione possiamo ricavare la velocità delle particelle una volta nota la pressione in due differenti punti, separati da una distanza minore della lunghezza d’onda relativa alla frequenza di interesse, in analogia con il metodo u-u.

Integrando la 1.21 otteniamo: 𝑢(𝑥, 𝑡) = − 1 𝜌 𝑑 𝑑𝑥𝑝(𝑥, 𝑡)𝑑𝑡 ≈ ≈ − 1 𝛥𝑥 ∙ 𝜌 𝑝(𝑥 + 𝛥 𝑥, 𝑡) − 𝑝(𝑥, 𝑡)𝑑𝑡 (1. 22)

Questo metodo di misura per ottenere le informazioni sulla velocità viene chiamato metodo p-p.

Nel particolare caso trattato in questa sezione, limitato ad un’acustica lineare e monodimensionale, possiamo ottenere l’equazione delle onde di d’Alambert derivando rispettivamente nel tempo e nello spazio la 1.15 e la 1.21:

𝜕 𝑝(𝑥, 𝑡)

𝜕𝑥 −

𝜕 𝛥𝜌(𝑥, 𝑡)

𝜕𝑡 = 0 (1. 23)

ricordando che la relazione tra pressione e densità sotto l’ipotesi che il livello sonoro dell’onda sia sotto i 135 dB vale 𝑝(𝑥, 𝑡) = 𝑐 𝛥𝜌(𝑥, 𝑡) la 1.23 diventa:

(20)

20 𝜕 𝑝(𝑥, 𝑡) 𝜕𝑥 − 1 𝑐 𝜕 𝑝(𝑥, 𝑡) 𝜕𝑡 = 0 (1. 24)

Per poter risolvere questa equazione abbiamo bisogno di conoscere condizioni a contorno, che variano a seconda dell’ambiente in cui il suono si propaga.

Oltre a questi due metodi esiste anche un terzo metodo per caratterizzare completamente il suono che consiste nella misura della velocità delle particelle e della pressione acustica nel medesimo punto e viene chiamato metodo p-u. Per rilevare entrambe le grandezze abbiamo bisogno di una sonda formata da un microfono di pressione e da un sensore di velocità.

1.2.2 Tridimensionale

Estendiamo le equazioni trovate nella sezione precedente, al caso tridimensionale, in cui le onde acustiche si propagano nello spazio. La legge della conservazione della massa e quella della conservazione del momento diventano rispettivamente:

𝜕 𝛥𝜌(𝑥, 𝑡)

𝜕𝑡 + 𝜌 𝛻 ∙ 𝑢⃗ = 0 (1. 25)

e

𝜌 𝜕𝑢⃗

𝜕𝑡 + 𝛻 𝛥𝜌(𝑥, 𝑡) = 0 (1. 26)

mentre l’equazione di d’Alambert per il caso tridimensionale si trasforma in:

𝛻 𝛥𝑝(𝑥, 𝑡) − 1 𝑐

𝜕 (𝛥𝑝(𝑥, 𝑡)

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1.3 Campi acustici

L’ambiente in cui si propaga il suono, influenza notevolmente il tipo di propagazione dell’onda acustica, per questo è molto importante conoscere a priori in che campo si propagherà il suono che dovremo esaminare. Idealmente possiamo fare una distinzione generale tra campo lontano, campo vicino e campo molto vicino, anche se realmente, molto spesso, la distinzione non è così netta e il campo effettivo risulta essere una combinazione tra due. Dobbiamo inoltre sottolineare che i modelli fisici cercano di rispecchiare la realtà, ma rimangono comunque approssimazioni.

Figura 1-8: differenti tipologie di onde nei diversi campi. Rispettivamente da sinistra verso destra onde sferiche in campo vicino, onde paraboliche in campo intermedio, onde piane in campo lontano.

1.3.1 Campo lontano

Il campo lontano è definito come un ambiente privo di riflessioni, lontano dalla sorgente sonora, e molto spesso viene chiamato campo libero. Le riflessioni sono dovute ad una variazione dell’impedenza acustica del mezzo, che può essere conseguenza sia di un cambiamento del materiale in cui si propaga l’onda acustica, sia di una variazione di temperatura. Le riflessioni, se presenti, si sommano al segnale utile, rendendo più

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complessa la misura. Generalmente una riflessione rispetto al segnale originale presenta una relazione di fase tra pressione acustica e velocità delle particelle opposta e un’intensità sonora ridotta (nello specifico la pressione mantiene la stessa fase mentre quella della velocità varia). Perché il sensore possa essere considerato in campo lontano, la distanza tra la sorgente e il sensore stesso deve essere ampiamente superiore rispetto alla lunghezza d’onda massima d’interesse, mentre le dimensioni del trasduttore devono essere piccole rispetto alla minima lunghezza d’onda (ipotesi per poter considerare la sorgente puntiforme).

In queste particolari condizioni la velocità delle particelle e la pressione acustica sono in fase o in opposizione di fase e come anticipato nella sezione 1.2.1 il loro rapporto è pari al valore dell’impedenza caratteristica Z = 𝜌c. L’onda che si propaga in campo libero è un’onda piana e progressiva, come ampiamente descritto nei precedenti paragrafi. In queste particolari condizioni la pressione acustica e la velocità delle particelle sono inversamente proporzionali rispetto alla distanza della sorgente sonora.

1.3.2 Campo vicino

La condizione di campo vicino è verificata quando la sorgente e il sensore sono posti ad una distanza comparabile con la lunghezza d’onda del suono d’interesse. In queste condizioni le onde che si propagano nel mezzo sono onde sferiche, e i fronti d’onda sono concentrici ed uniformi in tutte le direzioni. L’intensità sonora delle onde diminuisce di un fattore 1/𝑟 con l’aumentare della distanza radiale dalla sorgente, questo perché la superficie delle sfere intorno all’origine del suono aumenta di un fattore 𝑟 e l’intensità sonora è definita come la potenza del suono per unità di area. Ricordando che l’intensità acustica è data dal prodotto della pressione acustica e della velocità delle particelle, e che queste due grandezze sono legate da una relazione lineare, possiamo affermare che entrambe sono funzione di 1/𝑟.

Le variabili acustiche nel caso di onde sferiche dipendono solamente dalla distanza radiale r, e dal tempo, per questo il Laplaciano si riduce a:

(23)

23 ∇ 𝑝 = 𝜕 𝜕𝑟 + 2 𝑟 𝜕𝑝 𝜕𝑟 = 1 𝑟 𝜕 (𝑟𝑝) 𝜕𝑟 (1. 28)

e l’equazione di d’Alambert 1.27 si trasforma in: 𝜕 (𝑟𝑝) 𝜕𝑟 − 1 𝑐 𝜕 (𝑟𝑝) 𝜕𝑡 = 0 (1. 29)

Perché questa equazione abbia soluzione il prodotto 𝑟 ∙ 𝑝 deve assumere una forma del tipo 𝐴𝑒( ± ), dove k è il vettore d’onda, rapporto tra ω e

c.

La pressione acustica essendo un’onda armonica progressiva proporzionale a 1/r può essere scritta come:

𝑝(𝑟, 𝑡) = 𝑅𝑒 𝐴𝑒 ( )∙1

𝑟 (1. 30)

Può essere interessante ricavare l’impedenza acustica nel caso in cui la pressione assuma questa forma. Per prima cosa dobbiamo linearizzare l’equazione della conservazione del momento per ottenere la relativa velocità delle particelle:

𝑢(𝑟, 𝑡) = − 1 𝜌 𝑑𝑝(𝑟, 𝑡)𝑑𝑡 𝑑𝑟 = 𝐴 𝑖𝜔𝜌 ∙ 1 𝑟+ 𝑖𝑘 ∙ 𝑒 ( ) 𝑟 (1. 31)

Adesso ricordando che l’impedenza acustica caratteristica è il risultato del rapporto tra pressione acustica e velocità delle particelle otteniamo una Z pari a:

𝑍(𝑟) = 𝜌 𝑐 𝑖𝑘𝑟

𝑖𝑘𝑟 + 1 (1. 32)

Si noti come questa grandezza sia dipendente dal numero d’onda e quindi anche dalla frequenza. In queste condizioni in prossimità della sorgente l’impedenza caratteristica risulta essere sicuramente più piccola di quella in campo lontano ρ c. Z in questo campo è un numero complesso, poiché

(24)

24

la pressione e la velocità delle particelle non sono in fase tra loro. Si noti infine come spostandosi verso il centro kr≪1 l’impedenza acustica diventi totalmente reattiva.

1.3.3 Campo molto vicino

Per una descrizione completa dei campi acustici dobbiamo esaminare anche il campo molto vicino, condizione per cui il sensore è estremamente vicino alla sorgente acustica. In questa zona la componente normale della velocità è praticamente uguale alla vibrazione della superficie della sorgente e il livello della velocità delle particelle, PVL, è molto più grande rispetto al livello della pressione acustica, SPL. L’onda sonora può essere descritta dall’equazione di Helmholtz:

𝛻 𝜑 + 𝑘 𝜑 = 0 (1. 33)

dove φ che è il potenziale acustico, in analogia con il potenziale elettrico, k è il vettore d’onda e 𝛻 è l’operatore Laplaciano.

Sapendo che la pressione acustica e la velocità delle particelle sono legate al potenziale acustico dalle relazioni:

𝑢 = 𝛻𝜑 𝑝 = −𝑖𝜔𝜌𝜑 (1. 34)

applicando le condizioni a contorno:

= 𝑢 alla superficie

(1. 35) 𝜑 𝛼 all’infinito con r → ∞

dove 𝜕/𝜕n è la derivata normale e 𝑢 è la componente normale della velocità dopo alcune semplificazioni [2] l’equazione 1.33 si riduce a:

(25)

25

𝛻 𝜑 = 0 (1. 36)

l’equazione 1.36 è l’equazione che descrive un fluido incomprimibile, questo conferma la veridicità delle considerazioni fatte riguardo ai livelli acustici in queste condizioni.

Per caratterizzare il suono nel campo molto vicino, generalmente vengono utilizzati laser, strumenti ingombranti e costosi, o accelerometri, sensori più economici, ma che rischiano di influenzare il risultato della misura perché a contatto fisicamente con la sorgente vibrante. In questi ultimi anni sono stati introdotti per questo tipo di misura sensori Microflown: per una completa caratterizzazione delle misure delle vibrazioni con questi strumenti si rimanda a [2].

Per concludere questo paragrafo riportiamo una tabella riassuntiva che descrive il comportamento della velocità e della pressione per ogni tipologia di campo acustico analizzato:

regione condizioni u [m/s] p [Pa] Phase

[deg] Campo molto vicino 𝑟 ≪ 𝐿 2𝜋≪ 𝜆 2𝜋 u(𝑟 ) ≈ constante u(𝑓) = constante p(𝑟 ) ≈ constante p(f) ~ f 80-90 Campo vicino 𝐿 2𝜋≪ 𝑟 ≪ 𝜆 2𝜋 u(𝑟 )~𝑟 p(𝑟 )~𝑟 80-10 Campo lontano 𝑟 ≫ 𝜆 2𝜋 u(𝑟 )~𝑟 p(𝑟 )~𝑟 0-10

Tabella 1.2 comportamento di velocità e pressione in campo lontano, campo vicino e campo molto vicino.

1.4 Tipologie di sensori acustici

Dopo aver introdotto le principali grandezze acustiche e i modelli di propagazione del suono, in questa sezione ci occuperemo della descrizione del funzionamento dei sensori che si occupano di rilevare tali grandezze. Esistono due grandi categorie di sensori acustici, una che si occupa della misura della pressione e una che si occupa della misura della velocità delle particelle.

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1.4.1 Microfoni di pressione

I microfoni sono trasduttori che trasformano la pressione acustica in una grandezza elettrica. Il loro funzionamento è molto simile a quello dell’orecchio umano. Una cavità a pressione costante chiusa da una membrana rimane in equilibrio finché non sottoposta ad una pressione acustica che provoca un cambiamento della pressione interna. Il modo in cui i microfoni effettuano la conversione tra questa variazione e la grandezza elettrica di uscita ne determina la tipologia.

Uno dei principali tipi di sensori di pressione è il microfono capacitivo, che è costituito da una membrana conduttiva mobile e una armatura fissa, separate da un gap di aria. Il modo più semplice per convertire la variazione della pressione acustica in una tensione è quello di mettere in serie al condensatore una resistenza, R, di valore elevato ed alimentare il tutto con una tensione di polarizzazione 𝑉 . Il valore della resistenza deve essere scelto in modo tale che la costante di tempo del circuito τ = RC sia molto più grande del periodo di tutte le frequenze audio di interesse.

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A regime, in assenza di sollecitazioni, il condensatore immagazzina una carica nota e costante dovuta alla tensione imposta 𝑉 :

𝑄 = 𝐶 𝑉 (1. 37)

dove 𝐶 può essere calcolata perché funzione di quantità conosciute quali la distanza a riposo tra le armature, che dipende dalla pressione statica tra le armature 𝑝 , l’area delle armature A, e la costante dielettrica dell’aria ε:

𝐶 = 𝜀 𝐴

𝑑(𝑝 ) (1. 38)

Se il microfono viene perturbato da un’onda acustica, la pressione esterna alla cavità varia, provocando un movimento nella membrana e quindi una variazione della distanza tra le armature. La carica immagazzinata dal condensatore rimane costante, mentre la capacità dipendendo dalla distanza d, cambia il suo valore diventando:

𝐶 = 𝜀 𝐴

𝑑(𝛥𝑝) (1. 39)

Sapendo che la somma delle cadute di potenziale sulla capacità e sulla resistenza deve dare come risultato 𝑉 , possiamo prelevare la differenza di tensione ai capi della resistenza che sarà uguale ed opposta a quella alla caduta sul condensatore, e amplificarla:

𝛥𝑉 =𝑄ԁ(𝛥𝑝)

𝜀𝐴 =

𝑄 𝛽

𝜀𝐴 𝛥𝑝 (1. 40)

Conoscendo il coefficiente di proporzionalità β che lega la pressione alla distanza tra le armature, e ΔV, possiamo ricavare la pressione acustica che ha perturbato l’equilibrio.

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La non idealità della relazione tra la pressione acustica e lo spostamento della membrana porta a distorsioni, soprattutto ad alte frequenze. La sensibilità del microfono è più alta se il gap di aria è piccolo, la membrana ha un raggio grande, la tensione di polarizzazione è alta e la tensione ai capi della capacità è bassa. Per avere un limite di banda più alto, invece, la membrana dovrebbe essere sottile, il raggio piccolo e la caduta di potenziale ridotta. Per questo sono necessari dei compromessi per poter avere buone performance. Generalmente si utilizzano capacità nell’ordine di 40-50 pF, che permettono di avere un livello equivalente di rumore di 30-20 SPL [3].

I principali vantaggi di questi microfoni sono:

1. Un ampio range con una risposta frequenziale piatta

2. Una elevata robustezza, che permette di misurare livelli alti di pressione

3. Basso rumore, buon SNR (rapporto segnale rumore)

Con queste caratteristiche i microfoni capacitivi rappresentano lo stato dell’arte nell’ambito della registrazione e dell’amplificazione sonora. Intorno al 1960 è stata sviluppata una nuova tipologia di microfoni capacitivi: i microfoni ad elettrete (Electret Condenser Microphone ECM). Il principale vantaggio di questa nuova struttura è che non necessita di una polarizzazione esterna, perché l’elettrete è un materiale dielettrico che mantiene autonomamente la carica al suo interno e per questo può essere considerato come l’equivalente elettrostatico del magnete. Gerhard Sessler e Jim West realizzarono per la prima volta nei laboratori Bell, un ECM che presentava una struttura simile a quella riportata Figura 1-4.

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Il microfono in Figura 1-4 è formato da un elettrete, Teflon (polimero FEP), con la faccia superiore metallizzata per mezzo di uno strato di alluminio e da un piatto conduttivo sul fondo. Tra elettrete e armatura è presente uno strato di aria con spessore s [6].Questa struttura ha una sensibilità stabile e una ottima scalabilità. L’importanza di questa scoperta fu riconosciuta solo anni dopo dalla Sony che produsse questo sensore su larga scala.

Per descrivere il funzionamento di questo microfono si riporta la formula del campo elettrico 𝐸 generato dalla carica immagazzinata 𝜎 (in condizioni di circuito aperto):

𝐸 = 𝑑 𝜎

𝜀 𝑑 + 𝜀𝑠 (1. 41)

Dove d è lo spessore dell’elettrete e ε è la sua costante dielettrica. In questo caso la caduta di potenziale tra le due facce del microfono si può esprimere come:

𝑈 = 𝑠𝐸0 (1. 42)

Come nel caso dei microfoni capacitivi descritti precedentemente, lo spessore del gap di aria è funzione della pressione acustica. Leggendo Figura 1-4: struttura di un microfono ad elettrete.

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quindi la tensione di uscita del microfono possiamo ricavare questa grandezza [7].

Il microfono da noi utilizzato per realizzare le misure utili per la caratterizzazione dei sensori acustici presi in esame nell’ambito di questa tesi è un microfono ad elettrete.

Oltre ai microfoni capacitivi sono molto diffusi anche i microfoni dinamici, sensori costituiti da una membrana collegata ad una bobina immersa in un campo magnetico. Quando l’onda sonora incide sulla membrana fa muovere la bobina nel campo inducendo una corrente attraverso la bobina stessa, proporzionale allo spostamento e quindi alla pressione acustica [4].

Figura 1-11: struttura di un microfono dinamico.

Negli ultimi anni con lo sviluppo della telefonia e dei dispositivi wireless audio-video è stato necessario introdurre microfoni integrati ed elettronica di controllo su unico chip. Questa crescita ha stimolato la ricerca di alcune tipologie di microfoni MEMS Micro Electro-Mechanical System: piezoelettrici, capacitivi, elettromagnetici e a elettrete. Anche in questo caso i microfoni che hanno avuto più successo sono stati quelli capacitivi. Generalmente questi sensori hanno una struttura come quella riportata in Figura 1-12: sono formati da una cavità scavata nel substrato con attacchi tipici delle microtecnologie, chiusa da due elettrodi separati da un gap di aria, uno più sottile e uno più spesso per aumentare la robustezza del sensore.

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Figura 1-52: struttura di un microfono capacitivo MEMS

I buchi sull’elettrodo posteriore aumentano la sensibilità e diminuiscono l’effetto dello smorzamento dell’aria ad alte frequenze. Aumentando la tensione di polarizzazione è possibile aumentare ulteriormente la sensibilità, prestando attenzione a non superare la tensione di pull-in [5]. Tutti i microfoni trattati in questo paragrafo misurano la pressione acustica che essendo una grandezza scalare non permette di individuare la direzione di provenienza dell’onda e di conseguenza di definire la posizione della sorgente sonora, per questo motivo sono spesso chiamati sensori non direttivi.

1.4.2 Microfoni a gradiente di pressione

I microfoni a gradiente di pressione, differentemente dai microfoni di pressione, sono sensibili rispetto alla direzione di incidenza dell’onda sonora. Questi trasduttori sono formati da due ingressi separati da una distanza l e al loro interno contengono una membrana posta perpendicolarmente rispetto agli ingressi, come si può osservare nella Figura 1-6.

Quando un’onda acustica incide sulla membrana questa si flette con uno spostamento proporzionale al gradiente di pressione, sfruttando lo stesso meccanismo impiegato nei microfoni di pressione, ma in questo caso nessuna delle due zone ha una pressione costante.

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La risposta di questo microfono è massima se lo stimolo sonoro produce un’onda perpendicolare alla superficie del condotto di ingresso, mentre è nulla se la sorgente genera un’onda parallela. Questo perché lo spostamento è proporzionale a p(x)-p(x+Δx), e quindi se su entrambi i lati della membrana è presente la stessa pressione la risposta del sensore è nulla, come nel caso mostrato in Figura 1-6B. La Figura 1-6A mostra come il suono raggiunga solo dopo un certo ritardo l’ingresso 2, questo fa sì che la pressione acustica sia diversa ai lati della membrana.

Questi microfoni sono spesso chiamati microfoni di velocità, perché come abbiamo visto nella sezione 1.2, la velocità delle particelle può essere ricavata avendo a disposizione la pressione acustica in due diversi punti con l’equazione 1.22.

La sensibilità di questi microfoni essendo funzione dell’angolo di incidenza nei termini appena descritti risulta essere una funzione cosinusoidale che in coordinate polari corrisponde ad un andamento chiamato figure of eight. Nel caso particolare in cui lo stimolo acustico fosse di tipo armonico 𝑝(𝑡, 𝑥) = 𝑝 cos(𝜔𝑡 − 𝜔𝑥/𝑐), allora la risposta del microfono sarebbe: Figura 1-6: incidenza di un'onda acustica su un sensore a gradiente di pressione. Nella fig A l'onda incide perpendicolare rispetto alla membrana. Nella fig. B l'onda incide parallelamente.

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33 𝑝(𝑥, 𝑡)− 𝑝(𝑥 + 𝛥𝑥, 𝑡)=𝑝(𝑥, 𝑡)− 𝑝(𝑥 + 𝛥𝑥, 𝑡) 𝛥𝑥 𝛥𝑥 ≈ 𝑑 𝑑𝑥𝑝(𝑥, 𝑡)𝛥𝑥 = 𝜔 𝑐𝑝(𝑥, 𝑡)𝛥𝑥 (1. 43)

L’equazione 1.43 mostra come l’andamento della risposta non sia lineare con la frequenza. La sensibilità, in questo caso, raggiunge il massimo quando la frequenza cresce tanto da far sì che λ/2 sia pari alla distanza l e ha valore doppio rispetto ai semplici microfoni di pressione nelle medesime condizioni. Dopo questa frequenza la risposta diminuisce fortemente.

1.4.3 Sensori di velocità Microflown

I microfoni di pressione e a gradiente di pressione non permettono di misurare, se non indirettamente, la velocità delle particelle acustiche. Grazie all’invenzione del Microflown nel 1994 oggi abbiamo questa possibilità e siamo in grado di caratterizzare completamente il suono. Il nome Microflown deriva dal termine con cui in fluidodinamica si indica il movimento delle particelle di un solido o di un gas: il flusso (flow). Questo sensore, infatti, risulta sensibile al movimento dell’aria.

Il Microflown è costituito da due fili di platino, sostenuti da uno strato di nitruro, riscaldati da una corrente grazie all’effetto joule fino ad una temperatura di qualche centinaio di gradi (circa 200-400 °C) [8]

Figura 1-7 : simboli che rappresentano rispettivamente il Microflown e il microfono. I due segmenti nel Microflown rappresentano i due filamenti, mentre il singolo segmento nel microfono rappresenta la membrana.

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Quando le particelle acustiche transitano sul sensore modificano asimmetricamente il profilo di temperatura in prossimità dei fili: questo porta ad una variazione del valore della resistenza, in particolare se la temperatura cresce anche la resistività cresce, perché il platino è un metallo con un TCR (Temperature Coefficient Resistance) positivo.

Per comprendere il comportamento di questo sensore è utile far riferimento ad un singolo filamento di platino, struttura che molto spesso è utilizzata per realizzare anemometri a filo caldo.

La temperatura del filo cambia quando sono presenti particelle con una velocità superiore ai 10 cm/s, mentre con velocità inferiori a 1 cm/s rimane pressoché costante, perché il filamento non riesce a raffreddarsi, nonostante il cambiamento del profilo. È importante sottolineare come la variazione della temperatura sia dovuta alla convezione termica. Con questa particolare struttura, in assenza di un secondo filamento, non è possibile stabilire la direzione di incidenza delle particelle, perché tutte provocano la medesima risposta del sensore. Il raffreddamento del filo risulta essere proporzionale alla radice quadrata del flusso.

Nella Figura 1-8 l’ascissa 𝑥 rappresenta la posizione del filamento, considerato puntiforme, il profilo blu rappresenta la distribuzione di temperatura in assenza di perturbazione, quello rosso in presenza di moto convettivo. La linea nera rappresenta una perturbazione convettiva per basse velocità; si noti come in questo caso nella posizione del filo la temperatura non cambi.

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Grazie alla presenza del secondo filamento possiamo stabilire la direzione della velocità delle particelle. Quando l’onda acustica incide sul sensore, il profilo di temperatura di entrambi i filamenti cambia. Essendo un sistema lineare il profilo totale risulta essere la somma dei singoli come si osserva in Figura 1-9.

Se ci troviamo nella condizione descritta dalla Figura 1-9, ovvero in presenza di un flusso statico che va da sinistra verso destra, il filamento in posizione 𝑥 raggiunge una temperatura maggiore rispetto al filamento in posizione 𝑥 , perché una parte del flusso di calore proveniente dal primo filamento raggiunge il secondo. Tra i fili è presente una differenza di temperatura δT di segno opposto rispetto a quella che si avrebbe nel caso in cui il flusso andasse da destra verso sinistra. Quando ad incidere sul sensore è un’onda acustica e non un flusso statico, il verso di propagazione non è più individuabile, perché l’oscillazione propria dell’onda porta ad un profilo di temperatura alternato, in cui periodicamente si scambiano filamento più caldo e filamento più freddo.

Per descrivere il funzionamento del Microflown facciamo riferimento alla Figura 1-10. In condizioni di riposo i due fili di platino sono riscaldati da una potenza elettrica 𝑃 in modo da raggiungere la stessa temperatura 𝑇 = 𝑇 . In questo caso l’unico flusso di calore che esce dai filamenti è 𝑄 . Quando l’onda acustica incide sul sensore c’è uno scambio di calore tra i due fili, se la distanza tra i due è troppo grande la perdita di calore 𝑄 Figura 1-9: profilo di temperatura intorno ai due filamenti di platino del Microflown perturbato da un flusso statico. Il tratto continuo è la somma dei singoli profili tratteggiati.

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diventa non trascurabile, e il flusso di calore convettivo che va da 1 a 2 molto più lieve. D’altra parte, se i due sono troppo vicini, secondo la legge di Fourier, si instaura una reazione termica, per cui un flusso di calore conduttivo di segno opposto, rispetto a quello convettivo, tenta di far equivalere le due temperature. La sensibilità del Microflown non risulta quindi essere una semplice funzione monotona della distanza tra i fili e per massimizzarla occorre trovare la distanza ottima.

La risposta in frequenza di questo sensore presenta due poli: il primo è dovuto al tempo impiegato dal calore convettivo per arrivare da un filo ad un altro, e il secondo, a frequenza molto più alta, è dovuto alla capacità termica, generalmente questo andamento può essere approssimato come un filtro passa basso del primo ordine [8]. Le dimensioni dei fili scelte per massimizzare la sensibilità e avere una banda piatta nel range frequenziale di interesse sono 1000 × 2 × 0.3 μm (l × ω × h), mentre la distanza tra 𝑥 e 𝑥 vale circa un centinaio di μm [9]. Essendo filamenti lunghi e sottili la struttura risulta essere molto fragile e per questo necessita di package dedicati. Oltre ad aumentare la robustezza del dispositivo negli anni sono state creati package sempre più innovativi che riescono ad aumentare la velocità acustica di un fattore da 3 a 30 volte (da +10 dB a +30 dB), forzando il passaggio delle particelle in un determinato punto grazie ad alcune ostruzioni fisiche.

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La mancanza di un riferimento che misuri direttamente la velocità delle particelle rende delicata la calibrazione del sensore, che può essere fatta solo indirettamente. Generalmente la velocità campione è ottenuta come quoziente tra pressione acustica e impedenza specifica nota del mezzo. Questa misura può essere fatta sia in una camera anecoica sia in un tubo ad onde stazionarie, come verrà approfondito nel prossimo capitolo.

Ad oggi l’azienda Microflown produce la sonda U regular che come è riportato sul datasheet [10] ha una sensibilità di 12 V/(m/s), e può rilevare velocità fino ad un PVL di 130 dB e lavora nel range frequenziale dai 20 ai 10000 Hz.

1.5 Applicazioni dei sensori acustici

La possibilità di misurare direttamente la velocità delle particelle permette di ricavare in maniera affidabile alcune grandezze fondamentali del suono come l’intensità, l’energia e l’impedenza acustica. Le misure ottenibili con questi sensori, supportate da quelle ricavabili con i tradizionali microfoni di pressione, aprono nuovi orizzonti di mercato, e rendono possibili nuove applicazioni in campo acustico.

1.5.1 Applicazione dei sensori di velocità delle

particelle

Negli ultimi anni lo sviluppo della tecnologia ha cambiato il modo di vivere delle persone. Quasi tutti possiedono uno smartphone una lavatrice un computer e altri apparecchi tecnologici. Standard di qualità, normative e aspettative dei clienti implicano un controllo accurato dei prodotti. I sensori di velocità permettono di classificare e localizzare il rumore, di poter monitorare le vibrazioni e di poter costruire una mappa del suono. Tutto questo è possibile grazie alla possibilità di effettuare una misura in-situ, senza dover trasportare il dispositivo in esame in una camera anecoica o in un tubo ad onde stazionarie. Le piccole dimensioni del sensore permettono di avere una misura con un’alta risoluzione spaziale anche in presenza di dimensioni molto ridotte come nel caso di una scheda madre di un computer oppure di un telefono cellulare.

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Anche in campo industriale sono spesso richiesti controlli sonori in-situ. Le misure effettuate con microfoni di pressione in presenza di ambienti riverberanti e rumorosi non sono accurate, e inevitabilmente gli ambienti industriali presentano questo tipo di condizioni. I sensori di velocità permettono di rilevare misure valide anche con un elevato rumore di fondo, questo perché quando il disturbo sonoro raggiunge la superficie vibrante il suo contributo in termini di pressione raddoppia, mentre in termini di velocità tende ad annullarsi.

L’utilizzo dei sensori Microflown risulta essere vantaggioso anche nel campo dell’industria aereospaziale per monitorare sia il rumore all’interno delle cabine passeggeri sia all’esterno [11]. Applicazioni di questo tipo possono essere utili anche in campo automotive. Il comfort di una macchina è spesso indicato con la misura di un parametro NVH (noise vibration harshness). I sensori di velocità sono molto utili per valutare questo parametro, soprattutto per misure in campo vicino, vista l’elevata sensibilità in queste condizioni [12].

La possibilità di misurare l’impedenza acustica caratteristica, permette di caratterizzare il mezzo in cui si propaga l’onda sonora perché consente di ricavare informazioni sui coefficienti di riflessione e di assorbimento e altre proprietà del materiale come la fonoassorbenza. Vista la possibilità di effettuare le misure in-situ, con i sensori di velocità possiamo ad esempio monitorare lo stato dell’asfalto stradale [13].

1.5.2 Misura dell’intensità acustica confronto tra il

metodo p-u e il metodo p-p

Generalmente per rilevare l’intensità acustica si utilizza il metodo p-p che combina il valore misurato da due microfoni posti ad una certa distanza l’uno dall’altro e con un’approssimazione finita del gradiente di pressione rende possibile il calcolo di u. In questo caso i microfoni devono essere nominalmente identici e presentare un mismatch piccolo perché gli eventuali sfasamenti comporterebbero un errore cospicuo nel caso di bassi valori di velocità delle particelle (grandi valori di p/I). I risultati ottenuti con questo tipo di sonda sono fortemente influenzati dalle condizioni acustiche dell’ambiente, per cui se la misura presenta degli errori l’unica

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possibilità è quella di cambiare l’ambiente circostante e questo non è sempre possibile. Se utilizzassimo la sonda p-u la misura dell’intensità sonora dipenderebbe soprattutto dalle reattività del campo, rapporto tra intensità reattiva (aliquota di energia non propagante) e intensità attiva in scala logaritmica; per aumentare l’accuratezza occorrerebbe allontanare la sorgente sonora dal sensore, soluzione accettabile nella maggior parte delle applicazioni [14]. Con questa sonda anche i problemi di spazio e i relativi limiti di banda che devono essere affrontati nel caso del metodo p-p sono risolti, in quanto il microfono e il sensore di velocità sono posti nel medesimo punto. L’aspetto critico di questo tipo di misura è la calibrazione, che però deve essere molto accurata solo in condizioni di campo vicino o molto vicino, nei quali la parte reattiva dell’intensità acustica non può essere trascurata. In campo lontano anche un eventuale errore di fase di 35° porterebbe ad un errore minore di 1 dB. La misura ottenuta con la sonda p-u risulta essere molto meno affetta da errori dovuti al rumore di fondo, perché in questo caso si considera solamente la parte correlata tra pressione e velocità [15]. Sotto queste condizioni o in presenza di alti valori del rapporto tra p e I è consigliabile adoperare questo tipo di sonde; viceversa se siamo in presenza di un campo molto reattivo l’errore dovuto all’utilizzo del metodo p-u cresce ed è consigliabile effettuare la misura con una sonda p-p.

1.5.3 Misure direzionali

I sensori di velocità hanno una direzionalità intrinseca rispetto ai microfoni di pressione. La sensibilità di questi trasduttori varia in funzione dell’angolo di incidenza. Questa risulta essere massima, 𝑆 , quando l’onda acustica incide perpendicolarmente rispetto ai fili di platino e quasi nulla quando è parallela. Idealmente la sensibilità del Microflown può essere espressa come:

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dove θ è l’angolo tra l’asse trasversale dei filamenti e la direzione di propagazione dell’onda acustica. Quando il valore della sensibilità è massimo anche il trasferimento di calore che permette la trasduzione del segnale utile è massimo. Generalmente la sensibilità viene rappresentata in un diagramma polare in cui assume un andamento chiamato figure of eight simmetrico rispetto all’asse longitudinale dei fili, ragion per cui questo profilo è spesso chiamato diagramma bidirezionale (Figura 1-11A). I microfoni a gradiente di pressione hanno lo stesso comportamento in termini direzionali, come già introdotto nel paragrafo 1.4.2, infatti lo spostamento della membrana è proporzionale a 𝛻p ∙ 𝑛, dove 𝑛 è la normale rispetto al piano passante per l’asse della membrana.

I microfoni di pressione invece sono sensori omnidirezionali, ovvero la loro sensibilità mantiene un valore costante indipendentemente dalla direzione di incidenza dell’onda acustica (Figura 1-11B). Se la lunghezza d’onda diminuisce, fino a diventare comparabile con le dimensioni del microfono, questa condizione non è più valida, poiché il microfono diventa un ostacolo per l’onda acustica e la sua sensibilità per alcuni angoli di incidenza decresce.

Combinando microfoni a gradiente di pressione, microfoni di pressione e sensori di velocità delle particelle possiamo ottenere trasduttori con direttività diverse da quelle in Figura 1-11.

Figura 1-11: nella fig. 14A è raffigurata la sensibilità in coordinate polari di un sensore di velocità delle particelle o di un microfono a gradiente di pressione. Nella fig. 14B è raffigurata la sensibilità in coordinate polari di un microfono di pressione.

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La velocità delle particelle acustiche è una grandezza vettoriale, conoscendo le sue tre componenti possiamo identificare la posizione della sorgente sonora nello spazio tridimensionale misurando la Direction Of Arrival (DOA).

Il calcolo della DOA è utile per molte applicazioni tra cui il monitoraggio dell’acustica ambientale, i sistemi a comando vocale, la localizzazione della posizione di corpi sommersi [16] e lo sviluppo di apparecchi acustici biomedici.

L’identificazione della DOA è possibile anche avendo a disposizione tradizionali sensori di pressione utilizzando un array di microfoni anche se l’utilizzo di questa configurazione è molto limitante. La posizione della sorgente sonora viene ricavata grazie al ritardo di ricezione dei microfoni, (Time Difference of Arrival - TDOA) perché questi sono dovuti alla distanza che impiega l’onda acustica a raggiungere il singolo trasduttore. Una delle tecniche più usate è quella del Beamforming, per capirne il funzionamento possiamo far riferimento ad un array di microfoni lineare. Se l’onda acustica incide perpendicolarmente rispetto all’asse dell’array ogni microfono riceve la stessa informazione e la somma dei segnali misurati dai singoli ripropone l’onda incidente. Se invece l’angolo tra la direzione di propagazione dell’onda e l’asse longitudinale dell’array è minore di 90° la differenza di fase fa sì che la somma dei segnali misurati dai diversi microfoni sia attenuata rispetto al caso precedente. Con questa configurazione il sensore risultante dalla combinazione di tutti i microfoni ha una direttività selettiva con il massimo della sensibilità lungo la direzione perpendicolare all’array. Introducendo ritardi virtuali sui segnali digitalizzati rilevati dai diversi microfoni e combinandoli tra loro è possibile ottenere un sensore risultante con un massimo della sensibilità lungo un altro asse. Per ottenere una mappa acustica occorre interpolare tutti i risultati ottenuti dai sensori virtuali risultanti con direttività selettiva rispetto ad un certo asse nel piano. La realizzazione di questo metodo è molto complessa, perché i ritardi virtuali sono funzione della distanza tra i microfoni, della frequenza del suono da localizzare e della direzione della massima sensibilità. La necessità di un’elaborazione successiva alla misura rende inadatto questo tipo di localizzazione ad applicazioni real-time. L’utilizzo di array di microfoni presenta anche altre problematiche soprattutto legate alla limitata banda di funzionamento. La distanza tra i

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microfoni deve essere comparabile con la lunghezza d’onda del suono di interesse, per basse frequenze λ è molto grande e conseguentemente anche la distanza tra due trasduttori dell’array deve esserlo. Per localizzare infrasuoni (frequenze inferiore ai 20 Hz) i microfoni devono essere separati da una distanza che va dagli 0.5 Km ai 3 Km, con un evidente problema di ingombro [17]. La risposta in frequenza è anche limitata superiormente a causa dell’aliasing spaziale, per ridurlo è necessario avvicinare i sensori, ma questo porta ad un peggioramento della risoluzione.

Una valida alternativa per il calcolo della DOA è l’utilizzo degli array di AVS (acoustic vector sensor). Gli AVS sono sensori formati da tre Microflown orientati lungo i tre assi cartesiani 𝑥 𝑦 𝑧̂ e da un microfono di pressione omnidirezionale.

L’utilizzo degli AVS consente misure a larga banda, e l’unico limite frequenziale è quello dovuto alla risposta in frequenza del singolo sensore. La struttura di questi sensori permette di avere dimensioni estremamente compatte, per qualunque frequenza acustica di interesse. L’utilizzo di questi sensori permette, inoltre, una prima parziale analisi real time, mentre quella completa necessita comunque di tecniche come il beamforming. Queste caratteristiche permettono di poter localizzare una sorgente sonora anche con sonde di dimensioni limitate e poter ricavare mappe acustiche anche per suoni con basse o alte frequenze.

Per il calcolo del solo angolo di Azimuth, che permette la localizzazione della sorgente sonora sul piano, sono necessari solamente due sensori di velocità, ortogonali tra loro, e un microfono di pressione. La presenza di un sensore di pressione in queste configurazioni è utile per individuare l’orientazione dell’onda.

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2 Sensori APV CMOS

compatibili

I sensori Microflown descritti nel capito precedente presentano due grandi limiti. La fragilità della struttura dovuta alla lunghezza dei fili sospesi sulla cavità del substrato e gli elevati costi di produzione dovuti all’utilizzo di materiali e tecnologie dedicate non compatibili con i processi microelettronici standard. L’Università di Pisa attualmente sta sviluppando dei nuovi sensori di velocità delle particelle APV (acoustic particle velocity) realizzabili con tecnologia CMOS. Queste nuove strutture permettono di abbassare notevolmente i costi di produzione, almeno per grandi volumi, e di integrare direttamente sensori e interfaccia elettronica su un unico chip riducendo i disturbi. L’utilizzo di queste tecnologie permetterà in futuro di realizzare una sonda p-u estremamente compatta composta da un sensore APV, un microfono MEMS CMOS compatibile e l’elettronica di controllo.

2.1 Descrizione del chip

La fabbricazione del chip è stata affidata all’azienda francese CMP (Circuits Multi Projets®/MultiProject Circuits®). La CMP [34] produce circuiti integrati (IC) e MEMS in piccole quantità per università, centri di ricerca e aziende. Il processo scelto per la realizzazione dei sensori è il processo 0.35 μm CMOS standard fornito dalla Austria Micro System. La produzione del chip è seguita da una fase di post-processing per la rimozione di una parte del substrato di silicio. Il chip è successivamente posizionato in un case e microsaldato.

Il chip, di dimensioni di 2.88 mm×2.88 mm, contiene 10 sensori. Ciascun sensore è un ponte di Wheatstone in cui ogni ramo è formato dalla serie o dal parallelo di tre resistenze. Le strutture sono contattabili dall’esterno attraverso 4 pad, due sono destinati all’alimentazione del ponte e gli altri due alla lettura del segnale di uscita. Le resistenze del ponte sono collegate in modo tale che a due a due subiscano variazioni opposte come quelle

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rappresentate nella Figura 2-1, se il sensore è sollecitato da uno stimolo acustico.

Figura 2-1: struttura dei singoli sensori presenti sul chip sollecitata da uno stimolo acustico.

Per avere variazioni opposte le resistenze dei due rami devono essere posizionate una davanti all’altra, come rappresentato in figura 2-2.

Figura 2-2:rami adiacenti del ponte di Wheatstone di una struttura le cui resistenze del ramo sono collegate in serie. In rosso è rappresentato il polisilicio, l’elemento sensibile del campione, in blu i collegamenti tra le resistenze realizzate con la Metal 1. Per aumentare l’isolamento termico la struttura del sensore è sospesa su una cavità del substrato.

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Nella Figura 2-2 è mostrato come i segmenti che formano la resistenza del ramo siano costituiti da polisilicio e sostenuti da segmenti di diossido di silicio sospesi su una cavità del substrato, per aumentare l’isolamento termico. Per collegare i singoli segmenti è stata utilizzata la Metal 1. La separazione del resistore in tre segmenti consente di aumentare la robustezza e di ridurre i tempi di attacco, mantenendo la lunghezza e la resistenza del filo ottimali. I segmenti di polisilicio di rami adiacenti sono separati da una distanza Lgap. Nelle strutture in cui le resistenze sono

collegate parallelamente cambiano le connessioni tra le resistenze, ma la struttura di due rami adiacenti del ponte rimane quella della Figura 2-2. Per completare il ponte è necessario aggiungere gli altri due rami e portare i segnali ai pad esterni con la Metal 2 e la Metal 3.

Il chip realizzato contiene 10 sensori che differiscono tra loro per le dimensioni, per il collegamento delle resistenze del ramo (serie o parallelo) e per la direzione dell’asse della sensibilità. Assumendo un sistema di riferimento x-y allineato con i lati del chip sette sensori sono stati posizionati in modo da avere l’asse di massima sensibilità in direzione y e tre sensori in direzione x. La disponibilità di sensori con direzioni dell’asse di sensibilità tra loro ortogonali consentirà di localizzare la sorgente acustica con un unico chip.

La mancanza di alcune informazioni sui materiali disponibili per la realizzazione del chip e l’assenza di una validazione sperimentale ha portato all’inserimento di più tipologie di APV all’interno del chip. Si riporta di seguito il layout del chip.

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Figura 2-3: layout del chip.

La Figura 2-3 mostra come i campioni siano formati da due strutture elementari come quella in Figura 2-2. I sensori si differenziano tra loro sia per la Lgap sia per la lunghezza dei segmenti di sostegno Lbeam. Riportiamo

in seguito una tabella riassuntiva con le caratteristiche delle singole strutture.

struttura Lgap Lbeam Largh

ezza poly R serie o parallelo angolo segmenti sostegno s1 45 μm 45 μm 6 μm parallelo 90°

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