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Il "Codice etico dei produttori di alcolici" e l'attenzione verso il consumatore. Il comportamento virtuoso di Heineken nel panorama internazionale.

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Academic year: 2021

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(1)

3

S

OMMARIO

1

Introduzione ... 5

2

Il Prodotto Birra ... 6

2.1 La Storia della Birra ... 6

2.1.1 Il gruppo Heineken ...11

2.2 La Produzione di Birra ...14

2.2.1 Gli ingredienti fondamentali per la birra: malto, acqua, lievito e luppolo. Proprietà e benefici ...14

2.2.2 Il processo produttivo ...17

2.2.3 Classificazione della birra ...20

2.3 I Regolamenti Legislativi ...23

2.3.1 Il movimento Salva la tua birra ...26

2.3.2 Il Quality Management nell’industria di birra ...27

2.4 Il settore birrario italiano ...31

2.4.1 Evoluzione del mercato e nuove prospettive ...32

2.4.2 Evoluzione dei consumi...35

3

I rischi del consumo di alcolici, politiche e danni alla salute ... 38

3.1 La Storia del consumo di alcolici in Italia ...38

3.1.1 La drinking culture in Italia ...42

3.1.2 Le politiche sanitarie dell’EU e in Italia ...43

3.2 Alcol e salute, gli effetti sul sistema nervoso centrale e sulla nutrizione ………45

3.2.1 Dati epidemiologici ...45

3.2.2 Alcolismo e sistema nervoso centrale ...47

3.2.3 Alcolismo e nutrizione ...48

4

Il gruppo Heineken nel panorama internazionale e nazionale. Il

contributo al consumo etico ... 51

4.1 Comunicazione aziendale e sociale ...51

4.1.1 Pubblicità commerciale o utilità sociale? ...55

4.2 Heineken e il consumo responsabile ...56

4.2.1 Heineken e cultura Pop ...56

4.2.2 Producers Commitment...58

4.2.3 La partecipazione al Forum dell’Unione Europea su alcool e salute ...64

(2)

4

5

La Web Content Analysis dei siti web di produttori di birra ... 67

5.1 Content analysis: evoluzione ed applicazione al web ...67

5.2 Il contesto di ricerca: i siti web dei produttori di birra ...68

5.3 Domanda di ricerca e descrizione della metodologia ...69

5.4 Gli strumenti della ricerca ...70

5.4.1 Analisi automatica del contenuto ...70

5.5 I risultati ottenuti ...70

6

Alcune osservazioni conclusive ... 79

(3)

5

1 I

NTRODUZIONE

La birra è una delle bevande alcoliche più bevute al mondo, nonché una delle più antiche. Con i suoi diversi aromi e colori ha attirato su di sé, negli ultimi anni, un crescente interesse da parte del consumatore, sempre più educato ed esigente, e da parte delle aziende in termini di soddi-sfazione del cliente ed attenzione al consumo.

Negli ultimi anni il settore birrario mondiale ha notevolmente modificato il proprio atteggia-mento riguardo la comunicazione. Partendo dalla sottoscrizione di impegni da parte dei maggio-ri produttomaggio-ri di alcolici del globo, dove si dettavano i 10 punti cardine da seguire nell’ambito della consapevolezza al consumo di alcol, si giunge ad una collaborazione tra questi e l’Unione Europea sottoscritta al Forum su Alcol e Salute, una piattaforma per le aziende che si impegna-no ad affrontare i danni causati dall’alcol sulla salute e le sue ripercussioni sulla società.

Nel presente elaborato è stato preso in esame il gruppo Heineken e il ruolo che esso svolge nel panorama nazionale e internazionale, alla luce delle più recenti trasformazioni, ed il relativo contributo al codice etico di consumo degli alcolici.

Dopo aver illustrato un breve excursus storico sulla storia della birra ci si sofferma sulle materie prime, sulle classificazioni e relativi regolamenti legislativi, per poi effettuare una disamina sul-la drinking culture in Italia e sulle politiche sanitarie interne e dell’Unione senza tralasciare l’analisi degli effetti dell’alcol sul sistema nervoso centrale e sulla nutrizione umana.

Infine è stata effettuata una Web Content Analysis dei siti web dei produttori di birra in Italia volta ad indagare quale sia il grado di coinvolgimento degli stessi per quanto attiene al consumo responsabile.

(4)

6

2 I

L

P

RODOTTO

B

IRRA

2.1 L

A

S

TORIA DELLA

B

IRRA

Non esiste una data precisa sulla nascita della birra, ma le prime testimonianze datano la com-parsa della birra intorno al IV millennio a.C. circa, presso le popolazioni sumere ed egizie. La scoperta della bevanda fu presumibilmente favorita dall’abbandono da parte dell’uomo della vi-ta nomade e coincise con l’inizio delle coltivazioni di cereali e frumento1. Un antico bassorilie-vo sumero infatti ritrae la descrizione ed il processo di creazione della birra che consisteva in: orzo, pane cotto che veniva inumidito nell’acqua fino a formare una poltiglia ed infine la be-vanda che aveva il potere di “fare stare bene chi la beveva”.

Sulla base di questi importanti ritrovamenti infatti si teorizza che non solo i sumeri fossero pro-duttori e bevitori di una bevanda che, seppur in maniera molto essenziale, fosse assimilabile alla birra, ma che utilizzassero la stessa come offerta propiziatoria destinata agli dei, come raffigura-to nella Tavoletta Monument Blau attualmente conservata al British Museum2.

Ai Sumeri, succedettero gli Assiro-Babilonesi ed il loro sovrano illuminato Re Hammurabi, il quale visse a cavallo tra il XIX e il XVIII secolo a.C.; autore del celebre Codice di Hammurabi, che ritroviamo oggi al museo del Louvre. Il Codice contiene, tra le altre, una legge che

1 Nelson M. (2005). The Barbarian’s Beverage, a history of beer in ancient Europe, Routledgne, Oxon, pp. 9-11. 2http://www.britishmuseum.org/research/collection_online/collection_object_details.aspx?objectId=368283&partId= 1

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7 sce le regole per la produzione e la commercializzazione della birra3. La produzione infatti

av-veniva sotto lo stretto controllo dello Stato che traeva proficui guadagni dalla sua esportazione e vendita.

Il procedimento della produzione della birra babilonese ricalcava a grandi linee quello moderno, anche se in maniera più spartana e grezza. In primis veniva raccolto l’orzo o il grano, lo si ba-gnava per poi asciugarlo col calore del sole fino alla seccatura. A questo punto il cereale veniva macinato ed impastato con acqua, fino alla formazione di un pane che una volta lievitato veniva cotto al forno. Infine si procedeva con la macinazione di questo pane ed alla sua cottura in ac-qua. Completata la cottura veniva filtrato ed infine lo si aromatizzava. Era così pronta la se-ber-bi-sang4.

Nell’antico Egitto, invece, la birra era la bevanda dei so-vrani, delle regine, ma anche degli dei e degli operai che lavoravano alla costruzione dei complessi monumentali. Poiché nell’antico Egitto non esisteva la moneta, ma solo il baratto, per gli schiavi la birra era una voce importante nel salario giornaliero, tanto che nella propria razione erano sempre presenti due boccali di birra. I cereali colti-vati nella valle del Nilo erano essenzialmente tre: il farro (triticum dicoccum), un tipo di frumento (probabilmen-te triticum aestivum) e l’orzo (hordeumsativum vulgare). I chicchi venivano macinati dalle donne nelle case con ma-cine del tipo a sella e la farina ottenuta era utilizzata per fare pane di vario tipo; il lievito non era conosciuto e per lievitare la pasta di pane si usava l’avanzo della pasta del giorno precedente. La cottura avveniva in forni domestici, o anche su lastre di pietra arroventata; per particolari tipi di pane, per usi religiosi e soprattutto per l’offerta nei templi del pane bianco conico, venivano utilizzate delle forme di terracotta preriscaldate.

I pani d’orzo servivano soprattutto alla fabbricazione della birra. Prelevati dal forno prima della completa cottura, venivano imbevuti di liquore di datteri e lasciati a fermentare; quindi veniva-no pressati e filtrati attraverso un setaccio: la bevanda ottenuta consisteva in una birra veniva-non molto

3 Re F. Storia della birra, saggio tratto nel manuale Corso di formazione per publican dell’Università della birra, pp.

25-26.

4 Del Vecchio P. Storia della birra, dai Sumeri al Medioevo, I Sumeri,

http://www.birra.it/index.php?ws=14&wssottomenu=38

Figura 2. Donna che prepara la birra. Calcare dipinto. Antico Regno, V dina-stia. Museo Egizio, Firenze. Fonte: http://www.beniculturali.it/

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8 alcolica che veniva conservata in giare accuratamente tappate. L’aggiunta di altri ingredienti po-teva variare il sapore e la gradazione della birra; altre bevande più o meno alcoliche venivano inoltre ricavate dalla fermentazione di diversi frutti o bacche5.

Nella cultura egizia aveva inoltre un profondo legame con la religione, veniva infatti offerta alle divinità nel corso dei funerali al fine di garantire un tranquillo riposo al defunto. Durante questi avvenimenti veniva anche bevuta dai parenti e dai partecipanti alla stessa cerimonia, come commemorazione delle virtù della persona venuta a mancare. La leggenda narra che Cleopatra, distesa sul letto pronta a morire per il morso di un aspide, si fece portare due coppe di birra, una per sé ed una per il dio dell’oltretomba Osiride6.

Nell’antica Roma la birra fu importata inizialmente durante le campagne d’Egitto. Dapprima Cesare, in seguito Antonio, si fecero divulgatori della bevanda a Roma. Nella sua opera

Natura-lis Historia, Gaio Plinio Secondo (23 d.C. – 79 d.C.) si interessa alla birra, descrivendo come la bevanda fosse molto conosciuta nell’antica Roma. Esisteva però una forte differenza nel suo uso a Roma città, veniva infatti utilizzata principalmente come unguento per il corpo. Nell’opera vengono descritti i due principali tipi di birra conosciuti all’epoca: la birra di origine egiziana chiamata zythum, l’altra di provenienza gallica conosciuta come cervisi, in onore della dea Cerere e dalla quale diviene la parola odierna per indicare la birra in spagnolo, “Cerveza”7. Ma è con l’avvento del medioevo che la birra inizia una fase di crescita sia nella produzione che nella diffusione. Con l’inizio della produzione nei monasteri, luoghi a forte carattere spirituale, all’interno dei quali i monaci sperimentavano le ricette migliorando il risultato anno dopo anno. In questo periodo la birra ebbe una crescente diffusione nelle zone del Nord e del Nord-Est eu-ropeo, le quali, essendo poco adatte alla coltivazione dei vitigni ne favorivano la produzione. La birra era poi consigliata perché considerata più salutare dell’acqua che, in quell’epoca, era molto spesso contaminata8. Il processo di cottura del mosto, lo sviluppo di alcol e il basso ph contri-buivano a rimuovere gli organismi nocivi e assicuravano l’eliminazione dei principali rischi di contaminazione. Spinta decisiva e fondamentale fu data tra il nono e l’undicesimo secolo, quan-do viene introquan-dotto un elemento fondamentale, il luppolo, che con le sue proprietà conservanti, consentiva una maggiore durata della bevanda e quindi ne favoriva la trasportabilità9.

Arrivando nell’età moderna, la birra aveva ormai raggiunto un picco di popolarità. La conse-guenza inevitabile di questa diffusione fu la necessità di stabilire delle leggi che ne regolamen-tavano la produzione e la commercializzazione. La prima legge in questo senso, promulgata da

5 Guidotti M. C. L’alimentazione nell’antico Egitto,

http://www.beniculturali.it/mibac/multimedia/MiBAC/minisiti/alimentazione/sezioni/origini/articoli/egitto.html

6Bitelli F., Govoni A., Zanotti M, (2016). Bionda a chi? La birra artigianale... un’altra storia, Edizioni del Loggione. 7 Plinio il Vecchio (78 d.C), Naturalis Historia, Libro XV.

8 Cabras I., Higgins D. M., (2016). Beer, brewing, and business history, Business History, pp. 4-5. 9Il Birrafondaio (2014), Anno 1 Numero 3, pp. 4-5.

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9 Guglielmo IV di Baviera, atta a regolamentare la produzione e la vendita della birra in Baviera fu laReinheitsgebot, che si ritiene essere la più antica regolamentazione del settore igienico-sanitaria ancora in uso.

Di seguito viene riportata una traduzione:

“Come la birra deve essere prodotta e servita in estate e inverno nella regione: "Con questa ordinanza, noi decretiamo e proclamiamo, secondo l' Autorità della nostra provincia, che d'ora in avanti nel Ducato di Baviera, dalla campagna alle città e nei posti di mercato, sia applicata la seguente legge: dal giorno di San Michele (29 settembre) al giorno di San Giorgio (23 apri-le) il prezzo per una misura (Mass) o una testa (Kopf) di birra non deve superare un Pfenning e dal giorno di San Giorgio al giorno di San Michele il prezzo per un Mass non deve superare i due Pfenning e quello per un Kopf i tre talleri (Heller). La violazione di questo decreto sarà punita così come sotto descritto. Chiunque può produrre birra oltre alla Marzen, ma e' vietato venderlaper più di un Pfenning per Mass. Inoltre, noi specialmente desideriamo che da questo momento in poi e dovunque, niente deve essere usato od addizionato per produrre birra che non sia orzo, luppolo ed acqua. Chiunque intenzionalmente disubbidisce a questo decreto sarà severamente punito dalla corte che ha giurisprudenza su di lui e gli verranno confiscati i barili di birra. Ogniqualvolta un locandiere acquisti birra al prescritto prezzo da qualche birreria, gli è permesso rivenderla ai contadini per un Heller in più al Mass o al Kopf di quanto menzionato sopra”10.

L'ordine bavarese del 1516 fu introdotto per impedire la concorrenza di prezzo con fornai per il frumento e segale. La restrizione dei grani di orzo aveva lo scopo di garantire la disponibilità di pane a prezzi accessibili, poiché il grano e segale erano riservati per l'utilizzo da parte di panet-tieri. Si sostiene che la norma avesse un ruolo protezionistico, dato che le birre della Germania settentrionale spesso contengono additivi non erano presenti nella birra bavarese. La norma esclude inoltre l’uso di ingredienti come la fuliggine e l’amanita muscaria, onde evitare proble-mi legati alla conservazione della birra.

La svolta fondamentale nella produzione della birra fu data dalla rivoluzione industriale. A par-tire dalla fine del XVII secolo le importanti scoperte che favorirono migliorie nella bevanda fu-rono diverse. Ricordiamo che nel 1714 Fahrenheit inventò il termometro, nel 1768 Marin inven-tò l’idrometro. James Watt fu il padre della macchina a vapore, realizzata nel 1785. Questi tre strumenti, di fondamentale importanza nella produzione di birra, consentivano di avere un cesso di birrificazione sempre più preciso e favorivano la sperimentazione di migliorie nel pro-cesso produttivo.

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10 Nel secolo successivo vi fu l’invenzione da parte di Daniel Wheeler di una macchina per tostare il malto, nel 1856 Jean-Louis Baudelot scoprì uno strumento che sarebbe stato utile per raffred-dare il mosto, mentre nel 1859 Carl von Linde ideò una macchina per la creazione di ghiaccio artificiale, che consentiva di produrre birra durante tutto l’anno. Tutte queste invenzioni agevo-larono notevolmente i birrifici e consentirono un aumento della produzione e del commercio, consentendo alla bevanda di continuare a percorrere un cammino di crescita e diffusione. Durante la seconda rivoluzione industriale, invece, di fondamentale importanza fu l’introduzione del densimetro e del saccometro. Altro cambiamento della seconda rivoluzione industriale fondamentale per la produzione di birra fu l’innovazione nel settore dei trasporti. In linea generale i birrifici venivano costruiti nei pressi dei maggiori corsi d’ acqua, così da rende-re più agile il trasporto della birra. Nel XIX secolo iniziarono a diffondersi le ferrovie, svolta fondamentale per il settore dei trasporti11.

Nel corso degli anni di grande impatto fu l’introduzione di un nuovo ingrediente nella produ-zione della birra: il lievito, introdotto soprattutto a partire dalla seconda rivoluprodu-zione industriale; innovazione fondamentale per una particolare tipologia di birra, la birra a bassa fermentazione. Altro aspetto importante nello sviluppo della birra, furono le migliorie apportate da Louis Pa-steur relative alla fermentazione e alla pastorizzazione. Nel 1876 diede inizio ad importanti stu-di sulla fermentazione che aiutarono a capire meglio il funzionamento del lievito e l’azione dei batteri che causavano sgradevoli odori e un gusto non molto piacevole. La tecnica della pasto-rizzazione invece, che prese il nome dal suo stesso inventore Pasteur, consentì di impedire che batteri e lieviti spontanei causassero l’inacidimento della birra, rendendola nauseante ed imbe-vibile.

Lo sviluppo della produzione birraria in Italia iniziò nella seconda metà del 1800 con lo svilup-po di consolidate realtà industriali produttrici di birra, per la maggior parte insidiate da perso-naggi d’oltralpe interessati alla possibilità di profitto nel mercato italiano. Alla fine del dician-novesimo secolo infatti si contavano quasi 200 stabilimenti di produzione; negli anni successivi molti stabilimenti chiusero, lasciando spazio a pochi attori in costante crescita. Tra i marchi “storici” che si svilupparono all’inizio del 1900 possiamo annoverare la Moretti con sede ad Udine, la Pedavena con sede a Feltre e la Wuhrer di Brescia.

I grandi produttori di vino, indispettiti dal crescente mercato della birra, promossero delle leggi a sfavore di questo. La legge Marescalchi del 1927 introdusse l’obbligo di utilizzare il 15% di riso nella produzione della birra, causando un indubbio peggioramento della qualità in quanto i

11Aa.Vv. a cura di Studio Booksystem Novara (2007), Il libro completo della birra. Storia, lavorazione, degustazione,

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11 mezzi ed i processi in uso all’epoca non consentivano di trarre i benefici che invece si possono avere al giorno d’oggi nell’utilizzo del riso nella produzione della bevanda. Inizia quindi un pe-riodo di crisi per la produzione di birra in Italia che si protrarrà fino al secondo dopoguerra. A partire dagli anni ’50 inizia quindi una ripresa che si consoliderà negli anni ’60 quando la birra inizia a far parte con costanza delle abitudini alimentari italiane12.

Negli ultimi trent’anni i consumi di birra sono in costante crescita, anche se l'Italia rimane anco-ra lontana dai consumi registanco-rati in molti ganco-randi Paesi europei. Il settore biranco-rario nel nostro pae-se è ormai maturo ed ha raggiunto importanti traguardi grazie al processo di ammodernamento e potenziamento degli impianti e alle importanti acquisizioni e fusioni avvenute a livello societa-rio con l’arrivo, dalla fine degli anni Settanta, dei grandi gruppi birrari mondiali attirati dal mer-cato italiano.

Tendenza degli ultimi anni, soprattutto in Italia, è quella dei microbirrifici e della produzione di birra artigianale. Questo fenomeno affonda le sue radici negli anni ’80 negli USA come movi-mento di tipo “culturale”; proponeva cioè di sottrarsi agli schemi legati all’industria “main-stream” puntando alla rivalutazione dell’individuo. In quegli anni furono molti i ragazzi amecani che, con passione, cominciarono a birrificare in casa, apportando anche modifiche alle ri-cette e rivisitandole in maniera estrema. In seguito il fenomeno si è trasferito in Europa dove fu accolto con entusiasmo, facendo nascere nuove imprese di piccole dimensioni: i microbirrifici, con produzione limitata e di altissima qualità. In Italia si sviluppa a partire dal 1996 quando, grazie anche ad un cambiamento della norma sulle accise, ebbe inizio un vero e proprio movi-mento brassicolo. Il fenomeno, in crescita costante, sta intaccando una quota di mercato sempre maggiore alle grandi industrie, che hanno iniziato ad interessarsi ad esso e a cercare di “combat-terlo” offrendo prodotti che richiamano alla produzione artigianale13.

2.1.1 I

L GRUPPO

H

EINEKEN

1864 - Le origini del Gruppo Heineken risalgono al 1864 quando il 22enne Gerard Adriaan Heineken acquistò la birreria De Hooiberg (the Haystack) nel cuore di Amsterdam. A lui segui-rono il figlio Henry e poi il nipote Alfred “Freddy” Heineken: entrambi, con creatività e deter-minazione, ricalcarono le orme del loro predecessore incrementando con successo quella che oggi rappresenta la prima realtà produttiva di birra in Europa e la quarta nel mondo. Ancora og-gi una discendente della famiglia, Charlene de Carvalho - Heineken, siede nel Consiglio Diretti-vo della Holding che governa il Gruppo ed è azionista di maggioranza.

1873 - Heineken assume ufficialmente questo nome.

12 Del Vecchio P., Storia della birra, La birra nell’età moderna,

http://www.birra.it/index.php?ws=14&wssottomenu=42.

13 Signoroni E. (2015), Slowine,

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12 1881 - Adozione di un moderno sistema di raffreddamento che va a sostituire il ghiaccio natura-le segnando una vera svolta alla produzione.

1886 - Invenzione del lievito A da parte del Dottor Elion, allievo di Louis Pasteur, tuttora usato per conferire alla birra Heineken il suo aroma caratteristico.

1890 - Nella birreria di Amsterdam si accende la prima lampadina elettrica e dieci anni dopo le vendite raggiungono i 200.000 ettolitri.

1914 - Sotto la guida di Henry Heineken, gli ettolitri di birra venduti diventeranno 300.000: l’azienda inizia a fare pubblicità e a espandersi in nuovi territori, specie nel vasto e promettente continente asiatico, molto più libero e accessibile del mondo oltre Atlantico.

1928 - Un aeroplano sorvola i cieli di Amsterdam in occasione dei Giochi Olimpici tracciando la scritta “Heineken”: l’innovativa intuizione pubblicitaria ufficializza il rapido e ormai inarre-stabile sviluppo dell’Azienda a livello internazionale. E risalgono proprio a questi anni la posa della prima pietra del nuovo stabilimento in Indonesia e l’avvio delle attività commerciali in Malesia, Cina, Nuova Zelanda e Sud-Est Asiatico.

1933 - Le prime bottiglie di Heineken sbarcano anche negli Stati Uniti: l’era del proibizionismo è finalmente conclusa.

1939 - Heineken si quota in borsa e la sua notorietà e reputazione acquistano sempre più forza. Sui mercati internazionali, a conclusione della Seconda guerra mondiale, Alfred “Freddy” Hei-neken avvia un processo di modernizzazione radicale. Fermamente convinto che la “birra possa viaggiare”, diviene il fautore di una reale ed efficace politica di marketing globale.

1963 - Nasce la Fondazione Heineken il cui obiettivo è sostenere la ricerca scientifica in ambito biochimico, anche attraverso il conferimento di un premio biennale ai più insigni e meritevoli studiosi.

1964 – Introduzione del nuovo logo che, tuttora, contraddistingue e rende inconfondibili tutte le confezioni immesse sul mercato.

1967 - La tecnologia produttiva fa un decisivo balzo in avanti: nello stabilimento di Rotterdam viene installata la prima linea completamente automatizzata per la birra alla spina. Nello stesso periodo viene anche messo a punto e introdotto un nuovo modello di fusto con tubo estraibile all’interno - il cosiddetto “SankeyKeg” - perfettamente compatibile con la nuova tecnologia. Il sistema verrà progressivamente adottato in tutte le birrerie del Paese.

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13 1968 - Heineken acquisisce la Birreria Amstel e il produttore di bevande Vrumona di Bunnik, Olanda, rinforzando la propria posizione sul mercato nazionale. Nello stesso anno il primo spot pubblicitario Heineken fa la sua comparsa in televisione.

Anni 70 - L’assetto del Gruppo, che consta ormai di numerose e floride birrerie, si rinforza gra-zie all’acquisizione della Holding Company l’Espérance, il terzo principale gruppo birrario francese, che diventerà Heineken France nel 1979. Nel 1978 viene perfezionato al 100% anche l’acquisto del Gruppo Dreher in Italia.

1983 - Viene siglata in Brasile un’importante alleanza tra Heineken e Coca-Cola, produttrice della birra Kaiser, oggi terzo gruppo birrario del Paese. Nel frattempo, le Birrerie Kirin iniziano a produrre Heineken sotto licenza in Giappone.

1988 - Vede l’ingresso della prima Buckler analcolica in Francia, Spagna, Olanda e Irlanda. 1989 - Alfred “Freddy” Heineken si ritira per l’età avanzata: Heineken, sotto la sua guida, è di-venuto il secondo più grande gruppo di birra al mondo, presente in oltre 170 Paesi.

1999 - Il marchio Heineken viene dichiarato “Marchio del Secolo” e Alfred “Freddy” Heineken “Pubblicitario del Secolo”. Morirà all’inizio del 2002 e l’azienda gli renderà onore da tutti gli angoli del globo.

2003 - Acquisizione dell’austriaca Brau-Beteiligungs, la più importante nella storia del Gruppo Heineken: l’operazione consente al Gruppo di estendere ulteriormente la propria presenza nei Paesi europei, inclusa Polonia e Repubblica Ceca, e divenire leader di mercato in Austria, Ro-mania, Ungheria. Nel 2005 entrano nel mondo Heineken anche una serie di nuove birrerie tede-sche e russe. La crescita prosegue anche negli altri continenti attraverso acquisizioni e accordi siglati negli ultimi anni in USA, Russia, Cina, Messico, Sud Africa, Namibia e Australia. 2005 - Introduzione nel mercato statunitense della nuova Heineken Premium Light Lager, una birra dal tipico aroma e qualità Heineken, ma più leggera e a inferiore apporto calorico.

2008 - Si conclude l’acquisizione di Scottish&Newcastle, storica azienda britannica.

2009 - Heineken annuncia la “Heineken Africa Foundation” per supportare ed aiutare la popola-zione SubSahariana Africana.

2010 - Acquisizione della FEMSA in Messico ed in Brasile.

2012 - Acquisizione totale delle breweries nella zona dell’Asia Pacifica. 2014 - Heineken festeggia il 150° anniversario.

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14 2015 - Heineken vince il premo 2015 per marketing creativo, diventando così la seconda società a vincere il premio due volte14.

2.2 L

A

P

RODUZIONE DI

B

IRRA

Nella produzione di birra il malto più adatto è quello di orzo; in alcuni paesi viene utilizzato il malto di frumento ed a volte viene direttamente saccarificato un cereale non maltato, come riso, frumento, segale o avena. La composizione e le caratteristiche gustative della birra variano se-condo le tecniche di produzione, le maggiori differenze si hanno da paese a paese, in relazione alle esigenze locali15.

2.2.1 G

LI INGREDIENTI FONDAMENTALI PER LA BIRRA

:

MALTO

,

ACQUA

,

LIEVITO E LUPPOLO

.

P

ROPRIETÀ E BENEFICI

2.2.1.1 Malto

Gli effetti sulla produzione di birra e sulla sua contaminazione in fase di lavorazione e conser-vazione del malto sono molteplici. L'effetto più noto è il microbiota del malto, che riduce la sta-bilità dei gas e può provocare vere e proprie “esplosioni” (espulsione spontanea di birra dal suo contenitore dette gushing). Diverse varietà di funghi sono stati associate al gushing, le più note sono il Fusarium graminearum e F. moniliforme. Piccole proteine fungine, hydrophobins, pre-senti nelle pareti cellulari fungine sono state isolate dai ceppi dei generi Fusarium, Nigrospora e

Trichoderma ed è stato dimostrato che siano creatori dell’effetto gushing16.

Una seconda conseguenza di infezione fungina di orzo e malto è il potenziale di rilascio di mi-cotossine, composti tossici per l'uomo o gli animali. L'aflatossina B1, ocratossina A, zearaleno-ne, deossinivalenolo (DON) e fumosins B1 e B2 sono micotossine che possono essere trasmesse dai cereali contaminati alla birra. Oltre al potenziale danno agli esseri umani, le micotossine possono colpire la fermentazione per la loro influenza sull'attività dei lieviti. Vi è anche una ap-parente relazione tra la capacità dei ceppi di produrre micotossina zearalenone e l’effetto

gu-shing17.

2.2.1.2 Acqua

La birra contiene circa il 90% di acqua, e l'importanza della qualità del liquido rispetto alla qua-lità del prodotto finale non può essere sottovalutato.

È stata osservata una correlazione tra la composizione dell’acqua di un'area e il tipo di birra che la regione produce.

14 Heineken report (2016), sito aziendale, http://www.theheinekencompany.com/about-us/our-history

15Villavecchia G. V., Eigenmann G. (1973).Nuovo dizionario di merceologia e chimica applicata. Hoepli Editore pp.

632-636

16Sarlin, T.,Nakari-Setala, T., Linder, M., Penttila, M. and Haikara A. (2005). Fungal hydrophobins as predictors of

the gushing activity of malt. Journal of the Institute of Brewing, 111, pp. 105 – 111.

17 Hill A.E (2009). Microbiological stability of beer. In: Beer. A. Quality Perspective. Bamforth C. W. (2009).

(13)

15 L’acqua arriva sotto forma di pioggia, grandine, nevischio o neve in forma pura, ma acquista impurità a causa dei gas presenti nell’atmosfera come l’ossigeno e l’anidride carbonica. Rag-giunta la terra l'acqua scorre in fiumi, torrenti e laghi e, in alcuni casi, serbatoi idrici. La compo-sizione dell'acqua nei serbatoi dipende dalla natura del bacino. Nelle zone in cui le rocce sono particolarmente resistenti, l'acqua non penetra in profondità, viene definita soft: cioè a basso contenuto di sali disciolti. Nelle zone in cui le rocce sono più permeabili, come ad esempio ges-so o calcare, l'acqua penetra facilmente e molti minerali vengono asges-sorbiti durante il cammino. L'acqua fornita dalle autorità locali deve necessariamente essere potabile, vale a dire libera da organismi patogeni. Per ridurre il deterioramento microbiologico solitamente viene aggiunto del cloro, che però rende l’acqua non sterile. Fortunatamente però i microrganismi presenti nell'ac-qua non possono provocare un deterioramento della birra, non essendo in grado di sopravvivere alle condizioni di alto etanolo e livelli di resina o di basso pH che si trovano nella birra. L’obiettivo in fase di trattamento è quello di convertire l’acqua fornita dalle autorità locali in acqua accettabile per il processo di birrificazione; questo si ottiene con la rimozione di ioni in-desiderati e mediante il raggiungimento di livelli richiesti di ioni desiderabili.

Per ogni tipologia di birra, esiste una corrispondente qualità di acqua: per le birre chiare sono raccomandabili acque dolci mentre per le birre scure sono più adatte acque dure e con poco cal-care.

Seppure l’acqua sia la materia prima disponibile con maggior abbondanza, resta comunque un ingrediente chiave per la birrificazione, al giorno d’oggi i produttori devono essere in grado di trattarla in maniera tale che mantenga le proprie qualità inalterate per qualsiasi tipo di prodotto. Typical Liquor Analyses for Beer Types:

Bitter Mild Porter Lager

Calcium 170 100 100 50 Magnesium 15 10 10 2 Bicarbonate 25 50 100 25 Chloride 200 200 300 10 Sulphate 400 150 100 10 18

2.2.1.3 Lievito

(14)

16 Protagonista assoluto della fermentazione, il lievito agisce in questa fase con il mosto a deter-minate temperatura a seconda della qualità di birra desiderata. Per la produzione della birra ci sono culture di puri ceppi selezionati in base ai propri caratteri fisiologici. I lieviti principali uti-lizzati per la produzione di birra sono due: il saccharomyces carlsbergensis, per le birre a bassa fermentazione, ed il il saccaromyces cerevisia, lievito propulsore dell’alta fermentazione. I due lieviti si caratterizzano per le proprietà delle proprie cellule, le quali, durante la gemma-zione, restano attaccate alla cellula madre formando così lunghe ramificazioni, in seguito si di-stribuiscono finemente nel mosto e in fase di fermentazione tendono a salire in superficie dove formano uno strato compatto detto “coperchio”.

Per prevenire la contaminazione microbica durante il processo di produzione, la purezza micro-biologica di fermentazione del lievito è una condizione necessaria affinché si assicuri la qualità del prodotto. Molti ceppi sono disponibili sul mercato e la loro caratterizzazione è necessaria per il controllo della qualità nella produzione di lievito secco19.

2.2.1.4 Luppolo

I coni di luppolo della specie luppolo comune humulus lupulus vengono coltivati quasi esclusi-vamente per l'industria della birra. Solo i coni delle piante femminili sono in grado di secernere la gialla polvere resinosa (cioè resina luppolina). È in questa resina che le proprietà fondamenta-li del luppolo per la birra, le resine e gfondamenta-li ofondamenta-li essenziafondamenta-li, vengono sintetizzati e accumulati.

Il luppolo è un ingrediente fondamentale per la produzione birra dal momento che conferisce alla bevanda il tipico gusto amaro e la sensazione rinfrescante; oltre al gusto, il luppolo viene utilizzato poiché le sue proprietà acide contribuiscono alla stabilità microbica complessiva della birra. Ulteriore vantaggio dato dall’utilizzo delle resine luppoline è che aiutano la stabilizzazio-ne della schiuma della birra e stabilizzazio-ne promuovono la riduziostabilizzazio-ne.

Rispetto alle grandi quantità di malto necessarie nella produzione di birra, la quantità di luppolo necessaria è significativamente più piccola. Questo ingrediente minore ha, tuttavia, un impatto notevole sulla qualità della birra e, quindi, la scelta e l’impiego del luppolo è di fondamentale importanza per la produzione della stessa. La complessa chimica associata all’utilizzo delle so-stanze del luppolo e la loro funzione nella produzione della birra è stato oggetto di approfondite indagini per oltre un secolo20.

19 Manzano M., C. Giusto, I. Bartolomeoli, S. Buiatti, G. Comi (2005). Microbiological Analyses of Dry and Slurry

Yeasts for Brewing. J. Inst. Brew

20Almaguer C., Schönberger C., Gastl M., Arendt E. K. and Becker T. (2014), Humulus lupulus – a story that begs

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17 Circa il 97% del luppolo coltivato in tutto il mondo è destinato a fini di produzione di birra. La produzione mondiale di luppolo è dominata dalla Germania e Stati Uniti. La produzione di lup-polo di entrambi i paesi rappresenta circa il 75-80% della produzione totale mondiale21.

Nel 1891, Moritz e Morris22 enunciarono cinque ragioni per l'aggiunta di luppolo alla birra: (a) per impartire il sapore amaro ed il caratteristico profumo;

(b) per ridurre alcuni componenti azotate del mosto; (c) affinché agisca come aiuto filtro in hop back; (d) per conferire proprietà antibatteriche alla birra; (e) per contribuire alla sterilizzazione del mosto.

Un secolo più tardi, Hughes e Simpson23 estesero la lista inserendo altri due vantaggi: (f) per migliorare e stabilizzare la schiuma della birra;

(g) promuovere la riduzione di schiuma.

Come accennato in precedenza, il valore di fermentazione del luppolo viene attribuito princi-palmente alla presenza di resine, oli essenziali e polifenoli24.

2.2.2 I

L PROCESSO PRODUTTIVO

Il processo di brewing (produzione di birra) utilizza malto d'orzo e/o cereali, cereali non maltati e/o zucchero/sciroppi di mais (in aggiunta), luppolo, acqua e lievito. La maggior parte dei pro-duttori di birra utilizzano malto d'orzo come principale materia prima. A seconda della posizio-ne dello stabilimento e della qualità dell'acqua in ingresso, l'acqua vieposizio-ne solitamente pre-trattata con una filtrazione ad osmosi inversa di carbonio o mediante altro tipo di filtraggio.

Il primo passo del processo, fresatura e filtrazione di carbonio, avviene quando il grano del mal-to viene trasportamal-to dall’impianto di stoccaggio e macinato in un processo a umido o a secco in modo da assicurare che si possa ottenere un alto rendimento delle sostanze estratte25. A volte la macinazione è preceduta da un trattamento del grano mediante l’uso del vapore.

21 Raiser, T. C. (2011) Commercial aspects of hops, Lecture presented at the 1st Hops Academy, Nürnberg, Germany 22 Moritz, E. R., and Morris, G. H. (1891) A Text-book of the Science of Brewing, E. & F. N. Spon: London. 23 Hughes, P. S., and Simpson, W. J. (1993) Production and composition of hop products, Tech. Q. Master Brew.

As-soc. Am. 30, pp. 146–154.

24Almaguer C., Schönberger C., Gastl M., Arendt E. K. and Becker T. (2014), Humulus lupulus – a story that begs

to be told. A review, J. Inst. Brew., pp. 306-307.

25 United Nations Environment Program (UNEP), (1996). Environmental Management in the Brewing Industry,

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18 La miscela di malto macinato, gelatina coadiuvante e acqua è chiamato mash. Lo scopo di schiacciare il tutto è quello di ottenere un estratto di alta qualità (mosto dolce) dal malto maci-nato e di garantire l'uniformità del prodotto. La procedura di mashing consiste nella miscelazio-ne e miscelazio-nel successivo riscaldamento del mosto, fino all’ammostatura che avviene tramite infusio-ne. Durante questo processo, il contenuto di amido del mosto viene idrolizzato, producendo un liquore chiamato mosto dolce.

Nel processo di miscelatura in infusione, acqua bollente tra 71° e 82° viene utilizzata per au-mentare l'efficienza dell’estrazione del mosto. La temperatura di mashing è dettata dal riscalda-mento del mosto utilizzando bobine a vapore26.

Il tipo di sistema utilizzato dipende da una serie di fattori quali la composizione del macinato e dalla qualità di birra desiderata27.

A seguito del completamento della conversione del mosto, il mosto viene separato dal mash. Il sistema più comune nelle grandi fabbriche di birra è un tino di filtrazione o mediante applica-zione di un filtro.

Il mosto fluisce attraverso lo strato filtrante. In entrambe le varianti, sia con l’utilizzo di un reci-piente atto a schiacciare che con l’uso di un tino, i grani vengono anche lavati con acqua per re-cuperare ogni residuo aderente al filtro del grano; il grano estratto in questo modo viene spesso utilizzato come mangime per animali. Il filtro è corredato di polipropilene a pori fini che forma uno stretto strato filtrante e permette, così, una altissima efficienza di estrazione. Tuttavia, la qualità del mosto filtrato in questo modo potrebbe essere influenzato attraverso l'uso di un pro-cesso di filtraggio mash e quindi non applicabile a tutti i tipi di birra.

Il passo successivo, la bollitura del mosto, comporta l'ebollizione ed evaporazione del mosto (con un tasso di evaporazione tra il 4% e12%) per un periodo compreso tra 1h ed 1.5 h. La bolli-tura consiste in un processo di forte ebollizione a rotazione ed è il processo che impiega la mag-gior parte di combustile nella produzione di birra. L'ebollizione sterilizza il mosto, coagula le proteina del grano, ferma l'attività enzimatica, allontana i composti volatili, origina ioni metalli-ci, forma sostanze tanniche e lipidi per formare complessi insolubili, estrae sostanze solubili dal luppolo e coltiva il colore e il sapore28.

26Olajire, A.A. (2012). The brewing industry and environmental challenges, Journal of Cleaner Production pp. 2-3 27 Hardwick, W.(1994). Handbook of Brewing. Marcel Dekker Inc., New York

28Galitsky, C., Martin, N., Worrell, E., Lehman, B., (2003). Energy efficiency implementation and cost saving

oppor-tunities for breweries. In: An Energy Star Guide for Energy and Plant Managers. Ernest Orlando Lawrence Berkeley National Laboratory and the US Environmental Protection Agency

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19 Dopo un processo di chiarificazione, il mosto viene trattato utilizzando aria o liquidi come mez-zo di raffreddamento. Il mosto entra nello scambiatore di calore in una temperatura compresa tra i 96° ed i 99° ed esce raffreddata a temperatura pitching (per introdurre il giusto quantitativo di lievito).

Le temperature pitching variano a seconda del tipo di birra prodotta29.

Una volta che il mosto viene raffreddato, viene ossigenato e mescolato con il lievito nel suo cammino verso il fermentatore. Il

mosto viene poi messo in un re-cipiente di fermentazione. Al termine del primo processo di fermentazione, il lievito viene rimosso mediante un setaccio oscillante, un processo di aspira-zione, un collettore conico, de-cantazione o centrifugazione; una parte del lievito, al termine di questo processo, viene scarta-to. Alcuni metodi di produzione di birra richiedono una seconda fermentazione, che solitamente avviene in un serbatoio di invec-chiamento, dove lo zucchero viene aggiunto al mosto per ini-ziare una ulteriore fase del cesso. L'anidride carbonica pro-dotta si dissolve nella birra, ri-chiedendo meno carbonatazione durante il processo. A questo punto il lievito viene nuovamente rimosso mediante decantazione o centrifugazione.

29 Verbelen P. J., Dekoninck T. M. L., Saerens S. M. G., Van Mulders S. E., Thevelein J. M., Delvaux F. R., (2008).

Impact of pitching rate on yeast fermentation performance and beer flavour. Centre for Malting and Brewing Science, Faculty of Bioscience Engineering, Katholieke Universiteit Leuven.

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20 L'invecchiamento della birra o il suo condizionamento è la fase finale di produzione. La birra viene raffreddata e lasciata riposare al fine di eliminare il lievito e consente alla birra di matura-re e stabilizzarsi. Per birmatura-re con una pmatura-resenza cellulamatura-re elevata nel lievito, una centrifuga può es-sere necessario in fase di pre-chiarificazione e allo scopo di rimozione delle proteine e dei com-posti tannici30.

La birra viene tenuta ad una temperatura controllata per un periodo di tempo che può variare da diversi giorni fino ad un mese e, in seguito, resa impermeabile a freddo e possibili condiziona-menti. Una farina fossile (sabbia di diatomee) del filtro è in genere utilizzata per rimuovere qualsiasi traccia di lievito.

Coloranti, estratti di luppolo e additivi aromatici vengono aggiunti in queste fasi. Molte brewe-ries utilizzano agenti stabilizzanti chill proof. La birra viene poi raccolta in specifici serbatoi prima del confezionamento.

Infine, la birra, viene ripulita di tutti i batteri nocivi rimanenti prima dell'imbottigliamento. Il metodo, soprattutto per la birra che dovrebbe avere una lunga durata, è la pastorizzazione, dove la bevanda viene riscaldata a 60°, temperatura che distrugge tutte le contaminazioni biologi-che31.

2.2.3 C

LASSIFICAZIONE DELLA BIRRA

La birra può essere classificata secondo molteplici aspetti, partendo dal colore, maniera più classica e visibile di classificazione, fino ad arrivare allo stile ed alle qualificazioni di mercato. In seguito verranno riportate le classificazioni standard.

2.2.3.1 La Classificazione normativa

La denominazione di “birra” è riservata al prodotto ottenuto dalla fermentazione alcolica con ceppi di saccharomyces carlbergensis o di saccharomyces cerevisiae di un mosto preparato con malto, anche torrefatto, di orzo o di frumento o di loro miscele e acqua, amaricato con luppolo o suoi derivati o con entrambi.

• La denominazione “birra analcolica” è riservata al prodotto con grado Plato non inferio-re a 3 e non superioinferio-re a 8 e con titolo alcolometrico volumico non superioinferio-re a 1,2%. • La denominazione “birra leggera” o “birra light” è riservata al prodotto con grado Plato

non inferiore a 5 e non superiore a 10,5 e con titolo alcolometrico volumico superiore a 1,2% e non superiore a 3,5%.

• La denominazione “birra” è riservata al prodotto con grado Plato superiore a 10,5 e con titolo alcolometrico volumico superiore a 3,5%; tale prodotto può essere denominato

30 United Nations Environment Program (UNEP)., (1996). Environmental Management in the Brewing Industry,

Technical Report No. 33. pp. 108

(19)

21 “birra speciale” se il grado di Plato non è inferiore a 12,5 e birra doppio malto se il gra-do di Plato non è inferiore a 14,5 e la gradazione alcolica tende a superare i 6 gradi in volume.

• Quando alla birra sono aggiunti frutta, succhi di frutta, aromi, o altri ingredienti alimen-tari caratterizzanti, la denominazione di vendita è completata con il nome della sostanza caratterizzante.

Categorie di birra Grado saccarometrico Grado alcolico

Analcoliche Da 3 a 8 <1,2 Leggere o Light Da 5 a 10,5 >1,2 e <3,5 Birra >10,5 >3,5 Speciali >12,5 >5 Doppio malto >14,5 >5,8 (art. 2 D.P.R. 30.06.98 n.272)32.

Bisogna tener conto che in Italia le birre sono suddivise per legge in gradi saccarometrici. Il grado saccarometrico è la percentuale di estratto nel mosto prima della fermentazione. Per grado alcolico si intende il contenuto di alcol in volume.

2.2.3.2 La Classificazione per diversa tipologia

Le modalità di produzione della birra portano a due grandi tipologie: birre a bassa fermentazio-ne o ad alta fermentaziofermentazio-ne in funziofermentazio-ne del lievito impiegato e dalla qualità desiderata; una parti-colare ulteriore tipologia di fermentazione è la spontanea utilizzata solo per poche qualità di bir-ra.

Nelle birre a bassa fermentazione vengono utilizzati lieviti saccharomyces carlbergensis, i quali prediligono temperature basse, generalmente comprese tra i 5°C e i 16°C, operano in recipienti chiusi (lager) depositandosi sul fondo in modo che l’anidride carbonica rimanga nella birra. Il metodo a bassa fermentazione sfrutta lo sviluppo del controllo delle temperature e maggiormen-te utilizzato per le birre di gusto leggero, generalmenmaggiormen-te denominamaggiormen-te lager. Nelle birre ad alta fermentazione il lievito saccharomyces cerevisiae utilizza temperature più elevate, tra 16 e 30°C, e durante la fermentazione sale in superficie. Con questo metodo si ottengono birre di gu-sto più intenso e aromatico, raggruppate in genere nelle Ale.

32Decreto Del Presidente Della Repubblica, 30 giugno 1998, n. 272. Regolamento recante modificazioni alla

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22 Di seguito, una breve illustrazione delle birre più diffuse e apprezzate dal consumatore italiano fornite da Assobirra nel report annuale 2014:

Abbazia. Sono così chiamate perché nate nelle abbazie del luogo con le quali, in alcuni casi, mantengono ancora relazioni. Le birre d’Abbazia sono diverse - anche di molto - nella varietà di gamma olfattiva e gustativa. In genere sono corpose e di forte contenuto alcolico. Il loro colore varia dall’oro carico all’ambrato, fino al bruno scuro.

Ale. In genere quando di parla di Ale si intende la birra inglese tout court, e in effetti le Ale so-no prodotte soprattutto in Gran Bretagna, pur avendo preso piede anche in Paesi come Belgio e Stati Uniti. Ricavate da malto d’orzo con lieviti ad alta fermentazione che garantiscono un corpo pieno e fruttato, di moderato contenuto alcolico, da bere in genere a temperatura di cantina, le Ale si distinguono in numerose tipologie, fra cui: Mild Ale, Bitter Ale, Belgian Ale, India Pale Ale, American Pale Ale, Porter, Stout, Barley Wine, ecc.

Analcolica. Fra le birre a bassa fermentazione merita una menzione la birra analcolica, pensata per coloro che non vogliono (o non possono) consumare alcol e con caratteristiche di aroma e gusto equiparabili a quelle di una normale Lager o Pils. Superata la gradazione di 1,2% vol., e fino al limite di 3,5, la birra analcolica diventa “light”, dai profumi e sapori molto lievi.

Blanche. A produrre per primi la bière Blanche furono, nel Quattrocento, i monaci del Brabante che impiegarono orzo, frumento e avena e inoltre, trovandosi a stretto contatto con i commer-cianti olandesi, ingredienti esotici provenienti dal Nuovo Mondo, fra cui il profumato coriando-lo e la buccia d’arancia seccata. Oggi la Blanche è fatta in parti uguali di orzo maltato e frumen-to non maltafrumen-to, cui si può aggiungere una percentuale variabile di avena, che la rende morbida e quasi vellutata al palato. Moderatamente alcolica, è ricca di suggestioni olfattive (fruttata, flo-reale e speziata) e gustative (asprigna con toni agrumati e speziati).

Bock. La Bock è una birra a bassa fermentazione, chiara e forte, che si ritrova nell’area germa-nico-alpina. Originaria di Einbeck, cittadina tedesca vicino Hannover, e poi affermatasi in Ba-viera, è gradevole all’olfatto, caratterizzata da netti sentori mielati di malto e da un floreale fre-sco, ricco e vellutato al palato, con corpo strutturato e persistente. Le Bock hanno un grado alco-lico di 6,5% vol., colore chiaro, gusto di malto ben presente, amaricante del luppolo attenuato. Lager. È una birra a bassa fermentazione, divenuta - vista l’odierna diffusione - sinonimo di bir-ra tout court. Il suo nome deriva dal termine tedesco “Lager” (“deposito”, “cantina”), che indica il luogo, a bassa temperatura, in cui questa birra veniva prodotta e conservata. La Lager europea è una birra chiara, fresca, di media alcolicità, delicata negli aromi e nel gusto, dal colore oro pal-lido. Fuori dall’Europa sono state progressivamente ridotte le note di malto e di luppolo: in tutto il continente americano la Lager è considerata un soft drink.

(21)

23 Pils. Nota anche come “pilsener” o “pilsner”, prende il nome dalla città boema di Plzen (Pilsen in tedesco), dove vide la luce ad opera del già citato Groll. Il mastro birraio bavarese sfruttò le peculiarità di un’acqua povera di minerali e la finezza aromatica del luppolo coltivato nella vi-cina Zatec per creare una birra dorata, a bassa fermentazione, che è la capostipite di oltre il 90% della birra oggi prodotta nel mondo. La Pils si caratterizza per l’aroma floreale, il gusto dal fina-le secco e pulito e la schiuma abbondante. Si suddivide in varie tipologie, fra cui fina-le Pils boeme, dal bel colore dorato, caratterizzate da morbide note di malto e da un amaro ben presente, e le Pils tedesche, più “pulite”, secche e dal forte aroma di luppolo, alle quali si avvicinano tutte o quasi le Pils prodotte negli altri Paesi europei.

Weizen. Popolarissima in Baviera, la Weizen è una birra fresca e dissetante, a base di malti d’orzo e di frumento (in tedesco “Weizen”). Quest’ultimo, che per legge non è inferiore al 50%, le conferisce il tipico colore e vengono dette anche “Weissbier” (“birre bianche”) per l’aspetto torbido e quasi lattiginoso, causato dai lieviti che rimangono in sospensione e conferiscono il caratteristico aroma fruttato di banana matura e speziato di chiodo di garofano, ancorché ne esi-stano anche versioni meno diffuse scure33.

2.3 I

R

EGOLAMENTI

L

EGISLATIVI

In Italia, nel 1962, il legislatore ha, inizialmente con la disposizione generale mediante la legge 30 aprile 1962 n.283, disciplinato la produzione e la vendita di sostanze alimentari il grande be-vande e, con la legge 16 agosto 1962 n.1354, e gli innumerevoli provvedimenti successivi, det-tato una disciplina per la produzione ed il commercio della birra.

Viene qui riportato un breve stralcio della prima normativa sulla produzione “la birra è il pro-dotto ottenuto dalla fermentazione alcolica con ceppi di saccharomyces carlsbergensis o

saccharomyces cerevisiae, dei mosti preparati con malto d’orzo anche torrefatto ed acqua, ama-ricati con luppolo. Il malto d’orzo può essere sostituito con malto di frumento, con riso o con altri cereali anche rotti o macinati o sotto forma di fiocchi o con zuccheri ed amido fino alla percentuale massima del 40% calcolata sul peso complessivo del cereale impiegato”34.

Da allora fino ai giorni nostri, la legge originaria, composta da soli 32 articoli, ha subito nume-rose modifiche.

La denominazione birra è quindi riservata al prodotto finale che si ottiene mediante la fermenta-zione alcolica con ceppi di saccharonyces carlsbergensis o di saccharonyces cervisiae di un mosto che si ricava da malto anche torrefatto di orzo, frumento o loro miscele ed acqua, ama-ricato con il luppolo.

33 Associazione degli industriali della birra e del malto, (2015), Annual Report.

http://www.assobirra.it/press/wp-content/annualreport2014ita.pdf

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24 Secondo la modifica prevista dal D.P.R. n.272 del 1998, la fermentazione alcolica del mosto può essere integrata con una fermentazione lattica, che quindi consente l'uso di batteri lattici ap-partenenti al genere lactobacillus, e detta una serie di prescrizioni sulle loro caratteristiche ed impiego35.

Nella produzione della birra è consentito l'impiego di estratti di malto torrefatto e degli additivi alimentari consentiti dal decreto del Ministero della Sanità 27 febbraio 1996, n.209. Il malto di orzo e cereali può essere sostituito con altri cereali, anche rotti o macinati o sotto forma di fioc-chi, nonché di materie prime amidacee e zuccherine nella misura massima del 40% calcolato sull'estratto secco del mosto. Nella preparazione della birra non devono essere impiegate mate-rie prime avariate o guaste o contenenti sostanze che per natura, qualità e quantità possono esse-re nocive. Non sono, inoltesse-re, ammesse aggiunte e/o impieghi di alcol, sostanze schiumogene e agenti di conservazione non previsti dalla legislazione vigente.

L’articolo 12 della suddetta legge, molto importante per la stessa, negli anni ha subito innume-revoli cambiamenti e riguarda essenzialmente l’etichettatura e la capacità dei recipienti. L'eti-chettatura e le sue proprie modalità di realizzazione devono essere destinate ad assicurare una corretta e trasparente informazione del consumatore, ed effettuate in modo da:

• non indurre in errore l'acquirente sulle caratteristiche del prodotto alimentare e precisa-mente sulla natura, identità, qualità, composizione, quantità, conservazione origine o provenienza, sul modo di fabbricazione o di ottenimento del prodotto.

• Non attribuire al prodotto effetti o proprietà che non possiede.

• Non suggerire che il prodotto possiede caratteristiche particolari, quando tutti i prodotti analoghi possiedono le stesse caratteristiche.

Indicazioni obbligatorie sono una delle cinque denominazioni indicate dall'art. 2 della legge 1354/62 (e successive modificazioni): Birra analcolica; Birra leggera o light; Birra; Birra Spe-ciale o Birra Doppio Malto.

Per quel che concerne le ulteriori indicazioni particolari, nel Reg. UE n° punto 1169/2011 rela-tivo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, in particolare l’art. 7 “stabilisce

che le informazioni sugli alimenti non inducano in errore, in particolare: caratteristiche dell'a-limento, Paese d'origine o luogo di provenienza, metodo di fabbricazione di produzione". Inol-tre Art. 2, comma 2, lettera p, Reg. UE. 1169/11 che definisce una “denominazione descrittiva” permette l’utilizzo di indicazioni di carattere geografico (ad es. Birra Toscana) o di fabbrica-zione (ad es. a bassa fermentafabbrica-zione).

35D.M. (Decreto Ministeriale) del 2 maggio 1996 n° 325 - Regolamento concernente l'Impiego di batteri lattici

(23)

25 L’elenco degli ingredienti, invece, secondo l’Art 5 D.L. n° 109/92, “È costituito dalla

enumera-zione di tutti gli ingredienti del prodotto, in ordine di peso decrescente al momento della loro utilizzazione, esso deve essere preceduto dalla parola “ingredienti”. Considerando la

legisla-zione riguardante le bevande alcoliche, quindi, le birre con tasso alcolico superiore allo 1,2%, ne sono esentate, nonostante vi siano in corso diversi dibattiti36.

Il packaging della birra, Art. 9 del D.L. n° 109/92, non ha disposizioni particolari, in quanto per le quantità nominali dei pre-imballaggi in volume (bottiglie, lattine, fusti) il decreto legislativo n° 12 del 25/01/2010, che attua la Direttiva 76/211/CEE, ha provveduto alla deregolamentazio-ne delle quantità nominali dei prodotti preconfezionati.

L’indicazione del termine minimo di conservazione, Art. 10 del D.L. n° 109/92, “Il termine

mi-nimo di conservazione è la data fino alla quale il prodotto alimentare conserva le sue proprietà specifiche”. Può essere indicato con la dicitura giorno, mese, anno, se il prodotto ha

conservabi-lità inferiori ad i 3 mesi, mese,anno, per i prodotti a conservabiconservabi-lità compresa tra i 3 ed i 18 mesi,

anno,se superiore ad i 18 mesi. Il prodotto birra non ha indicazioni specifiche in tal senso. Per l’identificazione della ditta produttrice, l’Art. 11 D.L. n° 109/92 stabilisce che vi siano indi-cati “Il nome o la ragione sociale o il marchio depositato + la sede del fabbricante o del

confe-zionatore o di un venditore stabilito nella Comunità Economica Europea.” Nel caso di

stabili-mento ubicato nello stesso luogo della sede già indicata in etichetta, prodotti preconfezionati da altri paesi per la vendita tal quali Italia, prodotti preconfezionati che riportano la bolla sanitaria, la sede di confezionamento o produzione può essere omessa. Inoltre, per le aziende con più sta-bilimenti sul territorio, è consentito indicare in etichetta tutti gli stasta-bilimenti purché quello effet-tivo sia contraddistinto da punzonatura o segno di altra natura.

Il titolo alcolometrico volumico effettivo, Art. 12 del D.L. n° 109/92, consiste nel numero di parti in volume di alcol puro alla temperatura di 20°C contenuta in 100 parti in volume del pro-dotto considerato; espresso dal simbolo “% vol” può comprendere solo un decimale. Sono pre-viste soglie di tolleranza dello 0,5% per birra con contenuto alcolometrico inferiore al 5,5%, dell’1% per birre che superano il 5,5%.

Nel resto della legge, vale a dire dall’Art. 13 al 32, vengono trattati vari argomenti, dalla pulizia dei recipienti alle norme igieniche; tutti questi argomenti però non sono disciplinati direttamente dalla legge sulla birra e rimandano ad altra normativa di riferimento.

36 Petizione 0846/2011, presentata dagli avvocati Giuseppe Giacomini, Stefano Cresta e Sergio Maradei, cittadini

ita-liani, a nome di Assoutenti, sulla corretta etichettatura delle bevande alcoliche.

(24)

26 È opportuno però, in questa sede, portare l’attenzione su di un dibattito che negli ultimi anni ha coinvolto diversi attori nella produzione di birra: il mancato riconoscimento da parte della legi-slazione italiana di una differenza sostanziale tra la birra a produzione industriale e quella arti-gianale. Mentre è stata regolamentata la produzione casalinga dal Decreto Legislativo n. 504 del 26/10/1995. art. 34 comma 3, "È esente da accisa la birra prodotta da un privato e consumata

dallo stesso produttore, dai suoi familiari e dai suoi ospiti, a condizione che non formi oggetto di alcuna attività di vendita"; non si può dire lo stesso delle produzioni delle microbreweries. Nella situazione attuale, l’associazione di categoria Unionbirrai ha sostanzialmente mutuato i criteri proposti negli Stati Uniti dalla Brewers Association, secondo la quale un birrificio, per essere definito come artigianale, deve essere: piccolo (con una produzione inferiore a 7 milioni di ettolitri annui); indipendente (non deve essere controllato oltre il 25% da una grande industria birraria); tradizionale (almeno la metà della birra prodotta deve essere realizzata con ingredienti tradizionali come il malto d’orzo); innovativo (in grado di interpretare stili considerati storici e, allo stesso tempo, svilupparne di nuovi)37. Naturalmente, date le forti differenze tra le strutture produttive dei due Paesi, per l’Italia, i limiti dimensionali sono stati adattati alle caratteristiche delle imprese nazionali, indicando in 10.000 ettolitri annui la soglia massima entro cui far rien-trare un birrificio come artigianale o “micro”38.

2.3.1 I

L MOVIMENTO

S

ALVA LA TUA BIRRA

In Italia, negli ultimi anni, complice la crescente pres-sione fiscale per le industrie produttrici di birra, è stato creato un movimento denominato Salva la tua birra. Promosso da Assobirra (Associazione degli Industriali della Birra e del Malto), parte nel 2013 volto a contrasta-re il Deccontrasta-reto Legge n. 104 del 2013, nel quale l’Articolo 25 contiene disposizioni volte ad elevare le aliquote di accisa su birra, prodotti alcolici intermedi ed alcol etili-co. Gli aumenti sono stati inizialmente previsti in tre

momenti: il primo dal 10 Ottobre 2013, il secondo dal 1 Gennaio 2014 ed il terzo dal 1 Gennaio 201539. La campagna, nata da una petizione e diffusa con la creazione di un sito internet40e mediante l’utilizzo dei social media (Figura 4), ha un duplice obiettivo: da una parte, informare cittadini e

37 Fastigi M., Esposti R., Viganò E. (2015).La craft beer revolution in Italia e i birrifici agricoli: traiettorie

evo-lutive e principali criticità, Fastigi N°2, pp. 71-72

38 Cannatelli L., Pedrini M. (2012). Gestione del marchio, qualità e performance economiche delle micro imprese in

mercati maturi: il segmento della birra artigianale in Italia. Mercati e competitività: rivista della Società Italiana di Marketing.

39D.L. (Decreto Legge) del 12 settembre 2013, n.104, Misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca.

(13G00147), http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2013/09/12/13G00147/sg

Figura 4. Salva la tua birra. Fonte: http://www.salvalatuabirra.it/

(25)

27 consumatori su cosa sia davvero l’accisa e su quali conseguenze genererebbe un nuovo aumento in termini di consumi e di occupazione, oltre che di entrate ridotte per lo Stato; dall’altra parte, l’obiettivo della campagna è “chiamare all’azione” gli oltre 35 milioni di consumatori, per agire insieme contro una tassa ritenuta ingiusta, e che in primis andrebbe a colpire proprio loro41. La petizione, in pochi mesi raggiunge le 60 mila firme, che nel febbraio 2014 vengono consegnate al Parlamento, il quale, con il parere unanime delle Commissioni Finanze e Attività Produttive della Camera, congela l’aumento delle accise previsto a partire dal 1° marzo 2014 ma, nel con-tempo, conferma quello programmato a partire dal 1° gennaio 2015. La campagna quindi ripar-te, con serate di raccolte firme in occasione di eventi pubblici e con l’appoggio di testimonial della cultura popolare italiana come Marco Materazzi, campione del mondo di calcio 2006, e Renzo Arbore, a 30 anni dalla sua iconica campagna “Birra, e sai cosa bevi”. Malgrado la forte mobilitazione attuata durante l’anno, il 1° gennaio 2015 scatta l’ultimo aumento programmato delle accise. Prende quindi il via la terza fase della campagna, di nuovo con un massiccio utiliz-zo dei social network,mediante l’utilizutiliz-zo dell’hashtag twitter #rivogliolamiabirra e con una ma-nifestazione davanti a Montecitorio, sede della Camera dei Deputati italiana, in occasione del lancio della FiscAle, “la prima birra che.. paghi due volte”: una birra in formato “limited edi-tion” con un gusto “piacevolmente amarognolo, perfetto per abbinamenti con piatti strutturati e difficili da digerire.. come le accise42.

2.3.2 I

L

Q

UALITY

M

ANAGEMENT NELL

INDUSTRIA DI BIRRA

Nel mercato globale, le aziende impegnate nella produzione di birra hanno raggiunto dimensioni mastodontiche, mentre la competizione tra di loro è diventata estremamente intensa. La maggior parte delle aziende di successo del settore sono quelle che riescono ad armonizzare la produtti-vità con la qualità, ed allo stesso tempo fortificano la loro quota di mercato per soddisfare le ri-chieste dei consumatori.

La saturazione dei mercati locali e l’aumento della concorrenza tra i produttori di bevande sono tra le ragioni che costringono i produttori a cercare nuove prospettive di crescita e modi per au-mentare il loro margine di profitto sui prodotti di marca in tutto il mondo. La sfida per le azien-de di produzione di birra multinazionali è duplice: conquistare i mercati locali operando una di-versificazione dei loro prodotti, standardizzare la produzione per la creazione di economie di scala e tenere bassi i costi di produzione.

A fronte di una sempre crescente varietà di bevande disponibili, i consumatori hanno meno pro-babilità di rimanere fedeli ad una singola marca o tipo di bevanda. Questa è la causa

40http://www.salvalatuabirra.it/

41Assobirra (2013). Salva la tua birra, al via petizione Assobirra per fermare l’aumento delle tasse,

http://www.assobirra.it/press/?p=119

42Assobirra, Associazione degli industriali della birra e del malto, (2015), Annual Report 2014.

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28 tale di fusioni globali, acquisizioni, alleanze e del continuo consolidamento dell'industria della birra globale. Mentre il consolidamento continua, all’inizio dell’anno 2002 i primi dieci produt-tori di birra avevano aumentato la loro quota di mercato dal 34 a oltre il 50 per cento. Al giorno d'oggi, i principali produttori di birra cercano di standardizzare le attrezzature, i sistemi di au-tomazione e le pratiche di ingegneria al fine di migliorare ulteriormente la produttività e di ri-durre i costi di produzione. Tuttavia, i benefici della standardizzazione e l'applicazione di norme hanno bisogno di tempo, perché la maggior parte delle decisioni di acquisto rimangono ancora a livelli di funzionamento locale.

I modelli di business di eccellenza quali il Malcolm Baldrige National Award, l'EFQM, e altri strumenti di qualità possono avere grande efficacia per raggiungere la coerenza tra strategia in-terna e programmi aziendali. Tuttavia, nel settore della birra, questi strumenti sono pochi e sono confinati all’interno della lean manufacturing (produzione snella)43.

I primi lean concepts furono sviluppati nell’ambito della produzione di automobili e si riferi-scono ad attività ripetute in linee di produzione44. Essi vengono descritte come: “L'intera

fab-brica diventa una singola linea di produzione con una memoria interna pari a zero. La fabbri-ca utilizza la tecnologia di transizione rapida e gestisce un programma di produzione comple-tamente misto, con il risultato di una completa flessibilità”45.

Questa visione di eccellenza operativa come una singola linea di produzione è in grado di pro-durre un insieme combinato di prodotti ed è chiaramente maggiormente adatto alla produzione per lotti o all’utilizzo di linee di produzione. La lean production richiede un lavoro standardiz-zato con piccole variazioni ed è adatto per prodotti standardizzati con piccoli aggiustamenti, co-sì come per i mercati con domanda relativamente stabile. Per riassumere, la produzione in fab-briche di birra ha le seguenti caratteristiche:

• il processo di produzione avviene in linee di produzione; • la produzione avviene per lotti;

• i prodotti sono di tipo misto (diversi tipi di birra); • il processo è di tipo standardizzato;

• la domanda è relativamente stabile.

43Charisis G. Vrellas George Tsiotras , (2015),"Quality management in the global brewing industry", International

Journal of Quality & Reliability Management, Vol. 32 Iss 1 pp. 42 - 52

44Womack, J. P., & Jones, D. T. (2003). Lean thinking: Banish waste and create wealth in your corporation. New

York: Free Press.

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29 Di conseguenza, il sistema di valutazione per la produzione snella che è stato sviluppato da Godson (2002), Kobayashi (1990) e Schonberger (1996) si propone come il modello più appro-priato di eccellenza operativa per l'industria della birra46.

Altro concetto di eccellenza operativa che può essere implementato in qualsiasi fabbrica birra è quella di una metodologia orientata al problem solving, nota come six sigma. Il six sigma si pro-pone di migliorare i risultati di qualità di qualsiasi processo per identificare ed eliminare le cau-se dei difetti (bug) e riducendo al minimo le fluttuazioni nella produzione. Esso utilizza un cau-set di metodi di gestione della qualità, compresi i metodi statistici, e crea un'infrastruttura speciale di persone all'interno. Ogni six sigma plan è seguito da un numero fisso di passi e contiene la quantificazione degli obiettivi finanziari (riduzione dei costi o aumento del profitto)47. Il model-lo six sigma utilizza il Define-Measure-Analyse-Improve-Control (DMAIC) come metodo prin-cipale utilizzando una vasta gamma di statistiche, metodi comportamentali e metodi ammini-strativi per migliorare le procedure aziendali.

Il termine six sigma deriva dalla terminologia associata con la produzione, in particolare le con-dizioni relative alla modellazione statistica delle procedure di produzione. La maturità del pro-cesso di produzione può essere descritto da un punteggio sigma che indica la resa o la pertuale di prodotti senza danni. Un processo di six sigma è quello in cui il 99,99,966 mila per cen-to dei prodotti sarà esente da difetti (3,4 difetti ogni milione di prodotti). Negli ultimi anni molti ricercatori hanno combinato six sigma e lean production nel concetto di Lean Six Sigma. La so-la lean production, infatti, non può portare un processo sotto controllo statistico. Analogamente, il solo six sigma non può migliorare la velocità di un processo. I due concetti insieme cercano di ridurre i costi e la complessità di produzione48.

Ogni tentativo per le aziende di migliorare la gestione della qualità è parte dello sforzo volto all’aumento dei profitti, al miglioramento della qualità dei prodotti ed a dimostrare un compor-tamento responsabile verso l’ambiente. Un programma di gestione della qualità può essere im-plementato in collaborazione con altri programmi. Alcuni di questi programmi sono:

• Quality Management System (QMS) ISO 9001/2; • Environmental Management System (EMS) ISO 14001;

• Health and Safety Management System (HSMS) OHSAS 18001:2007; • Food Safety Management Systems (FSMS) ISO 22000:2005;

• Hazard Analysis Critical Control Points (HACCP).

46Charisis G. Vrellas George Tsiotras , (2015),"Quality management in the global brewing industry", International

Journal of Quality & Reliability Management, Vol. 32 Iss 1 pp. 42 - 52

47Cutcher Gershenfe J. (2004). d – ESD.60 Lean/Six Sigma Systems, LFM, MIT

48 Kristiansen A. G. (2010). TPM, six sigma, lean and lean six sigma – Q&A. Scandinavian brewers review Vol. 7

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