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Dimensionamento di un motore sincrono LSPM per applicazioni industriali

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Academic year: 2021

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(1)

TERRITORIO E DELLE COSTRUZIONI

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN INGEGNERIA ELETTRICA

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

DIMENSIONAMENTO DI UN

MOTORE SINCRONO LSPM

PER APPLICAZIONI INDUSTRIALI

Candidato:

Relatore:

Gabriele Giovanni Padovano

Prof. Luca Sani

(2)
(3)

Introduzione 1

1 Perch´e usare motori LSPM nel contesto del risparmio energetico 3

1.1 L’efficienza energetica . . . 3

1.2 Il ruolo dei materiali nelle macchine elettriche . . . 7

1.2.1 Materiali conduttori . . . 8

1.2.2 Materiali isolanti . . . 10

1.2.3 Materiali ferromagnetici . . . 11

1.2.4 Materiali strutturali . . . 18

1.3 La scelta delle macchine elettriche nelle applicazioni industriali . . . 18

1.3.1 Motore asincrono . . . 18

1.3.2 Motore sincrono . . . 20

1.3.3 Line start permanent magnet synchronous motor (LSPMSM) . 21 1.4 Caratteristiche del sistema di pompaggio . . . 22

1.4.1 Uso dei motori LSPM nei sistemi di pompaggio . . . 25

2 I motori sincroni a magneti permanenti line-start 27 2.1 Caratteristiche costruttive . . . 27

2.2 Principio di funzionamento . . . 34

2.3 Vantaggi e svantaggi nell’uso dei motori LSPM . . . 37

2.4 Il modello matematico . . . 40

2.4.1 Introduzione al modello matematico . . . 40

2.4.2 Rappresentazione dei magneti permanenti . . . 43

(4)

2.4.3 Modello dei campi elettromagnetici . . . 45

2.4.4 Equazioni del circuito . . . 49

Rappresentazione di un conduttore . . . 50

Circuito equivalente degli avvolgimenti di statore . . . 52

2.4.5 Modello delle barre della gabbia del rotore . . . 57

2.4.6 Equazione meccanica . . . 60

3 Modello a parametri concentrati di un motore LSPM 62 3.1 Ipotesi del modello . . . 62

3.2 Modello dello stato transitorio . . . 63

3.2.1 Modello quasi-dinamico . . . 75 3.3 L’avviamento . . . 77 3.4 Processo di sincronizzazione . . . 89 3.5 Comportamento a regime . . . 97 4 Algoritmo di dimensionamento 103 4.1 Ipotesi di dimensionamento . . . 104 4.2 Parametri di progetto . . . 106

4.3 Dimensionamento del circuito magnetico . . . 107

4.3.1 Geometria del rotore e disposizione dei magneti . . . 107

4.3.2 Calcolo del circuito magnetico equivalente . . . 107

Riluttanza del traferro . . . 108

Forza magnetomotrice e riluttanza dei magneti . . . 110

Flusso di saturazione e riluttanze di dispersione ai ponticelli di ferro . . . 111

Riluttanza delle barriere di flusso . . . 112

Riluttanza delle parti in ferro . . . 113

Espressione analitica dell’induzione al traferro . . . 113

4.3.3 Dimensionamento dei magneti e delle barriere di flusso . . . . 114

4.4 Dimensionamento delle cave di statore . . . 117

(5)

5 Modello agli elementi finiti 126

5.1 Introduzione al software MagNet . . . 126

5.1.1 Creazione del modello geometrico . . . 129

5.1.2 Creazione dei componenti . . . 129

5.2 Simulazione statica . . . 130

5.3 Analisi transitoria . . . 134

5.3.1 Creazione dei componenti elettrici . . . 134

5.3.2 Creazione della motion . . . 135

5.3.3 Risultati della simulazione . . . 138

6 Conclusioni 142

(6)

1.1 Consumo elettrico industriale italiano . . . 4

1.2 Classi di rendimento in accordo con la normativa EN 60034-2:1996 . 6 1.3 Classi di rendimento in accordo con la normativa IEC 60034-30:2008 7 1.4 Ciclo di isteresi . . . 13

1.5 Punto di lavoro del magnete . . . 15

1.6 Punto di massima energia del magnete permanente . . . 15

1.7 Curve B-H di alcuni tipi di magneti permanenti . . . 17

1.8 Caratteristica di una pompa volumetrica . . . 23

1.9 Caratteristica di una pompa cinetica . . . 24

1.10 Costo di esercizio in funzione del tempo . . . 26

2.1 Esempio di motore sincrono LSPM . . . 28

2.2 Conformazione di un avvolgimento distribuito . . . 29

2.3 Gabbia di scoiattolo . . . 32

2.4 Configurazioni del rotore tipiche delle macchine a MP . . . 33

2.5 Diagramma delle forze magnetomotrici che coesistono all’avviamento di un LSPM . . . 35

2.6 Andamento della coppia . . . 37

2.7 Andamento del prezzo del neodimio (Nd) . . . 39

2.8 Rappresentazione di un conduttore . . . 50

2.9 Circuito di andata e ritorno dei conduttori . . . 53

2.10 N conduttori disposti in serie . . . 54

2.11 Rappresentazione degli avvolgimenti di fase statorica . . . 56

2.12 Circuito equivalente delle barre della gabbia rotorica . . . 57

(7)

3.1 Modello fisico di un motore sincrono LSPM . . . 64

3.2 Interpretazione trigonometrica del cambio di variabili statoriche . . . 67

3.3 Modello fisico di un motore sincrono LSPM . . . 69

3.4 Modello in assi d-q del motore . . . 70

3.5 Circuito equivalente del comportamento transitorio . . . 73

3.6 Andamento della coppia . . . 79

3.7 Circuito equivalente di un motore a induzione . . . 80

3.8 Modello quasi statico dell’avviamento . . . 81

3.9 Circuito equivalente di un PM semplificato . . . 82

3.10 Componenti medie della Tc, della Tbe della coppia risultante . . . 84

3.11 Processo di avviamento . . . 85

3.12 Andamento della coppia media e delle coppie pulsanti dei magneti e della gabbia e dello scorrimento rispetto al tempo . . . 89

3.13 Curva inerzia-carico per lo studio della sincronizzazione . . . 90

3.14 Andamento della coppia rispetto alla posizione angolare . . . 91

3.15 Traiettoria dell’avviamento nel piano s-δ . . . 92

3.16 Dettaglio della traiettoria dell’avviamento nel piano s-δ . . . 93

3.17 Esempi di sincronizzazione avvenuta con successo . . . 95

3.18 Diagramma fasoriale . . . 99

3.19 Andamento delle coppie nel funzionamento a regime . . . 101

4.1 Configurazione del rotore . . . 107

4.2 Circuito di Thevenin equivalente . . . 113

4.3 Circuito magnetico equivalente . . . 114

4.4 Definizione dei principali parametri geometrici . . . 116

4.5 Geometria della cava . . . 118

5.1 Modello geometrico realizzato . . . 129

5.2 Modello MagNet . . . 131

5.3 Analisi magnetostatica . . . 132

5.4 Andamento dell’induzione al traferro . . . 133

(8)

5.6 Rappresentazione della circuit window . . . 135

5.7 Andamento del carico . . . 136

5.8 Andamento della velocit`a nel tempo . . . 138

5.9 Andamento della coppia nel tempo . . . 139

5.10 Andamento delle correnti nella gabbia . . . 140

(9)

Il costo sempre pi`u crescente dell’energia e le nuova normative europee in termini di rendimento e risparmio energetico spingono i produttori e gli utilizzatori dei sistemi energetici a promuovere l’utilizzo di dispositivi con consumi pi`u bassi.

L’ambito relativo agli azionamenti e ai motori elettrici non fa eccezione a questa realt`a contemporanea, soprattutto nel settore industriale. Infatti, da recenti statistiche, si evince che pi`u della met`a del consumo di energia elettrica in Europa `e da imputare ai motori elettrici, principalmente asincroni, utilizzato in applicazioni industriali, quali pompe, ventilatori e compressori.

Questi motori sono caratterizzati da rendimenti relativamente bassi e fattori di potenza molto ridotti rispetto a quelli dei motori a magneti permanenti.

`

E possibile migliorare l’efficienza delle macchine asincrone di grossa e media taglia con un overhead accettabile; tuttavia per le macchine di piccola taglia i vincoli mecca-nici sulle dimensioni del traferro rimangono un grosso ostacolo per il raggiungimento di prestazioni accettabili.

A loro volta, le macchine a magneti permanenti hanno ottime rendimenti e fattori di potenza anche a basse potenze.

Le macchine a magneti permanenti con capacit`a di autoavviarsi quando sono collegate alla rete costituiscono una valida alternativa ai comuni motori asincroni negli azio-namenti a velocit`a costante. Esse non richiedono convertitori statici e hanno ottime rese e fattori di potenza. Tuttavia, questo tipo di macchine presentano comportamenti specifici che devono essere studiati attentamente, come ad esempio l’elevata corrente di picco che pu`o portare alla smagnetizzazione dei magneti. Inoltre, alcune strutture hanno un’anisotropia del rotore che pu`o compromettere l’aggancio alla rete.

(10)

Questa tesi si occupa dello studio, dell’ottimizzazione e del dimensionamento di que-sto tipo di macchina, per applicazioni industriali di media potenza.

Il lavoro `e strutturato in cinque capitoli.

Nel primo capitolo si affronta dapprima il problema dell’efficienza energetica, con particolare riferimento alle normative a livello europeo e alle classi di rendimento esi-stenti. Dopodich´e si chiarisce il ruolo dei materiali nelle macchine elettriche. In parti-colare vengono passati in rassegna i principali materiali conduttori, isolanti, strutturali ma soprattutto ferromagnetici.

Infine vengono descritti gli ambiti di impiego delle principali macchine elettriche e si specifica l’ambito di applicazione dei motori sincroni LSPM.

Nel secondo capitolo vengono descritti i motori LSPM ponendo l’accento sulle carat-teristiche costruttive e sul principio di funzionamento.

Infine si presentano i principali vantaggi e gl svantaggi di questo tipo di macchine e un modello matematico dei campi.

Nel terzo capitolo si riporta il modello in asse d e q della macchina, applicando la trasformata di Park. Inoltre si analizzano le due principali fasi di funzionamento: l’av-viamento, quando la macchina `e direttamente connessa alla rete e il processo di sincro-nizzazione. Si pone, infine, particolare attenzione sulle principali sorgenti di coppia e sul ruolo da esso svolto nelle varie fasi di funzionamento.

Nel quarto capitolo viene formulato l’algoritmo di dimensionamento della macchina in esame. In particolare l’analisi si articola in due parti: nella prima viene dimensionato il circuito magnetico equivalente e si ricava l’espressione dell’induzione al traferro e poi vengono dimensionati gli avvolgimenti delle fasi statoriche in termini di numero di spire e correnti.

Nel quinto capitolo si presenta il modello agli elementi finiti realizzato attraverso il software MagNet Infolytica. In particolare la simulazione si divide in due step: dapprima l’analisi magnetostatica, dove sostanzialmente si vanno a verificare i valori di induzione al traferro e coppia, e l’analisi transitoria, attraverso la quale si simula l’avviamento della macchina e si verifica il successivo aggancio alla rete.

(11)

Perch´e usare motori LSPM nel

contesto del risparmio energetico

Lo scopo di questo capitolo `e quello di evidenziare come esista la possibilit`a di sosti-tuire alcuni dei motori, in uso nella prassi comune, con una nuova classe di motori ad alto rendimento, detti LSPM.

Si pone, quindi, l’accento sul problema relativo all’efficienza energetica e alle norme ad essa connesse.

In una terza fase, viene descritto il ruolo dei materiali in termini di prestazioni del mo-tore, con particolare riguardo per i materiali magnetici. Infine, l’ultima parte di questo capitolo `e dedicata alla descrizione dei principali tipi di motori elettrici utilizzati in ambito industriale.

1.1

L’efficienza energetica

La rivoluzione tecnologica, che ha radicalmente cambiato la vita dell’uomo, abbinata ad una continua espansione delle economie dei paesi in via di sviluppo degli ultimi due secoli, ha comportato un sempre pi`u crescente utilizzo di energia.

Oggi, per`o, `e diventato indispensabile limitarne i consumi; ci`o non si traduce in una diminuzione degli utilizzi, che comporterebbe un abbassamento dell’attuale tenore di vita, ma in una razionalizzazione degli stessi, in modo che siano evitati gli sprechi e

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le esternalit`a negative. Un aumento della produzione energetica comporta inoltre un inevitabile incremento delle emissioni inquinanti, che aggravano una situazione am-bientale tuttora molto critica.

Il risparmio energetico, inteso quindi come uso prudente e responsabile dell’energia, `e nel nostro tempo una pratica necessaria ed imprescindibile, dal momento che la ri-chiesta di energia nel nostro Paese e nel mondo sta aumentando in modo pressoch´e costante.

L’Unione Europea nel marzo del 2007 si `e data, pertanto, tre obiettivi specifici da rag-giungere per il 2020. Fra questi vi `e anche la riduzione del 20% dei consumi energetici rispetto a quelli attuali. Per poter conseguire questo obiettivo, il miglioramento dell’ef-ficienza negli usi finali di energia `e una delle strade da perseguire. In tale direzione, sono stati realizzati alcuni programmi europei, a cui hanno partecipato tutti i paesi della UE a 15, compresa l’Italia, che puntano a trovare delle soluzioni per l’efficienta-mento dei consumi di energia elettrica, analizzando i consumi degli impianti esistenti e la loro gestione.

Tra questi programmi ve ne sono alcuni dedicati specificatamente ai motori elettrici, dato che essi, all’interno del ciclo produttivo, sono i maggiori utilizzatori di energia elettrica essendo ad essi imputabile la maggior parte del consumo nel settore indu-striale.

Infatti, secondo un rapporto dell’ERSE (ENEA - Ricerca sul Sistema Elettrico S.p.A.) ex CESI Ricerca, circa il 74% del consumo elettrico industriale italiano va ascritto ai motori elettrici.

(13)

Ne consegue, pertanto, che essi sono un prodotto prioritario per i sistemi industriali per il quale devono essere istituite specifiche per la progettazione ecocompatibile. Migliorando le caratteristiche tecnologiche dei motori stessi e le modalit`a secondo cui ne viene gestito il funzionamento si possono ottenere molteplici vantaggi; primo tra tutti i notevoli risparmi economici sulla bolletta dell’utente.

Le attuali tecnologie permettono di raggiungere elevati livelli di efficienza energetica principalmente attraverso due tipi di interventi, tra loro integrabili, potendo in tal mo-do accumularne i vantaggi: utilizzare nuovi motori ad alta efficienza e controllarne la velocit`a secondo le reali esigenze di ogni applicazione, evitando il funzionamento alla massima potenza quando non `e richiesto.

In particolar modo, grazie alle moderne tecnologie dei materiali e una pi`u attenta pro-gettazione in grado di ottimizzare le parti attive, `e oggi possibile costruire motori di efficienza pi`u elevata che in passato. E’ dettata proprio dalla convergenza di interessi economici e ambientali la norma IEC 60034-30:2008 che prevede una nuova classifi-cazione dell’efficienza dei motori elettrici.

In base ad un accordo siglato dai principali costruttori aderenti al CEMEP (Comitato Europeo Costruttori Macchine Elettriche e Elettronica di Potenza), dapprima i motori elettrici sono stati classificati secondo tre classi: EFF1, EFF2 ed EFF3, con il rico-noscimento EFF1 utilizzato per identificare le soluzioni caratterizzate dalle migliori performance in base a quanto stabilito dalla norma EN 60034-2:1996.

In particolare, per ogni classe sono stati definiti i rendimenti minimi che questi motori devono avere. I costruttori che hanno aderito all’accordo si sono impegnati a rispettare questi valori minimi. Le norme CEMEP prescrivono classi di rendimento per motori che vanno da 1.1 kW a 90 kW di potenza.

I livelli di rendimento si dividono in tre classi cos`ı definite da due curve caratteristiche: • EFF1: motori ad alto livello di rendimento

• EFF2: motori a livello di rendimento standard

• EFF3: motori a basso livello di rendimento

L’adesione a questa normativa era per`o volontaria. Non erano quindi previste sanzioni per quanti proponessero soluzioni prive di una classe di identificazione o, ancor

(14)

peg-Figura 1.2: Classi di rendimento in accordo con la normativa EN 60034-2:1996

gio, dichiarassero il falso.

Una situazione alla quale pone rimedio proprio la normativa IEC 60034-30:2008. Tale normativa, infatti, fissa precisi requisiti per i motori, con potenza compresa tra 0,75 e 375 kW, commercializzati a partire dal 10 febbraio 2010. La nuova classificazione, inizialmente aggiunta all’esistente, identifica le classi di efficienza energetica con la sigla IE, seguita da un numero crescente in funzione della maggiore efficienza. Ad oggi sono stati definiti i criteri di classificazione IE1, IE2, IE3 ed IE4, (fig. 1.3) dove il numero indica una migliore efficienza del motore preso in considerazione, ma nulla vieta che, grazie al progresso tecnologico, in futuro si potranno avere anche motori in classe IE5 o superiori.

Nonostante questo, molto poco viene fatto, dal punto di vista pratico, per ridurre i loro consumi, pur sapendo che ci potrebbero essere potenziali risparmi che ammontano a diversi punti percentuali. Quanto detto ha ancora pi`u valore se si pensa che al momen-to dell’acquismomen-to di un momomen-tore ci si preoccupa quasi esclusivamente del suo prezzo. Si dimentica, per`o, che un motore ha un costo di esercizio molto pi`u elevato di quello di acquisto. Per esempio un motore elettrico da 15 kW, ha un costo di circa 520 euro, ed un costo di esercizio in dieci anni, considerando 3500 ore di funzionamento annue e un costo dell’energia elettrica di 7 cent/kWh, di circa 32.000 euro: quasi 60 volte il

(15)

costo iniziale. Nonostante questo, spesso le imprese continuano ad acquistare motori scadenti per risparmiare sul costo d’acquisto, senza immaginare che un banale sovrap-prezzo per l’acquisto di un motore pi`u efficiente potrebbe essere recuperato in poco tempo.

Figura 1.3: Classi di rendimento in accordo con la normativa IEC 60034-30:2008

1.2

Il ruolo dei materiali nelle macchine elettriche

Le propriet`a fisiche dei materiali utilizzati nelle macchine elettriche hanno una grande importanza per la qualit`a della conversione elettromeccanica, soprattutto in termini di conducibilit`a elettrica e la permeabilit`a magnetica.

Tuttavia, anche le propriet`a delle perdite specifici del ferro laminazione e la conduci-bilit`a termica sono di fondamentale importanza in termini di riduzione delle perdite e dissipazione del calore verso l’ambiente.

Di conseguenza, risulta doveroso fornire qualche rapida informazione sui pi`u comuni materiali che costituiscono le varie parti di una macchina elettrica.

Una classificazione dei materiali usati nelle macchine elettriche `e la seguente:

(16)

b. materiali isolanti;

c. materiali ferromagnetici;

d. materiali strutturali.

1.2.1

Materiali conduttori

I conduttori vengono generalmente adoperati per formare i circuiti interni alle mac-chine elettriche e devono presentare un elevato valore di conducibilit`a elettrica: quelli pi`u comunemente usati per realizzare gli avvolgimenti sono il rame e l’alluminio. Il primo ha una resistivit`a ρCu = 0.01724 µΩm a 20 C; il secondo presenta una pi`u alta

resistivit`a ρAl = 0.0278 µΩm. In entrambi i casi, bisogna sempre tener presente che

la resistivit`a `e direttamente proporzionale alla temperatura e, quindi, se la temperatura di esercizio della macchina cresce, con essa aumenta anche la resistivit`a. Altri mate-riali conduttori, meno adoperati nelle applicazioni elettriche, sono l’argento, il bronzo, l’oro e l’ottone. Le altre caratteristiche da tenere in conto nella scelta di un materiale conduttore sono il peso specifico, la duttilit`a, la flessibilit`a e la malleabilit`a: queste caratteristiche meccaniche, se da un lato riducono il peso totale della macchina, dal-l’altro ne facilitano la realizzazione.

La resistenza [Ω] che un conduttore di lunghezza l e sezione trasversale A presenta al passaggio di corrente vale:

R= ρl

A (1.1)

Quando il conduttore `e attraversato da una corrente I, uniformemente distribuita nella sua sezione, dissipa sotto forma di calore una potenza data da:

PJ= R · I2 (1.2)

e si scalda di conseguenza raggiungendo temperature tanto pi`u elevate, quanto pi`u alta `e la corrente.

(17)

conduttore:

δ = I

A (1.3)

Le perdite in un conduttore possono essere espresse in funzione della densit`a di cor-rente nel seguente modo:

PJ= R · I2= ρl A· (δA)

2= ρ · δ · volume

(1.4)

Come si vedr`a in seguito, questa espressione delle perdite `e analoga all’espressione delle perdite che si verificano in un materiale magnetico (vedi relazione 1.9).

I valori di B per il ferro e di δ per i conduttori assumono quindi il significato di indici di sfruttamento dei materiali: maggiore `e il loro valore maggiori sono le perdite nei materiali.

Le perdite che si verificano nei conduttori al passaggio di corrente provocano un au-mento della temperatura. Immaginando che lo scambio termico tra il conduttore e l’ambiente esterno, alla temperatura θa, avvenga esclusivamente per convezione, la

temperatura raggiunta dal conduttore a regime risulta data da:

θc= θa+

PJ

k· S (1.5)

dove S `e la superficie attraverso cui avviene lo scambio termico con l’ambiente e k `e il coefficiente di scambio termico.

Appare pertanto chiaro che, pi`u bassa `e la resistivit`a del materiale con cui `e realizzato il conduttore, minore risulta la sua sovratemperatura a parit`a di corrente. In altri ter-mini, a parit`a di sovratemperatura raggiunta, maggiore risulta il valore di corrente che il conduttore pu`o sopportare.

Il limite massimo di temperatura tollerabile per un conduttore `e generalmente dettato dal tipo di materiale usato per l’isolamento. Gli isolanti con cui sono rivestiti i condut-tori subiscono un degrado chimico (invecchiamento) tanto pi`u veloce quanto maggiore `e la loro temperatura di lavoro. Per questo motivo gli isolanti vengono divisi in classi caratterizzate dalla massima temperatura di impiego.

(18)

dell’isola-mento, provoca anche un aumento del valore della resistivit`a ρ. Tale aumento `e espres-so dalla seguente formula attraverespres-so il coefficiente di temperatura α caratteristico del materiale: ρ(θ) = ρ(0)  1 + θ α  (1.6)

dove ρ(0) `e la resistivita del materiale a 0 C.

Il gradiente positivo della resistivit`a con la temperatura, pu`o portare in qualche raro caso, a fenomeni di instabilit`a termica e ad un accrescimento della temperatura dei conduttori oltre ogni limite con conseguente distruzione dell’isolamento e dell’appa-recchiatura.

La temperatura di regime di un conduttore pu`o infatti essere calcolata nel modo se-guente: θc= θa+ ρ0· δ2· volume k· S  1 + θ α  =θa+ ρ0·δ2·volume k·S θa+ρ0·δ 2·volume α·k·S (1.7)

I fenomeni di instabilit`a termica si verificano quando il denominatore della frazione (1.7) diventa prossimo a zero. Dall’analisi dell’espressione (1.7) si osserva che il ri-schio pu`o diventare consistente in presenza di alti valori di perdita (grossi volumi di rame sfruttati ad alta densit`a di corrente) e bassi valori di superfici di scambio termico e di coefficiente di scambio.

1.2.2

Materiali isolanti

Gli isolanti vengono adoperati per isolare elettricamente parti a diversa tensione e sono caratterizzati elettricamente dalla resistivit`a di volume e superficiale, che tiene in con-to delle inevitabili, anche se piccole, correnti di conduzione, dalla rigidit`a dielettrica (misurata in volt/metro) e dalla costante dielettrica ε. Ci`o che, invece, li caratterizza meccanicamente `e la resistenza ai piegamenti, alle abrasioni ed alla corrosione, la

(19)

tran-ciabilit`a, cio`e la possibilit`a di taglio in pezzi di varie forme, la conducibilit`a termica e l’igroscopicit`a, ossia la tendenza ad assorbire umidit`a. Mettendo in risalto ci`o che maggiormente interessa per lo studio delle macchine, gli isolanti solidi per le macchine elettriche sono catalogati in base alla temperatura massima ammessa, secondo la tabel-la di seguito riportata e presa dalle norme Comitato Elettrotecnico Italiano (CEI). Tra gli isolanti liquidi si citano gli oli minerali e alcuni liquidi a base di silicone. L’uso di questi isolanti ha anche lo scopo di asportare il calore eventualmente generato durante il funzionamento della macchina. Tra gli isolanti gassosi si citano l’aria e l’idrogeno.

1.2.3

Materiali ferromagnetici

I circuiti magnetici delle macchine elettriche sono realizzati con materiali ferromagne-tici, ossia da materiali la cui permeabilit`a magnetica `e molto elevata. L’alta permeabi-lit`a di tali materiali consente infatti di ridurre, a parit`a f.m.m. necessaria per ottenere un dato flusso, le dimensioni del circuito magnetico, oppure, a parit`a di dimensioni del circuito magnetico, la f.m.m. e quindi le dimensioni degli avvolgimenti e le perdite nel rame e di convogliare al loro interno il flusso. L’uso dei materiali ferromagnetici comporta per`o anche alcuni problemi:

a. legame B-H non lineare;

(20)

c. isteresi magnetica;

d. perdite per correnti parassite.

In particolare le perdite di potenza dovute all’isteresi magnetica sono associate all’e-nergia dissipata dall’unit`a di volume del materiale per descrivere un ciclo di isteresi completo.

Se la magnetizzazione alternativa avviene con una frequenza f, le perdite specifiche di potenza (espresse in W/kg) per isteresi sono esprimibili nel modo seguente:

Pi= k · Bη· f (1.8)

Per ridurre questo tipo di perdite occorre ridurre l’area del ciclo di isteresi del materia-le. Questo viene usualmente ottenuto con l’impiego di lamiere di ferro legato al silicio.

Quando nel materiale ferromagnetico il flusso `e variabile nel tempo, oltre all’istere-si magnetica occorre conall’istere-siderare un altro fenomeno. Infatti nel materiale magnetico all’istere-si induce, per la legge di Lenz una f.e.m. che tende a contrastare in ogni istante la varia-zione del flusso. In regime sinusoidale, questa f.e.m. assume un valore proporzionale alla pulsazione ω e all’ampiezza dell’oscillazione del flusso, ovvero dell’induzione B presente nel ferro.

Poich´e il ferro `e anche un materiale conduttore, la f.e.m. prodotta d`a origine a correnti di circolazione, che risultano limitate dalla resistenza ohmica offerta dal materiale. La potenza specifica perduta per effetto Joule in questo fenomeno `e esprimibile in linea di massima nel seguente modo:

Pcp= E

2

Req =

ω2· B2

Req (1.9)

dove Req rappresenta la resistenza equivalente del nucleo al passaggio delle correnti

indotte.

Allo scopo di limitare questo tipo di perdite si pu`o intervenire in due modi sul mate-riale:

(21)

• aumento della resistivit`a del materiale (ad esempio attraverso l’impiego di per-centuali di silicio dal 2% al 6% );

• laminazione del nucleo parallelamente alla direzione del campo magnetico, in modo da offrire piccole sezioni al passaggio delle correnti parassite con conse-guente incremento della resistenza equivalente.

I materiali ferromagnetici si possono dividere nelle due seguenti categorie: materia-li dolci, che hanno uno stretto ciclo di isteresi ed un’elevata permeabimateria-lit`a e vengono utilizzati nella realizzazione dei circuiti magnetici delle macchine elettriche (in forma massiccia per flussi costanti o in forma laminata per flussi variabili nel tempo) o per ottenere elevati valori di induzione in campi prodotti da altri elementi; materiali duri, caratterizzati da un largo ciclo di isteresi ed usati per i magneti permanenti, sono mate-riali che consentono di ottenere, in una determinata zona dello spazio, campi magnetici sufficientemente elevati senza l’intervento di circuiti elettrici.

Figura 1.4: Ciclo di isteresi

Tra i primi si possono menzionare il ferro ’dolce’, l’acciaio ’dolce’, le leghe dei princi-pali materiali ferromagnetici (ferro, cobalto e nichel) con materiali non ferromagnetici

(22)

(alluminio, cromo, rame, manganese, molibdeno, silicio, tungsteno), o composti chi-mici chiamati ferriti dolci. Essi sono utilizzati nelle macchine elettriche in forma mas-siccia o laminata (lamierini) a seconda che il relativo flusso sia costante o variabile. Le loro principali propriet`a sono la permeabilit`a relativa µr e nel caso dei lamierini la

cifra di perdita (cio`e le perdite per isteresi e per correnti parassite in un kg di materiale nel caso di f=50Hz e B=1T).

Per produrre un flusso costante risulta particolarmente utile nelle costruzioni elettro-meccaniche l’impiego di magneti permanenti. Con questa soluzione si evita di dover predisporre avvolgimenti di eccitazione percorsi da corrente continua e si ottengono costruzioni pi`u compatte ed energeticamente pi`u efficienti. I materiali per magneti permanenti sono dotati di un ampio ciclo di isteresi, che consente loro di mantenere valori di induzione elevati anche in assenza di eccitazione esterna. Si definisce in-duzione residuadel magnete permanente l’induzione prodotta in assenza di campo di eccitazione; mentre il campo coercitivo del magnete permanente `e il campo di segno opposto alla magnetizzazione che occorre applicare perch´e l’induzione del magnete si annulli. Caratteristiche di pregio per i magneti permanenti sono alti valori dell’indu-zione residua e del campo coercitivo. Il calcolo di un magnete permanente consiste nella determinazione del punto di lavoro del magnete (Hm,Bm) in relazione alla

geo-metria del circuito magnetico in cui `e inserito. Esso `e determinato dall’intersezione tra la cosiddetta retta di traferro e il ciclo di isteresi del materiale. Ovvero, fissato il punto di lavoro (Hm,Bm) consiste nella determinazione del volume di magnete necessario a

(23)

Figura 1.5: Punto di lavoro del magnete

Noto il flusso Φt che si vuole produrre in un traferro di lunghezza lt e sezione St, le

dimensioni lme Smdel magnete sono:

Sm= Φt Bm = BtSt Bm ; lm= Htlt Hm = Btlt µ0Hm Il volume di magnete Vmnecessario allo scopo risulta dato da:

Vm= Sm· lm= BtSt Bm ·Htlt Hm = B 2 tVt µ0HmBm (1.10)

dove Vt `e il volume del traferro.

La (1.10) indica che per ridurre al minimo il volume di magnete, la scelta del punto di lavoro (Hm, Bm) va eseguita in modo che sia massimo il prodotto Bm· Hm.

(24)

Esistono quattro principali famiglie di magneti permanenti:

1. metellici (AlNiCo): le cui caratteristiche principali sono un’elevata densit`a di flusso, superiore al tesla, un’ottima stabilit`a termica e costi di fabbricazione ridotti. Tuttavia presentano un’estrema durezza e fragilit`a e una bassa forza coercitiva che ne stanno sempre pi`u limitando l’utilizzo;

2. ceramici (ferriti): presentano induzioni residue basse e inoltre sono fragili e dif-ficili da lavorare. Hanno comunque avuto un elevato successo, che le ha portate a coprire oltre la met`a del mercato mondiale dei magneti, grazie agli elevati va-lori di coercitivit`a, ai costi minimi e ad una caratteristica di demagnetizzazione pressoch´e lineare;

3. al Samario-Cobalto: presentano un’elevata induzione residua e coercitivit`a e una notevole stabilit`a termica. A causa della natura strategica del cobalto, il cui prezzo subisce consistenti variazioni, e del costo iniziale del samario, lo sviluppo di questi materiali e tutt’oggi ridotto e il loro impiego `e limitato a quelle applicazioni dove sia richiesto un certo livello di miniaturizzazione dei componenti;

4. al Neodimio-Ferro-Boro: i magneti in neodimio, ferro e boro, nella loro forma sinterizzata, sono i pi`u performanti attualmente commercializzati con prodotti di energia BH compresi tra 183-414 kJ/m3. Inoltre le materie grezze Nd e Fe sono molto abbondanti in natura e quindi il costo `e nettamente inferiore rispetto al SmCo.

(25)

Figura 1.7: Curve B-H di alcuni tipi di magneti permanenti

(26)

1.2.4

Materiali strutturali

Si tratta di quei materiali utilizzati per la costruzione delle diverse parti meccaniche delle macchine elettriche, tra le quali vi sono la carcassa e l’albero. Anche se non intervengono esplicitamente nel funzionamento elettrico della macchina, incidono non poco sul dimensionamento e sul peso. Solitamente si usa la ghisa, l’acciaio e l’allu-minio, tutti con il compito di resistere alle varie sollecitazioni meccaniche che la mac-china pu`o subire. Comunque, per le ottime prestazioni meccaniche offerte, la lega, in assoluto pi`u usata, `e l’acciaio.

1.3

La scelta delle macchine elettriche nelle

applicazio-ni industriali

I sistemi di propulsione possono essere classificati a seconda che funzionino a velocit`a costante o a velocit`a variabile. Gli azionamenti a velocit`a variabile sono utilizzati in applicazioni quali la robotica, la trazione, l’attivit`a manifatturiera. Quelli a velocit`a costante vengono, invece, utilizzati principalmente per ci`o che riguarda i ventilatori, le pompe e i nastri trasportatori.

Quindi, per ogni tipo di applicazione esistono diversi tipi di motori che possono essere utilizzati.

Ci sono alcuni tipi di motori che sono normalmente utilizzati solo per uno dei sistemi di azionamento, e altri che sono comuni agli azionamenti a velocit`a variabile e costan-te. Due tra i motori pi`u comunemente utilizzati negli azionamenti a velocit`a costante sono i motori asincroni e quelli sincroni.

1.3.1

Motore asincrono

Il motore asincrono, alimentato a tensione e frequenza nominale, pu`o essere conside-rata una macchina a velocit`a costante al variare del carico meccanico applicato. Infatti, essendo il tratto stabile caratterizzato da una pendenza elevata (ovvero, i valori di

(27)

scor-rimento sono molto piccoli durante il funzionamento normale), le variazioni di velocit`a dovute a variazioni della coppia di carico sono molto modeste.

Nelle applicazioni industriali la variazione della velocit`a di rotazione, intesa come re-golazione in un ampio intervallo di velocit`a, `e da sempre una esigenza molto sentita. Proprio per questi motivi, storicamente, il motore asincrono ha trovato applicazione prevalente in tutte le motorizzazioni a velocit`a fissa, mentre al motore in corrente con-tinua, facilmente regolabile in velocit`a, sono state demandate le applicazioni a velocit`a variabile.

Tuttavia, la casistica delle applicazioni del motore a induzione riporta, anche per il passato, tentativi pi`u o meno efficienti e complessi di regolazione di velocit`a. Per que-sto genere di regolazioni si `e spesso ricorsi ad una struttura di motore a rotore avvolto, che consentisse di intervenire sulle grandezze elettriche di rotore. Oggi le possibilit`a offerte dalla diffusione di convertitori statici di frequenza (inverter) consentono di at-tuare regolazioni di velocit`a basate esclusivamente sul controllo dell’alimentazione e pertanto applicabili anche ai pi`u economici motori a gabbia.

Rispetto agli altri tipi di motori elettrici, il MAT presenta diversi vantaggi: peso ed ingombro ridotti a parit`a di potenza; mancanza di particolari dispositivi di eccitazione prelevando, direttamente dalla rete, la potenza magnetizzante necessaria per creare il flusso induttore della macchina; `e autoavviante; sviluppa, spontaneamente ed automa-ticamente, variando la propria velocit`a, una coppia motrice atta a controbilanciare la coppia resistente applicata all’albero motore, determinando un funzionamento stabile (all’aumentare del carico rallenta); sovraccaricabilit`a, anche il 100% della sua potenza nominale; esigenze di manutenzione molto ridotte, semplicit`a di esercizio ed alto ren-dimento.

D’altro canto, presenta alcuni aspetti vincolanti, tra i quali: all’avviamento, con inser-zione diretta sulla rete, la corrente di spunto pu`o risultare anche 4 - 10 volte maggiore della corrente assorbita a pieno carico, con problemi alla rete di distribuzione (cadu-te di (cadu-tensione) ed agli in(cadu-terruttori (in(cadu-tervento); questa corren(cadu-te risulta, inoltre, essere tanto sfasata rispetto alla tensione (come nei trasformatori in corto circuito) che la coppia motrice sviluppata dal motore all’avviamento, detta coppia di spunto, `e piccola nonostante l’elevato valore della corrente assorbita; la velocit`a di rotazione del MAT,

(28)

nel campo di funzionamento normale, praticamente costante, perch´e strettamente le-gata alla frequenza della corrente di alimentazione; la coppia massima (proporziona-le al quadrato del rapporto tra il valor efficace della tensione di alimentazione e la frequenza) costante ed ad una ben precisa velocit`a.

1.3.2

Motore sincrono

In passato il motore sincrono era considerato un motore a velocit`a costante (la velocit`a di sincronismo), dipendente dalla frequenza di alimentazione e dal numero di coppie polari. Per tale motivo esso era considerato inadatto alla realizzazione di azionamenti elettrici a velocit`a variabile e la sua applicazione era limitata a quei settori in cui non era richiesto un controllo di velocit`a e/o posizione.

Le macchine sincrone trovarono largo impiego come generatori piuttosto che come motori; ancor oggi quasi tutti i generatori elettrici in c.a. sono sincroni e quasi tutta la potenza elettrica impegnata negli impianti di potenza `e generata dai sincroni. Il note-vole sviluppo che si `e avuto negli ultimi decenni nel campo dell’elettronica di potenza ha consentito la realizzazione pratica ed economica di sorgenti di alimentazione in c.a. a frequenza e tensione variabili. Di conseguenza `e divenuto possibile l’impiego di mo-tori in c.a., sia sincroni che asincroni, nel campo degli azionamenti elettrici a velocit`a variabile.

Negli ultimi anni `e andato continuamente crescendo l’interesse nei confronti del mo-tore sincrono a magneti permanenti, a causa dei numerosi vantaggi che esso presenta rispetto ad altre macchine, sia in c.c. che in c.a., convenzionalmente usate negli azio-namenti.

Nei motori ad induzione, infatti, il vettore rotante della corrente statorica `e composto da due componenti ortogonali, una di magnetizzazione che genera il flusso di rotore ed una di coppia che genera la coppia elettromagnetica al traferro. Nei motori sincroni a magneti permanenti l’uso dei magneti, che sostituiscono l’avvolgimento di eccitazio-ne delle macchieccitazio-ne sincroeccitazio-ne convenzionali, rende non eccitazio-necessaria (eccitazio-nel PMSM a mageccitazio-neti superficiali) la componente magnetizzante del vettore della corrente statorica nel fun-zionamento a flusso al traferro costante. Di conseguenza, a parit`a di condizioni di

(29)

carico, il PMSM funziona a un pi`u elevato fattore di potenza e con un rendimento maggiore rispetto ad un motore ad induzione.

La macchina sincrona convenzionale necessita di una alimentazione in continua del-l’avvolgimento di campo, fornita mediante un sistema di spazzole ed anelli.

Ci`o causa perdite nel rame di rotore e richiede una continua manutenzione delle spaz-zole e degli anelli. L’impiego di magneti permanenti in sostituzione dell’avvolgimento di campo, dell’alimentazione in continua e del collettore consente di eliminare tutti gli svantaggi menzionati in precedenza.

1.3.3

Line start permanent magnet synchronous motor

(LSPM-SM)

Come detto, da tempo si conoscono anche motori elettrici con magneti permanenti in cui solo una parte del campo magnetico `e generata per induzione e nei quali, grazie alla presenza di magneti permanenti, le perdite di energia sotto forma di calore sono inferiori. Ci`o si traduce in minori consumi e maggiore efficienza complessiva del mo-tore.

Purtroppo questi motori presentano lo svantaggio di una certa difficolt`a di avviamento della rotazione in quanto non possono essere avviati direttamente dalla linea elettrica ma richiedono opportuni dispositivi per essere portati al giusto regime di rotazione. Tali dispositivi, fino ad oggi, ne hanno sconsigliato l’adozione massiccia in campo in-dustriale e produttivo.

Per questo motivo da anni si studia la possibilit`a di ridurre i consumi ed aumentare l’efficienza delle macchine adottando motori con magneti permanenti.

Con la nuova tecnologia LSPM nasce una nuova generazione di motori che presentano tutta la versatilit`a nelle fasi di avviamento dei motori ad induzione ed i non trascurabili vantaggi dei motori a magneti permanenti ai regimi di rotazione di lavoro.

LSPM `e infatti acronimo di Line Started Permanent Magnet, ovvero di motori con magneti permanenti che possono essere avviati con una alimentazione di linea.

Si tratta, in pratica, di motori ibridi con una particolare tecnologia che ne permette il funzionamento ad induzione nelle fasi di partenza e di accelerazione, mentre quando

(30)

la rotazione raggiunge il valore di regime avviene la conversione automatica a funzio-namento a magneti permanenti.

In realt`a questo tipo di macchine non sono una novit`a in assoluto, ma lo sono se ap-plicate ai motori elettrici per le pompe ed i mixer sommergibili, con risultati davvero interessanti: a parit`a di spinta (ovvero a parit`a di configurazione della parte idraulica del mixer) il consumo di corrente di un mixer LSPM risulta inferiore di ben il 40% rispetto al corrispondente modello ad induzione.

L’efficienza del motore cresce di circa il 15%.

Il grande vantaggio di questa nuova tecnologia consiste nel fatto che tecnicamente l’unica differenza tra i nuovi mixer LSPM e quelli ad induzione sta nel rotore ed in un piccolo elemento di gomma ammortizzatore che parifica le sollecitazioni sui tubi-guida (vi `e infatti una differente risposta in termini di spinta nella fase di avvio); `e quindi possibile prevedere un aggiornamento dei mixer installati con la sola adozione dei nuovi rotori a magneti permanenti per sfruttarne immediatamente le nuove possi-bilit`a di risparmio sui consumi senza dovere cambiare il mixer.

Proprio per questi motivi, negli ultimi anni i line-start permanent magnet synchronous motors (LSPM), detti anche motori sincroni a magneti permanenti auto-avvianti, han-no ricevuto han-notevole attenzione sia a livello accademico sia a livello industriale. Essi possono rappresentare una valida alternativa ai motori asincroni in quelle applica-zioni in cui non `e richiesto alcun controllo della velocit`a, ovvero laddove `e necessario un funzionamento a velocit`a costante, garantendo, rispetto ai precedenti, rendimenti pi`u elevati.

1.4

Caratteristiche del sistema di pompaggio

Le pompe sono macchine operatrici idrauliche, ossia macchine il cui compito `e quello di trasformare energia meccanica in energia contenuta nel fluido, in modo da aumen-tare l’energia di quest’ultimo in termini di velocit`a e pressione.

In base al principio di funzionamento, esse possono essere distinte in:

(31)

• pompe cinetiche;

Le pompe volumetriche sono pompe in cui non vi `e trasformazione di energia cinetica in energia di pressione ma quest’ultima `e generata dalla pressione statica che si eserci-ta sulle parti mobili della macchina.

Le curve caratteristiche delle pompe alternative mettono in luce la peculiarit`a di poter mandare, a velocit`a costante, la stessa portata per qualsiasi pressione entro la disponi-bilit`a di potenza del motore primo e la possidisponi-bilit`a di resistenza meccanica della pom-pa: la prevalenza `e infatti indipendente dalla portata ed `e imposta esclusivamente dalle condizioni di funzionamento del sistema.

Figura 1.8: Caratteristica di una pompa volumetrica

Per questo tipo di pompe, la funzione di carico Tpedpu`o essere espressa come: TL=    A, se 0 ≤ θr≥ π, B· sin(θr), se π ≤ θr≥ 2π. (1.11) dove:

• A `e la coppia richiesta durante la fase di aspirazione;

• B `e la coppia massima richiesta durante la fase di consegna;

(32)

Le pompe cinetiche sono, invece, quelle in cui la parte mobile ruota trasferendo al li-quido energia cinetica che successivamente si trasforma in energia di pressione (pompe centrifughe).

In tal caso la potenza meccanica in uscita di una tale pompa `e pari a:

P= HQg1 η (1.12) dove: • H `e il salto entalpico; • Q `e la portata; • g `e l’accelerazione gravitazionale;

• η `e il rendimento della pompa.

Figura 1.9: Caratteristica di una pompa cinetica

La prevalenza H varia con il quadrato della velocit`a di rotazione e la portata Q con la velocit`a di rotazione N. In una pompa centrifuga, il volume del fluido erogato dalla pompa contro una testa di pressione costante `e proporzionale alla potenza del moto-re. Cos`ı la coppia di carico richiesta per la pompa `e proporzionale al quadrato del-la velocit`a del motore. Ci`o significa che del-la coppia di carico `e redel-lativamente piccodel-la

(33)

all’avviamento. La funzione di carico pu`o essere scritta come:

TL = B · (1 − s)2 (1.13)

1.4.1

Uso dei motori LSPM nei sistemi di pompaggio

Nelle raffinerie, il riempimento e lo svuotamento dei serbatoi di petrolio e di suoi derivati come combustibili e kerosene, `e un’operazione assai comune e consueta che utilizza, per detto scopo, pompe alimentate con motori asincroni di media taglia (del-l’ordine delle diverse decine di kilowatt).

Questi motori funzionano per lunghi periodi ma consumano una quantit`a enorme di energia che dovrebbe essere ridotta in modo da soddisfare le norme europee per il ri-sparmio energetico e criteri economici, di cui si `e gi`a discusso in precedenza.

Nell’ambito del risparmio energetico, gli LSPM hanno caratteristiche che li rendono sicuramente pi`u adatti per questo tipo di applicazione.

Come gi`a osservato, `e stato stimato che, in Europa, le macchine a induzione consuma-no circa il 50% di tutta l’energia elettrica generata.

I motori asincroni a gabbia di scoiattolo sono stati ampiamente usati per i loro indi-scussi vantaggi in termini di basso costo, estrema robustezza e necessit`a di minima manutenzione. Tuttavia, essi presentano un fattore di potenza basso e una minore efficienza (inferiore allo 0.9), e le perdite, causate dall’aumento di temperatura deter-minano una drastica riduzione della vita utile.

Di conseguenza, gli LSPM possono essere considerati una valida alternativa economi-ca ai comuni motori ad induzione grazie al risparmio annuo di energia elettrieconomi-ca. Questo risparmio di energia `e funzione delle ore di funzionamento all’anno e dell’e-nergia consumata. Cerchiamo, quindi, a scopo puramente esemplificativo, di valutare il costo di esercizio in un’applicazione di pompaggio quando si utilizza un motore a induzione o un motore sincrono a magneti permanenti autoavviante.

Ad esempio, consideriamo un motore da 22 kW, 1000 rpm con una tempo di funzio-namento medio annuo di 2000 ore e un costo dell’energia elettrica di 0.16 Euro/kWh.

(34)

• Potenza in ingresso: 22/0.88=25 kW

• Rendimento di un LSPM: 93%; prezzo stimato: 1500 euro

• Potenza in ingresso: 22/0.93=23.65 kW

• Risparmio energetico annuale: (25-23.65)*2000=2700kWh

• Risparmio annuale costo dell’energia: 2700*0.16=432 euro

• Differenza sul costo iniziale: 1500-500=1000 euro

• Tempo di ritorno dell’investimento iniziale: 1000/432=2.3 anni

Quindi, come si pu`o evincere da questo esempio, per questo tipo di applicazioni, un motore LSPM presenta un vantaggioso rapporto costi/benefici rispetto a un motore asincrono. Nella seguente figura, vengono riportati i costi totali dovuti ad entrambi i motori in funzione del tempo di funzionamento, espresso in anni.

E’ possibile notare che dopo il terzo anno, il costo del motore asincrono diventa mag-giore rispetto a quello di un motore LSPM.

(35)

I motori sincroni a magneti

permanenti line-start

Obiettivo di questo capitolo `e, in prima battuta, quello di fornire una panoramica re-lativa alle caratteristiche costruttive della macchina, in particolar modo per ci`o che riguarda la struttura rotorica.

Si passa, poi, ad analizzare, in maniera generale, il suo principio di funzionamento e ad evidenziare quali sono i suoi principali punti di forza e quelli di debolezza.

Infine viene descritto il modello matematico dei campi elettromagnetici, dei magneti, dei conduttori statorici e della gabbia rotorica.

2.1

Caratteristiche costruttive

La macchina `e costituita principalmente da uno statore cavo e da un rotore cilindrico coassiale al precedente.

L’albero `e sostenuto da due calotte che chiudono le estremit`a dello statore. Pu`o even-tualmente essere presente anche una ventola per il raffreddamento, direttamente calet-tata su una delle estremit`a dellalbero motore.

Lo statore

Modernamente le carcasse dei motori sono realizzate in alluminio, ed al loro interno `e

(36)

Figura 2.1: Esempio di motore sincrono LSPM

alloggiato il pacco di lamierini isolati con verniciatura, sede del circuito magnetico. Lo spessore delle lamiere `e generalmente di 0.5 mm e la sua riduzione fino a 0.2 mm o 0.3 mm porta a ridurre le perdite nel ferro e il riscaldamento del nucleo, ma tuttavia aumentano i costi dei materiali e delle lavorazioni di punzonatura.

Le lamiere sono costituite da ferro al carbonio con una considerevole componente di silicio, generalmente 1-2%, fino al 3% qualora si desideri ridurre ulteriormente la re-sistenza elettrica e le correnti di Foucault, con la conseguenza di rendere molto fragile il materiale.

All’interno delle cave realizzate nel pacco statorico sono alloggiati i conduttori del circuito induttore. Gli avvolgimenti statorici di queste macchine si dicono distribuiti perch´e costituiti da conduttori attivi entro le cave e collegati in modo appropriato. Due conduttori attivi collegati da una connessione frontale costituiscono una spira. L’insieme delle spire in serie tra loro e riunite costituiscono la matassa, i cui due lati vengono situati in due cave a distanza opportuna. I lati di matassa esterni alle cave sono chiamati testate. La disposizione delle testate definisce il tipo di avvolgimento:

• concentrico (matasse concentriche di diverse dimensioni);

(37)

tetto).

Figura 2.2: Conformazione di un avvolgimento distribuito

`

E opportuno notare che il comportamento elettromagnetico di un avvolgimento dipen-de dalla distribuzione dipen-dei lati attivi dipen-delle matasse nelle cave, mentre l’aspetto esteriore dipende dalla forma e dalla disposizione esteriore delle testate.

La forma e la disposizione di queste ultime non influenzano, invece, il comportamento magnetico.

Il numero di spire della matassa coincide con il numero dei conduttori di un lato attivo e quindi con il numero di conduttori di una cava.

Indicando con Scu la sezione del filo e con Nc il numero di conduttori di una cava,

l’area del rame di una cava `e:

SCu−cava= Nc· Scu (2.1)

La cava `e isolata con del cartoncino e fra i conduttori rimangono spazi vuoti; pertan-to, l’area della cava Sc deve essere superiore a SCu-cava; definendo il coefficiente di

riempimento della cava come rapporto fra l’area del rame in una cava e l’area della cava

KR= SCu−cava Sc

(38)

una verifica da eseguire al termine del calcolo dell’avvolgimento `e che:

Sc> SCu−cava

KR (2.3)

cio`e controllare se l’area della cava del lamierino scelto sia sufficiente a contenere i conduttori di un lato attivo di una matassa.

L’avvolgimento statorico `e caratterizzato dai seguenti parametri:

a. numero di cave c;

b. passo dell’avvolgimento τ;

c. numero di cave per polo-fase q;

d. cave per fase Cf;

e. distanza tra le fasi d.

Il numero di cave c `e sempre noto, in quanto, prima di iniziare il calcolo dell’avvol-gimento, si `e gi`a scelto il lamierino statorico da impiegare. Il passo τ si determina in base al numero di poli del campo magnetico rotante e perci`o in base al numero di giri/minuto che si desidera ottenere.

Indicando con p il numero di paia di poli, il passo dell’avvolgimento risulta:

τ = c

p (2.4)

Il passo coincide, in pratica, con la distanza fra i due lati attivi di una matassa.

Il numero di cave per polo e per fase si ottiene dividendo il numero di cave per il numero di poli e per il numero di fasi:

q= c p· 3 =

τ

3 (2.5)

Il numero di cave per fase `e pari a 1/3 delle cave totali:

Cf = c

(39)

in quanto l’avvolgimento `e costituito da 3 fasi.

Le tre fasi dell’avvolgimento devono essere a 120 elettrici; considerato che ad un passo polare corrispondono 180 elettrici in quanto le correnti nei due lati attivi di una stessa matassa sono in opposizione di fase, la distanza fra i principi (e le fini) delle fasi si ottiene dalla proporzione:

τ : 180 = d : 120 d= t ·120 180 = 2 3· τ (2.7) Il rotore

Il rotore di un LS-Pmsm presenta dei magneti permanenti per la generazione del cam-po durante il normale funzionamento (a regime) ed un circuito elettrico per il trascam-porto della corrente necessaria per la produzione della coppia asincrona all’avviamento. Di seguito sono descritte le soluzioni pi`u comuni.

Per ci`o che riguarda la parte elettrica, la soluzione a gabbia di scoiattolo (rappresentata in Figura 2.1) `e quella notevolmente pi`u adottata in quanto permette migliori rendi-menti sotto carico, bassi scorrirendi-menti per la ridotta resistenza del secondario, seppur le correnti d’avviamento risultino elevate.

Nelle cave sono infilate delle sbarrette di rame o di alluminio unite alle estremit`a del rotore con degli anelli di corto circuito.

Per ridurre problemi d’impuntamento e per migliorare la regolarit`a dell’erogazione di coppia le cave sono leggermente inclinate.

Per lo stesso motivo i numeri di cave statoriche e rotoriche per polo devono essere primi tra loro.

(40)

Figura 2.3: Gabbia di scoiattolo

Per ci`o che riguarda la parte magnetica, per ottenere la densit`a e la distribuzione di flusso al traferro desiderata, nel corso degli anni, sono state proposte diverse soluzioni. L’ottimizzazione delle prestazioni nel funzionamento a regime porta spesso a una ri-duzione delle prestazioni durante l’avviamento; pertanto non `e facile scegliere una configurazione piuttosto che un’altra.

In letteratura `e possibile distinguere due configurazioni principali: le strutture con magneti sulla superficie del rotore (a magneti superficiali) e le strutture con magneti montati nel rotore (a magneti interni). Quest’ultimo gruppo pu`o essere, a sua volta, suddiviso in strutture con magneti interni magnetizzati radialmente e strutture con ma-gneti interni mama-gnetizzati tangenzialmente.

Nella prima configurazione sono incollati sulla periferia di rotore, mentre nella se-conda vengono inseriti nel giogo al di sotto della gabbia. Il montaggio superficiale `e generalmente pi`u semplice e rapido da realizzare proprio perch´e consiste essenzial-mente nell’incollaggio. Tuttavia ha il limite di poter essere adottato soltanto nei casi in cui non `e richiesta una velocit`a particolarmente elevata, altrimenti si corre il rischio di distacco.

Per applicazioni ad alta velocit`a `e possibile adottare una bendatura esterna, il cui com-pito `e proprio quello di trattenere i magneti soggetti alla forza centrifuga. D’altro canto la struttura a magneti interni garantisce maggiore solidit`a e permette il funzionamen-to anche alle alte velocit`a, ma `e indubbiamente pi`u complessa. Con essa si supera il problema del dover far aderire i magneti alla periferia di rotore e di doverli proteg-gere dalle variazioni di flusso, ma si devono fare i conti con volumi alquanto ridotti:

(41)

non sempre c’`e abbastanza ferro nella regione in cui si vorrebbero collocare i magneti per realizzare una configurazione che garantisca le prestazioni desiderate e per fare in modo che tutti gli elementi del rotore rimangono saldamente bloccati assieme nel momento in cui siano sottoposti a forti stress meccanici.

Per quanto riguarda la disposizione dei magneti all’interno del giogo di rotore esistono svariate possibilit`a.

Nelle strutture pi`u comuni `e presente la magnetizzazione radiale o circonferenziale, ma ci sono anche costruzioni pi`u innovative, ibride, nelle quali, combinando gli effetti delle due tipologie di magnetizzazione, si riesce ad ottenere una densit`a di flusso al traferro maggiore, senza nessun sostanziale aumento dei costi di produzione.

Figura 2.4: Configurazioni del rotore tipiche delle macchine a MP

Nella seguente tabella sono riassunte le principali differenze tra le configurazioni ana-lizzate.

(42)

Magneti superficiali Magneti interni La densit`a di flusso magnetico al

traferro `e pi`u piccola dell’induzione residua

La densit`a di flusso magnetico al tra-ferro pu`o essere pi`u alta dell’induzio-ne residua (dell’induzio-nel caso in cui il numero di poli sia maggiore a 4)

Costruzione semplice Costruzione relativamente complessa Reazione di armatura bassa Reazione di armatura molto alta Magneti permanenti non protetti dalla

reazione di armatura

Magneti permanenti non protetti dalla reazione di armatura

Perdite per correnti parassite nei magneti permanenti

Assenza di perdite per correnti paras-site nei magneti permanenti

2.2

Principio di funzionamento

I motori LSPM sono dotati di un rotore a magneti permanenti collegati a una gab-bia ammortizzante simile a quella di un motore asincrono. Tale gabgab-bia permette lo sviluppo di una coppia di spunto e, di conseguenza, l’aumento di stabilit`a in regime permanente di velocit`a (velocit`a di sincronismo) attraverso la generazione di una cop-pia sincronizzante che si oppone a qualunque variazione di velocit`a.

La coppia dei magneti permanenti garantisce il funzionamento a velocit`a di sincroni-smo. Proprio per questi motivi, questa macchina prende il nome di motore a magneti permanenti con gabbia ammortizzante o motore a magneti permanenti ad avvio diretto su rete o, ancora, di motore asincrono sincronizzato tramite magneti permanenti. Tali motori permettono l’avvio direttamente dalla rete in alternata (come nel caso dei motori asincroni) e si sincronizzano automaticamente in ragione della presenza dei magneti permanenti. Di fatto, all’avviamento, quando lo statore `e connesso alla rete, genera un campo magnetico rotante e allo stesso tempo si induce una corrente all’in-terno della gabbia del rotore, il cui campo magnetico interagisce col campo prodotto dalla bobina dello statore. Compare dunque una coppia di valore medio non nullo che permette l’accelerazione del motore.

(43)

in-dotta finch`e la velocit`a di rotazione del rotore diventa la stessa di quella del campo magnetico rotante generato dall’avvolgimento di statore.

Infatti, quando la velocit`a del rotore `e sufficientemente prossima alla velocit`a di sin-cronismo (e purch´e la coppia e l’inerzia del carico non siano troppo elevate), il rotore si sincronizza. Una volta sincronizzato il motore, le correnti sulle barre della gabbia del rotore diventano nulle. La coppia, dunque, non `e pi`u prodotta dalla gabbia, ma sar`a completamente prodotta dall’interazione tra il campo magnetico rotante generato dai magneti permanenti nel rotore e quello generato dall’avvolgimento statorico.

La sincronizzazione implica una transizione in quanto la rotazione `e inizialmente ge-nerata dalla coppia della gabbia e alla fine `e, invece, sostenuta dalla coppia sincrona. Essa `e prodotta dai magneti e dalla disuniformit`a del rotore (coppia di riluttanza). In figura 2.4, sono rappresentate le quattro forze magnetomotrici che coesistono nel-l’avvio di un motore LSPM.

Figura 2.5: Diagramma delle forze magnetomotrici che coesistono all’avviamento di un LSPM

dove:

• ω `e la velocit`a di rotazione meccanica;

• ωs `e la velocit`a di sincronismo;

• Frpm `e la fmm generata dai magneti al rotore (rotante con velocit`a ωrispetto allo

(44)

• Fspm `e la fmm dovuta alle correnti indotte nello statore per effetto dei magneti

(rotante con velocit`a ωrispetto allo statore);

• Fsas `e la fmm generata dalle correnti statoriche alla frequenza fs (rotante con

velocit`a ωsrispetto allo statore);

• Fras `e la fmm generata dalle correnti rotoriche (rotante con velocit`a ωsrispetto

allo statore);

Le oscillazioni della coppia sono molto importanti durante la fase di avvio. In effetti, la forza magnetomotrice dei magneti permanenti interagisce con la forza magnetomo-trice dello statore, che ruota con la pulsazione ωs

p, dove p rappresenta il numero di poli.

Dal momento che tali forze hanno frequenze differenti, allora ne risulta che la coppia presenter`a un ripple alla pulsazione ωs

p − ω.

A regime, solo due forze sono diverse da zero, Frame Fsase le oscillazioni della coppia

tra Fsam e Fsam scompaiono.

Tuttavia, durante l’avvio, i magneti permanenti producono una coppia coppia frenante che si oppone a quella prodotta dalla gabbia.

Infatti, i magneti permanenti generano una forza elettromotrice nell’avvolgimento sta-torico la cui frequenza dipende dalla velocit`a di rotazione ed dal numero di poli del rotore. Questa forza elettromotrice, a sua volta, produce una corrente della stessa frequenza che `e limitata solo dall’impedenza di corto circuito della rete. Questa com-ponente genera alle basse frequenze una coppia negativa.

La coppia di spunto `e, quindi, ridotta. (vedi fig. 2.5)

Inoltre durante l’avvio, i motori LSPM generano significative oscillazioni di coppia e armoniche di corrente nella rete. Ci`o pu`o provocare problemi in termini di vibrazioni meccaniche, rumore udibile o problemi compatibilit`a elettromagnetica a livello di re-te. Per questo motivo `e preferibile limitare il campo di applicazione di questi motori a carichi di piccola taglia.

(45)

Figura 2.6: Andamento della coppia

2.3

Vantaggi e svantaggi nell’uso dei motori LSPM

Quando un motore LSPM opera in regime stazionario, esso presenta tutti i vantaggi di una macchina sincrona a magneti permanenti.

Infatti, teoricamente la corrente di rotore `e nulla e quindi essendo nulle le perdite di rotore, il rendimento sar`a pi`u alto e la temperatura di funzionamento sar`a inferiore ri-spetto a quella di un motore a induzione, a parit`a di dimensioni.

Il fattore di potenza `e pressoch´e unitario, essendo i magneti i responsabili principali del flusso traferro. Questo fa si che la corrente statorica necessaria per la magnetizza-zione sia ridotta e di conseguenza risulteranno minori le perdite di statore e migliora ulteriormente l’efficienza.

Inoltre, in queste macchine il traferro `e generalmente pi`u grande e contribuisce a ri-durre le perdite di carico e le perdite dovute alle armoniche.

Il motore LSPM `e anche meno sensibile ai cambiamenti di frequenze e della tensione della fonte di alimentazione rispetto ad un motore asincrono. Nel caso di un moto-re asincrono, infatti, una diminuzione della tensione di alimentazione determina un importante decremento di coppia, essendo la coppia proporzionale al quadrato della tensione. Ci`o si traduce in una diminuzione importante della velocit`a, soprattutto se la coppia di carico `e costante.

Con un motore LSPM non vi `e alcun cambiamento nella velocit`a e la coppia diminui-sce proporzionalmente con la tensione.

Quindi, riassumendo, i principali vantaggi sono:

(46)

b) fattore di potenza quasi unitario (∼ 0.9 ÷ 1);

c) minore sensibilit`a alle variazioni di frequenza e di tensione della sorgente di alimentazione;

d) perdite di rotore per effetto Joule quasi nulle a regime.

I principali svantaggi, invece, sono:

a) ridotta coppia allo spunto;

b) elevata corrente allo spunto;

c) significative vibrazioni meccaniche all’avviamento, dovute alla coppia pulsante prodotta dai magneti permanenti. Queste vibrazioni possono anche tradursi in un alto rumore acustico;

d) problemi di compatibilit`a elettromagnetica, dovuti al numero elevato di armoni-che della corrente assorbita allo spunto;

e) necessit`a di provvedere ad un sistema di protezione in caso di surriscaldamento. Infatti la sincronizzazione del motore dipende anche dal carico e in particolare dalla sua inerzia. Se il motore non fosse in grado di sincronizzarsi, si avrebbe una corrente nelle barre del rotore e correnti allo statore.

Il riscaldamento del motore aumenterebbe rapidamente e potrebbe causare un degrado irreversibile dell’isolamento dei conduttori. Una situazione simile po-trebbe verificarsi qualora una delle fasi di alimentazione venisse interrotta. E’ quindi necessario provvedere ad un sistema di protezione termica del motore.

f) costo elevato, in quanto il prezzo del neodimio, la materia prima che, a livello di costi, rappresenta la quota decisiva di un magnete al NdFeB, `e aumentato di circa cinque volte tra il gennaio 2011 e il giugno 2011. Inoltre, la Cina, che ne `e il principale produttore, aveva fortemente ridotto le esportazioni e aveva cos`ı provocato un innalzamento dei prezzi.

(47)

Figura 2.7: Andamento del prezzo del neodimio (Nd)

(48)

2.4

Il modello matematico

Gli LSPMSM hanno configurazioni geometriche estremamente complesse che com-prendono magneti, conduttori, barriere, etc.

L’analisi e la realizzazione di queste macchine `e diventata un compito arduo per chi le progetta e le usa. Il raggiungimento di questi obiettivi dipende dall’accuratezza con cui si esegue il calcolo dei campi elettromagnetici. `E, infatti, possibile utilizzare un approccio analitico o un approccio numerico. Essenzialmente il metodo scelto deve essere in grado di analizzare le macchine elettriche in modo molto dettagliato, in mo-do da poter ottenere un modello simile a quello reale.

D’altro canto, le macchine elettriche sono dispositivi complessi, in termini di geome-trie, non linearit`a dei materiali, presenza di correnti parassite, che non possono essere inclusi in un modello analitico. Per superare queste difficolt`a, si preferisce, di conse-guenza, l’uso di un’analisi numerica.

Poich´e le macchine elettriche ricevono energia da fonti esterne attraverso circuiti elet-trici, la modellazione dei campi elettromagnetici all’interno della macchina dovr`a te-nere conto dell’analisi del circuito elettrico.

Inoltre le macchine elettriche sono dispositivi di conversione elettro-meccanica; `e im-portante tenere conto anche dell’interazione dei campi elettromagnetici con le forze meccaniche e i movimenti.

2.4.1

Introduzione al modello matematico

Le macchine a magneti permanenti sono ampiamente utilizzate nelle applicazioni in-dustriali per le prestazioni molto alte che possono garantire.

La possibilit`a di simulare le prestazioni `e di fondamentale per la progettazione della macchina in quanto rappresenta un modo veloce e a basso costo di predire le presta-zioni della macchina stessa.

Infatti realizzare e modificare prototipi per eseguire i test effettivi risulta da un lato costoso e dall’altro richiede molto tempo. Questo diventa particolarmente importante per le apparecchiature di grandi dimensioni o utilizzate per impieghi speciali in quanto

(49)

ci`o potrebbe essere eccessivamente oneroso.

Pertanto l’analisi e la simulazione delle prestazioni delle macchine sono sicuramente pi`u vantaggiosi rispetto ai metodi sperimentali di progetto.

Proprio per questo motivo, negli ultimi anni, ha ricevuto molta attenzione non solo in ambito accademico ma anche in ambito industriale, lo studio delle prestazioni delle macchine a magneti permanente mediante metodi matematici.

Generalmente, vengono utilizzati due metodi per valutare le prestazioni dei dispositivi elettromagnetici: metodi analitici e numerici.

Modello analitico

I metodi analitici tradizionali, come i modelli a parametri concentrati e i circuiti equi-valenti, sono computazionalmente veloci e forniscono ai progettisti utili informazioni circa la sensibilit`a del modello per la scelta dei parametri.

Questi metodi sono semplici e coinvolgono solo alcune equazioni del circuito semplici da valutare. Esse possono essere sia di natura algebrica, come nel caso di stato stazio-nario, sia in forma di equazioni differenziali ordinarie, nelle condizioni transitorie. Infatti, la maggior parte delle macchine pu`o essere analizzata utilizzando un modello circuitale una volta che i parametri della macchina sono noti.

Il principale limite di questo metodo sta, per`o, nel fatto che, nel caso di macchine a magneti permanenti, `e molto complessa la determinazione accurata dei parametri ne-cessari. Per questo, la maggior parte dei metodi standard utilizzati nelle macchine tradizionali non sono adatti per analizzare le macchine a magneti permanenti, perch´e il campo di eccitazione campo non pu`o essere modificato o annullato.

Inoltre, la maggior parte dei parametri, in particolare quelli transitori, dipendono in una certa misura dalla corrente e dalla velocit`a. Quindi, a meno che non sia stato svi-luppato un metodo corretto e appropriato per prendere in considerazione questi fattori, non `e possibile determinare tutti i parametri della macchina in maniera accurata con un metodo sperimentale.

Altri metodi analitici, come ad esempio il metodo delle immagini, possono fornire le soluzioni per i problemi relativi ai campi elettromagnetici. Queste soluzioni in forma chiusa sono, di solito, espresse attraverso un’esatta formulazione matematica.

(50)

Tutta-via, essi possono essere utilizzati solo per risolvere il problema di campo per geometrie semplici, come ad esempio, problemi di natura elettrostatica e magnetostatica qualora siano coinvolte fonti relativamente semplici e in possesso di una simmetria facilmente identificabile.

In realt`a, quasi tutti i problemi di campo sono molto complessi e, di conseguenza, le espressioni matematiche risultanti possono essere troppo articolate. A volte `e anche difficile ottenere un’espressione matematica proprio a causa della complessit`a del pro-blema.

Analisi numerica

I limiti dei metodi analitici ci impongono di rinunciare alle possibilit`a di ottenere so-luzioni analitiche in forma chiusa e di cercare direttamente i valori precisi dei campi per via numerica.

Utilizzando metodi numerici, la soluzione non `e un’espressione analitica, ma `e rap-presentata dai valori del campo in alcuni punti del dominio. Aumentando il numero di questi punti, `e possibile trovare ulteriori informazioni sul campo oggetto del problema. Seppur i metodi numerici siano per definizione approssimati, `e possibile raggiungere elevati livelli di precisione.

Nell’analisi delle macchine elettriche, `e di fondamentale importanza prendere in con-siderazione qualsiasi aspetto del progetto in grande dettaglio.

Alcuni fattori critici, come le perdite, l’aumento della temperatura e il rendimento, dipendono dalla distribuzione dei campi elettromagnetici. Pertanto, per la precisione che si desidera ottenere, il calcolo di questi campi non pu`o essere realizzato median-te metodi analitici, ma medianmedian-te metodi numerici che costituiscono uno strumento di progetto pi`u accurato e potente.

Inoltre, con i metodi numerici sono necessarie poche semplificazioni.

Tutto ci`o consente di prendere in considerazione alcuni aspetti importanti, come le propriet`a dei materiali, la non-linearit`a, i dettagli strutturali, la smagnetizzazione e i fenomeni transitori della macchina.

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